Le nuove mafie stanno sempre penetrando dapertutto anche in quello che Sic fino 30\40 anni fa era il mondo del calcio . Infatti assistiamo Partite truccate, scommesse clandestine, presidenti prestanome, lo denuncia don Luigi Ciotti fondatore di Libera: "si garantiscono visibilità e presidio nel territorio e opportunità di riciclare denaro e arruolare nuove leve"
<< L'ombra della mafia grava anche sul pallone. >> sempre secondo il giornale online in un articolo del 16 luglio 2010 articolo non approfondito da inchieste successive che trovate qui << Partite truccate, scommesse clandestine, presidenti prestanome: le mafie hanno messo le mani sul mondo del calcio, perchè, come spiega Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera "si garantiscono visibilità e presidio nel territorio e opportunità di riciclare denaro e arruolare nuove leve". In Lombardia, in Campania, Basilicata, Calabria, sono più di trenta i clan contati da Libera direttamente coinvolti o contigui al potere della criminalità organizzata e censiti per inchieste giudiziarie per infiltrazioni malavitose. "È uno spaccato inquietante - ha sottolineato Don Ciotti - ma non c’è da stupirsi".>>
Le accuse di Libera sono di vecchia data già anni fa la prima denuncia Già tre anni fa Libera ha denunciato che nella piana di Gioia Tauro i clan sono entrati nei piccoli club, in quell’occasione "il mondo del calcio si è indignato, ma è una realtà che le mafie siano nel pallone. I collaboratori di giustizia, ha ricordato il fondatore di Libera, da anni "dichiarano che i presidenti dei club hanno offerto loro posti di lavoro, che hanno scoperto solo dopo essere manovalanza per le organizzazioni criminali.
"Mi stupisco di chi si stupisce - ammette don Luigi Ciotti - Da sempre le mafie hanno puntato al controllo sul territorio anche attraverso le squadre di calcio. E oggi piu' che mai gestiscono il calcio scommesse, condizionano le partite, usano lo sport per cementare legami della politica, riciclano soldi".
A testimoniare ciò c'è fra i casi più clamorosi della penetrazione dela mafia ( oltre la storia che troverete continuando a leggere l'articolo che spiega perchè gli " stessi addetti ai lavori " cioè i gicatori o allenatori non denunciano o chi denuncia viene emarginato o sospeso e visto come un appestato ) Chinaglia Il caso di Giorgio Chinaglia e la tentata scalata alla Lazio, quello dei giocatori del Potenza che non gioiscono per il gol dei propri compagni di squadra perchè sui risultati delle partite erano stati scommessi migliaia di euro in collusione con la ’Ndrangheta, sono solo episodi limite. Il dossier, preparato da Libera, e che verrà pubblicato in settembre dal gruppo Abele con il titolo "Le mafie nel pallone", di Daniele Toto, ne cita altri.E Il dossier di Libera << (...) punta il dito dalla Lombardia al Lazio, abbracciando la Campania, la Basilicata, Calabria, toccando la Puglia, con sospetti in Abruzzo e con un radicamento profondo nell'isola siciliana. E con il Nord Italia sicuramente non immune da questa onda di illegalità applicata al calcio.
LA MAPPA - Più di 30 clan direttamente coinvolti o contigui censiti nelle principali inchieste riguardanti le infiltrazioni mafiose e i casi di corruzione nel mondo del calcio. E alla spartizione della torta il gotha della mafia, dai Lo Piccolo ai Casalesi, dai Mallardo ai Pellè, dai Misso alla cosca dei Pesce e Santapaola, denuncia ancora Libera. Oggi, sostiene il dossier di Libera, i clan guardano al mondo del calcio, controllano il calcio scommesse, condizionano le partite, usano il calcio per cimentare legami della politica, riciclano soldi. Le inchieste della magistratura, le intercettazioni telefoniche, la cronaca quotidiana dimostrano come anche nel football è presente un alfabeto dell'illegalità tutto italiano, con pertinenze anche straniere: 'ndrangheta, camorra, Cosa nostra e Sacra corona unita tutte attive e operative nel corrompere quella che sembrava apparentemente un'isola felice e che viene interpretata come un enorme affare.
«UN PICCOLO ESERCITO» - «Questo dossier dimostra che la criminalità organizzata nel calcio c'è, è sedimentata sul territorio e serve a dare prestigio ai boss e ad arruolare il loro piccolo esercito - commenta don Luigi Ciotti, presidente di Libera -. Lo dicono anche le dichiarazioni di alcuni pentiti, che raccontano di «posti di lavoro» offerti dal colluso presidente della squadra di calcio locale in cui giocavano da giovani questi collaboratori di giustizia. Poi c'è il caso del boss siciliano Piazza, diventato presidente di un piccolo football club in provincia di Siena, e anche a Rosarno, tra gli arrestati, c'è il dirigente di una società calcistica».>> ( coriere dela sera del 16 luglio qui l'intero articolo http://www.corriere.it/sport/10_luglio_16/calcio-mafia-denuncia-libera_10f42818-90df-11df-8665-00144f02aabe.shtml ) . Edd eccoci a rsultati : << (...)
Secondo l’indagine “Le mafie nel pallone”, nella spartizione della torta tutti fanno affari: dai Lo Piccolo ai Casalesi, dai Mallardo ai Pellè, dai Misso alla cosca dei Pesce e Santapaola. ‘Ndrangheta, Camorra, Cosa Nostra, Sacra Corona Unita: non manca proprio nessuno. Il volume parla anche di falsificazione di tesserini, di acquisto di giocatori stranieri come “ombrello” di copertura per operazioni offshore e di infiltrazioni mafiose tra i gruppi di ultrà. Don Ciotti incalza:” In Lombardia, in Campania, Basilicata, Calabria, sono più di trenta i clan contati da Libera direttamente coinvolti o contigui al potere della criminalità organizzata e censiti per inchieste giudiziarie per infiltrazioni malavitose. “È uno spaccato inquietante ma non c’è da stupirsi. Tre anni fa la prima denuncia Già tre anni fa Libera ha denunciato che nella piana di Gioia Tauro i clan sono entrati nei piccoli club. In quell’occasione il mondo del calcio si è indignato, ma è una realtà che le mafie siano ’nel pallone ”. I collaboratori di giustizia, da anni “dichiarano” che i presidenti dei club hanno offerto loro posti di lavoro, che hanno scoperto solo dopo essere manovalanza per le organizzazioni criminali. Il caso di Giorgio Chinaglia ( niente di nuovo sotto il sole sul persopnaggio già citato n una canzone , adesso non ricordo quiale di Rino Gaetano negli anni 70 ) tutt’ora latitante per la tentata scalata alla Lazio, quello dei giocatori del Potenza che non gioiscono per il gol dei propri compagni di squadra perchè sui risultati delle partite erano stati scommessi migliaia di euro in collusione con la ’Ndrangheta, sono solo episodi limite.” Il dossier, preparato da Libera, verrà pubblicato in settembre dal gruppo Abele con il titolo “Le mafie nel pallone”, di Daniele Toto, ne cita altri. Mi stupisco di chi si stupisce; da sempre le mafie, hanno controllato sul territorio le squadre di calcio. E oggi più che mai gestiscono il calcio scommesse, condizionano le partite, usano lo sport per cementare legami della politica, riciclano soldi. È necessario rompere i silenzi, avere il coraggio della denuncia seria e documentata ricordando le tante piccole squadre e realtà locali che non hanno perso la trasparenza e la lealtà nel loro agire quotidiano. Le mafie usano il calcio giovanile per arruolare nuova manovalanza.
Possedere una squadra di calcio rappresenta in tante realtà un fiore all’occhiello, una testimonianza di prestigio e soprattutto strumento di controllo del territorio». Il marcio c’è anche nel mondo del calcio. Abbiamo scoperto l’acqua calda. Prima di noi lo hanno accertato, perseguito, processato e condannato nella aule dei tribunali della Repubblica. C’è chi sia andato in galera e chi abbia già scontato la pena. Erano anche i tempi del nandrolone, ( in passato veniva utilizzato per curare casi come l’osteoporosi, gravi forme di anemia e magrezza costituzionale. Oggi il suo utilizzo è più famoso in ambito sportivo che terapeutico), dell’eritropeietina. Non soltanto delle “canne”, della cocaina, dell’eroina, dello spinello. Diego Armando Maratona docet. La storia del Pibe de Oro è ormai nota, come la sua parabola discendente dovuta proprio all’uso di sostanze stupefacenti, che lo hanno portato ad un passo dalla morte qualche anno fa. La prima volta che venne pizzicato, giocava ancora nel Napoli e si beccò 15 mesi di squalifica. Poi i Mondiali del ‘94 e la positività all’efedrina e poi ancora una squalifica nel ‘97. Lamberto Boranga, ex portiere del Cesena e oggi sanitario sportivo alla Asl di Perugia, in un’intervista al quotidiano Avvenire. “Dalla fine degli anni ’70 al 1985 circa l’hanno fatta da padrone gli stimolanti, i cortisonici e le anfetamine. Poi da li’ a tutti gli anni ’90 e’ stata l’era degli anabolizzanti. Ora il doppio controllo antidoping (sangue-urine) ha quasi fatto sparire gli anabolizzanti e siamo entrati nel tempo dell’Epo. Le conseguenze di abuso di eritropoietina sulla salute degli atleti si vedranno fra una ventina d’anni ma posso tranquillamente dire gia’ adesso, senza peccare di allarmismo, che saranno devastanti”.(...) >> da http://www.mediterraneonline.it/ trovate qui l'articolo completo ) Ora se la mafia è riuscita a penetrare in settori come questi lo si deve alla scarsa educazione ala legalità e ai pregiudizi verso chi denuncia ecco alcuni commenti trovati nell'articolo del giornale online citato prima : >>
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chi se ne frega se è un prete o un ex prete o spretato , o uno di destra a denunciare tali cose , meglio loro che il silenzio che molto spesso è uguale a morte
Il che genera paura nel denunciare . Ecco perchè , io pur contrario alle mitizazzioni e al significato e definizione classica e dlontana menoria del mito dell'eroe , considero tutti coloro che come nel caso di Zeman e del giocatore ( che cito qui sotto ) hanno il coraggio di denunciare e di prendersi el conseguenze che ne conseguono : emarginazione , isolamento , denunce , sospensioni e quanto altro ne consegue , degli eroi .
Ecco la storia di cui parlavo prima tratta dell'unione sarda oonline del 1\12\2010
Calciatore chiede i rimborsi spesa:minacciato di morte e squalificato
Il protagonista della vicenda era arrivato a Lanusei dalla Puglia, dove giocava in una squadra in odor di mafia. Denunciò i dirigenti che lo avrebbero minacciato di morte quando chiese i rimborsi spesa. Lo hanno squalificato per cinque mesi.
Ha dell'incredibile la storia di Juan Carlos Rosa, 25 anni, centrocampista del Lanusei calcio, squalificato per cinque mesi per aver denunciato per minacce i suoi ex dirigenti del Real Squinzano, squadra della Promozione pugliese in cui ha militato nella scorsa stagione. Il calciatore di Buenos Aires è stato fermato per cinque mesi dalla Commissione disciplinare territoriale della Puglia.
LA STORIA Tutto risale a un anno fa. Rosa gioca nel Real Squinzano, formazione finita anche nel mirino della Dia per presunte infiltrazioni mafiose. Dal 15 dicembre 2009, racconta Rosa nella sua denuncia alla magistratura, gli sarebbe stato negato l'ingaggio stabilito con un accordo verbale e gli sarebbe stato offerto il pagamento con fondi neri; qualche mese dopo sarebbe stato minacciato di morte se non avesse lasciato l'albergo dove alloggiava, in quanto licenziato.
La denuncia alla magistratura ordinaria senza il consenso del Consiglio federale ha portato, secondo il procuratore, alla violazione della cosiddetta clausola compromissoria, articolo dello Statuto che vieta ai tesserati di rivolgersi alla giustizia ordinaria per risolvere questioni legate al calcio. Oltre a questo, Rosa è stato anche condannato per aver percepito una gratificazione economica, sotto forma di rimborso forfetario di spesa (750 euro), cosa consentita tra i dilettanti soltanto nei campionati nazionali. Insieme al giocatore sono stati condannati il presidente del Real Squinzano, Carlo Marulli, per quattro mesi e il direttore sportivo, Elio Tresi, per tre. La società è stata multata di cinquemila euro per responsabilità oggettiva.
IL PRESIDENTE SUO AVVOCATO La decisione della commissione ha gettato nello sconforto il giocatore, già ripartito per l'Argentina, e la sua nuova società, il Lanusei calcio, che però non l'ha abbandonato. Il presidente del sodalizio, Donato Marongiu, avvocato, si è subito messo in moto per aiutare Juan, assumendone gratuitamente la tutela. Non tanto per far cancellare la squalifica, cosa assai difficile, quanto per provare a ridurla il più possibile. Per questo ha inoltrato ricorso alla commissione disciplinare nazionale. «La prima cosa che voglio dimostrare - spiega - è la non applicabilità della clausola compromissoria, visto che la denuncia di Juan è di tipo penale e fa riferimento alle pesanti minacce a cui è stato posto dai suoi ex dirigenti. In merito ai pagamenti - continua Marongiu - vorrei che qualcuno mi spiegasse perché si accetta il tesseramento di giocatori stranieri se il regolamento non consente che siano pagati: è come se la federazione tenesse la testa sotto la sabbia per non vedere un fenomeno che, in maniera lampante, viene disatteso ovunque ogni anno».
FRANCESCO MANCA
Ben venga chi mi vuole ascoltare e leggere anche senza commetare anche esprimendo la sua diversa opinione ovviamente nel rispetto della mia .
A ... gente imbelle come quella citata prima