1.12.10

la mafiae il calcio \ il coraggio della denuncia del giocatore Jaun Carlos rosa

Le nuove mafie stanno sempre penetrando  dapertutto  anche  in quello  che  Sic   fino  30\40 anni fa  era  il mondo  del calcio  . Infatti  assistiamo   Partite truccate, scommesse clandestine, presidenti prestanome, lo denuncia don Luigi Ciotti fondatore di Libera: "si garantiscono visibilità e presidio nel territorio e opportunità di riciclare denaro e arruolare nuove leve"
<< L'ombra della mafia grava anche sul pallone. >> sempre   secondo il giornale  online in un articolo del 16 luglio 2010  articolo non approfondito  da inchieste successive che trovate  qui   << Partite truccate, scommesse clandestine, presidenti prestanome: le mafie hanno messo le mani sul mondo del calcio, perchè, come spiega Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera "si garantiscono visibilità e presidio nel territorio e opportunità di riciclare denaro e arruolare nuove leve". In Lombardia, in Campania, Basilicata, Calabria, sono più di trenta i clan contati da Libera direttamente coinvolti o contigui al potere della criminalità organizzata e censiti per inchieste giudiziarie per infiltrazioni malavitose. "È uno spaccato inquietante - ha sottolineato Don Ciotti - ma non c’è da stupirsi".>>
Le  accuse  di Libera  sono di vecchia data   già anni fa la prima denuncia Già tre anni fa Libera ha denunciato che nella piana di Gioia Tauro i clan sono entrati nei piccoli club, in quell’occasione "il mondo del calcio si è indignato, ma è una realtà che le mafie siano nel pallone. I collaboratori di giustizia, ha ricordato il fondatore di Libera, da anni "dichiarano che i presidenti dei club hanno offerto loro posti di lavoro, che hanno scoperto solo dopo essere manovalanza per le organizzazioni criminali.






"Mi stupisco di chi si stupisce - ammette don Luigi Ciotti - Da sempre le mafie hanno puntato al controllo sul territorio anche attraverso le squadre di calcio. E oggi piu' che mai gestiscono il calcio scommesse, condizionano le partite, usano lo sport per cementare legami della politica, riciclano soldi". 



A testimoniare  ciò   c'è  fra  i casi  più clamorosi  della  penetrazione dela  mafia  ( oltre la storia  che troverete continuando a leggere l'articolo che  spiega  perchè  gli "  stessi  addetti ai lavori  "   cioè i gicatori o allenatori    non denunciano o  chi denuncia  viene   emarginato  o sospeso    e visto come un appestato    ) Chinaglia Il caso di Giorgio Chinaglia  e  la tentata scalata alla Lazio, quello dei giocatori del Potenza che non gioiscono per il gol dei propri compagni di squadra perchè sui risultati delle partite erano stati scommessi migliaia di euro in collusione con la ’Ndrangheta, sono solo episodi limite. Il dossier, preparato da Libera, e che verrà pubblicato in settembre dal gruppo Abele con il titolo "Le mafie nel pallone", di Daniele Toto, ne cita altri.E Il dossier  di Libera   << (...)   punta il dito dalla Lombardia al Lazio, abbracciando la Campania, la Basilicata, Calabria, toccando la Puglia, con sospetti in Abruzzo e con un radicamento profondo nell'isola siciliana. E con il Nord Italia sicuramente non immune da questa onda di illegalità applicata al calcio.
LA MAPPA - Più di 30 clan direttamente coinvolti o contigui censiti nelle principali inchieste riguardanti le infiltrazioni mafiose e i casi di corruzione nel mondo del calcio. E alla spartizione della torta il gotha della mafia, dai Lo Piccolo ai Casalesi, dai Mallardo ai Pellè, dai Misso alla cosca dei Pesce e Santapaola, denuncia ancora Libera. Oggi, sostiene il dossier di Libera, i clan guardano al mondo del calcio, controllano il calcio scommesse, condizionano le partite, usano il calcio per cimentare legami della politica, riciclano soldi. Le inchieste della magistratura, le intercettazioni telefoniche, la cronaca quotidiana dimostrano come anche nel football è presente un alfabeto dell'illegalità tutto italiano, con pertinenze anche straniere: 'ndrangheta, camorra, Cosa nostra e Sacra corona unita tutte attive e operative nel corrompere quella che sembrava apparentemente un'isola felice e che viene interpretata come un enorme affare.
«UN PICCOLO ESERCITO» - «Questo dossier dimostra che la criminalità organizzata nel calcio c'è, è sedimentata sul territorio e serve a dare prestigio ai boss e ad arruolare il loro piccolo esercito - commenta don Luigi Ciotti, presidente di Libera -. Lo dicono anche le dichiarazioni di alcuni pentiti, che raccontano di «posti di lavoro» offerti dal colluso presidente della squadra di calcio locale in cui giocavano da giovani questi collaboratori di giustizia. Poi c'è il caso del boss siciliano Piazza, diventato presidente di un piccolo football club in provincia di Siena, e anche a Rosarno, tra gli arrestati, c'è il dirigente di una società calcistica».>> (  coriere dela sera  del 16 luglio qui l'intero articolo  http://www.corriere.it/sport/10_luglio_16/calcio-mafia-denuncia-libera_10f42818-90df-11df-8665-00144f02aabe.shtml ) . Edd  eccoci a  rsultati  : << (...)
Secondo l’indagine “Le mafie nel pallone”, nella spartizione della torta tutti fanno affari: dai Lo Piccolo ai Casalesi, dai Mallardo ai Pellè, dai Misso alla cosca dei Pesce e Santapaola. ‘Ndrangheta, Camorra, Cosa Nostra, Sacra Corona Unita: non manca proprio nessuno. Il volume parla anche di falsificazione di tesserini, di acquisto di giocatori stranieri come “ombrello” di copertura per operazioni offshore e di infiltrazioni mafiose tra i gruppi di ultrà. Don Ciotti incalza:” In Lombardia, in Campania, Basilicata, Calabria, sono più di trenta i clan contati da Libera direttamente coinvolti o contigui al potere della criminalità organizzata e censiti per inchieste giudiziarie per infiltrazioni malavitose. “È uno spaccato inquietante ma non c’è da stupirsi. Tre anni fa la prima denuncia Già tre anni fa Libera ha denunciato che nella piana di Gioia Tauro i clan sono entrati nei piccoli club. In quell’occasione il mondo del calcio si è indignato, ma è una realtà che le mafie siano ’nel pallone ”. I collaboratori di giustizia, da anni “dichiarano” che i presidenti dei club hanno offerto loro posti di lavoro, che hanno scoperto solo dopo essere manovalanza per le organizzazioni criminali.  Il caso di Giorgio Chinaglia  (   niente di nuovo sotto il sole sul persopnaggio  già citato n  una canzone  , adesso non ricordo quiale di  Rino Gaetano   negli anni 70 )  tutt’ora latitante per la tentata scalata alla Lazio, quello dei giocatori del Potenza che non gioiscono per il gol dei propri compagni di squadra perchè sui risultati delle partite erano stati scommessi migliaia di euro in collusione con la ’Ndrangheta, sono solo episodi limite.” Il dossier, preparato da Libera, verrà pubblicato in settembre dal gruppo Abele con il titolo “Le mafie nel pallone”, di Daniele Toto, ne cita altri. Mi stupisco di chi si stupisce; da sempre le mafie, hanno controllato sul territorio le squadre di calcio. E oggi più che mai gestiscono il calcio scommesse, condizionano le partite, usano lo sport per cementare legami della politica, riciclano soldi. È necessario rompere i silenzi, avere il coraggio della denuncia seria e documentata ricordando le tante piccole squadre e realtà locali che non hanno perso la trasparenza e la lealtà nel loro agire quotidiano. Le mafie usano il calcio giovanile per arruolare nuova manovalanza.
Possedere una squadra di calcio rappresenta in tante realtà un fiore all’occhiello, una testimonianza di prestigio e soprattutto strumento di controllo del territorio». Il marcio c’è anche nel mondo del calcio. Abbiamo scoperto l’acqua calda. Prima di noi lo hanno accertato, perseguito, processato e condannato nella aule dei tribunali della Repubblica. C’è chi sia andato in galera e chi abbia già scontato la pena. Erano anche i tempi del nandrolone, ( in passato veniva utilizzato per curare casi come l’osteoporosi, gravi forme di anemia e magrezza costituzionale. Oggi il suo utilizzo è più famoso in ambito sportivo che terapeutico), dell’eritropeietina. Non soltanto delle “canne”, della cocaina, dell’eroina, dello spinello. Diego Armando Maratona docet. La storia del Pibe de Oro è ormai nota, come la sua parabola discendente dovuta proprio all’uso di sostanze stupefacenti, che lo hanno portato ad un passo dalla morte qualche anno fa. La prima volta che venne pizzicato, giocava ancora nel Napoli e si beccò 15 mesi di squalifica. Poi i Mondiali del ‘94 e la positività all’efedrina e poi ancora una squalifica nel ‘97. Lamberto Boranga, ex portiere del Cesena e oggi sanitario sportivo alla Asl di Perugia, in un’intervista al quotidiano Avvenire. “Dalla fine degli anni ’70 al 1985 circa l’hanno fatta da padrone gli stimolanti, i cortisonici e le anfetamine. Poi da li’ a tutti gli anni ’90 e’ stata l’era degli anabolizzanti. Ora il doppio controllo antidoping (sangue-urine) ha quasi fatto sparire gli anabolizzanti e siamo entrati nel tempo dell’Epo. Le conseguenze di abuso di eritropoietina sulla salute degli atleti si vedranno fra una ventina d’anni ma posso tranquillamente dire gia’ adesso, senza peccare di allarmismo, che saranno devastanti”.(...) >> da  http://www.mediterraneonline.it/   trovate  qui  l'articolo completo  )  Ora  se la  mafia  è riuscita  a penetrare  in settori come questi  lo si deve  alla scarsa educazione   ala legalità   e  ai pregiudizi  verso chi denuncia  ecco alcuni commenti  trovati  nell'articolo    del  giornale online citato prima   : >>





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  chi se  ne frega  se  è  un prete  o  un ex prete o  spretato , o uno di destra   a denunciare  tali  cose  , meglio  loro che il silenzio   che molto spesso è  uguale  a morte 
Il  che  genera  paura  nel denunciare  . Ecco  perchè , io pur contrario alle mitizazzioni  e  al  significato  e definizione classica  e  dlontana menoria   del mito dell'eroe  , considero   tutti coloro che   come nel caso di Zeman e  del giocatore ( che  cito  qui sotto  )  hanno il coraggio   di denunciare  e  di prendersi el conseguenze  che  ne  conseguono  : emarginazione  , isolamento ,  denunce  , sospensioni  e  quanto altro ne consegue  , degli eroi  .
Ecco la storia  di cui parlavo prima   tratta  dell'unione sarda  oonline del 1\12\2010

Calciatore chiede i rimborsi spesa:minacciato di morte e squalificato

 




Il protagonista della vicenda era arrivato a Lanusei dalla Puglia, dove giocava in una squadra in odor di mafia. Denunciò i dirigenti che lo avrebbero minacciato di morte quando chiese i rimborsi spesa. Lo hanno squalificato per cinque mesi.


Ha dell'incredibile la storia di Juan Carlos Rosa, 25 anni, centrocampista del Lanusei calcio, squalificato per cinque mesi per aver denunciato per minacce i suoi ex dirigenti del Real Squinzano, squadra della Promozione pugliese in cui ha militato nella scorsa stagione. Il calciatore di Buenos Aires è stato fermato per cinque mesi dalla Commissione disciplinare territoriale della Puglia.
LA STORIA Tutto risale a un anno fa. Rosa gioca nel Real Squinzano, formazione finita anche nel mirino della Dia per presunte infiltrazioni mafiose. Dal 15 dicembre 2009, racconta Rosa nella sua denuncia alla magistratura, gli sarebbe stato negato l'ingaggio stabilito con un accordo verbale e gli sarebbe stato offerto il pagamento con fondi neri; qualche mese dopo sarebbe stato minacciato di morte se non avesse lasciato l'albergo dove alloggiava, in quanto licenziato.
La denuncia alla magistratura ordinaria senza il consenso del Consiglio federale ha portato, secondo il procuratore, alla violazione della cosiddetta clausola compromissoria, articolo dello Statuto che vieta ai tesserati di rivolgersi alla giustizia ordinaria per risolvere questioni legate al calcio. Oltre a questo, Rosa è stato anche condannato per aver percepito una gratificazione economica, sotto forma di rimborso forfetario di spesa (750 euro), cosa consentita tra i dilettanti soltanto nei campionati nazionali. Insieme al giocatore sono stati condannati il presidente del Real Squinzano, Carlo Marulli, per quattro mesi e il direttore sportivo, Elio Tresi, per tre. La società è stata multata di cinquemila euro per responsabilità oggettiva.
IL PRESIDENTE SUO AVVOCATO La decisione della commissione ha gettato nello sconforto il giocatore, già ripartito per l'Argentina, e la sua nuova società, il Lanusei calcio, che però non l'ha abbandonato. Il presidente del sodalizio, Donato Marongiu, avvocato, si è subito messo in moto per aiutare Juan, assumendone gratuitamente la tutela. Non tanto per far cancellare la squalifica, cosa assai difficile, quanto per provare a ridurla il più possibile. Per questo ha inoltrato ricorso alla commissione disciplinare nazionale. «La prima cosa che voglio dimostrare - spiega - è la non applicabilità della clausola compromissoria, visto che la denuncia di Juan è di tipo penale e fa riferimento alle pesanti minacce a cui è stato posto dai suoi ex dirigenti. In merito ai pagamenti - continua Marongiu - vorrei che qualcuno mi spiegasse perché si accetta il tesseramento di giocatori stranieri se il regolamento non consente che siano pagati: è come se la federazione tenesse la testa sotto la sabbia per non vedere un fenomeno che, in maniera lampante, viene disatteso ovunque ogni anno». 

                               FRANCESCO MANCA

Ben venga   chi  mi vuole  ascoltare    e  leggere  anche senza  commetare    anche esprimendo la sua diversa  opinione ovviamente  nel rispetto della  mia  .
A ... gente imbelle     come quella  citata prima  

30.11.10

adesso è tabu non accompagnare gli alunni ad una celebrazione militare ? il caso dellla prof stefania coda

dall'unione  sarda 
Sabato 20 novembre 2010
I genitori degli alunni la accusano, il preside la difende. È sospettata di vilipendioin quanto  ha  tenutom una  lezioe su un documento antimilista  e  si   è rifiuta  di condurre la  classe  alla parata celebrativa dee forze  armate  per  i cadutoi  nelle  guerre
DAL NOSTRO INVIATO
PAOLO CARTA 

VILLASALTO La lezione della professoressa di Lettere delle scuole medie di Villasalto, Stefania Coda, è pacifista. Anzi, anti-militarista. «Nella storia, gli eserciti hanno portato soltanto morte e le guerre sono sempre state conquista di territori e risorse. Missione di pace o guerra umanitaria sono ossimori». E quindi la docente ha deciso di non accompagnare una delle sue due classi alla messa e alla cerimonia in ricordo dei Caduti in guerra, lo scorso 4 novembre, festa delle Forze Armate. Invece, in classe, ha portato ai ragazzi documenti facilmente rintracciabili su Internet, su posizioni decisamente e diversamente schierate. Titolo: soldati e ufficiali diventino un ricordo del passato . Conclusione: il 4 novembre non è una festa ma un lutto, non esistono guerre giuste e umanitarie, no alle missioni militari .
IN CLASSE Il dibattito in classe è stato pacato e costruttivo, fuori dalla scuola no. Alcuni genitori, dopo aver letto il documento distribuito dalla professoressa Coda, hanno protestato. Su più fronti: innanzitutto dal preside, Francesco Maria Manca, poi dal sindaco, Giorgio Murtas, quindi dai carabinieri. Contro la lezione particolare, per la mancata presenza dei bambini di una classe alla cerimonia ufficiale, per le posizioni antimilitariste della docente.
LA SCUOLA Il preside difende l'insegnante: «Bisogna andare alla sostanza delle cose e io sono per la difesa di qualsiasi idea, per il pluralismo dell'informazione, per un confronto leale. Personalmente uno può pensarla diversamente, ma deve sempre essere libero di esprimere le proprie convinzioni, nel rispetto degli altri, che anche stavolta non è mancato. La stessa insegnante ha spiegato le sue ragioni durante una riunione alla presenza dei genitori. D'altronde io avevo detto chiaramente che i bambini e gli insegnanti potevano partecipare alla cerimonia in ricordo dei Caduti, non che dovevano ».
IL COMUNE Sulla stessa linea il sindaco Murtas: «Nessun incidente diplomatico con la scuola o i docenti, ci mancherebbe, tra l'altro sono anche io un insegnante. Certo, ho sentito le lamentele dei genitori, ma più che altro per il fatto che alcuni ragazzini erano stati accompagnati alla manifestazione e altri no. Nella commemorazione abbiamo ricordato i 57 nostri compaesani morti nelle guerre dello scorso secolo, a mio avviso è stata una bella cerimonia, ma ognuno è libero di pensarla diversamente».
LA DENUNCIA Sicuramente il capitano Lo Iacono inoltrerà un rapporto alla Procura: «Potrebbe ipotizzarsi - spiega l'ufficiale dei carabinieri - il reato di vilipendio delle Forze Armate, articolo 290 del Codice penale». Perché nel documento letto dalla professoressa Coda si elencavano alcuni episodi della storia d'Italia che non compaiono sui libri di scuola: la costruzione dei lager in Libia, l'utilizzo di armi chimiche in Etiopia nel 1935-36, la deportazione di migliaia di libici, l'edificazione di carceri in Somalia tra i più disumani.
LA DOCENTE La professoressa Coda è stupita del clamore, ma non rinnega il suo gesto: «Non volevo indottrinare nessuno, ma ritengo che i ragazzi di tredici anni, assorbiti da tv o quant'altro, debbano ricevere più informazioni possibile per potersi fare un'idea propria, su qualunque argomento. Certi documenti dal punto di vista storico sono importanti. E l'attualità deve essere affrontata anche a scuola, a maggior ragione a Villasalto, paese così vicino al poligono di Quirra, teatro di test di armi accusati di favorire l'insorgenza dei tumori. I ragazzi non sono scatole vuote da riempire: bisogna dare loro gli strumenti per capire e scegliere,questa 
è stata la mia lezione .
 Nella storia, gli eserciti hanno portato >> , Sempre  secondo l'insegnante  , << soltanto morte e le guerre sono sempre state conquista di territori e risorse. Missione di pace o guerra umanitaria sono ossimori». La lezione della professoressa di Lettere delle scuole medie di Villasalto, Stefania Coda, è anti-militarista. E quindi ha deciso di non accompagnare una delle sue due classi alla messa e alla cerimonia in ricordo dei caduti in guerra, lo scorso 4 novembre, festa delle Forze Armate. Invece, in classe, ha portato ai ragazzi documenti facilmente rintracciabili su Internet, su posizioni decisamente e diversamente schierate. Titolo: soldati e ufficiali diventino un ricordo del passato . Conclusione: il 4 novembre non è una festa ma un lutto, non esistono guerre giuste e umanitarie, no alle missioni militari .Il dibattito in classe è stato pacato e costruttivo, fuori dalla scuola no. Alcuni genitori, dopo aver letto il documento distribuito dalla professoressa Coda, hanno protestato. Su più fronti: innanzitutto dal preside, Francesco Maria Manca, poi dal sindaco, Giorgio Murtas, quindi dai carabinieri. Contro la lezione particolare, per la mancata presenza dei bambini di una classe alla cerimonia ufficiale, per le posizioni antimilitariste della docente.Il preside difende l'insegnante: «Bisogna andare alla sostanza delle cose e io sono per la difesa di qualsiasi idea, per il pluralismo dell'informazione, per un confronto leale». Sulla stessa linea il sindaco Murtas: «Nessun incidente diplomatico con la scuola o i docenti. Certo, ho sentito le lamentele dei genitori, ma più che altro per il fatto che alcuni ragazzini erano stati accompagnati alla manifestazione e altri no». Il capitano Lo Iacono inoltrerà un rapporto alla Procura: «Potrebbe ipotizzarsi il reato di vilipendio delle Forze Armate». La professoressa Coda è stupita del clamore, ma non rinnega il suo gesto: «Non volevo indottrinare nessuno, ma ritengo che i ragazzi di tredici anni, assorbiti da tv o quant'altro, debbano ricevere più informazioni possibile per potersi fare un'idea propria, su qualunque argomento».

IL fanatismo dei pro life ( mia esperienza personale )

Questa  discussione  parziale  ( il  resto l'eliminato , non era utile ala discussione  ,  erano  solo fncl    e  altri insulti gratuiti e  l'ormai logoro e di lontana  menoria  che  ultimamente  sta  ritornando di   di moda     "   sei comuista , voi comuisti  , ecc "   )    che riporta  sotto avvenuta  in  un gruppo  di fb   sul  mio post  precedentre


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    • Angela Vedele Sbagli di grosso perché Eluana non ha potuto scegliere, per ciò fai delle illazioni, ma se a te piace tanto l'eutanasia ti posso aiutare a toglierti di mezzo.
      14 ore fa ·
    • Giuseppe Scano . no avevo detto a padre che voleva morire con dignità . le illazioni le sta facendo lei
      14 ore fa · · 1 personaA Giulio Gadoni piace questo elemento.
    • Angela Vedele O le e chi lo garantisce tu? Ha lasciato qualcosa di scritto assassini?
      14 ore fa ·
    • Giuseppe Scano le parole del padre . non credo che sia uno che prende una decisione simile a cuor leggero
      14 ore fa ·
    • Giuseppe Scano qu iniziamo a ragionare rispetto al becero commento precedente dove manca di rispetto a chi non la pemnsa come lei
      14 ore fa ·
    • Angela Vedele Il padre non è lei.
      13 ore fa ·
    • Angela Vedele Assassini.
      13 ore fa ·
    • Angela Vedele I komunisti fanno così pirla.
      13 ore fa ·
    • Giuseppe Scano vero . ma sei uno prima d'emntrare in quello stato ti chiede o per iscritto o per verba o in audio di non farlo vivere cosi tu cosa fai ? e per questo che è urgente un testamento biologico onde ad evitare capziose interpetazioni o un uso non richiesto su tai decisioni
      13 ore fa ·
    • Giuseppe Scano LO, . io non sono comuista
      13 ore fa ·
    • Giuseppe Scano e pirla lo dice a qualcun'altra\o . quando s'arriva all'insulto o ala denigrazione vuol dire che i suoi argomenti legittimi anche se non condivisibili ma degni d rispetto valgono zero e vengono sminuiti
      13 ore fa ·
    • Angela Vedele Si sei Komunista e anche boia
      13 ore fa ·
    • Angela Vedele no lo dico a te pirla, vuoi mandarmi in siberia? Komunista?
      13 ore fa ·
    • Giuseppe Scano .
      13 ore fa ·
    • Giuseppe Scano se fossi comunista non avrei fra contatti gente di estrema destra fra cui alcuni in comune con lei
      13 ore fa ·
    • Giuseppe Scano arrivederci e buona cena . ora altro da fare che giocare visto chje non vuole discutere sul tema in questione , ma solo denigrare
      13 ore fa ·
    • Angela Vedele Ciao mollati
      13 ore fa ·
    • Angela Vedele Komunista vi fate conoscere da diecimila miglia ao. Prima di parlare lavati la bocca provocatore della mutua.
      13 ore fa ·
(....)

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quanto divceva  un amico  a bar   con cui commentavo le reazioni  ddei pro life  alla penultima  puntata  di Saviano-Fazio  << (...) Giuseppe  lo vuoi  ciapire che queli che si dichiarano pro vida, non sono altro che facistim mASCHERATI Da cattolichi . (...) >>
Sarebbero questi  i pro life  ,gente  senza un minimo  pietà , di  compassione  , di rispetto dele scelte altrui ed oposte  alle loro   di chi sceglie  lasciandolo detto o scritto   d'andarsene  con dignità , e a nche di  chi prende    per  loro   senza  che  loro abbiano  detto  qualcosa  , una decisione  cosi  durà non priva  degli "  effetti collaterali  "  del  rimorso   "  .
Gente   che accomuna  e bolla  come assasini  che  sono contratri o titubanti  ( è il mio caso i non  non so se lo farei, non so se lo faro' diettamente  o lo farò fare  a  glia ltri   ma so che non voglio che i miei pensieri coartino la liberta' altrui in situazioni che io non potro' mai comprendere)   verso tali scelte , ma  chiedono per  evitate  agli casi Eluana  il testamento biologico  . Ed  impongono   a tutti i costi ,il loro  voler  vivere  forzato a chi no vuole  .
Ovviamente   , non bisogna  generalizzare   perchè    come dicevo  nela discussione  riportata  sopra con quel mio amico   : <<
IO . esatto per il  90 % .,  LUI  è il restante  10 %  ? ., IO  lo sono realmente  anche se   al limite ttra  il fanatismo  e l'interpretazione  letterale quasi forzata  dele sacre scritture  >>   questa  è la  mia  esperienza  fatta  sia  sul web   e che   coincide   anche  con quella  leale  fatta  durante l caso Eluana  e  durante la compagnia referendartia (  trovatre  qui suil web  nel'archivio  qualcosa  )  conper il SI ai referendum  sulla legge dela procreazioe assista  . 
  con questo  è tutto spero d non doverci ritornare   , anche  se  i commenti sono  graditi   specie  quelli costruttivi e rispettosi  non importa  se  diversi dal mio , anzi questi ultimi purchè rispettosi sono  i mie preferiti 

29.11.10

Cari movimenti per la vita perchè ucidete due vote Eluana Englaro ? solo perchè a scelto di on vivere come vegetale ?


Pulendo  la casseta  della legna  ho trovato  tre  i foglui di  giornale  ivi contenuti   ho trovato  un articolo inteessante   , non ricordo con precisione se  si tratta  di repubblica o unità  o un giornale locale (  inttolato  L’ultimo oltraggio a Eluana: 9 febbraio giornata pro-life
di Andrea Carugatitutti
che  sotto riporto in parte   ,in quanto manca  la parte  superiore  dela pagina ,  sull'ultima  offesa  alla povera  Eluana  Englaro , come  se non bastassero  gli insulti  a  tutti quell che vanno contro corrernte  per  aver  aiutato  il paziente   nel rispetto dele sue  ultime  volonta .
<< Il governo torna a offendere la memoria di Eluana Englaro. Venerdì infatti il Consiglio dei ministri ha approvato l’istituzione per il 9 febbraio, data della morte di Eluana, della «giornata nazionale degli stati vegetativi. >>
Due anni dopo la scomparsa della giovane, il prossimo 9 febbraio si terrà dunque la prima giornata dedicata ai malati e alla famiglie che, legittimamente  a differenza  di chi  invece scegliere  di porre fine   alle  sofferenze   e allacanimento terapeutico , scegliendo  il percorso opposto rispetto a quello della famiglia Englaro. Ed è proprio nella scelta di quella data che si coglie lo spirito ideologico, e offensivo, del governo verso coloro . Che già era entrato a gamba tesa nella vicenda con il decreto con cui palazzo Chigi cercò di fermare la decisione della magistratura, fermato solo dalla saggezza , una dei rari risvegli  dal letargo ,  del Quirinale che negò la propria firma.
<< Ora >> , continua  il gionale  , << il ricordo di Eluana non sarà più una memoria che divide ma un momento di condivisione per un obiettivo che ci unisce tutti», ha spiegato il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, che ha definito Eluana «una ragazza affetta da disabilità grave la cui vita è stata interrotta per decisione della magistratura». «La giornata sarà un’occasione preziosa in più per ricordare a tutti noi quanto è degna l’esistenza di tutti coloro che vivono in stato vegetativo e non hanno voce per raccontare il loro attaccamento alla vita». Nel ragionamento della Roccella, che proprio ieri ha incontrato il Papa durante una veglia per la vita a San Pietro (e ha fatto sapere che il Pontefice l’ha «incoraggiata» ad «andare avanti nell’azione politica di difesa della vita sui temi della bioetica») spicca dunque il senso di ritorsione contro la scelta della famiglia Englaro. E persino di rivincita contro la decisione di Fazio e Saviano di non ospitare le associazioni pro-life. «La giornata potrà rappresentare una finestra di visibilità per queste persone e le famiglie che le accudiscono - dice Roccella- troppo spesso coscientemente accantonate dai media, come ha dimostrato la vicenda della trasmissione “Vieni via con me”». >>
La decisione del governo ha provocato l’indignazione della Consulta di bioetica. Infatti << È l’ultima offesa del governo alla memoria di Eluana, nel tentativo di acquisire il sostegno della Chiesa cattolica», dice il presidente Maurizio Mori. Si usa l’anniversario per espropriare il messaggio lasciato da Eluana >> ---- a ma soprattutto  da suo padre  con la  battaglia  egale  --- <<  affermando che il 9 febbraio deve essere una giornata capace di unire tutti sull’unico obiettivo di difesa a oltranza della vita, diametralmente opposto a quello voluto da Eluana. Ancora più netto il senatore Pd Ignazio Marino: «Il sottosegretario Roccella non ha la delicatezza neppure di rispettare il dolore di una famiglia in un’anniversario così importante. La strumentalizzazione che viene fatta dimostra la mancanza di sensibilità e rigore istituzionale da parte di persone che, ci auguriamo, dal 15 dicembre torneranno a fare altri mestieri.>>
In Rai intanto è partita la gara a invitare esponenti pro-life, vinta naturalmente da Uscio ad  Uscio ... ehm... Porta a Porta, che questa settimana dedicherà una puntata speciale alle famiglie di malati in stato vegetativo. Stamattina (  il 28 novembe ) sarà sul tema anche «A sua immagine» su Raiuno, ospite il direttore di Avvenire, e nel pomeriggio pure Domenica In parlerà dell’argomento. Intanto l’Anci replica ai ministri Maroni, Sacconi e Fazio, che in una circolare avevano definito illegittimi i registri con i biotestamenti realizzati da circa 70 Comuni: «Quei registri sono legittimi e rispondono a una diffusa domanda sociale di chi  ha  scelto  diversamente  .
Ora cari amici   pro life  e  seguaci ( convinti  od  oportunisti ) vi chiedo  e mi  chiedo   , giustamente non biasimandovi\ giudicandovi   le vostre scelte ( spontanee o imposte  ) , perchè   voi che prendete  rispetto venite meno  in esso  verso coloro che o spontaneamente   come nel caso  dei registri comunali o  forzatamente come casi di cronaca  di  figli o parenti  che  per  evitare sofferenze   da 'accanimento terapeutico   danno loro a  dolce  morte   o l'eutanasia a un familiare malato  ?
Perchè questo ennesimo insulto che l'uccide una seconda  volta  vreso Eluana  ?
Non capisco il vostro predicare bene ma razzolate male, specie  voi politicanti pro Vaticano,preferivo( anche se  essendo  troppo giovane  , sono del 1976    e avendo  conoscenza inditretta   libri  e trasmissioni  tv di storia   e ricordi  di familiari   e  di loro amici\che    ed  altre persone che hanno vissuto  quel periodo  )    la  corrotta e la moralmente ambigua    che   ha   rovinato il paese  , e d  in parte  continua   visto che  si sono riciclati  qui  e la  come dice   40 anni dei Mcr   :  <<
 
 
 (....)  un armadio pieno d'oro di tangenti e di mazzette
Di armi e munizioni di scheletri e di schifezze
Ho una casa piena d'odio, di correnti e di fazioni
Di politici corrotti, i miei amici son pancioni,
Puttanieri, faccendieri e tragattini
Sono gobbi e son mafiosi massoni piduisti e celerini.
 Ho quarant'anni ed un passato non proprio edificante
Ho massacrato Borsellino e tutti gli altri
Ho protetto trafficanti e figli di puttana
E ho comprato voti a colpi di lupara
Ma ho scoperto l'altro giorno guardandomi allo specchio
Di essere ridotta ad uno straccio
Questo male irreversibile mi ha tutta divorata
È un male da garofano e da scudo crociato
 (... ) 
 
>>
 
qui il resto del testo ovivamente  non generalizzando  perchè  in mezzo a loro ci saranno anche  se minoritarie   per  persone moralmente ineccepibili  e oneste che  nella legge  sul divorzio e  sull'aborto  preferirono ,  a differenza  di quella   sulla procreazione assistita  , cercare un compresso  politico mettendo  da parte  o  quanto meno cercando che non prevalesse  sui tali scelte  la  loro fede religiosa e la propria  ideologia ,  convinta  o di comodo che  fosse  .
Quindi vi chiedo  , se  avete  un cuore   e  se  la pietà non vi  è morta, anche  se   è   so che la  mia domanda \ richiesta,per  parafrasare  un famosa canzone degli anni  60 (  usata   anche  da  voi  in maniera  spesso strumentale )  , sarà destinata   a finire   nel vento  o  pure  come dice  l'autore  della canzone  : <<   Il primo modo per rispondere alle domande di questa canzone è iniziare a porsele. Ma molta gente deve prima trovare il vento >> ,   di ritirare   tale  becero  ed  insulso   provvedimento  poco rispettoso non soo verso Eluana  e  i suoi familiari , ma  anche verso tuttiquelli che scelgono diversamente da  voi
pro Life  . concludo  con quest'altra canzone  ( scusate  se faccio un abbondante uso di riferimenti e  citazioni artistiche  \letterarie  e più forte di me  ) ,  pensieri non  , se   ho sentito  bene (  visto  che la  stazione   radiofonica    locale  non si  prende bene  ) il  titolo di  Angelo Branduardi  , foto al lato  ,  che va  in onda   alla loro  in questo preciso momento
adesso i  più fanatici di voi  posso   se li va  riempirmi   d'insulti   se  si và   a presto

INCREDIBILE MA VERO I MEDICI SBAGLIANO BENE UNA VOLTA TANTO



Poichè il lunedi sulla nuova  e c'è solo  sport  (  il dio , mi perdonino i cattolici osservanti  , calcio  )   ho compro anche  se è  in ambito politico  , ma non in quello culturale -cronachistico , compro (  glialtri giorn se  non l'avete   notato )   l'unione sarda  il   foglio  ufficiale sardo di berlusconi ,  almeno li adifferenza  della  nuova   il gionale  della sinistra a ttendista   e  da retroguardia   , le news  sono   news  specie quelle ocali  sno fatte  come si deve  (  indipendentemente   dallla  linea politivca    del giornale  )   .
Ed  è proprio li che ho trovato  la storia  (  una dele tante   che  compaiono su questo blog  ) la storia  che riporto oggi 29\11\2010
LURAS
E pensare che all'età di nove anni, gli diederono pochi mesi vita, perché affetto da una grave malattia che lo costrinse a letto. Ma quel medico si sbagliò. Si sbagliò eccome. E dal quel giorno, per fortuna, di mesi ne sono passati parecchi. Luca Pinna, infatti, compie oggi 103 anni. Il nonnino di Luras dovrà fare un grande soffio per spegnere tutte quelle candeline sulla sua torta. Magari di soffi ne serviranno tanti, ma questo non importa.
Perché Luca Pinna, a quest'età, ci è arrivato serenamente e senza gravi acciacchi. Una lunga vita, la sua, passata a lavorare, soprattutto all'aria aperta. Dai dieci agli ottanta anni, ha sempre fatto il contadino. Poi, ha dovuto smettere per accudire l'amatissima moglie, che si era ammalata. Una compagna di vita che è stata al suo fianco per sessantanove anni, fino al 1999, quando è venuta a mancare.
Da qualche anno, vive con la figlia Lina. In paese lo conoscono tutti come “Tiu Luca”, anche i più piccoli, che lo guardano con rispetto e ammirazione. I bambini chiedono ai loro genitori: “Ma quanti anni ha Tiu Luca?”. Tiu Luca Pinna è un'istituzione e, assieme a un altro vecchietto del
paese - l'olivastro millenario -, è il simbolo del tempo che passa: il simbolo di Luras. L'arzillo centenario ha, anche, un'altra grande passione: la poesia in limba. Lavoro duro, memoria allenata e uno stile di vita sano: sono i tre segreti che avrebbero fatto arrivare Luca Pinna all'ambito traguardo. Lo scrigno che custodisce il segreto della sua longevità è la terra che ha lavorato e i suoi prodotti genuini.
SEBASTIANO DEPPERU

28.11.10

nomn sempre fuggire vuol dire mancanza di coraggio biografia di Vittorio Bocchetta

Non sempre  fuggire vuol  dire  mancanza  di coraggio . Anzi la storia  di  Vittore  bocchetta lo dimostra  .

Infatti la sua storia    biografia   è  quella  di  cittadino del mondo e  di uno spirito ribelle che sempre  in fuga   come  gli anarchici me   non solo  del  XIX  e XX secolo i  << (...) Banditi senza tregua\andrem di terra in terra\a predicar la pace\ed a bandir la guerra:\la pace tra gli oppressi,\la guerra agli oppressor,\la pace tra gli oppressi,\la guerra agli oppressor (...) >>(  addio Lugano  Bella  qui  testo e storia della  canzone

 dall'unione sarda  del 28\11\2010

L'intervista. Vittore Bocchetta, due volte filosofo, scampato ai lager nazisti  Un giorno il mondo sarà di un solo colore»


di GIORGIO PISANO pisano@unionesarda.it
 

È riuscito ad essere un irregolare in qualunque momento della vita. Perfino quando s'è sposato, visto che l'ha fatto tre volte e per tre volte ha divorziato. Vittore Bocchetta
è nato a Sassari 92 anni fa. Abita a Verona dopo aver transitato in Argentina, Venezuela, Stati Uniti. Prigioniero nei nazisti nel lager di Flossemburg, si è laureato in Filosofia prima a Firenze e poi in America. Anima libertaria, analizza gli italiani di ieri e di oggi annunciando che un giorno il mondo «sarà inevitabilmente di un solo colore».
Tuffa il naso nel morbido fazzoletto di spugna, poi solleva lentamente la testa e dice piano: «Ho visto cadere Mussolini. Ho visto cadere Hitler, Peròn, Nixon. Ora aspetto».
Spara subito ad altezza d'uomo, Vittore Bocchetta. Non è più tempo di mezze misure, di sfumature. Soprattutto per quello che si porta dietro come una valigia: arrestato dai fascisti, evaso da un carcere speciale, internato in un campo di concentramento in Germania, emigrato nel dopoguerra in Argentina, in Venezuela e infine negli Stati Uniti, dov'è arrivato col fiato corto lasciandosi alle spalle i sicari di un regime che voleva ammazzarlo. Si è laureato due volte in filosofia: a Firenze e più tardi negli Stati Uniti. Ha insegnato all'università di Chicago.


Novantadue anni, niente figli e tre matrimoni («ma anche tre divorzi, vinti tutti da me»), è nato a Sassari. Abita a Verona, legge i quotidiani on line («sono drogato di internet») e approfitta d'una straordinaria lucidità mentale per passare e ripassare una vita densa, piena. Le note biografiche di Wikipedia lo definiscono pittore, scultore, scrittore. Più prosaicamente lui spiega che l'arte «mi serviva per mangiare». Ha cominciato con le caricature sui papiri degli studenti universitari, proseguito con statuine «molto commerciali che però mi sfamavano» e, visto che c'era, ha pure scritto diversi libri senza cadere mai nel compiacimento del martire.
Ha fatto parte del Comitato di Liberazione nazionale (Cln), è stato pestato a sangue da energici sostenitori dell'Uomo Qualunque. Precario della scuola ante litteram, ha perso cattedra per le sue idee e - nonostante le radici borghesi - l'ha finita alla mensa comunale di assistenza. «Mi davano un barattolo di minestra. Buonissima». Ha scoperto d'essere comunista quando ha chiesto il passaporto: «Volevo andar via, nell'Italia del primissimo dopoguerra tirava un'arietta non proprio salubre. Me l'hanno negato perché, secondo loro, ero comunista. L'ho sfangata chiedendo un permesso di soggiorno per ragioni di studio».
Il termine libertario non gli piace. «Sono, più semplicemente, un uomo libero. Non liberale e tanto meno liberista. Libero e liberatore». Nei momenti più difficili dell'esistenza non ha potuto cercare conforto nella fede: «Detesto l'umanizzazione di Dio. Dio non ci ha creato. Noi abbiamo creato Lui». Sostiene che siamo nati grazie a un misterioso meccanismo naturale: purtroppo la nostra limitatezza mentale ci impedisce di comprendere. Di conseguenza si allinea felicemente a filosofi come Bertrand Russell e l'astrofisico Stephen Hawking: «La natura non ha bisogno di Dio».
Non suona il violino del perdonismo e ancora meno quello dell'epica. Nel '45 è stato giudice di epurazione ma ha lasciato l'incarico quasi subito «perché era un'indecenza». Parla di guerra civile mascherata, di melma, di intrallazzi e porcherie che attraversavano destra e sinistra. «Non è davvero il caso di mitizzarci, non eravamo una bella umanità». Deprimente anche il quadro d'insieme: «Il giorno prima della Liberazione gli italiani erano un popolo che aspettava dietro le persiane. Quarantacinque milioni di fascisti in posizione d'attesa. Ventiquattr'ore dopo in strada c'erano novanta milioni di antifascisti».
Sa che al prossimo festival di Sanremo pensavano di cantare Bella Ciao e Giovinezza? «Mi ha angosciato questo squallidissimo siparietto. Per fortuna hanno rinunciato. Sarebbe stato un sacrilegio mettere insieme l'inno dei partigiani e quello dei fascisti».
Dovevano essere due facce dell'Italia che festeggia 150 anni. «Appunto. Indecente. Io non ce l'ho con chi ci sta governando ma con chi li ha votati. Stiamo assistendo a uno spettacolo di sconfinata impudicizia».
C'è chi dice sia in pericolo la democrazia. «Non è vero. Finché usciranno quotidiani come Il Fatto, il Corriere, l'Unità e la Repubblica questo resta un Paese libero. Nel frattempo il golpe bianco di Licio Gelli sta però andando avanti tappa dopo tappa e tutti noi fingiamo di non accorgercene. Fortuna che c'è anche chi vigila e resiste».
Antonio Di Pietro grida che siamo a un passo dalla dittatura. «Si vede che non sa cos'è una dittatura. Non nascondo che una certa paura comunque ce l'ho. E anche una speranza: che non sta nel cambio del gallo nel pollaio ma nella magistratura, nella Costituzione, insomma in tutte quelle aree di pensiero non in vendita».
Italiani brava gente, diceva Enzo Biagi. È vero? «Dipende da cosa si intende per brava gente. Brava gente significa anche mediocrità, aurea o plumblea mediocritas. Mi spaventa l'analfabetismo civile ma confido in internet. Spero insomma che i nuovi barbari decidano di istruirsi».
Difficile vivere in una città come Verona? «Mi rispettano per il mio passato ma non posso non vedere scampoli quotidiani di razzismo, intolleranza. Verona è stata l'ultima sede del fascismo, non è un caso che oggi sia l'avanguardia della xenofobia».
Italiani manciare no lavorare, urlavano i tedeschi agli internati nei lager. «Ho recuperato il rapporto con la Germania e sono molto grato a quei tedeschi che hanno dato vita all'associazione Vittore Bocchetta non dimenticare . A prescindere da questo, gli italiani continuano a essere visti in un certo modo».
Cioè? «In Argentina siamo patasucha, zampa sporca, in Usa ci ammirano ma non ci rispettano. Che dire poi degli italiani all'estero che si vergognano di dire che sono italiani?»
Testimonianza mandata in onda da Rai educational: Mi chiamo Vittore Bocchetta, sono nato nel novembre del 1918. Sono stato arrestato il 4 luglio del 1944, a Verona, dai fascisti...dalla stazione di Flossemburg siamo stati condotti in un campo che ospitava circa quindicimila prigionieri...Prima di scendere queste scale che portavano alle docce, ci hanno fatto spogliare nudi, tutti...Soltanto dopo la spoliazione e la rasatura dei peli in tutte le parti del corpo, è cominciata l'ispezione fisica. Una volta nudi e puliti, siamo stati spinti per queste scalette e siamo entrati in uno scantinato grande, dove c'erano le famose docce. Qui siamo stati ricevuti da una squadra di demoni: avevano dei pezzi di gomma che usavano come scudiscio senza nessuna ragione, senza nessuna provocazione. Così, di colpo, sono cominciate grida furibonde di gente che non diceva parole, urlava in maniera sconnessa...
Cosa pensa del negazionismo? «Non penso niente».
Giusto o sbagliato considerarlo un reato? «Sbagliato. Sono un democratico convinto. Difendo il diritto di chiunque a parlare. Anche se dice menzogne, banalità, follie».
In Europa si risente forte la voce della destra... «C'è la tendenza a lamentarsi del presente e bisogno di ripulire il passato. Non occorre preoccuparsi però più di tanto: è una tappa naturale dell'evoluzione umana. Non dimenticate che Barack Obama, uomo di colore, è presidente degli Stati Uniti d'America. Questo è il segno che un altro mondo è possibile, nonostante certi italiani».
Quali italiani? «Quelli che hanno dimenticato chi siamo: un popolo di migranti. Una televisione veneta mi ha chiesto come si può mettere rimedio all'immigrazione. Ho risposto: tornando ad essere poveri. Quella contro gli immigrati è un'aggressione all'umanità: in Italia la destra sbraita parlando alla pancia della gente, la sinistra non risponde perché non c'è, è morta, superata dalla Storia».
Il Giornale del premier ha titolato: ora possiamo cacciare i rom. È squadrismo? «Più che squadrismo, è Sacra Romana Rota. Inquisizione. A pagamento, s'intende. O, se preferite, a gentile richiesta di un pubblico che invoca la soluzione finale. Come nei circhi romani, quando la curva nord stava col pollice all'ingiù».
A prescindere dal governo in carica, siamo in una fase di declino? «No. La verità è che, dopo il tramonto delle grandi ideologie, puntiamo alla ricerca di nuovi equilibri. Non siamo diventati peggiori di quello che eravamo fino a ieri. È tornato, non ve ne siete accorti?, il popolo delle persiane».
Osserva per capire quello che succede? «Esatto, ma lo fa da una posizione di sicurezza. Appena capirà chi è il vincitore salterà sul carro giurando l'avevo sempre detto io».
Diario da Flossemburg: in un secondo capannone ci siamo rivestiti e ci siamo spogliati dell'ultima possessione che avevamo, cioè la nostra persona, il nostro nome, la nostra personalità. Abbiamo acquisito un numero, il nostro nuovo nome che veniva applicato sulla giacca con un triangolo...Il primo che abbiamo avuto era un caporale, non so se delle SS, che aveva l'uniforme militare tedesca ed era un caso patetico di pazzia. Ci ha torturato per una ventina di giorni in una baracca chiamata quarantena...questo forsennato non ci dava la possibilità di dormire...un giorno ci ha fatto uscire, mettere in fila e con una tenaglia ha tolto a tutti quelli che li avevano i denti d'oro, o il dente d'oro, che poi venivano raccolti in un contenitore...
A Pomigliano sono ricomparse le Br, c'era da aspettarselo? «Difficile rispondere. Non ero in Italia durante gli anni di piombo. Credo che dietro le Brigate Rosse vi sia una disperazione non dichiarata...e la disperazione può diventare tragedia».
A proposito, c'è differenza fra un brigatista e un partigiano? «Enorme. Nelle Brigate rosse c'era un anima nera. Sono stati carnefici in nome e per conto di una classe operaia che non aveva dato delega ad uccidere. C'è, in fondo, la stessa differenza che correva tra fascisti e nazisti: i fascisti erano crudeli e sadici, i nazisti obbedienti e spietati».
Molti vedono l'Occidente al tramonto. Ratzinger è l'ultimo guerriero? «L'ultimo impostore, semmai. La scienza sta facendo passi da gigante, non potranno raccontarci ancora per molto la favola di un Creatore infinitamente buono che osserva dall'alto come ci scanniamo, come ci sterminano fame, miseria e malattie».
Noi sapevamo che eravamo stati condannati a morte, che la morte era il nostro destino, ma perché non ucciderci subito? Era proprio questa la loro punizione massima: non eliminarci subito ma punirci perché loro nemici. Questo è stato il programma dei campi di concentramento nazisti.
Alla fine della sua lunghissima cavalcata, che idea s'è fatto dell'Uomo? «Sono pessimista dal punto di vista politico, ottimista da quello della sopravvivenza. Se un cataclisma non spazzerà via la Terra, un giorno questo mondo avrà abitanti di un solo colore. Sarà uno, uno soltanto e non un minestrone di repubbliche e monarchie in guerra tra loro e, in fondo, ancora tribali».
Dunque ci salveremo? «L'uomo è l'unico animale che uccide senza la necessità di farlo. Pian piano continua comunque a crescere perché è al centro di tutto. Io, comunque, non me ne preoccupo: il massimo che mi può capitare è vivere altri vent'anni».
...quando andavamo a fare i nostri bisogni dovevamo scavalcare o camminare su questi corpi. Ci siamo abituati in fretta all'idea della morte...Poi tornavano questi monatti con le lettighe vuote, le riempivano di due, tre corpi e li portavano via. Andavano verso il crematorio. Qualcuno l'ho visto, qualcuno che aveva ancora dei movimenti, che si muoveva ancora, però non credo fosse vivo. Forse erano le ultime contrazioni.

finalmente riposa in pace L'ultimo addio al reporter Baldoni Ucciso in Iraq


Vedi le foto  
PRECI Enzo Baldoni, il reporter ucciso nel 2004 in Iraq ieri è tornato a casa, a Preci che lo ha salutato per l'ultima volta. Nella piccola chiesa di Santa Maria della Pietà si sono svolti i funerali. I resti del giornalista sono stati restituiti solo lo scorso aprile.

L'ospedale per gli ultimi San Gavino, un prete e l'iniziativa porte-aperte

Ripensando al   giuramento di Ipocrate   letto  ieri nel convegno sulla  Ccsvi  tenuo  a tempio pausania  ( vedere post precedentee  ilmtesto nel collegamento   qui  presente    )   dal prof  F. Salvi  in risposta   all'ottusità di coloro  che     voglino ritardare  e fare  ostracismo \  ostruzionismo all'ulteriore  studio  di cura  per la ccsvi  e lo critoicano  senza baso scientifiche e tanto per  criticare  per  interessi , ecco la storia  di veri medici coraggiosi  e umani verso i pazienti   e  non  ,  esperienza personale  ,  ,di quei medici (ovviamente  senxza  generalizzare)  che hanno i piedi  in due staffe   e ti dirrottano dal pubblico alloro studio   privato  .

Unione sarda del 27\11\2010 L
LORENZO PAOLINI
  ( paolini@unionesarda.it )
L'ospedale per gli ultimi
San Gavino, un prete e l'iniziativa porte-aperte




San GavinoDon Giorgio Lisci : qui l'assistenza sanitaria davvero per tutti
Ecco l'ambulatorio dove non si fanno domandeU na decina di medici che coprono qualunque esigenza dei pazienti. Nessuna domanda: basta dire che si sta male e c'è un camice bianco disponibile a metterci una pezza. A San Gavino don Giorgio Lisci, nella parrocchia di Santa Teresa, ha messo su una sorta di ambulatorio a cui fanno riferimento extracomunitari senza assistanza sanitaria ma anche emigrati di ritorno che non sanno a quale santo votarsi. «Odio gli automatismi, rumeno uguale sequestratore, i rom tutti ladri. L'unica che mi ha preso in giro è una signora della Marmilla»Un giorno funesto, di quelli che poi passano ma in realtà non se ne vanno più. Il padre di don Giorgio Lisci è appena morto, ucciso da un tumore al colon che l'aveva fatto tribolare per anni. Suonano alla porta e ad aprire è la sorella del sacerdote. Dall'altra parte c'è Mohamed, senegalese. La reazione è d'istinto: «No grazie, non compriamo niente, non è giornata». E lui: «Non sono venuto per vendere. Questa è la casa di don Giorgio? Sono qui per pregare». È entrato, ha salutato, intonato una sorta di serrato canto islamico, fatto le condoglianze di rito ed è andato via.
NESSUNA DOMANDA Forse quel pomeriggio è cambiato qualcosa per sempre. Tre lustri più tardi, anche in onore a quella visita inaspettata, il primo immigrato ha potuto sentire le mani di un medico che lo visitavano, ha ascoltato una diagnosi con tutti i crismi. Un ambulatorio vero e proprio, con otto specialisti a disposizione (ma altri, in questi giorni, hanno offerto gratuita disponibilità). Niente da spiegare né da dimostrare: si telefona (3404011522, se non risponde qualcuno c'è una segreteria), si fissa l'incontro, stop. Regolari e chi non lo è, marocchini e polacchi, c'è un diritto alla salute per tutti e pace se le leggi impongono condizioni: qui vigono altre regole.
SEMPRE DI FRETTA Arriva sbuffando come un treno, è appena scappato dalle corsie dell'ospedale dove fa il cappellano in servizio permanente effettivo. Ha 49 anni, nato a Pabillonis, parroco di Santa Teresina dal 23 aprile scorso. L'uomo ha l'argento vivo addosso, è di quelli a cui l'abito talare regala grinta e tenacia. Prete da 23 anni, ha insegnato nelle scuole, poi ha scelto di occuparsi a tempo pieno della pastorale della salute come gli aveva chiesto il vescovo. Caritas, diritti del malato, viaggio sui treni bianchi verso Lourdes nel ruolo di barelliere, non si è fatto mancare nulla. Coordina i corsi di volontariato cattolico, l'ultimo organizzato sull'assistenza domiciliare ai malati terminali, giusto per tenere il punto. Appena arrivato a san Gavino ha tirato su un gruppo che dà una mano a chi ha problemi in casa e segue alcuni disabili. La parrocchia è tappezzata di volantini col suo numero di telefono («cellulare solo urgenze e casi particolari, grazie»). Ogni settimana partorisce
un foglio di note teologiche commentate con il gusto di chi sa quant'è duro farsi ascoltare da un pulpito. Per dire, parlando di senso della vita, richiama all'Altissimo ma non disdegna di citare Vasco Rossi. Sul rispetto del dolore mette insieme Cogne e Avetrana, e quando si parla di morale messa in discussione butta lì un c'è-chi-dice-no che più Blasco di così si muore. Esche di lettura, magari, ma pare funzioni.
L'APPELLO RACCOLTO A pochi giorni dal suo arrivo a Santa Teresa, raccoglie i primi lamenti. Ci sono medici che rifiutano di visitarci, gli dice una giovane rom. E un indiano: siamo pazienti sgraditi, ci accolgono col ricettario in mano e arrivederci, senza farla tanto lunga. Ma non solo. C'è anche qualche sardo che gli racconta storie di consulti difficili, camici bianchi poco disponibili. Uno in particolare è un emigrato di ritorno che, spintonato da un ufficio all'altro, non è ancora riuscito a farsi assegnare un medico di famiglia. Morale: in quattro e quattr'otto, c'è un primo nucleo di specialisti che dà la disponibilità a visitare chi lo chiede. Senza quesiti che non siano legati al malanno, senza permessi di soggiorno da esibire: «Noi tuteliamo la loro privacy, ci teniamo a far capire che la Chiesa è dalla loro parte». Non è sempre una passeggiata. Una volta una segnalazione è arrivata da un campo nomadi di Arcidano. Il medico ha raccolto l'appello, si è presentato davanti alle roulotte, ha bussato a tutte le porte ma non ha aperto nessuno. C'è voluto il salvacondotto di don Giorgio perché la paziente venisse allo scoperto.
BELLE SORPRESE Ultimamente è comparso anche un gruppo di macedoni. Ma nel Medio Campidano da tempo c'è una nutrita rappresentanza di mondo globale, tunisini, russi, egiziani, nigeriani. «Io li ascolto, cerco di capire. Tutti hanno la stessa lamentela: perché se un mio connazionale si comporta male, devo pagare io?». Il concetto sembra una banalità. Ma dopo tanti discorsi fatti alla pancia della gente, fa fatica a farsi strada. «Io ho la fortuna di esser nato a Pabillonis, un paese dove l'integrazione non è un concetto da tavola rotonda per addetti ai lavori, ma una solida realtà. Lo studente che quest'anno è stato premiato per il miglior profitto è un bambino rom. Il bambino più amato del paese è il figlio di Adamo, il primo ad aver preso casa qui. Non c'è nessuno che non si fermi a dare al piccolo almeno un pizzicotto sulle guance».
FISSARE LE REGOLE Una volta scelto il codice del rispetto reciproco e fissati alcuni concetti su cui non si transige, giura don Giorgio, mai stato alcun problema. Tanti nomadi rom rubano? Non contestabile. Eppure a lui non è mai successo: «Ho sempre parlato chiaro dall'inizio, se volete qualcosa chiedetemela e ve la darò. Se la prendete è finita». E poi bisogna ricostruire nelle persone il valore del denaro: «Poco tempo fa abbiamo avuto in affido dal Tribunale una ragazzina rom che era stata arrestata per un furto. Abbiamo stabilito subito diritti e doveri, compresa la paghetta, a patto che lavorasse. Piccole pulizie, una sistemata al giardino, tutto pur di far passare l'idea che i quattrini arrivano quando te li guadagni».
DOPPIA MORALE Questo sacerdote corpulento è ancora capace di indignarsi quando entrano in ballo automatismi che non perdonano. «C'è una violenza sessuale? È stato un rumeno. Però ci dimentichiamo di quante violenze familiari, tutte italiane e sarde, tacciamo per carità di patria. E l'immigrato che fa gazzarra perché è ubriaco? Guai a lui, il che è giustissimo. Peccato che i bar di paese siano pieni di alcolisti molesti, gente che smaltisce la sbronza all'aperto. Sardi però, e tanto basta». Nelle chiese di periferia, porti di mare, e baluardi fragili al tempo della crisi, incrocia tutti i giorni un esercito di questuanti. «Arrivano con le bollette, i farmaci che non possono comprare perché non hanno soldi. Per anni ho pagato. Poi un giorno ho chiesto il nome del medicinale, magari in ospedale salta fuori qualche scatola lasciata dai rappresentanti. Ho trovato tutto, peccato che quella persona che veniva con regolarità a prendere i soldi non si sia più presentata». La signora in questione era della Marmilla e non senegalese. Sembrerà retorico, e magari lo è. Però è vero.

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