Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
Cerca nel blog
24.12.11
20.12.11
l'ultimo dei templari niente giusto per passare la serata SPOILER
Un film discreto consigliato per chi ama il fantasy sganciato dalla storia e dalla lttratura e l altre arti . Forse a creare delusione è proprio il titolo: il film segue un altra storia!Il film l'ho visto e sinceramente a me è piaciuto,anche se non mi ha entusismato troppo , a differenza dei commenti negativi.
Va bene che non s'inventa più nulla da quasi 100 anni , e si tnde a rimescolare solo le carte del mazzo . Ma almeno la mano fosse diversa . Questo film non è da oscar ma è ben fatto gli errori commessi dalla regia dal montaggio SPOILLER come si vede in una delle ultime scene in cui si vdono i microfoni SPOILER ma il film scorre bene,belli effetti speciali e buona caratterizzazione dei personaggi,che nel piccolo mostrano la propia personalità Ammetto che il film non sia stato fatto benissimo,ma trovo ingiustificabili le critiche pesanti ad esso riferite . Non fidatevi dei commenti negativi!.Infatti volendo essere obiettivi la trama così come se ne deduce dal film risulta piena di falle, insomma fa acqua da più parti, per contro le scene sono ben girate e gli attori aiutano molto a dare a questo film una dignità e una buona suspense. Consigliato per trascorrere una serata piacevolmente.Scondo alcuni miei amici esso è : << Niente di speciale, inoltre lento e per niente originale, nonostante abbia una fotografia stupenda >>. In definitiva un film con una discreta dose di azione e di avventura,non eccezionale ma neanche pessimo.Lo guasta : 1) Il titolo tradotto pessimament ( ma perchè c.... non lasciano quelli originali ) . Ecco prchè molti commenti su http://www.comingsoon.it/Film/Al_Cinema/ affermano che non c'entra niente con il film;Infatti di templari non se ne vede neanche uno . ed è un film Ambiguo e controverso il titolo dell'edizione italiana: nel film non vi è affatto presenza di cavalieri templari, nè tantomeno vengono menzionati; probabilmente la scelta de "L'ultimo dei templari" è stata dettata da questioni di business, nel tentativo di richiamare il successo avuto da Nicolas Cage ne Il mistero dei Templari, oppure da una semplice disinformazione da parte dei distributori italiani che avrebbero confuso i crociati con i templari ., 2 La trama tende al sovrannaturale e al demoniaco, con effettiva presenza di mostri e diavoli, tanto da dare l'impressione di una giustificazione alla caccia alle streghe e alla sua tremenda mattanza di donne.
Altro punto a sfavore è che il film sembra pretendere di avere una qualche validità storica, quando invece il periodo in cui è ambientato è totalmente errato, in quanto le crociate si sono avute nel XII secolo e non nel XIV, e il finale SPOILER è quasi prevvedibile da sembrare uno scopiazzamento de il film Il nome della rosa (Der Name der Rose, in inglese The name of the Rose) del 1986 diretto da Jean-Jacques Annaud, tratto dall'omonimo romanzo di Umberto Eco del 1980 . SPOILER
Concludo che Il film è guardabile, d'altro canto non si può pretendere di vedere film perfetti quindi non sparate a zero su tutti quelli che vedete magari su megavideo o in streaming , l'interpretazione non è sufficiente e la trama è un po scontata, ma ripeto che c'è di peggio.., << age per l'ennesima volta col pilota automatico ormai gli studios gli affidano ruoli che solo lui accetta,è diventato uno yes man del regime di Hollywood,Perlman sempre decente però il plot è povero,è un film dove regna l'oscurità ma a livello di caratterizzazioni >> ( da http://www.comingsoon.it/Film/Al_Cinema/ )
Altro punto a sfavore è che il film sembra pretendere di avere una qualche validità storica, quando invece il periodo in cui è ambientato è totalmente errato, in quanto le crociate si sono avute nel XII secolo e non nel XIV, e il finale SPOILER è quasi prevvedibile da sembrare uno scopiazzamento de il film Il nome della rosa (Der Name der Rose, in inglese The name of the Rose) del 1986 diretto da Jean-Jacques Annaud, tratto dall'omonimo romanzo di Umberto Eco del 1980 . SPOILER
Concludo che Il film è guardabile, d'altro canto non si può pretendere di vedere film perfetti quindi non sparate a zero su tutti quelli che vedete magari su megavideo o in streaming , l'interpretazione non è sufficiente e la trama è un po scontata, ma ripeto che c'è di peggio.., << age per l'ennesima volta col pilota automatico ormai gli studios gli affidano ruoli che solo lui accetta,è diventato uno yes man del regime di Hollywood,Perlman sempre decente però il plot è povero,è un film dove regna l'oscurità ma a livello di caratterizzazioni >> ( da http://www.comingsoon.it/Film/Al_Cinema/ )
natale vegano + ricette vegan
questo post nasce da : 1) dalla risposta su fb dove finiscono i post del blog da parte di ***** una mia amica Vegana : <<Giusè noi vegan non sopravviviamo! Viviamo meglio
;"D! >>;., 2 da
a un richiesta d'aiuto fatta per il post sui vegani e le cene \ pranzi natalizi vista la profondità e l'impossibilità di riassumerla per metterla in quel post , la metto qui interamente e senza commenti .
Un grazie a Barbara primo di http://www.promiseland.it/ un altro sito importante come punto di riferimnto per i vegani e non, che ha risposto a questo mio sondaggio
Io
volevo chiedervi di raccontarmi il vostro primo natale vegan , e le reazioni dei vostri familiari e gli altri parenti . ma soprattutto come fate resistere alle provocazioni dei carnivori .?
Lei
Il mio primo Natale vegan l'ho passato in casa, in famiglia, ho la fortuna di abitare lontano, quindi sono i parenti che, venuti a trovarci, hanno dovuto sottostare a quello che avevo preparato io.
Avevo programmato con cura il menù in anticipo per presentare pietanze saporite e non troppo complicate, o con ingredienti diversi e dai gusti bizzarri.
Quindi avevo fatto una vellutata di mais con dei funghi secchi, una terrina saporita e ricca ai funghi, una crema affumicata da spalmare su del pane grigliato e per il dolce mi ero affidata alle mani esperte di un'amica che ha saputo riprodurre i sapori della famosa torta di mele francese "Tatin" ma usando solo ingredienti vegan. Più le solite insalate, un buon bicchiere di vino per chi lo voleva e il pane fatto in casa da me.
Devo dire che le persone più anziane del gruppo erano piuttosto scettiche ed in bilico tra "Ma voi mangiate cose strane dai sapori strani", malgrado non avessero mai assaggiato tofu&Co e "Ma se state bene voi e siete in salute saranno sicuramente cose buone". Diciamo che gli umori erano al sereno-variabile!
Inutile dire che tutto è andato bene, che finalmente hanno fatto un Natale senza mangiare troppo grasso, senza appesantirsi, senza bruciori di stomaco e senza proteine animali.
Alla fine erano tutti soddisfatti, le pietanze erano piaciute, il tempo era trascorso serenamente e piacevolmente, ma il fatto di mangiare piatti che non rientravano nella loro gestualità in cucina li ha lasciati dubitativi, anche la semplice vellutata di mais con i funghi secchi non avrebbero saputo da dove cominciare per prepararla a casa loro! Questo penso faccia parte della chiusura che si installa inconsciamente nelle persone quando dici loro che sei vegan. La prima cosa che ti dicono è: "Ma allora cosa ti preparo da mangiare quando vieni da me la prossima volta?". Parrebbe che di colpo abbiano dimenticato come si fa una pasta al pomodoro, un risotto ai piselli o le lenticchie...
All'inizio, vivendo lontani appunto, avevamo deciso di dire "solo" che eravamo diventati vegetariani, ma alla prima discesa in Italia, di fronte a vassoi di formaggi e affettati (mi sto ancora chiedendo dove hanno trovato il campo di mortadella...) ci siamo dovuti arrendere e cominciare a metterla giù pesante perché pareva che volessero, in due settimane, farci mangiare tutte le proteine animali di un anno!
Insomma prima con la dolcezza, poi con la fermezza, ma senza mai perdere la calma siamo riusciti a far capire che noi, neanche una volta ogni tanto, non avremmo più mangiato tutto quello che gli avevamo già elencato... pesce compreso...
Più che altro il tempo e la cattiva salute degli altri intorno a noi ci hanno dato ragione. I nostri esami clinici sono sempre ottimi, la nostra salute anche, non ci ammaliamo praticamente mai neanche in inverno e quindi la situazione si è sistemata da sola.
Per quanto riguarda le provocazioni degli onnivori dipende da molte cose. Dal mio umore del momento, da come vedo che la persona di fronte a me imposta il discorso, dalla voglia che ho di stare a spiegare le cose (questo dipende molto da chi ho di fronte, ci sono persone che so per certo essere superficiali che dopo cinque minuti hanno lo sguardo perso e capisci che pensano ai fatti loro...). Ma devo dire che col tempo, leggendo e informandomi, anche grazie alle notizie che mi capitano sotto gli occhi nell'ambito del mio lavoro di responsabile di www.promiseland.it, sono molto più informata su tante cose e quindi riesco a controbattere e a mettere in difficoltà le persone in maniera chiara e inequivocabile. A dire il vero se sono di buonumore mi ci diverto anche, bonariamente lo dico, a mettere in difficoltà quelli che io chiamo i "babbani" (nella saga di Harry Potter i babbani sono le persone non dotate di poteri magici: mi piace questo parallelo ironico!).
Insomma, non sono mai aggressiva, non mi interessa e credo crei chiusura nel tuo interlocutore, cerco anche di non parlare di questa cosa altrimenti ti dicono subito che fai proselitismo, ma se per sbaglio qualcuno mi pone delle domande non sfuggirà alle risposte.
Credo che l'educazione sia alla base di questo genere di spiegazioni e per esempio, se nei discorsi di tutti i giorni mi può anche capitare di usare parole un po' forti, quando parlo di veganesimo ci sto molto attenta e non uso mai espressioni colorite, mantengo la calma e al limite dico scherzosamente le cose che potrebbero essere prese male dal mio interlocutore.
Non dobbiamo dimenticarci che le persone quando si parla di questi argomenti, a livello inconscio, sanno che gli animali che mangiano vengono uccisi e hanno un po' la coscienza sporca, quindi dire che io non ne mangio per non farli soffrire è come dir loro: "Tu sei cattivo perché li mangi e li fai soffrire", o peggio ancora "Io sono meglio di te perché ho la forza di carattere di non mangiarne, non indossarne etc.", anche se la nostra intenzione non è questa (io per esempio non mi sento superiore a nessuno) gli altri percepiscono la cosa così e si sentono a disagio, per questo sovente le reazioni verso di noi sono un po' troppo accese, alla base c'è l'incomprensione.
Un altro fattore da tenere in considerazione, secondo me, è la paura della cosa sconosciuta: la cosiddetta ignoranza riguardo a qualcosa genera inquietudine e insicurezza, a volte vera e propria repulsione, ma c'è anche chi reagisce mettendo in ridicolo qualcosa solo perché non lo capisce.
In pratica la mia reazione cambia a seconda di chi ho di fronte e da come viene impostato il discorso dagli altri, se vedo che la discussione prende una brutta piega o diventa noiosa cerco di cambiare argomento. Se però mi vengono poste delle domande dirette rispondo in maniera altrettanto diretta e precisa.
Per quanto riguarda la vita in società non ho avuto grossi problemi, non sono mai stata una persona che ha bisogno di uscire molto o frequentare molte persone. Mi piace la vita tranquilla, i grandi assembramenti rumorosi non mi sono mai piaciuti: limitano gli scambi interpersonali e li trovo inutili.
Quindi c'è stato un periodo abbastanza lungo di più di due anni, quasi tre, durante i quali si usciva solo in coppia (avendo veganizzato subito il marito!), le persone che frequentavamo erano i cucini italiani vegan (quelli che ci hanno "convertiti") quando venivano in vacanza da noi e basta.
La selezione è stata naturale: parenti (quelli della parte della famiglia francese) e amici che ci tenevano a noi dopo circa due anni hanno fatto di nuovo capolino e hanno cominciato ad invitarci timidamente a pranzo,
informandosi su cosa potevano fare per noi ed è andato tutto bene.
Devo dire che io non sono scesa a compromessi del tipo: per noi due porto io o cose del genere. Ho sempre pensato che mangiare vegan non è una malattia contagiosa e che se per una volta tutti i commensali mangiano vegan non è tossico e non moriranno, spiegandolo alle persone che ci tengono a noi, con serenità, queste capiranno, altrimenti non ci tengono a noi è: così semplice!
Riconosco che ci vuole però una buona dose di sicurezza in sé stessi e di libertà dal giudizio altrui, cose che per mia fortuna posseggo.
Ovviamente con i miei accorgimenti non sono stata al riparo da commenti ostici, battute sarcastiche e tutto il resto. Ma non dando peso al giudizio che gli altri portano verso la mia persona questi non mi hanno intaccato nella sicurezza e nella voglia di proseguire, serenamente, per la mia strada.
Quindi un poco alla volta il mio percorso è ancora in svolgimento e nonostante quasi quattro anni di veganizzazione mi ritrovo ad avere ancora in casa maglioni in lana, scarpe in cuoio etc. che non ho più voglia di usare e per le quali sto facendo opera di bonifica, sperando possano servire a qualcuno e non aver causato sofferenza invano, per finire nelle immondizie ancora semi-nuove.
Ed è proprio riordinando gli armadi dopo esser diventati vegan che ci si rende conto di quanto la pigrizia dell'essere umano ci faccia diventare dipendenti dai prodotti animali, siano essi a tavola o nella vista di tutti i giorni.
In realtà, una volta presa coscienza di quello che si provoca se non si fa attenzione, è poi molto facile applicarsi, leggere le etichette, rinunciare ad un oggetto.
Siamo talmente "pieni di cose" e ci sono talmente tante alternative che al giorno d'oggi anche essere vegan è facile.
Insomma le persone cambiano, le riflessioni sono un ottimo esercizio per la mente: cerchiamo di non evitarle.
Una precisazione che vorrei fare a beneficio di tutti quelli che credono che il veganesimo sia una religione o una setta è questa: una religione ha un Dio da pregare, noi né l'uno né l'altra, una religione o una setta sono scandite da riti, compreso quello iniziatico (come il battesimo nel cristianesimo) noi no, una persona può decidere di diventare vegan oggi e smettere tra una settimana, non deve rendere conto a nessuno, non si firma nessun contratto, non ci si associa a nessuna organizzazione, si è completamente liberi di esserlo oppure no, non abbiamo guide spirituali, regole o statuti... quindi per favore non ripetete questa cosa pappagallescamente quando incontrate un vegan, costui per educazione o per mancanza di argomenti potrebbe evitare di rispondervi, ma voi state veramente dicendo una cosa che non si regge in piedi!
Detto questo auguro delle buone feste di fine anno a tutti!
Esplorando il sito di promiseland ho trovato qusto articolo della stessa barbara
Scritto da Barbara PrimoCasa Promiseland3 dicembre 2011
STRUDEL BARBARA, lo strudel rivisitato con pere, fava tonka, fragole disidratate, cioccolato e pistacchi, scarica la ricetta in pdf QUI
Esplorando il sito di promiseland ho trovato qusto articolo della stessa barbara
Scritto da Barbara PrimoCasa Promiseland3 dicembre 2011
Le ricette di fine anno!
In un momento in cui si guarda alle future feste di fine anno e si rivolge lo sguardo fiducioso all’anno nuovo io voglio andare contro corrente e lanciare uno sguardo compiaciuto a questo magnifico, per me, 2011 che sta finendo.Già al suo inizio si preannunciava splendido: febbraio segnava un anno dalla pubblicazione di Veganwiz.fr, sito al quale ho dedicato tanto tempo, che mi ha spinta a sempre nuove esperienze culinarie e che in soli dodici mesi mi ha dato tante soddisfazioni, fatto incontrare di persona tanti vegan francesi ed entrare in contatto con tante persone stimolanti qui a Parigi dove vivo.Poi ci sono stati i preparativi per il primo, grandioso, VeganFest! Questo evento ha aperto la mia primavera vegan alla grande facendomi passare qualche giorno intenso al fianco di persone speciali, non parlo solo di Sauro e Renata, ma di tutte le persone che hanno partecipato alle fatiche e alle gioie di quei giorni indimenticabili, non li elenco: dimenticherei sicuramente qualcuno, a volte tornano nei miei pensieri episodi sparsi e scoppi di risa…Neanche il tempo di rientrare a casa quasi e ricevo la fatidica telefonata: serie di fortunate coincidenze? Rinunce dell’ultimo momento? La persona giusta al momento giusto? Non lo saprò mai, ma poco importa: le coincidenze non esistono e io ho la fortuna di vedermi offrire questo bellissimo sito che è Promiseland e prendo l’occasione al volo, non mi sembra vero, questa volta il treno è passato dalla mia stazione ed io ero sulla banchina ad aspettarlo per iniziare un viaggio dai mille colori e sapori che mi porterà lontano…I mesi passano veloci e già a luglio eravamo attivi per preparare i bellissimi progetti che sgorgano come acqua di sorgente dalla mente di Sauro.Luglio in vacanza, ma sempre connessa, comincio ad organizzarmi per gli impegni di fine estate.Agosto: gli altri in vacanza e io che già mi porto avanti col lavoro, mi si prospettano due mesi intensi, sia a settembre che ad ottobre sarò in Italia per un totale di quattro volte, per seguire e documentare su Promiseland gli eventi in programma.A settembre ci sarà il primo corso di Veganblog, un successo con più di venti partecipanti e poi tre VeganOK-EXPO ad una settimana circa uno dall’altro:Bologna, Milano, Carrara. Viaggi, cucina, stanchezza, incontri, volti, sorrisi, chiacchiere, articoli, foto, compleanni, reportage, parlare di lavoro in macchina la mattina presto con Sauro e Renata, ma anche tutti insieme a cena davanti a una pizza (ma lo troveremo un posto alle 11 di sera che ci fa una pizza? Mah, proviamo!).A Bologna conosco Giorgio, Vivere Scalzo, ed è colpo di fulmine: tolgo le scarpe anch’io, Sauro ce l’ha ancora su con me… e pensare che avrei potuto incontrarlo già al VeganFest se non fossi stata sempre così di corsa…Ma quante persone ho incontrato in quei due mesi? Zucca, Lony, Cuccio, Pogo, Scila, Lilly, Nala, Bike, Tommaso, Cesare, tre Laura, Giorgio, due Cinzia, Gianluca, Alberto, Enza, Osvaldo, Enzo, Maryline, Francesco, Michele, Dany, Igor, Alessandra, Simone, Silvia, Paola, Daniele, Nelusco, Valentina, Filippo, Frankye, Maddy, Alessandro, Alice, ben tre Andrea e almeno due Luca, Marco, Tiziana, Marilena, gli Chef di Veganblog, Claudia, Alessandra, Sandro, Mary, Enrico, Matteo, Nancy, Paolo, Pina, Roberta, Rossella, Alberto, Aldo, Roberto, Fabrizio, Valeria e cito solo quelli che mi vengono in mente ora e con i quali sono stata a più stretto contatto: chissà quanti ne dimentico!Finalmente fine ottobre, torno a casa, scalza, dal mio paziente marito, che si era quasi abituato a fare lo scapolo, da “La Cano” che per dieci giorni non mi molla di un centimetro per paura che parta ancora, mi ci vuole un po’ per recuperare un ritmo di vita normale, ma che avventura: ne è valsa la pena!Un anno così, bevuto d’un fiato non mi era mai capitato! Chissà come sarebbe stato se Alessandra e Manuel non mi avessero fatto fare il salto, se Sauro non mi avesse lasciato spazio per esprimermi, se non avessi incontrato tutte le fantastiche persone che ho incontrato, se… vabbé è giunto il momento di guardare al futuro più prossimo (noi ci stiamo già preparando per il prossimo VeganFest, che sarà ancora più grande della scorsa edizione!), quindi per festeggiare degnamente la fine di questo anno irripetibile ho pensato un menù speciale da gustare in buona compagnia: la vostra e… BUONE FESTE A TUTTI!
FOCACCIA CHIC, focaccia di tradizione pugliese ma col vestito delle feste con tartufo e panna di soia, scarica la ricetta in pdf QUI
TENEREZZE DI SEITAN, tranci di seitan con patate dolci, fava tonka e pistacchi di Bronte, scarica la ricetta in pdf QUI
STRUDEL BARBARA, lo strudel rivisitato con pere, fava tonka, fragole disidratate, cioccolato e pistacchi, scarica la ricetta in pdf QUI
19.12.11
cibi proibiti alle donne CETRIOLO VIETATO ALLE DONNE. RELIGIOSO: "RICORDA IL PENE MASCHILE"
leggo sulla mia home di facebook questo articolo del giornale gratuito http://www.leggo.it/
Giovedì 08 Dicembre 2011 - 16:06
ROMA - Cetrioli, banane, zucchine e carote. Eccoli i nuovi frutti del peccato, almeno stando a quanto sostiene un religioso islamico. L'uomo, residente in Europa, ha dichiarato che le donne non dovrebbero neanche avvicinarsi a ortaggi e frutta di forma fallica per evitare che queste possano portare alla mente "pensieri sessuali".
Lo sceicco, per ora rimasto anonimo, è stato citato dal quotidiano el- Senousa. Accanto al divieto, però, l'uomo ha aggiunto anche delle "istruzioni per l'uso": se proprio le donne islamiche non potranno fare a meno di mangiare i frutti incriminati, dovranno almeno farlo in presenza di un uomo loro legato da parentela, come un padre o un marito, che provvederà a tagliarli in pezzetti tanto piccoli da non ricondurre alla forma originaria. Banane e cetrioli, infatti, “assomigliano al pene maschile” e potrebbero stimolare la donna a “pensare al sesso”.
All'insolita massima religiosa, i giornalisti hanno reagito chiedendo se sia necessario far controllare le donne quando vanno a fare la spesa, e se comprare i frutti "fallici" possa costituire peccato. Il religioso ha risposto dicendo che è una questione tra le donne e Dio.
ROMA - Cetrioli, banane, zucchine e carote. Eccoli i nuovi frutti del peccato, almeno stando a quanto sostiene un religioso islamico. L'uomo, residente in Europa, ha dichiarato che le donne non dovrebbero neanche avvicinarsi a ortaggi e frutta di forma fallica per evitare che queste possano portare alla mente "pensieri sessuali".
Lo sceicco, per ora rimasto anonimo, è stato citato dal quotidiano el- Senousa. Accanto al divieto, però, l'uomo ha aggiunto anche delle "istruzioni per l'uso": se proprio le donne islamiche non potranno fare a meno di mangiare i frutti incriminati, dovranno almeno farlo in presenza di un uomo loro legato da parentela, come un padre o un marito, che provvederà a tagliarli in pezzetti tanto piccoli da non ricondurre alla forma originaria. Banane e cetrioli, infatti, “assomigliano al pene maschile” e potrebbero stimolare la donna a “pensare al sesso”.
All'insolita massima religiosa, i giornalisti hanno reagito chiedendo se sia necessario far controllare le donne quando vanno a fare la spesa, e se comprare i frutti "fallici" possa costituire peccato. Il religioso ha risposto dicendo che è una questione tra le donne e Dio.
Allora , come si chiedono in molti , se gli islamici ( o altri rappresentati d'altre religioni ) puri non dovrebbero mangiare angurie, meloni, arance, dovranno almeno farlo in presenza di una donna loro legata da parentela, come una madre o una moglie, che provvederà a tagliarli in pezzetti tanto piccoli da non ricondurre alla forma originaria. Angurie, meloni e arance, infatti, “assomigliano al seno femminile” e potrebbero stimolare l'uomo a “pensare al sesso”.
sfatiamo il mito dl natale buonista esso è anche repressione
Poiché l'oppio di popoli è l'oblio , con la creazione di miti buonisti vi racconto tre storie avvenute nl periodo natalizio la prima è tratta da http://domani.arcoiris.tv/
NATALE 1893 – Sicilia insaguinata da carabinieri e latifondisti che sparano contro i contadini affamati
19-12-2011
di Elio Camilleri
Erano quasi le quattro del pomeriggio e il pranzo di Natale del 1893 era finito appena da un po’, la mattina era trascorsa tranquilla, anche Gesù era nato a mezzanotte. Il giorno prima, nella piazza, una moltitudine di donne aveva guidato una manifestazione contro le tasse che esplose improvvisamente con l’assalto e la distruzione dei circoli che erano i luoghi di riunione, di svago dei notabili, dei potenti e dei prepotenti del paese.
La forza pubblica aveva tentato di contenere la folla, ma non era riuscita ad evitare il successivo assalto e la completa devastazione dei casotti daziari.
Erano quasi le quattro del pomeriggio del Natale del 1893 e le donne di Lercara con i loro uomini riempirono la piazza per assalire il Municipio, sventolavano stracci a mò di bandiere e volevano che si capisse che non era più tollerabile lo sfruttamento e la fame.
Il Prefetto ed il Procuratore del Regno si erano precipitati da Palermo e tentarono invano di calmare la folla, ma erano arrivati anche i rinforzi militari e fu la tragedia: i due schieramenti si trovarono uno di fronte all’altro e i militari intimarono ai manifestanti di disperdersi … attimi di silenzio, un colpo di arma da fuoco.
Dai balconi dei palazzotti prospicienti la piazza i notabili, padroni di Lercara, dei campi e delle miniere incitavano i carabinieri a compiere il massacro. Con la bocca ancora impastata dei buccellati e dei cannoli trangugiati a pranzo, nel loro pranzo di Natale, gridavano: “morte agli istigatori, morte ai sovversivi”.
Undici manifestanti furono uccisi nella cornice di cinica e turpe istigazione al massacro.
“non si sarebbe mai saputo chi avesse sparato per primo […] non è affatto da escludere che a sparare per primo fosse stato qualche campiere, qualche mammasantissima, appostato dietro l’angolo di qualche casa e incaricato di provocare la strage da una delle fazioni che si contendevano il potere in paese. Le carte tacciono in proposito”. ( Mario Siragusa, Stragi e stragismo nell’età dei Fasci siciliani. In “La Sicilia delle stragi”. a cura di Giuseppe Carlo Marino. Newton Compton Editori Roma.2007. pag. 119 )
La seconda dai miei ricordi fatti di racconti di Babbo e zio ( sinistra extra parlamentare ) e letture e documentari storici i fatti Avola ( sempre sicilia ) 2 dicembre 1968 ( I II ) dove fu duramente repressa a colpi d'arma da fuoco uno sciopero di braccianti agrari e della bussola ( viareggio notte del 31 dicembre -1 gennaio 1968\69 articolo tratto da http://www.antiwarsongs.org/ .
La ballata ( ne trovate sotto un video e qui il testo )
è la cronaca fedele dell'episodio della contestazione avvenuta il 31 dicembre 1968 presso il locale alla moda "La Bussola" di Focette, in Versilia, dove alcuni studenti medi e universitari si erano recati (come il 7 dicembre a Milano per la celebre contestazione alla prima della Scala) per lanciare uova sui ricchi borghesi che si recavano al locale "chic" per festeggiare il capodanno.
Gli studenti erano armati di uova; i carabinieri, di armi. Fu la prima volta in assoluto in Italia che i carabinieri spararono su una manifestazione studentesca. Lo studente Soriano Ceccanti ( foto sotto )
16 anni, di Pisa, rimase paralizzato per tutta la vita. È diventato, oggi, un valente schermidore.
comunque la pensiate buone feste
non ci facciamo fregare anche questo o gli studiosi non fuggano all'stero .Sei in: Sassari Home / Sardegna / Fili di cotone come transistor: l'indumento «intelligente» nasce tra Cagliari e Bologna E-mail Stampa Condividi Fili di cotone come transistor: l'indumento «intelligente» nasce tra Cagliari e Bologna
CAGLIARI. C'è anche l'apporto dell'università di Cagliari nella realizzazione di tessuti «intelligenti» in semplice filo di cotone naturale capaci di monitorare il battito cardiaco o la temperatura corporea e, allo stesso tempo, comodi da indossare ed utili alla realizzazione di capi per i lavoratori a rischio, per monitorare i pazienti o per gli atleti di sport estremi. Questi particolari «transistor» di fibre di cotone sono stati realizzati grazie ad uno studio dell'istituto di nanoscienze del Cnr e dell'Università di Bologna. I ricercatori Annalisa Bonfiglio, Giorgio Mattana e Piero Cosseddu (Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche e Università di Cagliari) e Beatrice Fraboni (Università di Bologna) hanno dimostrato che da un semplice filo di cotone possono nascere dei transistor, aprendo la strada alla creazione di indumenti «intelligenti» e «sensibili» e alla possibilità di creare interi circuiti in tessuto. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista internazionale Organic Electronics. E dall'idea è nato anche un brevetto in fase di deposito. Il concetto di «elettronica indossabile», dall'inserzione di un apparecchio nei tessuti alla realizzazione di dispositivi elettronici in forma tessile, è ormai noto agli studiosi da oltre quindici anni. «Nel mercato - ha spiegato Bonfiglio - esistono già indumenti capaci per esempio di monitorare il battito cardiaco di chi li indossa o di rilevare eventuali fatto
ri di rischio nell'ambiente. Il limite, fino ad oggi, è stato l'ingombro dei dispositivi incorporati nei tessuti e la scarsa adattabilità agli indumenti delle parti rigide di dispositivi e connettori. Siamo riusciti a ottenere fibre conduttive da semplici fili di cotone, preservando comfort ed elasticità tipici di tale tessuto». «Abbiamo raggiunto quest'obiettivo - ha chiarito Fraboni - sviluppando una tecnica di rivestimento dei fili di cotone con un finissimo strato di nanoparticelle d'oro e di polimeri conduttivi e semi conduttivi. Questo insieme di strati di materiali differenti.
dalla nuova sardegna del 19\12\2011
Oggi è un filo blu di cotone: domani si potrà telefonare col cappuccio di una felpa
cagliari
di dall'inviato Roberto Morini
zoom
CAGLIARI. La strada porta al computer integrato in una normale t-shirt. Ma anche al cappuccio della felpa che offre tutte le funzioni di un telefonino di ultima generazione. O ancora, per chi teme i rischi connessi alle onde elettromagnetiche, la strada che parte dalla Sardegna porta al taschino che blocca le radiazioni, fatto con un tessuto di cotone apparentemente normalissimo, inserito nella camicia o nella giacca, in cui tenere un normale smartphone. Sono ancora tutte da percorrere le vie tecnologiche che portano dalla matassa di filo partita
nei giorni scorsi dall'università di Cagliari alla volta di un'azienda tessile del Bolognese che dovrà tessere quel cotone, al vestito elettronico indossabile, agli indumenti informatici, capaci di sostituirsi agli attuali apparecchi. Protesi tecnologiche praticamente invisibili. Un precario al comando Il primo miglio è stato doppiato in Sardegna. Merito soprattutto di Annalisa Bonfiglio, giovane docente al Dipartimento di ingegneria elettrica ed elettronica dell'università di Cagliari, unica ricercatrice stabilizzata del gruppo, coordinatrice dell'Eolab, il laboratorio di elettronica organica, e di molti progetti europei. Genovese, lavora nell'isola dal 1996. E merito di Piero Cosseddu, cagliaritano, 35 anni, Post Doc, come si dice negli ambienti scientifici per raccontare che uno è precario, ma ha già fatto il dottorato di ricerca e ora si arrampica, per vivere, passando da una borsa di studio (l'attuale è della Regione) a un finanziamento europeo, senzanessuna certezza che il prossimo anno troverà ancora qualcuno che vuole farlo restare nell'isola a fare la sua ricerca scientifico. «Lavoro con la sicurezza mentale che continuerò a fare quello che faccio, quello che mi piace, magari non qui. Se pensassi che che l'anno prossimo potrei non avere più un euro per lavorare e per vivere non riuscirei a fare un passo avanti. Così so che ho imparato delle cose e qualcuno sicuramente le apprezza e mi farà continuare a fare il ricercatore», è la sua certezza. Con Bonfiglio e Cosseddu all'inizio della ricerca c'erano anche Beatrice Fraboni, ora all'università di Bologna, e Giorgio Mattana, ora ricercatore in Svizzera, al laboratorio di Neuchatel dell'Epfl, l'École polytechnique fédérale de Lausanne. Non sono più a Cagliari ma il loro rapporto con il gruppo di ricerca sardo è rimasto strettissimo. Cosseddu coordina una squadra entusiasta come lui, tutta precaria come lui. Anzi, se possibile un po' di più. Ci sono tre dottorandi tra i 27 e i 28 anni, Alberto Loi, Laura Basiricò e Stefano Lai. Con loro una contrattista, Giulia Casula, e Alessio Calcagni, che lavorando con questa squadra prepara la sua tesi di laurea, entrambi ventottenni. Plastica al posto del silicio Cosa fanno? Prima di tutto usano la plastica per fare quello che normalmente si fa con materiali molto più costosi, a partire dal silicio. Perché i polimeri non sono necessariamente isolanti. Possono anche essere conduttori o semiconduttori. Cioè con la plastica si può fare qualsiasi circuito. Nel nostro caso cotone e plastica insieme per fare elettronic devices, come si dice in gergo. Per ora su quella strada hanno già fatto alcune cose. Per esempio la divisa del vigile del fuoco piena di sensori realizzati su superfici plastiche flessibili. Serve a sapere da lontano come sta l'uomo che ci sta dentro e a raccogliere a distanza informazioni decisive sull'ambiente che lo circonda. Era il progetto europeo Proetex, protective e-textiles, tessuti elettronici protettivi. Coordinatrice Annalisa Bonfiglio. E poi hanno realizzato quel filo di cotone conduttivo che è già cresciuto fino a diventare transistor e sta per diventare circuito elettronico prodotto dallo stesso intreccio della trama del tessuto. Per non parlare della pelle artificiale per il robot. Più grande è bello Tre strade tutte nella direzione di rendere non solo flessibili e indossabili gli apparecchi elettronici oggi di largo uso, ma anche molto più economici. Lo spiega chiaramente Annalisa Bonfiglio: «Il processo di miniaturizzazione degli apparecchi elettronici non nasce per la portabilità, ma per il risparmio. Più piccolo è un device, meno materiali costosi bisogna usare per realizzarlo. La portabilità di notebook e smartphone è solo una ricaduta. Ma se si usano fili di cotone e normali materie plastiche, tutto materiale a costi bassissimi, non è necessario puntare a forti miniaturizzazioni. Tantopiù che l'altro aspetto importante, la portabilità, è garantito dalla possibilità di indossare gli apparecchi elettronici». E nel futuro non ci sono solo sensori, telefonini e computer da indossare: «Sarà presto possibile realizzare una giacca fotovoltaica, per la quale la superficie ampia è un vantaggio», esemplifica Bonfiglio. Dall'iPad all'unPad La tendenza insomma è verso quello che viene chiamato unPad, non-apparecchio: la scomparsa dell'oggetto fisico elettronico. Non più l'oggetto separato sempre più piccolo da portare nel taschino o addirittura incollato alla giacca sul bordo del colletto, ma la funzione inserita nel tessuto, praticamente invisibile. «E nel futuro - insiste Bonfiglio - non ci sono solo gli indumenti. Penso a tappeti come sensori del movimento, a tende fotovoltaiche». Possiamo liberare la fantasia. La pelle del robot Piero Cosseddu preferisce puntare a cose più concrete. È lui che coordina la squadra che ha realizzato il filo che sta per diventare tessuto intelligente. Mostrando uno degli strumenti presenti in un laboratorio dall'aspetto un po' accatastato - «i soldi non sono molti», si scusa, come se fosse colpa sua - spiega la fase che precede il tessuto: «Questa è una stampante a getto d'inchiostro che imprime polimeri su una pellicola di plastica. Così realizziamo circuiti elettronici, usando una plastica che conduce elettricità, su supporti flessibili, deformabili». Una pellicola che è diventata anche pelle artificiale per un robot: «È il progetto europeo Roboskin, che stiamo realizzando in collaborazione con l'università di Genova», spiega Cosseddu. Perché i circuiti di polimero su pellicola diventano sensori di deformazioni meccaniche: «Riproducono il senso del tatto», sintetizza. E più avanti, probabilmente, potranno anche sentire la pressione, il calore, in modo molto più efficiente della pelle umana. Per esempio senza scottarsi a cento gradi o congelare a meno quaranta. O addirittura saranno dotati di sensori chimici che permetteranno al robot di conoscere la composizione dell'aria, di individuare possibilità e pericoli.
La strada porta al computer integrato in una normale t-shirt. Ma anche al cappuccio della felpa che offre tutte le funzioni di un telefonino di ultima generazione. O ancora, per chi teme i rischi connessi alle onde elettromagnetiche, la strada che parte dalla Sardegna porta al taschino che blocca le radiazioni, fatto con un tessuto di cotone apparentemente normalissimo, inserito nella camicia o nella giacca, in cui tenere un normale smartphone. Sono ancora tutte da percorrere le vie tecnologiche che portano dalla matassa di filo partita nei giorni scorsi dall'università di Cagliari alla volta di un'azienda tessile del Bolognese che dovrà tessere quel cotone, al vestito elettronico indossabile, agli indumenti informatici, capaci di sostituirsi agli attuali apparecchi. Protesi tecnologiche praticamente invisibili. Un precario al comando Il primo miglio è stato doppiato in Sardegna. Merito soprattutto di Annalisa Bonfiglio, giovane docente al Dipartimento di ingegneria elettrica ed elettronica dell'università di Cagliari, unica ricercatrice stabilizzata del gruppo, coordinatrice dell'Eolab, il laboratorio di elettronica organica, e di molti progetti europei. Genovese, lavora nell'isola dal 1996. E merito di Piero Cosseddu, cagliaritano, 35 anni, Post Doc, come si dice negli ambienti scientifici per raccontare che uno è precario, ma ha già fatto il dottorato di ricerca e ora si arrampica, per vivere, passando da una borsa di studio (l'attuale è della Regione) a un finanziamento europeo, senzanessuna certezza che il prossimo anno troverà ancora qualcuno che vuole farlo restare nell'isola a fare la sua ricerca scientifico. «Lavoro con la sicurezza mentale che continuerò a fare quello che faccio, quello che mi piace, magari non qui. Se pensassi che che l'anno prossimo potrei non avere più un euro per lavorare e per vivere non riuscirei a fare un passo avanti. Così so che ho imparato delle cose e qualcuno sicuramente le apprezza e mi farà continuare a fare il ricercatore», è la sua certezza. Con Bonfiglio e Cosseddu all'inizio della ricerca c'erano anche Beatrice Fraboni, ora all'università di Bologna, e Giorgio Mattana, ora ricercatore in Svizzera, al laboratorio di Neuchatel dell'Epfl, l'École polytechnique fédérale de Lausanne. Non sono più a Cagliari ma il loro rapporto con il gruppo di ricerca sardo è rimasto strettissimo. Cosseddu coordina una squadra entusiasta come lui, tutta precaria come lui. Anzi, se possibile un po' di più. Ci sono tre dottorandi tra i 27 e i 28 anni, Alberto Loi, Laura Basiricò e Stefano Lai. Con loro una contrattista, Giulia Casula, e Alessio Calcagni, che lavorando con questa squadra prepara la sua tesi di laurea, entrambi ventottenni. Plastica al posto del silicio Cosa fanno? Prima di tutto usano la plastica per fare quello che normalmente si fa con materiali molto più costosi, a partire dal silicio. Perché i polimeri non sono necessariamente isolanti. Possono anche essere conduttori o semiconduttori. Cioè con la plastica si può fare qualsiasi circuito. Nel nostro caso cotone e plastica insieme per fare elettronic devices, come si dice in gergo. Per ora su quella strada hanno già fatto alcune cose. Per esempio la divisa del vigile del fuoco piena di sensori realizzati su superfici plastiche flessibili. Serve a sapere da lontano come sta l'uomo che ci sta dentro e a raccogliere a distanza informazioni decisive sull'ambiente che lo circonda. Era il progetto europeo Proetex, protective e-textiles, tessuti elettronici protettivi. Coordinatrice Annalisa Bonfiglio. E poi hanno realizzato quel filo di cotone conduttivo che è già cresciuto fino a diventare transistor e sta per diventare circuito elettronico prodotto dallo stesso intreccio della trama del tessuto. Per non parlare della pelle artificiale per il robot. Più grande è bello Tre strade tutte nella direzione di rendere non solo flessibili e indossabili gli apparecchi elettronici oggi di largo uso, ma anche molto più economici. Lo spiega chiaramente Annalisa Bonfiglio: «Il processo di miniaturizzazione degli apparecchi elettronici non nasce per la portabilità, ma per il risparmio. Più piccolo è un device, meno materiali costosi bisogna usare per realizzarlo. La portabilità di notebook e smartphone è solo una ricaduta. Ma se si usano fili di cotone e normali materie plastiche, tutto materiale a costi bassissimi, non è necessario puntare a forti miniaturizzazioni. Tantopiù che l'altro aspetto importante, la portabilità, è garantito dalla possibilità di indossare gli apparecchi elettronici». E nel futuro non ci sono solo sensori, telefonini e computer da indossare: «Sarà presto possibile realizzare una giacca fotovoltaica, per la quale la superficie ampia è un vantaggio», esemplifica Bonfiglio. Dall'iPad all'unPad La tendenza insomma è verso quello che viene chiamato unPad, non-apparecchio: la scomparsa dell'oggetto fisico elettronico. Non più l'oggetto separato sempre più piccolo da portare nel taschino o addirittura incollato alla giacca sul bordo del colletto, ma la funzione inserita nel tessuto, praticamente invisibile. «E nel futuro - insiste Bonfiglio - non ci sono solo gli indumenti. Penso a tappeti come sensori del movimento, a tende fotovoltaiche». Possiamo liberare la fantasia. La pelle del robot Piero Cosseddu preferisce puntare a cose più concrete. È lui che coordina la squadra che ha realizzato il filo che sta per diventare tessuto intelligente. Mostrando uno degli strumenti presenti in un laboratorio dall'aspetto un po' accatastato - «i soldi non sono molti», si scusa, come se fosse colpa sua - spiega la fase che precede il tessuto: «Questa è una stampante a getto d'inchiostro che imprime polimeri su una pellicola di plastica. Così realizziamo circuiti elettronici, usando una plastica che conduce elettricità, su supporti flessibili, deformabili». Una pellicola che è diventata anche pelle artificiale per un robot: «È il progetto europeo Roboskin, che stiamo realizzando in collaborazione con l'università di Genova», spiega Cosseddu. Perché i circuiti di polimero su pellicola diventano sensori di deformazioni meccaniche: «Riproducono il senso del tatto», sintetizza. E più avanti, probabilmente, potranno anche sentire la pressione, il calore, in modo molto più efficiente della pelle umana. Per esempio senza scottarsi a cento gradi o congelare a meno quaranta. O addirittura saranno dotati di sensori chimici che permetteranno al robot di conoscere la composizione dell'aria, di individuare possibilità e pericoli.
Iscriviti a:
Commenti (Atom)
Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti
Dopo la morte nei giorno scorsi all'età di 80 anni di Maurizio Fercioni ( foto sotto a sinistra ) considerato il primo t...
-
Come già accenbato dal titolo , inizialmente volevo dire Basta e smettere di parlare di Shoah!, e d'aderire \ c...
-
iniziamo dall'ultima news che è quella più allarmante visti i crescenti casi di pedopornografia pornografia...
-
Ascoltando questo video messom da un mio utente \ compagno di viaggio di sulla mia bacheca di facebook . ho decso di ...







