3.12.23

i femminicidio ( non solo ) di Giulia Cecchettin nel marketing morboso: dalla vita di Turetta in carcere alle relazioni tossiche trasformate in vanto

  canzoni   e  non solo  consigliate
questioni di Target - Dado comics 
  
No riesco più a tacere ,  ad essere  pragmatico  ( cioè accettare    che  ci sono  cose   chje  non  puoi  cambiare    e stare  sempre  a  lottarci  come i mulini  a vento  )  ed limitarmi come    ho  fatto  fin ora    facendo parlare condividendo i loro pensieri sulle mie  bacheche  social ,persone ed amici \ compagnidiviaggio che hannno più o meno il mio stesso modo di vedere tale situazione anche  solo indignandosi   contro (  come  dal  titolo    del post  deliberamente ispirato     all'articolo   del  riformista     del 1    dicembre  2023 )  contro  questo  marketing  morboso   ed  unsato  come  speculazione  politica  e  come   arma  di  distrazione dell'opinione  pubblica  da  parte  dei media  d'argomenti   più importanti  .  


Infatti come dice Gabriele Sada sul , qui l'articolo completo , sul riformista del 1 \12\2023 << Ben venga ogni azione nelle scuole     [   e  negli oratori     \  grupi    parrocchiali     ed altre  associazioni  giovanili laiche  o  religiose    agginta mia   ] purché non rimanga fine a se stessa L’amore, quello vero, passa non solo da un libro ma da noi adulti ogni giorno >> .

Non era    almeno   con  chi  guarda     la  tv     e  legge  la  cronaca nera   era   difficile pensare che anche sul femminicidio di Giulia Cecchettin avremmo trovato motivi per discutere e scendere in un confronto dove tutto è bianco o nero e dove l’altro ha sempre il punto di vista sbagliato. E invece anche questa occasione hanno tirato fuori polemiche a non finire, senza neanche chiedersi se in tutto questo circo ci fosse ancora spazio per il rispetto verso la vittima, la sua famiglia e la famiglia dell’omicida, devastata    anche  se  quest'ultima   è  devastata    a  modo  loro  Abbiamo letto, scritto, detto parole su ogni possibile punto di vista. È colpa di tutti i maschi, è il femminismo che ha generato questo maschilismo, è colpa dei social (scusa valida per ogni cosa accada al mondo in quanto la  tecnologia    si resta  ad  un uso consapevole  ed  incosapevole  allo  stesso  tempo  ), mancano i valori, dobbiamo fare educazione affettiva e no non serve a nulla fare educazione nelle scuole, garantiamo i diritti di Turetta e tanto sappiamo già che otterrà l’infermità mentale e via dicendo.Ora  E da qualche giorno sappiamo anche, con morbosa curiosità, come vive, cosa chiede, quanto ha pianto e come si veste l’aguzzino in carcere. Tutto piegato a logiche di marketing, tutto urlato, in un grande ring dove vince chi grida di più, chi ottiene il titolo più grande e chi ha più likes, ma dove in fondo non vince nessuno.  Devo dire     che  come   

Angela Marino                                                                                                                      29 novembre alle ore 22:33 
a me non importa proprio niente di come Filippo Turetta stia vivendo la detenzione. Non certo perché lo disprezzi, ma perché ritengo, razionalmente, che il focus non debba essere posto su di lui, che non debba essere osservato in ogni suo più banale gesto alla ricerca di tracce di umanità o pentimento o consapevolezza. Nulla cambia ciò che è avvenuto nei 22 minuti di cruenta aggressione contro l’indifesa Giulia. Quello, quello là è Filippo Turetta. Siamo quello che facciamo quando gli altri non ci guardano. Non credo nemmeno che ci siano, all’orizzonte, grosse chances di ottenere una seminfermità mentale, non da quello che è emerso fino a oggi. Credo che Filippo Turetta pagherà per aver ammazzato ferocemente una ragazza brillante, promettente, pulita. Lo credo fermamente. Quello che veramente mi preme mettere in luce, ora, è la condizione emotiva degli ultimi giorni di Giulia. La sua ansia, la sua angoscia, il suo stato di forte stress: “vorrei che Pippo sparisse…ho paura che possa farsi del male…non reggerei il senso di colpa”. Ebbene. Vorrei rivolgere un messaggio a ogni ragazza o donna che si scopra e pensare le stesse cose: non è compito tuo salvarlo, non è compito tuo prenderti cura di lui, non è compito tuo preoccuparti. L’unica persona che devi proteggere, curare, salvare, sei tu. La cultura del dovere alla cura dell’altro che ci è stata istillata in quanto madri, la cultura del sacrificio, dobbiamo prenderla e metterla in soffitta. Come madri (ma direi piuttosto come genitori) abbiamo l’obbligo della cura del figlio fino ai diciotto anni d’età, poi dobbiamo (soprattutto per la sua autonomia) lasciarlo andare; come persone abbiamo l’obbligo di amare e tutelare un solo individuo: noi stesse.

Infatti  << [...] In ScuolaZoo -  come  fa  notare     sempre  il riformista  --  company di riferimento in Italia per chi è adolescente o poco più grande, ci siamo interrogati se e come trattare il tema. Abbiamo e sentiamo una responsabilità enorme verso i ragazzi che ci seguono e ci scelgono per i nostri viaggi. Non ci limitiamo a fare meme divertenti e non ci fermiamo (anzi, spesso non ne parliamo proprio) a trattare gossip o chiacchiericci che fanno grandi numeri ma non trasmettono nulla. Per cui alla prima domanda ci siamo risposti di sì, senza indugi: è giusto trattare il tema. È una scelta doverosa nei confronti di chi ci segue e verso noi stessi, verso come interpretiamo il nostro ruolo sociale. Sul come abbiamo avuto mille discussioni. La delicatezza, il rispetto , [....]  le richieste che ci sono arrivate dalla nostra community: erano tanti i rischi di diventare una voce tra tante, di contribuire al rumore e all’estremizzazione di un tema che tutto merita tranne che essere trattato così.>>
Ecco che come l'articolo citato preferisco alla fine parlare di relazioni tossiche: spesso, purtroppo, l’anticamera di comportamenti violenti, di stalking e di mercificazione dell’altro. Una relazione è tossica quando una delle parti cerca di destabilizzare continuamente l’altra, con comportamenti a volte espliciti e chiaramente violenti e a volte in modi subdoli e nascosti. È una relazione dove manca il rispetto e dove una parte cerca di prevaricare l’altra, fino ad annullare la persona, che diventa quasi possesso. Abbiamo scelto questo tema anche per due motivi. Perché su TikTok sono tanti i contenuti in cui una relazione tossica viene presentata come un vanto, come se fosse motivo di orgoglio perché una delle parti (quella maschile, va detto) è gelosa, ha il pieno controllo della relazione e dell’altra persona: esempi tossici, appunto, ma portati come vanto col conseguente rischio di emulazione tra i più giovani he ancora si stanno formando o completando il loro spirito critico nell'affrontare la vita che verrà .Come se avere un partner che basa la propria relazione sul controllo e la gelosia assillante siano non solo orgoglio, ma anche l’unico modo di leggere l’amore in una relazione. Il secondo motivo -- lo spiega    benissimio l'articolo   del riformista  : <<   [.... ]è perché è emerso che Turetta, l’omicida del caso Cecchettin, avesse iniziato ad avere comportamenti violenti già prima dell’epilogo: pedinamenti, controlli a tutte le ore, stalking puro. >>. 
Le  polemiche  seguite ,   su tale  fatto   con particolari sempre  più macabri   , e  che   purtroppo   ancora seguiranno    (  visto che  martedi  c'è il funerale   della Vittima 😥🤬💩👿😢  ) ci ha restituito uno spaccato sociale preoccupante. Molti insulti: dal semplice “comunisti” alle peggio cose. La maggior parte da account che hanno ormai un ricordo lontano dell’adolescenza, ma anche di qualche ragazzo che difendeva il suo modo di vivere una relazione come se fosse la normalità. Abbiamo avuto conferma che l’amore viene ancora troppo spesso identificato col possesso dell’altra persona, della sua crescita e della sua interezza. Come l’amore così inteso sia per natura portato a sfociare in comportamenti violenti, in cui la violenza fisica è solo la punta di un iceberg ben più profondo: manipolazione, controllo, spegnimento della voce e delle opinioni dell’altro, riduzione a merce che, come tale, può solo essere posseduta ed usata.C’è ancora tanto da fare sul fronte dell’educazione. Ma la domanda che dobbiamo porci è se la parte di questa generazione che crede sia normale e giusto questo modo di vivere sia in grado di cambiare e, soprattutto, come facciamo noi adulti a evitare il trascinarsi nel tempo di questa concezione tossica e malvagia. Quale esempio stiamo dando alle generazioni più giovani? Basta forse un’ora di educazione affettiva nelle scuole o c’è bisogno del contributo di tutti? Quale è il ruolo delle famiglie, del padre e degli amici? Come facciamo a sradicare convinzioni così forti in chi oggi siede ancora tra i banchi di scuola? Come possiamo invertire la rotta? L’educazione affettiva, alla vita, all’amore, al rispetto verso l’altra persona è la sfida più grande che noi “grandi” abbiamo davanti. Ma, forse, i primi a non avere i mezzi per insegnare ai ragazzi cosa significa amare e rispettare siamo proprio noi. Per cui ben venga ogni azione nelle scuole, grande o piccola che sia: ma perché non rimanga fine a se stessa c’è bisogno di tutti. Perché l’amore, quello vero, passa dall’educazione in senso ampio: non solo da un’ora a scuola, non solo da un video, non solo da un libro. Passa da noi adulti, ed i messaggi che trasmettiamo ai figli\e e non solo ogni giorno.

Giulia Cecchettin, quando una relazione è tossica

Abbiamo scelto alla fine di parlare di relazioni tossiche: spesso, purtroppo, l’anticamera di comportamenti violenti, di stalking e di mercificazione dell’altro. Una relazione è tossica quando una delle parti cerca di destabilizzare continuamente l’altra, con comportamenti a volte espliciti e chiaramente violenti e a volte in modi subdoli e nascosti. È una relazione dove manca il rispetto e dove una parte cerca di prevaricare l’altra, fino ad annullare la persona, che diventa quasi possesso. Abbiamo scelto questo tema anche per due motivi. Perché su TikTok sono tanti i contenuti in cui una relazione tossica viene presentata come un vanto, come se fosse motivo di orgoglio perché una delle parti (quella maschile, va detto) è gelosa, ha il pieno controllo della relazione e dell’altra persona: esempi tossici, appunto, ma portati come vanto col conseguente rischio di emulazione tra i più giovani.

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Come se avere un partner che basa la propria relazione sul controllo e la gelosia assillante siano non solo orgoglio, ma anche l’unico modo di leggere l’amore in una relazione. Il secondo motivo è perché è emerso che Turetta, l’omicida del caso Cecchettin, avesse iniziato ad avere comportamenti violenti già prima dell’epilogo: pedinamenti, controlli a tutte le ore, stalking puro. Abbiamo quindi pubblicato un video in cui, dopo aver controllato i testi con uno psicologo, abbiamo elencato alcuni segnali per cui una relazione può essere considerata tossica. Lo abbiamo fatto cercando di informare, educare, sensibilizzare, così come già da oltre un anno stiamo facendo trattando contenuti di educazione sessuale e sentimentale.

Giulia Cecchettin, l’amore non è possesso

Quel contenuto ci ha restituito uno spaccato sociale preoccupante. Molti insulti: dal semplice “comunisti” alle peggio cose. La maggior parte da account che hanno ormai un ricordo lontano dell’adolescenza, ma anche di qualche ragazzo che difendeva il suo modo di vivere una relazione come se fosse la normalità. Abbiamo avuto conferma che l’amore viene ancora troppo spesso identificato col possesso dell’altra persona, della sua crescita e della sua interezza. Come l’amore così inteso sia per natura portato a sfociare in comportamenti violenti, in cui la violenza fisica è solo la punta di un iceberg ben più profondo: manipolazione, controllo, spegnimento della voce e delle opinioni dell’altro, riduzione a merce che, come tale, può solo essere posseduta ed usata.

C’è ancora tanto da fare sul fronte dell’educazione. Ma la domanda che dobbiamo porci è se la parte di questa generazione che crede sia normale e giusto questo modo di vivere sia in grado di cambiare e, soprattutto, come facciamo noi adulti a evitare il trascinarsi nel tempo di questa concezione tossica e malvagia. Quale esempio stiamo dando alle generazioni più giovani? Basta forse un’ora di educazione affettiva nelle scuole o c’è bisogno del contributo di tutti? Quale è il ruolo delle famiglie, del padre e degli amici? Come facciamo a sradicare convinzioni così forti in chi oggi siede ancora tra i banchi di scuola? Come possiamo invertire la rotta? L’educazione affettiva, alla vita, all’amore, al rispetto verso l’altra persona è la sfida più grande che noi “grandi” abbiamo davanti. Ma, forse, i primi a non avere i mezzi per insegnare ai ragazzi cosa significa amare e rispettare siamo proprio noi. Per cui ben venga ogni azione nelle scuole, grande o piccola che sia: ma perché non rimanga fine a se stessa c’è bisogno di tutti. Perché l’amore, quello vero, passa dall’educazione in senso ampio: non solo da un’ora a scuola, non solo da un video, non solo da un libro. Passa da noi adulti, ogni giorno.

Diversamente simili rencensione di Marco Meucci a “Sulle tracce dell’altrove” di Cristian Porcino

Graie ad una  conessione  di  fortuna  ( grazie   fastweb    per i 150  giga   di offerta  su  telefonino mobile )    sono  riuscito  a  leggere    la   rencensione   di Marco Meucci  .   Io non avrei saputo    recensirlo   vorrei aggiungere  solo    due  cose   : 1)  lo consiglio    per  natale  e  che   confermo   come   come  ha  risposto  l'autore  stesso in  un  commenti   alla  diretta  su   istangram   

@vivielacarta grazie Vivi. Dopo anni di odio sono diventato l’incarnazione vivente della canzone omonima di Michele Bravi 😘😜

 

la  trovate   su queste  pagine    appena  mi  mettono apposto la linea  .  Per   iul momentoaccontentatevi di     questa   bella   recensione   

Incredibili analogie e curiose similitudini che hanno caratterizzato stralci della mia vita sono balzate fuori dalle pagine del breve ma intenso “Sulle tracce dell’altrove”, ennesima fatica letteraria dell’amico Cristian. Un sipario mai completamente chiuso su questa incredibile commedia, a volte dramma, che è la nostra esistenza terrena; passando fra le braccia di personaggi immortali come Franco Battiato, Raffaella Carrà, Manlio Sgalambro e molti altri che attraverso la loro Arte sono riusciti a lenire, se non guarire, le ferite inferte dagli artigli spietati dell’ignoranza e del giudizio.
“L’uomo è la belva più feroce” afferma il Generale Zaroff nel racconto “The Most Dangerous Game” di Richard Connell (1924); da che mondo è mondo gli umani hanno creato spietati giochi al massacro chiamati “guerre” “battaglie” “inquisizione”… la crudeltà è sempre stata il sollazzo del popolo e la strategia del Potere. Guerre più silenziose ma non meno terribili si consumano nelle famiglie, nelle scuole e in quei luoghi che la società e le chiese vorrebbero indicarci come “templi di edificazione” ma che spesso si rivelano fabbriche di etichette terribili, marchiate a fuoco sui singoli individui colpevoli di essere se stessi. Seguiamo dunque le “tracce dell’altrove” per trovare la nostra strada verso la serenità, facendo della “diversità” il nostro vessillo!

2.12.23

Un cane poliziotto in pensione incontra dopo anni il suo ex conduttore: la gioia è indescrivibile ., Lubendo e i suoi accoliti: lotta per Cabinda a Sestri Levante

 

Leggi anche: Come funziona la memoria del cane?


Due anni dopo essere andato in "pensione", questo ex cane poliziotto si è letteralmente commosso nel rivedere il suo addestratore di un tempo.Il Pastore Tedesco Wangwang ha prestato servizio in Cina come cane poliziotto e non ha dimenticato nulla della sua vecchia vita.
Un vivo ricordo, nella mente e nel cuore
Nel gennaio 2021, la cagnolina si è riunita con il suo ex addestratore di cani, che non aveva visto dal suo pensionamento nel 2019.L'animale è adesso in buone mani e conduce una vita tranquilla con la sua famiglia adottiva che lo ama più di ogni altra cosa. Ma mantiene ancora un posto nel cuore per il suo ex addestratore, che non ha mai dimenticato Vedendolo di nuovo, Wangwang lo ha subito accolto scodinzolando, ricoprendo l'uomo di coccole, leccate e affetto, e sembra addirittura che il cane abbia pianto di gioia !La cagnolina di 8 anni di età all'epoca dei fatti, ha dimostrato di provare forti emozioni per colui con il quale ha trascorso gran parte della sua vita.


Queste immagini hanno commosso gli utenti del social network Douyin, la versione cinese di TikTok. Ecco ancora una volta un cane fedele e pieno di amore !

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Lubendo e i suoi accoliti: lotta per Cabinda a Sestri Levante




Il generale Girava travestito da militare con divise raccattate in qualche mercatino e una pistola giocattolo La Digos li ha perquisiti . 
Raccontano che dopo gli ultimi accadimenti, il vero dramma del “generale” Pancracio Lubendo non sia quello di essere accusato di terrorismo. Al contrario, il vero timore di quest’uomo, adesso, è di non essere preso sul serio. Screditato alla stregua di un qualsiasi ciarlatano, che per darsi un tono girava travestito da militare con divise raccattate in qualche mercatino e una fondina con dentro una pistola giocattolo, strappando qualche selfie a “vip” incrociati per strada, come il sindaco Marco Bucci o il cardinale Angelo Bagnasco.


INSOMMA, Lubendo teme di passare per quello che si spacciava per ciò che non era: ministro della Difesa e rappresentante in Italia del libero Stato del Cabinda. Una causa attorno a cui aveva radunato un variopinto manipolo di soggetti, tutti italiani, accomunati dall’avversione ai vaccini e arruolati in cortei contro il Green Pass. Li aveva promossi – chi al grado di ufficiale, chi al ruolo di attaché diplomatico – e convinti a posare con passamontagna e baschi, a testimonianza di improbabili riunioni notturne nell’entroterra ligure, postate in Rete per dimostrare che qui ardeva la fiammella della rivoluzione africana. Il risultato delle foto è un po’ grottesco, qualcosa a metà tra una riedizione di Fascisti su Marte o Il dittatore dello Stato libero di Bananas. Ma non al punto di non destare un minimo grattacapo alle autorità italiane. Alla fine, la Digos, su delega della Dda di Genova, ha deciso di fugare ogni dubbio. Li 
ha perquisiti tutti, alla ricerca di armi, ma non è saltato fuori granché: uno dei cinque coinvolti aveva una doppietta da caccia, regolarmente detenuta. A un altro hanno trovato un arco e delle frecce. Niente di illegale, ma nemmeno molto utile per favorire insurrezioni armate.Per chi non ne avesse mai sentito parlare, il Cabinda, sebbene non riconosciuto come entità statale, esiste davvero: è un’enclave sotto il controllo dell’angola, compresa nel territorio del Congo, una regione povera ma ricca di giacimenti, piena di intrighi, interessi petroliferi e mercenari al soldo di compagnie private occidentali. Soprattutto, esiste la sua causa: un movimento indipendentista, che negli anni si è anche reso responsabile di attentati. Il più cruento, quello dell’8 gennaio 2010 contro il pullman della Nazionale del Togo, in occasione della Coppa d’africa. Il bus viene assaltato a colpi di mitragliatrice, muoiono in tre: l’autista e due accompagnatori. Nell’agguato ci sono vari feriti, tra cui il portiere della squadra di calcio. La responsabilità viene rivendicata dal Flec, il Fronte per la liberazione del Cabinda, che specifica però di aver colpito i togolesi per errore: il vero obiettivo sarebbero state le guardie angolane. A dichiararlo è Rodrigues Mingas, capo militare dei ribelli e signore della guerra. Molti oggi lo credono in Europa, lui su Linkedin si definisce ambasciatore itinerante residente a Panama.Ma qui c’è uno dei nodi della vicenda: in giro per il mondo esistono vari sedicenti governi in esilio del Cabinda. Tutti reclamano di essere il più titolato, molti distribuiscono onorificenze e passaporti. Lubendo esibisce a tal proposito un mandato firmato dal generale Antonio Luis Lopes, presidente di uno dei vari esecutivi in esilio, con la nomina a ministro della Difesa. Per l’italia, fino a pochi giorni fa, Lubendo era solo un agricoltore angolano di 34 anni, residente sulle alture di Sestri Levante. In Internet postava spesso contenuti sul Cabinda e in favore del Flec. Di lui si sa poco altro: la volontà dichiarata di studiare Ingegneria; un’esperienza attoriale al Suq, festival dedicato al Sud del mondo; la contrarietà al lockdown, che lo porta ad arruolare (e mettere nei guai) i simpatizzanti italiani. Ma vediamo di capirne qualcosa in più.GIUSEPPE DEL SOLE, 60 anni, “tenente colonnello” dello Stato maggiore di Lubendo, è un ex bidello che di tanto in tanto dorme per strada. Viene agganciato a un corteo no-vax, con una proposta impossibile da rifiutare: “Lubendo mi chiese se volevo aderire a una battaglia per far star bene i bambini di un paese occupato e io ho accettato”. Si riconosce in alcuni scatti con un berretto militare, la mimetica e uno scaldacollo sul viso: “La mia è sempre stata una lotta non violenta”, specifica Del Sole, assistito dagli avvocati Paolo Amerigo Marulli di San Cesario Carniglia e Lars Markus Hansen. La polizia ha poi fatto visita anche al “colonnello” Marco Trovatello, ex idraulico di 60 anni, Sergio Anselmi, “funzionario diplomatico” di 56 anni ufficialmente senza occupazione, ed Emanuele Rocca, un vicino di casa di Lubendo.Come si è ormai capito, questa storia ha le sembianze di un film in cui la trama rimane sospesa fino alla fine tra la spy story e la farsa, senza possibili vie di mezzo. Se Lubendo sia o no davvero legato ai ribelli del Cabinda è un interrogativo che in definitiva non interessa nemmeno troppo le autorità italiane: la cosa importante, per gli inquirenti, è che il fantomatico carico di 500 pistole donato dal Brasile di Bolsonaro e annunciato sui social, se mai esistito, non sia mai transitato dall’italia. Insomma, depurata dal colore, l’epopea di Lubendo è destinata a rimanere avvolta nel mistero, che confonde il rivoluzionario di professione dal mitomane. Gli investigatori stanno meditando se contestargli la truffa, per via delle raccolte di fondi promosse in giro. Ma, assicura un legale, “è troppo facile ridicolizzare Lubendo, lui è davvero chi dice di essere. I politici di casa nostra, visti con gli occhi degli altri, sono tutti così competenti?”. Il ministro in esilio, nel frattempo, ha affidato a Facebook un comunicato, che qui riporteremo in modo letterale (concordanze comprese): “Fate attenzione a ciò che si dichiara. Siete partiti con i piedi sbagliati!”.  
 Tutto ciò è dovuto ad  un equivoco    . Infatti    sempre  secondo il  giornale  

LE BATTAGLIE PER IL TERRITORIO ANGOLANO ESISTE SUL SERIO


un territorio in Africa chiamato Cabinda. Si trova al confine tra l’angola e il cosiddetto Congo “portoghese” e fa parte, con qualche turbolenza, dell’angola. Ricca di petrolio, nel 2007 è divenuta regione a statuto speciale. Nel 2010, un attentato durante la Coppa d’africa del movimento indipendentista chiamato Flec (Fronte per la liberazione del Cabinda), uccise un autista e due accompagnatori della Nazionale di calcio del Togo.








mi salverò di pacmogda clémentine


Il corpo traballa 
L’anima fatica
Sembra un sogno
Che non ha un freno
Tutto sprofonda
E la voglia è persa
Sembra che si gela dentro
E si scende molto in basso
Il fondo è toccato 
E non si vede riscatto
Esiste una differenza nel morire 
E nel vivere?
Ormai sembrano uguale
Un solo essere tiene il filo
E ispira resistenza duro
La battaglia fisica diventa inutile 
Proviamo quella spirituale 
Per la resistenza 
Si cerca la resilienza
Sentirsi soli in un mondo vasto
Non è altro che peso 
E oggi c’è gelo fuori e dentro 
Bisogna tenere duro 
Dicono spesso 
Dal fondo mi dibatto 
Continuo il sorriso 
Sperando di riemergere 
Rigenerato e forte
Non mi piace l’abisso
È tutto buio come l’inverno
Tiratemi i piedi 
Sentite il silenzio dei miei gridi
Forse
Mi salvero

1.12.23

diario di bordo n 22 anno I . oriente ed occidente , fede , femminismo

  <<    al di là delle faglie che hanno prodotto profonde fratture nell’occidente, è possibile un futuro multipolare di “convivenza tra identità diverse”, come auspica Daniele Segre? O “nessun nuovo ordine oggi è possibile”, come conclude pessimisticamente Lucio Caracciolo ?  >> .   secondo me    ancora  risposta non  c'è  .  Almeno     finche  si  continuerà    con questa   ormai  anacronistrica   contrapposizione   fra    oriente   ed  occidente   . Quindi   la     domanda  che   viene  spontanea  dopo   la  lettura     di  quest  articolo      su il Fatto Quotidiano  del  30\11\2023   


.QUANDO I BARBARI. .ERANO ALL’OVEST.

“Buoni” e “cattivi” I conflitti tra Greci e Persiani sono il fondamento narrativo della superiorità occidentale


Oriente e Occidente sono poli opposti nel mondo globale, ma stranamente anche l’america si autodefinisce Occidente e considera l’asia Estremo Oriente. Da dove si è originata tale polarizzazione unidirezionale? Gli Assiri per primi introdussero la distinzione tra Ereb o Irib, terra del sole che 

scompare dall’orizzonte, e Asia, Asu, “terra del sole che nasce”. Ma era solo un’indicazione di labili confini, non di reali frontiere in un continente che non aveva separazioni naturali. Anche il testo biblico dei Salmi (103, 12.20) si limitava a indicare la vastità del mondo da Oriente a
Occidente come paradigma simbolico dell’immensa misericordia divina. Sono stati per primi i Greci e lo storico Erodoto, in particolare, a chiedersi che cosa divideva l’europa, la terra d’occidente, dai popoli selvaggi e servili dell’est e a inaugurare tale visione asimmetrica e monocentrica con un asse portante privilegiato. La storia millenaria del mondo che noi ci rappresentiamo è stata segnata fin dall’origine dallo scontro di civiltà tra Greci e barbari che ha visto l’occidente rivendicare la sua superiorità sull’oriente. Una superiorità attribuita alla costituzione politica, all’ordine, all’intelligenza, contro l’autocrazia, il disordine e il caos informe dell’‘altro’. La storia dello scontro ideologico tra due sistemi di valori è cominciata e si è snodata sulle rive dell’ellesponto dalla guerra di Troia alle guerre persiane, rappresentate per la prima volta nella tragedia I Persiani di Eschilo. Ed è continuata come perpetua inimicizia nei secoli fino al trionfo di Alessandro e ancora dopo nello scontro che perdura tuttora tra mondo ebraico-cristiano e mondo islamico. Ma la sconfitta di Serse, presentata come vittoria della democrazia contro l’autocrazia, rivelava una lettura pregiudiziale dell’altro. Gli imperatori persiani, tra cui Ciro il grande, rappresentato anche nella Bibbia come liberatore degli Ebrei e tollerante nei confronti dei popoli vinti, e il popolo persiano non potevano essere solo autocrati dominatori su una massa amorfa di schiavi. Le fonti restituite, comprese le iscrizioni, l’arte e le recenti scoperte archeologiche in Iran dello studioso Lloyd Llewellyn-jones potranno aiutare la ricerca della verità e dar corpo a un’autentica “versione persiana” di questo straordinario primo impero dell’antichità.

Allargando lo sguardo alla vastità dell’oriente, le coordinate si perdono e la cultura greca, presentata nel corso dell’ottocento come “un miracolo”, non appare più come un unicum. Certamente la filosofia greca diede un contributo importante allo sviluppo del Logos nella storia occidentale, ma che cosa la distingue dalla saggezza orientale? Gli stessi filosofi greci si riconoscevano debitori di una civiltà millenaria più antica. Si può parlare allora di “comune lascito dell’“età assiale” o di “miracolo greco”? Di età assiale ha parlato per primo nel 1949 Karl Jaspers e da qualche decennio se ne discute: un arco di tempo che va dall’800 al 200 a.c., in cui sono sorte contemporaneamente diverse tradizioni religiose e filosofiche: in Cina con Confucio, in India con Buddha, in Iran con Zaratustra, nel contesto ebraico con Geremia, Isaia ed Elia, per non parlare dei greci. Perciò in questo quadro sfaccettato anche la storia non appare diretta linearmente, ma sembra ruotare intorno al medesimo asse. Accanto alla discussione sulla filosofia greca si possono quindi considerare aspetti di questa saggezza orientale, entrata tangenzialmente in Occidente, come gli editti del principe indiano Ashoka, scritti in pracrito, aramaico e greco, ritrovati incisi su pilastri, massi e caverne in Afghanistan, Bangladesh, India, Nepal e Pakistan, precetti ispirati al buddismo. O il manuale sull’arte della guerra o meglio del conflitto di Sunzi, un classico di strategia militare, la più importante opera dell’antichità cinese, che è anche uno dei più raffinati e influenti manuali di strategia politica e sociale, di attualità sconcertante. Ma per lo più quel mondo del “sole che sorge” restava avvolto nella leggenda, alimentando il mito o il pregiudizio dell’autoctonia della città simbolo della Grecia: Atene; un modo per autocelebrarsi e rafforzare la contrapposizione tra se stessi e i barbaroi. E la barbarie era soprattutto rappresentata nell’ethos tragico delle donne, che si manifesta in alcune tragedie di Eschilo e di Euripide.

Ma nella rappresentazione dell’altro come barbaro, forma onomatopeica che mima la balbuzie, c’è una certa arroganza che trascura millenni di civiltà orientale, come quella indiana e cinese, coltivata senza ambizioni di espansione militare. Un mondo che resterà lontano e si aprirà lentamente allo sguardo dell’occidente soprattutto attraverso le vie del commercio di un prodotto raffinatissimo e prezioso come la seta, veicolo di incontri di culture. Un reale incontro tra culture fu invece il risultato del sogno ambizioso di Alessandro Magno, il sogno di unire Oriente e Occidente, risolto rapidamente col taglio del nodo di Gordio, ma diventato realtà duratura soprattutto con la nascita della cultura ellenistica in cui la lingua greca, divenuta koiné, veicolò le varie culture del vicino Oriente. La nuova città Alessandria in Egitto e la sua Biblioteca furono al centro di incontri, ma anche di scontri tra culture e religioni dell’oriente. Fu in quei luoghi che iniziò la traduzione in greco dell’antico Testamento scritto in ebraico, che divenne nota come “Bibbia dei Settanta”; ma Alessandria fu anche teatro del primo pogrom della storia, testimoniato con parole toccanti dall’ebreo Filone. E in Alessandria si consumò il femminicidio di Ipazia, vittima del fanatismo e dell’invidia, di cui ha ricostruito “la vera storia” Silvia Ronchey. Ma le categorie di Oriente e Occidente sono diventate sempre più vaghe e ambivalenti da quando una religione d’oriente come quella cristiana è diventata valore identitario in Occidente. Scontro o incontro? “Che cos’hanno in comune Atene e Gerusalemme?”: a questa domanda provocatoria di Tertulliano risponderanno il cardinale Gianfranco Ravasi e Ivano Dionigi sabato al teatro Carignano nel corso del festival di Torino. La religione cristiana, assimilando anche la cultura greco-romana, si impose in Occidente con Costantino che spostò la capitale dell’impero romano a Costantinopoli, su quelle rive dell’ellesponto che costituivano l’avamposto dell’oriente. E lì, dopo Teodosio e la divisione dell’impero di Roma, si affermò quell’impero romano che sarebbe sopravvissuto mille anni di più dell’impero romano d’occidente. E che avrebbe mantenuto quella raffinata cultura greco-romana, che in Occidente si era perduta e trasformata nei regni romano-germanici fino alla nascita del Sacro romano impero carolingio. Maometto e Carlo Magno era il titolo del libro di Pirenne dedicato alla storia del primo incontro/scontro tra Islam e Impero carolingio. Quell’incontro ebbe momenti di pacifica convivenza, produttiva di risultati culturali importanti, come il ritorno in Occidente del pensiero di Aristotele mediato dalla cultura araba, ma col tempo ripropose il cliché dello scontro di civiltà iniziato con le Crociate. Uno scontro che riuscì anche a rimescolare le carte nei rapporti tra Oriente e Occidente, come quando la quarta crociata, promossa dalla piccola nobiltà franca e da Venezia, fece apparire i crociati come veri barbari agli occhi della coltissima principessa bizantina Anna Comnena. Al punto che si poté dire in seguito, a proposito della successiva caduta di Costantinopoli a opera dei Turchi ottomani: “Meglio il turbante turco che la tiara latina”. Un vero capovolgimento dell’immagine tradizionale dell’oriente e dell’occidente, due categorie ambigue e ambivalenti che riflettono le faglie dell’europa, su cui si interrogheranno nel festival anche politologi e analisti, affrontando il “tema della “deriva dell’occidente”, la prospettiva di “una tempesta perfetta” nello scontro bipolare o quella di “un futuro asiatico”. Ma, al di là delle faglie che hanno prodotto profonde fratture nell’occidente, è possibile un futuro multipolare di “convivenza tra identità diverse”, come auspica Daniele Segre? O “nessun nuovo ordine oggi è possibile”, come conclude pessimisticamente Lucio Caracciolo?


è  arriveremo mai  a  ciò    a  

traduzione  in italiano  di Immagine  di J.lennon  


  proprio la canzone   di Lennon mi      riporta  alla mente una  discussione   avuta   con  un amica   femminista  su  film  Il film, intitolato Il Vangelo secondo Maria, prende spunto dall'omonimo testo di Barbara Alberti, in  cui   secondo  IL  GIORNALE    mi pare  di  martedi  o  mercoledi  : << Sarà una Maria di Nazareth "pagana, ladra, selvaggia e femminista", come la descrive l'Ansa, quella che verrà proiettata al Torino film festival. Una Madonna che non è per niente felice del progetto che Dio ha per Lei e che, quasi provocatoriamente, Gli chiede: "Perché proprio a me?". Come se non volesse accogliere in Sé il Figlio di Dio. Come se quella gravidanza fosse un peso e non un dono per l'umanità intera. Il film, intitolato Il Vangelo secondo Maria, prende spunto dall'omonimo testo di Barbara Alberti, la quale, intervistata dall'Ansa, afferma: "Ho scritto questo libro nel 1979 al solo scopo di far sorridere la Madonna. Viene sempre rappresentata come una serva assoluta che per destino dovrà solo piangere e partorire senza conoscere uomo. Insomma, l'indicazione che veniva data alle donne era piangere. Credo che noi donne possiamo essere qualcosa di più di una figurina del dolore". [...]>>.   

  IO 

da Una Maria di Nazareth pagana, selvaggia e femminista: ecco il nuovo film del regista cagliaritano Paolo Zucca (unionesarda.it del 26\11\2023 )

Una Maria di Nazareth pagana, selvaggia e femminista: ecco il nuovo film del regista cagliaritano Paolo Zucca

Ad interpretarla Benedetta Porcaroli: Alessandro Gassman sarà Giuseppe
Una foto di scena del film \"Vangelo secondo Maria\" di Paolo Zucca con Benedetta Porcaroli e Alessandro Gassmann (foto Ansa)
Una foto di scena del film "Vangelo secondo Maria" di Paolo Zucca con Benedetta Porcaroli e Alessandro Gassmann (foto Ansa)



Piomba sul Torino Film Festival una Maria di Nazareth mai vista prima, pagana, ladra, selvaggia e femminista e soprattutto una donna che non è affatto contenta del suo destino e non manca a dire a Dio in persona: «Perché proprio a me?».
È “Vangelo secondo Maria”, il nuovo film del regista cagliaritano Paolo Zucca con Benedetta Porcaroli e Alessandro Gassmann, tratto dall'omonimo romanzo di Barbara Alberti, che lo ha anche sceneggiato assieme a Paolo Zucca e ad Amedeo Pagani. «Ho scritto questo libro nel 1979 al solo scopo di far sorridere la Madonna. Viene sempre rappresentata come una serva assoluta che per destino dovrà solo piangere e partorire senza conoscere uomo. Insomma, l'indicazione che veniva data alle donne era piangere. Credo che noi donne possiamo essere qualcosa di più di una figurina del dolore», spiega oggi Barbara Alberti.Il film Sky Original, prodotto da La Luna, Indigo Film, Vision Distribution, mette in campo una Maria ragazzina a Nazareth dove tutto le è proibito, anche imparare a leggere e scrivere, un vero inferno per lei che sogna di scappare quanto prima su un asino come fanno i profeti per andare alla scoperta del mondo. Dopo aver messo a tappeto ogni pretendente trova in Giuseppe (Alessandro Gassmann) un maestro di saggezza, ma il loro matrimonio è casto, mentre lui segretamente la istruisce, preparandola alla fuga. Ma ecco un ostacolo imprevisto: Maria e Giuseppe si innamorano. Stanno per abbandonarsi alla passione, quando l'angelo dell'annunciazione rovina tutto. [...] 
io  in verde    lei  in bianco  


cerco l'originale e poi ne faccio una mia interpretazione . Per il femminismo io distinguo tra femminismo conservatore e femminismo progressista \ pluraree . Ciò no vuole dire che il patriacato non esiste anzi esiste sotto nuove forme Come dice Nando della chiesa su il Fatto Quotidiano d'oggi


Dopo le manifestazioni per Giulia di sabato scorso vale la pena continuare a riflettere su quanto è accaduto. Perché una causa cruciale è certo il patriarcato. Ma ce ne sono anche altre, che la travalicano.Vissi con ammirazione e i dovuti sensi di colpa la rivoluzione femminista, che entrò nella mia giovane casa con dolcezza pari all’intransigenza. Il mondo “progressista” la fece formalmente sua. Ma negli anni Ottanta accadde una cosa che doveva pur allarmare. I settimanali impegnati e progressisti iniziarono a fare a gara a mettere in copertina donne nude, provocanti, ammiccanti, con ogni pretesto. In alcune riunioni di redazione si chiedeva addirittura, come fosse l’asso da poker, “ma abbiamo la f… in copertina?”. Rientrò così dalla finestra la donna-oggetto. Perché “vendeva”. Il fatto non apparve grave ma piuttosto “libertario”. Erano stati o no quei settimanali in prima fila per i diritti della donna, a partire dal divorzio? Con quell’alibi, e la concorrenza delle tivù commerciali appena nate, tornò in forma nuova il vecchio mondo, che l’ingresso delle donne in alcune carriere rendeva meno visibile. Al punto che con Gianni Barbacetto pubblicammo nel 1988 un numero speciale del mensile Società Civile (“Sbatti il nudo in prima pagina”) per denunciare quanto accadeva, ripubblicando pagine e pagine di quelle copertine. Pura testimonianza.PERCHÉ L’ONDATA politico-ideologica successiva restituì piena dignità a quel mondo. Non era solo patriarcato. Era qualcosa di diverso. E il nostro Parlamento nato dalla Costituzione più bella del mondo ne fu invaso. “La Lega ce l’ ha duro” di Bossi alla senatrice Boniver, il “taci gallina” in aula alla senatrice Acciarini, gli insulti irriferibili del suo schieramento alla ministra Prestigiacomo proprio sui diritti. E le ironie su Rosy Bindi “più bella che intelligente”. E le alleanze internazionali nutrite dalla offerta di grazie femminili ai potenti in visita in Italia, come neanche le schiave nell’iliade. Non persone, appunto, ma oggetti. Da anni la donna fa notizia solo se vittima di stupro (quanto siamo indignati) o se sale ai vertici di qualcosa (quanto siamo civili). Le sue fatiche più nobili e dure, la sua stessa storia civile viene ignorata. Decine di migliaia di insegnanti hanno tenuto in piedi non la scuola ma anche le istituzioni nei periodi più duri della storia nazionale, da Palermo a Milano, e non glielo ha mai riconosciuto nessuno.I girotondi dei primi anni duemila furono inventati e alimentati soprattutto da donne ma sono stati raccontati al maschile. Le donne sono da quarant’anni la spina dorsale del movimento antimafia ma, non solo per l’immagine incombente dei grandi eroi, la narrazione che se ne fa le tiene accuratamente sullo sfondo, salve alcune familiari di vittime. La sinistra ha eletto a cuore della sua battaglia per i diritti l’“orientamento sessuale”, quando la questione delle questioni era d ra m m at i c a m e n t e l’“appartenenza di genere”, ossia l’altra metà del cielo. Come una Maria Antonietta repubblicana che sventoli le brioches (il “politicamente corretto”) quando il popolo non ha il pane. Spesso facendo dei celebri asterischi il simulacro della modernità. Incapace di vedere che mentre il numero degli omicidi scendeva a precipizio aumentava invece quello dei femminicidi, quasi che la società avesse gradualmente ma implacabilmente selezionato il bersaglio del suo potenziale di violenza. Non la violenza di una pistola, si badi; ma quella più efferata del coltello, del bastone o dello strangolamento (“Ma lei sa quanto ci vuole per strangolare una persona?”, chiese una volta un collaboratore di giustizia al giudice che lo interrogava).emblematica fu la vicenda di Lea Garofalo. Uccisa, fatta a pezzi, bruciata, sotterramento delle ossa in campagna. Per avere tradito lo speciale patriarcato mafioso, fuggendo con la figlia Denise a cui voleva dare un futuro libero. Ci vollero anni perché il suo processo trovasse ascolto. Quando arrivò il cronista di un grande quotidiano in aula e mi chiese di che cosa si trattasse, avendolo saputo mi rispose “Ah, una mafiata”. Alzò le spalle e se ne andò.Oggi decine di donne del sud sono sotto protezione, in luoghi lontani, addirittura con nome diverso, per la stessa ragione. Non è forse un grande problema sociale? Il fatto è che dietro Giulia c’è un mondo immenso fatto anche della nostra ipocrisia, del nostro narcisismo politico, della irresponsabilità delle istituzioni. Un mondo fatto della nostra indolenza, perché “accorrere a un grido” chiede corsa, ossia fatica. Per questo nel 2007 Marianna Manduca fu uccisa a Palagonia dopo avere denunciato l’ex marito dodici (12!) volte. C’è, se possibile, qualcosa di più grande del patriarcato. La mattanza ha molti padri. E anche qualche madre.


Io sono per un femminismo plurale ed aperto Il femminismo almeno quello vecchio stile non è legato al passato mi ero spiegasto male . Però è poco attento ai cambiamenti . Maschio in crisi d'identità ed assueffatto ( salvo alcuni ) alla cultura della donna oggetto vedere articolo di Dalla chiesa Infatti vede solo ( tranne poche ) il femminicidio come frutto \ derivazione del patriarcato , almeno da discorsi che ho sentito ., e non come una sua crisi . Non tiene in considerazione che cin sono anche uomini chge lottano , soffrono ed hanno bisogno d'aiuto per liberarsi di tali cose . ed li esclude Ok sei contro la fecondazione eterologa ed gravidanza per gli altri ( cosa diversa dall'abberrante pratica dell'utero in affitto ) ma manch di rispetto e insulti chi la fa . Io ho sentito ed letto , magari come ti ho già detto mi sto avvicinando a tali tematiche , che si critica solo gli uomini che fi fanno ricorso mentre se sono due donne viene accettatao assa in secondo piano . si considera una donna che sceglie d'essere oggetto la si attacca . vedi  questa  discussione





 qua  per  i commenti  che   essa   ha  suscitato   .  Io   la penso come pina e con aldo . ma visto il post di maria ho seri dubbi e credo che la rimetterò in discussione. Ma  soprattutto  provare   a dialogare   fra   I membri del Cum  (  centri uomini maltrattati )  e  concordare un'azione comune con i centri antiviolenza sulle donne  delle iniziative  contro la  violeza  di genere   e una maggiore apertura al dialogo e l'adozione di punti di vista alternativi capaci di relativizzare la contraddizione esistente fra i due sessi in un'ottica di mutua comprensione.