29.6.04

Senza titolo 136

Roma d'oggi


 


Immersa nella nebbia degli scarichi che


rabbuian piazze e vicoli antichi ti stai


spegnendo, oh! mia città e le tue notti


(com'eran ricche d'umore l'ore notturne


tra i tavoli dei bar, fresche di brezza


di ponente) hai violate dall'ansimare


roco e struggente dei già morti in vita.


 


I contorni e gli affreschi che stupore


alle genti sapevano dare, son compressi


nell'ansia d'offendere che il tuo popolo


ottuso ogni giorno ti stende sui colli.


 


Oh! gloria perduta,


tra mura sconnesse svilita racchiudi


il ricordo di moltitudini forti, d'emozioni


svanite nel declino ch'ora t'è imposto.


 


Tra i ruderi lordi a Largo Argentina abitano


sempre i gatti: alcuni si stirano inquieti


cercando la donna di ieri, un pasto caldo,


più ricco. Intorno sirene che vanno continue,


il grido dei freni dei bus.


 


Oh Roma ferita,


infuriata! Nel caos convulso cedi ogni


lampo di vita: un'orgia sfrenata di suoni


offende la storia, già costretta tra ferro


e cemento dal tumore maligno ch'è l'uomo.


 


Una giovane coppia cammina abbracciata


sul Lungotevere muovendo le foglie cadute:


a un caldo meriggio d'ottobre. Si parlano


lieti consultando una carta, poi si stringono


ancora: lui gli sfiora con le labbra i capelli.


 


Volti sudati affiorano dai finestrini delle


auto in coda l accanto, ognuno occupato a dar


sfogo alla voglia di correre avanti al vicino.


 


Non hanno la gioia ch'è attorno.












 


Nei viali più non vanno i ragazzi a darsi


amore inesperto, a far delle isole verdi


riparo alla inquieta innocente ricerca


di una donna per esser compagna.


Vanno i resti d'umani perduti al riparo


degli ombrosi giacigli: vanno assetati


del prendersi morte in siringa,


del cedersi in sparse gocce


rosse a chi gli deturpa la mente.


 


Oh Roma sconfitta,


regina infierita e strupata, d'abito


smesso e dimesso: madre che colti


non hai più figli, dov'è la tua anima?


 


A Piazza Barberini un pazzo elegante


s'inchina e gesticola a tempo di rock


ai passanti distratti che corrono il tempo.


Qualcuno lo guarda e sorride impietoso


sfidandone l'ira. Un tassista nervoso


sgomma adirato.


 


Oh Roma scomparsa,


uccisa da gente che più non osserva,


che vive nella trance sciatta e indolente


dove tutto si cola incurante e, insulso,


scorre via frammentato,


avrai nuova gloria?


 

3 commenti:

compagnidiviaggio ha detto...

nostalgia del duce ?

grisby6043 ha detto...

assolutamente no, nostalgia di una città più a misura d'uomo

compagnidiviaggio ha detto...

capita