Centoquaranta giorni estremi. Di vita, di resistenza, di ferraglia.
Centoquaranta giorni dall'alto, di fronte a un panorama di gomitoli bigi, in
un'altezza che non sfiorava il cielo. La bandiera è stata arrotolata e
Stanislao ha toccato nuovamente terra. La sua battaglia si è conclusa. Forse.
A lato: il sindaco Pisapia in compagnia dei lavoratori Treninotte durante le feste pasquali 2012
.
.
Stanislao era l'ultimo dei dipendenti della Wagon Lits, i treni-notte soppressi
lo scorso dicembre. Da allora era salito sul traliccio assieme ad
altri compagni. Da lassù, guardava scorrere i serpenti grigi e la sua vita
filante. Li sentiva fischiare e la mente correva dalle sabbie infuocate ad ali
di gabbiano, ad albe irrorate di sole, a ottocenteschi tramonti. L'Orient
Express, chissà.
Lui non si fermava mai. Per questo, il 10 giugno, quando li hanno
reintegrati tutti, Stanislao era rimasto in alto. "Perché ancora trenta
lavoratori rischiano il posto", spiegava. Fin quando il caldo non l'ha
vinto. Non la solitudine, perché uno come Stanislao non ha timore di sé stesso.
Quella torre futurista era diventata il suo confessionale, il suo specchio,
l'albero su cui si arrampicava da bambino.
Adesso la canicola fiacca Milano, e anche questo è normale, questo
untume appiccicoso che tutto travolge. Ma la torre, io la vedo sempre gelida, come
la prima volta, in due ore piovose. Muta e sordida, monumento di moderne
schiavitù. Ma Stanislao l'ha promesso: tornerà presso quel gigante scuro. Lo
farà per quei trenta colleghi. Lo farà per i suoi occhi di stelle. Lo farà per
i fulgidi raggi di sole.
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