4.10.22

quando la vita e la morte sono legate ad un messaggio automatico ed ad un algoritmo - il caso Sebastian Galassi, il rider fiorentino di 26 anni licenziato nonostante sia morto

repubblica   

Firenze, l'amarezza dei familiari del rider morto: "Lo hanno 'licenziato' dopo il decesso"






"Non ci sono parole, lo hanno licenziato". C'è amarezza tra i familiari di Sebastian Galassi,
il rider fiorentino di 26 anni morto per le conseguenze di un incidente durante il turno di consegne, sabato sera in zona Rovezzano, alla periferia di Firenze. Un'altra ferita, racconta la zia Mirella Bilenchi, si è aperta tra le persone più care di Sebastian. Tutto colpa di una paradossale mail inviata ieri mattina da Glovo sulla casella postale del giovane rider: un testo "standard", in cui si annuncia di fatto il licenziamento "per il mancato rispetto di termini e condizioni".

In serata l'azienda ha contattato la donna, così come il padre di Sebastian, per fare le condoglianze e scusarsi, parlando di un testo "inviato per errore", dicono da Glovo: "Il suo account è stato sospeso per proteggere l'identità del suo profilo e quel messaggio è partito in automatico - viene spiegato - Siamo profondamente dispiaciuti e ci scusiamo per l'accaduto". Ai familiari resta forte l'amarezza per quel messaggio gelido, per quelle poche righe arrivate a poco più di ventiquattro ore dalla notizia della morte. "Si sono scusati e hanno promesso di inviare un contributo per le spese del funerale" spiega ancora Mirella Bilenchi.Il padre, Riccardo, tiene per prima cosa al ricordo del figlio, della sua figura gentile: "Un ragazzo serio, che amava tutto quello che faceva e che si voleva realizzare, anche lavorando - racconta - Ci mancherà tantissimo". Ci accoglie nella casa del fratello, a Coverciano. Ha gli occhi segnati dopo una notte a scalciare pensieri come pietre. E la voce bassa, appiattita dal dolore. "Il primo pensiero è per suo fratello gemello Jonathan, erano legatissimi, sarà molto dura per lui. Ora è in camera a riposare, è distrutto". Il telefono non smette di squillare. Riccardo, avvocato civilista in pensione, risponde con lo stesso tono ad amici e conoscenti. È stanco, stanchissimo, ma c'è tanto da fare. "Vogliamo capire che cosa è successo, se ci sono state responsabilità, vogliamo sapere", dice sull'incidente, su quel violentissimo scontro con il Suv sul lungarno De Nicola.Non c'è rancore nelle sue parole, neanche quando racconta del doppio lavoro del figlio, dei suoi viaggi in lungo e in largo per la città a consegnare cibo a domicilio, tutto per rendersi autonomo e non pesare sul bilancio familiare. "Non si sentiva oppresso, aveva iniziato un corso di design e quei soldi extra gli facevano comodo per la retta - racconta ancora - Ero contento che facesse quel lavoretto, alleggeriva anche me che sono pensionato".

È il nipote, che siede davanti a lui e non lo perde di vista un secondo, a lanciare il sasso: "Lavorava la sera e durante i festivi per guadagnare di più, perché altrimenti la paga sarebbe stata da fame". "Seicento euro al massimo - aggiunge il padre - oltre quella soglia cambia il regime fiscale e si finisce per lavorare di più e guadagnare di meno".L'idea che Sebastian possa diventare simbolo delle ingiustizie subite dai "nuovi" lavoratori, e in particolare dai rider, non lo convice. "L'immagine del lavoratore sfruttato non lo rappresenta, era contento di rendersi autonomo e io approvavo quella scelta. Questo affetto però ci aiuta, non ci fa sentire soli".Sebastian, racconta, aveva il sogno di affermarsi come grafico e per questo, dopo aver rinunciato alla laurea, si era iscritto a un corso di grafich design. Le sue giornate trascorrevano tra qualche lavoro saltuario come grafico, le partite di calcetto, e le consegne per Glovo. "Era molto preso dalla fidanzata, Valentina, con gli amici di lei si era creata molta sintonia". L'ennesima telefonata interrompe i ricordi. Ci sono le tristi incombenze da sbrigare, e c'è da nominare un avvocato per fare i primi passi con la giustizia. "Non sappiamo molto - conclude - se c'è stata una manovra sbagliata o altro". Nessun contatto, fino a ieri mattina, con il conducente del Suv. "Ma ci aspettiamo una telefonata". 

È proprio vero la pietà l'è morta

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