L’Oste scaltro
Pensando al tempo, viene in mente un oste scaltro che ci ubriaca mescolando vini diversi per rubarci il senno ed i baiocchi … ma se con Dalì provassimo a ridisegnare gli orologi ed inventassimo un tempo nuovo, fuori dalla logica fredda “del prima e del poi”, un tempo che si piega e non ci piega, nel quale poter “ubriacare l’oste” perché possa mescere ottimo vino per gli amanti, allora potremmo recuperare quella dimensione della “contemporaneità” che ci permette di vivere non solo l’uno accanto all’altro, ma con l’altro, così la vecchia “ora” dilatandosi per accogliere il prima ed il dopo, esploderebbe, perdendo la rigidità per recuperare la fluidità, l’elasticità della fanciullezza.
Non un invito al “carpe diem” pare, dunque, quello di Dalì, in quanto il tempo perde la propria “carpibilità” intesa come individualistica fruizione dell’ “attimo che fugge” per diventare un’indivisibilità condividibile, un “tempo” da coniugare al plurale, che non si lascia incatenare in un display al plasma ma che scivolando sulle cose, tutte ugualmente le carezza senza oltre-passarle.
a.f.