19.12.11

non ci facciamo fregare anche questo o gli studiosi non fuggano all'stero .Sei in: Sassari Home / Sardegna / Fili di cotone come transistor: l'indumento «intelligente» nasce tra Cagliari e Bologna E-mail Stampa Condividi Fili di cotone come transistor: l'indumento «intelligente» nasce tra Cagliari e Bologna



CAGLIARI. C'è anche l'apporto dell'università di Cagliari nella realizzazione di tessuti «intelligenti» in semplice filo di cotone naturale capaci di monitorare il battito cardiaco o la temperatura corporea e, allo stesso tempo, comodi da indossare ed utili alla realizzazione di capi per i lavoratori a rischio, per monitorare i pazienti o per gli atleti di sport estremi. Questi particolari «transistor» di fibre di cotone sono stati realizzati grazie ad uno studio dell'istituto di nanoscienze del Cnr e dell'Università di Bologna. I ricercatori Annalisa Bonfiglio, Giorgio Mattana e Piero Cosseddu (Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche e Università di Cagliari) e Beatrice Fraboni (Università di Bologna) hanno dimostrato che da un semplice filo di cotone possono nascere dei transistor, aprendo la strada alla creazione di indumenti «intelligenti» e «sensibili» e alla possibilità di creare interi circuiti in tessuto. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista internazionale Organic Electronics. E dall'idea è nato anche un brevetto in fase di deposito. Il concetto di «elettronica indossabile», dall'inserzione di un apparecchio nei tessuti alla realizzazione di dispositivi elettronici in forma tessile, è ormai noto agli studiosi da oltre quindici anni.  «Nel mercato - ha spiegato Bonfiglio - esistono già indumenti capaci per esempio di monitorare il battito cardiaco di chi li indossa o di rilevare eventuali fatto

ri di rischio nell'ambiente. Il limite, fino ad oggi, è stato l'ingombro dei dispositivi incorporati nei tessuti e la scarsa adattabilità agli indumenti delle parti rigide di dispositivi e connettori. Siamo riusciti a ottenere fibre conduttive da semplici fili di cotone, preservando comfort ed elasticità tipici di tale tessuto». «Abbiamo raggiunto quest'obiettivo - ha chiarito Fraboni - sviluppando una tecnica di rivestimento dei fili di cotone con un finissimo strato di nanoparticelle d'oro e di polimeri conduttivi e semi conduttivi. Questo insieme di strati di materiali differenti.


 dalla  nuova  sardegna  del  19\12\2011

Oggi è un filo blu di cotone: domani si potrà telefonare col cappuccio di una felpa
cagliari

di dall'inviato Roberto Morini
zoom

 CAGLIARI. La strada porta al computer integrato in una normale t-shirt. Ma anche al cappuccio della felpa che offre tutte le funzioni di un telefonino di ultima generazione. O ancora, per chi teme i rischi connessi alle onde elettromagnetiche, la strada che parte dalla Sardegna porta al taschino che blocca le radiazioni, fatto con un tessuto di cotone apparentemente normalissimo, inserito nella camicia o nella giacca, in cui tenere un normale smartphone. Sono ancora tutte da percorrere le vie tecnologiche che portano dalla matassa di filo partita
nei giorni scorsi dall'università di Cagliari alla volta di un'azienda tessile del Bolognese che dovrà tessere quel cotone, al vestito elettronico indossabile, agli indumenti informatici, capaci di sostituirsi agli attuali apparecchi. Protesi tecnologiche praticamente invisibili.  Un precario al comando  Il primo miglio è stato doppiato in Sardegna. Merito soprattutto di Annalisa Bonfiglio, giovane docente al Dipartimento di ingegneria elettrica ed elettronica dell'università di Cagliari, unica ricercatrice stabilizzata del gruppo, coordinatrice dell'Eolab, il laboratorio di elettronica organica, e di molti progetti europei. Genovese, lavora nell'isola dal 1996. E merito di Piero Cosseddu, cagliaritano, 35 anni, Post Doc, come si dice negli ambienti scientifici per raccontare che uno è precario, ma ha già fatto il dottorato di ricerca e ora si arrampica, per vivere, passando da una borsa di studio (l'attuale è della Regione) a un finanziamento europeo, senzanessuna certezza che il prossimo anno troverà ancora qualcuno che vuole farlo restare nell'isola a fare la sua ricerca scientifico. «Lavoro con la sicurezza mentale che continuerò a fare quello che faccio, quello che mi piace, magari non qui. Se pensassi che che l'anno prossimo potrei non avere più un euro per lavorare e per vivere non riuscirei a fare un passo avanti. Così so che ho imparato delle cose e qualcuno sicuramente le apprezza e mi farà continuare a fare il ricercatore», è la sua certezza.  Con Bonfiglio e Cosseddu all'inizio della ricerca c'erano anche Beatrice Fraboni, ora all'università di Bologna, e Giorgio Mattana, ora ricercatore in Svizzera, al laboratorio di Neuchatel dell'Epfl, l'École polytechnique fédérale de Lausanne. Non sono più a Cagliari ma il loro rapporto con il gruppo di ricerca sardo è rimasto strettissimo.  Cosseddu coordina una squadra entusiasta come lui, tutta precaria come lui. Anzi, se possibile un po' di più. Ci sono tre dottorandi tra i 27 e i 28 anni, Alberto Loi, Laura Basiricò e Stefano Lai. Con loro una contrattista, Giulia Casula, e Alessio Calcagni, che lavorando con questa squadra prepara la sua tesi di laurea, entrambi ventottenni.  Plastica al posto del silicio  Cosa fanno? Prima di tutto usano la plastica per fare quello che normalmente si fa con materiali molto più costosi, a partire dal silicio. Perché i polimeri non sono necessariamente isolanti. Possono anche essere conduttori o semiconduttori. Cioè con la plastica si può fare qualsiasi circuito. Nel nostro caso cotone e plastica insieme per fare elettronic devices, come si dice in gergo.  Per ora su quella strada hanno già fatto alcune cose. Per esempio la divisa del vigile del fuoco piena di sensori realizzati su superfici plastiche flessibili. Serve a sapere da lontano come sta l'uomo che ci sta dentro e a raccogliere a distanza informazioni decisive sull'ambiente che lo circonda. Era il progetto europeo Proetex, protective e-textiles, tessuti elettronici protettivi. Coordinatrice Annalisa Bonfiglio. E poi hanno realizzato quel filo di cotone conduttivo che è già cresciuto fino a diventare transistor e sta per diventare circuito elettronico prodotto dallo stesso intreccio della trama del tessuto. Per non parlare della pelle artificiale per il robot.  Più grande è bello  Tre strade tutte nella direzione di rendere non solo flessibili e indossabili gli apparecchi elettronici oggi di largo uso, ma anche molto più economici. Lo spiega chiaramente Annalisa Bonfiglio: «Il processo di miniaturizzazione degli apparecchi elettronici non nasce per la portabilità, ma per il risparmio. Più piccolo è un device, meno materiali costosi bisogna usare per realizzarlo. La portabilità di notebook e smartphone è solo una ricaduta. Ma se si usano fili di cotone e normali materie plastiche, tutto materiale a costi bassissimi, non è necessario puntare a forti miniaturizzazioni. Tantopiù che l'altro aspetto importante, la portabilità, è garantito dalla possibilità di indossare gli apparecchi elettronici».  E nel futuro non ci sono solo sensori, telefonini e computer da indossare: «Sarà presto possibile realizzare una giacca fotovoltaica, per la quale la superficie ampia è un vantaggio», esemplifica Bonfiglio.  Dall'iPad all'unPad  La tendenza insomma è verso quello che viene chiamato unPad, non-apparecchio: la scomparsa dell'oggetto fisico elettronico. Non più l'oggetto separato sempre più piccolo da portare nel taschino o addirittura incollato alla giacca sul bordo del colletto, ma la funzione inserita nel tessuto, praticamente invisibile. «E nel futuro - insiste Bonfiglio - non ci sono solo gli indumenti. Penso a tappeti come sensori del movimento, a tende fotovoltaiche». Possiamo liberare la fantasia.  La pelle del robot  Piero Cosseddu preferisce puntare a cose più concrete. È lui che coordina la squadra che ha realizzato il filo che sta per diventare tessuto intelligente. Mostrando uno degli strumenti presenti in un laboratorio dall'aspetto un po' accatastato - «i soldi non sono molti», si scusa, come se fosse colpa sua - spiega la fase che precede il tessuto: «Questa è una stampante a getto d'inchiostro che imprime polimeri su una pellicola di plastica. Così realizziamo circuiti elettronici, usando una plastica che conduce elettricità, su supporti flessibili, deformabili». Una pellicola che è diventata anche pelle artificiale per un robot: «È il progetto europeo Roboskin, che stiamo realizzando in collaborazione con l'università di Genova», spiega Cosseddu. Perché i circuiti di polimero su pellicola diventano sensori di deformazioni meccaniche: «Riproducono il senso del tatto», sintetizza. E più avanti, probabilmente, potranno anche sentire la pressione, il calore, in modo molto più efficiente della pelle umana. Per esempio senza scottarsi a cento gradi o congelare a meno quaranta. O addirittura saranno dotati di sensori chimici che permetteranno al robot di conoscere la composizione dell'aria, di individuare possibilità e pericoli.
 La strada porta al computer integrato in una normale t-shirt. Ma anche al cappuccio della felpa che offre tutte le funzioni di un telefonino di ultima generazione. O ancora, per chi teme i rischi connessi alle onde elettromagnetiche, la strada che parte dalla Sardegna porta al taschino che blocca le radiazioni, fatto con un tessuto di cotone apparentemente normalissimo, inserito nella camicia o nella giacca, in cui tenere un normale smartphone. Sono ancora tutte da percorrere le vie tecnologiche che portano dalla matassa di filo partita nei giorni scorsi dall'università di Cagliari alla volta di un'azienda tessile del Bolognese che dovrà tessere quel cotone, al vestito elettronico indossabile, agli indumenti informatici, capaci di sostituirsi agli attuali apparecchi. Protesi tecnologiche praticamente invisibili.  Un precario al comando  Il primo miglio è stato doppiato in Sardegna. Merito soprattutto di Annalisa Bonfiglio, giovane docente al Dipartimento di ingegneria elettrica ed elettronica dell'università di Cagliari, unica ricercatrice stabilizzata del gruppo, coordinatrice dell'Eolab, il laboratorio di elettronica organica, e di molti progetti europei. Genovese, lavora nell'isola dal 1996. E merito di Piero Cosseddu, cagliaritano, 35 anni, Post Doc, come si dice negli ambienti scientifici per raccontare che uno è precario, ma ha già fatto il dottorato di ricerca e ora si arrampica, per vivere, passando da una borsa di studio (l'attuale è della Regione) a un finanziamento europeo, senzanessuna certezza che il prossimo anno troverà ancora qualcuno che vuole farlo restare nell'isola a fare la sua ricerca scientifico. «Lavoro con la sicurezza mentale che continuerò a fare quello che faccio, quello che mi piace, magari non qui. Se pensassi che che l'anno prossimo potrei non avere più un euro per lavorare e per vivere non riuscirei a fare un passo avanti. Così so che ho imparato delle cose e qualcuno sicuramente le apprezza e mi farà continuare a fare il ricercatore», è la sua certezza.  Con Bonfiglio e Cosseddu all'inizio della ricerca c'erano anche Beatrice Fraboni, ora all'università di Bologna, e Giorgio Mattana, ora ricercatore in Svizzera, al laboratorio di Neuchatel dell'Epfl, l'École polytechnique fédérale de Lausanne. Non sono più a Cagliari ma il loro rapporto con il gruppo di ricerca sardo è rimasto strettissimo.  Cosseddu coordina una squadra entusiasta come lui, tutta precaria come lui. Anzi, se possibile un po' di più. Ci sono tre dottorandi tra i 27 e i 28 anni, Alberto Loi, Laura Basiricò e Stefano Lai. Con loro una contrattista, Giulia Casula, e Alessio Calcagni, che lavorando con questa squadra prepara la sua tesi di laurea, entrambi ventottenni.  Plastica al posto del silicio  Cosa fanno? Prima di tutto usano la plastica per fare quello che normalmente si fa con materiali molto più costosi, a partire dal silicio. Perché i polimeri non sono necessariamente isolanti. Possono anche essere conduttori o semiconduttori. Cioè con la plastica si può fare qualsiasi circuito. Nel nostro caso cotone e plastica insieme per fare elettronic devices, come si dice in gergo.  Per ora su quella strada hanno già fatto alcune cose. Per esempio la divisa del vigile del fuoco piena di sensori realizzati su superfici plastiche flessibili. Serve a sapere da lontano come sta l'uomo che ci sta dentro e a raccogliere a distanza informazioni decisive sull'ambiente che lo circonda. Era il progetto europeo Proetex, protective e-textiles, tessuti elettronici protettivi. Coordinatrice Annalisa Bonfiglio. E poi hanno realizzato quel filo di cotone conduttivo che è già cresciuto fino a diventare transistor e sta per diventare circuito elettronico prodotto dallo stesso intreccio della trama del tessuto. Per non parlare della pelle artificiale per il robot.  Più grande è bello  Tre strade tutte nella direzione di rendere non solo flessibili e indossabili gli apparecchi elettronici oggi di largo uso, ma anche molto più economici. Lo spiega chiaramente Annalisa Bonfiglio: «Il processo di miniaturizzazione degli apparecchi elettronici non nasce per la portabilità, ma per il risparmio. Più piccolo è un device, meno materiali costosi bisogna usare per realizzarlo. La portabilità di notebook e smartphone è solo una ricaduta. Ma se si usano fili di cotone e normali materie plastiche, tutto materiale a costi bassissimi, non è necessario puntare a forti miniaturizzazioni. Tantopiù che l'altro aspetto importante, la portabilità, è garantito dalla possibilità di indossare gli apparecchi elettronici».  E nel futuro non ci sono solo sensori, telefonini e computer da indossare: «Sarà presto possibile realizzare una giacca fotovoltaica, per la quale la superficie ampia è un vantaggio», esemplifica Bonfiglio.  Dall'iPad all'unPad  La tendenza insomma è verso quello che viene chiamato unPad, non-apparecchio: la scomparsa dell'oggetto fisico elettronico. Non più l'oggetto separato sempre più piccolo da portare nel taschino o addirittura incollato alla giacca sul bordo del colletto, ma la funzione inserita nel tessuto, praticamente invisibile. «E nel futuro - insiste Bonfiglio - non ci sono solo gli indumenti. Penso a tappeti come sensori del movimento, a tende fotovoltaiche». Possiamo liberare la fantasia.  La pelle del robot  Piero Cosseddu preferisce puntare a cose più concrete. È lui che coordina la squadra che ha realizzato il filo che sta per diventare tessuto intelligente. Mostrando uno degli strumenti presenti in un laboratorio dall'aspetto un po' accatastato - «i soldi non sono molti», si scusa, come se fosse colpa sua - spiega la fase che precede il tessuto: «Questa è una stampante a getto d'inchiostro che imprime polimeri su una pellicola di plastica. Così realizziamo circuiti elettronici, usando una plastica che conduce elettricità, su supporti flessibili, deformabili». Una pellicola che è diventata anche pelle artificiale per un robot: «È il progetto europeo Roboskin, che stiamo realizzando in collaborazione con l'università di Genova», spiega Cosseddu. Perché i circuiti di polimero su pellicola diventano sensori di deformazioni meccaniche: «Riproducono il senso del tatto», sintetizza. E più avanti, probabilmente, potranno anche sentire la pressione, il calore, in modo molto più efficiente della pelle umana. Per esempio senza scottarsi a cento gradi o congelare a meno quaranta. O addirittura saranno dotati di sensori chimici che permetteranno al robot di conoscere la composizione dell'aria, di individuare possibilità e pericoli.

Lo stato italiano deve alla Sardegna più di 8 miliardi di euro. Sono soldi dei sardi, delle nostre imposte

Euro pro capite: 5.089,14036 €
Accise Pregresse: 12.700.000.000 €
Vertenza entrate & gettito: 8.145.136.675,00 €
Vertenza accise: 381.265.060,00 €
Lo stato italiano deve alla Sardegna più di 8 miliardi di euro. Sono soldi dei sardi, delle nostre imposte. Questo fatto è dovuto prima di tutto alla mancata riscossione in Sardegna delle imposte sarde. Sono enti dello stato che incassano le tasse dei sardi. Poi lo stato non riversa ciò che per legge deve alla Sardegna. È successo per moltissimi anni, senza che i politici sardi muovessero un dito per impedirlo.ed è sempre in continuo aumento vdre qui il contatore 
http://isoladeltesoro.progeturepublica.net/

anche i truffatori hanno un etica . Cagliari truffava i benestanti con il gratta e vinci falsi

 Leggendo i  giornali  locali  si  sentono storie  come  questa  di cui riporto l'articolo sotto   tipiche  cinematografiche  e non




dalla nuova  sardegna del 18\12\2011


Cagliari, scoperta truffa con gratta e vinci milionari
Con la tecnica dei gratta e vinci "milionari" contraffatti, un commerciante abusivo raggirava da anni soprattutto persone benestanti nell'hinterland di Cagliari. L'uomo è stato scoperto dalla Guardia di finanza


CAGLIARI. Con la tecnica dei gratta e vinci 'milionari' contraffatti, un commerciante abusivo raggirava da anni soprattutto persone benestanti nell'hinterland di Cagliari. Come il protagonista del film 'Prova a prendermi', Mauro Mallus di Quartu Sant'Elena, noto "Bacioni", manometteva parzialmente i biglietti senza intaccarne l'integrità, poi li cedeva ai prescelti. La Guardia di finanza di Cagliari l'ha scoperto dopo due ignare vittime della truffa avevano portato in banca, nel novembre scorso, un gratta e vinci da 5,1 milioni di euro.
Le Lotterie nazionali srl, ricevuto il titolo per corriere assicurato e scoperto che era falso, avevano segnalato il caso alle Fiamme gialle, che già dall'aprile 2011 aveva ricevuto numerose denunce a Cagliari, Quartu Sant'Elena, Decimomannu e Assemini. Indagando sulle due persone che avevano portato il gratta e vinci milionario in banca per aprire un conto corrente, il titolare di un negozio fotografico di Quartu e un dirigente della cooperativa Ormeggiatori di Cagliari in pensione, i finanzieri hanno scoperto che l'avevano ricevuto in modo non regolare da un terzo, come emerso da una scrittura privata trovata, durante una perquisizione, nella cassaforte di uno dei due indagati.

Quando è stato rintracciato, in un rifugio di caccia in località 'Bacu Mandara', Mauro Mallus aveva nel bauletto della sua vespa altri due biglietti vincenti, pronti da consegnare per le feste di Natale ad altri ingenui acquirenti, uno da cinque milioni di euro l'altro con una vincita da 100mila euro. Nel mirino del truffatore, che ha spiegato agli inquirenti nei dettagli la sua tecnica, sono finiti, oltre ai due del tagliando da 5,1 milioni, anche un carabiniere, un professore e altre persone benestanti di Cagliari.
Il biglietto da 5,1 milioni che ha consentito di scoprire la truffa era perfetto, indistinguibile da quelli regolari. "Non abbiamo dormito per settimane alla notizia che era risultato falso", hanno riferito i due indagati durante gli interrogatori della Guardia di finanza. "Pensavamo addirittura fosse uno stratagemma delle lotterie nazionali per non pagare la vincita. Abbiamo incaricato persino nostro figlio avvocato di capire da dove il biglietto fosse risultato falso".
E' stato poi "Bacioni", il "Frank Abagnale" di Quartu, a spiegare come adescava e truffava le sue vittime, compreso un carabiniere in pensione, accuratamente selezionate: innanzi tutto mostrava loro il tagliando "vincente" contraffatto e faceva credere loro di poter approfittare di una facile situazione di indigenza. "Dicevo loro che non vedevo bene e non capivo cosa avevo vinto", ha raccontato Mauro Mallus ai finanzieri. "Di solito, quando vedevano una vincita di 500mila euro dicevano che era soltanto di cinquemila e offrivano un immediato compenso fra i mille e i 1.500 euro. Pensavano di fregarmi, invece era il contrario. Maresciallo, io ci mangio con quei soldi".
Alla fase di "illusione" della vittima, seguiva quella dell'attesa. Il tagliando non veniva ceduto subito, ma solo dopo qualche giorno, perché il desiderio d'impossessarsene crescesse. E poi, improvvisamente, Mallus tornava alla carica e contattava la vittima per cedergli il gratta e vinci. "Racconto che sono in procinto di entrare in carcere", ha spiegato "Bacioni" ai finanzieri, "e quindi non posso ritirare la vincita e che mi servono pochi soldi... giusto per le sigarette". >>
                                       

                                 

L'uomo nonostante  avesse dei  precedenti specifici per casi simili   è  stato ,pur commettendo un reato  , eticamente  corretto . Infatti sempre scindo la  nuova  sardegna  



«L’importante è trovare un benestante che ci casca»
18 dicembre 2011 —   pagina 03   sezione: Fatto del Giorno

 CAGLIARI. Non ha negato, anzi ha spiegato tutto nei dettagli. La tecnica della truffa, il metodo per falsificare i gratta e vinci, il perchè di un’attività consapevolmente illegale, per quanto le vittime - così emerge dalle parole di Mauro «Bacioni» Mallus - un po’ se lo meritassero: «Sì, il biglietto Maximiliardario falso da cinque milioni l’ho fatto io».
 Come l’ha realizzato? Semplice: «Ho preso due tagliandi usati dalla spazzatura di un tabacchino, ho incollato il rettangolino coi numeri coincidenti e l’ho stirato col ferro». La fase più importante però è quella della preparazione: «Prima cerco la persona che può cascarci, di solito sono benestanti e approfittatori di persone apparentemente deboli come me... gli faccio vedere una fotocopia del biglietto contraffatto dicendo che a causa della mia ignoranza e della mia scarsa vista ho bisogno di verificare se è vincente». Quelli abboccano: «Se la persona vede che la vincita è di 500mila euro mi dice che c’è scritto cinquemila, illudendosi di truffarmi». Ed è qui che scatta la trappola: «In genere mi offrono dai mille ai 1500 euro in contanti alla consegna dell’originale. Ma io li faccio aspettare almeno quattro giorni». L’attesa riscalda l’ansia dell’interlocutore: «Nel caso del fotografo sono andato al suo negozio solo per fare una fotocopia e lui si è offerto subito di pagarmi 500 euro, mi ha detto che avrebbe pensato alla riscossione della somma insieme al cognato avvocato. Alla fine avrei ricevuto il dieci per cento della vincita». Con una raccomandazione: «Mi ha detto di non riferire nulla nemmeno in famiglia, altrimenti mi avrebbero preso tutto». Solita tattica d’attesa: «L’ho fatto aspettare, mi chiamava... solo dopo quattro giorni gli ho dato il tagliando con la combinazione incollata. Gli ho detto che mi bastavano 500 euro perchè stavo per entrare in carcere, i soldi per le sigarette. Lui pensava di truffare me invece è su contrariu».
 C’è un perchè di questa attività a rischio: «Sono disoccupato - ha detto - e ’nci pappu con su dinai (con quei soldi mangio). I 500 euro del fotografo? Ho comprato un maialetto e ho fatto la spesa per tutto il mese». Tranne quella volta in cui il cuore ha prevalso sul bisogno: «Ho dato uno dei miei biglietti vincenti a un maresciallo dei carabinieri in pensione, che dalle felicità mi voleva dare subito cinquemila euro - ha raccontato Mallus - ma siccome la posta era chiusa mi ha dato cinquecento euro. Dopo qualche minuto sono tornato indietro e gli ho detto che era uno scherzo. I soldi glieli ho restituiti  ». 



 

18.12.11

Mai più, e per sempre


Gli sembrava che l'aria, lì intorno, lo ghermisse fin quasi a soffocarlo. L'avvertiva liscia, umida, appiccicosa, con un sentore di miele. Simile a certe mattinate cilestrine, che avevano punteggiato la sua infanzia ormai lontana. Ne percepiva l'odore buio, remoto. Era entrato con lei in quella stanza dalle pareti asettiche. Attendeva il parto e si sentiva svuotato e incredulo. "Non tornerà più", risuonava una voce dentro di sé.

Sopra: Stefania Scarnati, Natività


E non sapeva se usciva dalla sua mente o da qualche spazio siderale. Non tornerà più questo momento, questa sconfinata regressione nell'universo. Tutto si ampliava e al tempo stesso tornava grumo, domanda, inizio. Attendeva. Udiva sé stesso incoraggiare, accarezzare, percepiva il suo sorriso fragile, inerme, bianco, poi un fulgore indistinto irrorò lo spazio circostante. Avrebbe voluto interrompere i gemiti di lei, e al tempo stesso non muoveva le mani grandi e inutili, la forza s'arrendeva, i muscoli cedevano. Svenire: no, mai. Il tempo si squadernava infinito, in una circolarità spaurata, e poi, trionfante, un flusso di pace, un abbraccio talmente lungo, e soave, che le lacrime lo sommersero e non ne provò vergogna. Ora udiva un altro gemito, un altro pianto che raccoglieva la sfida della vita. Non sapeva dire se fosse bello, quel giovane uomo di fronte a lui: sapeva solo che era suo, e fuor di lui. Sorrideva a quell'ovvietà dell'umano, lo sentiva così meravigliosamente unico e comune, che pensò di non pensare mai più. E per sempre, ripeteva il passo dei suoi padri, dei suoi nonni, di ognuno, nel grembo della terra e nell'abisso dei cieli, senza fede, ma con certezza che, se tutto dovesse finire, il paradiso era lì, raggiunto, solo, azzurro ciottolo d'oro.
(ad Alberto)

17.12.11

le mie contraddizioni natalizie


Questo post è nato da  una discussione  sulla mia bacheca  di Facebook 


Ancora non sento l'atmosfera natalizia è normale ?
 ·  · 
  • Anastasia TaglioliFrancesca Pedroni e altri 4 piace questo elemento.

    • Angela Pia Lecis Saba xkè è natale tra un po? bohhhhhh
      domenica alle 9.25 ·  ·  2

    • Marinella Marini io spero arrvi in fretta il 7 gennaio
      domenica alle 9.33 · 

    • Angela Pia Lecis Saba il natale + bello nn è qll scritto in rosso nel calendario, ma qnd riusciamo a vivere bene qualsiasi giorno dell'anno.......ora di rosso mi sa ke ci sono solo i conti in banca di tnt gente, altrokè 25 dicembre!!!!!!
      domenica alle 9.55 ·  ·  2

    • Sara Canu ‎...Idem anche se è già qualche anno che non sento quell'emozione nel cuore...o forse come dice Angela sarà per i nostri conti in rosso e quel pò di timore nel futuro incerto. speriamo che stà crisi si dissolva come neve al sole in primavera.
      domenica alle 9.57 ·  ·  2




Lo  so  che  mi contraddico  con quanto detto  in alcune puntate  della mia  guida  sul natale  ( 1  2  ma  è stato più  forte di me  perchè , come  tutti d'altrone  credenti e non credenti   sono un peccatore

     

             
                           
e quindi   chiedo  scusa



            
Le contraddizioni in questione   sono avvenute per  quanto riguarda  gli auguri   e l'aver  partecipato  alla mostra de presepi di mia zia vedere post  precedente.
Nel primo caso  , quello  degli auguri vedere primo url    mi sono  detto a tutti o  a nessuno  , siamo a natale (  e poi aVevo la promozione wind  150  sms  e  150 minuti che  scadeva  il  20  dicmbre  )  anche  se non li biasimo  ,aisposto  lcuni di quelli a cui l'ho mandato mi hanno  risposto   che per la crisi   non sentono ancora  l'atmosfra  natalizia  e  << chizzulanu  [ traduzione letterale p0mattiniero ] ., ma non è un po' troppo presto ? ., ma manca  ancora  un po'  .,  ecc  >>;  altri  gli hanno graditi  senza  osservazioni  critiche  \  ironiche  .
Nel secondo caso  quella dei presepi   , secondo url   sono andato  alla  6° edizione di "Natale è una stella" di mia  zia  (  www.amicidimonica.it )  vedete  qui  sotto  una  foto  di una edizione  scorsa



ero li vicino , di ritorno da una  commissione  ai miei "vecchi " e stavo per  accellerare iin maniera  da non cadere in tentazione ma mi sono ritrovato  davanti l passo   quando   mio zio ( in realtà   non mi è  niente di dritto  perchè  è solo li  , cugina di mio padre ) .Allora  sono entrato precisando  che non ci  volevo venire   perchè a causa  del lutto  vedere post  precedenti ma poi  avvo cambiato idea . E lei  << bravo  ha fatto benissimo  . ti capisco , ma  vrnire qui  è come  andare in chiesa  >>

16.12.11

mio riadattamento dl testo del canti di lotta (mondine) - Le otto ore


Il  canto  che  , come  si faceva nella tradizione    orale   ( molto forte  nelle zone contadine  specie  del sud   e  di cui sono  stato testimone     visto che i miei nonni mi raccontavano storie  e leggende   della tradizione rielaborate    )  che  vado a rielaborare  è   canto di lotta delle mondine, di autore anonimo, nato nel 1906, quando il deputato socialista Consiglio, presenta alle Camere il progetto di legge per ridurre a otto ore la giornata lavorativa. le otto ore lavorative rappresentavano il cardine delle rivendicazioni del movimento operaio e contadino proclamate dalla prima e seconda internazionale. 
Il riferimento alla Russia è riferito alla Rivoluzione del 1905, ma la canzone diventa popolarissima durante le grandi lotte del biennio rosso( 1920-1922 ) La musica ricorda la canzone risorgimentale La bandiera tricolore, e i testi furono moltissimi, in quanto adattati a diverse occasioni e spesso cambiati

ecco ilo mio testo


se 70 anni per la pensione vi sembran troppi 
 venite voi a lavorare a fino ai 70 
 e capirete se non siete tonti
 la differenza tra lavorar e governar 

; parte finale dell'originale quello  delle  modine  

 (...) 
chi non lavora non mangerà;
e quei vigliacchi di quei signori
andranno loro a lavorar.




                                                  
per  la  storia  e il testo original  a cui  rimando   le  fonti  sono :    
1) le note  dl video  http://www.youtube.com/watch?v=xih-NDc-168 che  riporta  l'originale  delle mondine  gli altri due  quella  comunista                                            
1) http://www.ildeposito.org/archivio/canti/canto.php?id=97                                                                   



15.12.11

Sbagliato separare i reperti Una logica «antiquaria» senza fondamenti scientifici. Il significato autentico della scoperta dei giganti di monte prama sta nella sua complessa unitarietà




Per i giganti di pietra, infatti, si profila il destino della separazione. Presto una parte sarà ospitata nel museo civico di Cabras, l'altra nelle sale dell'Archeologico di Cagliari. La Soprintendenza cagliaritana, d'intesa con 

dalla nuova sardgna web del 23\11\2011
 la Regione, ha infatti deciso di imboccare la strada che buona parte degli esponenti del mondo scientifico e dell'opinione pubblica avevano sconsigliato cioè lo smembramento  .Infatti  dopo  la  visita  fatta  l'8  dicmbr   ne trovate ( tranne  una  )   nel post  alcun mie  foto , concordo con quanto dice   <<  Trovo invece insidioso separare per anni, in attesa del museo definitivo, l'eccezionale gruppo scultoreo, parcheggiandone una parte a Cabras, nell'ampliamento del Museo civico, ed una parte nel Museo Nazionale di Cagliari. >> (  http://tinyurl.com/cszsb69 ) Archeologo specializzato, docente di ruolo di Beni Culturali e Ambientali presso l’Accademia di Belle Arti di Sassari e incaricato di Museologia  ( ulteriori news  sul  l'url ) Marcello Madau << Il gruppo si legge assieme, si tratta di un racconto unitario. Dividere (a meno che non ci sia una carenza assoluta di spazi: diversamente meglio sarebbe tenerlo, sino alla collocazione finale di Cabras, tutto assieme a Li Punti) un gruppo scultoreo di tale forza e pregio produce letture sbagliate. Il segno evidente della prevalenza della logica «antiquaria» del «capolavoro singolo» rispetto alla lettura e ad un impatto complessivo che solo la visione d'insieme può darci. Una logica antiquaria e pesino commerciale, che si distingue nell'azione Corea Expò 2012, con l'annunciata destinazione di alcune statue - o di copie a regola d'arte - come «logo» italiano per una manifestazione essenzialmente commerciale.>>Il quale  , come dic  sempre  ala nuova sardegna  del 23 novembre 2011 << L'anno scorso criticai esplicitamente il tentativo del supermanager Mario Resca di inviare qualche gigante di Monte 'e Prama in Cina (a restauro in fase finale e con studio ancora da svolgere), poco dopo il convegno sassarese promosso da Invitalia «Sulle spalle dei giganti». Ricordiamo che Invitalia nacque nel 2008 dalle ceneri di Sviluppo Italia, con mutazione promossa dall'ex Ministro Scajola. Un carrozzone con turbolenze politiche ed economiche tra PD e PDL, poi attorno a Raffaele Fitto. E passaggi di quote di «Italia Turismo» - Marcegaglia, Pirelli Re, Gabetti, con mission di seimila posti letto nel Mezzogiorno - da Emma Marcegaglia a Maurizio Prato, Fintecna.Sarà un caso, ma un paio di mesi fa appare la notizia che il Governo e le imprese italiane si preparano all'appuntamento con le esposizioni internazionali del 2012. Firmano un protocollo d'intesa fra Invitalia, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo dell'impresa e il Commissario generale del Governo per la partecipazione all'Expò di Seoul, in Corea del Sud, e di Venlo nei Paesi Bassi. «Un piatto ricco», è stato scritto, «con l'Expò in Corea come occasione per penetrare nuovi mercati».Nella  visione  dell'esposizione se pur  incompleta, perchè  certi pezi sono di difficile  attribuzione  a quello  trovato e  gli scavi  sono  stati solo parziali  ma  ci  sono  come dice  l'articolista , insomma molte buone ragioni perché le splendide statue stiano tutte assieme e godano della lettura unitaria che compete loro e serve per capirle, o «semplicemente» emozionarci.
Il mio reportage






.Nella  visione  dell'esposizione se pur  incompleta, perchè  certi pezi sono di difficile  attribuzione  a quello  trovato e  gli scavi  sono  stati solo parziali  ma  ci  sono  come dice  l'articolista , insomma molte buone ragioni perché le splendide statue stiano tutte assieme e godano della lettura unitaria che compete loro e serve per capirle, o «semplicemente» emozionarci.
Quindi mi chiedo  ma Capellacci presidente  della  regione  sardegna  e l’assessore regionale Sergio Milia, anche il sovrintendente dei Beni archeologici Bruno Massabò, Maria Assunta Lorrai, direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna, il sindaco di Sassari Gianfranco Ganau, la presidente della Provincia di Sassari Alessandra Giudici, il sindaco di Ctura  Cabras Cristiano Carrus e il soprintendente per i beni archeologici di Cagliari e Oristano, Marco Minoja , cos'hanno  nella testa  segatura

per  chi volsse saprne di  più  sull'importanza  delle  statue   trova  sotto   degli url in merito 
http://sardegna.blogosfere.it/2010/05/tutto-sui-giganti-di-monti-prama-le-statue-gigantesche-ritrivate-in-sardegna.html
it.wikipedia.org/wiki/Giganti_di_Monti_Prama
http://www.archeologiasarda.com/giganti_monti_prama.asp
http://www.youtube.com/watch?v=Z7vSEO0Zxlc

14.12.11

Le parole stuprate

La figlia sedicenne d'una disagiata famiglia abitante a Torino rivela d'esser stata vittima d'una violenza: "Colpa degli zingari", vale a dire i rom ammassati nel campo della Continassa, periferia profonda, agglomerato di baracche e casermoni in cui annegano uomini e cose. La fiaccolata di solidarietà (?) organizzata dal fratello della ragazzina e dagli abitanti del quartiere si trasforma ben presto nell'edizione 2011 della Notte dei Cristalli: assalto al campo rom, bombe carta, rogo. E i bambini?, osa obiettare qualcuno. Brucino anche quelli, è la ringhiosa replica dei giustizieri di stirpe e verginità.
Di fronte all'irreparabile, la ragazzina crolla: non c'è stato nessuno stupro. Ma non è più intatta. Ha avuto un rapporto sessuale consenziente col giovane fidanzato, ma temeva la punizione dei genitori e della nonna, alla quale aveva giurato di arrivare pura al matrimonio. Per accertarsene, la famiglia la sottoponeva ogni mese a controllo ginecologico. "Siamo di Chiesa", spiega il padre disoccupato.
C'è un colpevole da individuare. Il colpevole è naturalmente il rom. Nessuno lo mette in dubbio: "già se non era stato lui sarebbe stato capace di esserlo, e non si giustificava mai. [...] 'A che giova? Sono malpelo!'" (G. Verga, Rosso Malpelo, 1880). E per questi malpelo non occorre alcuna prova, basta il biascichio tremolante d'una confusa ragazzina.
L'odio per il diverso è l'odio verso chi non riconosciamo eguale. Nei fatti, se non nelle parole. Nasce e s'incancrenisce quando si comincia a reputare l'"altro" un problema e non una risorsa. E i rozzi tribuni ci risparmino, per favore, il cordiale invito "prova a viverci tu, con quelli": vicino a "quelli" molti di noi son nati, alcuni continuano a operare. E la solidarietà tra poveri, quando sono ridotti a miserabili dalla cattiva coscienza del potere, è una balla colossale e un favoleggiamento decadente (G. Fofi). Affinché scatti la solidarietà tra oppressi – siano essi gli inquilini dei casermoni torinesi derubati dagli “zingari”, siano questi ultimi confinati in vergognosi immondezzai – occorrono reciproca conoscenza, educazione, cultura, politica. Politica come arte della polis, consapevolezza della propria dignità di cittadini e non di servi. Altrimenti a prevalere saranno, come a Torino, lo scontro primordiale, il caos della materia, la mattanza tribale, l’atemporalità emarginata della preistoria.

Il secondo sesso

Al tribalismo e alla preistoria è legata anche l’altra questione, la violata verginità della ragazza, da quest’ultima ribadita con stolida sicurezza anche adesso, assieme al sostanziale, mancato pentimento per il disastro da essa stessa provocato (“ho chiesto scusa, cosa devo fare, spararmi?”): la verginità è un valore, ripete convinta, dopo averla perduta alla prima occasione.
Essa condivide coi maschi di casa l’idea che la donna, o meglio la femmina, è essenzialmente corpo e sul suo corpo si misura l’onore e la rispettabilità d’una famiglia. Al fratello-guardiano i genitori e la nonna non avranno imposto, senz’altro, alcun giuramento di “purezza”, ma a lei sì: lei non ha altro, la sua anima è strettamente legata a quell’imene da conservare per il prossimo padrone come merce nuova, fresca. Quella è la sua dote, la ricompensa della sua mancanza, perché la donna, per sua natura, difetta sempre di qualcosa.

L’Italia delle Fallaci che incitavano tumultuosamente allo “scontro di civiltà” si rivela pericolosamente simile a quella di certe famiglie infibulatrici di remoti paesi levantini: e, d’altronde, è solo lo specchio dell’Italia scollacciata in cui le femmine sono vendute nude dai mass-media. In un caso come nell’altro, sempre di merce si tratta, sempre di materiale umano di cui disporre a piacimento. Ai piromani torinesi, della (falsa) violenza non importava proprio nulla. Ma non potevano tollerare che una “loro” donna fosse sporcata da “stranieri”. Sul corpo delle italiane è lecito spadroneggiare soltanto agli italiani.

“Siamo di Chiesa”

Può darsi che qualche prelato si profonda in elogi di fronte alla professione di fede verginale della fanciulla piemontese. Dalla gerarchia attuale ci aspettiamo ormai di tutto. Non è invece pervenuto il parere in proposito della società San Vincenzo, che si prendeva cura del padre senza lavoro. Come abbia sopperito all’indigenza di questa famiglia, non solo materiale, ma spirituale. Sarà stata a conoscenza dei “valori” da essa professati, del modo in cui erano vissuti? Di cosa intendeva, quel padre, con “essere di Chiesa”?
Essere di Chiesa per lo sventurato uomo consisteva nel coprire le pareti di santini, oltre le nudità della figlia. Le immagini di San Pio e Madre Teresa camuffavano malamente il paganesimo patriarcale dell’onore, del riscatto, dello scambio. “La verginità è un valore”. Un valore spendibile, naturalmente.
Anche le dieci ragazze della parabola evangelica erano vergini. Ve n’erano altre dieci, anch’esse vergini. Ma le prime si dimostrarono stolte e vennero rifiutate dallo sposo; alle altre, sagge e previdenti, spettò il premio.
Né le prime né le seconde furono giudicate per la loro verginità, ma a seconda della loro capacità d’amare. L’integrità fisica non ha preservato le prime ragazze dalla stoltezza, proprio perché non è un valore, né un amuleto magico, né una caparra per assicurarsi rispettabilità agli occhi del mondo. L’opzione dell’astinenza sessuale come rispetto di sé e (per chi crede) pia pratica per sentirsi più vicini a Dio è lodevole se intrapresa con maturità, equilibrio e amore, allo stesso modo di chi si prodiga per gl’indigenti o, al contrario, sceglie una vita matrimoniale all’insegna dello scambio reciproco e dell’apertura verso gli altri. Nessuna scelta è “superiore” a un’altra, o esclusiva per un solo sesso.

A quel padre “di Chiesa” avranno spiegato questi basilari concetti? Oppure, ossessionati anch’essi da una visione del corpo (femminile) poco evangelica e molto terrestre, i devoti che l’assistevano non l’hanno compreso, o magari se ne sono intimamente compiaciuti?
A quel padre “di Chiesa” avranno insegnato che la “Chiesa” non è soltanto l’edificio dove si recitano giaculatorie, il prete che benedice frettolosamente le nostre case nel periodo natalizio o l’immaginetta di Lourdes nella stanza dell’inviolabile figlia, ma è anche e soprattutto ekklesia, comunità, apertura al prossimo e non gelosa chiusura nelle rigide mura della propria, minuscola cerchia? Che ha un nome comune, perché aperta a tutti, e non la maiuscola dell’autorità e del potere? Quel padre “di Chiesa” avrà pur letto di quel suo Signore palestinese straniero fra stranieri, rifiutato dai sacerdoti del tempo; del giovane maestro ebreo che accoglieva pubblicani e prostitute, perdonava le adultere, di sesso parlava ben poco e, di fronte alla preghiera del centurione (per un suo schiavo!), esclamava estasiato: “Non ho mai trovato in Israele una fede più grande di questa!”.
Se quel padre “di Chiesa” conosce i passi sopra menzionati, si dovrà desumere che non li ha capiti, e si è limitato a ripeterli meccanicamente, come i farisei. E se, a differenza di costoro, quel padre “di Chiesa” non sapeva quel che si faceva, perché nessun sedicente cattolico s’è premurato di distoglierlo dall’inganno?
L’ossessione per la verginità fisica della figlia femmina ha così condotto alla peggiore delle bestemmie, il razzismo verso altri esseri umani, la regressione alla bestialità.
Ultima osservazione: notate quante volte, in questo scritto, sono stati usati termini quali natura, naturale, naturalmente, integrità, valore, purezza e - ovvio - verginità. Vocaboli che evocano immagini elevate, pensieri alati, spiritualità e compassione. Ma che stravolti, anzi stuprati, del reale significato, si mutano nel loro contrario, partorendo un mostro d’ignoranza e d’odio. Quando il testo sacro ci mette in guardia dalla confusione delle lingue, lo fa con cognizione di causa.

vita dura pr gli amici degli animali Porto Torres, difende un cane e viene picchiata

dalla nuova online  14\12\2011


PORTO TORRES. Chiama le guardie ecozoofile perchè un giovane maltratta il proprio cane e dopo un paio di giorni viene presa a pugni per strada. Questo è quanto ha raccontato ai carabinieri, dove ha sporto una denuncia per lesioni, una casalinga che abita al "Satellite".
La donna, che al momento preferisce rimanere anonima, deve essere sottoposta ancora a una radiografia ma il medico del posto di primo soccorso del poliambulatorio di Andriolu le ha già assegnato una settimana di cure (salvo complicazioni) per contusioni ed ematomi al volto e al torace, e sospetta rachide cervicale.



L'episodio, oggetto di indagine dei carabinieri, è accaduto lo scorso fine settimana. La donna, 58 anni e in cura per un tumore, aveva notato un cagnolino sempre legato nell'androne aperto di una palazzina. E, stando al suo racconto, l'animale restava esposto al freddo, non sempre gli veniva dato da mangiare «tanto che spesso gli davo io la pappa», veniva lavato sempre all'aperto e con l'acqua fredda. I proprietari, racconta ancora la donna, si sarebbero infastiditi per quelle attenzioni per il loro animale e più di una volta l'avrebbero apostrofata in malo modo, invitandola a farsi gli affari suoi.
La casalinga, a quel punto, avrebbe chiesto l'intervento delle guardie ecozoofile (pearltro senza grandi risultati) e questo avrebbe acuito lo scontro con i proprietari dell'animale. Uno scontro fatto di insulti per strada e atteggiamenti intimidatori, fino allo scorso week end quando un ragazzo di vent'anni l'ha aggredita fisicamente,
sferrandole un paio di pugni e facendola cadere per terra.
Tutto sotto gli occhi del marito della donna e diversi testimoni, immedatamente intervenuti per evitare che lo scontro fra l'uomo e il ragazzo degenerasse.
I carabinieri hanno sentito alcune delle persone presenti al fatto, ma attendono il referto degli accertamenti radiologici per completare il fascicolo che poi sarà inviato alla magistratura.

Addio a Mauro Morandi, «Robinson Crusoe contemporaneo»,ed ex custode dell'isola di Budelli .

da msn.it  Addio a Mauro Morandi, «Robinson Crusoe contemporaneo», originario di Modena, che per 32 anni ha vissuto da solo nella piccola is...