11.2.20

10 febbraio non si dovrebbero ricordare solo le foibe ma anche la storia del confine orientale che non fu ed non è solo foibe ma anche pulizia etnica fascista

N.b
Non   sto   come   credono alcuni  , PERCHÉ   FARLO SAREBBE   DA STOLTI E INTELLETTUALMENTE   DISONESTI ,  negando  le  brutture  ed  gli orrori  :  delle  foibe  (  sia   quelle     avvenute    durante  la  guerra    che  a  guerra  finita  ) , eccidi come  quello  di Porzus,  i campi  di Tito  , la  strage  di Vergarolla , il  governo interalleato nel  territorio A  ,  l'esodo , ecc .,  ma  inquadrarlo  in  un contesto   


Infatti La storia non è solo lo studio di date, di fenomeni, di battaglie, di interpretazioni, ma la visione di quell'eterno mosaico composto da milioni di tasselli che parlano di uomini e donne con i loro dolori, le loro tragedie, i loro sogni, i loro affetti.E' per questo che accendo deii flash     quando parlo  o condivido   post     non solo  qui  d'anni  ,   ma  nel miei  social   nel  buio  di stato   e  della verità diventata bugia  e  della bugia  diventata verità o  nel  far  passare in secondo piano    certe atrocità e  concentrarsi solo su altre 
 Ecco  cose  avvenne   prima delle  foibe 

dopo   le  violenze e le  angherie    dal 1919\20  e  ci  furono  anche  quelle   della   guerra  con la Jugoslavia 

da https://www.magazineitalia.net/ ( altre informazioni  ed approfondimenti  li potete    trovare  in questo articolo  di   https://www.balcanicaucaso.org/ )  

La guerra con la Jugoslavia fu voluta da Hitler, che perseguiva il disegno di penetrazione della Germania nei Balcani. L’Italia si accodò, e ne ricevette benefici territoriali (l’annessione della provincia di Lubiana in Slovenia, il controllo del Regno di Croazia e il protettorato del Montenegro). Il conflitto vero e proprio iniziò il 6 aprile del ’41 e durò soltanto undici giorni. Il 12 aprile la bandiera nazista sventolava a Belgrado e il 17 l’esercito jugoslavo firmava la capitolazione.
Il regime di occupazione italiana fu duro e crudele; molti partigiani e civili furono uccisi o internati in campi di concentramento. Già a luglio in Jugoslavia nacque la Resistenza, che diede un grande contributo agli Alleati alla cacciata dei tedeschi dalla penisola .

Ostaggi fucilati dai fascisti
Gli orrori perpetrati nei confronti degli sloveni furono indicibili, e questo scatenò un ondata di odio verso gli italiani che, ebbe il culmine con la fine della guerra e le foibe, dove furono gettate migliaia di persone per vendetta ..Ma analizzando le cause di tale odio, viene da pensare a quanti soprusi e massacri abbiano subito i popoli slavi da parte del nostro esercito fascista agli ordini dei Generali Roatta e Robotti ..


                        Il Generale Mario Roatta criminale di guerra impunito


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Ma a questo punto nasce un nuovo scenario: i soldati allo sbando creano i primi gruppi di resistenti subito affiancati dai comunisti guidati da Josif Broz, detto Tito.Tedeschi e italiani nelle rispettive aree di influenza devono ora combattere un nemico insidioso: Il partigiano, che combatte con tecniche di guerriglia a cui i soldati di un esercito regolare non sono abituati.Il “mordi e fuggi” diventa prassi quotidiana per partigiani che sanno muoversi nel loro territorio e operare attentati che mettono in difficoltà il controllo del territorio da parte dell’occupante esercito italiano.
Brigata partigiana iugoslava

Il risultato è facilmente prevedibile: attacchi spesso sanguinosi a presìdi e singoli soldati, reazione draconiana dei nostri comandi ben sintetizzata da una frase del generale Mario Robotti, “Qui si ammazza troppo poco”.Non è da meno Mario Roatta, superiore di Robotti e comandante delle truppe nei Balcani: “Non dente per dente ma testa per dente”.Da qui uno stillicidio infinito di fucilazioni e deportazioni in lager italiani e lungo la costa dalmata di decine di migliaia di sloveni ma anche croati, montenegrini, greci che sicuramente non fa onore al nostro esercito. Nella maggioranza dei casi si tratta di civili (prevalentemente vecchi, donne e bambini) perché i partigiani una volta catturati erano subito fucilati.

24-luglio-1941-a-Sinj-12 civili vengono giustiziati-dai fascisti
Nei documenti redatti dal gen. Orlando (comandante della divisione Granatieri e quindi responsabile militare di Lubiana e dintorni) e fatti propri dai comandanti superiori, emerge chiara la convinzione razzista dei generali italiani: essi credono di avere a che fare con una popolazione culturalmente arretrata, che rifiuta la civilizzazione generosamente offerta dall’Italia e che si fa, più o meno ingenuamente, fuorviare da pochi capi comunisti e dagli ebrei, appoggiati dai Russi e dagli Inglesi.

In questo secondo documento si scrive che i dirigenti del Fronte Liberatore sloveno sarebbero “molto pochi e … tutti ben noti comunisti …” per i quali “… si deve procedere inesorabilmente alla fucilazione …“, mentre “gli esecutori materiali” (anche questi da fucilare) sono “per lo più delinquenti comuni o giovani quasi irresponsabili di tutte le gesta criminose …“.

Il tenente cappellano PIETRO BRIGNOLI svolgeva il suo servizio nella divisione Granatieri di Sardegna, che dal 4 maggio 1941 al 21 settembre 1942 era stanziato a Kočevje, partecipando alla OFFENSIVA ITALIANA DELL’ESTATE 1942, con la quale occupatori italiani si prefiggevano di eliminare, una volta per tutte, i focolai di resistenza slovena che, ad un anno dall’aggressione italiana alla Jugoslavia, continuava ad attaccare i convogli militari italiani. Durante i rastrellamenti le truppe italiane riuscirono ad uccidere circa 1000 partigiani, ma oltre a ciò bruciarono decine di villaggi, uccisero circa 1.000 civili e deportarono circa 26.000 vecchi, donne e bambini.
la “massa di manovra del movimento ribelle” quindi sarebbe composta da studenti-disoccupati senza famiglia, disoccupati, ex-militari del disciolto esercito jugoslavo, braccianti e contadini senza una propria azienda agricola, gente “… che tutto aveva da guadagnare tentando l’avventura, si buttò nelle bande con la segreta speranza di vivere di rapina senza fatica e di precostituirsi per il prossimo avvenire una posizione di privilegio nella patria liberata dallo straniero. E’ chiaro che togliendo tempestivamente di mezzo questa variopinta massa di disoccupati sarebbe sottratta dalle mani dei capi la materia prima con la quale essi intendevano confezionare rivoluzione. …”.

Una considerazione specifica è poi dedicata ai fuoriusciti politici dalla Venezia-Giulia a partire dal “… 18 ottobre del 1922, quando con l’avvento del fascismo fu stroncato il movimento comunista sloveno di Trieste e Gorizia e dintorni, … dovendosi particolarmente al loro fervore anti-italiano, l’inquinamento politico di Lubiana.“.Secondo Orlando, quindi “… è necessario eliminare: tutti i maestri elementari, tutti gli impiegati comunali e pubblici in genere (A.C., Questura, Tribunale, Finanza ecc.), tutti i medici, i farmacisti, gli avvocati, i giornalisti, … i parroci, … gli operai, … gli ex-militari italiani, che si sono trasferiti dalla Venezia Giulia dopo la data suddetta“.


Civili fucilati dai fascisti in Iugoslavia
Quindi per Orlando ed i generali italiani la soluzione della questione jugoslava viene “soltanto dall’impiego della forza, che senza indecisioni, intervenga, giusta, inesorabile, immediata a reprimere ogni manifestazione di banditismo od atto di rivolta”.I militari devono operare con decisione: “nelle zone nelle quali si sa o si suppone che vi siano dei ribelli, e si agisca decisamente: rapido censimento, interrogatorio degli elementi sospetti, fucilazione degli indiziati”; queste sono le disposizioni ribadite dal gen.Ambrosio (comandante della II Armata) il 30 dicembre 1941 prima di passare il posto al gen. Roatta.
Un civile sloveno viene messo al muro per essere fucilato dai fascisti
Roatta successivamente si spinge a proporre ulteriori misure contro i favoreggiatori dei ribelli, soprattutto nei confronti dei parenti: la deportazione e la fame!L’obiezione politica di Grazioli. che tagliando i viveri ai parenti si stimolerebbe la solidarietà verso costoro creando degli inutili martiri, ferma questo particolare provvedimento contro i civili.
Civili sloveni fucilati dai fascisti
Dal luglio 1942 le divisioni italiane, con grandi operazioni di rastrellamento, procedettero alla deportazione della popolazione dei villaggi in campi di concentramento, soprattutto di donne, di bambini e di anziani poiché gli uomini validi fuggivano per evitare la cattura. Tra l’estate del 1942 e quella del 1943 furono attivi sette campi di concentramento per civili sotto il controllo della II^ Armata; almeno 20.000 civili sloveni furono internati mentre un documento del Ministero dell’Interno italiano dell’agosto 1942 indica 50.000 persone circa, di cui la metà donne e bambini; la causa principale delle morti in tali campi era la fame, il freddo, gli stenti e le malattie.

Nel 1942 gli italiani realizzarono sull’isola croata di Arbe, l’odierna Rab, un campo di concentramento per i civili sloveni in cui in seguito furono deportati anche ebrei croati; vi furono internati più di 10.000 civili, principalmente vecchi, donne e bambini. Secondo il Centro Simon Wiesenthal questo campo, gestito completamente dagli italiani, ricevette 15.000 prigionieri dei quali 4.000 morirono; soltanto nell’inverno del 1942-1943 morirono 1.500 persone a causa della denutrizione, del freddo, delle epidemie e dei maltrattamenti.
Campo di concentramento di Rab Arbe.


Comunque la pratica dell’affamamento diventa una costante nell’azione repressiva verso i deportati e la popolazione; l’assoluta insufficienza del cibo risulta infatti la prima vera causa delle migliaia di decessi nei campi di concentramento della II Armata a Rab/Arbe come in Italia.La politica di affamamento e rapina è condivisa e praticata dai comandanti italiani, tra gli altri il gen. Danioni che progetta di: “procedere alla requisizione dei raccolti lasciando ad ogni singolo proprietario il puro necessario per non morire di fame”.Roatta propone inoltre la deportazione “di tutti i disoccupati e degli studenti per farne unità di lavoratori”.
E’ sempre il comandante della II Armata Slovenia-Dalmazia che prospetta di assegnare a italiani i “beni rurali dei ribelli … in modo da costituire nuclei rurali tutti italiani di ex combattenti, sopratutto at cavallo linee comunicazioni et presso frontiere”.


Civili sloveni costretti a scavarsi la fossa prima di essere fucilati dagli italiani
Roatta, vero tecnico della repressione, dopo la promulgazione della circolare 3 C e quindi la disposizione della fucilazione immediata dei partigiani catturati, impone in Slovenia e Dalmazia la rappresaglia automatica sugli ostaggi civili, nel caso di attentati contro militari italiani o collaborazionisti.A Lubiana questa decisione viene resa nota attraverso la pubblicazione di un bando firmato congiuntamente dall’autorità militare e civile (Robotti e Grazioli).


31 luglio 1942-fucilazione di cinque ostaggi sloveni da parte delle truppe italiane durante l’occupazione italiana della Slovenia (1941-1943). i nomi dei fucilati:Franc Žnidaršič,Janez Kranjc,Franc Škerbec,Feliks Žnidaršič,
Edvard Škerbec.
Alcuni prigionieri sloveni vengono bendati prima di essere fucilati dai fascisti.Fonte- Crimini di guerra italiani

E quest’ultimo, ormai allineato alla politica di decimazione dei generali, nel corso di una riunione con i militari il 30 aprile 1942, annuncia che “il DUCE ha approvato in pieno la lettera e lo spirito del bando”, e aggiunge riguardo gli ostaggi: “se l’autorità militare non fucilerà, li fucilerò io.

Iniziarono i massacri, furono bruciati migliaia di villaggi sospettati di aver dato sostegno alla resistenza slava, gli stupri, le violenze quotidiane, le ingiustizie verso il popolo sloveno, si consumarono sotto gli occhi indifferenti delle autorirtà militari che giustificavano i massacri come rappresaglie contro i covi della resistenza ..

Chiunque era sospettato veniva giustiziato sul posto.nella sola provincia di Lubjana , furono fucilati circa 1.000 ostaggi, 8.000 persone furono giustiziate in seguito.Furono bruciate 3.000 case, e internate subito 35.000 persone, furono distrutti oltre 800 villaggi,e oltre 8000, persone moririno nei campi di concentramento .
Cimitero di Arbe, migliaia di croci sulle tombe dei deportati che morirono di stenti
Nella notte fra il 22 e il 23 febbraio del 1942 le autorità militari italiane cinsero con filo spinato e reticolati l’intero perimetro di 30 km di Lubiana , al fine di operate un rastrellamento completo della popolazione maschile della città disponendo un ferreo controllo su tutte le entrate e le uscite. La città venne divisa in tredici settori e furono raccolti 18 708 uomini che furono controllati nelle caserme con l’aiuto di delatori sloveni dissimulati; 878 di questi uomini furono mandati in campo di concentramento.
A Lubiana nel solo mese del marzo ’42 gli italiani fucilarono 102 ostaggi. Un soldato italiano in una lettera inviata a casa il 1º luglio 1942 scrisse:
«Abbiamo distrutto tutto da cima a fondo senza risparmiare gli innocenti. Uccidiamo intere famiglie ogni sera, picchiandoli a morte o sparando contro di loro. Se cercano soltanto di muoversi tiriamo senza pietà e chi muore muore.
Un altro scrisse:
«Noi abbiamo l’ordine di uccidere tutti e di incendiare tutto quel che incontriamo sul nostro cammino, di modo che contiamo di finirla rapidamente
.Le cifre variano nell’insieme delle vittime tramite gli archivi storici e documenti ritrovati nell’armadio della vergogna e da fonti locali..senza contare le vittime totali di uomini che combatterono i nazifascisti tramite la resistenza jugoslava … Nel mese di giugno erano presenti 71.159 militari italiani. Le prime formazioni partigiane slovene iniziarono la loro azione nel luglio 1941, con effettivi molto limitati (vengono successivamente indicate in 8-10 mila). Il primo tentativo di annientamento del movimento di liberazione jugoslavo, con un’azione congiunta italo-tedesca, viene realizzato nell’ottobre 1941.
Esso termina con un totale fallimento, malgrado l’uso sistematico del terrorismo verso le popolazioni civili, le stragi e la distruzione, le rappresaglie feroci verso i partigiani e le loro famiglie (solo a Kragulevac, furono fucilate 2300 persone). Con l’inasprimento della lotta, i nazifascisti tentano una seconda grande offensiva, con 36.000 uomini. Scarsi risultati, moltissime vittime. I partigiani riescono a sfuggire al tentativo di accerchiamento.

Terza grande offensiva dal 12 aprile al 15 giugno 1942, sotto la direzione del generale Roatta. Ancora una volta grandi perdite, stragi e distruzioni: non viene raggiunto l’obiettivo di annientamento. Intensificazione delle azioni contro guerriglia in Slovenia da parte delle forze del XI^ Corpo d’Armata (quattro Divisioni italiane, con l’aggiunta dei fascisti sloveni della “Bela Garda” – Guardia Bianca -). Sempre feroci le azioni di terrorismo contro i civili e la deportazione delle popolazioni di intere zone, senza distinzioni di sesso e di età.
Dopo la guerra, la commissione crimini di guerra jugoslava chiese l’estradizione del criminale Mario Roatta e di altri ufficiali fascisti per processarli come dovuto ..non fu dato corso all’estradizione richiesta dal governo jugoslavo in quanto poté giovarsi della cosiddetta “Amnistia Togliatti intervenuta il 22 giugno 1946 e di quella definitiva del 18 settembre 1953 proposta dal guarda sigilli Antonio dazora per tutti i reati politici commessi entro il 18 giugno del 1948



Roatta che nel frattempo era fuggito in Spagna sotto la protezione del Generale “Francisco Franco” ritornò solo nel 1966 e morì a Roma il 6 gennaio del 1968 senza essersi pentito di avera fatto trucidare migliaia di persone innocenti e di aver fatto deportare nei campi di concentramento italiani quasi 150.000 persone che avevano l’unica colpa di essere sloveni .
L’aggressione nazifascista alla Jugoslavia ha provocato la morte di 300.000 militari,900.000 civili, e oltre 200.000 feriti ,per un totale di 1’400.000 vittime …Ora domandatevi come mai il popolo slavo ci ha odiato così tanto fino ad arrivare al culmine della follia e della vendetta contro chiunque parlasse la lingua italiana …

10.2.20

Padova, l’autista che salvò i bimbi: “Io arrestato e poi riabilitato ma nessuno mi dà lavoro”

Ecco  come i pregiudizi rovinano la  gente  

 da repubblica    del 10 febbraio 2020

Un anno fa Deniss Panduru, romeno, ebbe un incidente con lo scuolabus e scappò per paura del linciaggio. Ora le indagini lo scagionano, ma la sua vita è rovinata


Padova, l’autista che salvò i bimbi: “Io arrestato e poi riabilitato ma nessuno mi dà lavoro”
Padova -  Un anno fa la storia viene raccontata così: «Autista romeno dello scuolabus causa un incidente ubriaco e scappa». È il 17 maggio 2019 quando, due mesi dopo il dirottamento di San.Donato Milanese, sui colli padovani di Arquà Petrarca scatta la caccia all’uomo.
 Deniss Panduru, 51 anni, viene arrestato poco dopo con l’accusa di fuga, lesioni personali colpose plurime e guida in stato di ebbrezza.
L’allora ministro Danilo Toninelli ne chiede il licenziamento immediato e viene accontentato dalla Seaf di Este. Nemmeno un anno dopo tutto l’architrave accusatorio cade: nessuna fuga, nessun abbandono di minori, patente restituita e guida in stato di ebbrezza ridimensionata. Le indagini dimostrano che l’autista, dopo l’incidente, fece uscire i dodici bambini dal pulmino ribaltato su un fianco. Nonostante questo la caccia all’uomo, cioè a Deniss Panduru, non si è mai conclusa. «Mi hanno sbattuto in galera per tre giorni senza colpa. E adesso, nonostante l’archiviazione, nessuno più mi dà lavoro», Deniss Panduru spalanca le braccia e maledice quel giorno. Capelli rasati ai lati e lunghi dietro, orecchino, catena d’oro in mostra sul petto villoso: la sua faccia fece il giro d’Italia.

Panduru, archiviata ogni accusa. Davvero non trova un lavoro?
«Porto il curriculum con la mia esperienza ventennale ma poi mettono il nome su Google e nessuno richiama. Io non sono un bandito, vi prego: datemi un lavoro».
Secondo lei è per l’incidente?
«Per tutti io resto l’autista ubriaco del pulmino ribaltato. Nessuno più mi vuole a lavorare e io ho il mutuo per la casa da pagare».
Cosa successe quel giorno?
«Sa qual è il mio unico senso di colpa oggi? Non essermi opposto a chi mi faceva lavorare con un pulmino ridotto in quello stato».
Cosa intende?
«Era vecchio e malridotto, più volte mi sono lamentato con il titolare dell’azienda. Perdeva olio dello sterzo, io stesso facevo il rabbocco alla fine di ogni turno».
Dunque l’incidente successe a causa dello sterzo?
«Si bloccò all’improvviso, affrontando un tornante».
Lei cosa fece dopo il ribaltamento?
«C’erano vetri ovunque, i bambini gridavano spaventati. Chiesi loro se stavano tutti bene. Si fermò un automobilista e mi aiutò a fare uscire tutti, uno a uno, con relativi zaini».
Come le è venuto in mente di scappare?
«Abbiamo chiamato i soccorsi e messo tutti in sicurezza. Poi hanno iniziato ad arrivare alcuni genitori. Io ero un po’ in disparte, sentivo frasi irripetibili sul mio conto che si moltiplicavano mano a mano che passavano i minuti. A quel punto decisi che era meglio andar via».
Così però è sembrata una fuga, un’ammissione di colpa.
«I bambini erano in salvo. Per questo hanno archiviato il procedimento».
Come sono arrivati all’arresto?
«Sono stato fermato due ore dopo, portato in ospedale per le analisi. Pensavo fossero accertamenti normali. Poi, a un certo punto, un carabiniere mi dice: mi dispiace Panduru dobbiamo arrestarti».
L’alcoltest rivelò un tasso alcolico di 0,30.
«Prendevo un farmaco per la gola che aveva una base alcolica ma io non ho toccato nemmeno un goccio quel giorno. E comunque, anche se fosse, è prevista una multa, non il carcere».
Come fa ora a mantenersi?
«Cerco di arrangiarmi con piccole mansioni di giardinaggio ma nulla di sicuro. Ho due figli da crescere. Vorrei che la gente mi vedesse per quello che sono, non per il mostro che non sono mai stato».

9.2.20

cari pro 10 febbbraio , cari esuli istriano dalmati ....



....capisco il vostro anticomunismo visto che avete vissuto le violenze e gli abusi ( vedi Porzus e il regime di Tito con le sue prigioni o campi di prigionia, tra i quali spiccava il campo dell' Isola Calva \ Goli Otok , processi e condanne sommari , la II fase , cioè quelle dalmate \ italiane , delle foibe ) . Ma non lamentatevi, e qui mi riferisco anche agli amici di sinistra filo 10 febbraio , se molti osteggiano tale giornata , ma quando come ho già detto qui in questo articolo del nostro post ( https://bit.ly/2tCLIOG ) e per la notizia che riporto sotto sara ricordata ( come avviene negli ultimi anni ) solo ed esclusivamente come una giornata contro il comunismo ed non nella sua drammaticità totale e si affida il ricordo a un appartenente ad uno di quell'ideologia nazionalista che ha creato l'odio e quindi la risposta dell'odio dell'altro nazionalismo slavo . sara una giornata inutile ed ipocrita .
06 febbraio 2020




da  https://roma.repubblica.it/cronaca/2020/02/06/

   DI MARINO BISSO


Nessun dietro front della giunta di centro-destra di Ciampino. E ora la protesta contro la cerimonia per ricordare le foibe affidata allo scrittore negazionista e cultore del fascismo Pietro Cappellari arriva in piazza mentre spuntano altre foto imbarazzanti che lo ritraggono in camicia nera mentre fa il saluto romano durante un raduno di nostalgici della Repubblica di Salò.

         
Le nuove immaggini alimentano critiche e polemiche a Ciampino dove la Rete Antifascista ha organizzato una manifestazione per sabato prossimo "senza bandiere o simbolo di partito". “Lunedì prossimo i nostri luoghi democratici e costituzionali verranno offesi dalla presenza di chi nega esplicitamente quella stessa democrazia e quella Costituzione nata dalla Resistenza. In occasione della giornata del Ricordo, infatti, l'Amministrazione di Ciampino non ha pensato di chiamare uno storico bensì Pietro Cappellari, scrittore dichiaratamente fascista, una figura non adatta a trattare un tale argomento in un luogo istituzionale, proprio in virtù delle sue posizioni protese al revisionismo nei confronti della lotta di Liberazione in Italia. Non possiamo tollerare un simile scempio proprio per il rispetto e il ricordo delle vittime del fronte orientale, ma anche perché sarebbe un’offesa per la città di Ciampino e per la memoria di chi, nel nostro territorio, è caduto per la Liberazione di Roma e dell’Italia. Il signor Cappellari parlerà nella Sala consiliare dedicata al padre costituente Pietro Nenni, luogo dove si svolge l’azione democratica dei rappresentanti locali eletti dal popolo, secondo i dettami della Costituzione repubblicana che questa persona infanga”.




E ancora:“Per questi motivi la Rete Ciampino Antifascista, composta da cittadine e cittadini preoccupati per la deriva che stiamo vivendo, ha deciso di mobilitarsi contro questa allarmante provocazione. I ciampinesi antifascisti e democratici saranno in piazza sabato 8 febbraio per un presidio a microfono aperto, fuori la Sala consiliare dalle ore 16.00, per chiedere a tutte le Istituzioni di tutti i livelli di attivarsi per impedire la presenza ufficiale di questa persona. Nel caso in cui ciò non avvenisse saremo presenti anche il giorno stesso dell’iniziativa del 10 febbraio. Saranno appuntamenti larghi e pacifici, senza simboli di partiti, in difesa dei valori non negoziabili della Repubblica, della Costituzione, dell’Antifascismo”.




Ma ad oggi non si registra nessun ripensamento da parte della giunta guidata dalla sindaca Daniela Ballico, tesserata al partito della Meloni. A rompere il silenzio è il suo vice leghista Ivan Boccali che è anche tra i fondatori del movimento politico “Gente Libera, tradizione e futuro” rappresentato graficamente con un’aquila che vola davanti a un sole, e che proprio in queste ore ha chiesto che venga contrastata e bocciata la candidatura di Velletri a ospitare il prossimo Gay Pride del Lazio: “Il problema non è la libertà di manifestazione del pensiero, che è sacrosanta – motiva l’associazione in un comunicato - ma come questa si manifesti e solo i più ingenui non sanno o fanno finta di non vedere cosa avviene durante i "gay pride". Il presidente di Gente Libera, associazione che si propone come una sorta di alleanza tra professionisti e cittadini, è Stefano Bonazzi lo stesso della torta di compleanno con sopra il motto di Mussolini: “Molti nemici molto onore” con accanto sorridenti l’attuale sindaca Ballico e vicesindaco Boccali di Ciampino. Ed è lo stesso che su Fb si mostra con una maglietta nera con lo slogan sempre fascista “Boia chi molla”.




Nulla di imbarazzante per il vicesindaco di Ciampino che continua a difende l’ingaggio dello scrittore revisionista Capellari nella commemorazione delle foibe. Ma Boccali non è nuovo a polemiche. Nel 2017 era finito al centro di un’altra contestazione per aver pubblicato, a poche settimane dal rogo del camper a Centocelle nel quale erano morte tre sorelle rom, un commento sul problema dei roghi tossici suggerendo in un post poi cancellato “l’uso del napalm come unica soluzione per il campo della Barbuta”.




Oggi invece il vicesindaco di fede salviniana proprio sul convegno della discordia sulle foibe contrattacca la sinistra e difende la scelta di invitare Cappellari. “C’è una parte di sinistra - afferma in comunicato pubblicato sulla testata online “ilmamilio.it” - oscurantista e negazionista, che evidentemente persiste in polemiche sterili. Il convegno organizzato dal Comune avrà esclusivo carattere storico e di divulgazione. Ci sarà una mostra, la proiezione di un film, una conferenza con un professore con moltissime pubblicazioni e riconoscimenti all’estero. Si parlerà solo di Foibe, nient’altro. Quello che si è messo in piedi, con un tentativo piuttosto goffo, è un carrozzone di parole di basso livello”. Il vicesindaco però non fa alcun riferimento all’appartenenza dichiaratamente fascista di Capellari descritto più semplicemente come “un professore con moltissime pubblicazioni e riconoscimenti all’estero”. 
Chi è invece Pietro Cappellari lo rivela, in lungo post su Facebook, Alessandro Porchetta della Rete Antifascista di Ciampino: “E’ lo “storico” della Fondazione R.S.I., nonché ricercatore ufficiale, colui che tiene le fila a livello organizzativo, colui che ha il compito di “tramandare” alle nuove generazioni non solo la storia infame della R.S.I ma soprattutto i suoi insani principi e valori. Ufficiale riservista dell’Esercito Italiano, e vincitore del premio di laurea “Tullio Zuliani” dell’Istituto Storico della RSI (2002), candidato per Fiamma Tricolore alle comunali di Roma del 2006, è autore di diverse pubblicazioni improntate sul revisionismo fascista".E ancora:"Nel 2008 risulta anche segretario generale del gruppo clerico-fascista “Patria e Libertà”. Il professore nero viene anche descriutto come "frequentatore assiduo delle cerimonie commemorative del campo della memoria di Nettuno, sacrario dei caduti della X MAS, cerimonie che ricorrono in date particolari tipo il 25 aprile o anche il 9 maggio giorno in cui Mussolini nel ‘36 proclamò l’impero e oggi si celebra il giorno del guerriero, autore di diverse pubblicazioni improntate sul revisionismo fascista".
Ma le nuove foto e notizie sul passato dello scrittore negazionista non hanno determinato alcun ripensamento. La sindaca Daniela Ballico infatti va avanti e in una nota stampa afferma: "Pietro Cappelari ha un curriculum con importanti incarichi politici e ha avuto un ruolo per le celebrazioni dello sbarco di Anzio per un'altra amministrazione. Non lo riteniamo un pericoloso personaggio"


concludo affermando   che  :

  • La memoria di quegli anni ci racconta una storia complessa di crimini a sfondo etnico e politico,da una parte e dall'altra , che dovrebbero farci riflettere sull'arbitrarietà dei confini e sulla violenza di guerre e dittature , in una terra dove fino ad allora italiani e slavi avevano vissuto più o meno in armonia. Chi si richiama con orgoglio al fascismo non può essere considerato idoneo a parlare in una ricorrenza pubblica di questo tipo. Per me è un'offesa alla memoria delle vittime (  comprese  anche  voi   che  avete   subito  le  violenze   del nazifascismo e  dei  comunisti slavi  dopo  oltre  che  gli insulti  ed  il disprezzo  da  esuli  dagli altri italiani   che    vi vedevano  solo ed  esclusivamente  come  fascisti   ) e alla nostra Costituzione repubblicana.
  • «[...[ IL male », come   ha  detto l'onorevole  Marco Bella del  M5   nell'interrogazione   in parlamento  , «  non può essere raccontato   da  chi   si dichiara  ammiratore   di dittature   di qualsiasi ispirazione »


vi lascio   sule note  di   questa    composizione   musicale
Chamber Symphony, Op. 110a (after the String Quartet No.8, Dedicated to victims of fascism and war) : IV.Largo (attacca:) · Saint Petersburg Orchestra of the State Hermitage Museum Camerata ·

IL PRIMO SENSO DI BENIGNI L'attore toscano porta il Cantico dei Cantici sul palcoscenico dell'Ariston di © Daniela Tuscano


L'immagine può contenere: 3 personeRoberto Benigni lo seguivo all'epoca di Radio Onda Libera, ed era tutta un'altra storia. Come sempre, come ovvio. Poi tutto, inevitabilmente, cambia, solo il telegattopardo sanremese resta uguale, capace di farsi condurre (in anni oscuri) da quello stesso Benigni ancora anarchicamente anticlericale e di accoglierlo con tutti gli onori, e altrettanta disinvoltura, nella nuova veste ecumenico-divulgativa.

Benigni è un artista. Ha un bel cuore, s'innamora sinceramente delle sue letture, toscanamente le mastica, le divora, magari con qualche rudezza. Nel frattempo s'informa, domanda, apprende, però poi torna lui, il divoratore. Questa volta è toccato al Cantico dei Cantici. S'è gettato a capofitto fra quelle pagine. Che non sono carta, ma carne - cioè a dire, uno dei libri più cristici, quindi più ebraici, della Bibbia -. È stato bulimico, eccessivo? Senza dubbio, quando ha allentato la tensione. Quando non si è lasciato interpellare dal testo. Quando non ha contemplato quel «vuoto sacrale» così misticamente poetato da Ceronetti.
Il Cantico, e con esso tutta la Scrittura, non può essere riempito dal sé (e dai pieni-di-sé). Per tale motivo Pasolini non aggiunse un iota ai dialoghi del suo Vangelo, con un rischio vertiginoso per la resa filmica, ma riuscendo a cogliere il senso anagogico della Parola.
Benigni ha quindi ecceduto - sbagliando - le volte che ha anteposto la sua parola alla Parola. Volendo aggiungere, ha tolto. Il Cantico non è un'eccezione in un testo altrimenti sessuofobico. Si trova fra i libri sapienziali da 2400 anni assieme alle pagine, altrettanto ardenti, di Isaia, Osea e molti salmi. A meno di non considerare eccezione tutto quanto non smetta di stupire, e assieme all'appagamento aumenti il desiderio (è il felice ossimoro che procura a Dante la visione del paradiso, ma già prefigurato negli affetti umani: «di stare insieme crescesse 'l disio»). E come dimenticare, fra le letture del matrimonio cristiano, quell'esclamazione: «Una voce! Il mio diletto!...». Grido che è già volto, bruno ed estatico, sessuale e azzurrato. Grido-volto femminile, perché il Cantico è anzitutto parola di donna, alterità pura. È lei, per una volta, a riconoscere nel compagno («come sei bello, mio diletto, quanto grazioso!») l'eser-kenegdo rievocato da Edith Stein, colui che le sta di fronte, l'osso delle sue ossa; la sua «Eva». È lei che lo cerca, sfidando regole e convenzioni, perché forte come la morte è l'amore, ma soprattutto non ha misura, sovrabbonda, trasgredisce. Il Cantico permette all'uomo di chiamare di nuovo l'amata col nome di amica, sorella; è tale in umanità, ed è nell'unione - nell'amplesso - che i due si ritrovano. Nella loro incancellabile diversità, che si completa reciprocamente.
C'è sesso, nel Cantico? Molto. Ci sono corpi, odori, sapori, sospiri e notti infuocate, deserti di palmeti, ombre e sguardi. Anche tenerezza e languore; ma sessualità, no. Questo è Eden raggiunto, o compreso, o promesso. L'innocenza non conosce metafore. Delicatezza e decoro la ingiurierebbero.
La carne non è dannata, il dualismo anima-corpo, interpolazione platonica estranea all'ebraismo, qui scompare. La carne è assunta, come farà poi Cristo con la sua stessa vita.
Sesso, divisione che unisce. Limite che spinge a superarsi. A patto di accettare la propria finitezza. Il rischio è sempre in agguato per il «razionalista gaudente» autoreferenziale e omologante, che (cfr. ancora Ceronetti) «entra nel Cantico come in un bagno pubblico spudorato, per sguazzare nudo in compagnia dei molti che hanno capito e brindare alla scoperta».
Ma chi ha capito, cosa ha capito? L'amore, naturalmente. Per questo il Cantico ispira castità. L'amore non è un sentimento scivoloso, non un magma di pulsioni fluide. L'uomo e la donna, anzi, la donna e l'uomo, sono lì, in grado di gioire pienamente perché la sfida ultima di qualsiasi vita sessuale è l'incontro con l'altro (heteros): non eccesso di drammatizzazione, né sdrammatizzazione euforica (X. Lacroix). Se è conquista e non possesso, comporta lotta e fatica. Solo se ci si sceglie ogni volta si può essere fedeli. Inventare la relazione. Fare famiglia, comunione. E ascendere.
Dunque il Cantico, proprio per la sua passione umana, la sopravanza, prefigurando l'amore di Dio per Israele, di Cristo per la Chiesa...
Benigni s'è fermato al primo senso della Scrittura? Può darsi. Ma se ha suscitato quel desiderio di conquista, non ha comunque assolto al suo compito d'artista popolare? E se le sue cadute, talora rovinose e inutilmente friendly, avessero messo in guardia i dotti dal rischio della gnosi? Essi si turbano per i fremiti della carne, ma non per il Dio degli eserciti che ordina di passare a fil di spada i popoli nemici, senza escludere le donne e i bambini. Niente traslati, qui, nessuna allegoria. Tutto arcignamente logico, regolare. Oppure no?
Le aule universitarie rassicurano assai più dei templi profani, e soprattutto dei suoi fruitori, lontani, forse emarginati, dai palazzi del sapere. Diffidiamo dello spirito ingannevole, ma non dimentichiamo che i primi depositari dell'Annuncio furono illetterati e pastori. Certo: è inevitabile avvengano scandali, e guai a colui per cui avvengono. Ma guai pure a vederli dove non ci sono.

                                                    © Daniela Tuscano