mentre scrivo questo post mi viene in mente questa canzone del '68\78 intitolata appunto la violenza
E mi accorgo che Saviano ha ragione e dallla sua lettera ne è nato un interessante dibattito come quello della poesia di Pasolini su valle giulia ( marzo 1968 )
Ecco la lettera di Roberto Saviano, indirizzata agli studenti di tutta Italia che hanno protestato contro la Riforma Gelmini, per condannare l’uso della violenza evidenziato nei recenti scontri del 14 Dicembre a Roma. La lettera è stata pubblicata questa mattina su Repubblica:
Chi ha lanciato un sasso alla manifestazione di Roma lo ha lanciatocontro i movimenti di donne e uomini che erano in piazza, chi ha assaltato un bancomat lo ha fatto contro coloro che stavano manifestandoper dimostrare che vogliono un nuovo paese, una nuova classe politica,nuove idee.
Ogni gesto violento è stato un voto di fiducia in piùdato al governo Berlusconi. I caschi, le mazze, i veicoli bruciati, lesciarpe a coprire i visi: tutto questo non appartiene a chi sta cercandoin ogni modo di mostrare un’altra Italia.
I passamontagna, isampietrini, le vetrine che vanno in frantumi, sono le solite, vecchiereazioni insopportabili che nulla hanno a che fare con la molteplicitàdei movimenti che sfilavano a Roma e in tutta Italia martedì. Poliziottiche si accaniscono in manipolo, sfogando su chi è inciampato rabbia,frustrazione e paura: è una scena che non deve più accadere. Poliziottiisolati sbattuti a terra e pestati da manipoli di violenti: è una scenache non deve più accadere. Se tutto si riduce alla solita guerra instrada, questo governo ha vinto ancora una volta. Ridurre tutto ascontro vuol dire permettere che la complessità di quelle manifestazionie così le idee, le scelte, i progetti che ci sono dietro venganoraccontate ancora una volta con manganelli, fiamme, pietre elacrimogeni. Bisognerà organizzarsi, e non permettere mai più che pochecentinaia di idioti egemonizzino un corteo di migliaia e migliaia dipersone. Pregiudicandolo, rovinandolo.
Scrivo questa lettera ai ragazzi, molti sono miei coetanei, che stannooccupando le università, che stanno manifestando nelle strade d’Italia.Alle persone che hanno in questi giorni fatto cortei pieni di vita,pacifici, democratici, pieni di vita. Mi si dirà: e la rabbia dove lametti? La rabbia di tutti i giorni dei precari, la rabbia di chi nonarriva a fine mese e aspetta da vent’anni che qualcosa nella propriavita cambi, la rabbia di chi non vede un futuro. Beh quella rabbia,quella vera, è una caldaia piena che ti fa andare avanti, che ti tienedesto, che non ti fa fare stupidaggini ma ti spinge a fare cose serie,scelte importanti. Quei cinquanta o cento imbecilli che si sono tiratiindietro altrettanti ingenui sfogando su un camioncino o con unasassaiola la loro rabbia, disperdono questa carica. La riducono a uncalcio, al gioco per alcuni divertente di poter distruggere la cittàcoperti da una sciarpa che li rende irriconoscibili e piagnucolandoquando vengono fermati, implorando di chiamare a casa la madre echiedendo subito scusa.
Così inizia la nuova strategia dellatensione, che è sempre la stessa: com’è possibile non riconoscerla? Com’è possibile non riconoscerne le premesse, sempre uguali? Quegli incappucciati sono i primi nemici da isolare. Il “blocco nero” o comediavolo vengono chiamati questi ultrà del caos è il pompiere delmovimento. Calzano il passamontagna, si sentono tanto il SubcomandanteMarcos, terrorizzano gli altri studenti, che in piazza Venezia urlavanodi smetterla, di fermarsi, e trasformano in uno scontro tra manganelliquello che invece è uno scontro tra idee, forze sociali, progetti le cuiscintille non devono incendiare macchine ma coscienze, molto piùpericolose di una torre di fumo che un estintore spegne in qualchesecondo.
Questo governo in difficoltà cercherà con ogni mezzo didelegittimare chi scende in strada, cercherà di terrorizzare gliadolescenti e le loro famiglie col messaggio chiaro: mandateli in piazzae vi torneranno pesti di sangue e violenti. Ma agli imbecilli col cascoe le mazze tutto questo non importa. Finito il videogame a casa,continuano a giocarci per strada. Ma non è affatto difficile bruciareuna camionetta che poliziotti, carabinieri e finanzieri lasciano comeesca su cui far sfogare chi si mostra duro e violento in strada, edelatore debole in caserma dove dopo dieci minuti svela i nomi di tutti isuoi compari. Gli infiltrati ci sono sempre, da quando il primo operaioha deciso di sfilare. E da sempre possono avere gioco solo se hannoseguito. E’ su questo che vorrei dare l’allarme. Non deve mai più accadere.
Adesso parte la caccia alle streghe; ci sarà la volontàdi mostrare che chi sfila è violento. Ci sarà la precisa strategia dievitare che ci si possa riunire ed esprimere liberamente delle opinioni. E tutto sarà peggiore per un po’, per poi tornare a com’era, a come èsempre stato. L’idea di un’Italia diversa, invece, ci appartiene e ciunisce. C’era allegria nei ragazzi che avevano avuto l’idea dei BookBlock, i libri come difesa, che vogliono dire crescita, presa dicoscienza. Vogliono dire che le parole sono lì a difenderci, che tuttoparte dai libri, dalla scuola, dall’istruzione. I ragazzi delleuniversità, le nuove generazioni di precari, nulla hanno a che vederecon i codardi incappucciati che credono che sfasciare un bancomat siaaffrontare il capitalismo. Anche dalle istituzioni di polizia in piazzabisogna pretendere che non accadano mai più tragedie come a Genova. Ognispezzone di corteo caricato senza motivazione genera simpatia verso chicon casco e mazze è lì per sfondare vetrine. Bisogna fare in modo chein piazza ci siamo uomini fidati che abbiano autorità sui gruppetti dipoliziotti, che spesso in queste situazioni fanno le loro battagliepersonali, sfogano frustrazioni e rabbia repressa. Cercare in tutti imodi di non innescare il gioco terribile e per troppi divertente dellaguerriglia urbana, delle due fazioni contrapposte, del ne resterà inpiedi uno solo.
Noi, e mi ci metto anche io fosse solo per età eper - Dio solo sa la voglia di poter tornare a manifestare un giornocontro tutto quello che sta accadendo - abbiamo i nostri corpi, lenostre parole, i colori, le bandiere. Nuove: non i vecchi slogan, non isoliti camion con i vecchi militanti che urlano vecchi slogan, vecchiecanzoni, vecchie direttive che ancora chiamano “parole d’ordine”. Questaera la storia sconfitta degli autonomi, una storia passata per fortuna.Non bisogna più cadere in trappola. Bisognerà organizzarsi, allontanarei violenti. Bisognerebbe smettere di indossare caschi. La testa serveper pensare, non per fare l’ariete. I book block mi sembrano unarisposta meravigliosa a chi in tuta nera si dice anarchico senza saperecos’è l’anarchismo neanche lontanamente. Non copritevi, lasciatelo fareagli altri: sfilate con la luce in faccia e la schiena dritta. Sinasconde chi ha vergogna di quello che sta facendo, chi non è in gradodi vedere il proprio futuro e non difende il proprio diritto allostudio, alla ricerca, al lavoro. Ma chi manifesta non si vergogna e nonsi nasconde, anzi fa l’esatto contrario. E se le camionette bloccano lastrada prima del Parlamento? Ci si ferma lì, perché le parole stannoarrivando in tutto il mondo, perché si manifesta per mostrare al Paese, achi magari è a casa, ai balconi, dietro le persiane che ci sono dirittida difendere, che c’è chi li difende anche per loro, che c’è chigarantisce che tutto si svolgerà in maniera civile, pacifica edemocratica perché è questa l’Italia che si vuole costruire, perché èper questo che si sta manifestando. Non certo lanciare un uovo sullaporta del Parlamento muta le cose.
Tutto questo è molto più chebruciare una camionetta. Accende luci, luci su tutte le ombre di questopaese. Questa è l’unica battaglia che non possiamo perdere.
Roberto Saviano
Ecco la risposta dell’Unione degli Universitari alla lettera di Saviano:
GRAZIE ROBERTO, IL TUO APPELLO E’ ANCHE IL NOSTRO.
Andiamo avanti a viso scoperto, con le nostre idee e le nostre lotte.
Così l’Unione degli Universitari e la Rete degli Studenti, che in questi mesi hanno organizzato manifestazioni e proteste nelle scuole, negli atenei e nelle piazze di tutta Italia, rispondono in una lettera inviata a LaRepubblica all’appello di Roberto Saviano contro le degenerazioni violente.
“Gli scontri di martedì fanno male al movimento studentesco, hai ragione. Fanno male a tutto il Paese, perché offuscano una mobilitazione straordinariamente condivisa nelle sue ragioni e nelle sue pratiche dalla società civile, dall’opinione pubblica” spiega la lettera “Per questo crediamo che il tuo intervento rappresenti lucidamente le paure e le speranze di chi vede questo movimento come un elemento sano della nostra società e vuole difenderlo da una degenerazione violenta. La ribellione, quella sana e colorata, che in queste settimane ha paralizzato per intere giornate il Paese, ci ha dato una spinta propulsiva e una visibilità inaspettata.”
“In questi mesi abbiamo scoperto di non essere soli- continua la lettera – di essere una moltitudine in grado di cambiare l’agenda politica, e abbiamo conquistato l’affetto e il sostegno di larga parte del Paese, che applaude i nostri blocchi stradali, ci difende e ci aiuta a continuare.”
Gli scontri di martedì non possono oscurare tutto questo:“Crediamo che ognuno debba fare la sua parte per tener viva la speranza che abbiamo riacceso, per sconfiggere chi crede di azzittire un’intera generazione con metodi antichi, che puzzano di naftalina e ricordano le peggiori stagioni di questa Repubblica.”
Insomma un appello per continuare la battaglia a volto scoperto “A chi scientemente semina terrore, rispondiamo con le nostre idee e le nostre lotte, con la voglia di riscatto di una generazione che ha finalmente capito che si può vincere, e che per farlo c’è bisogno di tutti.
Una generazione che usa parole più pesanti delle pietre e sa scendere in piazza a viso scoperto.”
Infine l’Unione degli Universitari e la Rete degli Studenti Medi chiedono allo scrittore un incontro per confrontarsi sulla battaglia culturale per una società della conoscenza e della libera informazione.
ed ecco qui le altre risposte
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