31.12.14

genitori che aiutano i figli caduti nel vortice della droga . la storia di Valentina Iovine

Chiaccherando  con amici  \  che      su questa   adolescenza   sempre  piùallo sbando  e  i genitori  (  alcuni dela mia generazione e o del decennio successivo  ) o  mennefreghisti   o  allo sbando   perchè cresciuti  in pieno edonismo   \  reflusso cioè con il craxismo e il berlusconismo rampante  , mi èvenuta  in mente  questa  storia poco nota  rispetto alla  combattività dei familiari  di Elisa  Claps  e  di Federico Aldobrandi . Essa  smentisce  il luogo comune   genitori  cinici  ed  assenti  nei confronti dei propri  figli grazie  all'app cortana   dev'avermi fatto conoscere  questa    triste  storia  di Valentina Iovine 

Valentina è morta annegata. Sette giorni prima del ritrovamento

Il primo riscontro dall'autopsia eseguita dal medico legale Stefano Pierotti. Quando è caduta in acqua, la ragazza era ancora viva. La storia della madre, Immacolata Panico, che sette anni fa denunciò gli spacciatori che avevano agganciato la figlia. E con lo stesso coraggio ora chiede di sapere la verità

VIAREGGIO. Quando è caduta in acqua, spinta o per propria volontà è ancora il mistero della morte di Valentina Iovine, 30 anni, ritrovata sotto un pontile nel porto di Viareggio, la ragazza era ancora viva. Valentina è morta annegata, sette giorni prima - questo il tempo stimato, come anticipato dal "Tirreno" - del ritrovamento: è il primo riscontro dall'autopsia eseguita dal medico legale della Asl Versilia, Stefano Pierotti. Sul corpo della giovane donna, spiega Pierotti, "non vi sono elementi che possano indicare che ha subito atti violenti". All'autopsia vera e propria faranno seguito "ulteriori accertamenti e screening" . E comunque - conclude Pierotti - "mi confronterò con il magistrato", che è il sostituto Procuratore Enrico Corucci (Procura di Lucca).
La madre di Valentina, Immacolata Panico, non smette di chiedere la verità sulla morte della ragazza. Per lei, nel 2007, arrivò a denunciare gli spacciatori che ronzavano intorno a sua figlia ed altri ragazzi della Versilia. “Madre coraggio”, titolarono le cronache dei quotidiani locali e nazionali. Oggi che Valentina non c’è più, è con lo stesso coraggio che Immacolata vuole sapere la verità sugli ultimi momenti di vita della figlia che le lascia una piccolina di pochi anni.

Valentina felice per le poche ore di lavoro conquistate l’estate scorsa, o per il vestitino con il quale mascherare la bambina in vista di Halloween: così ce la raccontano i post degli ultimi mesi su Facebook. Ma anche Valentina inquieta, senza pace, come la raccontano le parole degli amici impresse negli addii affidati al web.
E ancora Valentina, sette anni fa, non ancora madre, che Immacolata decide di strappare alla compagnia in cui era finita e della quale faceva parte anche l’uomo che la ragazza aveva scelto come fidanzato. Pare di immaginarla, mamma Immacolata, dilaniata tra parlare o non parlare, coinvolgendo anche la figlia nelle inevitabili indagini: «Con quell’azione - ricorda l’avvocato di famiglia, Piero Falchi - la signora Panico interruppe per un periodo le vicende della figlia».È il gennaio 2007 quando Iammacolata Panico prende la decisione che porterà i carabinieri della Compagnia di Viareggio a mettere a segno un’operazione antidroga decisamente di peso. La donna si presenta in caserma e racconta che la figlia si è accompagnata con uno spacciatore. Ed è il 22 gennaio dell’anno dopo, quando - all’alba - scatta l’operazione che vede coinvolti 350 uomini e porta all'arresto di 35 persone, tra versiliesi e stranieri, i nordafricani addetti - così ricostruiranno le indagini - all'acquisto e al trasporto della merce. Una vera e propria organizzazione che importava in Versilia - ma anche nelle province di Massa Carrara e di Pisa - chili e chili di eroina e cocaina. Una struttura gerarchicamente ben definita, nella quale quattro versiliesi definivano tempi e modi dell'acquisto dello stupefacente, in Italia ma anche all'estero, per mezzo di una schiera di “cavalli” tutti rigorosamente maghrebini.I
carabinieri hanno prodotto pagine e pagine di intercettazioni telefoniche (sono state sorvegliate 30 linee di telefono cellulare per circa 23mila conversazioni) e ore di pedinamenti partendo proprio dal «marcamento» stretto del giovane che frequentava la ragazza di Camaiore. E da lì sono riusciti, con pazienza certosina, a ricostruire la fitta e intricata rete di rapporti personali, di comunicazioni più o meno in codice finalizzati comunque all'ingresso della droga sul mercato della Versilia.  Stupefacente - ricostruirono i carabinieri - destinato ad un giro di acquirenti abbastanza ampio, 120 persone di età compresa tra i 28 e i 36 anni. I militari sequestrano, nel corso delle indagini, tre chili e mezzo di droga e 15mila euro, solo una piccola tranche della vendita di coca ed eroina.
Ne seguì un processo, con condanne anche pesanti, e persone ancora oggi in carcere. Un atto di coraggio, quello di mamma Immacolata, Il più grande, forse, che si possa compiere nei confronti di un figlio per toglierlo dai guai e farlo nascere per la seconda volta. Oggi che la sua Valentina non tornerà a casa mai più, è con la stessa determinazione che Immacolata Panico chiede di sapere la verità. Affidandosi a quei carabinieri cui si era rivolta sette anni fa e dei quali l’avvocato Falchi, a nome della famiglia di Valentina, dice: «Ci ha colpito moltissimo l’umanità e la sensibilità che abbiamo trovato in tutti i militari dell’Arma che abbiamo incontrato in questi giorni».


leggi anche  i precedenti articoli :



30.12.14

Napoli Le macchine parcheggiate in doppia fila L'ambulanza non passa: muore di infarto

Lo  so che sarà una  news  banale  e di cronaca  spicciola  , ma certe  cose  mi danno fastidioe  mi fanno .... .  se  io  fossi un  familiare  della vittima o  gli avrei rotto l'auto  opure denunciati .Mi fermo qui  per  non scadere  in volgarità  \ turpiloquio   inutile- gratuito ed  offese  ai vigili urbani


 da  l'unione sarda  del 30\12\2014

Le macchine parcheggiate in doppia fila
L'ambulanza non passa: muore di infarto

Le macchine parcheggiate in doppia fila L'ambulanza non passa: muore di infarto                                                     Ambulanza (foto di repertorio)
L'episodio è accaduto in un quartiere di Napoli scatenando l'indignazione di moltissime persone perché la scena è stata messa su Facebook.
Alcune auto in doppia fila rallentano il passaggio di un'ambulanza mentre sullo sfondo si sentono le grida disperate di una donna che invoca aiuto per spostarle: il tutto ripreso dall'alto da un telefonino e postato in tempo reale su Facebook, i cui utenti vivono il dramma in diretta. L'uomo colto da malore di lì a poco morirà. Napoli, salita Miradois nel Rione Sanità, sono da poco passate le 23 di domenica scorsa: viene richiesto l'intervento di un'ambulanza per un 50enne colto da malore. Ma sulla salita di uno dei quartieri più popolari di Napoli ci sono alcune auto in sosta selvaggia parcheggiate in doppia fila a rendere angusto lo spazio per passare. L'ambulanza perde minuti preziosi prima di arrivare e caricare il paziente il cui cuore cederà di lì a poco, rendendo vani i soccorsi. Difficile stabilire se quei minuti siano stati determinanti per la morte dell'uomo che forse non ce l'avrebbe fatta comunque. Resta forte l'indignazione che si sfoga su Facebook con i commenti degli utenti tra chi parla di "delinquenti camorristi che lasciano la macchina dove capita", e chi invita a denunciare i fatti. Quando arriva la polizia municipale, l'ambulanza è già andata via e le macchine fuorilegge vengono multate. Ma a quel punto la tragedia si è già compiuta. Non è la prima volta che Napoli finisce al centro delle cronache per casi simili. Nel maggio del 2010 destò scalpore l'episodio di Corso Meridionale. Allora un'auto parcheggiata in divieto dinanzi al varco di emergenza della Stazione centrale, ritardò i soccorsi dell'ambulanza del 118 accorsa per un caso di overdose. I medici, per superare l'emergenza, sollevarono la vettura di peso. L'uomo, un immigrato, fu così rianimato e portato all'ospedale Ascalesi. In quel caso il paziente per fortuna se la cavò ma le polemiche non si placarono. Più recentemente, lo scorso 26 agosto, il caso del pensionato colto da infarto mentre si trovava al mercato di Torre del Greco con l'ambulanza che fece fatica a raggiungerlo perché rallentata dalle bancarelle degli ambulanti abusivi. In quel caso i medici furono costretti a percorrere l'ultimo tratto a piedi. Uno sforzo inutile che non salvò la vita al 61 enne pensionato stroncato da infarto. Fino ad oggi, con l'ennesimo, probabilmente non l'ultimo, caso di inciviltà pagato con la vita di una persona.

Il sacrificio della Legione Garibaldina nella prima guerra mondiale

 sempre  su tale argomento vedi

Un fronte apertissimo. Peppino è il primogenito di Ricciotti Garibaldi, figlio del generale, e dunque nipote in linea diretta dell'Eroe dei due mondi, dal 1882 sepolto nell'isola di Caprera. Sul versante delle Argonne, nel quadro degli stessi scontri, pochi giorni prima del giornalista sassarese perdono la vita altri due nipoti di Giuseppe Garibaldi: Bruno e Costante, sempre figli di Ricciotti. I loro funerali in Italia saranno motivo di altri conflitti tra interventisti e neutralisti.
Il resoconto sul giornale. Ma di tutto questo naturalmente non si parla nel primo articolo della "Nuova", che così racconta invece la fine del redattore del quotidiano: «Ernesto Butta correva alla testa della terza compagnia tenendo il comando. Giunto presso il capitano Angelotti, questi lo esortava a non esporsi troppo: cercasse di ripararsi. Ma inutilmente: il Butta, pieno di fervore, cacciatosi dove più aspra era la mischia, si slanciava avanti, spronando i suoi uomini ad attaccare con più veemenza il nemico. Una palla esplosiva lo colpiva in fronte e lo uccideva all'istante. Il combattimento continuò, aumentando di intensità. Molti altri caddero».

la sardegna non è solo brigata sassari . la storia di Ernesto Butta, quel giornalista sassarese ucciso in battaglia nell' Argonne 8 gennaio 1915





N.B
La  storia  che  riporto oggi presa dalla  nuova sardegna del   30\12\2014   vuole   essere  sia     :  la promessa   cioè  che non avrei riportato solo "  storie  disfattiste  "  ma   anche di eroi e  di gente   che   vi  è morta  per  un ideale  o  in quel ideale  poi strumentalizzato ed  esaltato oltre ogni logica    da  una parte  (  a destra )   o insuiltato ed   considerato solo negativo  dall'altra  ( a  sinistra )  . Sia    sfatare  le esagerazioni  del mito  che  vede  insardi nela grande  guerra  solo nei due reggimenti    della Brigata  Sassari  ( di cui  parlero nei prossimi post ,  nell'ormai prossimo  2015  anno della loro fondazione )  . Ma   che ci furono anche  Sardi ed   Italiani che  ben prima    che l'italia entrò  in guerra ,  maggio  1915 , partirono volontari o    come  nel  caso  della storia  sotto era  già esuli  ,  con I Francesi  .  
IL CENTENARIO

Ernesto Butta, quel giornalista sassarese ucciso nelle Argonne

Il reporter della Nuova Sardegna morì in battaglia l’8 gennaio 1915 prima ancora che l’Italia dichiarasse guerra. Repubblicano, anticonformista e bohemien fu costretto a lasciare il giornale per le persecuzioni poliziesche



È gelido, il pomeriggio, quell'8 gennaio 1915. A poche ore dall'avanzata tedesca sul fronte delle Argonne, i francesi decidono di riconquistare le postazioni appena perdute. In loro aiuto richiamano dalle retrovie la Legione Garibaldina, formata tutta da italiani. La controffensiva è ostacolata dalla furiosa reazione del nemico e dall'ondata di freddo che attraversa le foreste in quella zona di confine molti chilometri a nordest di Parigi da sempre al centro di scontri armati nella Storia. Tra gli italiani che combattono contro la Germania nella Grande Guerra c'è il tenente Ernesto Butta, 38 anni, a lungo giornalista della "Nuova".
Quasi una premonizione. È un repubblicano, strenuo avversario dei Savoia, molto anticonformista e bohemien. Poche settimane prima aveva scritto una lettera al fratello Ettore: «Rammenta che questa partenza è l'ultima verso la mia sorte definitiva: addio». Quel pomeriggio dalla temperatura polare Butta si lancia all'assalto guidando gli uomini della sua compagnia. Pochi minuti più tardi viene colpito da un proiettile. Muore sul colpo. Il corpo viene riportato dai compagni nello spazio di terra in mano francese.
Il cordoglio nell’isola. La notizia arriva in Sardegna tre giorni dopo. Lutto e commozione forti nella città natale e a Nuoro, dove da ragazzo Butta aveva studiato per qualche tempo. Tutti, poi, conoscono bene la famiglia. E c'è un dettaglio che rende la fine in battaglia particolare. L'Italia in quel momento non è ancora in guerra contro le potenze dell'Asse: farà la sua scelta solamente nel maggio successivo. Butta è volontario solo perché crede nell'idea di difendere la libertà della Francia: e per questo paga con la vita.

Altri luoghi, altri tempi. "La Nuova Sardegna" aveva cominciato le pubblicazioni 23 anni prima. Butta arriva al giornale nel 1901 e qualche anno più tardi lo lascia prima di subire una serie di traversìe: persecuzioni poliziesche, viaggi a Roma, New York, esilio a Parigi. Nel numero del 12-13 gennaio 1915, a distanza di qualche giorno dall'uccisione del giornalista inquadrato come tenente tra i garibaldini, "La Nuova", all'epoca composta da sole quattro pagine, dedica la prima quasi interamente alla sua fine in battaglia. "La morte gloriosa del sassarese Ernesto Butta": questo il titolo che campeggia sulle sei colonne di piombo. Il formato è standard per i quotidiani di quel periodo: stampato con una carta così pregiata da rivelarsi dopo un secolo quasi bianca, solo un tantino ingiallita, a ogni modo perfettamente conservata e leggibilissima.
Il segno di un’epoca. Duegrandi articoli sono dedicati alla vicenda. Uno, sulla battaglia delle Argonne, dal titolo "Il violentissimo combattimento fra garibaldini e tedeschi in cui cadde Ernesto Butta". L'altro, destinato a ricostruire la biografia del giornalista, indicato nella pagina semplicemente con nome e cognome, titolo in neretto maiuscolo dai grossi caratteri.
Dettagli che colpiscono. Al di là dello stile del primo Novecento e dell'abbondante retorica che colora i "pezzi", a cent'anni di distanza impressiona la notevole quantità di partic. olari che le agenzie di stampa riuscivano a procurarsi. L'articolo sullo scontro a fuoco è una corrispondenza da Roma. «Il combattimento – scrive il redattore, che sigla con una semplice B. iniziale tra parentesi – avvenne in una località prossima alla Maison des Forestieres. Parecchie migliaia di tedeschi, fatta saltare con la dinamite la prima linea delle trincee francesi, costringevano il reggimento prepostovi alla difesa ad indietreggiare di circa un chilometro e mezzo. Venne chiamata d'urgenza in rinforzo la Legione al comando di Peppino Garibaldi. Con abilissima manovra tattica s'impegnava il secondo battaglione forte di seicento uomini, su quattro compagnie. I volontari, incalzanti con vivacissima fucileria il nemico, che cominciava a trincerarsi nella regione conquistata, riuscivano a ricacciarlo indietro, nonostante un contrattacco violentissimo dell'artiglieria».
Un fronte apertissimo. Peppino è il primogenito di Ricciotti Garibaldi, figlio del generale, e dunque nipote in linea diretta dell'Eroe dei due mondi, dal 1882 sepolto nell'isola di Caprera. Sul versante delle Argonne, nel quadro degli stessi scontri, pochi giorni prima del giornalista sassarese perdono la vita altri due nipoti di Giuseppe Garibaldi: Bruno e Costante, sempre figli di Ricciotti. I loro funerali in Italia saranno motivo di altri conflitti tra interventisti e neutralisti.
Il resoconto sul giornale. Ma di tutto questo naturalmente non si parla nel primo articolo della "Nuova", che così racconta invece la fine del redattore del quotidiano: «Ernesto Butta correva alla testa della terza compagnia tenendo il comando. Giunto presso il capitano Angelotti, questi lo esortava a non esporsi troppo: cercasse di ripararsi. Ma inutilmente: il Butta, pieno di fervore, cacciatosi dove più aspra era la mischia, si slanciava avanti, spronando i suoi uomini ad attaccare con più veemenza il nemico. Una palla esplosiva lo colpiva in fronte e lo uccideva all'istante. Il combattimento continuò, aumentando di intensità. Molti altri caddero».
I giorni successivi. In altri articoli la "Nuova" comunque torna sulla morte di Butta e sulle azioni dei garibaldini. Si dà notizia delle reazioni alla sua morte in tutt'Italia e successivamente dell'ordine del giorno pubblicato dal comandante del corpo d'armata francese nel quale il giornalista sassarese e altri caduti vengono citati "per il loro eroico contegno".

Uno dei primi a perdere la vita. Altre informazioni su Ernesto Butta - che è stato il secondo giornalista italiano ucciso nella Grande guerra dopo Lamberto Duranti - si trovano in qualche saggio e in alcuni memoriali. Si sa così che il suo nome, per un errore di trascrizione, non compare nell'Albo d'Oro dei caduti. E se la sua fine è avvenuta - si è poi appreso con esattezza - nella foresta di Ravin de Meurissons/Varennes, vicino a Verdun, le autorità militari di Parigi sostengono nei loro documenti ufficiali che il proiettile l'ha colpito al cuore, e non alla testa, e in una zona delle Argonnne diverso da quello indicato in un primo momento: a ben vedere, dettagli secondari, che non mutano la ricostruzione dei fatti.


Il cimitero in Francia. Ancora oggi il redattore della "Nuova" è sepolto lontano da Sassari. Dopo essere stata ospitata per qualche tempo nel Cimitero de la Forestiere, la salma è stata inumata nel camposanto militare italiano della città di Bligny , tomba numero 1778, dove è stato eretto un monumento con una scritta in onore della legione per le sue imprese. Sulla lapide è scritto: «Bolante, Courtes Chausses, Ravin des Meurissons: qui sono composte le ossa degli anticipatori dell'Argonna, o Francesi o Italiani ubbidite al comandamento garibaldino!». Il ricordo e i riconoscimenti. Le motivazioni della menzione all'Ordine dell'esercito per Ernesto Butta sono state ritrovate di recente dal giornalista Pierluigi Franz: «Ayant reçu l'ordre d'occuper une autre tranchée avec sa section, a exécuté immédiatement cet ordre. Resté en dehors de la tranchée pour s'occuper de ses hommes, a été tué d'une balle au coeur». Il Senza bisogno di traduzione letterale, basterà aggiungere che nella "Citation à l'Ordre de l'Armée" vengono sottolineati due aspettii significativi nell'azione del tenente-cronista: senso del dovere e forte impegno verso gli uomini sotto il suo comando.
Sempre sempre  secondo la nuova sardegna   la  vicenda  di Ernesto Butta Cronista coraggioso riscoperto grazie a una ricerca storica mirata

Infatti
Questa è storia di un tempo lontano: la morte di un giornalista sassarese della "Nuova" nella Grande guerra, un secolo fa, in una delle prime battaglie nella Francia nord-orientale. Ernesto Butta, così si chiamava il cronista, fu ucciso sul colpo da un proiettile sparato dai tedeschi. Si era arruolato volontario tra i garibaldini prima ancora che l'Italia entrasse in guerra. Alle spalle, un passato di contestazioni della monarchia: schedato dalla polizia come sovversivo, in quel periodo viveva in esilio a Parigi. C'era arrivato dopo una serie di sanguinosi duelli e inchieste giudiziarie per diffamazione a mezzo stampa. Un'esistenza avventurosa, la sua, ma per decenni finita nel silenzio post bellico.
La figura di Butta ora è stata riscoperta grazie a una ricerca sui redattori italiani caduti nella prima guerra mondiale. Nel conflitto morirono altri tre giornalisti sardi che oggi sono tuttavia conosciuti e ricordati più per l'attività politica, sindacale e letteraria: il nuorese Attilio Deffenu, il sassarese Annunzio (“Nunzio”) Cervi e il cagliaritano Salvatore De Rosa.
Il dossier elaborato sin qui vede in prima fila nella raccolta di notizie diversi enti e istituzioni, tra i quali un gruppo scientifico della Sapienza di Roma guidato dal docente Luciano Zani . Uno degli studiosi più impegnati sul campo è stato comunque l'ex redattore di punta del "Corriere della Sera" e della "Stampa" Pierluigi Roesler Franz, presidente del gruppo giornalisti pensionati nell'Associazione stampa romanae. «Conduco questa ricerca da 3 anni e mezzo e ho già raccolto parecchio materiale, ma spero adesso di trovare nuovi elementi per raccontare meglio la vita di Butta, che mi pare ricca di spunti di estremo interesse», ha spiegato qualche giorno fa Franz, ancora citato come esempio nella categoria per le puntuali, dettagliatissime, ricostruzioni che hanno contrassegnato il suo lavoro nei due quotidiani nazionali. Oggi, attraverso un'indagine negli archivi della "Nuova" è stato possibile raccogliere nuovi elementi che permettono di colmare una lacuna. Per troppo tempo di Butta non si era parlato più. Ma ora che l'8 gennaio 2015 ricorrerà il centenario della morte è sembrato il momento più giusto per ricordare "le lieutenant BUTTA, du 4ème Régiment de Marche du 1er Etranger", come si legge testualmente nella lapide eretta in sua memoria nel cimitero di Bligny. (pgp)

Egli fu  Schedato come sovversivo ma difeso dalla sua redazione  Perseguitato dalla polizia con l’accusa di aver inviato una lettera minatoria al re. Dall’esilio a New York e Parigi alla scelta d’intervenire per la libertà della Francia     
Sempre  dallastessa  fonte  dei  due precedenti articoli

SASSARI. Sguardo fisso rivolto all'obiettivo, rigido nella divisa militare, sciabola in pugno riposta nel fodero, stivali da cavallerizzo, portamento austero : così appare Ernesto Butta nell'unica foto sinora conosciuta. Una posa realizzata poco prima della partenza per le Argonne. Non è arrivata sino ai nostri giorni nessun'altra immagine riferita ad anni precedenti, neanche tra i banconi della tipografia Gallizzi che allora stampava "La Nuova". E visto che all'epoca soltanto pochi redattori firmavano sui quotidiani è quasi impossibile risalire ai suoi articoli per il giornale, scritti tra il 1901 al 1904 e poi in un secondo successivo periodo.Ma quali sono stati i tratti distintivi del giornalista sardo morto in Francia nel gennaio 1915? Descritto dalla polizia politica come un pericolo sovversivo nemico dei Savoia, ha avuto una vita breve e avventurosa: è stato in realtà un repubblicano convinto, impegnato nelle lotte antimonarchiche, tanto da pagare con l'esilio negli Stati Uniti e in Francia per questa militanza. Dopo la morte, la sua redazione, con un coraggio davvero inaudito per i tempi, ne difende la memoria con forza sulla prima pagina, raccontando le persecuzioni delle quali fu vittima e smontando una per una le accuse che gli erano state mosse .




Dopo aver ricordato come Butta fu accusato di aver inviato da Ginevra una lettera di minacce a re Umberto I e poi assolto, i giornalisti della "Nuova" aggiungono: «Non aveva altro torto che quello di professare liberamente, alla luce del sole, le proprie idee: torto tanto più grave in quei tempi della bieca reazione». E ancora: richiamato alle armi dopo la leva come sergente, «al comando fu presentato come un sovversivo pericoloso, processato e degradato: ma bisogna aggiungere, per la verità, che egli non se ne accorò… tanto». Anche da qui i nuovi viaggi all'estero: ancora in Svizzera e poi a New York, prima di Parigi.
Nato a Sassari il 26 luglio 1877, il cronista-garibaldino era figlio di un funzionario statale, Giovanni Battista Butta, e di una casalinga, Domenichina Mundula, anche loro sassaresi, nonostante l'origine del padre rimandi ad altre regioni. Se non per parte di madre, è difficile che oggi risiedano ancora nell'isola suoi parenti. Negli elenchi telefonici della Sardegna non risultano Butta. Alcuni discendenti di differenti ceppi dei Mundula, contattati nelle zone settentrionali dell'isola, hanno detto di non aver mai sentito parlare di lui, mentre altrove vivono all'incirca 250 famiglie con questo cognome, sparse in tutt'Italia, dal Nord sino alla Sicilia.
Ernesto Butta, comunque, studiò nella città natale e poi a Nuoro e in Piemonte, dove conseguì la licenza liceale, prima di tornare a Sassari e iscriversi all'università mentre lavorava alla "Nuova". Nel 1915 il giornalista aveva lasciato a Roma un fratello più giovane, Ettore, classe 1890, impiegato delle Poste, e una moglie, Ernesta Contini, nipote dell'attore del cinema muto Dillo Lombardi, allora notissimo. Di quest'ultimo suo periodo "La Nuova" scrive: «All'epoca corrispondente del Giornale di Sicilia e della Patria degli italiani di New York e redattore della Regione, emerse come polemista forte e come brillante resocontista. Ebbe duelli e processi». Appunto dopo una condanna a 10 mesi per diffamazione, Butta arriva in Francia. Si arruola tra i garibaldini. E lì trovverà nelle Argonne quella che il suo primo giornale, “La Nuova”, descrive come "la bella morte". (pgp) 
 
 

27.12.14

Isis, 14enne con cintura esplosiva si costituisce: «Non voglio morire» Usaid Barbo, arruolato in una moschea siriana, doveva attaccare in Iraq


da http://www.corriere.it/esteri/14_dicembre_27/


Isis, 14enne con cintura esplosiva si costituisce: «Non voglio morire» Usaid Barbo, arruolato in una moschea siriana, doveva attaccare in Iraq: «Mi hanno detto che gli sciiti sono infedeli, ma loro uccidevano degli innocenti»

di Redazione Online





Un giovane siriano di 14 anni appartenente allo Stato islamico (Is), Usaid Barbo, si è consegnato alle autorità irachene, mentre con indosso una cintura esplosiva era pronto a farsi esplodere in una moschea sciita di Baghdad. Usaid, che al momento è detenuto dall’intelligence irachena in un luogo top secret, ha defezionato dall’organizzazione che fa capo ad Abu Bakr al-Baghdadi poco prima di commettere una strage nel sobborgo di Baiya, come gli avevano ordinato i jihadisti.








«Non voglio farmi esplodere»


«Ho aperto la giacca e ho detto: “Ho una cintura da kamikaze, ma non voglio farmi saltare in aria”», ha raccontato il giovane al New York Times, ricordando gli attimi in cui si è consegnato alla polizia di Baghdad. Gli agenti lo hanno subito immobilizzato e spogliato dalla cintura, cercando allo stesso tempo di tenere a bada la folla che si era raccolta intorno all’aspirante kamikaze.

«Credo nell’Islam, mi hanno detto che gli sciiti sono infedeli»


Usaid era stato reclutato dall’Isis in una moschea di Manjbi, vicino ad Aleppo, una zona conquistata dai jihadisti dopo furiosi combattimenti con i ribelli. «Mi hanno convinto ad unirmi al califfato», ha raccontato, spiegando di averlo fatto perché «credeva nell’islam». «Mi hanno inculcato l’idea che gli sciiti fossero degli infedeli e che avremmo dovuto ucciderli», ha aggiunto il giovane. Nelle settimane successive Usaid ha vissuto tra i militanti dell’organizzazione, vivendo in prima persona i crimini dell’Isis. E’ qui che ha iniziato a vedere con occhi diversi quelli che all’inizio riteneva difensori dell’islam.

«Mi hanno insegnato cose diverse, uccidevano innocenti»


«Ho notato cose che erano differenti da quello che insegna l’islam», ha dichiarato il giovane, citando come esempio le «severe punizioni» inflitte a chi veniva sorpreso a fumare nei campi di addestramento per miliziani. Usaid ha spiegato che con il tempo era cresciuto il suo malcontento verso il gruppo terroristico, soprattutto per il «modo in cui uccidevano gente innocente».

«Se mi fossi fatto miliziano non avrei potuto arrendermi»


Alla fine dell’addestramento è stato portato in Iraq, dove gli è stato imposto di scegliere se diventare un combattente o un kamikaze. «Ho scelto di essere un attentatore suicida», ha dichiarato Usaid, spiegando che quella scelta era parte di un piano per defezionare dall’Isis. «Se fossi stato un miliziano e avessi provato ad arrendermi, le forze di sicurezza forse mi avrebbero ucciso, vedendomi con una pistola in mano», ha concluso.

La famiglia


Ora Usaid è in stato di arresto, ma ha già chiesto di potersi riunire alla sua famiglia in Siria. Il suo destino è ancora incerto, anche se il portavoce del ministero dell’Interno, Saad Maan, l’ha definito una vittima dell’Isis. Gli ufficiali dell’intelligence che lo stanno interrogando hanno sottolineato che si opporranno a una richiesta di rinvio a giudizio per Usaid perché con la sua scelta «ha salvato delle vite umane

il camerie italiano al servizio di hitler

 per  ricollegarmi  al termine rispetto e  alle  sue mancanze   di cui  ho  accenato più
 volte  in questo blog  ultimamente   raccontando  la  vicenda  del  "selfie" contro l'omofobia di Viviana Bruno   in maniera  da  rispondere  a chi mi dice    << cosa intendi per  rispetto >> ecco  qui questa  storia  predsa  da    http://blog.quotidiano.net/colella/2014/12/26/

Il cameriere italiano al servizio di Hitler

 26 DICEMBRE 2014
colella017

Addossata alle falde di una imponente cresta rocciosa sorge Villa Santa Maria, un piccolo paese in provincia di Chieti meglio conosciuto come la Patria dei Cuochi per via della rinomata scuola alberghiera. Ma tra tanti cuochi qui è vissuto anche un cameriere che ha lavorato in piena seconda guerra mondiale in Germania  al famoso Nido delle Aquile prima e poi a Norimberga, servendo a tavola l'uomo più discusso del Novecento ovvero Adolf Hitler.  Salvatore Paolini, nato il 26 luglio del 1924, è deceduto all'età di 86 anni. Di seguito una breve intervista che mi rilasciò quando era ancora in vita.IL  pomeriggio autunnale è riscaldato da un tiepido sole. La fitta vegetazione, l'aria pura e le diverse legnaie rimandano alle descrizioni di paesaggi bucolici. La villa del signor Paolini è poco distante dal centro del paese. Alle 16 in punto come da appuntamento un anziano signore dal volto aggrottato e in abiti formali mi attende dinanzi al cancello. Dopo le dovute presentazioni mi fa entrare nella sua villa immersa nel verde facendomi notare i vari monumenti dedicati alla moglie e poi mi fa accomodare in salotto mostrandomi da subito un documento che attesta la sua onorificenza a Cavaliere della Repubblica. I suoi occhi all'inizio stanchi sembrano man mano ravvivarsi all'udire la mia voce giovanile. Difficilmente riesce a rispettare i tempi e i modi dell'intervista. Preferisce andare a ruota libera ed io non posso fare altro che assecondarlo.
Signor Paolini come è arrivato ad essere il cameriere di Hitler?
Innanzitutto voglio precisare che io non ero il cuoco del Fuhrer bensì il cameriere o meglio uno dei camerieri. Nella mia vita ho sempre lavorato. Da ragazzo dopo aver terminato le scuole elementari ho iniziato a lavorare in un albergo di Villa S.Maria (CH). Poi per ragioni economiche, in quanto volevo guadagnare di più, mi sono spostato a Roma dove ho prestato serviziodal Principe Colonna. Qualche mese dopo sono andato a lavorare all'Hotel Diana di Roma frequentato di sovente da ufficiali tedeschi i quali mi hanno offerto un lavoro in Germania dove sicuramente il guadagno era elevato anche perché il marco era ben quotato. Così sono andato in Germania a fare il cameriere in un albergo o meglio un centro di cure termali a Bad Mergenthein. Lì ho conosciuto il direttore del Platterhof che mi ha chiesto se volevo andare a lavorare al famoso Nido delle Aquile. E così sono andato anche se prima mi hanno rilasciato un certificato di appartenenza alla razza ariana. Dei carabinieri sono andati nel mio paese da mio padre a prendere  informazioni   sulla mia famiglia e soprattutto sui miei ascendenti nella speranza che non vi fosse alcun antenato ebreo. Così dopo i dovuti accertamenti mi hanno consegnato l'ausweiss ovvero il lasciapassare e sono approdato a Obersalzberg vicino Berchtesgaden nelle alpi bavaresi. Io non sapevo chi avrei incontrato !
Quando ho iniziato a lavorare al Nido delle Aquile ero l'unico cameriere italiano. Servivamo sempre in piatti d'argento e soprattutto con i guanti. Ho servito Hitler diverse volte senza dimenticare che spesso venivano anche altri gerarchi come Goering, Himmler, Bormann, Kesserling, Rosenberg e tanti altri.
- Come ricorda il Fuhrer?
Io da sempre sono un grande ammiratore del popolo tedesco. Hitler per me almeno da un punto di vista privato posso dire che non era affatto arrogante ma piuttosto gentile nei modi ma anche nelle parole. Lui quando veniva già sapeva cosa avrebbe mangiato. Preferiva verdure verdi e patate. Non l'ho mai visto mangiare carne. Era un goloso di torte con la panna montata. Tutte le volte che mi avvicinavo per porgergli la pietanza non mi faceva mai mancare il danke (grazie) ed aveva sempre il sorriso sulle labbra non solo con i suoi commensali ma anche con me e gli altri camerieri. Non l'ho mai sentito alzare la voce. Non era crudele come spesso veniva presentato al di fuori del suo ambiente. 
 Che rapporto ha avuto con gli altri colleghi di lavoro? 
Mi volevano tutti bene perché quando eravamo insieme io non ho mai fatto commenti sulle questioni politiche ma solo lavorare. Ognuno stimava l'altro per il proprio lavoro.
- Quanto tempo è rimasto al Nido delle Aquile?
Esattamente dal 10 ottobre 1942 al 4/2/ 1943.
- In quei mesi ha assistito a qualche episodio particolare?
Solo una volta come ho avuto modo di dire già in altre interviste ho sentito Bormann che alludendo a Goering che non era più nelle grazie di Hitler, mentre quest'ultimo mangiava un piatto di prosciutto al forno con contorno di piselli ,esclamare: "ich wuBte nicht dass das Schwein sein eigenes Fleisch iBt" (tradotto significa: non sapevo che il maiale mangiasse la propria carne).
- Avrebbe immaginato di incontrare di nuovo  Hitler a Norimberga?
Si, in quanto il direttore dell'albergo di Norimberga (Hotel Deutschr Hof Wohnung des Fuhrers) già sapeva che avevo lavorato al Nido delle Aquile. A Norimberga sono rimasto dal 43 fino al 25/4/1945. Lì avevo la mia stanza con il letto di piume e addirittura il telefono in camera. Quando nel 45 l'hotel venne bombardato, io mi ricordo che rimasi tre giorni consecutivi sotto il rifugio. Quando poi sono uscito fuori già non si capiva più nulla anche in Germania. Non sono potuto rientrare in Italia con tutto quel disordine. Allora non ho fatto altro che rifugiarmi in una tenuta tra la Germania e l'Olanda in quanto non potevo più rimanere a Norimberga perché ero in pericolo di vita. Non si poteva andar via quando si voleva, Così sono stato alle dipendenze della signora Krostmann, il cui marito era in servizio militare per cui conduceva lei da sola l'azienda che era molto grande. Ero addetto all'allevamento di vacche, cavalli ecc.. Mi sono dovuto adattare. Non sapevo come fare e dovevo aspettare tempi migliori per tornare in Italia. 
- QUANDO è rientrato in Italia ?
Pochi mesi dopo mi sono recato in Francia  a Nimes. Da qui è stato più facile rientrare in Italia. A Roma ho preso un corriera fino ad Agnone dove un contadino con un mulo mi ha accompagnato fino a Villa Santa Maria.
-  Che impressione ha avuto del nostro paese?
C'era solo gran disordine. Lavoro non se ne trovava , bisognava arrangiarsi alla giornata. Quando poi le cose si sono stabilizzate sono ritornato in Germania accompagnato da mio nipote. Ho riportato il mio baule con i vestiti e tutto quello che avevo lasciato. Rientrato a Villa S. Maria dopo qualche mese ho trovato lavoro a Roma nei più G  grandi  e lussuosi alberghi della capitale, ma non solo sono stato anche in Venezuela, a Venezia ecc.. ritrovandomi a servire ancora personaggi noti come Churchill, Primo Carnera, il Presidente Leone ecc…
- So che in seguito ha amministrato Villa Santa Maria per venti anni essendo stato rieletto sindaco per quattro volte. Cosa ha fatto in quegli anni?
Mi sono messo a lavorare per riportare su il mio paese. Ho costruito strade, la biblioteca comunale ma soprattutto ho fondato la scuola alberghiera vanto dei migliori Chef. Ho apportato la mentalità del popolo tedesco anche a Villa Santa Maria.
Con l'ordine e la disciplina ho amministrato al meglio questo paese. Tra le altre cose ho fatto costruire diverse abitazioni e una centrale elettrica. E poi tante altre opere a favore di questa gente.
- Alla   fine  è stato più difficile servire Hitler o amministrare questo paese?
Sono state due esperienze belle ma diverse. Comunque ho sempre agito rispettando un codice morale. Il cameriere per me dovrebbe essere ancora oggi maggiormente rispettato. Nella vita conta non soltanto mangiare ma anche chi ti serve a tavola!

26.12.14

La "selfie" contro l'omofobia di Viviana Bruno


Leggendo la  newsletter  di  www.nocensura.com   ho  trovato    questo articolo

giovedì 25 dicembre 2014

Lo sfogo-appello di Viviana, affidato al suo profilo Facebook e divenuto "virale". Il post è la replica a decine di commenti offensivi e omofobi pubblicati su una pagina.

Sono  andato alla fonte  originale  ed  ecco  il comunicato  


Viviana Bruno Meladailabrianza
22 dicembre alle ore 21.14 ·


Potete insultarmi e dirmi che sono una meticcia, un'invertita, una malata. Potete chiedermi di scoppiare, annegare, bruciare viva. Potete chiedermi di espatriare, di farmi curare, di stare lontana dai bambini e di non infettarvi. Potete dirmi che faccio schifo, che sono troia, sono cose che non mi toccano, ma una cosa non vi permetto di dire: Vergognati. IO NON MI VERGOGNO DI ESSERE OMOSESSUALE!! Io mi vergogno di abitare un paese fatto di mafia, camorra, di crisi di valori, ...di politica corrotta, di ladri, di gente che riempie la propria bacheca di gattini e foto con i figli di fianco all'albero di natale e che poi augura a me di morire in una camera a gas, come il loro idolo mandava a morire le persone. Mi vergogno dell'omertà, mi vergogno di quelle che dovrebbero essere le nostre forze dell'ordine. Mi vergogno di far parte di un paese che è lontano anni luce dall'Europa. Mi vergogno perché, quel senso di appartenenza lo troviamo solo durante i mondiali, per il resto, tutti ci dimentichiamo di tutto. Mi vergogno perché non si sa più educare le generazioni future, mi vergogno per Aldrovandi, Cucchi, il G8 di Genova. Mi vergogno di "mafia capitale",di un paese che va avanti di truffe e mazzette. E scusatemi se è poco!! Io continuerò a metterci la faccia, per me, per voi, per cambiare le cose! Perché in Italia essere omosessuali è ancora difficile e rivendicare i propri diritti diventa fondamentale più che mai. Perché il diritto ad amare, ad avere una famiglia, sono diritti fondamentali dell'essere umano, che se negati, negano l'individuo stesso. Io però non mollo, credo nel cambiamento e nell'importanza della conoscenza diretta. ‪#‎insieme‬‪#‎lecosecambiano‬‪#‎SEMPRE‬‪#‎iononmiarrendo‬ ps: si, quello è smalto!


Ora   io   che  non biasimo ,   pur  pensandola  diversamente  da loro  sull'omosessualità e  sul mondo transgender








alcuni contenuti  dei no  al matrimonio gay ,  all'educazione  gender  (  perchè  non è  modo  quello  d'insegnasrlo nelle  scuole  ) , alla maternità  a  tutti i costi  o surrrogata , ecc   
Ma  non i è  ccon gli insulti   , soprattutto pesanti  e razzistici  ( vedere  articolo  sotto  preso da 
 http://www.lezpop.it/   )

“Mi vergogno di essere italiana, ma fiera di essere omosessuale” e si scatenano i commenti omofobi e l’incitamento all’odio


Viviana Bruno è la portavoce del gruppo LGBT Meladailabrianza, attivo sia sul territorio brianzolo che sui social. Il 23 settembre 2013, nel bel mezzo della discussione sulla legge contro l’omofobia, Viviana Bruno pubblicò questa foto:
viviana-bruno
Con una didascalia, in cui esprimeva il suo disappunto nei confronti del disegno di legge Scalfarotto approvato alla Camera. Ebbene, qualche giorno fa, la pagina Facebook, No ai matrimoni gay, ha ripostato la foto, scatenando una serie di commenti che definire omofobi sarebbe un eufemismo.
contro-viviana
Si tratta, infatti, di un vero e proprio incitamento all’odio, “Vai all’altro mondo! Scoppia!”, “Puoi sempre andare fuori dai coglioni” e via discorrendo. Commenti che vanno ben oltre l’offesa, già di per sé intollerabile.
contro-viviana-03
Il nostro invito, di chi si indigna di fronte alla violenza verbale, di qualsiasi tipo, di chi vorrebbe un’Italia migliore, civile, in cui ci fosse spazio per tutti, è quello di segnalare a Facebook la pagina in questione affinché venga chiusa ora e per sempre.
contro-viviana-10
Ci abbiamo provato già altre volte a far chiudere la pagina No ai matrimoni gay, ma questa volta hanno passato il segno. L’unica arma che abbiamo, allora è riempire Facebook di segnalazioni, riempirlo fino a che i “controllori” del social network che si picca di essere LGBT friendly si rendano conto che certi tipi di contenuti NON possono essere tollerati, in nessun modo. Neanche quando gli aguzzini si mascherano da agnelli. E allora, care lettrici e lettori, tutti in massa, andiamo a segnalare questa pagina che non insulta solo noi omosessuali, insulta l’intelligenza umana. Tutta.

E'  per  gli insulti     per il suo orientamento sessuale  sia  che lo esprimono dopo  un lungo travaglio interiore  con il Coming  Out   o lo manifestano direttamente , ma  anche    alle  persone   che non condividono il loro punto di vista , che ho segnalato  a facebook   la pagina https://www.facebook.com/pages/No-Ai-Matrimoni-Gay/619058594797492  .  Ora alcuni voi   mi diranno : <<  ma  potevi almeno  farlonotare  al moderatore \  curatore  dela pagina >> . Certo   ho fatto  come Chiara  << Ho segnalato la pagina e scritto un messaggio molto pacato all’ideatore, facendogli notare che quelle parole incitano all’odio ed alla discriminazione..ebbene, mi ha risposto riempiendo la chat con immagini e parole di insulto nei miei confronti, spiegando che non gliene importava nulla..gli ho scritto che immaginavo delle risposte così intelligenti e l’ho segnalato come Spam  >> autrice    di uno dei tanti commenti  all'articolo    di  http://www.lezpop.it/ sopra  citato 

Invito quindi  tutti\e  i  contro  l'attivismo  Lgtb , pur non condividendone  completamente  il pensiero , oltre  al rispetto  ed   a  fare   quanto dice  Stefano Zecchi  in questa intervista   sul  quotidiano avvenire  perchè  come  dice ,  uno  dei  commenti  più belli   lasciati sulla  pagina fb  di Viviana , Roberto Berruti  << Vorrei aggiungere una riflessione personale: la mia visione è che il mondo non è diviso tra etero omo o bi o transgender... Il mondo è fatto di persone. Ed è fatto per funzionare con l'amore. La violenza della prevaricazione , dell omologazione per combattere la paura della diversità , la rassicurante sensazione che viene dall illudersi di essere tutti a pensarla bello stesso modo...tutto ciò genera paura ... Etero che hanno paura dei gay, gay che detestano la fisicità etero, trans che esaltano la loro ambiguità , bisex che fanno da raccordo restando spesso incartati... E tutto ciò genera paure e distanze , rende meno "persone di amore"... L' amore non ha colore ne genere ... Oggi siamo ancora specie in Italia in situazioni in cui darsi un bacio per strada può generare più reazioni che darsi uno schiaffio. Basta !!!!  La paura è il contrario dell amore !!! >>

P.s
Cari fans    \ lettori  telematici  , accusatemi puree  d'essere  anti illiberale  e poco democratico  . Ma  la democrazia   vera  parte dal rispetto   della persona e  della sua "  diversità " sessuale, etnca , culturale  , religiosa ,fisica  ,  ecc





"miracolo" a natale Bambina derubata dei regali di Natale, i poliziotti glie e portano uno e altre storie di natale

Lo so che voi lettori di destra o conservatori vi inc... erete per il titolo e le categorie \ tag , ma sono sarcastico ed ironico perchè non ho mai letto sui media  forse perchè la generosità viene nascosta perchè : << non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra ( Dal Vangelo secondo Matteo 6,1-6.16-18 )  >> .    Se   nel caso    voi simpatizzanti  o imparentatati con le  forze  dell'ordine   ,  oppure  qualcuno\a  di loro   si dovesse  offendere   chiedo scusa   ,  e  se  non bastasse  me lo faccia sapere  che  cambio il titolo  .

Ma  ora  basta polemiche   e  veniamo al post  vero e proprio ma  prima    sparatevi questa


Guns N' Roses - Don't Cry di wwgirlmariana

la  prima storia    da  http://iltirreno.gelocal.it/prato/cronaca/2014/12/25/    le  altre  due  dal  web magazine http://www.caffeinamagazine.it/

la  prima


Prato, gli agenti delle volanti hanno fatto un sopralluogo nell'abitazione di Galciana svaligiata alla vigilia e sono tornati il giorno dopo con un peluche per far contenta la figlia del padrone di casa: "Non so nemmeno come si chiamano, ma sono ragazzi splendidi"



la bambina prende il peluche dall'auto dei carbinieri
Prato
Piangeva disperata, la figlia di Simone Bessi, quando ha scoperto che i ladri le avevano portato via i regali da sotto l'albero alla vigilia di Natale, ma sono passate poche ore e le lacrime di Camilla, 11 anni, si sono trasformate in un sorriso di fronte agli agenti di polizia, gli stessi che la sera prima avevano compiuto il sopralluogo nella casa svaligiata, che sono tornati a portarle il loro personale regalo, un pupazzo a forma di asinello. Una bella storia di Natale ambientata a Galciana, in via Andrea Costa. Anche Simone, il padre della bambina, ha la voce incrinata dall'emozione quando la racconta al telefono per ringraziare gli agenti delle volanti. "Non so nemmeno come si chiamano - dice - ma sono ragazzi veramente splendidi"."Per me e soprattutto per mia figlia è stata davvero una bella sorpresa - spiega Simone Bessi - Stamattina eravamo davvero abbattuti. Il furto è avvenuto ieri sera (il 24 dicembre, ndr). Io e la mia famiglia siamo usciti intorno alle 19,10 e siamo rientrati alle 19,45. Beh, ai ladri questo poco tempo è bastato per sfondare la porta d'ingresso, entrare in casa e rovistare dappertutto. Hanno avuto anche il tempo di scegliere che cosa portare via: soprattutto gioielli, ci hanno preso i ricordi di una vita, sono spariti perfino il mio giubbotto e quello di mia moglie. Ma la cosa peggiore è che hanno preso tutti i regali che avevamo messo sotto l'albero, compresi quelli per mia figlia, che c'è rimasta molto male".



il peluche  donatogli dagli agenti 
Facile immaginare il clima di sconforto che è calato nell'abitazione, mentre i coniugi Bessi si davano da fare per mettere a posto le stanze devastate dai ladri. E' stato un risveglio amaro quello della mattina di Natale nella casa di via Andrea Costa. Intorno alle 16, però, ecco la bella sorpresa. Tre volanti della polizia si sono fermate davanti alla casa della famiglia Bessi, gli agenti hanno chiamato fuori il padre di Camilla e gli hanno spiegato che erano venuti a portare un pensiero per risarcire in qualche modo la bambina della delusione del giorno prima. Poi hanno chiamato fuori anche la figlia e le hanno fatto trovare un peluche a forma di asinello (ricorda vagamente la mascotte del Napoli) sul sedile di una delle due volanti. Lei ha sgranato gli occhi e ha ringraziato. Questo Natale, per un motivo o per l'altro, non lo scorderà facilmente.



Jane, 22enne britannica, è madre di due gemellini di appena due anni. Ma Lewis, uno dei due piccoli, è morto a causa di una malattia fulminante a pochi giorni dal suo compleanno. È accaduto in Inghilterra. Il piccolo si è ammalato improvvisamente pochi giorni dopo il suo compleanno e dopo tre giorni in ospedale è morto, per cause ancora da accertare. "I medici - spiega Jane - ci hanno detto che se lo avessero tenuto in vita avrebbe avuto un'invalidità del 99 per cento, così lo abbiamo lasciato andare. Ma siamo distrutti".


I genitori del piccolo hanno deciso allora di donare i giochi che avevano acquistato per Lewis agli altri bambini per Natale. "So che sarebbero piaciuti a mio figlio e anche gli altri bambini li apprezzeranno".

  La  terza  è storia di una vita che comincia come non te l'aspetti  nella  sua imprevvedibilità  : in autostrada grazie a due poliziotti. La racconta La Gazzetta del Mezzogiorno ed è successa tra

25.12.14

s'arrende alla crisi e per vivere si prostituisce e poi dice che è colpa dello stato se lei è costretta a fare questo

Musica  consigliata Mi vendo - J-ax feat Riky  (lyrics video)
  
 episodio simile

http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.it/2013/11/nuda-sul-web-per-pagarmi-gli-sfizi.html

Mentre  in sotto fondo  c'è   All Summer Long - Kid Rock  . Ora    la canzone  ed   il Il racconto che  trovate  sotto   mi  hanno fatto  ritornare  in mente uno stralcio, nel   colegamento trovate la citazione  per  intero  di un famoso  film <<  Credo che non sia giusto giudicare la vita degli altri perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri. >> ( cit  cinematografica )  .
 Ora    la canzone  ed   il Il racconto che  trovate  sotto   mi  hanno fatto  ritornare  in mente uno stralcio, nel   colegamento trovate la citazione  per  intero  di un famoso  film <<  Credo che non sia giusto giudicare la vita degli altri perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri. >> ( cit  cinematografica )  .
Esso è  il racconto   di una donna di 39 anni, di famiglia benestante, costretta dalle circostanze a rimettersi in gioco. "Ho cercato di tutto ma è stato impossibile trovare un lavoro dignitoso che ti consentisse di vivere decentemente. Non mi vergogno di me stessa. Mi sento piuttosto vittima di uno Stato che non fa nulla per affrontare la vergognosa piaga della disoccupazione",servizio di MARINA CAVALLIERI. montaggio di MARZIA MORRONE 
Ora lo so  che   non è bello  giudicare e  pontificare  ma  questo è uno dei   casi  i  cui  non riesco  Perchè  ha  scelto la  via  più semplice  per  vivere  e sopravvivere    . E  voi  che  idea  vi siete fatti  ?








«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...