Leggo e concordo ( non sapevo che il termine frst lady fosse maschilista \ sessista ) a Lorenzo Tosa che << Non sapendo più come prendersela con Zohran Mamdani, le orde di miserabili odiatori si sono riversate sul nuovo obiettivo: Rama Duvaji, 28 anni, tra e dopo le mille altre cose notevoli, moglie del neo sindaco di New York.In queste ore stanno riversando su questa donna una centrifuga spaventosa di sessismo, misoginia, islamofobia, body shaming violentissimo.“Mariangela di Fantozzi?”“Viene fuori da un centro sociale?”Dai che tra poco a Wall Street contratteranno i prezzi dei cammelli”.“Sarà la schiava di questo talebano malefico “Fa pandan con il bidone a fianco”. Solo per citare quelli pubblicabili. [...] Ma, per favore, non chiamatela “first lady”, come già sta facendo in
modo insopportabilmente sessista tre quarti della stampa italiana e mondiale.Rama Duvaji e la sua arte esistono prima di Mamdani e a prescindere da lui. Anzi, loro due insieme, uno a fianco all’altro, non davanti né dietro, in questo momento storico rappresentano un neo pericoloso e meraviglioso al trumpismo e al nazionalismo dominante, dimostrando che esiste - e può esistere anche al potere - un’America diversa, giovane, multietnica, progressista, non bianca, non convenzionale.Rama Duvaji rappresenta tutto ciò che il trumpiano-salviniano medio detesta.Ah, e, per inciso, se proprio insistete, è pure bellissima. Ma pretendere che un trumpino lo capisca, mi rendo conto, è chiedere troppo.>> Infatti tali persone , proprio ,non riescono ad accettare che sia una donna di successo prima e a prescindere dall’exploit di Mamdani, al quale ha dato per altro un contributo decisivo. È stata lei a creare la campagna visual e social ormai già diventata mitica e che avrà epigoni e imitatori in tutto il mondo. Poveri piccoli esseri che per sopportare la loro vita miserabile hanno bisogno di riversare odio verso chi invece vive una vita degna di essere vissuta.infatti Un attacco come quello a Rama Duvaji non racconta nulla di lei e tutto del livello miserabile di chi lo porta avanti. Quando una donna giovane, competente, libera, multiculturale e autorevole entra nello spazio pubblico senza chiedere permesso, il riflesso dei mediocri è sempre lo stesso: provare a riportarla nel recinto degli stereotipi. Sessismo, razzismo, islamofobia, body shaming… è il solito arsenale di chi non ha argomenti ma pretende di fare politica insultando. La verità, che a molti brucia, è che la storia di Rama e Mamdani incrina una narrazione tossica: mostra che esiste un’America capace di includere, innovare, cambiare pelle. Una coppia che non recita il copione patriarcale; una campagna elettorale costruita con creatività, idee e coraggio; una visione che rompe la bolla bianca e nazionalista che certi ambienti vorrebbero eterna. Ora Il punto è semplice. Rama Duvaji non è un accessorio. È una protagonista. Una professionista che si è guadagnata tutto quello che ha con talento e lavoro, non con il cognome di un uomo. Ed è proprio questo che scatena il livore degli odiatori: non riescono a tollerare che la politica possa essere diversa da quella fatta di clan familiari, leaderismi maschili e slogan da salotto televisivo.Chi la attacca soprattutto in questo modo rivela solo la propria paura. Paura di perdere un mondo costruito sulla supremazia di uno standard: bianco, maschio, etero, nazionalista, conservatore. Un mondo che scricchiola sempre di più. Questa vicenda, al netto della miseria umana degli insulti, è un segnale positivo. Vuol dire che il cambiamento non lo stanno solo raccontando. Lo stanno incarnando. E chi vive di odio, quando la realtà si muove davvero, resta sempre un passo indietro.
modo insopportabilmente sessista tre quarti della stampa italiana e mondiale.Rama Duvaji e la sua arte esistono prima di Mamdani e a prescindere da lui. Anzi, loro due insieme, uno a fianco all’altro, non davanti né dietro, in questo momento storico rappresentano un neo pericoloso e meraviglioso al trumpismo e al nazionalismo dominante, dimostrando che esiste - e può esistere anche al potere - un’America diversa, giovane, multietnica, progressista, non bianca, non convenzionale.Rama Duvaji rappresenta tutto ciò che il trumpiano-salviniano medio detesta.Ah, e, per inciso, se proprio insistete, è pure bellissima. Ma pretendere che un trumpino lo capisca, mi rendo conto, è chiedere troppo.>> Infatti tali persone , proprio ,non riescono ad accettare che sia una donna di successo prima e a prescindere dall’exploit di Mamdani, al quale ha dato per altro un contributo decisivo. È stata lei a creare la campagna visual e social ormai già diventata mitica e che avrà epigoni e imitatori in tutto il mondo. Poveri piccoli esseri che per sopportare la loro vita miserabile hanno bisogno di riversare odio verso chi invece vive una vita degna di essere vissuta.infatti Un attacco come quello a Rama Duvaji non racconta nulla di lei e tutto del livello miserabile di chi lo porta avanti. Quando una donna giovane, competente, libera, multiculturale e autorevole entra nello spazio pubblico senza chiedere permesso, il riflesso dei mediocri è sempre lo stesso: provare a riportarla nel recinto degli stereotipi. Sessismo, razzismo, islamofobia, body shaming… è il solito arsenale di chi non ha argomenti ma pretende di fare politica insultando. La verità, che a molti brucia, è che la storia di Rama e Mamdani incrina una narrazione tossica: mostra che esiste un’America capace di includere, innovare, cambiare pelle. Una coppia che non recita il copione patriarcale; una campagna elettorale costruita con creatività, idee e coraggio; una visione che rompe la bolla bianca e nazionalista che certi ambienti vorrebbero eterna. Ora Il punto è semplice. Rama Duvaji non è un accessorio. È una protagonista. Una professionista che si è guadagnata tutto quello che ha con talento e lavoro, non con il cognome di un uomo. Ed è proprio questo che scatena il livore degli odiatori: non riescono a tollerare che la politica possa essere diversa da quella fatta di clan familiari, leaderismi maschili e slogan da salotto televisivo.Chi la attacca soprattutto in questo modo rivela solo la propria paura. Paura di perdere un mondo costruito sulla supremazia di uno standard: bianco, maschio, etero, nazionalista, conservatore. Un mondo che scricchiola sempre di più. Questa vicenda, al netto della miseria umana degli insulti, è un segnale positivo. Vuol dire che il cambiamento non lo stanno solo raccontando. Lo stanno incarnando. E chi vive di odio, quando la realtà si muove davvero, resta sempre un passo indietro.
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