8.11.10

anche le ultime posizioni non sono da buttar via Filippo Candio 4 ai mondiali di poker

  Peccato  . Ma  pazienza  il il primo degli  Europei e  il primo italiano dopo 40 anni che arrivava cosi avanti in un  torneo internazionale di Poker 
 
Unione sarda  del 8\11\2010
 
Si è interrotto a un passo dal podio il sogno di Filippo Candio  ( foto in  alto  a centro )  di vincere la finale del WSOP, il campionato mondiale di poker specialità Hold'em che si sta disputando in queste ore a Las Vegas. Il ventiseienne cagliaritano è uscito per mano dell'americano Joseph Cheong dopo circa dodici ore di gioco.
L'ULTIMA MOSSA Sono le dieci del mattino in Italia quando Candio va in all in (scommettendo tutto il suo monte chips) e scopre le sue due carte, un kappa e una donna. Istantanea la risposta di Cheong, che mostra invece un asso e un tre, sufficienti a estromettere l'italiano dalla finale. Filippo porta a casa tre milioni e novantamila dollari, equivalenti a due milioni e duecentomila euro, diventando così il giocatore italiano ad avere vinto più di tutti in carriera.
IL COMMENTO Le sue parole a caldo sono state esclusivamente di soddisfazione, perché - bisogna ricordarlo - si è trovato di fronte ai più forti professionisti in circolazione, unico europeo in gara e primo italiano nella storia a essere arrivato fino a questo punto: «Sarei un ipocrita se non ammettessi che ho creduto davvero di poter andare avanti, ma sono comunque estremamente orgoglioso di aver dato tutto quello che potevo, sicuro di aver regalato qualche emozione a chi mi seguiva da casa», dice al telefono a pochi minuti dall'eliminazione.
I FANS Di questo può esserne certo, non fosse altro perché il blog della rete televisiva che ha trasmesso in Italia l'evento (Poker Italia 24), è stato sommerso per tutta la notte da migliaia di messaggi da parte di tifosi di ogni angolo del paese. Messaggi di complimenti che, durante la giornata di ieri, hanno intasato anche la pagina di Facebook del campione sardo, a dimostrazione che la sua partecipazione al torneo ha rinvigorito il movimento pokeristico nazionale che, di per sé, gode già di un'ottima forma.
IL SUO GIOCO Candio ha iniziato il tavolo finale con un atteggiamento estremamente solido, come più volte ricordato dai commentatori durante la trasmissione. È entrato nelle mani importanti solo quando si è trovato carte alte, asso-asso o asso-kappa, mantenendo una posizione in classifica che gli ha sempre garantito totale tranquillità. Con il passare del tempo, e con i primi avversari eliminati, ha saputo tuttavia mostrare un gioco più offensivo, che è poi quello che più gli si addice. Spettacolare una mano con il giocatore americano Michael Mizrachi, alla vigilia uno dei più quotati dai bookmakers, dove Filippo è stato autore di un bluff che ha costretto l'antagonista ad abbandonare la posta in gioco, dopo avergli fatto credere di avere carte alte che, successivamente, si sono rivelate tutt'altro che tali, scatenando un boato tra il pubblico e conquistando la simpatia dei tifosi meno che, ovviamente, quella di Mizrachi, visibilmente contrariato e scosso. Il tutto sempre in diretta mondiale. Curioso l'episodio anche perché, durante i lunghi minuti che hanno segnato questa mano, dal pubblico si sono udite chiaramente espressioni piuttosto colorite rivolte dai sostenitori di Candio allo stesso Mizrachi, in perfetto dialetto cagliaritano e che, per ovvie ragioni, è più elegante non riportare. Il video dell'episodio, comunque, è già stato inserito nel portale di Youtube e, a ieri, poteva contare su diecimila visualizzazioni.
LA NUOVA ERA Ora per Filippo Candio si apre una nuova vita, ancora più esigente dal punto di vista professionale. Sarà chiamato a partecipare, come ospite d'onore, a decine di tornei internazionali, pressato dagli sponsor e dalle tante richieste di interviste che in queste ore, fa sapere, lo stanno «sommergendo».
DANIELE GAMBERINI

6.11.10

Governo, doppia moralesu prostituzione ed escort Per strada è reato In villa no?

IL decreto Carfagna sulla prostituzione  inserito  nel decreto sicurezza varato in questi giorni     crea giustamente  un vespaio di poolemiche   con l'opposizione soprattutto  per alcuni contenuti   coem  il foglio di via per chi si prostituisce per strada. Fra le prime reazioni  quello della senatrice radicale Poretti: «Creano un reato contro se stessi? No. Per strada sono prostitute, in villa escort». Livia Turco: «Maroni espelle anche prostitute di lusso? ». Il decreto  è stato annunciato con grande  enfasi  dallo  stesso  Berlusconi in persona
 







– in apparenza incurante del caso Ruby e delle escort e dello scandalo di questi giorni - ha annunciato che nel nuovo pacchetto sicurezza il governo ripropone quanto aveva tentato invano di approvare. « Avendo constatato - ha spiegato il premier - che il reato di prostituzione preparato mesi fa non è andato avanti (il ddl Carfagna fermo in Parlamento, ndr), abbiamo deciso di riprendere quella norma, riapprovarla una seconda volta e inserirla in questo provvedimento sulla sicurezza». in apparenza incurante del caso Ruby e delle escort e dello scandalo di questi giorni - ha annunciato che nel nuovo pacchetto sicurezza il governo ripropone quanto aveva tentato invano di approvare. « Avendo constatato - ha spiegato il premier - che il reato di prostituzione preparato mesi fa non è andato avanti (il ddl Carfagna fermo in Parlamento, ndr), abbiamo deciso di riprendere quella norma, riapprovarla una seconda volta e inserirla in questo provvedimento sulla sicurezza». Ma  è 
«Se non fosse una cosa terribilmente seria sarebbe da morir dal ridere – commenta ancora   a caldo la senatrice radicale Donatella Poretti - mentre il paese è travolto dai racconti delle prestazioni sessuali e delle tariffe (in alcuni casi fuori mercato) della prostituzione che frequenta gli ambienti di Palazzo Chigi e degli altri palazzi della cittadella politica, il governo approva un decreto in cui la trasforma in reato. Sono impazziti? In pieno conflitto di interessi si autodenunciano e si creano un reato contro se stessi?». È evidente che si adottano due pesi e due misure: «Le ragazze dei giri di Berlusconi si chiamano escort, quelle per strada si chiamano prostitute e solo per quelle si prospetta il reato», chiosa la senatrice. «Invece che produrre politiche per combattere lo sfruttamento, per colpire la criminalità organizzata che traffica con donne, uomini e bambini e al contempo regolarizzare chi invece esercita il mestiere più antico del mondo si introduce un reato senza vittima».
«Maroni cosa ci dice invece delle prostitute che lavorano nelle case di lusso?». Domanda – retoricamente - Livia Turco del Pd. «Il ministro si dimentica che quelle sulle strade spesso sono vittime del racket e degli sfruttatori. Esiste una norma a tutela di queste persone, peccato che il governo non la applichi».
Capisco  che la prostituzione (  extracomunitaria al 90% ) sia un  problema  , vissto che ad ess  è legato  sempe più il racket  e sfruttamento   delle nuove mafie  sia  Italaine che straniere , la cosidetta economia canaglia  , ma  tale decreto non risolve  anzi peggiora  perchè  vietando  e punendo  chi l'esercita  in strada  le trasferisce dalle strade  nelel case  le  emigrate clandestine  soprattutto minorenni per di più  sempre  più sfruttate e sempre più dentro nel psommerso  .
Tae decreto è di una ipocroisia  e doppiezza  tipica dei politicanti . Il volerlo  tripresentare  ora  che decine di ragazze raccontano dei loro incontri a pagamento con il premier (la magistratura sta cercando riscontri),è  come getare fumo negli occhi  a  giornali che raccontano   ( anche se  come  ho già detto  nei post precedenti dandoli troppa  importanza   e non concentrandosi  sui veri prblemi de paese  ) e   chi ancora   s'indigna . Infatti   è forse utile ricordare come solo due anni fa, appena insediato, sull’argomento Berlusconi presentò un disegno di legge con il ministro Carfagna – ne ha parlato anche Marco Travaglio ieri ad Annozero. Il ministro per le pari opportunità non si risparmiò dichiarazioni al fulmicotone: “La prostituzione mi fa rabbrividire, mi fa orrore - disse -, non comprendo chi vende il proprio corpo“, (“Anche il ministro ha usato il suo corpo” risposero le associazioni delle prostitute ricordando i sexy-calendari di Mara).
Ma è ancora più utile ricordare come commentò lo stesso Berlusconi la legge. Come risulta in modo incontrovertibile dal video della conferenza stampa qua sopra, Silvio affermò perentorio: “La prostiuzione è un fenomeno che sta dilagando” e poi aggiunse: “Si teme che 20mila persone si prostituiscano contro la propria volontà. Sono ridotte in condizioni di schiavitù, attirate in Italia con lo specchietto del lavoro nella moda o nel cinema o nella televisione, poi costrette in appartamenti, private dei loro passaporti e dei loro documenti, utilizzate e poi minacciate di morte in caso rivelassero a chiunque questa loro condizione“. Chissà perchè, se a questa dichiarazione si toglie “la schiavitù” e le “minacce di morte”, questa ricostruzione sembra ricordare qualcosa.
Ma il meglio viene verso la fine del video (al minuto 1:55) citato  ssopra  : ”per 
questo – dice ancora Berlusconi – abbiamo fatto un disegno di legge che è intervenuto con delle pene elevate per chi sfrutta la prostituzione” e “per gli stessi clienti delle prostitute“. Credo, conclude Silvio, “che queste pene siano molto giuste anche quando soprattutto queste prostitute sono minorenni e appaiono per il loro aspetto come tali“. Notare la sottolineatura: la legge Carfagna prevede il carcere per chi si prostituisce in strada, inasprisce le pene per gli sfruttatori e per i clienti (chissà chi erano i clienti di alcune ragazze diventate molto note negli ultimi giorni), ma per B. è ancora più grave è il comportamento di chi va con le minorenni che sembrano minorenni: il Berlusconi pensiero sembra essere tutto riassunto in quel “soprattutto”.

Molti hanno detto in questi giorni: “Berlusconi a casa sua può fare ciò che vuole“. Io non lo penso: oltre all’ipocrisia di un premier che si vanta di “certi comportamenti” e poi strozza varie libertà civili per ingraziarsi il Vaticano, un presidente del Consiglio è anche rappresentante di tutti i cittadini. Ieri Italo Bocchino si è improvvisamente ricordato del progetto di legge Carfagna: “Il ddl approvato dal governo contro la prostituzione – ha dichiarato il deputato finiano – è chiuso da due anni nei cassetti, per ragioni che credo tutti possiamo immaginare, e nessuno lo vuole tirare fuori…”. Ciò “che tutti possono immaginare” è proprio quello con cui  Berlusconi rappresenta tutti noi in Italia e nel mondo.Inotre  penaizza  i malati di Aids . Infatti secondo  questo articolo del sito http://www.giornalettismo.com/  : << (..... )  questo provvedimento presentato come dall’alto valore “morale”, ha invece nei suoi commi qualcosa di profondamente ingiusto e grave. Rende difficile – secondo quanto denuncia l’Anlaids – di fatto la prevenzione e rende difficile curare chi è affetto dall’HIV. ”Colpire la prostituzione in strada renderebbe piú difficile indirizzare alle cure le persone con Hiv che si prostituiscono ed educare chi non l’ha contratto a prevenire l’infezione”. A dirlo è Fiore Crespi, presidente nazionale Anlaids, l’associazione nazionale per la lotta all’Aids, il quale ha espresso forti dubbi e perplessità in merito alle norme contenute nel decreto legge “Carfagna” per contrastare la prostituzione in strada previste dal pacchetto sicurezza approvato ieri dal Consiglio dei Ministri. ”Colpire chi esercita la prostituzione in luogo pubblico – aggiunge il presidente dell’associazione – è come nascondere la polvere sotto il tappeto”. Opera, aggiungiamo noi, in cui questo governo ha dato prova di non avere o quasi rivali al mondo…  (.....)  continua qui
Inoltre   sempre dallo stesso sito  c'è quiesta news che vale la pena di riportare integralmente   : 
<<
Tipico esempio, comico, di conflitto di interessi: nell’iniziativa legislativa della Carfagna erano presenti punizioni anche per gli “utilizzatori finali” del meretricio. Ma alla fine, causa Silvio, le hanno tolte…
5150165361 e93766180b E dal decreto sulla prostituzione spariscono le norme sul clienteUn piccolo, comicissimo caso di conflitto di interessi nell’iniziativa legislativa. Il decreto legge della Carfagna licenziato ieri dal Consiglio dei ministri ha molti punti di comicità involontaria, compreso quello che vuole punita la prostituzione in strada, ma non quella in villa. Ma soprattutto, dal testo è scomparsa una norma che avrebbe potuto chiamare in causa proprio Silvio Berlusconi.
IL DECRETO – «Visto che il provvedimento non procedeva in Parlamento, abbiamo deciso di riapprovarlo e di inserire la norma sul reato di prostituzione nel pacchetto sicurezza», sottolinea il premier in una conferenza stampa a Palazzo Chigi per presentare con il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, il nuovo piano sicurezza. «Prevediamo – rileva Maroni illustrando il provvedimento – la possibilità di applicare le misure di prevenzione, per esempio il foglio di via, per chi, violando le ordinanze dei sindaci, esercita la prostituzione in strada». Il Consiglio dei ministri, aggiunge Berlusconi, «avendo constatato che il reato di prostituzione per chi la esercita in luoghi pubblici da noi introdotto alcuni mesi fa non ha fatto progressi in Parlamento, ha deciso di riprendere quella norma e di inserirla in questo provvedimento». Il testo è stato approvato «salvo intese»: significa che bisogna avviare tavoli tecnici tra ministeri dell’Interno e delle Pari opportunità per accordarsi su una formulazione che verrà poi presentata direttamente in Parlamento. Per le ‘lucciole’ in strada è previsto così l’arresto da 5 a 15 giorni e l’ammenda da 200 a 3mila euro. Stessa pena per i clienti. Sarcastica la reazione dell’opposizione. «Berlusconi – secondo il portavoce dell’Idv Leoluca Orlando - non ha alcun titolo morale e alcuna credibilità quando afferma di voler lottare non soltanto contro la mafia e la corruzione ma, adesso, anche contro la prostituzione. Ma siamo seri, il grande Totò sicuramente esclamerebbe ‘Ma ci faccia il piacere’».
LE NORME SUL CLIENTE – Ma, e il particolare lo rivela Repubblica, alla fine sono sparite le norme sul cliente:
ieri mattina a palazzo Chigi, Mara Carfagna ha provato a far inserire nel decreto Maroni le norme contro la prostituzione arenate da un anno in Parlamento (a causa dello scandalo D’Addario). Il progetto Carfagna punisce infatti anche «l’utilizzatore finale», il cliente della prostituta, e ieri a molti ministri sono venuti i sudori freddi quando Berlusconi in persona, forse non consapevole dei dettagli del ddl, si è mostrato entusiasta dell’idea. «Brava Mara, così dimostriamo a tutti che non abbiamo nulla da temere». Ma ai più è sembrato che il governo stesse costruendo un reato ad hoc applicabile proprio al caso Ruby&Co. Così, senza dare troppo nell’occhio, le norme della Carfagna sono sparite dal decreto legge (immediatamente operativo) e sono ricomparse nel più innocuo disegno di legge. «Tanto, se cade il governo, quel ddl non vedrà mai la luce», spiega un membro del governo.
Non male come idea, no?


>>

Ora  alcuni\e  di voi mi diranno che sono solito attaccare  \ criticare ma senza proporre  ed  ecco che qui sotto troverete  alcune prposte  mie  e non mie    per  risolvere tale  problema  , senza ricorrere  a criminalizzazioni   , repressioni e caccie alle streghe  .
1) ritornare  alle case chiuse   gestite  o da privati \ cooperative di  prostitute   o ex prostitute dove la donna  si prostituisce  voontariamente  se lo vuole  . unici  interventi dello stato :   richiesta  di certificato antimafia   della fedian penale  (  che prevveda  precedenti penali per  i reati di sfruttamento della prostituzione ed induzione ala prostituzione , e  violenze sessuali ) . Riscossione dele tasse derivate da tale problema . controlli sanitari  ed  obbliggatorietà di  preservativo e test  per l'Adis e malattie derivate 
2) lasciarlo esercitare   ovviamente se voontario in appartamenti  anche condominiali  se fatto con discrezione da nnon creare  problemi d'ordine  pubblico e pratico alla struttura  dove  viene esercitato
3) quartieri centrali  o semi centrali  ade esso dedicato come in Olanda  e nel nord europa
4) zone industriali o ex  .

happy familiy di salvatores

Ieri sera ho visto  , preso a noleggio ,  happy family  l'iltimo di Gabriele Salvatores  
In poche parole , per non togliere suspense a chi ancora non l'ha visto  visto che  è recente  (  marzo 2010  parlerò dela trama  per  sommi capi  e e troverete  sotto forma di spoiler il promo  .
Esso  è la storia vista dall'esterno prima e poi dall'interno come protagonista da uno scrittore sceneggiatopre ( De Luigi ) di due famiglie d'oggi che sfuggono alle categorizzazioni ed etichette , in evoluzione continua , in equilibrio precario , vive, felici,confuse , ecc. praticamente l'anima nascosta : per le nostre istituzioni Italo-Vaticano e le loro statistiche inutili e fuorvianti oltre che forzate



spoiler


spoiler


Bello , un ottima commedia corale . Buona la fusione \ contaminazione fra teatro Pirandelliano --- 6 personaggi in cerca d'autore in particolare – e un autore in crisi creativo , ottimi i riferimenti culturali \ artistici diretti  io ne  ho individuato due  : 1) I soliti sospetti (The Usual Suspects) è un film del 1995 diretto da Bryan Singer .,  "le invasioni barbariche“  scritto e diretto da Denys Arcand, oltre , specie  nella  figura  di De Luigi  ,  indiretti “ Forresti Gump“ ( film del 1994 diretto da Robert Zemeckis.Un film comico ---- finalmente non totalmente noioso , rozzo , grossolano ,  totalmente scontato,ripetitivo,mediocre e quasi stucchevole come gli ultimi fantozzi o i Vanzina dopo Vacanze in America  ---- e allo stesso tempo realistico drammatico dove l'ironia e la trama ti fanno scoprire che l'amore c'è ed esiste .

Basta guardarsi attorno e rischiare . Mandare a Fncl le paure inutili fra cui quelle d'essere feriti ed illusi ( è questo che mi da la forza di rialzarmi dopo i due di picche continui solo perché ho chiesto d'uscire per fare quattro chiacchiere e niente più o ua richiesta d'amicizia \ di contatto su facebook ) .Un bel film , gradevole , non solo d'evasione dalla grigia tv di raimediaset in prima serata fatta : d'americanate ( più o meno discutibili ) , di programmi giornalistici d'inchiesta , varietà ( ormai sempre più stantio , melenso . unico neo che lo rende indigesto ai palati raffinati è  : <<  (.... ) Happy familiy è un gioco cinematografico che diventa rifugio non solo per il protagonista Ezio ma anche, forse, per Salvatores stesso. È questa impronta intimistica a consentire al film di non essere solo un ambizioso esperimento. Non sarà una delle sue migliori opere ma è riuscito e divertente, riesce a parlare di paure usando toni da commedia e ci regala una Milano splendida, ora solare e immaginata, ora notturna e musicale.  >> ( da  http://lineegrigie.blogspot.com/ ) che il film non adatto al grande pubblico in quanto provo di una vera e propria trama. Il grande schermo è utilizzato come vero e proprio mezzo di comunicazione fra lo spettatore e il regista. Forse troppe interruzioni della narrazione ma con una storia originale … da vedere . Infatti nonostante le critiche sia no state Ingenerose l'idea del film e' bella. Esilaranti i dialoghi nel trattegiare vizi e esagerazioni italiane. Prevale il richiamo all'amicizia e all'evasione. Chi ama i film titanici non lo vada a vedere chi ama sorridere nella semplicità nelle forme lo troverà riuscito. Bravo Salvatores anche nelle piccole cose.Trovare in filo logico immediato e' difficile ma e' proprio qui il bello e la bravura del regista, ho trovato molto studiate le scene e gli accostamenti di colore. Se vogliamo una fiaba moderna cantata con originalita' . Uno dei film più divertenti , imho , di questi ultimi anni . Ecc altre recensioni sparse in rete in particolare queste  qua   della scheda  del film in questione di comingsoon.it   : << a tratti poetico poetico,complici la bella e particolare fotografia e la fantastica soundtrack di Simon&Garfunkel e non solo   ottimo film corale con attori in gran forma...Salvatores torna ai vecchi fasti! ., Bello. Assolutamente da vedere, uno di quei film che fanno credere alla bontà del cinema italiano. Leggero solo in apparenza, riesce a dare speranza e a commuovere senza tirarti per i capelli.>>. Fra quelle negative prese in rete ne scelgo due a caso fra le più costruttive :  << Il romanzo-commedia-film prende spunto da un film di due fratelli di Parma - Luca e Marco Mazzieri, con un film che divenne un piccolo caso nel 1995, il film I VIRTUALI, ebbe una buona visibilità nel circuito dei cinefili, e TERMINAL VIDEO, lo ha giustamente ripescato per portarlo in DVD, lo si trova su Internet, dove le avventure dello scrittore autore sono uguali a quelle di Ezio, Fabio De Luigi nel film di Salvatores. A mio avviso è un plagio a tutti gli effetti. ., Il film è a tratti divertente...ma come molti film italiani sembra sempre di vedere una fiction televisiva bravi loro...assolutamente sbagliata la figura della vecchia madre che appare inserita a forza e a tratti fastidiosa...  >>  Concludo con una battuta di Groucho Marx ( 1899-1977 )  : <<  Preferisco leggere o vedere un film piuttosto che vivere, nella vita non c’è una trama >> .

Colpevoli d’amore. Il volo è proibito a Sandra e Fortunato

 senza  parole  . una parola è troppo e due sono troppe  leggendo questa  storia   tratta  da http://www,censurati.it


Domenica mattina don Alessandro Santoro ha unito in matrimonio, dopo una lunghissima attesa durata moltissimi anni, Sandra e Fortunato. Lunedì mattina, con una celerità impressionante il vescovo di Firenze ha dichiarato nullo il matrimonio e ordinato a don Alessandro di lasciare la comunità Le Piagge.               
Rabbia,sgomento, smarrimento. Sono tanti i sentimenti che assalgono davanti a quanto sta accadendo a Firenze. Ritornano i giorni di Piergiorgio Welby, quando il funerale fu negato per “un motivo di ordine logico”. Ci si sente violentati nello Spirito davanti a tanta mancanza di amore e ad un furore ideologico che non ha alcuna giustificazione nella Dottrina della Chiesa e nel Vangelo di Cristo. Come ha notato Enzo Mazzi, animatore di un’altra storica comunità di Firenze e da decenni condannato dalle gerarchie, la Dottrina permette a Sandra e Fortunato di sposarsi. E come ci si può dichiarare credenti in quel Vangelo nato da un estremo atto d’amore e poi, condannare il coronamento dell’amore di due persone che hanno sofferto le violenze e le persecuzioni (e la Chiesa dalle persecuzioni del potere è nata). Ma non è stato Ratzinger ha dire che Dio è Amore? E, dov’è l’Amore cristiano nell’atto sconsiderato e violento di Betori?La vicenda di Sandra e Fortunato è ormai nota ed è stata raccontata alcuni anni fa nel libro “Il volo”, edito proprio dalla Comunità di don Santoro. Sandra è una donna, nata prigioniera in un corpo maschile. A 14 anni fugge di casa, alla ricerca di quella libertà che non riusciva a trovare. Per tutti gli anni Settanta la sua storia sarà segnata da violenze di ogni tipo, fino a subire diversi stupri in carcere, rinchiusa in quanto “soggetto socialmente pericoloso”. Agli inizi degli Anni Ottanta Sandra vola a Londra per operarsi e vedere liberata definitivamente la sua essenza femminile, nella quale si è sempre riconosciuta. E infatti Sandra ha sempre chiesto di non essere definita transessuale, lei si sente ed è donna a tutti gli effetti.Nel 1983 lo Stato Italiano, dopo essere stato protagonista e complice delle ingiustizie subite da Sandra, le consente il cambio anagrafico di sesso, permettendole così di sposare civilmente il suo Fortunato, l’unica luce d’Amore che l’ha sostenuta negli anni terribili del carcere e del confino. Una decina di anni dopo conosce don Alessandro Santoro e la Comunità Le Piagge di Firenze. Don Alessandro, figlio del Concilio Vaticano II e prete di frontiera, la accoglie sentendo forte il grido del Nazareno sulla Croce nelle sofferenze di Sandra e Fortunato. Finalmente Sandra, fervente cattolica cresciuta dai Salesiani, può tornare ad accostarsi all’Eucaristia, dopo che gli è stato negato per decenni.Domenica scorsa don Alessandro, dopo una lunghissima attesa e molti stop all’ultimo momento, finalmente celebrare anche davanti al Signore il matrimonio di Sandra e Fortunato. Lunedì mattina arriva per Sandra e don Alessandro, ripetendo la propria condanna violenta e ideologica, il vescovo di Firenze ha ordinato a don Alessandro di allontanarsi dalla propria comunità e dichiarato il matrimonio totalmente privo di ogni fondamento. Sembra chiaro il tentativo di colpire una comunità viva e forte, che tra l’allineamento del conformismo di molti e la profezia del Vangelo non ha mai tentennato scegliendo sempre la seconda. Don Alessandro non potrà più celebrare messa e non potrà più assistere la propria comunità, spiritualmente e nelle tantissime opere sociali e solidali. Poche righe cancellano decenni di testimonianza, di missione evangelica d’Amore (ma non era questo il Mese Missionario per la Chiesa? Non era questo il mese nel quale specchiarsi e condividere la testimonianza di chi vive quotidianamente il Vangelo incarnato nei Poveri e negli Ultimi?)Secondo le gerarchie, Betori oggi così come Antonelli prima, per Sandra è proibito amare, colpevole di aver cercato la libertà e di essere sopravvissuta alle persecuzioni e alle violenze dello Stato e dell’ipocrisia perbenista. E’ clamoroso, allargando lo sguardo, che questo accada mentre si accettano nei templi i portatori di morte in armi, mentre si riaccolgono i Lefebvriani e si accettano i preti sposati anglicani (mentre moltissimi cattolici vivono nella sofferenza e nel dolore, schiacciati anche loro dalla proibizione ad amare).“Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi ristorerò”.“Beato chi ha fame e sete di giustizia, perché sarà saziato”Come suonano lontane, manipolate, tradite, queste profetiche, vibranti, forti ma anche tenere e dolci promesse del figlio del carpentiere di Nazareth. Chi, più di Sandra, ha fame e sete di giustizia? Quanti possono dire di portare addosso più cicatrici dell’oppressione di Sandra? Una ragazza vittima di stupri, violenze, incarcerata ingiustamente, scacciata da tutti in quanto ‘soggetto socialmente pericoloso’. Bussa, ma non gli viene aperto. Riprova ancora, incessantemente, senza arrendersi. Alla fine trova un portinaio che le apre. Il portinaio viene duramente richiamato e lei nuovamente messa alla porta.
Nel 2002, in occasione del 25 anniversario dell’elezione di Karol Woityla, la Rete Radié Resch titolò nel proprio notiziario “In America Latina questo papato ha ritirato i pastori dal loro gregge sostituendoli con pastori senza fame e senza sete di giustizia”Le braccia armate sono ancora lì, occupano i posti di potere della gerarchia. E sempre più, il dubbio lascia spazio alla certezza che anche in Europa stia accadendo la stessa cosa …

4.11.10

camminate d'autunno

Mentre aspetta  che finisca  questo " lungo " inverno  sia da punto astronomico \ meteorologico  ma anche dal punto di vsta culturale \ politico 

me ne vado  per cercare  d'allontanare  la mia  fame  nervosa \  da stress   ed evitare  di  mangiare fuori pasto  (  vedere gli effetti  nell'autoscatto    sotto  a destra )  magari gli avanzi del pranzo per  la  sua " mania  etica  "  di non buttare o far guastare   il cibo che avanza  .                                                  Ed è  proprio durante  una camminata  lungo la vecchia linea   ferroviaria Tempio-Sassari  , mentre osservavo  il paesaggio d'un autunno ormai prossimo all'inverno , e nel silenzio interrotto a  tratti dai rumori della  periferia cittadina  ho trovato    questo fungo  e  scambiandolo per  commestibile \  buono  melo portavo a casa  .



 Ma   casa  l'amara scoperta , mio padre  agronomo mi dice  ch'è velenoso .

Le prime reazioni  sono  di sfiducia  e  scontentezza  del tipo : << ma perché capitano tutte  a me  , che  sfiga  ,mio fratello anche lui agronomo  ne trova  tanti  e buoni   ecc >> , ma  poi mi riprendo  e vado avanti  , smettendo di rosicare  ed  accettando  i miei limiti visivi e uditivi  e dicendomi almeno mi sono distratto   e scoperto la natura  che anche in autunno ( vedere post  precedente  sul  blog  gemello ) è bella  e piena di vita  anche se al tramonto per poi rinascere  nella sua bellezza a primavera .
E ora  ributtiamoci nello  studio

3.11.10

Diego Fusaro, "Essere senza tempo. Accelerazione della storia e della vita" Bompiani

Diego Fusaro, "Essere senza tempo. Accelerazione della storia e della vita" (Bompiani, 2010, 410 pagg., 12 euro, con prefazione di Andrea Tagliapietra): http://www.filosofico.net/esseresenzatempo.htm

Viviamo nell'epoca della fretta, un "tempo senza tempo" in cui tutto corre scompostamente, impedendoci non soltanto di vivere pienamente gli istanti presenti, ma anche di riflettere serenamente su quanto accade intorno a noi. L'endiadi di essere e tempo a cui Martin Heidegger aveva consacrato il suo capolavoro del '27 sembra oggi riconfigurarsi nell'inquietante forma di un perenne essere senza tempo. Figlio legittimo dell'accelerazione della storia inaugurala dalla Rivoluzione industriale e da quella francese, il fenomeno della fretta fu promosso dalla passione illuministica per il futuro come luogo di realizzazione di progetti di emancipazione e di perfezionamento, la nostra epoca "postmoderna", che pure ha smesso di credere nell'avvenire, non ha per questo cessato di affrettarsi, dando vita a una versione del tutto autoreferenziale della fretta: una versione nichilistica, perché svuotata dai progetti di emancipazione universale e dalle promesse di colonizzazione del futuro. Nella cornice dell'eternizzazione dell'oggi resa possibile dalla glaciale desertificazione dell'avvenire determinata dal capitalismo globale, il motto dell'uomo contemporaneo - mi affretto, dunque sono - sembra accompagnarsi a una assoluta mancanza di consapevolezza dei fini e delle destinazioni verso cui accelerare il processo di trascendimento del presente.
INDICE

Prefazione di Andrea Tagliapietra
1. Non c’è tempo! Modernità irrequieta.
1. Mi affretto dunque sono. Fenomenologia della fretta.
2. L’impazienza della storia: cenni sul moderno regime di temporalità.
3. Tutto corre. Ipertrofia dell’aspettativa e «futuro-centrismo» dei concetti.
4. The time is out of joint: tutto ciò che è solido si dissolve nell’aria.


2. Che fretta c’era? Genealogia dell’«essere-senza-tempo».
1. Rivoluzione industriale e velocizzazione della tecnica, della scienza e della produzione.
2. Dialettica dell’impazienza. Rivoluzione francese e accelerazione del mutamento socio-politico.
3. Lotte per il tempo. Accelerazione dei ritmi di vita e sindrome della fretta.
4. Le «locomotive della storia»: il treno come simbolo della temporalità moderna.

3. Sempre più veloce. Testimonianze moderne del tempo rapido.
1. Carpe diem. Tempo che stringe e passione per il futuro.
2. Il più veloce dei mondi possibili. Fretta e utopie del tempo nella letteratura.
3. «Come se la storiografia non riuscisse più a tenere il passo della storia»: il punto di vista degli storici.
4. «Verrò presto!»: la fretta come secolarizzazione di un’idea ebraica e cristiana.
5. La genesi dell’idea di «abbreviazione dei tempi» tra religione e scienza.

4. Tempus fugit. Filosofie della fretta.
1. Riguadagnare il tempo perduto: strategie dell’alta velocità.
2. Kant e l’accelerazione del progresso come imperativo categorico dell’umanità.
3. Hegel e lo «Spirito del mondo» con gli stivali delle sette leghe.
4. Il tempo delle merci: Marx e la concezione materialistica dell’accelerazione.
5. Time is money. Capitalismo e astuzia dell’accelerazione.
6. Lenin, Hitler e le «cronopolitiche» della fretta.

5. Accelerazione senza futuro e nichilismo della fretta.
1. Il disagio della velocità e la tirannia dell’istante.
2. Niente tempi morti, per favore! Internet e la fretta globalizzata.
3. Dal «futuro passato» all’«eterno presente»: accelerazione postmoderna.
4. Elogio della tartaruga. Cairologia consumistica e nuove emorragie di tempo.
5. Eternizzazione del presente, desertificazione dell’avvenire.

Acqua del rubinetto: una bottiglia di design per sensibilizzare

da  
http://www.greenme.it/ leggo  questo interessante articolo   che sotto riporto

L’acqua del rubinetto fa bene, perché controllata e sicura, ed è anche buona. Per questo gli italiani scelgono sempre più spesso di bere acqua a chilometri zero: quella del rubinetto, che arriva dritta dritta a casa. In questo modo, non solo si beve acqua sana e buona, ma si contribuisce concretamente a diminuire le emissioni di CO2, date dal trasporto su gomma, e la produzione di plastica che serve per le bottiglie.


acqua_del_rubinetto_Bottle

L’acqua – specie in rapporto all’ambiente e all’inquinamento  – è un tema trattato sempre più spesso dai media sia cartacei che online, soprattutto perché le iniziative per sponsorizzare l’acqua pubblica e i suoi benefici si stanno moltiplicando in ogni parte d’Italia.  
Tuttavia, gli italiani – in Europa - sono ancora i primi consumatori di acqua minerale in bottiglia e i terzi al mondo. Un dato allarmante, soprattutto se consideriamo che solo il 18% delle bottiglie prodotte vengono trasportate con i treni: un fenomeno che produce ben 910.000 tonnellate di CO2.D’altro canto, sta crescendo la sensibilità dell’opinione pubblica verso questo tema, che si è rafforzata anche in seguito ai preoccupanti dati, resi noti dal WWF, nel suo “Living Planet Report”, uno studio che fa presente come nel 2030 i ritmi di consumo dell’acqua aumenteranno vertiginosamente, tanto da rendere indispensabile aumentare del doppio le risorse idriche attualmente disponibili.


 concorso_bottiglia
Proprio per incoraggiare il consumo dell’acqua del rubinetto, è nato il concorso  "The Message is the bottle" all'interno del Festival della Creatività 2010, che ha invita artisti e creativi a realizzare una bottiglia in vetro dedicata a raccogliere e servire l’acqua del rubinetto in tavola.  In palio un iPad e l'iscrizione gratuita allo IED di Firenze.
L'iniziativa, promossa da Publiacqua, Controradio, Legambiente, IED (Istituto Europeo di Design- Firenze) e Casa della Creatività, ha raccolto 220 progetti in tutta Europa, ma i vincitori sono tutti italiani: Matteo Calosi e Francesco Bortone. La bottiglia da loro creata sarà messa in produzione e dai vetrai di Assovetro 

                                          Verdiana Amorosi

2.11.10

Davide contro golia . Il Cagliaritano Filippo Candido contro i grandi del poker ce la farà ?

 dall'unione sarda del 31\10\2010 
Alla conquista del mondo Il  Cagliaritano Filippo Candido
sfida i re del poke

Da qualche anno è entrato nell'élite dei giocatori professionisti del poker, ma ora il cagliaritano Filippo Candio (26 anni foto  sotto ) 
gioca la sfida più importante. Sabato parteciperà al November nine di Las Vegas.
«Sono un ragazzo di 26 anni. Mi piace ballare, mi piace andare in discoteca, mi piace conoscere gente». Non vuole sentirsi troppo diverso dai suoi coetanei, ma Filippo Candio, cagliaritano, sta per entrare nell'olimpo dei giocatori professionisti di poker: per la prima volta un italiano, parteciperà ai november nine, il prestigioso tavolo con nove giocatori che sabato prossimo si contenderanno il titolo di campione del mondo di poker. Il primo premio è da brividi, con quasi 9 milioni di dollari al tavolo finale delle World Series of Poker a Las Vegas. Anche l'ultimo posto non sarebbe certo da buttar via, visto che assicurerà un premio di oltre 800mila dollari.
ALLA TV PokerItalia24, il primo canale tv italiano dedicato interamente al poker sportivo (in onda in chiaro sul digitale terrestre e sul canale 222 di Sky) ha realizzato un'intervista esclusiva con Filippo Candio che andrà in onda in prima visione in due puntate. La prima è oggi alle 19, la seconda domani alla stessa ora. L'intervista conterrà il racconto delle imprese pokeristiche di Filippo Candio e delle sue esperienze personali: le origini, gli amici, l'amore e la passione per la sua Sardegna, le difficoltà incontrate nella carriera di giocatore professionista, il sostegno della famiglia. Un viaggio attraverso il personaggio che sta diventando uno dei protagonisti assoluti del gioco che appassiona milioni di italiani su internet, nei grandi tornei live e anche davanti al televisore.
L'AMORE PER LA SARDEGNA «Quando nasci in un posto - racconta Filippo - è inutile cercare la felicità altrove, sarebbe come scappare da se stessi. A Cagliari sono cresciuto, questo posto è importante per me. Mi dà la forza di andare avanti nelle mie scelte. Mi ricorda che, se tutto dovesse andare male, c'è sempre un posto dove la gente mi vuole bene e da cui ricominciare da capo». La dichiarazione d'amore di Candio per la Sardegna viene ripetuta spesso durante l'intervista: «Amo questa città, ha un centro storico fantastico, il mare, il colle. Poi ci sono le coste come Villasimius, Santa Margherita, Chia Laguna e tante altre. Anche la Costa Smeralda è uno dei posti più belli del mondo. Secondo me potrebbe essere fonte di buona economia per la Sardegna se ci fosse la possibilità per i sardi di fare cose anche lì». Fuori dal giro turistico più evoluto, «la zona dell'Ogliastra è stupenda, ma anche l'entroterra». Il Nuorese e l'Oristanese sono zone fantastiche dove si mangia benissimo». Questo «è il posto più bello del mondo per vivere ma non per lavorare», sottolinea Candio. «Viaggiando tanto grazie al poker, mi sono reso conto che è possibile tutelare l'ambiente e nello stesso tempo migliorare tecnologicamente un luogo. Esistono sistemi per conciliare il progresso e la creazione di nuove strutture e contemporaneamente salvaguardare l'ambiente».
IL GRANDE APPUNTAMENTO Filippo Candio è già concentrato sul suo grande appuntamento del 6 novembre, e racconta anche la situazione del poker nel nostro Paese. «Il poker in Italia - racconta - è stato sottoposto a molte limitazioni. Al contrario di giochi come il Bingo o il Gratta e Vinci, che possono ugualmente generare la dipendenza dal gioco. Solo che il poker, a differenza degli altri, è un gioco di abilità, in cui si può migliorare, mentre nel Bingo conta solo la fortuna».
LA MARCIA VERSO LAS VEGAS Non manca il racconto delle emozioni più grandi del torneo tenutosi a luglio che ha portato Candio a questo grande traguardo: lo studio del poker sui forum, sui libri di poker, ma anche quelli di matematica. E poi le mani giocate contro avversari fortissimi come Michael Mizrachi e Greg Duhamel, con il segreto della mano decisiva con 5 e 7, e tutto quello che c'è dietro un torneo di poker. Anche il calcolo delle probabilità, la differenza tra ogni tipo di giocata, le differenze tra il gioco online e il poker live, le differenze tra i tornei e il gioco cash, per arrivare ai rapporti che si instaurano tra i giocatori: «Io e Duhamel abbiamo fatto una scommessa. Se avessimo raggiunto entrambi il final table, ci saremmo scontrati in un match di lotta libera in dodici riprese. Abbiamo realizzato lo scontro in una stanza dell'Hotel. L'Italia ha vinto 12 a 0!».
I GIORNI DIFFICILI Nell'intervista tanti momenti divertenti. Filippo ricorda di quando faceva il cantante in una piccola band con gli amici ma ricorda anche le difficoltà, come l'estromissione dal team pro di PokerStars.it per un incidente di percorso legato all'utilizzo dell'account. «Mi hanno sospeso l'account di gioco, mi hanno detto che la mia carriera era finita. Per un attimo ci ho anche creduto, ma il giorno dopo ho affittato una macchina e ho fatto il giro di tutti i casinò d'Italia per giocare a Poker. È stato il momento più difficile della mia carriera. Poi sono arrivate le Wsop e direi che mi sono ripreso bene».
LA FAMIGLIA E GLI AMICI Filippo parla anche degli amici e soprattutto della famiglia. «I miei genitori, mio padre Roberto, mia madre Maria, ma anche mia sorella Marta mi hanno sempre appoggiato in tutto, È stata la mia più grande fortuna, hanno visto che il poker poteva essere seriamente un lavoro. E mi hanno sempre sostenuto».
LA GRANDE SFIDA Come arriverà Filippo Candio al tanto sospirato tavolo finale? «Sarò concentrato e rilassato. Le mosse possibili sono poche e vanno studiate bene. Con i soldi che vincerò non cambierò la mia vita. Già guadagno bene con il poker, forse cercherò più stabilità, cercando di giocare più online e rimanere di più a casa e magari sistemarmi. Se a Las Vegas dovessi vincere il braccialetto , lo dedicherei a tutti i ragazzi che vorrebbero affrontare il poker come una professione e incontrano tanti ostacoli in famiglia e nella vita sociale. Se tu ci credi, devi andare in fondo. Io non credo di essere un talento assoluto, però sono uno che si è applicato tanto e si impegna ogni giorno per farcela».
GIUSEPPE CATALANO

quando il potere in crisi non avendo argomenti insulta



chi non l'hai mai detto almeno  una   volta   scagli  la prima pietra   vero   ma  un conto e che lo si dica o continuamente  allora  si  è  omofobi  oppure  da uno che  non ha  argomenti  per  replicare   e che dovrebbe  fare l'interesse  di tutti noi . E poi Punto primo,secondo  un mio  utente  di fb <<  "Meglio essere appassionati delle belle ragazze che Gay" NON E' una cosa che "chiunque ha detto almeno una volta"; i GAY sicuramente non l'hanno mai detto. La sessualità è un elemento completamente soggettivo.Punto secondo, lui... non è "appassionato delle belle ragazze", è uno squallidone che va con le p*****e e con le minorenni, meglio se le due cose coincidono. >>. Non è  omosessualità latente  come dico  a caldo sul blog gemelllo  , ma  è terrore e rifiuto dell'invecchiamento. Lui ha costruito la sua immagine sulla sua immagine sull'idea di uomo giovanile, moderno, dinamico... e probabilmente lo ha fatto perché intimamente convinto di esserlo sul serio!

1.11.10

intervista Laura Laghi autrice di Eyes

Premetto  che  a causa   sono sbadato  avevo perso il titolo  che m'ero segnato da qualche parte   ( poi ritrovato in giro per la rete ) , e  poi ho fra lavoro , fisioterapia , e studio ( mi dovrei laureare a maggio )  , facebook e  il doppio blog  ho poco tempo. Ma e qui mi ricollego  alla  mia  esperienza personale ,  che  parlare \ chiaccherare e\o intervistare come nel caso di vari autori (  trovate le interviste  su blog gemello http://cdv.splinder.com/)  carolina cutolo pornoromantica   , Emiliano Morone la società sparente di  da me intervistati per il mio blog , o altri\ea autori " intervistati "  - subbissati  di  domande a pubbliche presentazioni o una domanda lapidaria sia i senso buono   sorprendendo ed  entusiasmando  l'autore  come   Sepulvera e  Travaglio   sia facendo o incazzare \ scocciare   come   come nel caso  cento colpi di spazzola di prima d'andare a dormire  di Melissa p  , solo per citare  i principali \quelli che mi vengono a mente , per  conoscere  meglio un libro e o un autore è non averlo mai letto ( o letto tardi  dopo che l'autore      di un libro che si leggerà se va bene successivamente  dopo averne parlato con l'autore con  a mici  o averne visto  opere derivate   ( come film , opere teatrali , fumetti  , ecc )    se lo conoscessi . Questa è la mia esperienza personale  che applico a qusto linro di Laura  laghi ( foto a destra  e sotto al centro dell'autrice  ) . Dopo le buone  recensioni della sua opera precedente Life in Paris fra cui quella del roberto , .<< c'è voglia di vita. di crescere. di essere capiti quando si sbaglia. di amare.
questo mi rimane dalla lettura del primo dei libri degli autori emergenti di cui farò incetta, che ne ho le palle piene di perdermi il mondo solo perchè le librerie sono piene dei Bruni Vespa e dei soliti noti che non hanno più nulla da dire e lo dicono pure male.
Laura Laghi ( Laurawriter http://frammentidilucieombre.splinder.com/ ) e il suo "Life in Paris" si legge d'un fiato. come il suo blog. ci si innamora dei suoi personaggi, ancora veri data la giovane erà, si tifa per loro, si spera trovino conforto nelle tribolazioni l'uno fra le braccia dell'altro. belli ed emozionanti, semplici e complicati, affannati nel tentativo di capire la vita cercando di non perderne il meglio.(....) CONTINUA QUI   >> lo si puo' acquistare qui ecco il suo secondo romanzo Eyes .
Ma facciamocelo raccontare dalla stessa Laura

1) corrisponde al vero quanto affermato da http://zebuk.it/2010/06/eyes-laura-laghi/ :<< un romanzo che nasce in un giorno particolarmente negativo, in cui, appena laureata in scienze della mediazione linguistica con il massimo dei voti, mi vedo rifiutare all’ennesimo colloquio di lavoro perché troppo giovane e soprattutto perché donna. Quindi potenziale persona che prima o poi abbandonerà la scrivania per occuparsi della famiglia.Quel pomeriggio, dopo una ventina di sigarette fumate con il nodo alla gola e la bile gonfia, ho acceso il Mac e senza uno schema preciso ho iniziato a buttare giù le prime idee che mi passavano per la testa. Ed è così che è nato il personaggio di Elvira Rosberg, per tutti Eyes nel libro .>> oppure la nascita del personaggio è un altra ?
 No, la nascita del personaggio in sé è proprio questa: Eyes, l'eroina dell'omonimo romanzo, è di primo acchito lo stereotipo della giovane in carriera, avvocato rampante e apparentemente senza scrupoli, né interesse nel voler avere legami, una famiglia, dei figli. Di primo acchito però, poiché questa era proprio l'idea di donna che volevo fare a pezzi, raccontando di Eyes e del suo percorso: a mio avviso è detestabile il fatto che nel 2010 una ragazza debba ancora fare LA SCELTA per eccellenza, ossia che sia costretta a scegliere o la famiglia o la realizzazione professionale, senza poter nemmeno provare a conciliare le due cose.
2) come mai esso è ambientato negli Usa e non Italia , c'è forse paura di non riuscire a concentrarsi o avicinarti troppo alla realtà del nostro paese vista sia la trama che non sveliamo per non togliere suspence sia il clima sociale e culturale in questo periodo è strano particolare visto che i politici vengono scambiati per comici e i comici ma anchje tutti gli intellettuali per politici ?
No, in realtà ho scelto di ambientarlo negli USA perché, essendoci di mezzo un processo, se l'avessi ambientato nel nostro paese avrei dovuto scrivere un tomo di mille pagine, facendo durare la narrazione decenni interi, vista la "velocità" della giustizia italiana!
3 ) ti riconosci in Eyes una di quelle donne che si dice spaventino gli uomini di oggi: è una che porta i pantaloni, che raramente crolla e che sa sempre da che parte andare, quando la strada si biforca in un bivio, ma che mantiene sempre quella fragilità e quella insicurezza quasi infantili, quando si parla d’amore. Quindi potenziale persona che prima o poi abbandonerà la scrivania per occuparsi della famiglia. ?
aimé si, lo ammetto, c'è molto di me in Eyes. Anche se personalmente non credo che siano donne come lei a spaventare gli uomini di oggi: è vero che molte di noi portano i pantaloni, ma questo non significa necessariamente che non abbiamo bisogno di una figura maschile di riferimento, di una spalla, di un compagno di vita e di viaggio. Ci sono dinamiche, nei rapporti umani, che non penso riusciranno mai ad essere sovvertite: ogni donna cova dentro di sé quella voglia di tenerezza e abbandono quasi infantili, come le hai giustamente definite tu, che solo un uomo può appagare.

4) ogni scrittore ha dovuto leggere dei libri prima d'iniziae a scivere e ue opere , quali sono stati i tuoi ?
Tanti, io sono prima di tutto una lettrice accanita! I due da cui ho sempre tratto più ispirazione sono Margaret Mazzantini e Ian McEwan.
5) nei tuoi libri in particolare questo c'è qualcosa di quello che scrivi nel tuo blog ?  
No, nel blog tendenzialmente parlo di me, del mio vissuto, mentre nei miei libri ho sempre inventato situazioni di sana pianta. Per ogni libro che ho scritto a monte c'era sempre una voglia di evasione da quella che era la mia realtà in quel momento.

6) cuore & mente o solo uno dei due e quale ?
Cerco di metterci entrambi, sia nella vita che quando scrivo. Ma a farla da padrone è sempre il cuore.
7) nicchia , salotto oppure compromesso ?
Un salotto con una nicchia nella quale appartarsi per i momenti migliori non sarebbe male... scherzi a parte, i compromessi non mi sono mai piaciuti, fondamentalmente scrivo per soddisfare un'esigenza personale.
7) libro nel cassetto ?
 Scrivere della mia stramba, complessa e bellissima famiglia. Prima o poi mi sono promessa di farlo, chissà come la prenderanno...
8) oltre a quello di fare la mamma altri progetti in ambito letterario per il futuro ?
 per ora il mio bellissimo nanetto occupa il 99 % dei miei pensieri e il 110% delle mie energie... ma non si sa mai, la vita è sempre piena di sorprese e imprevisti!
9) qualcosa d'aggiungere , retificare ?
No.
10) c'è qualcosa che vorresti chiedermi ?
Per il momento no (causa figlioletto sono un po' stravolta), però vorrei farti i miei complimenti per il blog !!! Mi piacciono le persone piene di interessi !! E grazie per avermi dato la possibilità di esprimermi!

Lavoro c'è chi resta e resiste oltre a lottare \ chi è costretto ad emigrare -perchè racconto storie

sottofondo  Suzanne (Live 1988) e Hallelujah di LEONARD COHEN

Prima  d'iniziare  a raccontare le  storie  d'oggi  vorrei rispndere  a delle domande  che mi giungono o via email a voce da compaesani  e non (  nipoti   d'amici e a mici d'amici  )  o da facebook  e  fare delle precisazioni  ed eventuali aggiute  alle  faq  precedenti  .
Lo so , potrei anche farne  a meno , in quanto dovrebbero  ( per chi le vuole leggere )   essere sufficenti sia le Faq  con il relativi  aggiornamenti  che  il maifesto del blog  riportato sulla parte  destra del template. Ma , lnon  è per  fare  ( almeno non solo :-) )  la vittima o del vittimismo  , per  far riavvicinare gente  che ha  smesso di scrivere  e di commentare  , ecc ,  perchè l'attualità li annoia e prefriscono leggere  post  dove si parla solo  e direttamente  di me  e   non posyt  contaminati   fra le mie  opinioni e sensazioni  ed il mondo circostante   e le mie letture  ,  la mia musica  , ecc . Ecco che   rispondendo  ( ovviamente quando le domande   e le  critiche  non sono assurde  o  da risposta scontata )   ogni volta in maniera diversa  alle faq  è come se parlassi di me, allo stesso modo raccontando storie poco note ai margini o quasi  .
Infatti   ma uno  dei motivi per  cui racconto storie è perché la storia non è  solo quello accademica  , in quell'anno  successe  quello   le cause  di quellavvenimento sono dovute  a .X  o  Y ha fatto questo perché X   gli impedi di fare  cosi  o gli si  ribello' perché lu i o loro .....  , ecc   la storia la fa  (  è recentemente   , nl nostro pase  ,  lo si è capito \  approfondito ) anche la gente  - le persone con le lro idee  le loro creazioni  e  gli sforzi e lotte per realizzare   metterle  pratica  o di come hanno ottenuto oltre  gli insulti anche apprezzamenti in vita   e  post mortem . Infatti  La storia è la disciplina che si occupa dello studio del passato tramite l'uso di fonti, cioè tutto ciò che possa trasmettere del sapere. Più precisamente, la storia è la ricerca e la narrazione continua e sistematica di eventi nel passato di importanza per la specie umana, compreso lo studio degli eventi nel corso del tempo e la loro relazione con l'umanità.
Il termine storia in italiano e in altre lingue ha anche il significato di racconto letterario o comunque narrazione (orale o scritta) di vicende immaginarie. In questa accezione il termine non sarà discusso in questa voce, anche se la storia di per sé è anche una narrazione elaborata tramite l'immaginazione e proposta a un pubblico interessato di lettori. Ed  io  con  le mie storie     voglio insistere specie sul secondo  significato  .
E poi come dice questa  canzone di F.Moro di cui riporto Il videoclip ufficiale di Pensa   canzone contro la mafia  che lo vide  vincitore di Sanremo Giovani 2007 ed in particolare questo verso 



(...)
Ci sono stati uomini che sono morti giovani
Ma consapevoli che le loro idee
Sarebbero rimaste nei secoli come parole iperbole
Intatte e reali come piccoli miracoli
Idee di uguaglianza idee di educazione
Contro ogni uomo che eserciti oppressione
Contro ogni suo simile contro chi è più debole
Contro chi sotterra la coscienza nel cemento
Pensa prima di sparare
Pensa prima di dire e di giudicare prova a pensare
Pensa che puoi decidere tu
Resta un attimo soltanto un attimo di più
Con la testa fra le mani
Ci sono stati uomini che hanno continuato
Nonostante intorno fosse tutto bruciato
(...)

praticamente  cerco   (  anche  con interviste  video  e via email\ via rete le trovate online  )  di far ivivere  la canzone la storia siamo noi  di De Gregori in quanto a fare  la storia  è anche la gente comune o  gli  sconfitti dalla storia  cronologica  degli eventi ,o che stavano dalla parte sbagliata    E poi dare  fare  arrivare al grande  pubblico  le storie  di quelle persone   che  pur  facendo  la storia   sono  poco sconosciute  perché trascurate dai media  ( salvo che non  siano   coinvolti  in maniera  indiretta   o di striscio  infatti importanti ) che  in prativa  sono o senza voce . Concludo con la risposta  a queste due ultime email , arrivate proprio in questo momento  :<< come ami non parli di  bambini e  adolescenti anche loro fanno a " storia "  intesa  come l'intend tu ala maniera  di Verga  cioè il ciclo dei vinti
Ecco le due  storie  d'esse la prima al  femminle 

da LA  NUOVA SARDEGNA  ONLINE DEL 31\10\2010
Minatrici con orgoglio: Patrizia e Valentina, il cuore di Carbosulcis

Sveglia all'alba e poi nel buio delle gallerie dove esperienza e capacità fanno la differenza. Le trovi sempre in prima linea, ai controlli, al bullonamento o ai sistemi di sicurezza

                           di Giuseppe Centore

NURAXI FIGUS. Valentina e Patrizia non l'hanno scelta. È lei che ha scelto loro, come i padri e i nonni. Un abbraccio non più opprimente come cinquanta anni fa, ma forte e deciso, che ti toglie il fiato, perché sotto c'è buio e fango. L'aria, i colori, e il sole sono fuori, in alto, e sono da cercare in ogni momento libero, per ricaricare occhi e mente. Se non fosse per le loro intense pupille che bucherebbero una parete di roccia, sarebbero due quarantenni impegnate nei turni in fabbrica. E invece sono donne speciali; sono le uniche due minatrici d'Italia, "operative" in sottosuolo. Scendono con protezioni, stivali speciali, casco, respiratore ed erogatore d'ossigeno d'emergenza, ma sotto i guanti hanno le unghie smaltate e case ricche di vezzi femminili, quasi a compensare l'ipocrita mascolinità del loro lavoro. Hanno il cuore a Nuraxi Figus, Carbosulcis, la miniera che resiste al passato scommettendo sulle nuove tecnologie.
Valentina Zurru e Patrizia Saias
Un ritratto. A Valentina Zurru, 43 anni, padre minatore, ultima di sette figli, piace la campagna, il nuoto e correre in bici. Patrizia Saias, 49enne, divorziata con due figlie di 19 e 13 anni (Eleonora e Francesca) divisa tra famiglia e lavoro, ha tempo solo per riposarsi. Le loro storie, diverse come non mai, hanno solo un punto in comune: la voglia di vivere normalmente ciò che normale ancora oggi non è. «È un lavoro come tanti, con qualche disagio in più ma con mille soddisfazioni. Forse dobbiamo sfatare qualche luogo comune, ci guardiamo intorno, vediamo tanti uomini che manifestano tutte le debolezze possibili in miniera».
Gli inizi. Valentina, lunghissimi capelli neri, tenuti dentro al casco con una elaboratissima crocchia, è arrivata in Carbosulcis due anni dopo il diploma. «Mi sono diplomata nell'85 al minerario Asproni, già allora ero l'unica donna nella mia classe, e dopo ho fatto tante domande, per le piattaforme Agip, persino in banca. Ma un anno dopo mi ha chiamato Carbosulcis e ho subito accettato». Suo padre, come quello di Patrizia ha fatto il minatore, ma non c'è stato in questi casi alcun passaggio di testimone. «Difficile trovare famiglie del Sulcis-Iglesiente che non abbiano avuto rapporti con le miniere». Negli anni Sessanta, decine di migliaia di operai, oggi meno di cinquecento. Valentina è stata assunta come grisouista, addetta ai controlli ambientali, poi è passata ad occuparsi di bullonatura, il sistema che consente di mantenere in piedi le volte della miniera senza armarle.
«Si sostengono con bulloni di acciaio lunghi due metri che vengono inseriti nella roccia, con una certa velocità di rotazione e accompagnati da una speciale resina: se si sbagliano i tempi e le procedure, l'inserimento è fallito e va ripetuto. Io verifico che le attività siano corrette e indico ai colleghi se devono o meno ripetere l'intervento». Patrizia è un tecnico di gestione ambientale, espressione riduttiva per indicare chi si occupa di tante cose: ventilazione, polveri, sistemi di sicurezza nelle diverse fasi e aree di lavorazione, responsabilità da far perdere il sonno. «Qualche anno dopo essere stata assunta ho avuto problemi di salute e mi hanno fatto salire negli uffici, sino alla Presidenza, ma poi ho chiesto io di tornare sotto, mi ero affezionata, l'ho fatto un anno dopo la nascita di Francesca e dopo ho capito che i sacrifici erano più che compensati dalla bellezza di questo lavoro».
I colleghi. Gelosia? Invidia? Patrizia risponde diplomaticamente. «I miei colleghi non amano essere governati o consigliati da una donna; vedono le gerarchie come muri, da non valicare mai. Per me non è così. Se c'è da portare un tubo pesante, non mi tiro indietro, se non altro per dimostrare che non siamo un battito di ciglia o un filo di rossetto. Il mio incarico mi obbliga a girare tutta la miniera, anche le zone non più coltivate, per verificare che sia tutto in regola, qualche volta forse sembro antipatica, ma è fondamentale, soprattutto quando sei sotto, dire quello che pensi, senza giri di parole. In galleria non si deve discutere, si deve fare ciò che è previsto, e se non lo sai o puoi fare, devi salire, per te e per i tuoi compagni».



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 dall'unione UNIONE SARDA DEL 31\10\2010
Goiorgio Pisano  ( pisano@unionesarda.it )



tutte  quelle persone Negli ospedali esiste una strana specie di schiavo. Indossa il camice bianco, tiene lo stetoscopio appeso al collo e un campionario di penne nel taschino. Segue il capo (primario o direttore di clinica che chiama ossequiosamente professore) con la stessa composta devozione delle pie donne a Sant'Efisio. Se interrogato, risponde muovendo la testolina come un giocattolo a molle, le mani preferibilmente dietro la schiena perché dà un tocco di autorevolezza. Aria assorta, sorrisetto distaccato. E una speranza: conquistare la libertà.                                                   Marco valerio Melis, 40 anni ( foto a destra ) chirurgo oncologo alla New York University School of Medicine, conosce bene quel tipo di vita perché l'ha sperimentato subito dopo la laurea, 1994 a Cagliari. «Gli specializzandi vengono usati quasi esclusivamente come scribacchini in reparto o come divaricatori in sala operatoria. L'insegnamento di fatto non esiste. Qualunque forma di crescita professionale è ostacolata a tutti i livelli». Dopo quattro anni di questo tran tran si è accorto di «andare incontro a un processo semi-irreversibile di atrofia cerebrale». Ed è stato allora che ha cercato un'uscita d'emergenza, la via di fuga. «Lasciare la mia città non era una scelta pianificata, voluta. Non m'interessava raggiungere chissà quale posizione accademica od ospedaliera. Volevo semplicemente diventare un buon chirurgo e mi vergognavo di farmi chiamare così visto che fino a quel momento non avevo mai operato in vita mia».

Prima alla University of Chicago, poi a Tampa (in Florida) e infine nella Grande Mela. «Ritmi pazzeschi. In una settimana imparavo quello che in Italia richiedeva un anno». Oggi si occupa di chirurgia laparoscopica dei tumori dell'esofago, del fegato e del pancreas. Ha anche realizzato uno dei pochi centri americani per la chemioterapia ipertermica intraoperatoria. «Qui chi lavora viene premiato, chi non lavora viene allontanato oppure resta per sempre al primo gradino della carriera».
Abitare a New York, dove una scuola elementare privata di livello medio costa fino 2.500 dollari al mese, non è semplice. Per l'affitto di un appartamento a Manhattan serve il doppio. Quello di Marcovalerio Melis era un bilocale che una parete di cartongesso ha miracolosamente trasformato in tri vano. Così c'è posto per tutta la famiglia: moglie e due figli. «A parte scuola e casa, la vita non è carissima. Si può risparmiare su alcune cose: l'automobile, per esempio, è assolutamente inutile in una città come questa».
C'è un'aggravante: Melis non vuol rientrare, non gli interessa. Dalla Sardegna gli hanno proposto un incarico di prestigio e lui ha risposto no. Sta meglio in un mondo che pure non è il suo, vuole crescere i figli in una società che ignora la «mentalità italiana di sentirsi sempre un po' più furbi degli altri, oppure campare cercando scorciatoie». La conclusione, che stranamente non prevede le tradizionali lacrime d'emigrato, è disarmante: «Di sicuro è triste accorgersi d'essere felici in un'altra nazione ma mi consolo pensando che sarebbe ancora più triste essere infelici a Cagliari».
Non c'era neppure un briciolo di speranza?
«Dipende da cosa si vuole fare nella vita. In Italia, con una specializzazione di chirurgo in tasca non ci sono difficoltà ad avere uno stipendio magari non altissimo e la prospettiva di un'esistenza senza scosse. Però a me non interessava».
Invece lei?
«Io volevo fare il chirurgo sul serio. A Cagliari, strada tutta in salita. Non ci sono maestri e i pochi che sanno non insegnano. È un sistema, il nostro, che tarpa le ali anche ai più volenterosi».
Si rischia, secondo il suo parere, l'atrofia cerebrale.
«In Italia il compito degli specializzandi consiste solo nel compilare le cartelle cliniche o tenere i divaricatori in sala operatoria, mansioni che non richiedono una laurea e tantomeno una specializzazione. Io ambivo a qualcosa di più stimolante».
È vero che i medici italiani sono in qualche caso leggermente analfabeti?
«Nella sanità italiana ci sono alcuni centri di eccellenza che non hanno nulla da invidiare ai migliori ospedali americani, e anche a Cagliari ci sono degli ottimi professionisti. Ma si tratta di eccezioni, la regola è un'altra. Purtroppo. Gli avanzamenti di carriera sono legati ad anzianità di servizio o a clientelismo, dunque mancano gli stimoli a migliorarsi».
Negli Stati Uniti?
«L'amore per la professione ha un risvolto economico che spinge ad aggiornarsi continuamente. Il medico incompetente non ha scampo: viene bombardato di denunce, perde molto danaro e spesso anche il posto di lavoro. Quello competente ha più consulenze, più pazienti: essere bravi, da queste parti, è davvero un affare. Poi, ci sono gli esami».
Che esami?
«In Usa bisogna sottoporsi periodicamente a verifiche per confermare non solo la specializzazione ma addirittura l'abilitazione medica. Vale per tutti, capi inclusi. E si tratta di prove tutt'altro che formali».
Ha detto d'aver imparato in un giorno quello che in Sardegna...
«...mi insegnavano in un anno. Esatto. In Italia ho frequentato per cinque anni sempre lo stesso reparto senza mai fare nulla in prima persona. Ho osservato sempre lo stesso chirurgo fare sempre le stesse cose».
In Usa è diverso?
«Ogni mese cambiavo servizio chirurgico (chirurgia generale, toracica, pediatrica, cardiochirurgica, traumi, trapianti eccetera) e ad ogni rotazione mi trovavo di fronte a casi totalmente diversi. Come chirurgo italiano non avevo la più pallida idea di come interpretare un elettrocardiogramma, tantomeno come gestire un'aritmia. A Chicago, nel secondo mese di specializzazione, lavoravo di giorno in chirurgia vascolare e la notte facevo la guardia anche nella terapia intensiva di cardiochirurgia».
In caso di difficoltà?
«Potevo chiedere aiuto a un medico strutturato o a uno specializzando anziano. La differenza, rispetto all'Italia, è che in prima battuta dovevo cavarmela da solo e non stare a guardare quello che facevano altri».
O nuoti o affoghi: è questa la logica?
«Esattamente questa. Ma avevo la possibilità di imparare moltissimo, macinare ore e ore di lavoro che diventavano poi determinanti al momento delle selezioni».
Non c'è un pizzico di rancore in quel che dice?
«Non ho motivo di serbare rancore. In Italia non ho subìto torti o ingiustizie, nessuno mi ha costretto ad andarmene. Sappiamo tutti come funziona il nostro sistema sanitario: chi vuole restare deve anche accettarne le regole; l'unica alternativa è fare le valigie. Certo, resta il dispiacere di vedere premiare i mediocri e ignorare i meritevoli. Ma questo vale in molte professioni, non solo nella mia».
Gli esterni, in America, sono ben accetti?
«Che domanda: qui sono tutti outsider. Io ho lavorato con chirurghi italiani, australiani, camerunensi, canadesi, egiziani, indiani, kuwaitiani, tedeschi, per non parlare dei tantissimi con passaporto statunitense ma arrivati da immigrati».
Scintille, mai?
«Questo è un Paese aperto. Certo però che mi riesce difficile immaginare un australiano direttore della clinica chirurgica a Cagliari».
Cosa le piace della vita in Usa?
«Il dinamismo. Qui tutto è possibile, nulla è definitivo, qualsiasi cosa può migliorare. Mi piace l'etica del lavorare duro e onestamente, mi piace l'idea che ognuno sia artefice del proprio destino. C'è più tolleranza e più senso civico. L'amicizia non è mai così profonda come lo è per noi italiani. Gli americani sono più individualisti e cementano i rapporti personali con maggiore difficoltà».
Ha vissuto anche in quartieri malfamati, giusto?
«A Chicago. In Usa i confini fra quartieri sicuri e quartieri a rischio sono abbastanza netti. Noi abitavamo in una brutta zona, seppure vicinissimo alla University of Chicago. A volte si sentivano degli spari oppure vedevi un'ambulanza che portava via il tuo vicino in overdose. Ho visto colleghi stupirsi di trovarmi ogni giorno al lavoro tutto intero. Ho cambiato cinque case in dieci anni: anche questa è l'America».
Cosa rimpiange?
«Non mi piace guardarmi indietro. Vorrei condividere con la mia famiglia rimasta in Italia le tappe importanti e la quotidianità. Mi mancano le serate con gli amici di sempre, la pausa-pranzo al Poetto con caffè, sole e mirto».
La figura del capo.
«Negli Stati Uniti deve sfruttare al meglio le potenzialità dei suoi collaboratori, risponde di successi e insuccessi del suo staff. In Italia mi pare una figura più propensa a sfruttare il lavoro della sua squadra per tornaconto personale, tipo mettere la firma su relazioni fatte preparare a specializzandi e cose del genere. In sintesi: in Italia il compito del capo è rendere difficile la vita dei dipendenti, negli Stati Uniti è risolvere problemi creati dai sottoposti».
Cosa bisogna fare per conquistare la benevolenza del capo?
«In Italia non lo so. In America contano i risultati e quelli soltanto, contano le persone concrete e affidabili».
Sbagliato dire che in campo medico i rapporti gerarchici sono medievali ?
«Perché sbagliato? Se consideriamo schiavo chi è sottoposto alla volontà altrui senza alcuna possibilità di affermare il proprio pensiero e la propria dignità, allora gli specializzandi sono da considerare assolutamente schiavi. Il problema è che in Italia a volte si rimane succubi del proprio primario per tutta una carriera».
Si sente realizzato?
«In un settore come il mio, chirurgia oncologica, non mancano i momenti di depressione. Altra faccia della medaglia sono le tante storie a lieto fine oppure accorgersi che per farsi vedere da te arrivano non solo da tutto lo Stato di New York ma anche dal New Jersey e dalla Pennsylvania».
Chirurgo per chirurgo, non era meglio ricostruire tette e chiappe?
«Tutti facciamo scelte sbagliate. Scherzo, ma francamente credo che alla lunga sia piuttosto noioso passare le giornate a impiantare protesi».
Le hanno proposto di rientrare: perché ha rifiutato?
«Devo ammettere che fino a poco tempo fa il mio sogno era proprio quello di tornare, magari aiutare a crescere colleghi più giovani. Alla lunga ci ho ragionato sopra e alla fine ho cambiato idea: mi intristisce la guerra sanitar-giudiziaria contro chirurghi che hanno la sola colpa di essere bravi ma non sardi. Mi intristisce l'idea di lavorare guardandomi sempre alle spalle. Mi intristisce l'obbligo di dover appartenere per forza a questa o quella conventicola altrimenti non ti fanno vivere».
Dunque è un no definitivo?
«Nella vita credo di essermi messo in gioco molte volte, saltando spesso senza rete. Oggi ho due figli, più precisamente due diavoletti mimetizzati da angeli di quattro e sei anni: insieme a mia moglie, alla quale debbo davvero tantissimo, sono loro la mia priorità assoluta».
Che c'entra, i suoi figli non possono crescere in Italia?
«Preferisco che stiano qui. Intanto perché un padre che svolge un lavoro appagante in un ambiente tranquillo è certamente un padre più presente e meno nevrotico. Poi, penso anche che in questo Paese possano avere una educazione più solida e, più in là, maggiori opportunità di lavoro. La mia è un'opinione del tutto personale ma ritengo che al giorno d'oggi la società americana sia più sana ed integra di quella italiana».
Avvilente scoprire la vita lontano dalle radici.
«Cagliari è una città bellissima. Ci sono nato e cresciuto, ci ho conosciuto mia moglie. La mia famiglia, i miei amici - che ritrovo ogni estate - sono lì. D'altra parte, a pensarci bene, la casa non è necessariamente quella in cui si nasce. Io, per esempio, l'ho trovata in una città fantastica che è diventata la mia vita».