13.11.10

la vera amicizia è fatta di soorprese e di timidezza \paure -- sfogo

N.b
Per i motivi della iniqua  e malfatta   legge  suilla privacy apppicabile    e con grandi sanzioni per le fesserie \ cose di piccolo conto   e non punibile  o con pene ridicole    per  le  grandi volazioni    ,  e per la mia esperienza  avuta  con essa , il  nome della persona   è di fantasia   cosi pure  i  fatti veri   sono stati leggermente  modificati \  romanzati -  per evitare   problemi d sorta  con tale legge e per rispetto  verso , anche se non c'è niente di vergognoso  ed intimo  .

Finalmente  Antonella  mi ha restituito  la  mia  digitale  . Ma c'è  una  sorpresa, che mi ha  lasciato sbigottito  e meravigliato  per  un brevissimo attimo  ,  non era   il mio modello  cioè la 

DMC F-3


Ma  un altro tipo DMC F-10 , sempre  con lo stesso numero di mega pixel   .


DMC F-10



Appena fatta  la scoperta anzichè telefonargli  oltre   a meravigliarmi, ho iniziato ( era da tempo che non lo facevo )   ad elucubrare  e  chiedermi :  che  caspita  sarà successo  o l'ha rotta ,  come poi è avvenuto e  non ha  trovato  nè il modello uguale  nè  il coraggio di dirmelo  subito con un sms  o una telefonata, ho  telefonato ad Antonella che mi aveva lasciato la  digitale in negozio   dentro la stessa scatola   del modello precedente, credendo che ci fosse un errore . Ma non c'era  un errore , me lo aveva scritto in  un biglietto che ho  trovato dopo la telefonata,  evidentemente nella fretta    di riavere la mia digitale  e fare  foto  \  video   visto  che  in questi giorni c'era la sagra delle  castagne e vio novello e non solo, oltre  un concerto d'amici .
Mi sarei dovuto incacchiare  ma : la macchina  digitale  da lei  sostituita   è migliore  di quella precedente    in quando  ha   nuove   caratteristiche tecniche  come  il lo zoom  sul macro  .Ora essendo  in confidenza in quanto facciamo  insieme  capita   , turni  o banchetti  per la bottega del commercio equo e solidale   , di cui siamo  entrambi da  5\7 anni volontari, ho lasciato perdere, e  ho messo  da parte  ogni critica e ogni rimprovero  per non avere  avuto il coraggio di  dirmelo subito , e lo  ringraziata  senza  fargli domande   sul perché  e  come  l'ha rotta  o  se    gli  ho chiesto o me l'ha detto lei non me  l'ho ricordo  talmente  è passato  in secondo piano  visto  la  sorpresa  .Appena fatta  la scoperta anziché telefonargli  oltre   a meravigliarmi, ho iniziato ( era da tempo che non lo facevo )   ad elucubrare  e  chiedermi :  che  caspita  sarà successo  o l'ha rotta ,  come poi è avvenuto e  non ha  trovato  nè il modello uguale  nè  il coraggio di dirmelo  subito con un sms  o una telefonata, ho  telefonato ad Antonella che mi aveva lasciato la  digitale in negozio   dentro la stessa scatola   del modello precedente, credendo che ci fosse un errore . Ma non c'era  un errore , me lo aveva scritto in  un biglietto che ho  trovato dopo la telefonata,  evidentemente nella fretta    di riavere la mia digitale  e fare  foto  \  video   visto  che  in questi giorni c'era la sagra delle  castagne e vio novello e non solo, oltre  un concerto d'amici .
Mi sarei dovuto incacchiare  ma : la macchina  digitale  da lei  sostituita   è migliore  di quella precedente    in quando  ha   nuove   caratteristiche tecniche  come  il lo zoom  sul macro  .Ora essendo  in confidenza in quanto facciamo  insieme  capita   , turni  o banchetti  per la bottega del commercio equo e solidale   , di cui siamo  entrambi da  5\7 anni volontari, ho lasciato perdere, e  ho messo  da parte  ogni critica e ogni rimprovero  per non avere  avuto il coraggio di  dirmelo subito , e lo  ringraziata  senza  fargli domande   sul perché  e  come  l'ha rotta  o  se    gli  ho chiesto o me l'ha detto lei non me  l'ho ricordo  talmente  è passato  in secondo piano  visto  la  sorpresa  .
Ecco finalmente   le prime foto  fatte con il nuovo  modello    (  le  altre  le trovate  prossimamente  sul mio flicker ), idem per  i video  di cui due già online gli altri prossoimamente  uno dei quali riportato in qualche post precedente   )  fatte  con la mia  nuova  compagna  di viaggio solitaria   visto che gli amici di  greffa  non sempre  sono  presenti o vaghi (  lavoro , genitori , fmiglie ,  cazzi loro , paura  se   hai litigato con uno compagnia  di svincolarsi dal ricatto che esso fà  o me  o lui  ) .Lo so che è triste  dirlo , ma  in base  alla ma dolorosa  esperienza  fatta , gli unici amici compagni di viaggio che non tradiscono   e ti dicono la verità   quando gli  tratti male   sono  gli oggetti   che ti porti dietro   per hobby o per  lavoro  .
Ecco quali 
Un borsello multi contenitore e multi oggetti  nei tuoi viaggi  lunghi e corti o nelle semplici  camminate \ passeggiate  semplici  sia  per  per mettere in atto mens   sana in corpore sano  o problemi di salute     distrazioni \   pensieri alternativi allo sfogo  sul  cibo (  vedere  mio post  passeggiata  autunnale) visto   che  per problemi di salute le  escursioni   su rocce  o  terreni troppo scoscesi e le mulattiere    che facevo un tempo con il gruppo escursionistico sono  peri mie problemi   diventate troppo proibitive   passeggiate

Ma  puoi tenerci anche  gli altri compagni di viaggio  ed  oggetti   che usi  quotidianamente  o quasi   il baite , le chiavi di casa  , carta  d'identità  e libretto universitario.,portafoglio , portamonete   ,.  Ed alcuni compagni di viaggio  come : la digitale con custodia e batteria di riserva  , la moleschina (   foto sotto al centro )




che non ti tradisce  o bidona come spesso fanno le persone  oltre a custodire le tue  verità  ., il cellulare   con cui scatti foto  o e le metti su facebook o  in rete   o ci scrivi  sms  e  tuo stato da mettere  online  ed una chiavetta  Usb da  8 giga in cui  puoi metterci come nelle molescina   tutti i tuoi pensieri    o  elucubrazioni mentali 


 
   e averle sempre  a porta  di mano  ,  e utilizzarle  anche  in pc   che non  sono i tuoi   o darle  eventualmente  alle persone care .


olo quaswi

storie di chi potrebbe essere curato , ma la cura viene boicottata , con la CCSVi

In attesa   delle  risposte  alle domande\intervista  a  uno dei relatori   la mia compagna di viaggio  Stefania  Calledda  ( gfià intervista  qui   su questo blog   per la sua attività  di scrittrice )  per  buttare giù un post   che  non sia  la  semplice  segnalazione    del convegno  sulla CCSVI   trovate  a fine  post   dei link in merito*
che si terrà a tempio pausania   a fine mese   (  sopra in alto  )  Riporto la storia   di  http://leucosia.blog.kataweb.it/info/.                                                                                         La sua  storia  come dimostra sia questo articolo  e  l'altro che riporto interamentre  sotto   tratto  dal blog  donnepensanti  è fatta  di sofferenza  ma  anche di speranza  di  una malata  di Scla  che nonostante le sofferenze  di tale  malattia   non ha  voluto   rinunciare  ad essere mamma . Cosa   cosa in paese ipocrita  e sempre  più menolaico e sempre più filo vaticano   come il nostro,  è  diventata sempre più proibitiva  specie per  chi  soffre  di malattie molte dele quali sono ereditarie   e  gli viene  negato il diritto a curarsi con le staminali (  vedere  il blocco  degli studi  sulle staminali che ancora persiste  nonostante i giudici abbiano più volte dichiarato certi articoli incostituzionali ,di una  legge  su cui  il popolo italiano  non si è potuto esprimere  totalmente  al referdum  perchè le  gerarchie eclessiastiche  e   i loro lachè , ovviamente senza generalizzare  perchè ci soo  e  l'esperienza  avuta   durante  la  " ma bataglisa  "  referendaria   " me lo ha  confermato  ,  lo hanno impedito   con una politica  massiccia   e sleale    di boicottaggio della  volonta popolare   )  o con metodi alternativi come  quello  del CCsvi che cercano di scoraggiare .

La storia  è questa


“Diversità come stimolo e valore” – Intervista a Simona Coppola  Silvia Cavalieri   17 settembre 2010 Posted in: Interviste, Narr-azioni, News

L’altra sera, durante un incontro che abbiamo fatto con le altre socie fondatrici per riprendere immediatamente i fili del nostro progetto al ritorno dalle ferie, è stato citato anche L’arte della gioia di Goliarda Sapienza, uno dei miei romanzi preferiti.
Per me L’arte della gioia è la storia di una donna che sa ascoltare la sua voce più profonda, al di là delle proiezioni imposte dalla società per cui tante volte ci ritroviamo ingabbiate dentro a modi di fare, di vivere, addirittura di essere, preconfezionati, che spesso nemmeno ci accorgiamo che non ci appartengono, una donna che sa lottare per realizzarsi nella sua autenticità più profonda, che sa pagare il prezzo di questa sua volontà indomabile e assaporare la ricchezza di una vita che, soltanto grazie a questo scarto, mai gratuito, delle convenzioni, si è fatta vita piena e degna di questo nome.
La vita di Simona è completamente diversa da quella di Modesta, la protagonista del romanzo, ma in lei ho avvertito la stessa persuasione e la stessa energia, quella consapevolezza assodata che ognuno è pioniere della propria esistenza e che i modelli, quando esistono, hanno un valore puramente orientativo, perché nessuno è un duplicato e chi lo diventa non sta veramente vivendo.
Simona ci ha contattate per raccontarci la sua storia e, in particolare, quella parte della sua storia in cui ha dovuto investire tutta la sua forza e in cui si è sentita più sola, senza punti di riferimento: la sua scelta di diventare madre nonostante sia affetta da sclerosi multipla.

La tua storia, Simona, ci ha colpito proprio per la determinazione che hai dimostrato nel percorrere una strada poco battuta, andando contro i pregiudizi e adoperandoti con tutta la forza di volontà perché il tuo desiderio di diventare madre si avverasse, consapevole che non si trattava di un capriccio, né di una scelta egoista, come qualcuno ha provato a farti credere, ma del modo più autentico per avvicinarti a quello che sei veramente. Quali sono gli ostacoli più grandi che hai incontrato in questo tuo percorso verso la maternità e quali, invece, gli elementi determinanti nel non farti mollare?

    Tra i principali ostacoli metto senz’ombra di dubbio la totale mancanza di empatia da parte del neurologo che a suo tempo mi seguiva; mentre la vicinanza dei miei genitori, soprattutto quella di mia madre – una presenza costante sia fisica che morale – è stato l’apporto fondamentale durante tutta la mia gravidanza.

Nel tuo blog, Leucosia, scrivi che all’inizio, quando sei rimasta incinta, hai cercato in rete esperienze simili alla tua ma non hai trovato praticamente nulla e questo ti ha fatto sentire molto sola. Il tuo blog nasce anche dalla necessità di cominciare a colmare questa lacuna? Di cosa parli soprattutto nei tuoi post? Come immagini il tuo lettore o la tua lettrice-tipo?

    Leucosia in realtà è nato cinque anni fa, quindi molto tempo prima che scoprissi di essere incinta. Ed è un blog a metà strada tra il diario on line ed un taccuino sul quale annotare i fatti quotidiani, legati non solo alla malattia, ma anche alle mie tante passioni come ad esempio l’archeologia e lo scrivere racconti. E siccome nel blog racconto di me, è stato naturale raccontare soprattutto della mia maternità, in modo da viverla anche attraverso le parole, nella speranza che queste raggiungessero più persone possibili, magari donne che con la mia stessa patologia abbiano in futuro intenzione di diventare madri. Ed in fin dei conti, quando scrivo, immagino proprio loro dall’altra parte del monitor…

So che hai un altro progetto mirato alla creazione di una comunità virtuale di mamme malate di sclerosi multipla, un progetto che, scrivi, “ruota per forza di cose intorno a una versione “altra”, non stereotipata della maternità”. Ce ne vuoi parlare?

    Certamente! Si tratta di un gruppo sul social net di Facebook, che conta circa un centinaio di membri, il cui scopo è quello di dare e ricevere consigli sulla maternità in generale ed in particolare su come affrontare e risolvere serenamente i numerosi interrogativi sul decorso della malattia o sui farmaci da assumere, senza dimenticare di curare il lato emotivo del rapporto genitori-figli-famiglia.

Quali sono i consigli che daresti a chi decide di fare una scelta come la tua?

    Innanzitutto farsi seguire passo dopo passo dall’equipe medica, creando un solido dialogo tra ginecologo e neurologo; in secondo luogo, organizzare e gestire gli spazi della vita domestica, tenendo conto della possibilità di avere bisogno in futuro di una mano esterna al nucleo familiare, per superare le possibili ricadute da post partum.

Che cosa soprattutto credi che la gente, di solito, non capisca davanti alla decisione di fare un bambino, pur essendo diversamente abili?

    Spesso, di fronte a donne che, come me, sono portatrici di una disabilità più o meno accentuata, le persone cadono nel pregiudizio, ritenendole simili ad alberi senza frutto , incapaci quindi di metter su famiglia. Invece noi diversamente abili abbiamo gli stessi desideri ed ambizioni delle persone normodotate, per raggiungere i quali dobbiamo scavalcare ostacoli di dimensioni maggiori, a partire dai luoghi comuni che tristemente ci ingabbiano in uno squallido stereotipo.

Parliamo ora più specificamente della tua malattia, la sclerosi multipla, di cui molti sanno poco e niente. Studi recenti, condotti dall’équipe del professor Paolo Zamboni, dell’Università di Ferrara, stanno producendo risultati decisamente rincuoranti per molti malati: stanno sperimentando un’operazione per l’insufficienza venosa cronica cerebro-spinale (CCSVI), una patologia che si è dimostrato essere, in moltissimi casi, strettamente connessa alla SM. Ci puoi raccontare di cosa si tratta e che cosa significhi per te e per i malati di SM questa nuova possibilità?

    Circa dieci anni fa il prof. Zamboni, avendo la moglie colpita da sclerosi multipla, avviò un’intensa attività di ricerca, riscontrando nei pazienti affetti da sm accumuli di ferro anomali nelle vene che conducono il sangue al cervello. Usando un doppler ad ultrasuoni ha poi scoperto che i depositi di ferro che scatenano le tipiche infiammazioni della malattia sono la conseguenza di un restringimento delle vene stesse, malformazioni che non consentono al sangue di fluire normalmente all’interno del cervello. Tale disordine da lui scoperto è stato denominato CCSVI, ovvero Insufficienza Venosa Cronica Cerebrospinale. Subito dopo si è scoperto che alla gravità dei blocchi delle vene in questione corrispondeva la gravità dei sintomi del paziente. I pazienti con una sola vena bloccata di solito hanno forme più lievi della malattia, mentre quelli con due o più vene danneggiate presentano una malattia più grave. Zamboni ha individuato blocchi non soltanto nelle vene del collo che si trovano direttamente sotto il cervello – le vene giugulari – ma anche in una vena centrale di drenaggio, la vena azygos. E semplicemente grazie ad un intervento di angioplastica, dilatando cioè le vene del collo interessate dalle stenosi, è stato possibile riscontrare nei pazienti operati un evidente miglioramento della loro qualità di vita, associata ad una notevole riduzione delle cosiddette poussé, le ricadute della sm, gli attacchi della malattia.

In Italia però non è ancora possibile, per tutti, operarsi. In particolare, è di qualche settimana fa la notizia che, nella tua regione, la Campania, un comitato etico si è opposto alla possibilità di sperimentare questa operazione. Come hai reagito davanti a questa notizia e cosa vorresti dire a chi infrappone questo ulteriore ostacolo tra te e la possibilità di “liberarti” del tuo male?

    Sinceramente sono rimasta molto delusa ed amareggiata dall’ostruzionismo e dallo scetticismo che sinora ha manifestato la classe medica nei confronti della scoperta di Zamboni e a dire il vero, la tentazione di andare all’estero per poter essere operata è molto forte. A coloro che attualmente non consentono a me e a tanti altri malati italiani di accedere alle cure appropriate al nostro male, chiedo soltanto di avere un briciolo di cuore e di correttezza professionale, rammentando loro il giuramento di Ippocrate, e di riconsiderate le loro scelte in merito.

Veniamo a un’altra passione: l’archeologia. Ti sei laureata con una tesi sui percorsi archeologici per diversamente abili e collabori con una rivista di turismo che si chiama Diversamente agibile. Come ti sei avvicinata all’archeologia?

    L’archeologia mi ha appassionata sin da piccola, ed è stata una passione scatenata ed assecondata grazie anche al luogo in cui sono nata – Napoli, città dalle millenarie stratificazioni. E’ stato quindi più che naturale per me intraprendere questo genere di percorso dapprima di studi, e poi lavorativo.

Qual è la situazione, mediamente, in Italia, per i diversamente abili che vogliano visitare monumenti e luoghi d’interesse artistico?

    Sebbene musei ed aree archeologiche si stiano dotando di percorsi ed esposizioni che rispettino gli standard museali universalmente noti ed accettati, siamo ancora abbastanza lontani dal raggiungimento di un adeguato livello di fruibilità consono ad un pubblico disabile nel nostro Paese.

Un’ultima domanda. Come sei venuta a conoscenza del nostro gruppo e in cosa, in particolare, ti riconosci all’interno di questa nostra iniziativa?

    Navigando in rete sono capitata per puro caso sul sito di “Donne Pensanti”, spulciando tra i link del blog di Panzallaria. Leggendo dell’iniziativa intrapresa sull’abuso del corpo femminile nei media italiani ed i vari articoli scritti su personalità autentiche del mondo femminile, ne sono rimasta colpita al punto tale da voler partecipare in maniera tangibile al vostro gruppo, innanzitutto raccontando la mia testimonianza di donna e di madre, contribuendo nella volontà di creare una nuova visione della nostra società, una società in cui l’essere diversi sia per tutti uno stimolo ed un valore.



*
  Grazie per i link al grppo di  facebook  Ccsvi   nella  sclerosi  multipla

 

12.11.10

il figlio di bakunin film ( ma anxche romanzo ) per non dimenticare chi siamo , chcom'eravamo , e dovew andiamo

L'identità come un dono da scambiare

 

 
Unione sarda del 12 novembre 2010
I l primo cartello nei titoli di coda de Il figlio di Bakunìn è dedicato a Sergio Atzeni, il mio amico caro della giovinezza, ritrovato da adulto e troppo presto perduto. Sergio aspirara a essere un cantore che racconta storie, un “custode del tempo”. Un aspetto che ci univa, rispetto alla Sardegna, era l'importanza del salvare la memoria, del raccontro tramandato, il valore della testimonianza, l'epica delle storie, l'idea dell'identità come un dono da scambiare col mondo. Tullio Saba, minatore, cantante, sindacalista, che attraversa il Novecento (dagli anni Trenta alla fine degli anni Cinquanta) è un personaggio inventato ma radicato nella storia di una Sardegna che è riflesso di un mondo, che si modernizza dolorosamente. La storia di Tullio Saba è ricostruita da un mosaico di testimonianze che sfumano nelle opinioni, nelle credenze, con un meccanismo tipico della tradizione orale e della leggenda popolare. Il personaggio di Tullio Saba è però un personaggio moderno con un forte contatto con il nostro tempo proprio per un certo randagismo dell'anima, per una tensione naturale e non ideologica, verso la libertà. E della leggenda della libertà - vale a dire dei modi in cui la libertà è tramandata, sognata, raffigurata da un popolo - il film ne racconta l'essenza contraddittoria. E' una Sardegna poco conosciuta, che avevo il desiderio di raccontare, un passato prossimo importante di una Sardegna “mineraria e industriale” e così rendere giustizia a un mondo raramente raccontato al cinema. Non il ritratto intimista inserito in un paesaggio "esotico" ma un'epopea popolare. Ho cercato di fare un film corale: gli spazi geografici e passaggi storici, personaggi disparati e diversi si riflettono nella figura del protagonista, che ha l'alone tipico dell'eroe popolare. In questo credo, intimamente fedele al progetto del libro, cioè all'idea di far parlare oggi un coro di persone, che ricordano una storia possibile che c'è stata, che non vuol essere dimenticata e che lega tutte queste vite che per un attimo possiedono questo frammento di verità. Ho cercato ne Il figlio di Bakunìn un linguaggio popolare, non concettuale, usando attori di diversa provenienza, professionisti, dialettali, dilettanti fino ai visi di gente che ha vissuto in prima persona fatti simili a quelli narrati nel film. Sono attratto dal cinema popolare, un cinema che contemporaneamente abbracci molte istanze e sia in grado di parlare ed emozionare persone diverse. Così Il figlio di Bakunìn è un film molto stratificato dove qualunque destinatario può trovarci qualcosa: la poesia, l'oralità, la narrazione, l'epica, la Storia con la S maiuscola e le tanti possibili storie.
GIANFRANCO CABIDDU

 

 

 

 

L'epopea sarda tra memoria e mito

“Il figlio di Bakunìn” di Cabiddu, un affresco di 50 anni di storia


Con l'unione sarda   Secondo film di Gianfranco Cabiddu “Il figlio di Bakunìn”
alcune immagini del film e il regista   foto tratta dall'unione sarda del 12\11\2010
   
IL  1997 è l'anno di svolta del cinema sardo. Esce Il figlio di Bakunìn di Gianfranco Cabiddu, film spartiacque, operazione che rivoluziona lo sguardo sull'immaginario isolano, coraggiosa sperimentazione sulla storia e sulla memoria con un occhio proiettato al futuro. Cabiddu dà un colpo di spugna alla produzione a senso unico che aveva marchiato fino a quel momento la Sardegna (filone deleddiano, banditesco, più le varianti agropastorali) e disegna una epopea sarda col respiro di mezzo secolo di Storia, dagli anni Trenta agli anni Ottanta.
PRODUCE TORNATORE Un film spettacolare. Non è un caso che il produttore, qui all'esordio, sia Giuseppe Tornatore che con Cabiddu ha condiviso la gavetta cinematografica. Già premio Oscar con Nuovo Cinema Paradiso , anche Tornatore fu colpito dal libro di Sergio Atzeni, da cui la pellicola è tratta, e assecondò il regista sardo - nei limiti di un budget molto contenuto, due miliardi di lire - perché si potessero usare carrelli e dolly (si vedano i due bellissimi piani sequenza che aprono e chiudono il film) per dargli il respiro del grande cinema popolare.
RADICI E IDENTITÀ Al di là di una sensazione a fior di pelle Il figlio di Bakunìn (il dvd da domani in edicola con L'Unione Sarda a 8,80 euro più il prezzo del quotidiano) scava in profondità, mette lo spettatore sardo di fronte alle proprie radici, lo chiama ad un confronto continuo; inconsciamente si trascina l'ambiguità di una rappresentazione che ci rappresenta: siamo un popolo che non ha memoria cinematografica perché senza una tradizione di cinema e ritrovare sullo schermo luoghi che abitiamo e che ben conosciamo (schegge di Cagliari, Carbonia, Villamassargia, la selvaggia e disadorna bellezza dei complessi minerari del Sulcis), avere di fronte attori che provengono per la maggior parte dalle tavole dei palcoscenici sardi, mette subito in gioco l'antico discorso sulla riconoscibilità, sulla credibilità.
UOMO E NATURA Come dire, ogni spettatore sardo col suo carico di archetipi e pregiudizi, si sente proiettato sullo schermo, riflesso condizionato di una tradizione, con la paura di doversi svelare: quelli siamo noi, c'è un pezzo della nostra storia. Terreno infido e scivoloso ma da questo punto di vista l'opera seconda di Gianfranco Cabiddu funziona perfettamente, la storia calata in un mare di sarditudine ha tracce vere di una cultura emarginata che è fortemente legata alla terra, che coglie l'essenza del rapporto conflittuale tra l'uomo e la natura che sarà sempre una chiave di volta per un cinema sardo (come dimostreranno poi i film di Mereu, Sanna, Columbu).
L'INTUIZIONE DI ATZENI Il figlio di Bakunìn , che esce per la prima volta in Dvd, è anche un racconto sulle tracce dell'identità e su quelle caratteristiche riconoscibili nel Dna di un sardo, cioè testardaggine, orgoglio, fierezza, dignità. Caratteristiche che si riconoscono in Sergio Atzeni: lui che era andato via dalla Sardegna ma aveva sempre conservato un legame inossidabile, non solo nella produzione letteraria, e nell'Isola è drammaticamente tornato per morire inghiottito dal mare, accentuando simbolicamente quell'inestricabile amalgama uomo-natura, che nel suo caso è diventata maledizione del destino.
METAFORA Ad Atzeni si deve l'intuizione di questa superba metafora sulla Sardegna e sulla trasformazione d'una cultura, con il personaggio Tullio Saba che incarna la voglia di nuovo, l'ansiosa ricerca di slegarsi dagli obblighi della tradizione per percorrere le strade della libertà, di un anarchismo pasticcione che è, prima d'un credere politico svogliato, un sentimento interiore di confusione, fuga, desiderio di cambiamento. Portando fedelmente sullo schermo il romanzo, con i dovuti tradimenti però, Cabiddu allarga ancor di più questa intuizione, puntando tutto su una struttura mosaico, l'affastellarsi di decine e decine di testimonianze che vanno a tracciare l'identità sfuggente di Tullio Saba, Zelig di provincia, minatore, sindacalista, politico, donnaiolo, cantante, affarista, traditore, eroe: uno, nessuno, centomila.
TRADIZIONE ORALE Ne esce un Rashomon al quadrato, dove tutti hanno una verità su Tullio ma non esiste una verità assoluta: così ricalcando il modello della tradizione orale (che è il fulcro della cultura sarda) il film dà voce alle voci che si fanno ricordo epico, contos, aneddoto, battuta, trasmissione della memoria tra amnesie, bugie, fatti nascosti, sentimenti d'amore, invidia e ammirazione per quel figlio di un calzolaio benestante dall'istinto rivoluzionario (per questo lo soprannominarono Bakunìn) che perse tutto col fascismo.
RICERCA DI UN PADRE Epica dunque ma anche film-inchiesta: ogni personaggio guarda in macchina (verso noi spettatori) e parla ad un giovane dai capelli lunghi e orecchino, che va di casa in casa per ricostuire vita e gesta di Tullio. Potrebbe essere un giornalista (una intervistata dice: non finirò mica sull'Unione Sarda?) ma è anche questa una finta pista che approda nel sottofinale almeno ad una verità: quel giovane è un figlio illegittimo di Tullio Saba, il film dunque è la lunga ricerca di un padre, con tutto ciò che di traslato c'è dietro.
CULTURA MINERARIA Cos'altro è Bakunìn ? Uno sguardo che abbraccia cinquant'anni di storia fondendo mito, tradizione, realtà ma senza scegliere fra nessuna, è il ricordo di un'epoca fondata sulla manualità certosina soppiantata traumaticamente da una manovalanza schiavizzata dall'industria, come mostra la sequenza delle scarpe dei minatori, prima resistenti quando le faceva il calzolaio, ora di pessima qualità quando le fornisce il governo fascista. Ancora: è una riflessione su una evoluzione culturale, il passaggio dall'agropastorale alla modernità, rappresentata dall'affermarsi del lavoro in miniera. Per la prima volta il cinema di finzione si occupa di quello che è stato - assieme all'emigrazione - il vero romanzo popolare della Sardegna: la cultura mineraria che nel portarsi appresso il vento della modernità (l'energia elettrica era prima arrivata lì, poi a Cagliari) ha sempre mantenuto una specificità sarda. E miniera vuol dire lotte operaie (nel film è ben raccontato, con secchezza didascalica, il rapporto proletari-padrone), e un crogiuolo dove s'era formato un melting pot - pastori diventati minatori, avventurieri ed emigrati che venivano dal continente - che allargava la società monosarda.
ATTORI E FACCE Il figlio di Bakunìn è soprattutto un film di facce, un paesaggio di volti che legati da una stessa inquadratura fanno dondolare il racconto tra passato e presente, smascherando in questo modo il vero personaggio segreto: la memoria. È un panorama di attori sardi (sembra l'assemblea degli Stati generali, ci sono tutti da quelli della “vecchia” Cooperativa a quelli dialettali) fusi con altri continentali più famosi (Renato Carpentieri, Laura Del Sol, Massimo Bonetti, Claudio Botosso, Simona Cavallari), un tentativo di restituire alla Sardegna una coralità, una dimensione collettiva che il cinema - chiudendolo in una tanca - le aveva finora negato.
IL PROTAGONISTA Era molto delicata la scelta del protagonista, di quel Tullio Saba che nelle pagine del libro non compare mai, perché evocato, raccontato, ricordato, menzionato dai tanti testimoni, in un alone fra il mito e il mistero. Cabiddu sceglie di dargli un volto, privilegiando una pista popolare rispetto ad una sofisticata, più d'autore, e affidando allo sguardo profondo di Fausto Siddi il gravoso compito. La figura di Tullio emerge lentamente, quindi occupa la parte centrale del racconto per poi sfilacciarsi di nuovo fra i tanti rivoli narrativi del film.
AMBIENTI Che ha negli ambienti un altro punto di forza: la Sardegna prima e dopo la guerra rivive con attenzione ai dettagli, in particolare il paesaggio minerario, felicemente ricreato sulle strutture fatiscenti di Ingurtosu, Monteponi, Iglesias, Carbonia; e poi Cagliari, sfruttata nei vicoli di Castello per l'ambientazione anni Cinquanta, oppure nel buco di rovine del vecchio cinema Ariston per avere un credibile lampo della città che si risveglia nel 1945 dopo le bombe; così come è efficace la ricostruzione del ventennio nero, dove il potere fa la voce grossa fra i minatori ed è preso in giro nella piccola comunità del paese. La fotografia di Massimo Pau indulge al patinato, togliendo un po' di ruvidezza all'irrequieta epopea sarda, la bellissima musica di Franco Piersanti - raffinata e melodica - fascia il film con insistenza.
CAPOSTIPITE Si diceva prima: taglio popolare, che vuol dire essere in sintonia con le tante tipologie di pubblico, infilando anche scene d'amore e squarci di siparietti da commedia. È così che Il figlio di Bakunìn ha funzionato come iniezione di fiducia, scossa di energia per quel drappello di registi sardi che nel 1997 non esisteva. Il successo del film, il suo coraggio nel saper guardare oltre, ha dato agli altri la consapevolezza che un progetto-cinema sardo poteva nascere. Senza Bakunìn (che al botteghino incassò un miliardo di vecchie lire, cifra che ha sgretolato l'endemico indecisionismo dei produttori verso la Sardegna) oggi non si parlerebbe di onda sarda, suo malgrado Gianfranco Cabiddu è un po' il padre degli ultimi registi sardi arrivati al cinema.

cari pastori oltre a cendere in guerra per migliori condizioni vendete i vostri prodotti ai turisit


i1 Unione  sarda  del 12  novembre 2010
DAL NOSTRO INVIATO
LELLO CARAVANO

FUNTANAZZA (ARBUS) Petro e Carlotta non vanno alla guerra del latte. Non sanno cosa sia. Non ne hanno mai sentito parlare. Non combattono la battaglia dei prezzi che coinvolge migliaia di pastori sardi. Nascono in un mondo di pecore nere, vecchia razza rustica, abituata da decenni a scarpinare sulle colline di Funtanazza, nei pascoli davanti al mare della Costa Verde. Pecore robuste che danno un latte ricco di grassi e proteine, un latte che profuma di macchia mediterranea e forse dell'aria che viene dal Mediterraneo. Petro e Carlotta sono fatti con questo latte. Appartengono a quella categoria di souvenir che i turisti amano portarsi a casa, rientrano nell'elenco dei benemeriti prodotti che tentano nell'impresa di raddrizzare la sgangherata bilancia commerciale dell'Isola dei quattro mori. Sono formaggi. Pecorini, ovviamente. Che viaggiano con il marchio dell'agricoltura senza veleni e con la garanzia del prezzo giusto (per chi li produce). «Il prezzo lo decidiamo noi. È un prezzo che ci ripaga del lavoro», dicono Mauro e Sandro Lampis, fratelli allevatori di 40 e 36 anni, antenati che si sono stabiliti almeno da metà dell'Ottocento in questo angolo di Sardegna che un tempo viveva di miniera e oggi soprattutto di pensioni, pur sognando un futuro turistico. Lo sguardo spazia per chilometri: da una parte lo spettacolare profilo del monte Arcuentu che ricorda un gigante addormentato, dall'altra il mare, a due chilometri la grande colonia marina abbandonata che ha segnato le storie di tanti bambini figli di minatori.
FORMAGGI E COMPUTER Oltre una decina di anni fa è stata presa la decisione della svolta: per sopravvivere i due allevatori hanno detto basta alla guerra del latte. Si sono trasformati in imprenditori-venditori del prodotto che hanno sempre fatto: il formaggio. Hanno aperto le porte della loro azienda, hanno acquistato il primo impianto computerizzato di mungitura per ovini di tutta Italia, un gioiello tecnologico che consente di risparmiare tempo e manodopera. Trafficano su internet (sito:www.funtanazza.it), ricevono le ordinazioni, fanno partire le consegne. Si sono creati il loro mercato. Senza intermediari. Con i clienti, soprattutto turisti, trattano direttamente loro. Unica eccezione: alcuni negozi di Arbus, Guspini e Gonnosfanadiga che nelle vetrine propongono il loro formaggio.
PASCOLI BIOLOGICI Ricetta semplice e coraggiosa allo stesso tempo. Prima di tutto: via i veleni dai 160 ettari dell'azienda Funtanazza, 80 di colture e 80 di macchia mediterranea, ereditati dal nonno Raimondo e dal padre Pietro. Niente concimi chimici, niente diserbanti. Tutto naturale. Per le pecore nere soltanto pascoli odorosi e biologici tra filliree, olivastri e lentischi. «È una scelta che ci costa molto, il 30-40 cento in più dell'allevamento tradizionale. Ma il formaggio è di qualità superiore, perché ha il sapore delle essenze che crescono nelle nostre terre. Piuttosto - aggiunge Mauro - c'è da dire che aspettiamo dal 2008 i contributi di Regione e Stato per il biologico».
Seconda idea vincente: la produzione e la vendita diretta. Il latte resta tutto in azienda. Anni fa il padre conferiva al caseificio di San Gavino e loro per qualche anno a Guspini. Poi hanno fatto due conti e capito che non conveniva: «Inoltre non c'era soddisfazione. Una fatica sprecata, il nostro latte biologico veniva mischiato con gli altri», afferma Sandro. Tutto il latte ora si trasforma in formaggio: Petro e Carlotta, appunto. E non solo. Anche ricotta, con la quale hanno vinto un premio nazionale. Pecorini di qualità: il giudizio, insindacabile, lo danno i clienti, turisti che vanno alla scoperta di questo angolo dell'Isola - da Capo Pecora a Piscinas, da Scivu a Gutturu 'e Flumini fino a Torre dei Corsari - e che fanno una puntata all'azienda che guarda il mare, acquistano, tornano a casa e fanno conoscere una prelibatezza tutta made in Sardinia. Mauro e Sandro il formaggio lo sanno fare: quello fresco (il più venduto, fragranze di erba e essenze mediterranee), quello stagionato con un gusto leggermente piccante. Hanno conquistato anche due gruppi d'acquisto toscani. Uno, in provincia di Pistoia, ordina 50 chilogrammi di formaggio ogni due mesi. Consumatori molto esigenti. Racconta Mauro: «La responsabile del gruppo d'acquisto era in vacanza da queste parti, ha visto un gregge di pecore che pascolava vicino a una strada dove era in corso un intervento con diserbanti. Ci ha chiamato subito, preoccupatissima, per chiederci dove pascolavano le nostre pecore. L'abbiamo rassicurata. Periodicamente vengono qui, vedono che ci sono insetti, sentono le rane, eccellenti indicatori biologici, e capiscono che sui nostri terreni non ci sono veleni. Sanno che il latte viene lavorato a basse temperature, non è pastorizzato, mantiene tutte le proprietà. Poi sono convinto che l'aria del mare gli dia una certa dolcezza».
DUECENTO PECORE NERE Trecentocinquanta pecore (200 nere), 60 mila litri di latte l'anno, 120 quintali di formaggi, l'ottanta per cento finisce nelle valigie dei turisti, il dieci ai gruppi d'acquisto. Mauro e Sandro Lampis rappresentano una nuova generazione di allevatori. Si sentono padroni del latte delle loro pecore nere e padroni del formaggio che preparano con le loro mani. Hanno solide radici nella tradizione. Qui la pecora nera non è l'eccezione, non è l'emarginato del gruppo. L'hanno sempre allevata, da Capo Pecora e Capo Frasca, e oggi è una razza riconosciuta anche dal ministero dell'Agricoltura. Dà un latte più grasso, va su e giù per le colline senza stancarsi: «Qui c'è da camminare, la pecora nera fa anche due chilometri al giorno», dicono gli allevatori-imprenditori. Mostrano con orgoglio l'impianto di mungitura, collegato con il chip elettronico degli animali: «Basta un solo addetto per mungerle tutte, e le pecore si stressano meno».
DIECI FATTORIE DIDATTICHE Sono diventati anche maestri del cibo a scuola. Funtanazza è una delle dieci fattorie didattiche del Medio Campidano. Le aziende partecipano a un innovativo progetto di educazione alimentare, l'unico nell'Isola, promosso dalla Provincia e dallo Sportello del Linas dell'agenzia Laore (prossima tappa: introdurre finalmente nelle mense scolastiche i prodotti tipici del Medio Campidano). «All'inizio eravamo un po' scettici, poi ci siamo entusiasmati a lavorare con i bambini. Vengono in azienda, preparano il formaggio che lasciamo qui a stagionare. Dopo qualche mese lo portiamo in classe, così loro potranno assaggiarlo in casa con i genitori».
L'ovile, non più nuragico, si apre agli studenti e ai turisti. Questa è la novità. Hanno imparato a vendere, se la cavano con inglese e tedesco: «E dire che i turisti vorrebbero portarsi via tanti souvenir, non chiedono altro che riempire le valigie delle bontà agroalimentari della nostra terra. Vogliono formaggio, ma anche miele, vino, mirto, salumi, che noi non abbiamo. Vedono tante capre al pascolo e domandano dove è possibile acquistare formaggi di capra, quasi introvabili». Mauro e Sandro ora vorrebbero rendere più accogliente l'azienda. C'è da sistemare il vecchio caseificio degli anni Venti, in pietra, con le travi in ginepro e il tetto in canne. «È il prossimo obiettivo, ma facciamo un passo alla volta», dicono. Intanto, hanno messo il loro marchio di genuinità su Petro e Carlotta. I pecorini di Funtanazza che non vanno alla guerra del latte.
Prima d'inizare  con la   storia  d'oggi ,  rispondo  a tutti\e  quelli  che  m'accusano   di sottovalutare    ed elogiare   acriticamente  facebook  , riportando ( chi se  ne frega  se  è banale , rozzo , ecc   accuse  che mi vengono rivolte  , ma ne  ripalemo  prossimamente in un prossimo  post  , altrimenti sconfino nell'Ot cioè vado fuori tema  )   uno stralcio di corripondenza   fra me  ed la madre  d uan mia amica \  utente   avuto qualche giorno fa    


Subject:Critica al tuo elogio  di Facebook e grazie per i tuoi interventi sulla  bacheca di mia figlia
Date:     Thu, 7   nov 2010 19:26:12 +0200
From:     *****************
To:     useppes@tiscali.it




Spett Giuseppe
(...)
Sono  una mamma  di una  sua  "amica "  di   facebook ( uso tale  termine fra  virgolette  perchè , in realta  si dovrebbe usare la  parola   contatto ,  visto che in rete l'amicizia rispetto al suo significato originale  è relativa  )  di 14 anni  . Mote volte    condividiamo ed apprezziamo quello che scrive  (  è  di molto  aiuto per  la maturità culturale    e sociale  di mia figlia  )  , ma  non mi piace tanto il tuo modo d'elogiare , quasi ad esaltare  facebook ,  c'è poca  critica   e sottovalutazione del pericolo a cui  noi siamo  o potremo essere   sottoposti  ( pedofilia , minacce , insulti , rilevazioni di segreti , pettegolezzi  , ecc ) e del lato negativo ovviamente  senza demonizzare  perché  la tecnologia  in realtà è neutra  siamo noi che l'usiamo ( ed a volte ne abusiamo ) bene  o male .
(....)
            Lettera firmata


Subjet : Re Critica al tuo elogio  di Facebook e grazie per i tuoi interventi sulla  bacheca di mia figlia
From : useppes@tscali.it
to :        ******************
Date:     Thu, 12   nov 2010 09:20:12 +0200


Cara ****
Innanzittuto  grazie dell'osservazione  e dell'interessamento con cui mi leggete  e mi seguite   ed  il vostro apprezzamento nei miie  confonti  .
Per la critica  che mi rivolge Non ti biasimo e capisco sulle osservazioni che mi rivolgi , in quanto anch'io  sono  stato vittima  qui su fb  di un fake ( cioè  uno\a che  si  spaccia  per  altri )  che si ha preso i mie dati e le mie  foto  del profilo  e si spacciava   per me  , insultando in maniera  oscena  gli altri\e , ma   come  tu forse ricorderei  visto  che   sei  fra  i miei contatti prima   che io  avessi  tua figlia e ricorderai il modo in cui  l'ho  riconosciuto e grazie  all'aiuto in quanto mi aveva bloccato ed impedito cosi di segnalarlo ,fortunatamente mi hanno aiutato a segnalaarlo e   farlo bannare   dei miei amici\che  (  uso questo termine perchè tali persone   lo sono anche  fuori dalla rete )  .
Ma se parlo , come la storia   che  riporterò prossimamente  nel blog ,  nel mio  solo d'esso in maniera positiva  è perchè bastano già i media  e  alcuni\e ex iscritti\e  che ne parlano  male  , molto spesso in maniera superficiale e faziosa  senza vederne i pro  o ed i contro .
  saluti  Giuseppe



Prima  della storia  due   domande veloci fatte al doiretto interessato dal sottoscritto   






1)  come ti è venuta l'idea ,  è la prima volta  che  leggo   di una pizzeria  che abbia ottenuto un tale  successo nella  sua attività grazie  a  facebook , di  metterti oltre che su youtube  ache su facebook  ?
2) ha  mai preso ( e quindi messo nel conto di prenderne )  fregature  o  che ti facciano scherzi  del tipo ordinare   una  o più pizze  con dati falsi e farti girare  a vuoto o non presentarsi   a ritirarle  ?




 di cui trovate  qui  un suo video promozionale dellla sua  pizza Bunga Bunga




Interruzione di Pagina
dall'unione sarda  del 11\11\2010

«Siamo i primi in Italia» racconta il pizzaiolo virtuale e pluripremiato
La pizza? Si ordina su Facebook
Cronaca e politica ispirano le ricette di Massimo Bosco

Tempio Pausania
La giornata record ha visto sfornate ben 276 pizze, la metà delle quali sono state ordinate tramite il social network.

massimo bosco
Ordinare la pizza su facebook è la nuova frontiera della gastronomia e sembra avere un enorme successo, almeno a Tempio. Se state navigando su facebook e, a un tratto, vi viene un buco allo stomaco, nessun problema. Se avete tra i vostri amici la pizzeria "Bosco" basta entrare in chat o mandare un messaggio privato: et voilà la pizza è prenotata. L'autore di questo servizio ai consumatori è Massimo Bosco, titolare dell'omonima pizzeria che gestisce con la compagna Claudia e il suo staff. «Facebook è stata un'ottima trovata, siamo stati i primi in Italia - spiega Bosco - i clienti ordinano senza spendere niente e, noi, in tempo reale cerchiamo di rispondere a tutti». Anche se molte volte, il sistema va in tilt: le numerose ordinazioni intasano la posta e la chat va in panne. «Siamo costretti a chiudere e riaprire la pagina più vlte o chiuderla del tutto per un po', perché non riusciamo più a seguirla». Sono già 5mila gli "amici di facebook", «tanto che stiamo pensando di aprire un secondo profilo - dice Bosco - abbiamo tantissime richieste di amicizia che non possiamo più accettare». L'ordine su facebook rappresenta circa il 50 per cento degli affari della pizzeria d'asporto ed è stato attivato subito dall'apertura dell'attività, circa tre anni fa. Ultimamente, la giornata record di ordini ha visto sfornate 276 pizze fumanti in una sola serata, ben la metà sono state ordinate tramite il social network più famoso del mondo. Un successo anche dovuto al fatto che il menù offerto ai clienti si arricchisce di continuo e, costantemente, si aggiorna seguendo l'attualità. Sono tante, infatti, le pizze che si ispirano ai fatti della cronaca recente. L'ultima "invenzione" di Bosco, in ordine di tempo, è la pizza "Bunga bunga". « Gli ingredienti sono la patata novella, il salame molle piccante calabrese o quello umbro e il pecorino di Orgosolo - spiega orgoglioso il pizzaiolo - è sta riscuotendo un ottimo successo». Ma al premier ne furono dedicate altre di pizze, come la "Pizza del Papi", con ingrediente principale l'afrodisiaco zenzero; e la pizza del "Partito dell'amore", a forma di cuore. E comunque, il fantasioso pizzaiolo ci tiene a precisare che le sue pizze sono confezionate solo con prodotti genuini. Bosco è pizzaiolo campione italiano nel 2006, tra i primi dieci del mondo per la pizza al taglio romana, campione regionale Cagliari 2004, delegato Fip per la Sardegna e iscritto all'Associazione Cuochi Provincia Gallura.Ci tiene moltissimo a precisare che le sue pizze sono fatte solo con ingredienti molto genuini»D'altronde sono due le scuole che hanno contribuito alla formazione professionale di Bosco: la scuola napoletana per la pizza tonda e quella romana per la pizza quadrata. Di nascita, invece, è di Carbonia ma si sente tempiese d'adozione : «Sono dieci anni che vivo qui. La città mi ha adottato: devo tutto a Tempio».

SEBASTIANO DEPPERU

speriamo che i fati di pompei aprno gli occhi sul resto del patrimonio archeologco . il caso di Olbia e dele tombe puniche non visitabili

 ricollegandomi a quanto  dissi qui sul mio blog gemello   sui fatti di Pompei e  sullo stato del nostro patrimonio archeologico e l'incapacità ( come ribadisco nel titolo di  saperlo far  fruttare  a  livello culturale e  turistico  ) e alle   richieste di maggiori informazioni    sulla  news   di Olbia in esso   riportata   pubblico qui   un articolo

Unione Sarda   11 novembre 2010


Cronaca di Olbia
San Simplicio.

La Sovrintendenza archeologica non ha i soldi per espropriare l'area Un tesoro scoperto e subito sotterrato.
Sarà nascosta per sempre la necropoli trovata in un cantiere formata  da Ventiquattro tombe di origine punica e romana riportate alla luce dalle ruspe. Ritrovati anche gioielli, tra cui un paio di orecchini in oro.
C 'è un tesoro a due passi dalla basilica di San Simplicio, ma nessuno lo potrà mai ammirare. Perché quella parte della necropoli punica e romana di Olbia sarà presto ricoperta dalla sabbia e dal cemento. E perché in quel terreno, dove per tanti secoli sono rimaste nascoste ventiquattro tombe (con un ricco corredo funerario) dovrà sorgere un grande palazzo. La ragioni è una e anche molto semplice: la Sovrintendenza non ha i soldi per espropriare l'area, né per valorizzare quella parte della storia della città.
La scoperta è stata fatta per caso, ma non è poco importante: lo dimostra il ritrovamento, per la prima volta, di alcune tombe cartaginesi scavate nella roccia e di un paio di orecchini in oro di epoca romana. Quanto basta per entusiasmare Rubens D'Oriano, l'archeologo che da anni è impegnato nell'arricchimento dei libri della storia su Olbia. E proprio lui, che in Gallura rappresenta la Sovrintendenza archeologica ha dovuto decidere di ricoprire quella porzione di necropoli portata alla luce dalle ruspe. «Non abbiamo le risorse necessarie per renderla visibile - dice sconsolato - Ci mancano i soldi per l'esproprio, ma anche per un'opera di manutenzione frequente: insomma, non possiamo far altro che ricoprirle. Le tombe attenderanno sottoterra un Paese che in futuro sarà più attento ai suoi beni culturali».
In quel terreno, dove le ruspe hanno abbattuto il vecchio caseificio e alcune officine sull'orlo del crollo, era sotterrata una parte importante della necropoli della città antica. Le sette tombe puniche risalgono al secondo secolo avanti Cristo, cioè quando Olbia era ancora un città punica ma già sotto il potere di Roma. «Questa grande scoperta ci dimostra che l'area funeraria non era suddivisa in tante porzioni, come si credeva fino a questo momento - sottolinea D'Oriano - La necropoli invece era un'unica grande area. Aver ritrovato il corredo funerario in tutte le tombe ci permette di avviare nuovi studi sui riti funerari nell'epoca punica e nel periodo romano». Al tempo dei cartaginesi i componenti della stessa famiglia, anche a distanza tanto tempo, venivano sepolti all'interno della stessa tomba. Del corredo facevano parte brocche di vino, anforette, balsamari, monete e strigili, cioè i cucchiai usati per spalmare gli unguenti sul corpo.
Le rilevazioni più interessanti arrivano dalla zona romana della necropoli. Non solo per il ritrovamento degli orecchini. «I corredi sono poveri e questo indica che le tombe erano destinate a una classe sociale bassa - spiega Rubens D'Oriano - In quasi tutte abbiamo trovato un balsamario in vetro e una moneta. Spicca il caso di una defunta che esibiva un anello di bronzo, un sottile bracciale d'argento e gli orecchini in oro a rosetta con una piccola pietra centrale rossa».


NICOLA PINNA

10.11.10

verso la luce

Solidarietà e domande a Saviano dopo il vile articolo de il ghiornale d'oggi 10\11\2010

Caro Saviano
Leggo  tutti  i giorni o quasi  " a sbaffo "  oltre libero , anche se non è  fra i  giornali che compro, il giornale di Berlusconi  , e  fra gli articoli d'oggi 10\11\2010 ho trovato questo articolo nsultante  ed offensivo ,   dove  il vittimismo  e il piagnisteo  fanno passare   in secondo piano  e pedere  d'importanza  le critiche   giuste  e veritiere ed  il titolo  dato all'articolo   di  cui riporto   qui a sinistra la schermata  della prima  parziale   de il giornale  d'oggi   (  del 10.11.2010 ) d  presa da  questa rassegna stampa  di http://rassegna.camera.it
Ed  è per  questo fango e  critiche strumentali  che  ti viene lanciato  ti sono solidale  e vicino  
Ora però  mi viene spontaneo anche  se  immagino che non risponderai vista l'ovvietà  della mia domanda , chiederti se tali critiche che ancora ricordo   nonostante  all'epoca fossi  soo un adolescente  che stava iniziando ad  interessarvi di politica ) da non confondere  con la politika  quela  dei partiti  e delle ideologie sovvrastrutturatrali )   e d'attualità  : << (...) Saviano snocciola con perizia da leguleio un lungo elenco di fatti. Mostra la sua libertà intellettuale dicendo che le critiche al giudice arrivarono da tutte le parti, omettendo però riferimenti puntuali. Soltanto alla fine pronuncia un nome, quello di Alfredo Galasso, avvocato di molti pentiti: «Galasso è però una degnissima persona». Un colpo al cerchio e uno alla botte, evitando di ricordare che Galasso è stato parlamentare della Rete, il partito pensato da quel Leoluca Orlando (oggi parlamentare Idv) che più volte - insieme a colleghi di partito tipo Carmine Mancuso - puntò l’indice contro Falcone colpevole di non ascoltare abbastanza le «voci» dei pentiti e di fidarsi solo di dati oggettivi e prove certe. Memorabile una puntata di Samarcanda durante la quale Orlando arrivò a sostenere che Falcone teneva nei cassetti documenti importanti sui delitti eccellenti. I                            Indimenticabile quell’articolo di Repubblica nel quale ci si interrogava su «come mai Falcone non abbandoni la magistratura», poiché «s’avverte l’eruzione di una vanità, di una spinta a descriversi, a celebrarsi come se ne colgono nelle interviste dei guitti televisivi». E che dire di quel doppio affondo su l’Unità a due mesi dalla strage di Capaci, dove si spiegava che «Falcone preferì insabbiare tutto» replicato il 12 marzo successivo con la bocciatura di Falcone a superprocuratore antimafia: «Non può farlo, e vi dico perché», firmato da Alessandro Pizzorusso, membro del Csm area Pds. L’imperdonabile peccato dell’inquirente era di aver accettato l’incarico di consulente del ministro Martelli per meglio combattere l’offensiva di Cosa Nostra. I nemici più duri li trovò a sinistra, anche in toga, e per costoro Cossiga «vomitò» vedendoli sfilare accanto alla bara. Paolo Borsellino arrivò a dire che «Giovanni iniziò a morire» nell’88 quando il Csm gli negò la carica di procuratore capo a Palermo. Sempre a palazzo dei Marescialli, il 15 ottobre ’91, Falcone finì sotto processo perché altre toghe avallarono le farneticanti accuse di Orlando, cavalcate dal pidiessino Violante che chiese personalmente al guardasigilli di mollare Falcone («non insistere che il tuo cavallo non passa»). Il giudice, attaccato da corvi e sciacalli, perse il controllo: «La cultura del sospetto non è l’anticamera della verità ma del khomeinismo». Il comunista Chiaromonte, garantista capo dell’Antimafia, provò vergogna: «L’idea che Falcone agiva al servizio di Martelli suscitò in me sdegno. Da questa campagna non fu estraneo il Pds o suoi importanti esponenti». E Mario Patrono, membro del Csm, nelle sue memorie sul pentito Pellegritti rincarò la dose affrontando di petto il ruolo del Pci e dei professionisti dell’Antimafia.Quando Falcone arrivò a Roma per lavorare a fianco di Martelli più toghe (tra cui Roberto Aiello, Laura Bertolè e Armando Spataro) firmarono una lettera dove gli si rimproverava di apparire «pubblicamente a fianco del ministro» l’opera del quale «rende credibili con parole e prese di posizione». Altri magistrati, ben sessanta, capitanati da quell’Antonio Caponnetto giustamente lodato in tv da Saviano, si rivolsero a Martelli affinché bloccasse il varo della Superprocura contro la quale l’Associazione magistrati arrivò a scioperare. Il giudice Elena Paciotti, futura presidente dell’Anm e parlamentare Ds, si vantò di aver votato contro Falcone giudice istruttore a Palermo «perché non si può votare solo in omaggio a criteri premiali o a logiche di salute pubblica». E giù applausi. Unica brillante eccezione, Ilda Bocassini, che ai colleghi che spargevano lacrime di coccodrillo, urlò. «Avete fatto morire Giovanni con le vostre critiche e la vostra diffidenza». Redarguì poi, fra gli altri, anche Gherardo Colombo: «Con che coraggio vai ai suoi funerali, tu che diffidavi di lui». E anni dopo, in un’intervista a Peppe D’Avanzo, attaccò esponenti di Md e dei Verdi che illo tempo attaccarono Falcone.A dirla tutta sull’Unità un editoriale perbene ci fu. Lo firmò Piero Sansonetti, dal titolo «Falcone era un uomo libero. Siamo stati faziosi». Saviano non ha ricordato nemmeno questa voce fuori dal coro. Ha voluto restare fedele all’impostazione data alla sua «lista»: niente nomi, stavolta. Alla faccia di quella messe di informazioni che sola fa la differenza tra inchiesta e macchina del fango. >>  Le  hai tralasciate  , per  usarle alla prossima puntata  o per  dimenticanza come credo   , oppure cosa  a cui non credo tanto   leggendo  i tuoi scritti su facebook e  non , e i tuoi libri ,  oppure  sei fazioso o di parte   ?
Concludo  questo mio post  sconfinando nell'Ot  e ne chiedo  scusa  a voi lettori \trici ma  a volte mi piace  giovare  d'anticipo e prevenire  certe cose  a volte  imbrodandomi perchè  c'è un detto che  fa  cosi  <<  chi si loda  s'imbroda  >> A chi di voi e non  mi chiederà --br--  perchè leggo  quelle che chiamo  fogne   , rispondo  che : 1) non esiste  una   sola verità  ma più verità  ,   anche  SIC    , quella delle fogne  ., 2) per poter  criticare   , contestare devui cooscere  e non partire  aprioristicamente  ., 3) ohni  tanto mi faccio " quattro risate " leggendo i giornali spaccattamente  filo governativi e di come 'essi ti rivoltano la frittata  e  s'arrampicano  , a vovolte  , per  difendere l'indifendibile  e  poi essi sono   più degli altri giornali   ,  come  la  frase qui sotto riportata  da  un mio precedente post 


<<

Mr Firebrand: Secondo il Daily Truth stanno ancora insieme. Li hanno visti in un night club, dopo il ricevimento, in atteggiamento molto intimo.
Mr Coke: Ecco cosa non mi piace dei giornali. Non sai mai chi dice la verità.
- Forse nessuno.
- Meglio non leggerli, allora.
- E rinunciare all'informazione?
- Per me potrebbero anche chiuderli tutti. Se chi mi informa dice solo bugie, è molto meglio che stia zitto!
- E chi stabilisce qual è la verità?
- La verità è nei fatti non nelle congetture. Ma per raccontare i fatti ci vuole OBIETTIVITà. Senza obiettività non c'è una buona informazione. E senza una buona informazione non c'è libertà di stampa e neppure democrazia!
- Non è proprio così che stanno le cose, Mr Coke.
- E questo è male, secondo te, Mr Firebrand?
- Molto male.
- Che cosa è più importante dell'obiettività? Sentiamo.
- La pluralità! Che i giornali siano obiettivi o faziosi non conta. L'importante è che nessuno si erga a giudice o garante dell' "obiettività" dell'informazione e che ognuno possa dire ciò che ritiene giusto o opportuno.
- Anche se non è vero?
- Deve essere la legge a stabilirlo, magari dopo aver consultato più di una fonte. D'altra parte, è sempre possibile distinguere tra verità e mistificazione? Per esempio: che cosa diranno di Lord Endicot i giornali di domani?
- Un mucchio di sciocchezze.- E allora vedi che ho ragione? Il compito dei giornali non è quello di instillare certezze, ma di seminare dubbi!
>>
 frase tratta dal 269  di Dylan Dog  e poi sempre rimandendo in tema Dylan Doghiano  e  sempre riferito ai media  suggerisco  questa  storia  per  maggori  dettagli   rimando    a questa  pagina della casa editrice Sergio Bonelli  da cui  ho preso la foto sopra riportata  

9.11.10

L'arte della lavorazione del sughero in Sardegna.





questo  Video pubblicato da Gian Carlo Deligios Videoproduzioni Rende proprio l'idea del lavoro che c'è dietro la creazione di un tappo si un tappo d sughero e di come  esso sia scomparsa   almeno tradizionalmente   e si  s sia sempre più industrializzata perdendo quel fascino  e diventando   solo riproduttiva   monotona. 
Infatti la testimonianza  di  Stefania Inzaina   sulla bacheca  di fb degli stessi registi \  autori del corto  lo conferma  : <<  Un video bellissimo a tratti emozionante.
Quanti ricordi! Quando a volte, da bambini, saltavamo sulle reti che servivano per far asciugare i tappi!!! E d'estate, con le finestre delle fabbriche aperte per il troppo caldo, il ru...more dei macchinari ci faceva compagnia tra una pampana o il nascondino! Quei suoni, nel tempo, diventarono così naturali come quello delle cicale alla sera!
I camion carichi di sughero che attraversavano il paese e noi col naso all'insù a chiedere cosa fosse quella schiuma e allora i "grandi" ci spiegavano cos'era la bollitura e a noi
bambini pareva così strano che anche il sughero potesse essere messo in acqua bollente come la pasta!!
Bravo Gian Carlo e bravo Roby! Tante facce conosciute, alcuni visi segnati dal tempo che con maestria hanno saputo costruire una realtà economica così importante del nostro paese. C'è tanto cuore in questi frammenti.

Volgarità e volgarità ., bestemmia del povero e bestemmia del potente

Proprio come avevo promesso qui ( http://cdv.splinder.com/post/23571575 )  : << http://cdv.splinder.com/post/23571575  )  : << (....) ne  riparleremo prossimamente   sempre  su queste pagine (....) >> eccomi qui con il post  d'oggi                     
I miei ultimi post  su gli amorazzi del premier  e il conseguente \ scontato  abuso di potere , vero  o presunto che sia , da parte sua ed  in generale  di chi ci rappresenta  hanno creato un vespaio --- come al solito  su fb e via in privato  ma  non qui nei commenti , ma lasciamo perdere , non mi va di fare vittimismo e piangermi sempre  sopra  ---  sia da gente  nuova  e vecchia  che una volta tanto  legge le faq  e ed  è a questi  , oltre che ovviamente a  gli altri\e  che dedico il post  d'oggi .
Andiamo ad  iniziare


Apro come sono  solito son fare  prima di studiare , oltre che  bighellonare  , apro l'email  e mi trovo :  **** ha commentato il tuo  post su  facebook , alcune  email private  alcuen critiche distruttive  (  fra quelle  da cestinare  perchè non degna  di considerazione  o  ovvie  e scontate  ne scelgo   una perchè pur predicando bene   razzollava  male è interessante  e  di spessore  ) e altre  interrogative e costruttive   nella normale  dialettica .
In realtà avrei poturo rispondere cosi  




Ma  poichè  molte lettere sono  , stavolta  ,  di gente  nuova   e semi nuova  che hanno elttole  faq  ,  rispondo   cosi ne  approfitto per  aggiornare  le  faq   ch'era da  un po' che non lo facevo  e chiarire   ed approfondire  certi  mie caratteristiche    e certi aspetto della comunuity .
 quind rispondo cosi  


  
  dal minuto  1.10  e  segue  nei primi minuti della quinta  parte   che trovate  qui 
Iniziamo dall'ultima quella distruttiva , poi mica tanto :
1) Ma che @#* dici  nelle faq e  nel manifesto otre in alcuni post  d'odiare  la  volgarità gratuita , l'insulto  e poi  fai il *#@ è riporti post  insultanti e pieni di volgaarità ed oscenità.Non è  che  il tuo  essere spirito libero    t prenda  un po' troppe  libertà d'insultare  per poi #@* predicare bene ma razzolare male facendo il falso moralista  o  pegio a  senso unico   ?
2) ma come nelle faq  dici una cosa   e nei post  ne dici un altra   che razza di coerenza  è   ?questa  si chiama contraddizione  . l tuo blog  non ha  lo scopo d'essere  coerente  con se stessi è quanto meno   di mettere indiscussione  le proprie  incoerenze ?
3) ma  non puoi utilizzare sinonimi o allusioni il  vocabolario   n'è ricco  .
4) se  ti  , qui  o su fb  leggere  bambini\e come  la mettiamo
ecc

Certo odio  ancora la volgarità gratuita  ma  allo stesso tempo odio (  anche se  a volte nelle  occasioni ufficialie di lavoro  uso anche se  con sofferenza   un linguaggio  più consono   , mettendo da parte quello libertino e colloquiale  ) l'eccessivo moralismo spesso ipocritia ed a  senso unico  , ma  distinguo fra la  volgarità naturale  e  quella  gratuita  \ fuoriluogo sia  de potente  di turno chi nella  maggior  parte dei casi  s'abbassa  al loro livello a volte per ragioni nobili e comprensibili come non sopportare più  la loro arroganza  altre volte perchè non sanno come replicare od ignorarli . Seguo in pratica  l'esempio di Padre Ernesto Maria Balducci (  1922 – 1992) che  nei suoi scritti e prediche distise  la bestemmia del  ricco da quella del povero .
Sono si contraddittorio  , ma  chi non lo è stato   a volte  o sempre , a  tratti  o continuamente  .
Tutti lo siamo  o lo siamo stati  chi più che meno , esso fa parte della  vita \ opera  d'arte  . E poi diciamoci  la verità  è  meglio  esere  considerati contadditori anche quando  non lo  si è che essere coerenti fino a portare  fino in fondo un idea \ un pensiero ormai  messo indiscusse\ spazzato via dalle onde del mare  della realtà e portarlo  fino in fondo   anche fino ala rovina  al male ?  per me no  .
 in questo caso  però  non è questione di coerenza   o di contraddizione  perchè  c'è il fatto che  con gli anni , si cambai ci si trasforma  . Infatti le faq  ed il manifesto del blog , questo ultimo ancora  valido  nei punti principali ,  sono stati  scritti  4\5  anni fa  e  come vedete  da tag aggiornamento faq  , soggetti ad :  precisazioni ,  aggiornamenti ed  integrazioni .
Per l'accusa di volgarita' è vero lo sono ed  non ammetterlo o cercare  giustificazioni futili ( ma lo sono tutti , ecc  )  sarai infido e bugiardo  . Ma  però alo stesso modo mi da fastidio il turpiloquio  ingentilito  e  political corret  in modo goffo , si rischia  di rendere  troppo  ovvia  e pesante   ciò  che  eviti di pronunciare   e ruschi di   esprimerti con orrendo  gusto  .
 Mi viene in mente  un anedoto ed una storia  prese dal libro  Consigli per  un anno  di Roberto Vacca  : << (... ) lo faceva un mio collega , simpatico e  colto ,  forse per  evitare  espressioni da trivio , esclamava  spesso Boia  di una gallina   facendomi rabbrividire  . Viene  a proposito a storia   del cardinale che volle redimere  un suo servitore che bestemmiava  e lo aveva indotto a dire "  managgia gli pescetti " ( espressione   romanesca   ingentilita e flebile )  . Qualche tempo  dopo , il servitore disse  al cardinale :  Emminenza   ho spaccato il suo vaso  cinese  -- quello bello -- mannaggia  li pescetti . E il cardinale rispose furibondo :  che pescetti  ! se hai roto il mio vaso  cinese  bello , questo è il caso  di bestemmiare   come sapevi fare tanto bene >> . Oppure questa battuta presa dalla smemoranda  2010\11  : <<  Durante  Biologia. Stud :  Cazzo .,  Prof :  No G.  siamo nell'ora  di scienze   dsi dice  pene  >> .
Non credo  che  i bambii e gli adolescenti si spaventerebbero  , tanto  nde  sentono  o leggono  sui media  e  in tv , se noi  (  io quando ero bambino ero cosi )  li castighiamo , tanto le apprenderanno  negli "altri canali " (  amichetti , tv \ internet , nervosismo dela gente, ecc )  . Unica soluzione non repressiva  e conciliante  (  ne trovate un esempio dal film  ragazzi miei di e  dalle storie  citate prima  di  consigli per  un anno  )  è quello di lasciare  che si riempano la bocca   di ciò  ed  insegnarli  con chi quando  usarle  ,  come spiega la  Guzzanti   nel video sopra riportato  .

8.11.10

Mentre   finivo di ascoltare  la musica  del mp3 di canzoni in canna  nel pc   ,  ed  inizare  a  studiare partono le  note  de IL pescatore di asterischi di Samuele  Bersani  .
Ed  proprio questa canzone  che mi ha riportato  alla mente   una delle tante storie che leggo e che poi metto sul blog , ma  l'età (  ho  34 anni quasi   li faccio a febbraio  35 )  e i vari impegni me  li fano dimenticare . 
La  storia  che vado a raccontare   è  quella di Enrico Mereu .

Storia   che sarebbe piaciuta  e  forse musicata  da de Andrè o altri cantautori  . Ora leggendo   le  storie che io  metto  qui moti diranno Secondo  alcuni Persone storie così incredibili le si trovano solo in Sardegna , in parte  è vero ( almeno in base  alle storie che leggo sui  giornali  local  o  ascolto  ai tg  regionali o speciali regionali o le storie  che sentivo  dai nonni   e dell'infanza  dei miei  o  da  " giornali  \ fogli  "  locali e cittadini  ) ma  è veroanche il contrario   perchè   storie sbagliate   e speciali  normali per  gente  speciale  speciali per  gente  normali     si trovano ovuque   basta  saper  osservare   ,  sentire  , ascoltare ,  e  soprattutto in tempi come questi navigare  \ muoversi in mezzo  alla  spazzatura ( per no dire   volgarità gratuite   e dar cosi  credito alle  accuse  e critiche   costruttive e distruttive   , ma ne  riparleremo prossimamente   sempre  su queste pagine  )    e  cercare  fra le perle  che  essa  ha  travolto  o nascosto  e  ripulire per  poterle  allo splendore  e  raccontarle  o mettere  in musica  come  hanno fatto Pier Angelo  Bertoli, Gaber , de  Andrè  e  fa   Ligabue e  Guccini

La  storia  è quella di  Enrico Mereu ex  guardia   carceraria   innamoratasa  dell'Asinara   e li è rimasto  . di lui scrive  l'ottimo  critico d'arte  , ma il poco serio  lavoratore   e  caffone  vittorio sgarbi : <<  Di lui scrive Vittorio Sgarbi: "Mereu è come la natura, mutando non cambia, è la luce dal mare che inonda l'anima." >>
 



Un altro video   che  avrei voluto  mettere  qui  direttamente  come  il primo  e non come Url è questo  , ma   purtroppo   la  raimediaset  vuol  imopedirne  la visione  a tutti  quelli che  non hanno  windos ed  explorer  ed limiarne  la  riproduzione   oppure  c'è realmente  un guasto tecnico \ incompatibilità  fra il programma  e moozzila firex  fox  e le vaie versioi di liux  ( ubuntu nel mio caso )  ,  visto che  chi usa  come  me  linux  non riesce nonostante scarichi ed installi   Moonlight

Fin dall’inizio dell’occupazione, oltre ai barbaricini della forestale e i cassa integrati  , c’è un’altra persona che ha dato tutto l’aiuto possibile ai nostri operai dell’Asinara. Si tratta di Enrico Mereu, ex guardia carceraria dell’isola, ora scultore di pregio.
 Enrico è l’unica persona che ha il permesso della regione per vivere sull’isola ( dopo una protesta che lo ha visto incatenato al molo dell’isola per quasi un mese), e questo fa di lui l’unico vero abitante dell’Asinara, dove lavora alle sue opere senza  rovinare  l'ambiente in quanto  :
<<
  (....)
Dove prendi il materiale per le tue opere?

Mi rifornisce la natura. Il mare mi porta i tronchi dalla Spagna, dalla Corsica, dall’Africa e da altri luoghi lontani. E’ come se loro stessi mi raccontassero da dove sono partiti, che percorso hanno fatto. I miei colleghi della polizia penitenziaria, quando qualche imbarcazione aveva un’avaria, portavano a riva i naufraghi sulle loro pilotine. Con loro, ciò che restava delle imbarcazioni, talvolta spezzate in due: imbragavano i tronchi e li portavano a riva. Poi, io li lavoravo e gli ridavo vita, in altre forme.
Cosa stai facendo, ora?
Lavoro il legno e la pietra. Il legno lo scolpisco qua all’Asinara, nel mio laboratorio che è sempre aperto a tutti. La pietra la lavoro fuori dall’isola: vado a prendere i massi nelle cave di granito e trachite, non vado di certo a massacrare gli scogli per fare una scultura. Così come non taglierei mai un albero, anche se fosse secco o bruciato. Un albero, una pietra, possono essere un punto di riferimento affettivo per gli uomini. Se io da piccolo giocavo su un albero e una volta cresciuto ritorno in quei luoghi e lo trovo ancora lì, è come riabbracciare un vecchio amico. In natura, tutto ha un’anima e a me sembra di vederla da subito. Il mio compare un giorno ha tagliato il tronco di un ginepro, nella sua campagna, e voleva usare la radice per accendere un barbecue. Erano radici sottilissime e lunghe. “Compà”, gli ho detto, “in questo legno ci vedo una cosa, non bruciarlo”. Dopo un po’ di tempo, da quel tronco è nata un’aragosta.
Ora il Ministero dell’Ambiente mi ha commissionato di scolpire dei massi da riporre in ogni diramazione dell’Asinara, al posto della cartellonistica. Ogni scultura in pietra rappresenterà una scena quotidiana di una precisa zona dell’isola. Per me questa è un’opera molto importante, che mi dà l’opportunità di raccontare, tramite l’arte, la storia della mia isola. >> ( da http://silviasanna.wordpress.com/ qui l'articolo  completo  )
Concludo questo post  segnalando  la pagina fans  di facebook dedicata  a questo artista  e  il lik ivi citato da cui ho le  foto e  rispondendo a chi mi dice   che racconto solo storie  di altri\e  d'andare  a vedere i miie  video intervista  ( alcuni mesi anche qui in queste pagine  )   da me fatti a  con cittadii  e non .sul mio youìtube http://it.youtube.com/redbeppe








Danyart New Quartet fiori e tempeste

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