i1 Unione sarda del 12 novembre 2010
DAL NOSTRO INVIATO
LELLO CARAVANO
LELLO CARAVANO
FUNTANAZZA (ARBUS) Petro e Carlotta non vanno alla guerra del latte. Non sanno cosa sia. Non ne hanno mai sentito parlare. Non combattono la battaglia dei prezzi che coinvolge migliaia di pastori sardi. Nascono in un mondo di pecore nere, vecchia razza rustica, abituata da decenni a scarpinare sulle colline di Funtanazza, nei pascoli davanti al mare della Costa Verde. Pecore robuste che danno un latte ricco di grassi e proteine, un latte che profuma di macchia mediterranea e forse dell'aria che viene dal Mediterraneo. Petro e Carlotta sono fatti con questo latte. Appartengono a quella categoria di souvenir che i turisti amano portarsi a casa, rientrano nell'elenco dei benemeriti prodotti che tentano nell'impresa di raddrizzare la sgangherata bilancia commerciale dell'Isola dei quattro mori. Sono formaggi. Pecorini, ovviamente. Che viaggiano con il marchio dell'agricoltura senza veleni e con la garanzia del prezzo giusto (per chi li produce). «Il prezzo lo decidiamo noi. È un prezzo che ci ripaga del lavoro», dicono Mauro e Sandro Lampis, fratelli allevatori di 40 e 36 anni, antenati che si sono stabiliti almeno da metà dell'Ottocento in questo angolo di Sardegna che un tempo viveva di miniera e oggi soprattutto di pensioni, pur sognando un futuro turistico. Lo sguardo spazia per chilometri: da una parte lo spettacolare profilo del monte Arcuentu che ricorda un gigante addormentato, dall'altra il mare, a due chilometri la grande colonia marina abbandonata che ha segnato le storie di tanti bambini figli di minatori.
FORMAGGI E COMPUTER Oltre una decina di anni fa è stata presa la decisione della svolta: per sopravvivere i due allevatori hanno detto basta alla guerra del latte. Si sono trasformati in imprenditori-venditori del prodotto che hanno sempre fatto: il formaggio. Hanno aperto le porte della loro azienda, hanno acquistato il primo impianto computerizzato di mungitura per ovini di tutta Italia, un gioiello tecnologico che consente di risparmiare tempo e manodopera. Trafficano su internet (sito:www.funtanazza.it), ricevono le ordinazioni, fanno partire le consegne. Si sono creati il loro mercato. Senza intermediari. Con i clienti, soprattutto turisti, trattano direttamente loro. Unica eccezione: alcuni negozi di Arbus, Guspini e Gonnosfanadiga che nelle vetrine propongono il loro formaggio.
PASCOLI BIOLOGICI Ricetta semplice e coraggiosa allo stesso tempo. Prima di tutto: via i veleni dai 160 ettari dell'azienda Funtanazza, 80 di colture e 80 di macchia mediterranea, ereditati dal nonno Raimondo e dal padre Pietro. Niente concimi chimici, niente diserbanti. Tutto naturale. Per le pecore nere soltanto pascoli odorosi e biologici tra filliree, olivastri e lentischi. «È una scelta che ci costa molto, il 30-40 cento in più dell'allevamento tradizionale. Ma il formaggio è di qualità superiore, perché ha il sapore delle essenze che crescono nelle nostre terre. Piuttosto - aggiunge Mauro - c'è da dire che aspettiamo dal 2008 i contributi di Regione e Stato per il biologico».
Seconda idea vincente: la produzione e la vendita diretta. Il latte resta tutto in azienda. Anni fa il padre conferiva al caseificio di San Gavino e loro per qualche anno a Guspini. Poi hanno fatto due conti e capito che non conveniva: «Inoltre non c'era soddisfazione. Una fatica sprecata, il nostro latte biologico veniva mischiato con gli altri», afferma Sandro. Tutto il latte ora si trasforma in formaggio: Petro e Carlotta, appunto. E non solo. Anche ricotta, con la quale hanno vinto un premio nazionale. Pecorini di qualità: il giudizio, insindacabile, lo danno i clienti, turisti che vanno alla scoperta di questo angolo dell'Isola - da Capo Pecora a Piscinas, da Scivu a Gutturu 'e Flumini fino a Torre dei Corsari - e che fanno una puntata all'azienda che guarda il mare, acquistano, tornano a casa e fanno conoscere una prelibatezza tutta made in Sardinia. Mauro e Sandro il formaggio lo sanno fare: quello fresco (il più venduto, fragranze di erba e essenze mediterranee), quello stagionato con un gusto leggermente piccante. Hanno conquistato anche due gruppi d'acquisto toscani. Uno, in provincia di Pistoia, ordina 50 chilogrammi di formaggio ogni due mesi. Consumatori molto esigenti. Racconta Mauro: «La responsabile del gruppo d'acquisto era in vacanza da queste parti, ha visto un gregge di pecore che pascolava vicino a una strada dove era in corso un intervento con diserbanti. Ci ha chiamato subito, preoccupatissima, per chiederci dove pascolavano le nostre pecore. L'abbiamo rassicurata. Periodicamente vengono qui, vedono che ci sono insetti, sentono le rane, eccellenti indicatori biologici, e capiscono che sui nostri terreni non ci sono veleni. Sanno che il latte viene lavorato a basse temperature, non è pastorizzato, mantiene tutte le proprietà. Poi sono convinto che l'aria del mare gli dia una certa dolcezza».
DUECENTO PECORE NERE Trecentocinquanta pecore (200 nere), 60 mila litri di latte l'anno, 120 quintali di formaggi, l'ottanta per cento finisce nelle valigie dei turisti, il dieci ai gruppi d'acquisto. Mauro e Sandro Lampis rappresentano una nuova generazione di allevatori. Si sentono padroni del latte delle loro pecore nere e padroni del formaggio che preparano con le loro mani. Hanno solide radici nella tradizione. Qui la pecora nera non è l'eccezione, non è l'emarginato del gruppo. L'hanno sempre allevata, da Capo Pecora e Capo Frasca, e oggi è una razza riconosciuta anche dal ministero dell'Agricoltura. Dà un latte più grasso, va su e giù per le colline senza stancarsi: «Qui c'è da camminare, la pecora nera fa anche due chilometri al giorno», dicono gli allevatori-imprenditori. Mostrano con orgoglio l'impianto di mungitura, collegato con il chip elettronico degli animali: «Basta un solo addetto per mungerle tutte, e le pecore si stressano meno».
DIECI FATTORIE DIDATTICHE Sono diventati anche maestri del cibo a scuola. Funtanazza è una delle dieci fattorie didattiche del Medio Campidano. Le aziende partecipano a un innovativo progetto di educazione alimentare, l'unico nell'Isola, promosso dalla Provincia e dallo Sportello del Linas dell'agenzia Laore (prossima tappa: introdurre finalmente nelle mense scolastiche i prodotti tipici del Medio Campidano). «All'inizio eravamo un po' scettici, poi ci siamo entusiasmati a lavorare con i bambini. Vengono in azienda, preparano il formaggio che lasciamo qui a stagionare. Dopo qualche mese lo portiamo in classe, così loro potranno assaggiarlo in casa con i genitori».
L'ovile, non più nuragico, si apre agli studenti e ai turisti. Questa è la novità. Hanno imparato a vendere, se la cavano con inglese e tedesco: «E dire che i turisti vorrebbero portarsi via tanti souvenir, non chiedono altro che riempire le valigie delle bontà agroalimentari della nostra terra. Vogliono formaggio, ma anche miele, vino, mirto, salumi, che noi non abbiamo. Vedono tante capre al pascolo e domandano dove è possibile acquistare formaggi di capra, quasi introvabili». Mauro e Sandro ora vorrebbero rendere più accogliente l'azienda. C'è da sistemare il vecchio caseificio degli anni Venti, in pietra, con le travi in ginepro e il tetto in canne. «È il prossimo obiettivo, ma facciamo un passo alla volta», dicono. Intanto, hanno messo il loro marchio di genuinità su Petro e Carlotta. I pecorini di Funtanazza che non vanno alla guerra del latte.
FORMAGGI E COMPUTER Oltre una decina di anni fa è stata presa la decisione della svolta: per sopravvivere i due allevatori hanno detto basta alla guerra del latte. Si sono trasformati in imprenditori-venditori del prodotto che hanno sempre fatto: il formaggio. Hanno aperto le porte della loro azienda, hanno acquistato il primo impianto computerizzato di mungitura per ovini di tutta Italia, un gioiello tecnologico che consente di risparmiare tempo e manodopera. Trafficano su internet (sito:www.funtanazza.it), ricevono le ordinazioni, fanno partire le consegne. Si sono creati il loro mercato. Senza intermediari. Con i clienti, soprattutto turisti, trattano direttamente loro. Unica eccezione: alcuni negozi di Arbus, Guspini e Gonnosfanadiga che nelle vetrine propongono il loro formaggio.
PASCOLI BIOLOGICI Ricetta semplice e coraggiosa allo stesso tempo. Prima di tutto: via i veleni dai 160 ettari dell'azienda Funtanazza, 80 di colture e 80 di macchia mediterranea, ereditati dal nonno Raimondo e dal padre Pietro. Niente concimi chimici, niente diserbanti. Tutto naturale. Per le pecore nere soltanto pascoli odorosi e biologici tra filliree, olivastri e lentischi. «È una scelta che ci costa molto, il 30-40 cento in più dell'allevamento tradizionale. Ma il formaggio è di qualità superiore, perché ha il sapore delle essenze che crescono nelle nostre terre. Piuttosto - aggiunge Mauro - c'è da dire che aspettiamo dal 2008 i contributi di Regione e Stato per il biologico».
Seconda idea vincente: la produzione e la vendita diretta. Il latte resta tutto in azienda. Anni fa il padre conferiva al caseificio di San Gavino e loro per qualche anno a Guspini. Poi hanno fatto due conti e capito che non conveniva: «Inoltre non c'era soddisfazione. Una fatica sprecata, il nostro latte biologico veniva mischiato con gli altri», afferma Sandro. Tutto il latte ora si trasforma in formaggio: Petro e Carlotta, appunto. E non solo. Anche ricotta, con la quale hanno vinto un premio nazionale. Pecorini di qualità: il giudizio, insindacabile, lo danno i clienti, turisti che vanno alla scoperta di questo angolo dell'Isola - da Capo Pecora a Piscinas, da Scivu a Gutturu 'e Flumini fino a Torre dei Corsari - e che fanno una puntata all'azienda che guarda il mare, acquistano, tornano a casa e fanno conoscere una prelibatezza tutta made in Sardinia. Mauro e Sandro il formaggio lo sanno fare: quello fresco (il più venduto, fragranze di erba e essenze mediterranee), quello stagionato con un gusto leggermente piccante. Hanno conquistato anche due gruppi d'acquisto toscani. Uno, in provincia di Pistoia, ordina 50 chilogrammi di formaggio ogni due mesi. Consumatori molto esigenti. Racconta Mauro: «La responsabile del gruppo d'acquisto era in vacanza da queste parti, ha visto un gregge di pecore che pascolava vicino a una strada dove era in corso un intervento con diserbanti. Ci ha chiamato subito, preoccupatissima, per chiederci dove pascolavano le nostre pecore. L'abbiamo rassicurata. Periodicamente vengono qui, vedono che ci sono insetti, sentono le rane, eccellenti indicatori biologici, e capiscono che sui nostri terreni non ci sono veleni. Sanno che il latte viene lavorato a basse temperature, non è pastorizzato, mantiene tutte le proprietà. Poi sono convinto che l'aria del mare gli dia una certa dolcezza».
DUECENTO PECORE NERE Trecentocinquanta pecore (200 nere), 60 mila litri di latte l'anno, 120 quintali di formaggi, l'ottanta per cento finisce nelle valigie dei turisti, il dieci ai gruppi d'acquisto. Mauro e Sandro Lampis rappresentano una nuova generazione di allevatori. Si sentono padroni del latte delle loro pecore nere e padroni del formaggio che preparano con le loro mani. Hanno solide radici nella tradizione. Qui la pecora nera non è l'eccezione, non è l'emarginato del gruppo. L'hanno sempre allevata, da Capo Pecora e Capo Frasca, e oggi è una razza riconosciuta anche dal ministero dell'Agricoltura. Dà un latte più grasso, va su e giù per le colline senza stancarsi: «Qui c'è da camminare, la pecora nera fa anche due chilometri al giorno», dicono gli allevatori-imprenditori. Mostrano con orgoglio l'impianto di mungitura, collegato con il chip elettronico degli animali: «Basta un solo addetto per mungerle tutte, e le pecore si stressano meno».
DIECI FATTORIE DIDATTICHE Sono diventati anche maestri del cibo a scuola. Funtanazza è una delle dieci fattorie didattiche del Medio Campidano. Le aziende partecipano a un innovativo progetto di educazione alimentare, l'unico nell'Isola, promosso dalla Provincia e dallo Sportello del Linas dell'agenzia Laore (prossima tappa: introdurre finalmente nelle mense scolastiche i prodotti tipici del Medio Campidano). «All'inizio eravamo un po' scettici, poi ci siamo entusiasmati a lavorare con i bambini. Vengono in azienda, preparano il formaggio che lasciamo qui a stagionare. Dopo qualche mese lo portiamo in classe, così loro potranno assaggiarlo in casa con i genitori».
L'ovile, non più nuragico, si apre agli studenti e ai turisti. Questa è la novità. Hanno imparato a vendere, se la cavano con inglese e tedesco: «E dire che i turisti vorrebbero portarsi via tanti souvenir, non chiedono altro che riempire le valigie delle bontà agroalimentari della nostra terra. Vogliono formaggio, ma anche miele, vino, mirto, salumi, che noi non abbiamo. Vedono tante capre al pascolo e domandano dove è possibile acquistare formaggi di capra, quasi introvabili». Mauro e Sandro ora vorrebbero rendere più accogliente l'azienda. C'è da sistemare il vecchio caseificio degli anni Venti, in pietra, con le travi in ginepro e il tetto in canne. «È il prossimo obiettivo, ma facciamo un passo alla volta», dicono. Intanto, hanno messo il loro marchio di genuinità su Petro e Carlotta. I pecorini di Funtanazza che non vanno alla guerra del latte.
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