23.11.10

Il bimbo che gioca a pallone solo per sentenza

A chi mi dice   nn è vero che  sono un antisportivo eo un sognatore o un complottista  quando  dico   che  ome  nell'antica  roma  i  giochi   del colosseo  erano  un arma di distrazione di massa    cioè Panem et circenses (letteralmente, Pane e corse dei cavalli) è una locuzione in lingua latina molto conosciuta e spesso citata. Era usata nella Roma antica.
Rispondo con questa  storia    trovata  stamattina  Sfogliando  al bar   " il  giornale " 


Un ragazzino di Trieste vittima della lite tra genitori separati. La mamma non vuole che vada a scuola calcio e non firma il permesso per iscriverlo nella squadra. Ma il Tribunale dei minori interviene e stabilisce che il piccolo ha diritto ai suoi 90 minuti di svago
DIFESA
Il magistrato ha ascoltato il figlio e ha voluto mettere al centro i suoi desideri VERDETTO Fare parte di un gruppo in un periodo così difficile fa bene alla sua crescita

  I GENITORI SEPARATI LITIGANO, DECIDE IL GIUDICE
Il bimbo che gioca a calcio per sentenza

di
Cristiano Gatti

Forse, quando sarà il centravanti del­la Triestina e vincerà la classifica canno­nieri, alle domande dei cronisti sportivi darà la risposta più singolare: «Se sono qui, devo dire grazie a chi ha creduto in me e mi ha lanciato nel mondo calcio: il presidente del tribunale».
Succede anche questo, nelle liti matri­moniali. Padre e madre si rinfacciano tutto e non si risparmiano niente. In mezzo, tirati da una parte e dall'altra, i ragazzini che ci capiscono poco. A dieci anni c'è ancora tutto un mondo di cristal­lo che va maneggiato con cura: la scuo­la, gli amici, le passioni. Questo

piccolo triestino, che il giornale della sua città chiama Walter ribattezzan­dolo con nome di fantasia, non chiedeva niente di più: di continuare la vita come sempre, nella sua scuola, con i suoi amici, seguendo la sua grande passione, il calcio.
Purtroppo, anche se i grandi dicono durante una separazione che i figli devo­no starne fuori, tutelati e protetti, ad andarci di mez­zo sono immancabilmente loro. La mamma di Walter vuole trasferirsi a Pordeno­ne, un altro lavoro e un'al­tra vita a debita distanza dall'uomo dei suoi fallimen­ti. Il papà invece resta a Trie­ste, sperando di poterci te­nere anche Walter, che qui è nato, è cresciuto e ha mes­so radici. Tra i turbini di questa bufera familiare, il ragazzino viene sballottato come foglia al vento. Inizial­mente la mamma riesce a portarselo nella casa di Por­denone. Ma poi entra in sce­na il Tribunale dei minori, chiamato a disinnescare questo materiale ad altissi­mo contenuto esplosivo. È in gioco il futuro dei figli. Ogni giorno, in ogni parte d'Italia, lo stesso problema
si perpetua con modi e sfu­mature sempre diversi. Già, cosa è davvero meglio per loro, che non possono ancora scegliere? È un dan­natissimo compito, per un giudice che davvero voglia esercitare la missione. Il presidente Paolo Sceusa sente tutte le parti. La mam­ma dice che Walter sta be­nissimo a Pordenone. Il pa­pà dice che Walter sta benis­simo dov'è sempre stato, a Trieste. Lungo questo asse friulano corre il destino di una creatura che non è an­cora padrona del proprio destino. Il buon giudice chiama Walter: sa che la sua parola, i suoi sentimen­ti, i suoi desideri valgono pur qualcosa. Quando vie­ne sentito, il ragazzino esprime un chiaro orienta­mento: vuole stare a Trie­ste, nella sua casa, nella sua scuola. Alla fine, la sua opi­nione è quella che conta. Il Tribunale dei minori deci­de per Trieste, con il papà. È un primo passo. Poi però subentra il calcio. Walter gioca da tempo nella squa­dra degli amici, ma la socie­tà non può tesserarlo senza il consenso di entrambi i ge­nitori. Ovviamente il papà lo firma subito. Alla mam­ma, chissà, questa firma sembra l'ultima arma per vincere qualcosa, anche una minuscola battaglia, perché non si dica che il ma­rito ha avuto vita facile su tutto. La firma viene nega­ta. Può giocare a Pordeno­ne, se vuole.
Walter però è ancora nel­la fase sentimentale del pal­lone, di questo mondo del
pallone in cui i grandi non hanno più maglie del cuore e spirito di bandiera, pronti ad andare in due o tre città diverse nella stessa stagio­ne. Walter vuole giocare a Trieste perché lì c'è la sua squadra, il suo allenatore, i suoi compagni. Lo dice chiaramente anche al giudi­ce, in una seconda udienza del laborioso processo. An­cora una volta, il giudice mette al centro il ragazzi­no: stare con gli amici, sen­tirsi parte di un gruppo, in un periodo così difficile del­la sua crescita, questa è pre­sumibilmente la migliore delle strade possibili. Wal­ter giocherà a Trieste, nella sua squadra, per decreto. In attesa che un giorno, quando il tempo avrà affie­volito molte pulsioni e smussato molti spigoli, la mamma accetti di lasciarlo lì, dove vuole correre, salta­re, tirare, scalciare, sudare, piangere, gioire. Dove anco­ra riuscirà ad essere bambi­no spensierato, per novan­ta minuti almeno.
Poi si sa che il calcio non è la soluzione di tutti i proble­mi. Si sa che Walter, come tutti i figli contesi e divisi, avrebbe bisogno di ben al­tro. A questa età, dopo una bella sudata e una doccia calda, gli servirebbe l'armo­nia dentro casa. Ma qui non c'è giudice che possa aiutar­lo. Non c'è speranza che una sentenza, come gli ha restituito il pallone, gli rico­struisca una famiglia. Quan­do un matrimonio arriva in tribunale, è solo per distrug­gere .

                                  Cristiano Gatti


Invece  il piccolo ditriste  ne da una versione simile  .
<<(...) 
All’udienza in cui il presidente del Tribunale dei minori ha assunto questa decisione, la mamma non si è fatta vedere ed è stata presentata dal proprio legale.
«Sono disperata. Non solo mio figlio non vive più con me ed è rientrato a Trieste nell’abitazione del papà, ma molti mi dipingono come fossi un mostro, una donna che pone continui veti a un bambino di dieci anni e ne penalizza le scelte. Non è vero e non è giusto».
Questo aveva dichiarato nei primi giorni di ottobre la mamma di Walter a una cronista pordenonese cercando di mettere a fuoco la propria ”verità”. «Walter è sempre vissuto a Trieste con me e ha visto suo padre costantemente nei fine settimana. Poi io ho avuto l’ occasione di trasferirmi a Pordenone, una scelta dettata da ragioni diverse, tra cui anche quella di cercare un lavoro migliore. Avevo anche trovato per lui una squadra di calcio dove avrebbe potuto farsi valere. Invece non è più rientrato nella mia nuova abitazione. Non so cosa sia accaduto a Trieste nel weekend che aveva passato col padre. Certo è che Walter a Pordenone si era ambientato benissimo».
Opposta la versione del ragazzino, quando era stato sentito dai giudici. «Voglio ritornare a vivere a Trieste con mio papà: così potrò frequentare di nuovo i miei amici, la mia scuola e la mia squadra di calcio».
In altri termini ha rivendicato un po’ di rispetto per la sua sensibilità e per i suoi desideri. E i giudici hanno capito il dramma di un ragazzo di dieci anni ”estirpato” dall’ambiente in cui aveva vissuto e hanno deciso di conseguenza. A fine settembre è rientrato nella sua scuola; ora fa di nuovo parte legittimamente della ”rosa” della sua squadra. Corre, salta, dribbla, stoppa di petto e cerca il gol. Come un vero bomber.
>>

o voi decidere  qual'è  la verità

22.11.10

-5 al convegno sulla CCSVI a tempio pausania



In esso si parlerà degli Studi recenti, condotti dal Prof. Paolo Zamboni e dai suoi collaboratori, presso l’Azienda Ospedaliera - Universitaria di Ferrara, e dal Dott. Fabrizio Salvi direttore del centro Bellaria Neurologia di Bologna, i quali indicano che la malformazione nota come “insufficienza enosa cerebro-spinale cronica” (CCSVI) potrebbe contribuire ai danni del sistema nervoso centrale nella sclerosi multipla.
La CCSVI descrive un’anomalia del flusso di sangue in cui il sistema venoso,a causa di malformazioni che causano un restringimento delle principali vene di deflusso del sistema nervoso centrale a livello del collo, del torace e della colonna vertebrale, potrebbe concorrere al danno dei tessuti nella malattia.
I risultati preliminari della complessiva attività di ricerca sin qui svolta dal Prof. Zamboni hanno sollevato non solo il comprensibile interesse e le aspettative delle persone colpite da SM, ma anche un intenso dibattito all’interno della comunità scientifica.Su tale malattia L' AISM e la sua Fondazione FISM, insieme alle altre Associazioni internazionali sulla SM, in particolare statunitense ecanadese, indirizza risorse finanziarie e organizzative per assicurare uno scambio aperto nella comunità scientifica e per coordinare e accelerarenuovi studi sulla CCSVI nella SM. mA questo studio da informazioni raccolte non viene riconoscuto dal prof Zamboni. Infatti, il prof Zamboni si è dissociato dalla sperimentazione aism-fism, in quanto non si è accoltanessuna delle sue richieste di modifica del protocollo e le sue obiezioni non solo non sono state accolte, ma persino ignorate.Il prof Zamboni ed altri medici ed ospedali illuminati stanno studiando e mettendo in pratica la diagnosi ed il trattamento della CCSVI: si lotta contro i boicottaggi che non permettono alla cura d'andare avanti e d'essereapplicata su una casistica più ampia. Essi lottano contro la disinformazione della casta della neurologia e contro le Case farmaceutiche e persino controla maggior parte dei media che non informano o disinformano, o ancora si occupano degli amorazzi del premier o altre amenità sugli spocchiosi vip.
Intervisto qui Marianna Bulciolu, organizzatrice del convegno, e Stefania Calledda una dei relatori del convegno che ripeto si terrà a tempio il 27  c.m
1) Puoi spiegare a noi profani con parole semplici cosa è la Ccsvi ed  in cosa consiste?
La CCSVI è una grave patologia del sistema venoso profondo ed interessa le giugulari e la vena zygos principalmente, ma anche altre vene. Accade che il sangue pieno di impurità ristagni nel cervello e nel midollo spinale, crei  degli accumuli ferrosi che vengono riconosciuti come nocivi ed attaccati dal sistema immunitario che finisce però per danneggiare il tessuto nervoso.Ovviamente questo è detto in parole povere, ma la questione è molto più complessa. Ciò che si è scoperto è che questa patologia vascolare interessa tutti o quasi i malati di sclerosi multipla. Oggi esiste un dibattito molto acceso su quale sia la correlazione tra SM e CCSVI, ma rimane il fatto, e questo noi lo diciamo con forza, che la CCSVI esiste, è diagnosticabile e in quanto patologica deve essere curata. Pensate che per le giugulari passa  normalmente un litro di sangue al minuto. Nelle mie giugulari è già tanto se qualche goccia si fa vedere.
2) E’ valida per tutti i tipi di SM?
La grande novità è che finalmente un trattamento è valido per tutti e non solo per le forme iniziali recidivanti-remittenti, ma anche sulle progressive per le quali attualmente non esistono terapie. Curare la CCSVI non significa curare la SM, il danno neurologico non è riparabile e persiste. Ciò che si nota è un miglioramento della qualità di vita dovuto
alla scomparsa o al miglioramento di alcuni sintomi che si pensavano essere della SM e che oggi possiamo individuare come sintomi della CCSVI. 
3) Quali sono gli interessi che la bloccano negli ospedali pubblici ma non i privati ? 
Il ministro Fazio è stato molto chiaro, in un documento ufficiale ha dichiarato che le malformazioni vascolari della CCSVI devono essere curate negli ospedali pubblici. Nulla più vieta che si intervenga su questa malattia, piuttosto bisogna che i medici vascolari, radiologi interventisti,ecografisti, chirurghi vascolari, si preparino e siano forniti della strumentazione più adatta. Il mercimonio della CCSVI deve finire.
4)  quindi  Viene bloccata per motivi ufficiali,ma anche dalle stesseassociazioni, perché non è stata testata a livello ufficiale? Non ci sono grandi studi in merito oppure come sostengono alcuni fautori per interesse delle grosse cause farmaceutiche, perché da quel che ho letto in alcuni casi la cura potrebbe essere definitiva e quindi la gente non comprerebbe più i farmaci che prima usava o non andrebbe più nei loro studi periodicamente?
La questione è molto più complessa e le case farmaceutiche hanno un loro peso, se pur marginalmente. Gli studi vengono osteggiati, bloccati, o magari vengono falsati da protocolli fatti ad hoc per dare risultati negativi, il tutto perché qui si mettono in discussione decenni di altri studi che hanno sancito l’ortodossia della Sclerosi Multipla come malattia autoimmune. Siamo ad una svolta storica, e in questi casi c’è sempre una santa inquisizione che continua a sostenere anche davanti all’evidenza che è il sole che gira intorno alla terra, non so se sono stata chiara.
Ripeto, lasciamo che gli scienziati continuino l’approfondimento sulla connessione tra SM e CCSVI e su come una intervenga sull’altra, ma occupiamoci della CCSVI come malattia a sé stante: sono malata di CCSVI,voglia essere curata. Punto.

19.11.10

lui è sempre presente nel momento del bisogno!!!

quando mi mancano i suoi disegni

anche la lega una volta seduta a roma ha perso getato la maschera

 leggo in  rete   e su fb  questo articolo
  
Fini: la mafia è anche al nord
''Non capisco come qualcuno si possa indignare se c'e' chi dice che la mafia e' anche al Nord. Non e' una polemica contro un partito o contro un territorio nazionale. La mafia e' ovunque c'e' un interesse''. Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, intervenuto ad un incontro sulla legalita' nella sede della Banca Popolare di Novara. ''Pensare che la mafia - ha sottolineato Fini - sia solo un fenomeno calabrese o siciliano significa non avere letto una riga delle centinaia di migliaia di pagine degli atti giudiziari. La mafia e' ovunque si muovano dei soldi, le organizzazioni criminali cercano di prosperare in ogni parte d'Italia e d'Europa. La mafia e' un fenomeno globale, quindi evitiamo polemiche inutili''. ''Dalle inchieste - ha aggiunto - emergono tentativi di infiltrazioni mafiose nel mondo delle banche, della politica, delle istituzioni. Io mi meraviglio di chi si meraviglia''.




Fini teme le elezioni, ma non è l'unico: le teme anche la sinistra. E' l'analisi del leader della Lega, che ha replicato ai cronisti che gli chiedevano se a suo avviso il presidente della Camera tema o no il voto. «Penso di sì, ma non è l'unico, c'è anche la sinistra». Così il leader della Lega, Umberto Bossi, replica ai cronisti che gli chiedono se a suo avviso Gianfranco Fini tema il voto. Quanto alla presunta 'compravendita dei parlamentari', Bossi, è stato evasivo: «Da parte nostra no - ha detto - da parte del Pdl apero di no. Berlusconi non è capace di comprare la gente». Il Governo avrà la fiducia sia alla Camera che al Senato il 14 dicembre? «Penso di sì», insiste Bossi. E in caso questo non avvenisse, secondo Bossi, la via maestra è sempre quella del «voto». "Non ci può essere un governo tecnico, ci siamo io e Berlusconi contrari. Se il presidente della Repubblica lo facesse, provocherebbe una reazione del Paese troppo forte". Così il leader della Lega Umberto Bossi risponde a chi lo interpella sulla possibilità di un governo tecnico. Ai cronisti che gli chiedono se confermi i sondaggi che darebbero Pdl e Lega vincenti in caso di voto, Bossi replica sorridendo: "Sì. Avevate dei dubbi?". "Se Berlusconi è saggio, va al voto e ritorna: prenderebbe un sacco di voti in più". La Lega starà con Berlusconi fino a quando non saranno fatte le riforme. Fino a quando la Lega seguirà Berlusconi, visto che il premier finora non ha ascoltato il suggerimento di andare al voto? "Fino a quando non abbiamo fatto le riforme", risponde Bossi. Quindi il voto anticipato potrebbe tenersi a marzo o addirittura a gennaio? "Vediamo quando saranno fatte le riforme", è la replica del ministro.


LA PAROLACCIA DI BOSSI "Fanc...". Così risponde il leader della Lega, Umberto Bossi, ai cronisti che gli chiedono del fatto che Gianfranco Fini ha detto che non bisogna indignarsi se c'é qualcuno che dice che c'é la mafia al nord. Comunque, aggiunge Bossi in qualche modo ammettendo che il tema c'é, "Noi siamo stati sempre contrari all'invio al nord di mafiosi per soggiorni obbligati". "Immagino - aggiunge - che si sia creata una situazione negativa ma la più negativa è in Brianza e comunque la Lega è sempre stata lontana, non riescono ad avere agganci".
I FINIANI: NON C'È STATA RETROMARCIA. PDL: DICANO COSA VOGLIONO FARE Nessuna 'marcia indietro', semmai un appello a chi crede nel progetto di Futuro e Liberta'. Il vicecapogruppo dei finiani alla Camera, Benedetto della Vedova, spiega così il senso del videomessaggio di ieri di Gianfranco Fini, che aveva chiamato tutti al senso di responsabilita', premier in testa, e ad alcuni era parsa una sorta di 'frenata'. Della Vedova precisa che si e' scelto di rinviare di un mese 'l'appuntamento della chiarezza', e quindi 'anche noi ora vediamo che succede'. Dal Pdl il capogruppo Fabrizio Cicchitto chiede ai finiani di dire che cosa vogliono fare, decidendo con chi stare. Secondo Cicchitto, il Pdl si e' ricompattato, e sono anche falliti tentativi di intesa fatti da sinistra per attrarre la Lega, che resta un'alleata. In ogni caso, se il governo dovesse cadere secondo Cicchitto la via naturale sarebbero le elezioni anticipate.
IL DISCORSO DI IERI Gianfranco Fini chiama tutti «al senso di responsabilita», Silvio Berlusconi in testa. Un messaggio di pochi minuti in cui il presidente della Camera sceglie toni soft, non attacca il governo anzi, chiede a chi ha «l'onore e l'onere di governare» di rispettare «quell'impegno attraverso una agenda di governo. Vedremo nei prossimi giorni quello che accadrà...», dice. Parole che vengono interpretate nel Pdl come una sorta di marcia indietro che potrebbe prefigurare qualche apertura anche ad un 'governo-bis'. Quindi una debolezza evidente da parte dei futuristi certificata oggi anche dal Cavaliere.
Mentre Umberto Bossi è sempre più convinto della necessità di andare ad elezioni subito. Silvio Berlusconi non replica ufficialmente a Fini ma ai suoi interlocutori ribadisce più o meno quanto detto nei giorni scorsi: governeremo finchè avremo la maggioranza, senza i numeri- ribadisce- la strada resta quella del voto anticipato. Ma è appena cominciato il forcing del Cavaliere per blindare non solo il Senato ma anche la Camera ed incassare una 'doppia fiducià che a molti nel centrodestra non sembra più una chimera. In caso contrario, resta solo il voto anticipato. Voto anticipato su cui invece punta decisamente il leader della Lega, Umberto Bossi spiegando, prima di buon mattino poi in serata, di non avere dubbi che l'unica strada è quella delle elezioni subito. Quanto poi al senso di responsabilità invocato dall'ex leader di An, il presidente del Consiglio nei ragionamenti fatti con i suoi fedelissimi sostanzialmente rispedisce la richiesta al mittente: la responsabilità in primo luogo deve essere la loro nel momento in cui dovranno scegliere se votare contro il governo. Insomma per il momento l'idea di Berlusconi è di proseguire con il percorso tracciato senza lasciare spiragli ad un'ipotetica ripresa del dialogo: chi mi garantisce - è il ragionamento - che la strategia del logoramento nei miei confronti sarebbe davvero finita. Linea condivisa anche dai più oltranzisti all'interno del Pdl. Perchè il cauto ottimismo che si registra nella maggioranza sulla possibilità di ottenere la fiducia anche alla Camera di fatto riconsegna nelle mani del Cavaliere il cerino. Ma sul dopo, falchi e colombe tornano a dividersi.
Da un lato c'è chi, pallottoliere alla mano, vede le urne anticipate come unica strada di fronte ad un governo che ottiene la fiducia a Montecitorio con pochissimi voti di scarto. Le colombe invece suggeriscono al Cavaliere di andare avanti nel momento in cui si ottiene la fiducia per poi riaprire un canale di dialogo con Fini, partendo da una posizione di forza. Ecco perchè le diplomazie sono al lavoro per blindare il più possibile i numeri della maggioranza e la difficoltà che attraversa il gruppo di Fli - spiega un ministro del Pdl - può essere usata come strumento di persuasione per convincere qualche dubbioso in più.
Incognita da considerare è la Lega Nord. Il Carroccio avendo messo sotto chiave i decreti sul federalismo (nel Cdm della prossima settimana è atteso il cosiddetto piano Sud) continua a brandire l'arma delle elezioni anticipate. Nel Popolo della Libertà ci si interroga però su cosa farà realmente il Carroccio nel momento in cui il governo dovesse ottenere anche di poco il voto di fiducia. Di fronte alla situazione della maggioranza, l'opposizione non ha dubbi: il premier si dimetta. L'idea di un Berlusconi bis sarebbe «un doppio delirio» mette in chiaro Bersani invocando la necessità di «una fase nuova». Quanto all'appello lanciato dal presidente della Camera il segretario del Pd replica: «Responsabilità è prendere atto che il governo non è in grado di andare avanti». Una sonora bocciatura a Fini arriva dall'Italia dei Valori: «Ha parlato in politichese puro»attacca Massimo Donadi, mentre Antonio di Pietro non ha dubbi: «Siamo a metà tra la dittatura e il ridicolo».


ora  se  anche se  un politioc come Fini che  << più parla in questo momento , più scopre la sua pochezza di politico nulla facente.Non che non abbia fatto nulla, perchè quello che ha fatto è gravissimo. >> come afferma  un commento  nel sito di http://www.leggo.it/  da  cui  ho preso a news 
Ub quanto ha  portato l'Italia in una situazione di pre sfascio solo per il suo arrivismo.
Disposto a tutto, ad allearsi con tutti pur di far cadere Berlusconi, non si è reso conto che è stato usato dai compagni come testa d'ariete per sfondare un muro.
La scelta di gente come Bocchino, immagine del vuoto totale, gli è servita per sentirsi un nuovo ducetto ma ha dato la lastra schermografica del nulla che ha nella testa e nel cuore.
Siamo messi  bene  siamo al chi salvi chi  può come i 25 luglio del '43

18.11.10

finalmente riesco a vedere dopo 3 anni 300

Ieri notte   non c'era niente  d'interessante in tv  , d'uscire  neppure  a parlarne  , pioveva  e  il   tiepido  \ mutevole autunno volge  al termine  e sta arrivando  i gelido inverno  ( uin tutti i sensi )   messo a scegliere fra  il mezz polpettone amoroso  di  " Dear  johnn " qui il  trailler (  film del 2010 diretto da Lasse Hallström. Il film è un adattamento cinematografico del romanzo di Nicholas Sparks Ricordati di guardare la luna e racconta la storia d'amore tra John Tyree e Savannah Lynn Curtis, interpretati da Channing Tatum ed Amanda Seyfried )  ho scelto 300 un film del 2007, che desideravo vedere  da  tempo   diretto da Zack Snyder con il supporto di Frank Miller (  adattamento cinematografico del graphic novel 300 di quest'ultimo, ispirato a sua volta a un altro film, The 300 Spartans )  un racconto semi-storico della battaglia delle Termopili svoltasi nel 480 a.C.
Continua a leggereIl film è stato girato con la tecnica del chroma key per riprodurre le immagini dell'originale fumetto. Infaatti all'inizio semmbra  più  u videogioco  che un film . Infatti dal film è stato tratto anche un videogioco disponibile unicamente per la console PlayStation Portable dal titolo 300 in marcia per la gloria. Troppo splatter . Bel film il mito della patria e dell'eroe di lontana memoria .Infatti  tale  cosa   anche  se  controversa   è confermata  da  quanto dice  Wikipedia  : << (..) Prima dell'uscita di 300, alla "Warner Brothers" hanno espresso preoccupazione sugli sviluppi politici della trama del film. Snyder riferisce che "C'era una grande sensibilità sul problema del conflitto tra Est e Ovest negli studio." La speculazione dei media riguardo a un possibile parallelismo tra il conflitto Greco - persiano e gli eventi attuali iniziò in un’intervista con Snyder prima del Berlin Film Festival.L'intervistatore fece notare che "tutti sono certi che questo [film] si possa tradurre in politica contemporanea". Snyder replicò che, sebbene fosse consapevole che molti avrebbero letto il film attraverso il filtro degli avvenimenti recenti, non c'è nessun parallelismo intenzionale tra il film e il mondo odierno.
Oltre ai parallelismi politici, alcuni critici hanno sollevato questioni più generali sull'orientamento ideologico del film. Il New York Post's Kyle Smith scrive che il film sarebbe stato gradito dai giovani di "Adolf", e Slate's Dana Stevens paragona il film a The Eternal Jew, "come un esempio di come fantasia race-baiting e mito nazionalista possano fungere da incitamento alla guerra totale". Roger Moore, un critico del Orlando Sentinel, bolla 300 con la definizione di Susan Sontag di arte "fascista".
Tuttavia, sul Newsday il critico Gene Seymour afferma che reazioni del genere sono sbagliate, scrivendo che "il film è semplicemente troppo maledettamente stupido per supportare una qualsiasi teoria ideologica". Snyder stesso scarta letture ideologiche, suggerendo che critici che descrivono un "film-fumetto su una manciata di tizi... che si prendono a calci nel di dietro l'un l'altro" usando parole come "'neocon', 'omofobico', 'omoerotico' o 'razzista' " sono "del tutto fuori strada".
Dalla sua uscita nelle sale, 300 ha provocato controversie anche riguardo al ritratto che fa dei popoli dell'Impero Persiano. Vari critici, storici, giornalisti, e ufficiali del governo iraniano, incluso il presidente Mahmoud Ahmadinejad  hanno denunciato il film. Come nel fumetto, i Persiani sono raffigurati come un'orda mostruosa, barbarica e demoniaca e re Serse è dipinto come androgino. I critici hanno suggerito che questo è stato fatto per enfatizzare in modo brusco il contrasto con la mascolinità dell'esercito spartano. Steven Rea afferma che i persiani del film siano il mezzo di un anacronistico collegamento di stereotipi occidentali di culture Africane e Asiatiche.
Il ritratto che si evince dal film degli antichi Persiani ha causato una prevedibile irritazione in Iran, situata nella regione della antica Persia.[54] Azadeh Moaveni del Time riferisce che Tehran è "oltraggiata" a seguito della pubblicazione del film. Moaveni identifica due fattori che possono aver contribuito a questa intensa reazione: la sua distribuzione alla vigilia di Norouz, l'anno nuovo Persiano, e la visione comune in Iran dell'impero Acamenide come "Una pagina particolarmente nobile della loro storia".[48][55][56] Svariate fonti ufficiali iraniane hanno condannato il film.[57][58][59][60] L'accademia iraniana delle arti ha sottoscritto una formale denuncia contro il film all'UNESCO, etichettandolo come un attacco all'identità storica dell'Iran.[61][62] La missione iraniana alle Nazioni Unite hanno protestato contro il film tramite un "press release",[63] e le ambasciate iraniane hanno protestato contro la sua proiezione in Francia, Thailandia, Turchia e Uzbekistan.(..)   continua  qui >> Nonostante  i pareri discordanti  che ....
continua a leggere dal blog gemello di spinder

come volevasi dimostrare

la  vignetta  di Gianelli corriere  del 19\11\2010 conferma quanto già dicevo qui su queste pagine 

La povera Sarah Scazzi " uccisa " oltre che dai media anche dal fratello



Ascoltando questo video  messom da  un mio utente  \  compagno di viaggio  di sulla mia  bacheca  di facebook  .






  
ho decso di rompere il mio  "silenzio stampa  " ( vedere post  in archivio  su tale   caso  )  .

Lo so che non dobbiamo giudicare  la gente   e i suoi comportamenti  perchè : << giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri >> (  cit  cinematografica\  musicale   ) 
Ma   certe cose non le sopporto  e mi fanno stare male , e  non riesco a tacerle  o chiudere gli occhi  e  trattenere il mio sdegno e  disgusto   .  IL  che mi  riporta  alla  mente  questa scena  della  " La storia Infinta II " ( 1990) il secondo capitolo della saga cinematografica tratta dall'omonimo romanzo di Michael Ende






Oltre  i giornali e le televisioni  la cannibalizzazione  della povera  Sara Scazzi  avviene ancora una volta  da  un persona  a lei vicina e insospettabile ( mica  tanto poi  visto il suo strano comportamento  durante la scomparsa )  il fratello  . Un familiare diretto.Se prima avevo apprezzato  il  suo compotamerto   rispetto alla cugina  Sabrina e ai suoi avvocati  , nei confronti dei media  tv    cioè ci vado ma non mi svendo   e non ci lucro .  Infatti non chedeva  denatro ma  offerte  dadestinare  ad  un canile per  i cani randagi  come  voleva  la sorella  o  chiede  da  un tecnico di farsi spiegare  il funzionamento delle cellule  del cellulari e  dei satellitti  . Ora devo ricredermi  e la sua  smentita  non mi convince  granché 
Ma  ora  , dopo che ho letto  che il fratello di Sarah Scazzi, Claudio, avrebbe preso al balzo la improvvisa notorietà ottenuta in seguito della drammatica morte di sua sorella per tentare la carriera televisiva con Lele Mora.
Infatti, Claudio Scazzi avrebbe dichiarato che vivendo in Lombardia, a Milano, non gli dispiacerebbe fare televisione. Proprio per questo motivo avrebbe contattato Lele Mora per chiedergli se aveva in mente qualcosa per lui.Peccato che il noto agente dello spettacolo avrebbe risposto negativamente alla candidatura di Claudio Scazzi.
Ora  il fratello  smentsce  ma  sembra  non convincere  .
Infatti su  http://magazine.ciaopeople.com/ più  precisamente  qui

<<

articolo del 17 novembre 10

Da un intervista al settimanale Oggi l'indiscrezione. Il caso mediatico dell'anno, più trash del Grande Fratello, Sarah Scazzi. Dunque Claudio Scazzi vuole lavorare in televisione, poche ore dopo tuona la smentita: “Contro questa forma di bassa informazione che include anche presunte interviste che il sottoscritto avrebbe rilasciato negli ultimi giorni, altamente lesiva della mia dignità ed onore, agirò nelle opportune sedi giudiziarie”.
Si sarà anche sentito leso nella sua dignità il povero Claudio, ma da un'intervista del 27 Ottobre di quest’anno rilasciata a Repubblica Radio&TV si evince un comportamento non proprio decoroso. Alla richiesta del giornalista per la concessione dell'intervista, Claudio prende tempo. Dice "Chiedo consiglio ai miei avvocati e poi discutiamo eventualmente di altro". Il giornalista incalza: "Vuole soldi? Servono soldi?" . Claudio Scazzi ribatte "Non lo so, magari servono soldi o serve altro".
Un retroscena svelato dallo stesso Claudio Scazzi e che per la "Vita in diretta" la trasmissione di Raiuno chiese l'intervento di un esperto di satelliti e telefonia per riuscire a rintracciare la sorella con la speranza di poterla trovare proprio in diretta.
Claudio Scazzi intanto nega e svela il suo progetto: aprire un canile. Alla sorella Sarah piacevano molto gli animali, dunque vorrebbe fare questo gesto in suo onore. Traspare una drammatica e mortificante mercificazione del dramma in tutta la vicenda ed a tutti i livelli. Sabrina Misseri adesso sembra quasi una star, come Erika di Novi Ligure, lo zio Michele è quasi diventato un archetipo da film grottesco. E poi Cosima, Emma e Concetta Serrano. Personaggi da "gioco di ruolo" o persino da fiction.
Al trash non c'è mai fine, così come al peggio.

Gennaro Marco Duello

>>

Lui afferma che dopo l’uccisione della sorella è assolutamente assurdo pensare che voglia intraprendere una vita sulle scene e che abbia incontrato Lelle Mora chiedendogli un suo parere.
Qualcosa di vero vi è, poiché Claudio Scazzi, quando ha saputo la notizia dell’uccisione della sorella, tornando da fuori non è andato direttamente ad Avetrana, ma si è presentato alla “Cronaca in diretta” trasmessa su Raiuno, per essere intervistato. Questo è un comportamento un poco strano, straziato dalla morte della sorella, non doveva fare una tappa in tv, ma correre dalla famiglia distrutta dal dolore.
Cosa si può dire di questo comportamento? Lui smentisce l’incontro con Lelle Mora, ma il suo comportamento di presentarsi davanti ad una telecamera senza neanche piangere o  abbassare  lo sguardo  appena scorrono immagini o si parla della sorella (  come fecero i figli di Lady D  durante  il funerale   della loro madre    )  per la sorella fa pensare.
Abusare di un briciolo di notorietà sulla tragedia di una sorelkla morta. É veramente molto triste. Non so che altro dire   che sono sconcertato è poco !!! Ma come si può sfruttare una tragedia simile per apparire in tv o per trovare un lavoro!!! Ma , come tutti\e  mi chiedo ,  che razza di famiglia aveva intorno a se la piccola Sarah !
 concludo  con queste parole  di http://www.barimia.info potete  se volete trovare  qui il resto dell'articolo  che riassumono il mio stato d'amnimo ogni vota che apprendo simili news  : <<  (...) Tuttavia  in questa storia c’è più di qualcuno che fa soldi a scapito di Sarah. Mentre lei è stata uccisa, gli altri sembrano “godere”. In primis la famiglia Misseri, all’interno della quale emergerebbero presunte violazioni della privacy per le immagini e le foto del garage della loro abitazione apparse su varie reti televisive e giornali. Si dice infatti che Sabrina Misseri e la madre Cosima insieme ai tre legali associati al caso avrebbero chiesto dei soldi per poter apparire in tv, e così via.                                                                         
Che dire? Non ci può essere nulla di più vergognoso, atroce. In questo modo non fanno che uccidere la piccola Sarah per una seconda volta: è lei che non c’è più, è lei che è stata uccisa nel modo più ingiusto possibile, è lei che è stata strappata agli anni più belli della sua vita.                    

Elisabetta Paladini

>>

con questo  è tutto  . gente  . alla prossima .  e medidate   gente  meditate 

17.11.10

Caro Maroni invece di prendertela con chi denuncia Saviano in particolare fai pulizia interna nel tuo partito

Caro  Maroni
Leggendo o direttamente  o che ti farannno avere  i rapporti  dei servizi \  gli organi  
predisposti al controllo preventivo  ( come  si capisce  dagli accessi   anonimi e non   10  in una  giornata  registrati  nele  zone del Lazio e di Roma  per  questo  e l'altro mio\nostro blog gemello di blogspot  )  questo mio post  , mi dira  vista la tendenza  che  ho a difendere   le persone  che vengono ingiustamente accusate  che  studio o ho studiato    giurisprudenza  o   che sono avvocato ,  quando  invece  studio lettere e  sono un coltivatore diretto \  florovivaista   . Ma  il problema non  è cosa ho studiato  o studio , ma   è   quelo che non mi piace    e  non mi sono mai piaciuti (  e quindi anche me stesso  )  chi predca bene ma  razzola male  e chi anzichè fare tesoro delle critiche  che  gli  vengono rivolte   come nel suo caso  da Saviano .
Ora non capisco cosa   abbia detto  di male  e  di cosi infamante  Saviano  in quella puntata  visto che ha  giustamentre  replicato  su  repubblica  d'oggi 17\11\2010  : << Non so che trasmissione abbia visto Maroni. Io non ho fatto altro che raccontare l'inchiesta condotta dalla Boccassini e da Pignatone. Se il ministro deve appellarsi a qualcuno, lo faccia all'Antimafia. Ho segnalato che il politico leghista incontrato dal boss Pino Nieri non è stato arrestato. Ho raccontato che la penetrazione della 'ndrangheta a Milano è gigantesca. Ho citato un'intervista di Miglio, il Professùr come lo chiamavano loro, in cui si propone di costituzionalizzare la mafia. Ma ho riconosciuto il contrasto culturale di Maroni e della Lega, in particolare quella degli esordi, verso la criminalità organizzata. Ho dato atto al ministro di un'operatività vera nei confronti della camorra. Dopo di che, dire, a ogni blitz, "stiamo sconfiggendo le mafie" è un'ingenuità, una miopia.>> in pratica  non ha  fatto altro che   domandarsi  e far  domandare  \  riflettere il pubblico   su come  mai  la Lega  cosi attenta  alla legalità  tanto da  farne una bandiera    e  un suo  caposaldo programmatico  \  propgandistico     sulla legalità  , tace sulla mafia infiltrata al Nord .
IL suo   Caro ministro  è  un << Un attacco del tutto immotivato >> come  giustamente le  risponde   Roberto Saviano  che  lei ha definito "infame"  per  la ricostruzione sulle infiltrazioni di mafia in Lombardia, terra della Lega. La sua risposta  alla puntata  di vieni via con me  , sono è  davvero inquietante  , e  mi ricorda  le risposte che  davano  quelli che Sciascia  chiamava  ( termine  più attuale   che mai    viste  certe dichiarazioni , cmprese  anche  le  sue , d'appartenti a questo governo   in particolare ) professionisti dell'antimafiao  attaccavano la  fiction la Piovra  e ora Gommorra .
Io sto con Saviano perchè : <<  Non cerco lo scontro ideologico, non sono entrato nel merito della vicenda politica. Certo, ho raccontato una storia dal mio punto di vista. La logica secondo cui si debba, in ogni occasione, dare spazio anche al punto di vista contrario è tutt'altro che democratica. In questo modo si cerca il litigio, non il racconto. Ciascuno ha la possibilità di rispondere nei propri spazi, il pluralismo è determinato dalle diverse voci.>> . Infatti , sempre  saviano  , <<  (....) non diceva che Maroni era uno dei migliori ministri dell'Interno degli ultimi anni ? L'ho visto al lavoro nel Casertano e mi è piaciuta la sua capacità operativa. Ma la mia analisi rimane la stessa. Continuo a criticare la serie di proclami ripetuti a ogni arresto. E critico il silenzio culturale sull'infiltrazione della mafia in Lombardia. È un problema cruciale che imprenditori e politici lombardi rimuovono perché non vogliono rinunciare ai capitali del narcotraffico investiti nella regione. Il mio compito è rompere questo silenzio. >> .
Ecco  che  quindi  ,  il suo ministero purtroppo   è al termine  ( ma  mai dire mai )  , che  mi rivolgo nn solo a lei ma a tutti voi ( destra  e sinistra  )  :  anzichè prendersela con chi  racconta   ( quando   non ce n'è bisogno e  in maniera  cosi  spavalda  ed arrogante   )  << Si dovrebbe guardare i fatti, andare oltre, non limitarsi a tirare un sospiro di sollievo perché il consigliere regionale leghista non è stato arrestato. Chiedersi perché gli 'ndranghetisti cercano di interloquire con la Lega. Dire la verità, ossia che c'è un nord completamente infiltrato. Io voglio parlare anche a quella parte dell'elettorato leghista che si fa condizionare dai dirigenti e sembra vedere tutto il bene al Nord e tutto il male al Sud. Non è così. Far finta che la 'ndrangheta sia sporca quando spara e pulita quando investe è un problema enorme >>.
Alla  sua  difesa  vanagloriosa  e spocchiosa preferisco   usare  un po'  di umiltà   e di silenzio  .  Saviano  ha  ragione   nela lotta  alla  mafia  , e  gli dice  uno  della Sardegna più  precisamente  della  Gallura  dove  lei  ha  casa al mare e  viene a farci le  vacanze  dove  l'infiltrazioni mafiose  sono un  fenomeno grave  quanto  al Nord
Invece  di  elogiarsi  e  d'imbrodarsi   ,  pensi a combattere la mafia anzi meglio le  mafie  , non  solo  sulla  quantita'  di patrimoni sequestrati   o di esponenti arrestati  , ma  :  migliorando rendendo meno farranginose  ( passano 10 anni e  più prima che  un bene  immobile  sequestrato alle mafie e ai prestanomi  \  familiari passi alle  associazioni antimafie  )  le precedure perchè  possa essere   " restituito alla collettività  e  alla legalità " ., perchè  siano   evitate infiltrazioni  nella  riatttribuzione   del bene   squestrato  di familiari  o  pamici   di coloro che lo denetevano precedentemente  ., maggior  controllo nlle gare  di'appalto e subappalto non solo edilizio  basti vedere  il fenomeno dele ecomafie    nei rifiuti  campani per es
empio  ., e altre cose  che da ministro dovrebbe conoscere  meglio   di me  semplice  cittadino  .
Abbia quindi il coraggio  se  è realmente  intenzionato  a combattere  seriamente   e  non solo in maniera propagandistica ,, il fenomeno  ormai sempr  più endemico  negli ultimi  50\60 anni  e non solo nel sud  de paese  come lo era in origine  della criminalità   , a  fare   pulizia interna  al suo partito  (  ovviamente nella  legalità  enel rispetto  dele leggi   e  non  in majiera   da crociata o caccia ale streghe  ) e nel partito   nel gruppo
del Pdl  di cui  ella  è oltre  che  un membro  anche ministro  . Quelle  che lei chama  infamanti accuse  non si  smentiscono con il fango  e l'insulto   cioè nel dare  come lei  ha  fatto  rivolgendosi in maniera  cosi arrogggante  ed  indegna  della  carica  che lei ricopre  a Saviano a uno che  per coraggio è  costretto a vivere scortato , ma agendo  in maniera seria  e non  propagandistica   o tanto per  far vedere  che lo stato  non  è passivo    nela lotta  alla criminalit a mafiosa  come fece il prefetto  Cesare Mori (  foto sopra  a destra  ) --- uomo integerrimo,già noto per la sua inflessibilità nel tutelare lo Stato e la Legge, capace di perseguire chiunque la infranga compresi i fascisti allora al potere.---, invece  d'insultare  , questa sarebbe una risposta  che  ci sdovrebbe aspettare dall'autorità che rapresenta
Le  auguro  buon lavoro e più umiltà e  di  collegare il cervello prima di parlare e pensi di   gettare fango  addosso altrui a chi  tutti i  giorni  sia  che  vada  in tv  o scriva  sui media  come Saviano  sia che lo faccia  nel  silenzio mediatico   combatte tutti  i girni contro la mafia  e le mafie 

16.11.10

la verita storica la si sà quella giudiziaria no tutti assolti per la strage di brescia 1973

Brescia, in aula le lacrime dei parenti "L'unica cosa che mi domando in questo momento, a cui penso, sono quegli otto morti". Sono le parole di Manlio Milani (in questa foto), presidente dell'associazione familiari delle vittime della strage di piazza della Loggia, nei minuti successivi alla lettura della sentenza d'assoluzione dei cinque imputati. Milani aggiunge: "Noi eravamo in piazza quella mattina...". Poi parla di "ciòche è mancato a questo processo fuori dalle aule giudiziarie" e spiega: "In questo processo le cose che mi hanno colpito sono state le reticenze, le falsità che hanno raccontato. Stiamo ancora combattendo con un Parlamento che ti dice che sull'applicazione della legge sul segreto di Stato, a quattro anni dalla sua approvazione, non ci sono ancora i regolamenti applicativi. Non c'è volontà di affrontare .
Brescia, 28 maggio 1974, una bomba nascosta in un cestino portarifiuti fu fatta esplodere mentre era in corso una manifestazione contro il terrorismo neofascista a Piazza della Loggia.  L'attentato costò la vita a 8 persone. L'audio del momento dell'esplosione 

 

 da repubblica  online del 16\11\2010

 

BRESCIA

Strage di piazza della Loggia
dopo 36 anni tutti assolti i 5 imputati

I giudici della Corte d'assise hanno deliberato dopo una settimana di camera di consiglio. Il processo per l'attentato del 1974 in cui morirono 8 persone e 104 rimasero ferite è durato quasi due anni, con 166 udienze. La sentenza in base all'articolo 530, insufficienza di prove. Revocata la misura cautelare per il neofascista Zorzi

 
BRESCIA 
Ancora una strage impunita al termine di un processo 1 che ha scagionato tutti. Nessun colpevole per la strage di piazza della Loggia, a Brescia, dove il 28 maggio 1974 morirono otto persone e oltre cento rimasero ferite. Dopo una settimana di camera di consiglio i giudici della Corte d'assise di Brescia, presieduta da
Enrico Fischetti, hanno assolto i cinque imputati in base all'articolo 530 comma 2, assimilabile alla vecchia insufficienza di prove. Revocata la misura cautelare nei confronti dell'ex ordinovista Delfo Zorzi che vive in Giappone.

La Procura di Brescia, dopo l'inchiesta cominciata nel '93 e un dibattimento durato circa due anni e 166 udienze, aveva chiesto l'ergastolo per gli ex ordinovisti veneti Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi, per il collaboratore dei servizi segreti Maurizio Tramonte e per il generale dei carabinieri Francesco Delfino. Per l'ex segretario dell'Msi Pino Rauti era stata chiesta l'assoluzione. Oggi i giudici hanno assolto tutti gli imputati e disposto il non luogo a procedere per Maurizio Tramonte, per intervenuta prescrizione in relazione al reato di calunnia. Nei confronti di Zorzi, ora cittadino giapponese, è stata disposta la revoca della misura cautelare.
Per la strage di piazza della Loggia nessuno è mai stato condannato definitivamente, nonostante diversi processi. "L'unica cosa a cui penso in questo momento sono quegli otto morti. Noi eravamo in piazza quella mattina" ha commentato Manlio Milani, presidente dell'associazione familiari delle vittime della strage di piazza della Loggia, subito dopo la lettura della sentenza. "In questo processo - ha tenuto a precisare - le cose che mi hanno colpito sono state le reticenze, le falsità che hanno raccontato. Stiamo ancora combattendo con un Parlamento che ti dice che sull'applicazione della legge sul segreto di Stato, a quattro anni dalla sua approvazione non ci sono ancora i regolamenti applicativi. Non c'è volontà di affrontare quegli anni". 
Provo un "sentimento di impotenza", ha detto il sindaco di Brescia, Adriano Paroli, "perché la città voleva due cose: verità e giustizia, ma non si è riusciti a raggiungerle". "Un insulto irreparabile a quanti quella mattina sono caduti in piazza, ai loro familiari", ha rimarcato Paolo Corsini, deputato del Pd e già sindaco di Brescia, esprimendo "sgomento e sconcerto" per la sentenza che "pone fine alla vicenda giudiziaria". "E' un insulto - ha ribadito - un'offesa che umilia la città e rischia di spegnere un'ansia di verità e giustizia che la ricerca storica e il giudizio politico hanno invece da tempo appagato". E' come se la bomba fosse esplosa di nuovo, ha commentato Oliviero Diliberto, segretario nazionale del PdCI-FdS, "riaprendo una ferita che sanguinerà per chissà quanto tempo ancora".

approfondimenti 

alcolismo un viaggo senza ritorno e un modo sbagliato d'aprire le porte della percezione

Dedico il post  d'oggi  ad  alcuni miei amici  che  sono divntati alcoolizzati  e che ogni settimana  si cuociono  con esso  .






 
Dopo alcune  esperienze  e tentativi  d'aprire le porte della percezione  oltre che ad evadere dalla realtà , con  mezzi   artificiali  ed  estranei    ho iniziato  coontemporaneamente  alla lettura  e  alo studio)( per  scuola  \ università e piacere personale  ) di letteratura maledetta  \ decadente    ad  interessarmi   di stupefacenti  , droghe   leggere  e  alcool . Da  mi chiedo   e mi sono  sempre chiesto per quali motivi la  cannabis e altre erbe alluccinogeni  o roba  chimica  fossero  nella maggior  parte proibite , mentre l'acool ed altri psicofarmici  fossero probiti   e considerati illegali    .
Chiedendo ed informandomi, ma soprattutto con la mia  breve esperienza fortunatamente  interrotta  dalla cefalea   e dal reflusso esofageo ,  sono giunto ad una conclusione certa , che  ubriacarsi  non serve  a  dimenticare  ed  ad evadere , ma da  solo risultati effimeri  e  di poco conto  .Parlando con gli amici  che il fine settimana  si distruggono   con esso ho appreso : che l'alcol si differenzia dalle droghe illegali per il fatto che nutre oltre che ubriacare. Questo è vero, ma il rovescio della medaglia è che l'alcol oltre che a "sballare"\ far evadere crea dei btrutti effetti   alla  propria  salute e psiche , peggiorando la situazione con un viaggio senza  ritorno  . Infatti  leggo su  un articolo   di www.abcsalute.it  : << L’alcolismo è una malattia di per sé. Parliamo di una vera e propria dipendenza da alcol. Non di un vizio come erroneamente si pensa. Sintomo cardine dell’alcolismo il craving, un’appetizione patologica che si manifesta con il desiderio intenso e incontrollabile che spinge il soggetto a bere e dunque mitiga il malessere psicofisico. Da chiarire però: l’alcolismo come malattia non va confuso con il più noto fenomeno giovanile dell’abuso da alcol e della conseguente intossicazione acuta, racchiusi in fenomeni da intendersi più di costume, di moda, attualmente molto diffusi e non certo catalogabili come già atteggiamenti di dipendenza.    Ma allora come individuare le manifestazioni cliniche specifiche dell’alcolismo come malattia ?   Per poter parlare di dipendenza alcolica è utile seguire i criteri preposti dal Manuale Diagnostico Statistico (DSM IV) dell’APA (American Pychiatric Association) che permette di fare una diagnosi in presenza di almeno tre di queste caratteristiche, ossia di un impellente bisogno di dosi sempre più elevate per raggiungere l’effetto desiderato con inevitabile aumento della tolleranza o di assuefazione; comparsa della sindrome di astinenza da alcol, meglio dire di un malessere fisico o anche psichico se la 

persona non beve; impossibilità di controllarsi; desiderio persistente della sostanza e di conseguenza impossibilità di ridurne l’uso; continua ricerca dell’alcol fino ad arrivare al punto che il soggetto colpito dall’alcolismo passa gran parte del suo tempo alla ricerca del bere o per riprendersi dall’effetto dell’intossicazione da alcol.Ma non è neppure da sottovalutare anche un altro elemento che l’alcolismo comporta, l’interruzione in genere delle attività lavorative, di quelle di svago, di tutti i contatti sociali, tutte conseguenze negative di cui, i soggetti colpiti spesso sono consapevoli. >>

Inoltre essi mi dicono ( lo pensavo anch'io )  che l'alcol  è parte della nostra cultura.Certo  è vero è impossibile negarlo in quanto  lo è stato fin dall'antichhità   .                  Ma quale cultura è quella  dell'alcolismo  ?  quella  dell'autodistruzione   e   della distruizione    psicologica di chi ti sta  affianco  nei casi piàù gravi  ?
L'alcool  fra  tutte le sostanze psicotrope  è quella che arreca più danni al fisico e alla mente e è parlare anzi meglio    elogiare la  cultura dell'alcol è come parlare di cultura del suicidio e dell'autodistruzione
Infatti  coe  dice  il mio  compagno didi viaggio di Fb P.G.C  ( chiaccherata  che mi  a  togliermi definitivamente    alcuni luoghi comuni e pregiudizi  sul mondo dell'alcool e  degli ex alcolisti )  : << SAREI FELICISSIMO SE FOSSE CURABILE. POTREI FINALMENTE RIASSAGGIARE UN BICCHIERE DOPO 24 ANNI CHE NON TOCCO UN GOCCIO D'ALCOL. E TANTI AMICI ANCHE CON 15 ANNI DI SOBRIETà DOPO AVER ASSAGIATO IL PRIMO SONO RICADUTI E MORTI.PURTROPPO PER L'ORO.MA MI HANNO INDICATO LA VIA GIUSTA. NON BERE X L'ALCOLISTA ,L'ALCOL è VELENO.>>

Riporto sotto i danni che  un uso prolungato o  un abuso del'alcool pò fare Dalla  cache  di www.freecannabis.ch/alcol-dipendenza-alcolismo.htm ecco in sentesi i danni dell'alcool  ed  del suo abuso   per chi volesse saperne  di più come la correlazione fra  alcool  e cancro  vedere   url  fine post


PROBLEMI RELAZIONALI
Sono le difficoltà che si creano nei rapporti interpersonali, soprattutto in famiglia. L'alcol è una delle cause più rilevanti nelle crisi familiari, nella violenza domestica e in quella sui bambini. Nella famiglia in cui si vivono problemi legati all'alcol, parlarsi e dialogare diventa sempre più difficile, si comunica con rabbia, con accuse reciproche, oppure avviene un blocco nella comunicazione. I rapporti e i ruoli cambiano e si invertono all'interno della famiglia, le colpe cadono sul familiare accusato di bere che si sente così escluso e svalutato, le responsabilità non vengono più condivise. Un grande disagio e una grande sofferenza investono tutti i componenti del nucleo familiare.
PROBLEMI SOCIALI
L'alcol comporta danni nella sfera lavorativa e in molti altri campi della vita di una comunità. Causa una spesa sociale considerevole in termini di perdita di produttività e costi per la salute; il peso economico è stato stimato in circa il 5-6% del Prodotto Interno Lordo Si stima che 1/5 degli incidenti stradali siano causati dal consumo di alcol e che esso costituisca un fattore importante negli infortuni sui luoghi di lavoro: esso causa inoltre, assenteismo e riduzione delle prestazioni professionali. E' inoltre responsabile di una parte consistente di problemi di ordine pubblico inclusi crimini, omicidi e atti violenti.

PROBLEMI FISICI
L'uso di alcol è causa di una parte consistente delle malattie e della mortalità e porta all'utilizzo di una quota significativa di servizi sanitari. E' stimato che il 6% dei decessi di persone con età inferiore ai 75 anni e il 20% delle ammissioni per patologie acute negli ospedali sono imputabili al consumo di alcolici . Le malattie alcolcorrelate sono tutte legate agli effetti tossici della sostanza nel tempo. Questa non è dannosa solo per il fegato ma i suoi effetti negativi possono manifestarsi, in modi diversi, in tutti gli organi del nostro corpo.
  
 >>

Ora  molti di voi   mi diranno  ma  cosa  ne  sai di alcool e  d'alcolismo   se  non l'hia visssuto ? o molti  sbuffufando   si stancheranno  di sentire sempre le stesse cose   ma ,  come dice   questo mio amico P.G.C  a cui mi sono rivolto per conoscere affondo  tale problema ,  << NON STANCARTI DI SENTIRE SEMPRE LA STESSA STORIA. MA RACCONTA LA TUA E AIUTERAI TANTI SOFFERENTI CHE NON HANNO CONOSCIUTO [  O FANNO  FINTA  O  NON VOGLIONI  CONOSCERE  ]le  varie associazioni   come   A.A >> .P.G.C è  "  un esperto in materia   " in quanto  dopo aver  buttato  per  24  anni  la sua  vita   nell'alcool   è rinato  dopo un lungo travaglio interiore : <<    Io ero uno di loro e oggi,con orgoglio,posso dire che da quasi quattro anni vivo in sobrietà e non sono mai stato meglio >>  tramite programmi di cura     ha   per  poter  aiutare  gli altri   che  hanno attraversato ed  attraversano  ma ne  vogliono uscire  dalla piaga  dell'alcoolismo   fondato  un gruppo ( che trovatre  anche  qui su fb )  liberiamoci dala schiavitù dell'alcool .
Concordo con  quanto    dicono molti ex  alcolsti  BISOGNA INFORMARE TUTTA L'OPPINIONE PUBBLICA CHE L'ALCOLISMO è UNA MALATTIA E NON UN VIZIO.IL VIZIOSO SI NASCONDE PER VERGOGNA E MUORE, IL MALATO SI Fà CURARE E VIVE SOBRIO. CHI NON HA QUALCUNO CHE POTREBBE ESSERE AIUTATO .  Se Dall'alcolismo non si guarisce , questa  è l'idea che mi sono fatto leggendo per  nformardmi   priam di  scrivere  questo post    la pagina degli alcolisti anommi  (   riporto sotto alcuni link ) , la  pagina prima  sopracitata e lòa chiaccherata  con il suo fondatore  . IL  sistema   che   ti permette  di  smettere di  bere e di  guarire   dala malattia  come dice  questa  interessantissima discussione  avvenuta   su  ansewers di yahoo  definitivamente  non esiste . L'unico  sistema che porta   a smettere e alla fine  di dire  basta  alle tentazioni   è quello  di   vivere sobriamente . Sono migliaia di gruppi in tutto il mondo e sono gratis che  aiutano a farlo .
Visto che La maggior parte delle persone giudicano l'alcolista una vergogna da scansare.E quando capita a casa ,lo nascondono per vergogna.o non ne parlano volentieri  e  quando è troppo mal preso cercano invano di farlo rinchiudere in qualche Comunità rimanendo  nella maggior partre deic asi   nascosto a tutti, pensando sia giusto così. Ma  Secondo me così non si trattano neanche le bestie , quindi  è bene   a mio avviso accetttare  ed  accettarsi ( anche  se  è dura  e non è facile ed  doloroso  ne  so  qualcosa  io che sono pornodipendente anche  se  in realtà il termine  dipendente  è  errato e si dovrebe parlare  di  compulsione    e soffro di fame  nervosa \ compulsiva    quasia livello  bulimico .  Ciascuno ha  la  sua croce   , perchè : <>   cit  cinematografica   ) e  si  riesce  a lasciare perdere   gli stupidi e  i cretini  , ma  soptrattutto si facilitano i rapporti umanie  d lavoro  qual'ora  uno\a   vuole rifarsi una vita  e togliersi quel "  tatuaggio \ marchio "   e poter  riacquistare la propria dignità e il proprio orgoglio  interiore .

       
    
    approfondmenti

15.11.10

dimenchamo e piccole cose non le grandi stragi di brescia e fiumicino 1973

repubblica online

IL CASO

Il processo di Brescia
che l'Italia dimentica

Dal 9 novembre i giudici della corte d'assise sono ritirati in camera di consiglio per deliberare sulla strage del 1974. Per quegli otto morti oggi si giudicano solo imputati per concorso in strage. Tanti sono stati i depistaggi

di BENEDETTA TOBAGI
Mentre un governo crolla a pezzi, intere province s'inondano con danni inauditi, i media seguono con morbosa attenzione i torbidi sviluppi dell'omicidio di una quindicenne, la polizia prende a manganellate un sit in non violento che solidarizza con alcuni operai immigrati che protestano per i loro diritti, in una città di provincia, nella quiete ovattata di una stanza d'albergo piena di computer e tazze di caffè, otto persone stanno studiando da giorni centinaia di migliaia di pagine di documenti in formato digitale, per decidere di un delitto di 36 anni fa. Sembra l'inizio di un episodio della popolare serie investigativa Cold Case, ma sta succedendo davvero. Brescia, le donne e gli uomini della corte d'assise del tribunale locale, due togati e sei giurati popolari, dopo due anni di dibattimento, 150 udienze e migliaia di testimoni, il 9 novembre si sono ritirati in camera di consiglio per decidere le sorti di cinque imputati per concorso in una strage che ha ucciso 8 persone e ne ha ferite 102, il 28 maggio 1974. Tra gli imputati, un generale dei Carabinieri, Francesco Delfino. Un ex deputato, senatore e segretario dell'Msi, Pino Rauti. Due figure chiave dell'organizzazione eversiva neofascista Ordine Nuovo (costola del centro studi fondato da Rauti nel 1956), il medico Carlo Maria Maggi e l'orientalista, poi imprenditore, naturalizzato giapponese (il suo nome oggi è Roy Hagen) Delfo Zorzi: condannati e poi assolti per la strage di piazza Fontana.
RADIO RADICALE: TUTTE LE REGISTRAZIONI DEL PROCESSO 
Un ex militante missino legato agli ordinovisti, informatore del SID dal 1973 al 1977 col pittoresco nome in codice "Tritone", Maurizio Tramonte. I carabinieri, le spie, la politica, l'eversione neofascista, i depistaggi, tutto vero, tutto pubblico, agli atti del processo: meglio della serie tv Romanzo Criminale (le stazioni sono invase di cartelloni pubblicitari dei nuovi episodi), eppure nessuno ci bada. Fuori dalla provincia di Brescia quasi nessuno ha parlato di questo processo, il terzo celebrato (dopo 5 istruttorie e 8 gradi di giudizio precedenti) per dare un nome ai responsabili e ai mandanti di uno dei più orrendi eccidi della "strategia della tensione": la bomba, collocata in un cestino dei rifiuti in piazza della Loggia, da sempre cuore della vita della ricca cittadina lombarda, esplose alle 10:12 del mattino nel mezzo di una pacifica manifestazione antifascista, organizzata per esprimere rifiuto e condanna della violenza eversiva dopo una sequela di episodi violenti di marca neofascista che da settimane turbavano la sicurezza della cittadinanza e della democrazia.Fatto unico, esiste una registrazione dell'esplosione della bomba: avvenne nel mezzo del discorso del sindacalista Franco Castrezzati. Andate ad ascoltarlo (www.28maggio74. brescia. it/index. php?pagina=73): supera la fantasia di qualunque sceneggiatore. Abbiamo la voce orrenda di quella bomba, ma poco altro: i periti si sono dati ancora una volta battaglia sui pochissimi reperti disponibili per determinare la natura dell'esplosivo impiegato, perché la piazza, e con essa i resti dell'esplosione, fu improvvidamente (o scientemente?) lavata a poche ore di distanza dalla strage, su ordine della locale Questura. Si disse: per non turbare la serenità dei cittadini con la vista dei resti di un massacro. Ma ciò che rischiava di turbare la quiete delle coscienze era il sangue in terra o piuttosto la possibilità che - se non si fossero distrutte le prove e dirottate le indagini - emergesse la verità, penale e politica, sull'ennesima strage? Proprio il generale dei Carabinieri Delfino, che condusse le prime indagini,  è imputato in attesa di giudizio, oggi, per concorso in strage.
Lontano dagli occhi, lontano al cuore e dalla mente: via il sangue dal selciato, via le cronache di un processo scomodo e perturbante dall'attenzione di un paese, che avrebbe invece tanto bisogno anche della verità su Brescia per ricostruire un rapporto di fiducia tra gli italiani e le istituzioni. Perché i molti volti dell'eterno Principe italiano, come l'ha chiamato il giudice Scarpinato, certi meccanismi (servizi segreti che proteggono i criminali anziché i cittadini in nome di "interessi superiori" o inconfessabili finalità politiche; servitori dello Stato infedeli) siano conosciuti, compresi e prima o poi, finalmente, disinnescati.
Attendiamo il dispositivo della sentenza. E ancor più, le motivazioni, che  -  anche in caso di assoluzioni  -  aggiungeranno importanti tasselli alla conoscenza storica dello stragismo neofascista. Ma ricordiamo alcune cose che prescindono dal contenuto della sentenza. Per quegli otto morti, oggi si giudicano solo imputati per concorso in strage. I depistaggi sono stati tali e tanti che, dopo 36 anni, non si può neanche cercare di sapere chi mise la bomba nel cestino quella mattina. L'autenticità e attendibilità delle centinaia di note informative riconducibili a "Tritone" è stata confermata. Se fossero state disponibili anche agli inquirenti dei precedenti processi, forse avrebbero permesso di identificarle, le mani che deposero la bomba. Nel processo, si sono delineate le responsabilità politiche e morali di uomini dell'Arma e del Sid. Servizi di sicurezza, si chiamano: ma sicurezza di chi? se non collaborarono coi magistrati nemmeno davanti a otto bare di cittadini innocenti uccisi nella pubblica piazza? In aula, c'era sempre Manlio Milani, in rappresentanza dei famigliari delle vittime. Dall'altra parte, nella gabbia, solo Tramonte (detenuto per altri reati).
Tra gli imputati, nemmeno coloro che hanno ricoperto incarichi pubblici di alto livello e cariche rappresentative, come Delfino e Rauti, hanno ritenuto di mettere mai piede nell'aula dove, faticosamente, si celebrava il rito democratico del processo. Non sono venuti a raccontare la propria verità, a guardare negli occhi le parti civili. In compenso, queste avevano accanto una squadra di avvocati, molti dei quali andavano tutt'al più alle elementari al momento della strage. Hanno affrontato un processo-monstre ammessi al gratuito patrocinio, raccogliendo idealmente il testimone delle persone che erano in piazza della Loggia quella mattina, perché credevano che la democrazia va difesa ogni giorno, con gesti insieme simbolici e concreti. 
 
(15 novembre 2010)


Unione sarda del 15\11\2010 

Fiumicino, la strage dimenticata

Mario Muggianu fu ostaggio dei fedayyn per 48 ore

Lunedì 15 novembre 2010
   
di GIUSEPPE DEIANA
Mario Muggianu oggi
Un inferno senza colpevoli. Trentadue morti dimenticati per “interessi superiori”, quelli di un patto non scritto che tentò di rendere l'Italia neutrale nel panorama degli intrighi terroristici internazionali degli anni Settanta e che forse si porta sulla coscienza anche le vittime della strage di Bologna. Solo una piccola iscrizione ricorda un momento cruciale della storia italiana più recente: poche parole in memoria del militare della Guardia di finanza Antonio Zara, ucciso a sangue freddo sulla pista di Fiumicino il 17 dicembre del 1973. Dimenticati, invece, i trenta passeggeri del volo Pan Am, uccisi dalle bombe al fosforo lanciate da cinque fedayyn e Domenico Ippoliti, tecnico addetto al controllo aereo, trucidato dopo una snervante roulette russa sulla pista di Atene, 24 ore più tardi delle altre vittime.
IL LIBRO Ma c'è anche chi quelle drammatiche 48 ore oggi le ricorda, così come chi ha deciso di dedicare tempo e inchiostro alla ricerca della verità. Salvatore Lordi, giornalista di Rds, e Annalisa Giuseppetti, free lance esperta di terrorismo e sicurezza, hanno pensato di riesumare quel momento dimenticato (“ Fiumicino 17 dicembre 1973. La strage di Settembre nero ”, edito dalla Rubettino, sarà presentato a Roma giovedì, alla libreria Enoarcano, in via delle Paste, 106), quelle drammatiche ore che inchiodarono l'Italia a radio e tv, raccogliendo le testimonianze di chi quei momenti li visse in prima persona e oggi li racconta non senza porsi interrogativi. Primo fra tutti: perché quella strage non ha un colpevole?
IL PROTAGONISTA Mario Muggianu, alle 13,45 del 17 dicembre 1973 stava per concludere il suo turno, 8-14, ai varchi della dogana di Fiumicino. Una giornata normale, anche se particolarmente affollata, per quella giovane guardia di Polizia, allora poco più che diciannovenne, partita da Dorgali neanche due anni prima (gennaio 1972) per intraprendere la carriera tra gli agenti di pubblica sicurezza. In paese lo conoscevano tutti, aveva fatto il muratore per qualche anno, secondo di tre figli, per poi emigrare. Destinazione Trieste, corso per agenti, e poi Roma, alla polizia di frontiera. Quella mattina di dicembre, un pulmino uscì dalla caserma della Magliana per raggiungere Fiumicino e dare il cambio turno, alle 8 in punto, ai colleghi che smontavano dalla notte. 



Muggianu all'epoca dei fatti

IL PROCESSO Contemporaneamente, nell'aula del Tribunale di Roma, si apriva il processo a tre appartenenti di Settembre nero, gruppo terroristico palestinese, detenuti nel carcere di Viterbo, arrestati nel gennaio del 1973, in occasione della visita in Vaticano di Golda Meir, primo ministro israeliano. A Ostia, forse su segnalazione del Mossad, vennero fermati cinque palestinesi, trovati in possesso di alcuni missili Strela di fabbricazione sovietica, che dovevano servire per tirare giù l'aereo, sui cieli di Roma, sul quale viaggiava la donna che allora ricopriva l'incarico di premier d'Israele. Due furono scarcerati, mentre tre andarono a processo, concluso con una condanna nel febbraio 1974, prima del pagamento di una cauzione da venti milioni a testa da parte dei servizi segreti e la sparizione in Libia dei terroristi appena un mese dopo.
L'ATTENTATO Proprio mentre Mario Muggianu e i suoi colleghi iniziavano il turno di guardia a Fiumicino, un commando di fedayyn si imbarcava dall'aeroporto madrileno di Barajas, in Spagna, alla volta di Roma. Nelle loro valigie, un vero arsenale. Facile far entrare le armi nelle stive dell'aereo: «In Spagna non si facevano controlli», racconta Mario Muggianu, 57 anni, residente a Cagliari, sposato con due figli, pensionato con l'hobby della campagna. I terroristi, sbarcati a Fiumicino, si confusero tra la folla, una volta recuperati i bagagli, per poi avvicinarsi ai varchi. «Ricordo che quella mattina c'era una folla immensa, tantissima gente, forse perché si avvicinavano le vacanze natalizie, c'erano quattro porte aperte e per ognuna due di noi che prestavano servizio». Tutto scorreva liscio nella mattinata di Mario Muggianu. Ebbe anche il tempo, intorno alle 12,45, di pensare a quei 75 minuti che lo dividevano dal pranzo. Ma fu un pensiero rapido, così come fulminea fu l'azione dei terroristi, «almeno cinque»: arrivati vicino ai poliziotti, aprirono le valigie, puntarono le armi contro gli agenti e iniziarono a sparare in aria e verso le vetrate, lanciando bombe a mano Srcm a basso potenziale. «Non ci furono feriti tra i civili, in quella fase, ma un mio collega che era in coda alla fila, Ciro Strino, tentò di estrarre la pistola: venne colpito da una raffica di mitra e un colpo gli trafisse il polmone».
GLI AEREI Il commando, carico di adrenalina, scese giù verso la pista, tentò di salire su un primo aereo, poi si diresse su altri due in pista. Due terroristi si infilarono su un Boeing della Pan Am già in procinto di decollare e lanciarono due bombe al fosforo: fu una strage. Alla fine i morti furono trenta. Il resto del commando, con gli agenti presi in ostaggio, arrivò invece su un aereo della Lufthansa. Un finanziere in servizio sulla pista, Antonio Zara, da dietro un carrello per il trasporto dei bagagli cercò di mirare sui terroristi, ma la sua pistola si inceppò. Venne catturato: gli ripiegarono il cappotto sulle braccia, a metà schiena, immobilizzandolo e portandolo con loro. «Gli serviva un morto, in quella fase, e Zara fu il prescelto», ricorda Muggianu. Mentre salivano sulla scaletta, a Zara fu fatto cenno di tornare indietro. Pochi passi e venne falciato da una raffica di mitra. «Avevano gli Stern, bombe a mano e pistole». Al comandante, un pilota olandese, venne intimato di partire, dopo un rapido controllo dell'aereo, con la collaborazione di Domenico Ippoliti, anche lui preso in ostaggio. Il grosso velivolo decollò con i portelloni ancora aperti.
IL VIAGGIO «Non sapevano dove andare. La mia impressione è che non avessero alcuna meta anche se forse il loro scopo era quello di piombare a Ginevra e far atterrare il terrore sulla conferenza di pace che si apriva in quei giorni in Svizzera». Il volo sorvolò Nicosia (Cipro), poi fece rotta su Atene, dove si aprì una drammatica trattativa con le autorità greche. Fu qui che i terroristi inaugurarono la strategia della roulette russa. «Ero ammanettato con uno stewart, ci portavano a due a due sulle scalette dell'aereo e poi sparavano a pochi metri dalla nostra testa. Poi ci riportavano indietro. Ci contammo, per vedere se c'eravamo tutti. Ippoliti non tornò». Colpito a morte sulla scaletta dell'aereo e gettato in pista. «Comunicavamo con il pilota attraverso una hostess particolarmente sveglia: ci disse che l'aereo, mentre ripartiva, era passato sopra il povero corpo di Ippoliti».
MEDIO ORIENTE Ripreso il volo, la nuova destinazione fu Damasco, ma il governo libanese mostrò di non gradire gli ospiti. «Misero i camion militari lungo la pista per non farci atterrare», ricorda l'ex agente di Polizia, «solo la bravura del pilota ci salvò: riuscì a fermare l'aereo fuori dalla pista, sulla sabbia del deserto. Fecero arrivare un'ambulanza per curare uno dei terroristi, ferito alla testa», ma anche qui la solidarietà araba non funzionò nei confronti dei terroristi. «Nessuno li volle riconoscere, nonostante i tentativi di accreditarsi con le autorità, e forse per questo decisero di arrivare in Kuwait, dove evidentemente riuscirono a ottenere garanzie per un salvacondotto o qualcosa di simile». Nella città sul Golfo Persico, dopo oltre due giorni di voli tra Europa e Medio Oriente, trattative, morti e minacce, i terroristi si arresero. E lo fecero in modo inaspettato. «Decisero di abbandonare le armi senza quasi una trattativa. Misero pistole e mitra da una parte e mi chiesero di perquisirli. Vollero le nostre divise. Scesi tra i primi. La polizia kuwaitiana ci prese in consegna e ci fu anche un po' di maretta, perché mi trovarono addosso le manette che uno dei terroristi mi aveva restituito».
IL RITORNO Muggianu fu il primo a parlare con il presidente del Consiglio Mariano Rumor. Il messaggio fu chiaro: tutto è finito bene, ora bocche cucite e attenzione a parlare con i giornalisti. Stesso discorso venne fatto all'arrivo in Italia dalle autorità (tra cui anche il capo della Polizia, sardo di Talana, Efisio Zanda Loi) che salirono sull'aereo prima dello sbarco a Fiumicino. I terroristi furono presi in carico dalla polizia del Kuwait, che rispose picche alla richiesta di estradizione avanzata qualche mese più tardi dal Governo italiano. «Seppi che due morirono durante un tentativo di evasione dal carcere, gli altri in azioni terroristiche in Giordania», dice con rassegnazione Mario Muggianu, «al nostro rientro, fummo rinchiusi nell'accademia di Polizia di Roma, in via Guido Reni, il magistrato ci chiese alcune relazioni. Non vedevamo l'ora di riabbracciare i nostri cari: tra l'altro, la mia famiglia visse brutti momenti, visto che un quotidiano sardo ( La Nuova Sardegna , ndr) scrisse in prima pagina che il morto di Atene ero io e non Ippoliti. Fortunatamente la notizia venne smentita di lì a poco da un ufficiale mandato a casa, a Dorgali, dalla Questura di Nuoro. Non ci permisero di partecipare ai funerali delle vittime. E ci fu impedito di incontrare i familiari, di andare a trovare la madre di Zara. Eppure su tutta la vicenda non fummo mai interrogati e solo dopo diversi giorni riuscii a rientrare nell'Isola».
IL PROCESSO Mario Muggianu, subito dopo, venne trasferito a Cagliari, in Questura, e non riprese servizio a Roma, dove rientrò solo per prendere parte ai processi. «Ci fu un procedimento civile, uno penale, uno amministrativo e uno della magistratura militare», racconta, «solo quello civile si concluse e lo seppi dal giornale. Degli altri non si seppe più nulla». «Questo è il mio cruccio, che mi porto appresso da trenta e passa anni. Non ci sono colpevoli: perché la Giustizia non ha fatto il suo corso? I terroristi vennero liberati e l'Italia non calcò certo la mano. Forse ci furono quelli che si chiamano “interessi superiori”», è la triste conclusione di Mario Muggianu. «Ho metabolizzato quell'esperienza, mi è servita in seguito per affrontare tante situazioni difficili. A Fiumicino piovevano proiettili e io non lo posso dimenticare». La Giustizia, invece, lo ha rimosso. Perché?
IL PATTO Forse perché in quel periodo, a Il Cairo, in Egitto, un incontro diplomatico pose le basi della strategia Moro, allora ministro degli Esteri: un patto di non belligeranza con i terroristi palestinesi. «Voi non fate attentati contro l'Italia e gli italiani, e noi vi lasciamo fare gli affari vostri sul territorio italiano, controllati a vista dai servizi segreti».

Una strategia che ha funzionato per anni, ma che potrebbe essere costata la vita a tanti innocenti, per esempio gli 85 morti della strage di Bologna. Francesco Cossiga, in un'intervista rilasciata ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera , disse che quella strage fu un incidente causato da “amici” palestinesi che “manovravano” in Italia. Se c'è una verità che lega Fiumicino a Bologna, è ancora tutta da scrivere.

14.11.10

Il pony guida la ragazza non vedente.




Mona Ramouni è una studentessa musulmana di 28 anni che vive nel Michigan, Stati Uniti. Non vedente dalla nascita, la ragazza fino ad oggi non ha potuto usufruire dell'aiuto di un cane guida perché la religione dei genitori proibisce loro di far entrare un cane - considerato un animale sporco - in casa.


Grazie a un articolo trovato su internet Mona scopre però il mondo dei pony guida, cavalli dalle piccole dimensioni che accompagnano i non vedenti.
Così da alcune settimane la ragazza va a scuola e torna a casa autonomamente, come si vede in queste immagini, accompagnata da un pony di nome Cali.