Cerca nel blog

3.4.11

La parabola del telaio Irriducibile manager Internauta sul tappeto volante Samugheo, Elisabetta Barra lancia la sfida sul web

Cronaca Regionale
unione sarda Sabato 02 aprile 2011
 
DAL NOSTRO INVIATO
LORENZO PAOLINI 

SAMUGHEO Dopo i carboni ardenti, il telaio. Prendi un gruppo di manager alla ricerca di spinte motivazionali, ormai annoiati dalle scottature ai piedi, e buttali davanti a fili e spolette. Tema del giorno: l'arazzo sardo. Svolgimento: impegnativo, a dare istruzioni severe, Elisabetta Barra ci si vede benissimo. A 74 anni è dritta come un fuso, con una voce imperiosa, una saetta in movimento su e giù per una casa immensa.a
 «Potrebbe essere uno dei modi con cui si salva una tradizione immensa. Una scuola per giovani apprendiste, un corso per manager. Gli enti pubblici devono solo decidere di tutelare i tappeti sardi e noi siamo qui per loro». A dispetto delle apparenze, la signora vanta titoli che le consentono di non passare da visionaria. In giro in autobus per la Sardegna di mezzo secolo fa, una donna sola, carica di tessuti, alla ricerca di clienti? L'ha fatto. Impegnata lungo una linea immaginaria, lastricata di lane sarde, che va diretta da Samugheo agli Stati Uniti? Pure questo, mangiato e digerito (salvo portare sul corpo i segni di qualche scottatura economica che continua a bruciare). Far parte del drappello illuminato di artigiani che cancellarono di colpo la paccottiglia con pezzi d'arte e aprirono squarci di gloria che ancora illuminano la Sardegna? Anche questo sperimentato, e fino in fondo. Ecco perché l'idea di un istituto di tessitura, nelle sua mani, ha un certo fascino. E, nella terra delle occasioni sprecate, perfino una certa credibilità.

L'ONORE DEI PIZZI Il concetto lo chiarisce subito e con parole nette: chi cerca l'anziana artigiana di paese in vena di amarcord, non bussi alla sua casa. «Io ero e resto un'imprenditrice che ha sacrificato tutto per il lavoro, eccetto dignità e onestà». Il logo resta, E. Barra scritto con grafia piana di bambina, gli scatti patinati degli anni Settanta e Ottanta. Poi l'ultimo periodo è stato funestato da rogne giudiziarie, processi, il Consorzio che doveva esportare l'artigianato tessile negli Usa si è rivelato un clamoroso flop. Ma alle spalle c'era una storia - personale - che, a raccontarla, non sembra vera. «I miei erano piccoli proprietari di paese, si tesseva per l'artigianato familiare, i sacchi per portare il grano dall'aia, il corredo, il costume in orbace. Ogni ragazza di allora, per essere considerata un buon partito, doveva saper lavorare al telaio». Figli, marito? «Non avrei potuto fare tutto quello che ho fatto, sarebbero venuti prima». Possidenti mediamente agiati, una casa di sette stanza cinque per cinque, non ricchi secondo il concetto in voga oggi ma abbastanza da distinguere, democraticamente s'intende, le figure di padrona e zeracca : «A casa nostra abbiamo sempre lavorato fianco a fianco, eravamo gente che viveva del proprio dando lavoro agli altri». Altro dettaglio: per una del suo livello era socialmente riprovevole lavorare per qualcun altro e il problema si porrà di qui a poco.
LA GRANDE CRISI Inizio anni Sessanta, Samugheo (ma un altro paese dell'interno potrebbe essere uguale), fuga a gambe levate dalle campagne e agricoltura in rovina. «Bisognava esserci per capire quel che è successo in quel periodo». Racconta di un'autentica emigrazione di massa, di ragazzine di 12 anni avviate a diventare domestiche nelle case padronali di mezza Italia. L'Isola (Istituto sardo organizzazione del lavoro artigiano) sta muovendo i primi passi, non è ancora un carrozzone, conta su figure di livello mai più raggiunto. Si parte con l'organizzazione di corsi di tessitura spalmati in tutta la Sardegna intorno ai poli tradizionali, da Villamassargia a Nule, da Santulussurgiu a Zeddiani. E, quando si dice il caso, la direttrice è la madrina, «una delle più capaci del paese». Senonché per le ragazze a modo è considerato un disonore fare un lavoro subordinato e il padre non vuole neanche sentire la proposta della figlia perché senz'altro danneggia il prestigio di famiglia. «Poi ho avuto un colpo di genio. I corsi ce li pagavano cento lire l'ora quando la giornata di un bracciante agricolo ne valeva 500. Gli ho detto: se mi fai andare a scuola di telaio, ti mando due operai in campagna. In più, mi rendo disponibile ad andare comunque a governare il bestiame». L'ipotesi non è rifiutabile ed Elisabetta Barra si guadagna la sua sedia da aspirante tessitrice («anche 14 ore»). Non prima, naturalmente, di essersi alzata alle 4 per fare su e giù dalla campagna.
UN MONDO A PARTE L'Isola commissiona lavori per due mesi l'anno, chilometri di tappeti mezzo pieni, di arazzi. Gli interlocutori si chiamavano Ubaldo Badas (uno dei grandissimi dell'architettura), il pittore Antonio Corriga, Eugenio Tavolara («alle riunioni ci diceva sempre, ricordatevi che vi sto affidando un patrimonio di tradizioni di valore inestimabile, non è vostro ma per le generazioni future»). Siccome la signora, - a dispetto delle apparenze da anziana di paese rasserenata, col berrettino di lana calato sulla fronte - ha viaggiato e letto e frequentato, da sola sforna la definizione del periodo: «Oggi lo chiameremmo design colto contemporaneo ma già allora avevamo chiaro che stavamo facendo qualcosa di speciale». È il '61 quando Elisabetta Barra decide che la commessa dell'Isola non è sufficiente per il suo potenziale produttivo. E la risolve a modo suo.
IN TRASFERTA I mezzi pubblici ci sono e la Sardegna è misteriosa e inesplorata. Detto fatto: riempie tutte le valigie possibili di tappeti, compra un biglietto dell'autobus, e parte. «In paese si diceva che ad Alghero c'erano i turisti. Mi metto in contatto con una suora che viveva lì per chiederle di cercarmi alloggio e vado. Non sapevo che il loro dialetto è diverso dal nostro sardo, sentivo che tutti parlavano questa lingua e mi dicevo: caspita, qui sono tutti turisti. Primi clienti, il negozio dei Simula, Sigaretta, in centro». In una manciata di anni, arriveranno ordini da Olbia, Sassari, Castelsardo, La Maddalena. Nel frattempo qualche altra signora, per suo conto, gira casa per casa nell'Oristanese alla ricerca di clienti. Con i disegni tradizionali è brava, si permette qualche variazione sul tema e applica il talento anche altrove. Per esempio, diventa la più celebre decoratrice di torte per i matrimoni, la chiamano ovunque. «Ho sempre avuto la cultura del fare, senza paura della stanchezza». Un momento di gloria a caso: il rientro da un tour nel Nord Sardegna dove impazzava questo strano fenomeno del turismo: «Avevo guadagnato settecentomila lire, un'enormità».
SALTO DI CATEGORIA Un momento di crisi: una figlioccia sta per prendere la via di Milano, carriera da domestica. «Ero disperata, mi sembrava ingiusto. La prima volta che ero stata a Milano un nostro paesano mi aveva portata a vedere una ragazza che era andata via da Samugheo per andare a servizio: invece era finita in strada e quell'immagine non l'avevo dimenticata». Elisabetta Barra convoca le fanciulle che lavorano per lei: «Dico loro, vado a Cagliari, pare che paghino il tappeto annodato in contanti. Volevo mettere su un grande laboratorio e mi presento da Genca, il massimo per il design. Mi ricordo questo signore in jeans e camicia celeste, non avevo mai visto nessuno vestito così. Era il signor Enis, il proprietario. Speravo che mi desse un acconto sui tappeti che gli avrei consegnato in modo da potermi permettere un nuovo telaio meccanico a spoletta volante. Non avevo nulla per garantire, solo la mia parola. Bene, si è fidato e mi ha dato centomila lire». Questo commerciante, così avanti sui tempi, le regala anche qualche consiglio prezioso. I suoi tappeti stanno girando per le case branché d'Italia e la Rinascente da Milano le propone un maxi-ordine: «Sarei diventata miliardaria. Ma lui mi disse: se li vende un grande magazzino, nessun arredatore li prenderà più. Declinai l'offerta». Il sogno del laboratorio comunque ha preso forma e decine di ragazze di Samugheo passano per quelle stanze. «Ero cresciuta con la mentalità delle banche, dell'imprenditrice. Una volta alla Regione facevano melina, dalle carte era scomparsa una licenza esecutiva. Mi sono presentata a Cagliari e sono entrata negli uffici dalla scala antincendio, a quel punto mi hanno dovuta ricevere».
LE AMAREZZE Da metà degli anni '80 a oggi, si parla di successi ma anche di rogne. Elisabetta Barra è un punto di riferimento nelle fiere che contano, sul tavolino ci sono decine di giornali, foto posate nelle cerimonie, lei col presidente, lei col Papa. C'è l'intuizione arguta di presidiare direttamente la Costa Smeralda: le propongono uno spazio a Portisco, lei si trasferisce lì con la cugina, casa e bottega, quando i clienti lasciano il negozio aprono il divano-letto per andare a dormire. Ma il problema più grande è quel Consorzio che avrebbe dovuto portare i tappeti sardi in America. Non si scende nei dettagli, l'argomento è una ferita aperta. «Hanno voluto privare il prodotto della sua identità e il Consorzio è fallito subito, praticamente appena costituito. E io sono stata truffata». Anni di processi, tribunali, quattrini in uscita. Nel frattempo, nel laboratorio sotto casa, i telai lentamente si fermano, i disegni bizantini si accatastano in piccole pile. Fino al silenzio. Lei comunque ha tenuto il punto, rinnovato l'iscrizione alla Camera di commercio, coltivato piccole produzioni. E si è aggiornata: «Oggi ripartirei da Internet». Ripensa alla lezione di Tavolara, alle tradizioni da consegnare alle generazioni future: «Sarebbe un peccato se tutto finisse così».
paolini@unionesarda.it

ecco cosa succede a chi difende da vip spocchiosi ed illefgalità la propria terra Arzachena. A processo i due giovani che manifestavano contro il locale di Capriccioli

il titolo pur  sembrare  fuorviante , iun quanto l'unione  sarda   giornale  berlusconiamo l'equivalente  di  libero e il  giornale   ,  è l'unico   giornale sardo free dopo  il fallimento   dele due  ediziooni  (  nord e sud  )  de ul sardegna  de  gruppo epolis 


Arzachena. 

A processo i due giovani che manifestavano contro il locale di CapriccioliQuelli che bivaccavano al Billionaire Organizzavano pic-nic di protesta sulla spiaggia dei vip

Domenica 03 aprile 2011
 
I fratelli arzachenesi, citati a giudizio, ora rischiano due anni di carcere.
È una storia che inizia dalla fine: il Billionaire beach, rifugio vip sulla spiaggia di Capriccioli chiuso dall'estate 2009; i due principali contestatori dello stabilimento extralusso citati a giudizio, ora rischiano una condanna sino a due anni di carcere. Questo è la conclusione di un confronto che nel 2009 ha animato le pagine estive dei quotidiani nazionali e messo a dura prova la pazienza dei manager di Briatore. Ci hanno perso tutti. Il prossimo 22 aprile Giovanni Pietro Pirina (48 anni) e il fratello Mario Fabrizio (39), artigiani di Arzachena, dovranno comparire davanti al giudice di pace (più avanti anche a quello civile per il risarcimento danni) per i blitz al Billionaire beach. Niente di particolarmente violento, ma fastidioso sì, almeno per i gestori della struttura balneare. I due fratelli nell'estate del 2009 occupavano abusivamente nei week end i terreni gestiti dal Billionaire. Tovaglia e asciugamano sul prato, sfidavano con pic nic fatti in casa il mondo vip che pagava centinaia di euro per qualche metro quadro di verde, all'ombra di tende in cotone e lettini in legno pregiato. Clienti milionari, serviti e riveriti, in cerca di discrezione e comfort, ma sbeffeggiati al loro arrivo dai contestatori. Anche perché la protesta dei due arzachenesi, presto ha trovato adepti tra gli altri frequentatori della marina. Risultato: dopo mesi di battaglie, dispetti e pic nic improvvisati, il Billionaire srl ha restituito tutto alla Geseco, la società del comune di Arzachena che si occupa della valorizzazione degli immobili pubblici. Chiusa l'esperienza in riva al mare, licenziate una decina di persone, svaniti dalle casse comunali 70 mila euro all'anno di affitto. Un milione di euro di investimenti persi, come le copertine sui media nazionali e la clientela a cinque stelle. Tutto in fumo. Cosa abbia originato la protesta e il successivo caos, spingendo gli imprenditori a disinvestire a Capriccioli, è un mistero. Le accuse di privatizzare la spiaggia, cadute nel vuoto, come conferma il contratto d'affitto e la sua disdetta consensuale con la Geseco: accesso pubblico, bar a prezzi calmierati, piccola ristorazione, servizi igienici gratuiti. Accordi rispettati. Certo c'era anche l'area vip: champagne e caviale, massaggi e fitness. Banconote da 500 euro e carte con credito illimitato. Del resto sulla spiaggia di Capriccioli, tra hotel cinque stelle e ville super lusso il servizio richiesto è quello al top della categoria. E ancora la contestazione di aver danneggiato un bosco di ginepri: fatti gli accertamenti, la gestione Billionaire beach aveva rispettato le indicazioni di Forestale e comune. Insomma tanto urlare per niente. O quasi niente: chi voleva il levate le tende del Billionaire beach starà ancora brindando. Questo sì, un levate i calici riservato a pochi. E senza neppure una nuova busta paga.
MAURIZIO OLANDI

1.4.11

viaggio nella frontiera VIII morte in agguato e Jack trova l'amore

Dopo gli avvenimenti del giorno prima , passammo  gli ultimi giorni  di convalescenza  di Jack nella tribu'di Nuvola rossa . Una sera  chiesi a Jack cosa  volesse rimanere li , dove peraltro s'era ambientato ala grande o  se volesse percorrere con me   l'ultima tappa ( ancora  3  giorni  di strada  ) del mio cammino .
Lui chiese  un po' di tempo per pensarci  . Io  gli dissi : << la notte porta  consiglio ,non importa  quale  sia la tua decisione , l'importante  è che non ti lasci influenzare  ne' da me  vecchio cariatide  ultimo residuo della frontiera  ne' da loro , ma  sia tu a decidere  >> .
Il giorno dopo decise  di venire  con me  , ma  visto  lo sguardo di tristezza    e nostalgia  con  cui guardava  in suoi nuovi " fratelli "  lo invitai e gli suggeri di restare  , tanto non era ne' la prima ne' l'ultima che  viaggiavo da solo .
Lui si consulto  con la sua nuova famiglia  promettendoli che sarebbe ritornato  e che se partiva con me  è perchè che non voleva  abbandonarmi ed  era curioso di conoscere la mia  tribù d'origine    .
Salutammo ed abbracciammo  gli amici e i " fratelli  " e  partimmo.Il viaggio procedette normalmente senza  problemi e senza  che i  guai  cercassero noi o  noi loro . Arrivammo  al  rio sonora  e quindi ad un giorno di  strada da casa . Ma lo trovammo  in piena . Quindi  dovemmo fare  una deviazione  che avrebbe allungato la strada di  3  giorni in piu'
Jack  mi vide  preoccupato,inforcando le  sopraciglia  mi chiese  : <<  sei preoccupato per per la scarsita'  di provviste o cos'altro ? >> . Io << non è per quello visto  che altre  volte  mi sono e ci siamo arrangianti  ma  è che siamo   nelle  vicinanze del territorio   della  tribu'  dei corvi neri,una  di quelle più chiuse  e piene d'odio ( ma come non dargli torto dopo i masacri e  le violazioni  degli accordi e dei trattati  da parte del Governo ) chiusa  all'uomo bianco  e poi dopo essere stata ingannata  refrattaria a cercare  accordi e contatti pacifici   >> .
Ma  jack  con il solito  ottimismo convivente  << capisco  la tua preoccupazione  ma oltre  a riccorre  alle  armi  possiamo tentare il dialogo  visto  che , dal quel  mi hai e mi hanno raccontato, sei in buoni ed affabili rapporti    con   vari capi indiani o persone appartenti alla  loro cerchia  >> . Io non  riusci a  replicare   se non con un semplice   << va beh andiamo avanti >> in quanto avevo fretta  ed  ero ansioso  di  rivedere mia madre e la mia  tribu d'origine .
I primi due  giorni nessun problema  Il primo giorno nessun problema ci arrangiammo con la pesca e con quelche radice  selavatica . Il secondo giorno  con la  caccia .In entrambi  i  giorni  ci procurammo il minimo indispensabile  , essendo  in primavera  e quindi periodo , per il mondo animale  , degli amori e dela riproduzione 
Il problema  avenne al  terzo giorno  ,proprio a  qualche ora  di  cammino  da casa  , stavamo raccogliendo   delle  bacche  per il pranzo  , quando  fummo saliti e  colti alla  sprovvista ( come due novellini  ) non facemmo  in tempo a prendere le armi  che  per  distrazione  erano rimaste sui cavalli  insieme ai nostri cinturioni nè ad intavolare  una discussione  un confronto in quanto fummo colpiti alle spalle  e  fummoquindi storditi
 Credevamo di perdere i nostri cavalli e le nostre sacche  da viaggio  , essendo quella dei corvi neri una  tribu'di predoni , fortunatamente  li ritrovammo all'accampamento dove  ci avevamo portato  .
Appena arrivati    fummo messi senza  tanti complimenti al palo della tortura.I nostri  cavalli  e  le nostre sacche  furono spartite  fra  gli assalitori come  bottino di  guerra . Mi venne il magone nel vedere  che  la mia coolt  45 che mi aveva  accompagnato  da  20 anni fosse  finita in mani  estranee . Essa nostante   fosse diventata un ferro vecchio  , sarebbe dovuta essere  un regalo per  jack , qualunque fosse stata la sua decisoone  dopo aver  conosciuto la mia  tribù  .Intanto ci si preparava  la danza  dello scalpo.
Dopo la  danza  rituale  si stava per eseguire la nostra  condanna ma furono  fortunatamente  interotti da Occhio d'aquila  un fratello adottivo di grande  naso  . Appena lo vidi non lo riconobbi subito  , ma  poi appena  s'avvicino  a me  ,come  un lampo nel cielo sereno  mi venne un flask  e  ricordai  che  in realta si chiamava  coda  di lupao. Era quel'indiano  a cui avevo salvato   la  vita  e  curato  quando fu ferito  da una trappola  lasciata  da qualche cacciatore di frodo .Egli grido : << fermatevi quello  è ilo mio amico  colui che mi  ha salvato la  vita   ballaconilupi , il radrizzatore  di torti  l'amico di Aquila  della notte  e di piccolo falco   . Chiedo ,il rispetto della regola dell'ospitalità . >> Cadde  un silenzio , interrotto dal capo  tribù che diede ordine di liberarmi .Ero sorpreso  in quanto osservai nei  visi e negli sguardi  degli altri componenti dela tribù la  curiosità nel sentire i miie nomi  . Evidentemente     anche  in  una     una  tribu' ostile , i miei nomi ( sia indiani  che   da  uomo bianco  )  erano noti .
Gli adetti al rito  mi liberarono , Il capo s'addirro' considerando  l'aver dissubito  ai suoi ordini un affronto .Ma sia occhio d'aquila\ coda di lupo ed altri membri dela tribu'  fra cui mi pare  di ricordare  anche  uno  dei figli del capo  lo convinsero  a  rinunciare al mio scalpo in base  alla ( comune fra i popoli  indiani ) legge  sull'ospitalità , ma  soprattutto perchè vedendomi   e sento di me  s'accorsero  che non ero un semplice  uomo bianco  . Grande  naso dovette , accettare senza  discutere sia per evitare fratture  all'interno  della tribu', sia  perchè ègli era , oltre  che  ligio alle consuetudini  e alle leggi   della fratellanza  collante comune a  tutte le tribu , padre addottivo di Coda di lupo  .
Fu cosi  che si concentrarono  su jack , ma anche stavolta  non si fece  in tempo a procede  perchè a  salvare  lui, non fui io stavolta , ma fu ancora  una volta la dea bendata . stavolta  furono nuovament interotti  da cerbiatta libera  che vaga nei boschi ,figlia  del capo .
Essa intervenne  presso grande naso    mentre stavo cercando qualche appiglio per  salvare jack . La bella ragazza  chiese , vedendo  uno dei tatuaggi  di jack un simbolo di fratellanza  e di pace e forse  da come  l'osservava  perchè  s'era innamorata di lui rimanendone affascinata , chiese al padre che  in virtu'  delle leggi dela tribu' potesse prenderlo come sposo  .
Ma, ahime ,la  sua  inenzione  fu stroncata sul nascere , dallo stesso Grande naso  che la mise  dinnanzi alla cruda   realta' <<   Cerbiatta  che ..  la legge , dovresti saperlolo meglio di me , della  nostra  tribu' prevvede  solo  colui che   sappia usare l'arco  con grande maestria possa sposare  la  figlia di un capo  >> e lei  sconsolata  <<  Gia' è vero . peccato ma  questo giovane bianco  mi esso  ha preso il cuore e sarei stata felicisima  di poterlo sposare   >>  e se  ne  ando' piangendo  nel suo taipe' . Il  rito dello scalpo  riprese  ,ed  alcuni punti del cuoio  cappelluto  di jack   furono strappati . Sembrava  non ci fosse  più niente  da fae  , quando  ,  approfittando  della situazione  , ero riuscito a trovare  , facendo leva sugli usi  comuni  dele  varie  popolazioni indiane , una probabile  soluzione  al problema  .
La mia forse  era azzardata , ma  era  l'unica percorribile  e adatta  a tale  situazione per risolvere la  situazione senza  dover far ricorso all'uso delle  armi .
Ma  per poter far  questo avevo bisogno  d'attirare la  situazione generale  in modo da interrompere la  violenza  che stavano facendo  a  jack  .
Ecco  che  Tentai il tutto per  tutto  , presi la pistola  , sparai  due  colpi in aria   , per  attirare  su di me l'attenzione  su di me .Poi la  rimisi nella fondina e con le mani alzate   provai  a spiegare   alla folla  radunatasi  con aspetto bellicoso , mi cattturano e mi rimisero sul palo concedendomi l'onore  di morire  con la mia pistola .Smisero di torturare  jack  e  si gettarono su di me  . Ma  furono ( evkidentemente  era  giornata  fortunata  )   bloccati  sia   cerbiatta  che  ... sia  da  coda di lupo  che  avevano capito lsa mia intenzione , cioè quella di chiedere al capo tribù  che io  potessi prima di una  eventuale  sentenza  di condanna  difendere  jack o  chhe  gli fosse   data la possibilità  una volta  ripresosi ,di poterlo fare lui  . Grande naso  acconsenti  e  disse <<  cos'ha  da  dire  d'importante   da  dirci  ballaconilupi , che ha  voluto  attirare la nostra  attenzione ? >>.
Io <<  chieo in virtù  delle  leggi  della tribù  che  il mio amico possa  prima di una eventuale condanna  dimostrare
la sua a bilità con l'arco >> .Jack fu preso  da sgomento e inizio a tremare  tutto , ma  incrociai il suo  viso con  un sguardo rassicurante   che   lo calmo parzialmente .
Grande  naso  e  Arciere , vedendo  il sudore  scendermi sul viso  (  non era  solo paura , ma  era   caldo  ) mi dissero  mi dissero   che  parlavo con lingua  biforcuta   solo 'per  salvare  il mio amico  e la mia  pelle . Ma fortunatamente   fu creduto oltre  che da  coda  di lupo  e cerbiatta  che  ... anche  ( se la memoria  non m'inganna )  sia l'uomo medicina della  trib\'f9  parente pi\'f9 o meno    stretto  ( non ricordo il grado  di  parentela preciso  ) con un arciere    il vecchio stregone  navajo  Ta-hu-nah amico  di tex willer , che  garanti' sulla mia  correttezza  e buona fede.  Raccont\o', despurando  delle leggende   e  creatosi intorno ad essa   , la mia storia  . Molti della  tribu'  ricordarono  d'aver  gi\'e0 sentito  di me e  d'essa . Inoltre  confermo' il  significato della collana  Allora da parte di grande naso so  mi  fu chiesto  << Prima  di condannare  , se  ballaconilupi insieme  al suo amico bianco  , gli dia la possibilita' di dimostrarci  che  non è lingua biforcuta come sembra , ci spieghi in base a cosa  basa  i meriti  del  suo amico uomo bianco   che sta tentando  di salvare   a tutti i costi  >>.
mi schiari'la  gola << la  tua  domanda  e  ilo  tuo dubbio  sono  più  che  giuste , oh valoroso  capo , il mio amico  un valoroso costruttore  d'archi e un infallibile arciere , quello che voi chiamate  un Sa....>> 
<< Sakem-Sake-San >> nel  sentire  quest'ultima  frase  tutti i presenti nell'accampamento e chi  , compresa  cerbiata  che  ... usciti dalle loro tende  appena s'accorsero che la  discussione stava crescendo di volume     , rimasero silenziosamente  increduli  e  sorpresi  .A rompere  tale  atmosfera  creatasi  , fu insieme  a  grande naso suo figliastro piccolo  Arciere .
Il quale   mi disse << Se l'amico degli indiani  ballaconilupi , non è un bugiardo  ci  dimostri che  egli non stia mentendo  per  salvarsi e  salvare la vita  del suo amico e ci dica  sinceramente  quando il suo amico bianco avrebbe otiro tenuto tale titolo >> . Grande  Orso m'invito a  rispondere
Stavo iniziando a rispondergli : << Oh valoroso  capo e  ... >>   , quando Arciere  con fare  straffote   <<  oh padre  non credere  al rinnegato e  lingua biforcuta ballaconilupi e a quanto detto dal fazioso coda  di lupo non vedi come  ha  tradito  la  tua  generosita' usando le armi  >> .Grande  naso  , era titubante e chiese  silenzio ,mettendo a tacere  momentaneamente  l'insolenza  del giovane . Stava decidendo se farmi riprendere a parlare  quando  Intervennero a mia difesa  oltre  il mio amico  coda  di lupo  , sia  l'uomo medicina  e mi pare qualche altro vecchio  saggio della  tribu' , mi chiesero  scusa  e mi  chiesero di  perdonare l'insolenza  d'arciere    ,  in quanto  egli aveva  perso un amico a  causa  di vigliacco uomo bianco e  poi non conosceva   tutta  la mia storia e le mie   vicende .
Lo  perdonai  e capiiì benissimo la  situazione  di tale  situazione  ed  i dubbi   di grande naso .Feci un respiro profondo  << ... e giovane guerriero , ballaconilupi non mente ,Ha  notato  solo ora  il premio ricevuto dal suo amico .Egli vuole    si la liberazione del suo amico  e   anche  la  sua  , ma  in modo e pacifico. Infatti è per poterlo chiedere direttamente  che  dopo aver sparato in aria   ha  alzato le mani , deposto la  sua pistola ,  e  non ha  opposto resistenza   quando  è stato rimesso sul palo. Inoltre  egli  chiede   che  se dovese  essere   condannato  perchè  ha violato le vostre leggi o  lo dovette ritenere  ostile  benvenga  accetterà il vostro giudizio.Ma  chiede  solo che lui  e il suo amico   possano difendersi e dimostrare  dandone  prova  che  non hanno inenzioni ostilioro confronti  e che l'amico bianco  è realmente   quello che  ho appena detto  come  testimoniano ,indicai (   riuscendo   a  trattenere  ogni espressione del mio viso che potesse tradire   e  ed evidenziare che stavo parzialmente mentendo   sul ruolo di jack ) il tuatuaggio   sul  braccio destro  e  la  collana  con il  simbolo dell'arciere ( in realta' regalatagli  dai suoi fratelli di sangue ).Se nel caso dovesse risultare  che  io abbia usato nei vostri confronti  lingua  biforcuta e lui confermare  le  sue  abilita' me descritte possiamo essere  condannati entrambi al palo della tortura o agli avvoltoi  o a qualunque altra  forma  di condanna voi  decidiate    di  assegnarci   .>>
Tutta la tribu' , udendo tali parole da me pronunciate , rimase  a bocca aperta , mancava  solo l'applauso  . Vista il paree favorevole della maggior parte dela sua  tribù , grande naso , chiamò cerbiatta che ... che  ci slego . Segui Jack  ,  che  fu portato da Cerbiatta che ...  e un altra  donna  dall'uomo medicina  dove  gli prestarono le prime cure .
Visto il  clamore e la  fortuna sfacciata dalla nostra parte ( come se  qualcuno la sù ci  avesse voluto aiutare  ed  avesse avuto  pietà  di noi  o  magari ritiene che il nostro tempo non è ancora  giunto )  grande  Naso decise di credermi .Osservo ancora il tatuaggio e la collana  di jack, guardò negli occhi  i nostri salvatori : cerbiatta che.. , coda di lupo , lo stregone e disse  << ok  a fine mese c'è  un torneo fra i vari gruppi della mia tribù , la  il tuo amico bianco ,  mezo scalpo , potra  dimostrare  quello che tu dici .La gara  sarà a due prove ,   tiro semplice e  tiro  al volo . Basta  che  ne vinca  una sola è avrete  salva la vita . Se poi  vincerà  in tutte  e due  prometto  solennemente di portare in consiglio  che seppelirò per sempre finchè sarò in  vita   e lo lascerò  scritto a miei successori ( salvo ovviamente  per difesa o violazioni da parte dei bianchi )  cesserò ogni ostilità e  ogni razzia verso gli uomini bianchi e  tutte le tribù , compresa la tua , oh saggio  ballaconilupi  .
Siete liberi di rimanere qui  , se vi aggradà e credo che a mia figlia cerbiatta fara piacere  andare a trovare  la  tua  famiglia  .L'importantee   è che vi presentiete alla gara.
Vidi che  jackaveva bisogno di cure e decidemmo di rimanere  uno  \  due giorni  .

replica al mio post sulla burocrazia

Ciao
sono  fra quelli che  tu (  ti dò del tu anche  se  ti conosco di vista perchè hai l'età di mio nipote) chiami burocrati , in quanto lavoro all'ufficio delle entrate  .Leggendo il tuo post  sulla  burocrazia e le  foto da te  riportate  in particolare  quella  del fumetto , descrivi benissimo  la situazione .Ma non nonostante  questo , ci sono troppe generalizzazioni ,perché non siamo  tutti \ e cosi' .Siamo anche diversi  , come  hai descritto  anche   se solo accanato.
siamo vittime dei poteri forti della casta  che hanno tutto l'interesse a trattarci e trattarvi cosi   con leggi  e circoli contraddittorie ed assurde  quasi kaffiane  vedi  Asterix e le 12 fatiche: la Casa che rende folli(VIII) 


capisco  il tuo sfogo che  c'è dietro il tuo post  , per  le mille cose  ed impedimenti  burocratici  amministrativi degli uffici in particolare quello tecnico  che state affrontando  per  l'apertura  ancora  da li a venire del nuovo negozio  . Ma non c'è bisogno però di prendersela  con tutta la categoria in quanto : i pigri , gli incapaci ed  incompetenti  ci sono  ovunque  non solo da noi .Cosi facendo  rischi di scendere  al  livello demagogo di Brunetta  e company oltre  che in un discorso  qualunquistico  dell'uomo della strada  .
un impiegata   tua  concittadina 

Grazie  delle osservazioni   ne  terrò conto per  un eventuale prossimo post .Non sò  che  altro aggiungere visto  che  questa lettera parla da  sola  e  non è altro che  la  continuazione  di quel post   precedente

chi lo ?=o ha detto che il baratto è morto ?

 
 dall'unione Sarda  cronaca  della Gallura del 30\3\2011 leggo questo articolo interessante  . che testiminia   come in tempi di crisi sociale  ed  economica  , uno  dei principali  valori  di  non violenza  e  soliarietà   che  è lo scambio   viene  riscoperto 

Il centro  santa teresa  Un negozio per bambini

Demuci una manu:dove si comprasenza usare denaro

Mercoledì 30 marzo 2011
Vedi le foto U na stanza della struttura comunale in località La Funtana, a Santa Teresa Gallura, è stata trasformata in una sorta di negozio, dove è possibile scambiare gratuitamente vestiti, scarpe, giocattoli, accessori per bambini e ragazzi da zero a sedici anni. Mamme e papà in difficoltà economiche, senza un lavoro stabile, si rivolgono sempre più spesso in Comune per chiedere un aiuto. Tra le famiglie che bussano alla porta dell'ufficio Servizi Sociali ci sono anche quelle che non possono permettersi di acquistare neppure gli indumenti per i figli. Il delegato comunale Tiziana Cirotto ha così concretizzato una sua idea, subito appoggiata dalla Giunta del sindaco Stefano Pisciottu: l'attivazione del servizio "Demuci una manu" con il quale è possibile donare e ritirare vestitini, scarpe, giocattoli, passeggini e accessori per i bebè. Tutti usati ma in ottime condizioni. Proprio come un negozio, il servizio comunale, ha giorni e orari di apertura. Il lunedì, venerdì e sabato dalle 9 alle 13 e il mercoledì dalle 15 alle 19. Ad accogliere i "clienti" ci sono due operatrici del servizio civico, che prestano la propria opera lavorativa a part time, sino all'inizio dell'estate, in cambio di un contributo elargito dal comune. Le "commesse" consigliano e cercano di soddisfare tutte le richieste. La scelta è ampia e gli articoli messi in vetrina, divisi per fasce d'età, sono all'ultima moda. Perché chi dona ha afferrato il concetto. Quello cioè di regalare indumenti e oggetti superflui o non più utilizzati come gesto di solidarietà nei confronti delle persone meno fortunate. Il centro di smistamento insomma non è un punto di raccolta per disfarsi di oggetti vecchi e sporchi. I regali che finiscono tra le mani dei piccini e dei ragazzini sono quelli che superano i test di controllo, proprio come nelle fabbriche di produzione. «È una bella e fattiva collaborazione con la cittadinanza - spiega la delegata comunale ai Servizi Sociali Tiziana Cirotto - un gesto semplice per vivere anche la responsabilità verso l'ambiente, recuperando e rimettendo in circolazione indumenti ed oggetti. Una condivisione di valori che con il progetto Demuci una manu dà dignità alle persone». Storie di ordinaria quotidianità, di persone umili, che donano rimanendo nell'anonimato. la struttura è all'entrata del paese, lontana da occhi indiscreti e chi riceve non conosce il nome dell'acquirente originale. Per ulteriori informazioni è possibile contattare il numero telefonico 0789740912.
WALKIRIA BALDINELLI

il pranzo della domenica

Dal Piemonte alla Sicilia, i sapori delle pietanze che completavano i pranzi delle feste o facevano da piatto unico.
Vedi le foto  
 L a distinzione tra carni bianche, rosse e nere nasce da un'antica credenza secondo la quale il cibo andava separato secondo il colore per favorire il buon sangue. La dieta veniva stabilita in base alle tonalità cromatiche degli umori del corpo che dovevano essere bilanciati da alimenti di colore opposto. Le carni bianche rientravano nel gruppo degli alimenti candidi e morbidi, come il latte, le uova e il riso, i più adatti - si credeva - per eliminare gli umori neri e ristabilire la salute. La dietetica moderna ha stabilito i valori nutritivi di ciascun alimento e se le carni bianche, più magre e digeribili delle altre, vanno senz'altro preferite, è bene non rinunciare ai minerali e alle proteine di quelle rosse (meglio i tagli magri, come cavallo e vitello).
L'ENCICLOPEDIA È dedicato ai Secondi di carne il volume della collana “La cucina italiana in Sardegna” che l'Unione Sarda propone a chi ama la buona tavola, a chi cerca ricette sfiziose e nuovi spunti. Domani, in edicola, la sesta uscita della collana che - in dieci volumi - accompagna il lettore in un vero e proprio giro d'Italia ai fornelli, alla scoperta della grande tradizione gastronomica nazionale che si nutre delle diversità e della varietà del gusto. Con la guida dello chef Luigi Pomata, i lettori potranno sperimentare le ricette delle diverse regioni utilizzando le materie prime prodotte in Sardegna. Ogni ricetta è poi corredata dalle fotografie di Adriano Mauri, dai trucchi e suggerimenti dello chef, dalla scheda per l'abbinamento dei vini.
La prima sezione del volume è dedicata ai piatti più rappresentativi di ciascun territorio, mentre la seconda parte - “Andar per regioni” - è un invito a tavola davanti a un menu completo. Domani si va in Umbria e nel Lazio, terre di sapori rustici e robusti.
PANCETTA E FAVE Il pranzo umbro comincia con un antipasto di crostini di tartufo alla spoletina e prosegue con un primo di tagliolini al tartufo nero di Norcia, due piatti in cui il tubero profumatissimo - protagonista della gastronomia di questa regione - viene esaltato al massimo. La braciola all'urbinate viene preparata con la polpa di manzo farcita con una frittatina di uova, latte e parmigiano ; un secondo che può essere accompagnato dalla scafata , contorno di favette fresche rosolate con le bietole e il sedano nell'olio e nella pancetta tagliata a dadini e poi stufate nel brodo. Si chiude con la nociata , un dolce natalizio di noci, scorze d'arancia e limoni.
La mozzarella in carrozza apre l'invito a pranzo nel Lazio. Una ricetta classica, ormai conosciuta in tutta Italia: pane in cassetta, mozzarella, uova e farina doppio zero per preparare dei bocconcini che vanno fritti nell'olio ben caldo (secondo tradizione, però, l'ideale è lo strutto). Un composto di semolino e latte, burro, tuorli d'uovo, parmigiano e noce moscata per preparare gli gnocchi alla romana , che il volume della enciclopedia de L'Unione Sarda presenta nella versione classica, più tradizionale.
COSTOLETTE PEPATE Serve meno di mezzora, invece, per portare in tavola un altro piatto della gastronomia laziale: l'abbacchio a scottadito , costolette che vanno salate, pepate e unte con un po' d'olio (anche qui, meglio lo strutto) e poi arrostite per una quindicina di minuti sulla griglia. Da sperimentare assolutamente i carciofi alla giudia - salati, pepati e fritti in abbondante olio bollente - un piatto che la cucina romana ha ereditato dalla tradizione del ghetto ebraico. Come dolce, i maritozzi , deliziose pagnottine che vengono preparate nel periodo di Quaresima.
CODA ALLA VACCINARA Nella prima parte del volume, tantissime ricette per i secondi di carne della tradizione gastronomica italiana, regione per regione. Con i consigli dello chef impareremo a cucinare la coda alla vaccinara , specialità laziale nata nel rione romano di Regola dove abitavano macellai e conciatori. La coda di manzo (che secondo una preparazione casalinga andrebbe prima lessata per ottenere anche un buon brodo), rosolata su un soffritto di pancetta, aglio e cipolla, viene bagnata col vino e poi cucinata per due ore, a fiamma bassa, umettata ogni tanto con il brodo bollente. Sempre con un taglio di manzo, si può preparare un gustoso spezzatino con patate ; mentre un filetto di bue è l'ideale per le scaloppine ai capperi : la carne, leggermente battuta col batticarne, condita con sale, pepe e un velo di noce moscata, viene infarinata e rosolata in padella con una noce di burro. Chi ama il gusto pieno della carne in umido può provare una specialità delle Marche, l'umido alla marchigiana , che va preparata con il sottonoce o la punta di petto del vitello: un piatto con i profumi del prosciutto, dei pomodori e della scorza di limone.
POLPETTE CON L'UVETTA Carne di maiale e polpa di vitello per un piatto della tradizione napoletana: le polpette rosse in agrodolce - fatte con la carne tritata, le uova, la mollica bagnata nel latte e ben strizzata, il pane grattugiato, i pinoli e l'uvetta - vengono fritte e poi adagiate in una casseruola con la salsa di pomodoro, a fiamma dolce per un quarto d'ora. Chi ama il pollo può sperimentare il pollo alla Marengo , specialità della tradizione gastronomica piemontese, servito coi gamberi; ma anche il pollo alla diavola , specialità della Toscana, con abbondante peperoncino. In Puglia, il cosciotto di capretto viene cucinato al forno, su un letto di patate, con un trito di aglio e prezzemolo e un velo di pane grattugiato; e l'agnello è ottimo cucinato come spezzatino con patate e olive profumato al timo. Dalla Valle d'Aosta arriva la ricetta delle bistecche di vitello con la fontina, mentre gli involtini con il prosciutto crudo e i carciofi sono tipici della tradizione siciliana. Non mancano i grandi classici della gastronomia italiana, dalla gallina ripiena (proposta secondo la tradizione più antica) al polpettone con macinato di vitello e parmigiano; dall' arrosto di maiale con le prugne , al rotolo con macinato misto e le uova sode.
PIERA SERUSI

la primavera e la sua bellezza

  dall'unione sarda  del  1\4\2011
Cronaca Regionale

Erbe di campo, miracolo di primaveraDagli asparagi alla cicoria, esplosione di primizie tutte naturali

Venerdì 01 aprile 2011
DAL NOSTRO INVIATO
LELLO CARAVANO ( caravano@unionesarda.it )

La raccolta della cicoria era una festa. Le donne si recavano in campagna con i figli più piccoli. Si cantava, si parlava, si raccontavano storie. I bambini giocavano, le mamme raccoglievano la cicoria con un coltellino, usavano una sola mano, con l'altra tenevano le cocche del grembiule dove veniva depositata l'erba di stagione (Da un racconto sulcitano).

ARBUS C'è un grande prato verde, un orto spontaneo e sterminato che si estende da un capo all'altro dell'Isola. Un mondo di prelibatezze selvatiche e saporite, un universo di borragine, malva, cicoria, asparagi, crescioni, cardi, timo, tarassaco, erba cipollina, aglio, bietole, finocchietti e ravanelli selvatici. Primizie vere, naturali, biologiche (con qualche avvertenza per l'uso), povere e belle. Una gioia per gli occhi e per i palati, condimento per piatti semplici ma irresistibili: zuppe, minestrine, frittate, risotti, carni.
STAGIONE ECCEZIONALE Erbe di campo: da raccogliere, rigogliose grazie a una stagione di pioggia come da tempo non si vedeva. Crescono in terreni ancora gonfi di acqua, riscaldate dal sole primaverile, pronte per finire in padella (l'importante è cuocerle subito, guai a farle deperire e scolorire: sarebbe un vero delitto). Gusti e aromi che si fondono, amaro, dolce, ancora amaro, poi il dolce per chiudere. Un'esplosione di verde a portata di mano. Ma quante tonnellate di asparagi sta regalando questa piovosa e soleggiata primavera sarda? Ce ne sono ovunque, in pianura, in collina, sui monti, lungo le coste. Una produzione smisurata, largamente superiore alla domanda che pure è sempre forte: su sparau piace da matti. Si fanno follie (soprattutto all'inizio della stagione, visti i prezzi) per il re delle campagne che ama vivere ai margini, ai confini di un terreno coltivato, di un oliveto, di una strada, addossato a un muretto a secco. Basta vedere le schiere di appassionati che battono le campagne da fine gennaio. Molti per rivenderlo nei mercati (soprattutto cagliaritani, tra i box di San Benedetto ne entrano ogni settimana da mille a duemila chili), altri per cederli a intermediari che li spediscono direttamente nella Penisola. Altri solo per provare il gusto della raccolta, forse l'ancestrale soddisfazione di procurarsi il cibo da sé.
non riusendoad  usare  i l cattura immagini di Xp  e  non usando il mio pc  dove c'è  installato Ubuntu ,   riporto anzichè la  foto  singola l'intera pagina


Dalla Trexenta alla Marmilla, dal Sarrabus al Sarcidano, dall'Ogliastra alla Gallura, c'è un universo di primizie. Che esplode sulle colline dell'Arburese che guardano il mare, da Scivu a Piscinas fino a Porto Palma, nella Costa Verde delle lunghe spiagge e delle vecchie miniere. «Nel territorio di Arbus c'è una grande ricchezza di erbe spontanee, figlia della mancanza di agricoltura e allevamento intensivi. Qui l'ambiente si caratterizza per una biodiversità naturale ricca di specie endemiche, come l'astragalo, una piccola borracinacea e la ginestra arburensis», spiega Mauro Pusceddu, agrotecnico e apicoltore, profondo conoscitore delle erbe spontanee, sia quelle utilizzate in cucina sia quelle legate alle tradizioni popolari.
SA GICOIA Chi se ne intende dice che la stagione sarà ancora lunga. Per esempio, la cicoria. Sa Gicoia burda , sinonimo di semplicità, è la madre di tanti ortaggi diventati nobili: da un suo ceppo sono nate le scarole, le indivie, i radicchi. È la povera dei campi ma se raccolta nel periodo giusto, regala un gusto delicatissimo (grazie ai terreni umidi per le piogge, il dolce prevale sull'amaro). Spiega Pusceddu, che è un uomo di campagna (presta la sua opera professionale anche nella colonia penale-agricola di Is Arenas): «Quando va in fioritura, la cicoria ha una maggior quantità di tannino, risulta più amara e fibrosa. E molto spesso la confondiamo con il tarassaco, una piantina che ha lo stesso gusto. Si differenziano solo per i fiori: gialli il tarassaco, azzurri la cicoria. Stesso discorso vale per l'asparago, più è vecchio più è amaro».
FESTA A BORONEDDU E che dire del finocchietto selvatico, su fenugu ? Aroma inconfondibile, è ingrediente in una miriade di piatti della tradizione popolare, dalle zuppe all'agnello, alla favata. Giovane è più delicato e tenero. Un piccolo paese dell'Oristanese, Boroneddu, 200 abitanti, sul lago Omodeo, lo celebra - insieme con gli asparagi - da ben 24 anni. «Lo infiliamo dappertutto», osserva Bona Masala, presidente della Pro loco che organizza la sagra in programma domenica. Ci saranno asparagi e ovviamente su fenugu , rosolato con olio e gerda e poi spalmato sul pane fresa, la spianata.
S'ERBUZZU A GAVOI Erbe che danno sapore a piatti poveri, di una volta, diventati preziosi perché difficili da trovare e assaporare. Ma in tempi di pasti veloci e di forni a microonde, sono questi i sapori di cui si sente la mancanza e che spesso si ricercano sulle tavole dei ristoranti. Per fortuna, ristoratori meritevoli dedicano uno spazio sempre più importante nei menu alle erbe dei campi, da Nuxis a Siddi, da Villamar a Oliena, da Turri a Cuglieri fino a Gavoi, dove non manca mai s'erbuzzu , la zuppa a base di primizie spontanee. «L'abbiamo preparato proprio ieri - dicono Rossano e Paolo Soru della Osteria Borello - Quante erbe mettiamo nell'erbuzzu? Diciassette, quando ci sono».
I FIORI DELLA BORRAGINE Le erbe di stagione ci riportano in campagna. Sono una scusa per una passeggiata e magari per conoscere i segreti delle verdure che un tempo arricchivano i piatti dei nonni. Prendiamo la borragine. Bellissima da vedere, alcuni chef la usano come ripieno dei ravioli, ma la vera bontà sta nell'assaggiare quei meravigliosi fiori viola: un nettare, non a caso chiamati succiameli . O il carciofino selvatico (sa cuguzzua, buono sott'olio) o la salvia moscatella che aromatizza le bevande. Bisognerebbe saperne di più, conoscerle, aprire piccole università del sapere contadino in ogni paese e accompagnare turisti e appassionati per i campi. Nell'Arburese alcuni agriturismo e fattorie didattiche si stanno muovendo e propongono mostre, iniziative e assaggi. Sarebbe anche un modo per avvicinarsi alle tradizioni dei campi, quando le erbe si usavano, oltre che per nutrirsi, anche per curarsi e per risolvere problemi domestici o di lavoro. «Pensiamo a quando la pianta dell'asparago, raggomitolata, veniva usata all'imboccatura del tino per filtrare il mosto fiore delle uve bianche - racconta ancora Pusceddu - o al profumato elicriso, l'erba di santamaria, utilizzata come giaciglio per i capretti o anche per affumicare la cotenna dei maialetti».
Le verdure naturali ci raccontano di un tempo andato, oggi ci fanno riscoprire una cucina semplice, saporita, casereccia. Sapori antichi e perduti da tempo che ci appaiono nuovi. Frutti di stagione, uno-due mesi per coglierli e poi se ne vanno. Sono le erbe di campo, il miracolo di primavera.

l custode di tesori della terra

Salvatore Murtas e la sua “patata 'e moru”

Venerdì 01 aprile 2011

 
DAL NOSTRO INVIATO
CATERINA PINNA SCANO MONTIFERRO Custode di tesori. Ci vuole una vita lunga 83 anni e mille mestieri alle spalle per godersi il privilegio di vedere ogni primavera fiorire sa patata 'e moru o guardare i tralci carichi di grappoli di Pascale Nieddu e Biancu . Salvatore Murtas è un uomo speciale, ironico e a dispetto degli anni molto appassionato. Ha attraversato la sua vita, e lo fa ancora adesso, con la leggerezza di chi sa sempre trovare interesse nelle cose. 

Come in un immaginario cerchio che si chiude, Salvatore è tornato a fare ciò che faceva da ragazzino insieme a suo padre: coltivare la terra, la ricca e lussureggiante campagna del Montiferru. In mezzo ci sono gli anni del Venezuela, quelli trascorsi in Svizzera, il lavoro come estrattore di sughero nell'Isola, perfino un extra come tassista, al bisogno.
EDEN L'oggi è qui, in cima a un'altura, nel suo giardino-vigna-orto-frutteto, un piccolo Eden che si affaccia sulle dolcissime colline di Scano Montiferro. Qui, a sa matta 'e su erittu , Salvatore insieme al fratello Francesco di 85 anni, coltiva ancora sa patata 'e moru , un tubero scuro, non bello a vedersi, con un'incredibile pasta viola. È la patata tipica di questo paese ed è sconosciuta o quasi al resto della Sardegna, anche se c'è chi ha già sperimentato la pasta viola per farne dei gustosi gnocchi.
«Io invece me la ricordo fin da bambino», racconta Salvatore. «Allora andavo in campagna con mio padre e questa qualità di patata che non dà una gran resa, veniva seminata per delimitare le proprietà. Da noi, si è sempre mangiata, anche se il modo per cucinarla è sempre lo stesso, unico: arrosto». 

VENEZUELA Salvatore racconta nella cucina della sua casa di Scano Montiferro. L'ha costruita lui, pezzo dopo pezzo, sul terreno acquistato nel 1964 per 715 mila lire. «Era una bella somma. I soldi li avevo messi da parte durante gli anni trascorsi in Venezuela». Otto per essere precisi. Salvatore parte come tanti sardi a cercare un lavoro là, dove c'è. «In Sardegna non c'era nulla. Anzi c'era solo fame». Va a fare l'aiutante di macchine per la perforazione dei pozzi petroliferi. Lui, pastore-contadino impara presto, fino a diventare per la ditta che lo ha assunto un uomo di fiducia. «Guadagnavo bene - ricorda con soddisfazione - ero diventato un bravo operaio specializzato». Era la fine degli anni Cinquanta.
Salvatore Murtas corre veloce sulle onde dei ricordi. Caracas, l'isla de Margarita, Curacao, Maracaibo. Dettagli, commenti arguti, memorie divertenti. Una vita vissuta intensamente, come se ci fosse sempre un lato buono da scoprire. In Venezuela prende la patente, lavora sulle piattaforme nell'Oceano. «Quando smontavamo portavamo il pesce appena pescato in un trattoria dove lo arrostivano».
PATATA 'E MORU Forse Salvatore ha mangiato anche le patate a pasta viola della sua infanzia che ora coltiva in vecchiaia. Già, perché queste patate diventate rare, una cultivar unica che identifica con esattezza un territorio, sono arrivate in Sardegna almeno un secolo fa, al termine di un lungo viaggio cominciato proprio dall'America del Sud.
Tracce di ricordi preziosi che Salvatore Murtas cercherà di ricomporre quando torna definitivamente nella sua Scano, a casa, dopo altri anni da emigrante trascorsi nella Svizzera tedesca. «Allora lavoravo in una fonderia. Non mi piaceva tanto». Nel frattempo, in uno dei rientri a Scano Montiferro, una giovane donna, Maria, colpisce il suo cuore. Lui le scrive una lettera dalla Svizzera, parla di sé e la conquista. Si frequentano per un mese, l'anno seguente si sposano. Stanno insieme da oltre 40 anni.
E sono nonni felici. «Tutti i soldi che ho guadagnato li ho investiti nei quattro figli». È una delle regole di vita di Salvatore Murtas, un uomo semplice, ricchissimo di principi. Oggi il suo tempo è dedicato alla lavorazione del sughero, un hobby figlio del lavoro di estrattore della corteccia della quercia fatto al rientro dalla Svizzera. Ha trasformato il garage della sua casa in un laboratorio-bottega di souvenir.
VITIGNI Ogni mattina poi con il fratello Francesco va a sa matta 'e su erittu . Un bel sole ancora tenue illumina i filari e le margheritine già fiorite. «Questo è Pascale Nieddu e Pascale Biancu - dice indicando tralci ancora nudi - sono vitigni antichi, che nessuno più coltiva». Proprio come le patate 'e moru . «Moru perché sono scure, nere. Una volta le avevano tutti. Quando nel 1971 sono tornato per restare, ho chiesto a mia comare di darmene un pochettino . Così ho cominciato a seminarle di nuovo anch'io».
Un po' per nostalgia, un po' per amore Salvatore Murtas, si è ritrovato inconsapevole custode di un piccolo tesoro della tradizione alimentare sarda. Patata 'e moru , patata portata dai mori. «L'aggettivo demoru - spiega Alessandra Guigoni, etnoantropologa dell'Università di Cagliari, autrice di un libro sui vegetali americani in Sardegna - sta a indicare un prodotto importato nell'Isola. Erronaeamente si è creduto fossero stati gli arabi, i mori, a farlo, mentre certamente sono stati gli spagnoli che nelle lontane Americhe avevano stabilito le loro colonie. Tuberi come la patata 'e moru sono ancora diffuse e comuni in paesi come la Bolovia, il Perù, meno ma anche in Venezuela».
PASTA VIOLA La curiosità di questa patata così insolita per un gusto europeo è che sia riuscita ad arrivare a noi, dopo un'evidente selezione fatta nel tempo. Verosilmente la coltivazione di questa qualità doveva andare oltre i confini di Scano Montiferro, eppure oggi la si trova solo in questo bel paese, a due passi dalle sorgenti di Sant'Antioco e dal Parco degli Uccelli. C'è ancora un aspetto interessante: un alimento viola difficilmente incontrava il gusto delle persone. Destino toccato in sorte, per lungo tempo, anche alla melanzana (termine di origine araba ma nel linguaggio popolare era invece mela insana). Di certo la gente di Scano non si è fatta intimidire e ha scoperto che il sapore meritava. «Quando si è laureato il primo figlio- ricorda Salvatore - allo spuntino in suo onore, c'era anche una gran teglia di patata 'e moru arrosto». In campagna l'aria è frizzante. «Bisogna aspettare il momento giusto per la semina». Salvatore attenderà che i segni della primavera siano più robusti. Solo allora preparerà la terra per un nuovo raccolto di patata'e moru..

una lettera anonima potrebbe risolvere il caso di yara Gambiraso

Lo so che odio  anche se  certe  volte , vedere  post  precedenti  , ho  saputo fare eccezioni  e capire  il perchè dell'anonimatoe ono firmatao  e delle classiche lettere  che non vengono  (  c'è la  richiesta )   firmate    Ebbene  questo  è il caso  . A  volte  possono essere  preziose  ed utili .Speriamo visto che oggi  è  il  1 aprile   giornata  di scherzi   non  sia uno scherzo

1:13 01 APR 2011
(AGI) - Bergamo, 1 apr. - Il 26 novembre scorso, a meno di un'ora dalla scomparsa di Yara Gambirasio, tre ragazzi si trovavano in mezzo al campo di Chignolo d'Isola dove, tre mesi dopo, sarebbe stato ritrovato il cadavere della ragazzina tre mesi dopo. Lo sostiene un uomo che ha scritto una letra anonima all'Eco di Bergamo che e' stata esaminata dalla squadra mobile. Nella missiva sostiene di essere un commesso viaggiatore e di abitare a circa una quarantina di chilometri da Chignolo. La sera della scomparsa di Yara - dice - si era appartato con una prostituta di colore, incontrata e fatta salire sulla sua auto a circa 500 metri dal campo. Per questo non ha voluto firmare la lettera. "Visto poi come trattano i testimoni - scrive - il mio racconto distruggerebbe una vita di sacrifici, nonostante cio' che faccio ogni tanto nel tempo libero, ho famiglia e ci tengo". Arrivato con la donna ai margini del prato, l'uomo dice di avere illuminato coi fari dell'auto due scooter parcheggiati di traverso. "Non mi sembrano scooter grandi, da patente, anche se non me ne intendo di moto, ma scooterini da ragazzi - dice -. Non ricordo il colore, penso fossero neri, al massimo blu scuro o grigio scuro. C'era un casco a terra e uno sulla sella". "Con i fari, per pochi secondi - prosegue -, ho fatto luce nel campo dove ho visto, anzi abbiamo visto, delle figure che si allontanavano o meglio si addentravano nel campo. Sembravano litigare, o forse scherzavano, e avevano fretta. Ho solo due certezze: che erano tre e che erano le 19 in punto del 26 novembre". Per evitare testimoni la prostituta (di cui viene fornito anche il nome) lo invita a cambiare posto. Soltanto il 26 febbraio, giorno del ritrovamento di Yara, l'uomo ripensa a quella sera. Anche se se scrive la lettera solo dopo circa un mese. "Volevo e dovevo scrivere o parlare dal giorno del ritrovamento - dice -. Ho riconosciuto subito in tv il posto, anche se l'avevo visto al buio, ma per conferma con punti di riferimento come il capannone e la discoteca ci sono tornato di giorno e vi assicuro che quel 26 novembre ero li': esattamente li' e i miei fari facevano luce su quelle persone che andavano in quella direzione. Spero lo prendano, non importa l'eta': deve pagare.
  Ho un figlio di 15 anni e non esiterei a fargli fare l'esame del Dna, se non vivesse a 40 chilometri".

la burocrazia uccide più delle armi

Esiste fra le varie  entità che  governano  ( e  ci oppimono ) le nostre  esistenze ,sia  come utenti  sia  chi ci lavora , una che lo è  oltre  ogni logica razionale  con le  sue  richieste molto spesso inutili ed ottuse
assillanti  e ripetitive , le sue lentezze , stranezze  , cambiamenti continui , errori ,  richieste  doppie  . Essa  si chiama o  almeno l'hanno chiamato burocrazia . Un termine con cui  << si intende l'organizzazione di persone e risorse destinate alla realizzazione di un fine collettivo secondo criteri di razionalità, imparzialità, impersonalità. Il termine, definito in maniera sistematica da Max Weber indica il "potere degli uffici" (dal francese bureau): un potere (o, più correttamente, una forma di esercizio del potere) che si struttura intorno a regole impersonali ed astratte, procedimenti, ruoli definiti una volta per tutti e immodificabili dall'individuo che ricopre temporaneamente una funzione. L'etimologia ibrida del termine, dal francese bureaukrátos ("potere") ne rivela l'origine tarda e la derivazione di chiara matrice francofona >>(.... continua  qui )-
Ora Leggendo  la  storia di  Dylan dog  contenuta in Almanacco  della paura  2011 ( foto  sotto almcentro da  me  scattata  di una pagina  )


 mi  è ritornato  alla  mente  gli incubi che  faccio  ogni  volta  che devo andare  in qualche ufficio o per  lavoro o  per   studio  m'immagino  schiere  d'impiegati curvi  sui tavoli come  gli  schiavi-rematori delle antiche navi galere  , sotto  la  sferza  di crudeli capo ufficio  Pronti , chi non ricorda  il mitico ragioniere Fantozzi




pronti ( ovviamente  non tutti )  a prostrarsi  pur di soddisfare le  velleità del capo .la situazione  purtroppo non è solo comica . Pensate  a cose succede quotidianamente  impiegati  frustrati e sottopagati su cui noi tutti ( sottoscritto compreso ) riversano , molto spesso a torto perché in mezzo  a tanti ci sono anche  i tipi umani  e cortesi   , maledizioni   ed improperi se una  cosa  va male o non funziona .In quanto  in questi ambienti vige le la legge non scritta della scrivania  molto più feroce  di quella  della giungla  dove inseguendo il miraggio  della carriera  o del  posto  fisso  contratto a tempo  determinato , ci sì accoltella  alle spalle  gli uni  con gli altri ….. . IL  compito  del  loro “ sporco lavoro  “  sarebbe  quello di non commettere errori e  di non angustiare -- con le  loro pignolerie,le loro lentezze,poca voglia di lavorare e  scaricare il lavoro  ad  altri,rifiutarsi  di sacrificarsi facendo per  una volta  cose  non loro ,facendo errori che non si dovrebbero fare e non correggerli ma preferendoli lasciare e  seppellirli \ nasconderli , ecc. . ---   il povero utente .
Pensate a Sam Lowry ( interpretato da Jonathan Price ) di Brazil 1985 di Terry Gilliam  Il film è ambientato in un futuro in cui la burocrazia ha preso il sopravvento in ogni attività dell'uomo e combinata al cinismo spietato dei potenti uccide i pochi che ancora riescono a sogna (  qui  ulteriori dettagli ) o a Severance - tagli al personale  diretto da Cristopher Smith  dove   i protagonisti oltre  a perdere  il lavoro perdono anche la testa (  qui ulteriori news )       e …. L’elenco potrebbe  continuare ma preferisco  fermarmi qui ,  a voi decidere  se continuare  con  altri  titoli . Concludo suggerendo la lettura  dellla  già  citata   “ la  convocazione “ Dylan Dog ( foto  soopra  destra ) in almanacco della paura  2011 

Che riassume  quanto detto nel post d’oggi . 
Alla prossima   bella gente

Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   dopo a  morte    di  Maurizio Fercioni ( foto   sotto  a  centro ) , fondatore del Teatro Parenti a Milano e primo tatuatore d’Italia Gia...