18.2.18

storie d'altri tempi . le persone di colore rapressentanti ancora come scimmie ., un medico a cavallo ., la candidata senza volto: in corsa Piera Aiello, testimone di giustizia, l'italia terra di deportazione ? il caso di Tony Driver, la storia del tassista condannato a tornare dagli Usa a Bari dopo quarant'anni


storie  tratte  da  repubblica.it 


Nelle Langhe il medico che si sposta a cavallo: "Faccio prima, e a volte la presenza di un animale 
aiuta i malati




Roberto Anfosso lavora in una Asl del Cuneese e monta da quand'era ragazzino. Nelle bisacce c'è tutto quel che serve  di GRETA DI MARIA


Il dottore arriva al galoppo. Roberto Anfosso, medico di base della Asl Cn2, 63 anni, si prende cura del suo cavallo, lo pulisce, prepara la bardatura. Se arriva la chiamata, monta in sella e corre dal paziente attraverso le campagne di Verduno, in provincia di Cuneo. Vino, nocciole, aspettative di vita molto alte rispetto alla media italiana.
Anfosso sembra un medico d'altri tempi, da romanzo dell'Ottocento. Ha sistemato ai lati della sella due bisacce con l’occorrente per le visite: dallo stetoscopio al misuratore di pressione, ai medicinali, ai fogli per le impegnative. Visita persone che hanno in media 70 anni, qualcuno anche over 100. Racconta che il cavallo è il suo mezzo preferito per le visite non urgenti e di routine, tipo il controllo della pressione, un'influenza, il monitoraggio del diabete. "Ogni settimana percorro da ottanta a cento chilometri a cavallo - spiega Anfosso - nei primi tre anni ho fatto circa mille visite, ora ho smesso di contarle. Sono diventate troppe". l dottore monta da quando aveva 14 anni, quando l'asma lo costrinse a rinunciare al calcio. Ma la sua prima visita a cavallo arrivò per caso, in un pomeriggio, mentre era in sella per diletto. "Quando sono arrivato, il paziente mi ha guardato in modo strano, era sorprewso, non mi ha lasciato entrare". Ma Anfosso ritiene che il suo insolito modo di visitare abbia un impatto positivo sui pazienti. "Quando un medico arriva a cavallo, il malato sente che il dottore ha più tempo da dedicargli. Si crea una relazione speciale, molto umana, meno istituzionale".

Un altro aspetto positivo, è che "le persone anziane, in particolare, si concentrano troppo
sui loro problemi e il cavallo riesce a distrarle: se una visita dura venti minuti, ne passano dieci a parlare del cavallo, dei loro ricordi. Molto spesso - continua Anfosso - ti offrono cibo e vino, perché qui quasi tutti sono produttori. Stappano una bottiglia e non puoi dire di no, significherebbe rifiutare l'ospitalità e i frutti del loro lavoro". Una storia fuori dal comune tanto che l'agenzia Agence France Presse ha voluto dedicargli un fotoreportage.
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Il Lunar Gala Show è il varietà più seguito al mondo con centinaia di milioni di spettatori. Quest'anno ha fatto molto discutere una scenetta nella quale un'attrice con viso e braccia colorate di nero e un abbondante di dietro finto è salita sul palco per impersonare la madre di una ragazza africana che vuole studiare in Cina e che afferma: "Voglio essere come il popolo cinese e lavorare sodo". La caricatura, affiancata da un attore vestito da scimmia, ha diviso il pubblico. In molti hanno definito la scena 'imbarazzante' e sui media internazionali lo sketch è stato tacciato di razzismo.



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Sul "santino" elettorale ci sono soltanto il nome e il cognome: Piera Aiello. 
In lizza a Marsala (Trapani) per il collegio uninominale della Camera, per il Movimento 5 stelle, c'è una candidata senza volto. Da quando 26 anni fa denunciò gli affari mafiosi della famiglia di suo marito, vive in una località protetta sotto un'altra identità. Il suo viso non può essere fotografato né ripreso.


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L'incredibile storia di Pasquale Donatone diventa un documentario. Emigrato negli Usa quarant'anni fa è costretto a rientrare a Bari per 10 anni.
 E' la condanna inflitta da un giudice statunitense che lo ha giudicato per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Negli States Pasquale diventa un tassista e si fa chiamare Tony: nel 2014 viene scoperto dalla polizia mentre trasporta cittadini messicani oltre il confine Usa. E qui comincia la sua disavventura che lo porterà a vivere in una grotta a Polignano a Mare come un eremita. Fino all'incontro col regista Ascanio Petrini che decide di girare Tony Driver, un deportato al contrario. Un documentario prodotto dalla Rabid film (di Antonella Gaeta e Paolo Russo) 


un vescovo della provincia pavese dice No al concerto di Povia

un vescovo un po' cerchiobottista dice No al concerto di Povia , ma ha ragione . non basta quanto questa comagna elettorale sta facendo con quello che è sucesso a macerata
Il caso a Pavia: il vescovo dice no al concerto di Povia in programma stasera al teatro dei Salesiani. Nel comunicato della Curia si sottolinea che l'iniziativa, rimandata a data da destinarsi, poteva "essere intesa quale appoggio a una forza politica" a elezioni imminenti
Pavia, il cantautore era annunciato al teatro dei Salesiani con il segretario del Popolo della Famiglia. La diocesi: «Inopportuno»
LAPROVINCIAPAVESE.GELOCAL.IT

aìnche i duri hanno un cuore. Piostoia Fa i debiti per curare la madre, il giudice glieli dimezza

non sempre i magistrsti sonotutti corrotti o imbelli \ strampalati e eri esecutori di leggi astruse . Capita come la storia ripresa qui sotto da http://iltirreno.gelocal.it/pistoia/cronaca/2018/02/15/ che hanno un cuore e che sono sensibili

LEGGE SALVASUICIDI 

Fa i debiti per curare la madre, il giudice glieli dimezza

In aumento i casi di persone che rimangono schiacciate dalle rate dei prestiti. L'intervento del Movimento difesa del cittadino






















PISTOIA. La crisi da una parte, e dall’altra la tendenza a voler seguire uno stile di vita che non ci si può permettere. Sono sempre di più i pistoiesi che per far fronte alle spese di ogni giorno ricorrono a forme di finanziamento. Che, usate inconsapevolmente, oppure di fronte a imprevisti economici, possono generare situazioni a volte tragiche. Per far fronte alle quali, nel 2012, è stata varata la cosidetta “legge salvasuicidi”. Studiata per aiutare famiglie e piccoli imprenditori ad uscire dal sovraindebitamento: proponendo al Tribunale un piano per la ristrutturazione dei debiti che, se approvato dal giudice, sarà obbligatorio per tutti i creditori.
Ed è proprio di questo che si occupa il Movimento difesa del cittadino di Pistoia, a suo tempo sportello pilota per la Regione Toscana su questo fronte e oggi punto di riferimento per altri sportelli nati negli anni in tutta Italia. Nel 2017 sono state 236 le pratiche portate avanti dall’Mdc di via Puccini (la sede è al numero 85), guidato dalla responsabile per la Toscana Desirée Diddi in sinergia con l’avvocato Simone Silvestrini. Non tutti casi di sovraindebitamento, ma anche pratiche per le controversie che i cittadini si trovano ad affrontare con i grandi gestori telefonici e di altre utenze, spesso per servizi o contratti non richiesti: spesso risolte agli appositi tavoli di conciliazione con rimborsi e risarcimenti. Sempre però, solo i casi (l’Mdc è fermo su tale presupposto) che, al termine di un colloquio preliminare gratuito, vengono giudicati idonei per essere portati in fondo.
Sovraindebitamento, dicevamo. Due i casi eclatanti risolti ultimamente in via Puccini. Quello di un dipendente pubblico indebitato con una finanziaria per oltre 50.000 euro, per far curare la madre anziana e malata sempre più gravemente; e che poi quando la madre era morta non aveva potuto più rientrare essendo venuta a mancare la pensione della donna. Riconosciuta la sua meritevolezza, il giudice ha ridotto il suo debito a 20.000 euro accogliendo la proposta di rateizzazione.
Secondo caso, quello di una coppia di coniugi, il cui debito di circa 77.000 euro (gravidanza andata male, conseguente malattia della donna, seguita dal suo licenziamento) è stato ridotto del 40% dal tribunale, ristrutturandolo poi con un piano di rateizzazione a lunghissimo termine.

basta con Il cannibalismo mediatico sui corpi delle donne

musica  consigliata  



  • And Then You Kissed Me- The Cardigans
  • Call Me When You’re Sober – Evanescence
  • Woman is the Nigger of the World – John Lennon
  • The Magdalene Laundries – Joni Mitchell
  • Winger on the Weekend – Julia Stone
  • Where the Wild Roses Grow – Kylie Minogue
  • Don’t Leave me Now – Pink Floyd
  • Bang and Blame- R.E.M.
  • Every Breath You Take-The Police
  • Angels-Within Temptation
  • Like a Rose on the Grave of Love- Xandria

  • ringrazio   l'amica  e  compagna  di viaggio  ed  utente   del blog  (  N.b  per  problemi tecnici   e  di tempo da parte  sua     i post  da   me riportati con la  dictura   ©   affianco  a  suo nome   all'ìinterno del titolo   del post  sono   suoi articoli  )    daniela tuscano  per  avermi segnalato   questo articolo https://www.articolo21.org 

    Ha  chiaramente   ragione   l'articolista   quando dice 



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    Ma cosa può cambiare in una sistema che fa di tutto questo il suo più prelibato pasto? Una succulenta mistura di morbosità fatta di sesso, ragazze carine, uomini violenti e squartatori? Una cultura che ancora adesso racconta di melodrammi fatti di gelosia e sangue, di raptus improvvisi e rende le donne responsabili della violenza che subiscono a causa della loro bellezza, o della pressione che fanno su poveri mariti che “non accettano la separazione”? Quella stessa cultura che ha prodotto le domande fatte dagli avvocati dei due carabinieri accusati di stupro da due studentesse americane a Firenze, pubblicate su Corriere della sera giorni fa: “portava biancheria intima quella sera? è fidanzata? è attratta dalle divise?”.
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      il resto del'articolo lo  trovate  sotto   a  fine post  

    Ma cosa ce    ne frega , a meno che non  fossimo allupati  , se porta  o non  le mutande, se sono carina o  brutta , di  quante ossa sono entrate nella valigia?    di quello che faceva  prima d'essere uccisa  , ecc  .  Quello che ti deve interessare , ovviamente  senza  scendere  nella   morbosità  , è che ha  stata stuprata, uccisa, picchiata, anche a causa della mentalità ma  non solo  con cui descriviamo le donne  e   giudichiamo  la  loro condotta sessuale   o   il oro modo di vestire  . Insomma   una cultura che rende tutto ciò normale e impunibile, e che nel mondo ha prodotto  <<   1 miliardo di donne che sono nella mia stessa situazione a dimostrazione che quello che mi è successo non riguarda solo me, e non è imputabile al mio comportamento o al mio abbigliamento o alle mie abitudini, questo devi raccontare al mondo per rendere giustizia alla verità, nient’altro. >>.  ve  lo dice  un fruitore  di cronaca  nera  ed  uno conro la censura  e  la libertà  d'informazione  e  che  lotta    tutti  i giorni  con la sua pornodipendenza  .   
    Oggi è stato arrestato Franco Vignati, ex consigliere comunale e assessore di Chignolo Po, accusato dell’omicidio di Kruja Ladvije, badante albanese 40enne e madre di due figli, scomparsa a San Colombano al Lambro il 30 maggio 2016 e ritrovata cadavere l’8 giugno nel Po a Monticelli d’Ongina (Piacenza). Un femminicidio causato, scrivono i giornali, dal fatto che l’uomo “Non si rassegnava alla fine della relazione, che durava da un anno e mezzo, e dal fatto di non avere più una casa (Vignati si stava separando dalla moglie e viveva in casa di Dea)”, un movente che, raccontano i colleghi giornalisti, avrebbe portato Vignati a chiedere un appuntamento all’ex amante portando con sé una pistola calibro 7,62 per uccidere a sangue freddo con un colpo alla nuca Kruja Ladvije mentre era di spalle. Ieri a Foggia un uomo ha ucciso la moglie a coltellate in casa con i figli che per la paura sono scappati dai vicini che hanno chiamato i carabinieri: Federica Ventura, 40 anni, è stata colpita da dieci coltellate da Ferdinando Carella, 47 anni, che ha usato la stessa arma per tentare di uccidersi senza riuscirci. Due giorni prima un’altra donna era stata uccisa dall’ex marito a Livorno con un fendente alla gola: Francesca Citi, 45 anni, madre di due bambini, che aveva però denunciato l’ex marito per minacce e stalking, tanto che Massimiliano Bagnoli, dopo l’allontanamento dalla casa, era stato stato condannato a un anno e quattro mesi di reclusione che si era fatto ai domiciliari. E anche se a marzo era previsto un nuovo processo a suo carico, nei mesi in cui Bagnoli era tornato in libertà – che rappresenta il momento più pericoloso per la donna che ha denunciato l’offender – nessuno ha pensato di proteggere Francesca, perché nessuno aveva saputo valutare il rischio di vita che la donna correva, come tante altre volte.Tre femminicidi che in pochi giorni sono stati rappresentati sui giornali ancora una volta come eventi inaspettati, omicidi a sé stante, raptus momentanei malgrado tutti questi uomini avessero con sé armi pronte a essere usate contro donne che conoscevano bene e che quindi hanno accettato di vedere i loro assassini, e tutti eseguiti, secondo il racconto della stampa, con un movente chiaro: la gelosia, la folle e cieca gelosia per amori mancati, relazioni naufragate, sogni troncati, come se fosse una reazione normale uccidere da parte di chi è stato lasciato.Giornali e
    ferrato-donna-minneapolis
    da http://antiwarsongs.org/categoria.php?id=56&lang=it
    informazione che in questa settimana si sono superati narrando in una specie di grande pulp la macellazione del corpo di Pamela Mastropietro, la giovane romana di 18 anni uccisa e smembrata a Macerata per cui sono indagati 4 nigeriani per omicidio probabilmente a sfondo sessuale, a cui si aggiungono le 40 coltellate inferte sul corpo di Jessica Valentina Faoro, la ragazza di vent’anni uccisa da Alessandro Garlaschi che la ospitava a casa sua a Milano e che probabilmente lui perseguitava con richieste sessuali. Immaginari raccontati come una favoletta sanguinolenta, una sorta di La bella e la bestia versione splatter con corpi di donne strumentalizzati e martoriati al di là della notizia e solo per il gusto di rimescolare nel torbido in un gigantesco pentolone:  come Pamela che è stata martirizzata dalle penne di giornalisti che pur non aggiungendo nulla all’informazione hanno creduto bene di mettere in piazza le sue ossa con descrizioni minuziose e senza pudore, una mattanza mediatica su un corpo di una ragazza che non può fare nulla per difendersi.Stesso destino per la giovane Jessica descritta come una poveraccia nella disperata ricerca di una casa e capitata quasi per caso nella tana del mostro, come se fosse una sfortuna che a noi non potrebbe mai succedere in un racconto a metà strada tra cappuccetto rosso e lilly il vagabondo, e tutto questo grazie a una cultura che ritiene in fondo normale che una ragazza carina possa rischiare sempre, in ogni momento della sua vita, di essere stuprata o addirittura uccisa per motivi sessuali, a meno che non stia attenta a dove va, cosa fa, e come si veste (perché alla fine la responsabilità è sempre sua). Ragazze morte offerte al pubblico con immagini di tutti i tipi, in tutte le posizioni: innocenti, ammiccanti, semivestite, accattivanti, a dimostrare che in fondo ragazze così una cosa del genere se la devono anche aspettare, soprattutto se “una si droga” e l’altra è “una vagabonda”. Articoli che sono arrivati al top dello schifo quando hanno empatizzato con chi ha approfittato della situazione precaria di Pamela usando il suo corpo dietro pagamento: come l’uomo di 50 anni che senza preoccuparsi di cosa faceva quella ragazza romana di 18 anni da sola a Macerata, l’ha caricata in macchina e se l’è portata a casa, descritto come un pover’uomo alla ricerca di un’ora d’amore.Racconti scorretti, scoop a chi conta meglio le ossa, veri e propri snuff dati in pasto a un pubblico goloso di B movie, più che notizie sui giornali con analisi dei fatti, del fenomeno e del contesto in cui queste morti son avvenute. Un mercato della carne umana che nel caso di Pamela ha mosso la politica razzista e xenofoba con lo stupro della sua memoria da parte di chi, come Salvini e la sua Lega, ha strumentalizzato quel corpo ucciso per portare l’odio in strada nel gesto omicida di Luca Traini. E questo sempre e ancora una volta sotto i nostri nasi, che continuiamo a scandalizzarci per le donne uccise, per le atrocità che gli uomini commettono, per la violenza con cui i rapporti di forza tra sessi si consumano nei rapporti intimi e intanto permettiamo di essere nutriti da un immaginario cannibale nell’ipocrita speranza che un giorno tutto possa cambiare. Ma cosa può cambiare in una sistema che fa di tutto questo il suo più prelibato pasto? Una succulenta mistura di morbosità fatta di sesso, ragazze carine, uomini violenti e squartatori? Una cultura che ancora adesso racconta di melodrammi fatti di gelosia e sangue, di raptus improvvisi e rende le donne responsabili della violenza che subiscono a causa della loro bellezza, o della pressione che fanno su poveri mariti che “non accettano la separazione”? Quella stessa cultura che ha prodotto le domande fatte dagli avvocati dei due carabinieri accusati di stupro da due studentesse americane a Firenze, pubblicate su Corriere della sera giorni fa: “portava biancheria intima quella sera? è fidanzata? è attratta dalle divise?”Ma cosa te ne frega se porto le mutande, se sono carina o quante ossa sono entrate nella valigia? Quello che ti deve interessare è che sono stata stuprata, uccisa, picchiata, anche a causa della mentalità con cui mi descrivi, una cultura che rende tutto ciò normale e impunibile, e che nel mondo ha prodotto 1 miliardo di donne che sono nella mia stessa situazione a dimostrazione che quello che mi è successo non riguarda solo me, e non è imputabile al mio comportamento o al mio abbigliamento o alle mie abitudini, questo devi raccontare al mondo per rendere giustizia alla verità, nient’altro.
     per  chi  come me  vuole iniziare  o capire   da  dove  iniziare   a mettere indiscussione   e  cercare  di  caderci il meno   possibile questo tipo   di   becera  e  sessista    cultura       consiglio   :
    1)    
    Pornocultura. Viaggio in fondo alla carne  di   Claudia Attimonelli  e  Vincenzo Scusca   edizioni  mimesi  http://mimesisedizioni.it ,  da  me recensito    con relativa intervista   agli autori   su queste  pagine  
     2) Canzoni Contro Loomofobia E La Violenza Sulle Donne  di Cristian Porcino Ferrara  ( nostro colaboratore    e  compagno di viaggio  )   recensito   con relativa intervista sempre qui   nel  blog   e  che  trovate  in vendita  www.lulu.com e www.amazon.it
    Non so  più che altro scrivere    rischierei di cadere  nel retorico  e   nell'ovvio  . Hanno  già detto  benissimo tutto quello     che  c'era  da dire   : l'articolo  del gruppo \  associazione articolo21, le  fonti  per chi vuole  leggerle ed  ascoltarle  da  me    citate per  questo   post   . diciamo basta   nei media  e  in rete  a : << tira di più un pelo di figa che un bambino che muore nel sud del mondo peri bombaredamenti con le bombe e le armi prodotte dall'occidente >>. basta con Il cannibalismo mediatico sui corpi delle donne . Solo combattendo tale cultrura anzi incultura che si elimina o si ruiduce il femmincidio . Facciamo    che  la lotta per  contro  tale  crimine   sia  tutti i giorni  non solo   a  date  fisse ( cioè iii 25  novembre  )    che poi  finiranno per diventare    giornaterompi  e  sminuire le  cause  stesse per cui ipcritamente     vengomno  istituite   banalizzandole   tali giornate  .


      alla prossima  







    17.2.18

    Musicista fugge dalla Siria per amore e per la lirica e si rifugia a Mantova Il regime di Assad lo bolla come dissidente. E lui si rifugia a Mantova con la fidanzata Marta


    Musicista fugge dalla Siria per amore e per la lirica e si rifugia a Mantova Il regime di Assad lo bolla come dissidente. E lui si rifugia a Mantova con la fidanzata Marta: "Se torno mi arrestano solo perché ho tolto una foto del presidente dal mio ufficio e non gli metto mi piace su Fb"


     di Roberto Bo
    Musicista fugge dalla Siria per amore e si rifugia a Mantova
    Il regime di Assad lo bolla come dissidente. E lui si rifugia a Mantova con la fidanzata Marta: "Se torno mi arrestano solo perché ho tolto una foto del presidente dal mio ufficio e non gli metto mi piace su Fb". L'articolo

    MANTOVA. Da Damasco a Mantova per amore di Marta, insegnante di danza al liceo Isabella d’Este, e della musica lirica. Nahel Al Halabi, 41 anni, musicista compositore e direttore d’orchestra, è stato per cinque anni alla guida della Syrian Philharmonic Orchestra e per un anno direttore dei conservatori di musica siriani, prestigiosi incarichi che ha ricoperto fino a quando il regime del presidente Assad non gli ha fatto terra bruciata attorno costringendolo ad abbandonare il suo paese d’origine.
    Oggi il maestro è considerato un dissidente, un oppositore del governo e in caso di rientro in Siria sarebbe immediatamente arrestato. Ottenuto lo status di rifugiato politico, quattro mesi fa ha raggiunto Mantova, dove ha trovato casa insieme alla fidanzata Marta Cicu, insegnante al liceo musicale e coreutico.

    Il musicista insieme alla fidanzata Marta Cicu


    «Non torno in Siria e non vedo mio padre e mia madre dal 2012 – racconta Nahel – anche se ci sentiamo praticamente tutti i giorni. E tutto perché sono stato inserito nella lista dei dissidenti. Non ho mai fatto politica, ma due episodi sono bastati per farmi finire nell’elenco dei cattivi».
    Durante un restyling del suo ufficio un giorno aveva tolto quadri e poster dal muro, compreso il ritratto di Assad. Non lo avesse mai fatto: il giorno dopo è stato contattato dal ministero e dai servizi segreti siriani per motivare “l’affronto” al presidente. «Ma la goccia – racconta il musicista – è stato il minuto di silenzio che avevo chiesto per tutte le vittime della Siria durante un concerto in cui suonavamo il brano “Crisantemi” di Puccini. Anche lì poco dopo sono stato convocato per fornire spiegazioni. Non avevo fatto distinzioni, per me era un modo per omaggiare e ricordare tutti i caduti della Siria, ma non mi hanno creduto».Nel luglio del 2012, dopo aver ricevuto altri chiari segnali che a Damasco non era più ben visto dal regime e che era tenuto costantemente sotto osservazione, Nahel ha fatto le valigie, ha salutato con un bacio la madre, insegnante, e il padre, critico letterario radiofonico ed è partito per una vacanza in Italia. E in Siria non è più tornato.

    Il direttore d'orchestra ha fondato...
    Il direttore d'orchestra ha fondato la Syrian Philharmonic Orchestra


    Nell’estate di quell’anno in Sicilia conosce Marta, originaria di Sassari, e Cupido fa centro nel loro cuore. Insieme trascorrono alcuni anni a Genova, dove entrambi trovano un’occupazione: lei come insegnante, lui come musicista. A Genova Nahel era già stato fin dal 2006, dove aveva conseguito la laurea specialistica in tromba all’istituto Niccolò Paganini e vinto una borsa di studio che gli aveva dato la possibilità di scegliere tra Germania, Giappone e Italia. «Non ci ho pensato su un attimo» racconta. E davanti alla commissione che gli chiede dove volesse andare risponde «fin troppo facile». «Germania?» gli domandano. «No – replica lui – voglio andare in Italia, nella patria dell’arte e della musica».
    Nel 2007, quando ancora in Siria si può muovere liberamente e non è osservato speciale del governo, Nahel fonda la Syrian Philarmonic Orchestra (una delle due orchestre di Damasco, l’altra è quella nazionale) e insieme ad altri gruppi come la Euro-Mediterranean, la Conca d’Oro, la Festival Puccini condivide il podio dirigendo un ricco repertorio sinfonico e alcune opere come Tosca, Madama Butterfly e Gianni Schicchi di Giacomo Puccini e la Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni in prestigiosi teatri internazionali come il Damascus Opera House, il Giuseppe Verdi di Pisa e il teatro Princesse Grace nel Principato di Monaco.

    Nahel Al Halabi riceve un premio dopo...
    Nahel Al Halabi riceve un premio dopo un'opera


    Le sue composizioni musicali vengono inoltre suonate al Goldoni di Livorno, al Dante Alighieri di Ravenna e al Carlo Felice di Genova. La carriera del musicista siriano, che ha iniziato a suonare la tromba a nove anni e a sedici aveva già formato dei gruppi musicali da camera, è alle stelle, tanto che ottiene anche una cattedra per insegnare al conservatorio di Damasco. Ma dopo il 2010 qualcosa cambia, non per colpa sua. Prima i due episodi del ritratto di Assad tolto dal muro e il minuto di silenzio chiesto in un teatro, poi tutta una serie di altri piccoli segnali: «Ad esempio sul nostro profilo di Facebook potevamo avere solo amici pro Assad e ogni volta che veniva postato qualcosa relativo al regime e alla sua politica bisognava mettere sempre “mi piace”. Chi non lo faceva era considerato un dissidente».
    Nel 2012 alcuni amici lo mettono in guardia: «Mi hanno telefonato per dirmi che mi avevano tolto l’incarico al conservatorio e che ormai ero considerato un oppositore. A quel punto ho fatto le valigie». Oggi Nahel Al Halabi è un uomo felice e sottolinea che a Mantova ha trovato la dimensione ideale per tornare a fare il musicista come un tempo. «Ha già avuto alcuni contatti con la presidente del Conservatorio Campiani, Francesca Zaltieri e con la dirigente del liceo Isabella d’Este, persone eccezionali che hanno ascoltato le mie proposte. Spero tanto che si possa fare qualcosa insieme». Il musicista ha già pronto anche un suo progetto: una ricerca del patrimonio musicale antico e contemporaneo con riproposizione attraverso tecnologie innovative. «È una cosa del tutto nuova, che consente di mettere in relazione culture diverse in diverse parti del mondo e che oltre ad avere implicazioni artistiche potrà sfociare anche in rapporti economici e commerciali».
    E mentre aspetta di ricevere qualche risposta, Nahel pensa anche al matrimonio con Marta: la data non è ancora stata fissata perché, guarda caso, dalla Siria non arriva il nulla osta per le nozze. È un normale documento anagrafico, ma per uno considerato nemico di Assad può diventare difficile anche solo ottenere un pezzo di carta che certifica che non sei sposato con un’altra donna.

    15.2.18

    CHIUNQUE di © Daniela Tuscano


    Lorenzo Pianazza non è certamente un eroe, ha fatto quel che doveva in pochi e dinoccolati gesti, immortalati dalla telecamera a circuito chiuso della metropolitana milanese.

    L'immagine può contenere: una o più persone e persone che camminano

     È avvenuto tutto in pochi secondi. Un bambino senegalese si divincola dall'abbraccio della madre e rotola sui binari del treno. Seguono il panico, la confusione e l'apparire di quel ragazzone ciondolante, che anche di spalle immagini svagato, perso nella sua imprecisione adolescenziale. E che invece ha già visto e registrato tutto, e va dritto, chirurgico, elementare come un passero in volo, si cala nella buca, recupera il piccolo e lo ridona alla madre. Poi balza di nuovo su, con la svelta grazia della giovinezza. Non è eroismo perché tutto si risolve così, nel pudore di cui è capace solo un ragazzo. Qualcosa d'incontaminato, sfuggito chi sa come alle incrostazioni della storia. Ogni tanto riaffiora, per poi inabissarsi e spuntare di nuovo. Giunge senza pensarci, o senza pensar troppo, o avendo ragionato al millimetro, poliedricamente. È la nostra umanità ordinaria, non l'eccezione. E non poteva che svelarla un uomo del domani, semplice e grande nei suoi sogni segreti. Solo, magari, ma non inerme. Lorenzo lo ignorava ma, mentre rischiava la vita, qualcun altro gliela salvava. Claudia, agente di stazione dell'Atm, s'è accorta di quanto accadeva e, con altrettanta prontezza, ha bloccato l'arrivo del treno. Un angelo terreno per quel giovanotto che, dopo il diploma, vorrebbe entrare nelle forze dell'ordine. Pure Claudia è giovane, già una donna, nel suo culmine e al suo inizio. E poi c'è Milano, il mondo dentro tutto. Voragine di vita, sotterraneo che inghiotte e azzera le esistenze, ma sa recuperarle inopinatamente, riscattandole dall'anonimato. Il buio è morte ma anche grembo, scintillio, refolo. E basta poco, per riappropriarci di noi stessi. "Ho fatto una cosa che avrebbe fatto chiunque", ha concluso Lorenzo. Grazie a te Lorenzo, grazie Claudia, grazie per essere chiunque, per averci rammentato la forza della normalità. Grazie per non essere eroi, ma un uomo e una donna che, nelle Ninivi attuali, sanno rifulgere, e trionfare.

                                    © Daniela Tuscano

    perchè i cantatori uomini non cantano la violenza sulle donne ? devono per forza farlo le donne ? la forza di Celeste una giovane cantante che ha messo in musica la violenza subita




    Celeste, 21 anni, di Montebelluna, aveva sedici anni quando è finita vittima di violenza fisica e psicologica da parte di un uomo più grande. Ne è uscita grazie a un percorso medico e all’amore di chi le sta vicino. E ora, con la sua canzone "Lover to lover", ha deciso di aiutare chi è finito nello stesso abisso. "Spero che serva ad altre ragazze e donne vittime di violenza - dice - a ciascuna di loro voglio dire: non sei sola, e saperlo ti aiuterà a uscirne" (via la tribuna di Treviso)



    Celeste, la forza dopo il dramma: da vittima di violenze, ora canta per le donne

    La giovane cantante in un video che squarcia il silenzio: «Ero minorenne, quell’uomo mi ha distrutta»

















    Celeste, 21 anni, di Montebelluna, aveva sedici anni quando è finita vittima di violenza fisica e psicologica da parte di un uomo più grande. Ne è uscita grazie a un percorso medico e all’amore di chi le sta vicino. E ora, con la sua canzone "Lover to lover", ha deciso di aiutare chi è finito nello stesso abisso. "Spero che serva ad altre ragazze e donne vittime di violenza -dice - a ciascuna di loro voglio dire: non sei sola, e saperlo ti aiuterà a uscirne Cantare via la violenza, torcerla fuori dai polmoni, dalla testa, dall’anima. Celeste ha subìto sulla propria pelle. Aveva sedici anni. Violenza fisica, psicologica, un giogo fatto di manipolazioni e promesse da parte di un uomo di undici anni più grande di lei. Ora Celeste, dopo cinque anni in questo pozzo dell’anima che l’ha portata a toccare il fondo autodistruttivo, ne sta uscendo grazie a un percorso medico e all’amore di chi le sta vicino. E, per trovare la forza per staccarsi definitivamente dalla forza di gravità di questo abisso, fa la cosa che ama di più: canta.
    Una canzone che è diventata un video bellissimo, uno squarcio di luce nel buio di questa cornice, un inno contro la violenza sulle donne. «Un messaggio per me e per tutte - racconta - Ho vissuto un dramma fatto di sensi di colpa, inferiorità, inadeguatezza. Omertà personale, come se la violenza subìta fosse colpa mia. Spero che serva ad altre ragazze e donne vittime di violenza, a ciascuna di loro voglio dire: non sei sola, e saperlo ti aiuterà a uscirne».
    Celeste oggi ha ventun anni. Montebellunese, talento vocale raro, già allieva della “Art voice academy”, è stata finalista all’Arena di Verona del Festivalshow. La musica è il suo sogno, la sua vita, ma proprio in quell’ambiente ha trovato l’uomo che l’ha fatta sprofondare. Ci racconta l’orrore della sua storia personale - è raccapricciante, le tremano ancora mani e voce - ma chiede di lasciarla in secondo piano. «Mi ha plagiata, distrutta. Infine insultata, minacciata. Ha giocato con i miei sogni di ragazzina, ha distrutto la mia adolescenza e ancora oggi ne pago le conseguenze. Ora voglio solo che la mia storia possa servire a chi ne ha bisogno».Su Facebook nei giorni scorsi ha postato il video




    della  sua  cover di “Lover to lover” di Florence & The Machine.





    Sono mesi e mesi che non scrivo, non canto, non suono, non esprimo nulla di tutto ciò che vorrei urlare al mondo. La violenza, che sia psicologica o fisica, è un atto degno di condanna, spesso difficile da accettare, comprendere, impossibile da superare per chi ne è vittima, poiché si trasforma spesso in una tortura psicologica incontrollabile, con ripercussioni che non hanno mai scadenza. Il 25 novembre è stata per me una data significativa, dedita alla campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. Ho registrato la mia voce nel gennaio di tre anni fa, uno degli inverni più freddi e bui della mia vita, quando la rabbia ed il dolore scorrevano ininterrottamente nel mio sangue e nella mia anima. Scelsi di reinterpretare e arrangiare piano e voce questo brano per l’enorme intensità e significato del testo, una commistione di disperazione, rassegnazione, smarrimento, pura forza distruttiva. Condividetela se vi sentite parte di questo progetto, del messaggio che esso contiene o se sostenete le mie stesse parole: possono essere quelle di molte altre donne.


    Un urlo che si pianta tra la patina d’oro del giorno di San Valentino e le cronache macchiate di femminicidi e violenze continui. A convincere Celeste a trasformare quell’incubo personale in un video terapeutico è stato un suo amico videomaker, che ha realizzato le immagini. «Sono mesi e mesi che non scrivo, non canto, non suono, non esprimo nulla di tutto ciò che vorrei urlare al mondo», scrive Celeste sul suo profilo social, «La violenza, che sia psicologica o fisica, è da condannare, spesso difficile da accettare e comprendere, impossibile da superare per chi ne è vittima, si trasforma in una tortura psicologica incontrollabile, con ripercussioni che non hanno mai scadenza.
    Ho registrato la mia voce nel gennaio di tre anni fa, uno degli inverni più freddi e bui della mia vita, quando la rabbia e il dolore scorrevano ininterrottamente nel mio sangue e nella mia anima. Scelsi di reinterpretare e arrangiare piano e voce questo brano per l’enorme intensità e significato del testo, una commistione di disperazione, rassegnazione, smarrimento, pura forza distruttiva. Condividetela se vi sentite parte di questo progetto, del messaggio che esso contiene o se sostenete le mie stesse parole: possono essere quelle di molte altre donne».

    «Ho perso il sonno, ho vagato per le strade giorni, giorni e giorni. Ho tenuto segreti al mio cuore e alla mia anima – è il testo della canzone – non c’è salvezza per me». Ma urlarlo, per Celeste, è già negarlo. 

    Carina Cesa Sava, Nata in Romania e vive a Sacile dal 1995 , suo nonno era di Caneva "ma l'Italia non mi vuole"

    stranezze dell'italia si    permette   di candidarsi  ed essere  votato all'estero a  figli  o  nipoti ed  pronipoti  a chi non ha più rapporti  o ne  ha  mai avuto ed  non parlano neppure  l'italiano o non conosco bene  ( se non la stampa internazionale )  il nostro paese  ma  non permette  la cittadinanza   a   chi è rientrato in italia  dall'estero    ritornando   nel paese dei nonni . 
    La stroria  che  strovare  sotto   è un classico esempio  ,in culo ai salvini  e ai diffusori dela pura razza italiana , di come in certe zone d'italia ci sia una forte contaminazione etnica . Infatti
    Intorno al 1870 immigrazione avorita” dall’impero asburgico , molti emigrarono dal Friuli Venezia Giulia in Romania molte persone specializzate; era questa un’emigrazione stagionale, temporanea o pendolare formando i cosidetti italo-romeni che hanno creato una comunità d’origine italiana presenti in Romania sin dalla prima metà dell’Ottocento
      da  http://messaggeroveneto.gelocal.it/pordenone/cronaca/2018/02/15/

    Nata in Romania e vive a Sacile, suo nonno era di Caneva "ma l'Italia non mi vuole"

    Dal 1995 vive a Sacile, ma la cittadinanza non arriva: Carina Cesa Sava, presidente della comunità di 400 romeni ha radici familiari a Caneva, ma per lo Stato è un’immigrata. Una “straniera” con i nonni paterni italiani. Ora vuole scrivere al Presidente Mattarella
                                                                Carina Cesa Sava
    SACILE. Dal 1995 vive a Sacile, ma la cittadinanza non arriva: Carina Cesa Sava, presidente della comunità di 400 romeni ha radici familiari a Caneva, ma per lo Stato è un’immigrata. Una “straniera” con i nonni paterni italiani.
    «Non ho la cittadinanza italiana nonostante viva e lavori da 23 anni a Sacile – racconta Carina –. Mio nonno paterno si chiamava Cesa: è nato a Caneva nel 1891 e dopo la prima Guerra mondiale si trasferì in Romania. La nonna paterna era una Moro di Bannia di Fiume Veneto». Non basta.
    La storia. «Nel 1998 ho inoltrato la prima domanda ci cittadinanza, presentando la documentazione – continua Sava –. Niente da fare: mi hanno risposto che non ho un reddito continuativo e questo avrebbe potuto gravare sul bilancio dello Stato». La presidente dell’associazione romena “George Enescu” a Sacile è docente a contratto: dall’università alle superiori. «I nonni sono partiti per la Romania in cerca di lavoro: il nonno lavorava nel settore dell’edilizia – ricorda la docente –. La nonna si chiamava Italia Margherita e nel 1927 è nato mio padre vicino a Iasi, una città romena».
    La storia della famiglia cambia dopo il secondo conflitto mondiale. «Nel 1952 i comunisti emanarono una legge contro gli stranieri – riassume Carina –. L’aut aut era chiaro: rinunciate alla vostra cittadinanza d’origine per naturalizzarvi romeni, oppure andatevene. Mio padre Ferruccio non aveva altra possibilità: da laureando in medicina ha rinunciato alla cittadinanza italiana». Gli stranieri in Romania erano definiti di “non sana origine”: in odor di capitalismo. «Nel 1976 mi è stato negato un viaggio in Italia con borsa di studio.
    Da insegnante a Galati, sul Danubio, ho chiesto di raggiungere l’Italia per motivi di aggiornamento professionale: permesso bloccato». Il crollo del Muro di Berlino ha rimescolato politica, economia e destini. «Abbiamo deciso di venire in Italia negli anni Novanta perché eravamo stanti di rivoluzioni e abbiamo tanti parenti – ricorda Carina –. Ma per lo Stato italiano non ho diritti che attestino il rilascio del certificato di cittadinanza. Ho scritto al presidente della Repubblica per raccontare la mia storia».
    A Sacile. Al voto tanti romeni il 4 marzo e il 29 aprile per le elezioni politiche nazionali, regionali e amministrative a Sacile. «Mi corteggiano per aderire a una lista che si presenterà alle elezioni comunali il 29 aprile – ha detto Sava –. Non ho preso decisioni e credo nella cittadinanza europea, a questo punto». Il centrodestra nelle elezioni comunali 2014 aveva schierato Silviu Voineagu nella lista “Ceraolo sindaco-civica per Sacile». I romeni sono circa 400 in città, ma al voto era andata una percentuale minima di “comunitari”, come li chiamano all’anagrafe e non tutti romeni: 28 per le europee e 23 nelle comunali nel 2014. Dopo quattro anni i numeri sono in aumento.
    «È importante creare una rappresentanza in Comune – ha valutato Sava – della nostra comunità romena». A livello nazionale per allargare il più possibile la base di consenso, nel 2014 era stato formalizzato un accordo tra la forza politica di Silvio Berlusconi e il Partito dei romeni d’Italia.
    A Sacile i romeni sono invisibili fra gli italiani: danno il loro contributo, pagano le tasse e gli affitti, fanno dei lavori spesso umili e tanti sforzi per integrarsi. Sono quasi 400 tra 2. 144 stranieri in città. Nel 2014 non hanno ottenuto un rappresentante in consiglio comunale: sarà l’occasione decisiva il 29 aprile  ?
    certo lacosa   fa    rabbia    come   ho già detto all'inizio del post   , ma  è di quelle  effimere   che  poi scompaiono    o  si spengono subito . Ifatti  io se  fossi in lei  me  ne  fregherei ed   eviterei  di   peredere  tempo  (  e  come lavare la testa  all'asino con il  sapone  )   con  politicanti  che  se  fregano   del paese  ormai sempre  più multi etnico  o  con   casi come quello dela signora  , e  farei come fece lo scultore  e non solo    Costantino Nivola (Orani, 5 luglio 1911  Long Island, 6 maggio 1988) le  cui la collezione  più importante  si    trova  al  Museo Nivola di Orani



    The Oldest Tattooing Family in the World \ 5 g L'antica tradizione di tatuaggio della famiglia Razzouk

    Wasim Razzouk is a tattoo artist in Jerusalem’s Old City. Ink runs deep in his family. The Razzouks have been tattooing visitors to the Hol...