21.10.18

quella dei pro vita non vera vita . il caso dei trapianti



leggendo questo articolo  del neonato   ed  ottimo  (  almeno  fin ora  )   sito  di  notizie    https://estremeconseguenze.it/

In  cui    si  dice    che    : 
TRAPIANTI. TRIPLICATO IL NUMERO DI ITALIANI CHE SI RIFIUTANO DI DONARE UN ORGANO
L’Italia è uno dei primi paesi in Europa per numero di donatori di organi e per numero complessivo di trapianti ma contemporaneamente aumentano vertiginosamente le persone che dichiarano di opporsi alla pratica e rifiutano di dare il proprio assenso.  continua  qui 

mi ero appena chiesto ma perchè si è cosi egoisti . e qui mi fermo perchè essendo trapiantato ( ho subito nel lntano 1992 un trapianto di cornea ) sarei di parte e sarei poco obiettivo

Ma   fra  i  commenti sulla mia  bacheca  di  fb  trovo   che  una  mia  amica  (  non   so   perchè la tengo    ancora   sono troppo buono     non elimin  nessuno  ed  aspetto , salvo  casi  gravissimi  ,    che sia  lei    a  cancellararsi    )  fondamentalista  cattolica   mi riporta  questo articolo  :  Trapianti : “cadaveri” viventi e cuori “non battenti”di  https://www.notizieprovita.it/che  non riporto  direttamente   ma  attraverso il link   perchè non riesco a  sintetizzarlo  essendo lungo  . Ciò mi  fa  rompere    gli indugi   sulla mia astensione   approvando   e  condvidendo  questo   commento presente    nell'articolo   dei pro  vita

mi  spice   cara  Cinzia  ****  
 ma do ragione a questo commento presente nell'articolo
mi ha disgustato il tenore dell’articolo. vorrei capire quali sono le terribili conferme. se parlate di quello che avviene nei Paesi stranieri mi fermo qui perchè non ne ho esperienza diretta e non parlo di cose che non conosco ma in Italia la gestione del paziente in morte cerebrale è ben codificata e non può sfuggire dai binari che il legislatore italiano (molto più garantista di legislatori di altri paesi nei confronti della persona morta) ha indicato per decretare la morte. tante persone muoiono in italia per mancanza di organi ma non c’è nessun predatore dietro l’angolo pronto a rubarti il cuore o il fegato o meglio non hanno la possibilità di farlo. articoli come il vostro fanno impaurire le persone che non sono addentro a questa materia o peggio fanno pensare alle persone che con un incredibile gesto d’amore hanno dato un senso alla morte di un caro di essere state ingannate.

In quanto da  trapiantato   posso di  dire    che   dala morte    rinasce un altra  vita   o meglio una speranza  di miglioramento    o  di    guarigione  nel mio caso

  a voi decidere  da  che parte  stare



Vigne del futuro e antica balentia

colonna  sonora  

leggi  anche 

Credevo che l'uso dei buoi per arare fosse scomparso   e retaggio  di un passato   ormai  scomparso  o rimasto  solo nelle feste  folkristiche   che   non ritorna  più , invece , leggo con stupore , questi due articoli  di Luca Urgu   (  il  titolo del  post   d'oggi    è preso dal   secondo   articolo  )   da http://www.lanuovasardegna.it/speciale/la-mia-isola  inserto settimanale    della  nuova sardegna   che  a  Mamoiada    c'è ancora  chi produce  vino    all'antica  e   chi usa  l'aratro  con i buoi    anzichè il trattore  o  altri mezzi moderni    per  arare le  vigne      

Ecco il    primo 





Franco, l’ultimo dei massajos di Mamoiada

È l’ultimo di sos massajos di Mamoiada. E da quella maledetta giornata di giugno in cui è avvenuto il fattaccio – ovvero un incidente che da lì a dieci giorni si è rivelato fatale per uno dei suoi...



Può fare altro è vero (e Franco non è uno che riesce a star fermo), ma non è la stessa cosa. Chi è nato respirando la terra e conoscendo palmo a palmo le vigne di Mamoiada, che il suo affilato aratro ha solcato per trent’anni con poche interruzioni, capisce e sa bene che il suo posto è la. Tra quei filari scoscesi e realizzati in altitudine, testimonianza di un’agricoltura eroica che non ha ancora ceduto il passo completamente alla modernità. Qui per scalzare la terra a gennaio e per ricolmare i solchi a primavera non servono trattori e cingolati, utili ed efficaci nelle vigne di nuova generazione, dove ormai la tecnologia la fa da padrone. Occorre solo lui con i suoi buoi secondo un’andatura che segue i passi della storia della viticoltura in Sardegna. 








Le 20 cantine

Che pratiche e riti come l’aratura con i buoi siano il passato della viticoltura è un dato certo. Ed è altrettanto evidente il percorso che il paese sta costruendo con forza e modernità per affrontare le sfide future. Qui tutti fanno vino e – record assoluto in proporzione agli abitanti – esistono ben 20 cantine. Sono aziende (producono vere e proprie chicche, la maggior parte di loro non arrivano comunque alle cinquemila bottiglie) gestite per la maggior parte da giovani sotto i 40 anni che hanno deciso di abbandonare i lavori più disparati per dedicarsi interamente alla terra e alle migliaia di ceppi, nuovi impianti o centenari, ereditati o acquistati in omaggio al “Dio” Cannonau.
Ma in molti casi c’è ancora bisogno dell’incedere fermo e deciso dei buoi che va di pari passo con le braccia forti e temprate dalle stagioni e tanto equilibrio. Siccome il giogo funziona solo ed esclusivamente in coppia, dopo Amorosu, Franco ha dovuto salutare anche Grassiosu. E ora, da quattro lunghi mesi, attende di rimettere insieme i buoi e ripartire con una nuova formazione. Detto così sembra facile, ma non lo è per niente. Così come il costo per acquistarli rappresenta un investimento importante che non si può fare in leggerezza. «Ne ho visti diversi in queste settimane, soprattutto attraverso foto e video, ma ancora nessuno mi ha convinto. Trovo sempre alcuni elementi che non corrispondono alle caratteristiche che un giogo deve avere per lavorare con efficacia e con la giusta sicurezza», racconta Franco Mercuriu nel bar del Corso del figlio Riccardo.

Viaggio nel tempo

In attesa che si riformi il giogo, «ne ho avuto otto in circa sei lustri di attività», Franco fa un viaggio a ritroso nel tempo per raccontare quando è entrato in questo mondo con le suggestioni respirate in casa fin da bambino. Un universo da cui non ha nessuna intenzione di uscire. Ci vorrà del tempo, forse non subito ma il suo giogo lo rimetterà in piedi. E tanta è la passione che traspare dalle sue parole che ci si può scommettere tranquillamente.
«Ho imparato a condurre i buoi da bambino, forse avevo 13 anni quando mio padre, mi insegnò i primi movimenti. Scelse un orto inizialmente, perché meno impegnativo della vigna – ricorda Franco –. Di sicuro non potevo avere un maestro migliore, mio padre Franziscu era uno di quei massajos antichi, che dopo aver lavorato per una vita ebbe il destino di morire anche in vigna, mentre guidava il suo giogo. Aveva 65 anni e si stava godendo il suo primo anno di pensione quando un malore lo ha colto». Il suo per certi versi sembra un racconto mitologico che si perde nella notte dei tempi, dove irrompono anche tuoni e saette. Come quella volta che un fulmine folgorò uno dei buoi del suo giogo uccidendolo sul colpo.
«Allora – ricorda Franco Mercuriu – smisi per un periodo dedicandomi all’edilizia, ma come feci anche in precedenza il fine settimana non riuscivo a stare fermo e aiutavo mio padre. Poi quando non c’era più lui ho ereditato il suo giogo e mi davo ugualmente da fare». I sacrifici sono tanti, ma la campagna tante volte è capace di ripagare come poche altre cose. 
La vita bucolica è fatta di silenzi e di alcune certezze granitiche: dopo una brutta annata ne arriva sempre una buona. Occorre l’ottimismo della ragione ma anche la volontà di non farsi travolgere dalle avversità. «È un lavoro che mi piace e mi dà una grande soddisfazione personale. Con gli animali, che vanno trattati bene, si instaura un rapporto speciale. Anche se il guadagno non è più come quello di una volta. Mamoiada è una realtà importante dal punto di vista vitivinicolo, ma molte vigne vecchie sono state estirpate e i nuovi moderni impianti vengono percorsi dai cingolati e non dagli zoccoli dei buoi», sentenzia. 
Nel pacchetto dei nuovi viticoltori c’è un po’ di tutto, giusto per far capire quanto la passione sia trasversale. Dai laureati ai baristi, dai fabbri ai commercianti, artigiani, dagli impresari edili agli agricoltori, per i quali forse il passo è stato più breve, alle donne.

La fatica e la festa

In questi giorni attraversando Mamoiada e quella strada di una bellezza struggente che collega il paese con Orgosolo, proprio dove si trovano i vigneti più alti (siamo quasi a mille metri), si percepisce il fermento della vendemmia.
Un rito che conclude con la raccolta il percorso di un’annata (non di sicuro abbondante questa) che è poi anche soprattutto una festa di amici e di famiglie allargate. Ovviamente questo dinamismo ha effetti positivi sull’economia locale: grazie all’enogastronomia con la nascita di locande e wine bar, ma anche a settori contigui come l’azienda che produce imballaggi in legno per il packaging di qualità che qui ha trovato casa diventando una piacevole realtà a livello isolano. I buoi restano indispensabili nei vigneti più vecchi perché i sesti d’impianto (ossia la distanza tra un filare e l’altro e tra un ceppo e l’altro) erano ridotti.
In poche parole se adesso tra un filare e l’altro vengono lasciati 2 metri, mezzo secolo fa lo spazio si riduceva a un metro e mezzo con il chiaro obiettivo di ottimizzare il raccolto facendoci stare più piante. Ovviamente come il cavallo con il fantino devono essere un binomio per funzionare, anche Franco Mercurio con i suoi voes deve avere una sintonia perfetta. L’andatura è modulata e incoraggiata dalla sua voce che conoscono perfettamente, così come i leggeri cambi di direzione e altri comandi sono comunicati con decisione con il timbro vocale del padrone. «Torra a susu, torra a zosso, o frimma», detti da lui hanno un altro senso. Il suo pensiero torna spesso ad Amorosu, lo sfortunato animale caduto rovinosamente in vigna. «Era intelligente, sembrava telecomandato, conosceva le vigne. E non sbagliava mai nulla. Mi riconosceva a distanza e muggendo mi chiamava. Ogni volta che dovevamo andare in vigna a lavorare lui capiva e non aveva bisogno di essere pungolato. Sembrava davvero non vedesse l’ora di iniziare. 

I passi dell’issohadore

«Quel giogo era davvero formidabile, riuscivo a fare seimila viti in una mattina», dice l’ultimo dei massajos che come

ogni buon mamoiadino vive nel dna i riti ancestrali del carnevale del suo paese. «Da bambino ero un mamuthone, poi dai 18 anni in poi issohadore, ma non avrei problemi a rifare il mamuthone. Non mi sono scordato i passi – dice sorridendo – è una cosa che abbiamo nel sangue»

il  secondo

dopo saluti nazisti fatti da ragazzi in gita scolastica ad Auschwitz, sarebbe ora di dire basta e smetterla con posizioni attendiste e ora d'andare e superare la linea gotica

per  approfondire
https://it.wikipedia.org/wiki/L%27onda_(film_2008)
https://it.wikipedia.org/wiki/L%27onda_(romanzo)
https://it.wikipedia.org/wiki/Linea_Gotica


[...] Occorre essere attenti per essere padroni
Di se stessi occorre essere attenti
La mia piccola patria dietro la Linea Gotica
Sa scegliersi la parte
Occorre essere attenti per essere padroni
Occorre essere attenti occorre essere attenti
Di se stessi occorre essere attenti
e scegliersi la parte dietro la Linea Gotica [...]



Ma che c.... le si porta in tali luoghi se poi si comportano così . ?! Spiegarli  di partire cos'era no ?! . Se si ripetesse l'esperimento avvenuto realmente e raccontato nel romanzo e poi nel film l'onda . S'otterrebbero gli stessi risultati a costo zero . Senza spendere soldi per alberghi e biglietti


Daniela Tuscano ha condiviso un post nel gruppo: ColorPorpora.
MamAfrica
Da I sentinelli di Milano
In gita scolastica ad Auschwitz, le tre signorine fanno il saluto romano davanti all'ingresso del campo di sterminio. Sembra siano state identificate e rischiano 3 anni di reclusione. Magari riusciranno finalmente a studiare.
#MamAfrica Liana

Mi piace
e di non rassegnarsi a frasi del genere

L'immagine può contenere: una o più persone e testo i


infatti

Non sempre si può stare nel mezzo o attendere bisogna scegliere la parte da cui stare se da una parte o dall'altra . Ci sono momenti in cui si deve stare dietro o davanti per parafrasare la famosa canzone ( e disco oltre che avvenimento storico culturale) la linea gotica . Occorre quindi essere attenti per essere padroni di se stessi. Patteggiare ,schierarsi dunque
Commenti

Andrea Pirina Bisogna schierarsi senza avere paura delle proprie idee, sempre che uno ne abbia di proprie. Cambiare idea è intelligente è lecito, ma la coerenza dev’essere alla base, un ideale non cambia,in genere cambia chi appoggiamo e se ne fa promotore... a buon intenditore.