5.3.19

ma salvini li ha gli atrributi per replicare a suoi appositori o preferisce far fare il lavoro sporco a gli atri ? il caso di Giulia Pacilli,Presa di mira sui social del ministro per la seconda volta, riceve migliaia di insulti a sfondo sessuale, minacce e commenti sull'aspetto fisico


  di cosa  stiamo parlando   
intervista alla donna messa alla gogna da Salvini: "Sono stata insultata soprattutto da donne
Abominevole fatto questo che vede per l'ennesima il nostro Salvini come istigatore e mandare . Un ministro che fa insultare le persone su i suoi social in questo caso per la seconda volta , facendole riceve migliaia di insulti a sfondo sessuale, minacce e commenti sull'aspetto fisico è una vergogna .Hanno ragione : @angela.giordano.79 la parola d'ordine è" aizzare "poi il resto lo fanno i commenti,senza sporcarsi le mani,una tecnica che comincia a essere veramente ripetitiva e Imma Ferrante
Un ministro che sguinzaglia la sua claque, lancia il sasso e si gode lo spettacolo, ha ben poco chiaro quale è il suo ruolo istituzionale. #salvini#malpancista #nuovosquadrismo #haters #razzismo #iostoconGiuliaPacilli


MILANO.REPUBBLICA.IT
Presa di mira sui social del ministro per la seconda volta, riceve migliaia di insulti a sfondo sessuale, minacce e commenti sull'aspetto fisico. "Mi

Premetto  .  cosi anticipo  le  eventuali domande   e repliche   del tipo    :  ce  l'hai  con  Salvini  .,   metti  il bavaglio  a  chi  non la pensa  come te  ,  ecc  
No c'è l'ho contro Salvini in sé ma contro il suo pensiero e il suo modo di fare . Che manda avanti gli altri dando l'imput e poi rimane nelle retrovie  a  godersi lo spettacolo  ed  usarlo politicamente .
Non sto mettendo il bavaglio a nessuno già bastano le dittature e regimi del secolo scorso ed questa pseudo democrazia  . Ma le cose si posso dire  e criticare ( possibilmente  )senza offendere  ed scadere come hanno fatto e si sta facendo visto che continuano ad aumentare negli insulti personali  e poco e e della dignità della persona femminile in questo caso .

4.3.19

GASPARE MELE Il poeta che a 107 anni continua a spedire i suoi versi nel futuro

chi lo dice    che   per  esssere poeti bisogna  essere  laureati   ?   la  storia   di  Gaspare Mele – per i compaesani “tziu Gasparru” – è nato il 29 aprile 1911 a Orotelli, dove vive tutt'ora. Ha lavorato fin da piccolo, in campagna. Ha vissuto l’esperienza della guerra e per un breve periodo è dovuto emigrare per cercare lavoro. Infine è stato
capocantiere in una ditta che si occupava di strade ed acquedotti. La poesia è una passione che lo accompagna da sempre e che gli ha permesso di raccontare in versi i temi fondamentali della vita: l’amore, l’amicizia, la solidarietà, il senso del divino, il rispetto per la natura.

 da  lamiaisola  inserto settimanale  della  nuovasardegna  del  2\3\2019







I misteri della mente, malgrado i ripetuti tentativi degli studiosi di scandagliarne gli abissi e lati più oscuri, rimangono tali. Ma sta forse anche qui l’aspetto più affascinante e ricco di sorprese che alimenta l’arcano. Per questo appare incredibile in un uomo di 107 anni, Gaspare Mele, di Orotelli, il connubio così duraturo con la poesia. E se tanti versi sono stati una certezza, una presenza continua mai venuta meno, colpisce profondamente, quasi fosse uno scherzo o un miracolo il suo ricordare una mattina al risveglio un’ottava cantata ben 90 anni prima con alcuni amici.
Insomma, in un’età dove

la sardegna non è solo birra ichnusa ma esiston anche altre birre il caso di Mardouk ed è fatta con grano locale ed è sarda non di una multinazionale

L'immagine può contenere: 1 persona Un attività iniziata   secondo http://www.lestradedellabirra.com/birrifici/sardegna( sito a  cui   rimando  per   scopriee    c, come detto nel  titolo    gl altri birrifici  sardi  )  


2007, Ottobre. Tutto ha inizio quando capiamo che non era più abbastanza ciò che fino ad allora aveva rappresentato per noi la birra: non ci appagava più il semplice placare la sete, noi volevamo provare la soddisfazione di degustare la birra, la nostra birra! Così investiamo grinta ed entusiasmo in corsi e ricerca. 2009, Costruiamo il nostro primo impianto e iniziamo a "brassare" solo con metodo "all grain" e iniziamo un percorso di studi approfonditi e colture sperimentali di orzo da birra e luppolo. 2013, Febbraio. Progettiamo il nostro attuale impianto a 2 tini, passiamo giorni a saldare e costruire pezzo per pezzo ogni singolo componente dell'impianto che dovrà sfornare 700 lt. di birra in 9 ore di lavoro. Siamo quasi pronti, tutte le pratiche sono conformi, l'impianto è assemblato, i fermentatori idem, così come tutto il resto dell'attrezzatura in gran parte costruita da noi. 2014, gennaio. Realizziamo un grande progetto, il birrificio agricolo: produrre la birra con le nostre materie prime. Dopo anni di duro lavoro pensiamo sempre alla prima cotta: la grinta, la voglia di imparare, l'entusiasmo, sono sempre gli stessi di allora.

 

Ci sono storie che vanno raccontate più di qualsiasi specialità culinaria o di celebri imprese su braci ardenti. Perché quando si tratta di inseguire un sogno, c’è chi sta seduto sul sedile posteriore e chi decide la rotta, chilometro dopo chilometro, anche nella giornate di pioggia. A guidare questa volta sono Mauro Loddo e Giuseppe Murru: due amici, prima ancora che due vulcani di idee di 37 e 35 anni nati e cresciuti nel centro-est della Sardegna. Pochissimi i soldi in tasca, ma nella loro testa tutto era chiaro 10 anni fa: qua avrebbero fatto la loro birra.
L'immagine può contenere: persone sedute, bevanda, cibo e spazio al chiuso
dalla  pagina   facebook
https://www.facebook.com/mardukbrewery/


Che nella pratica significa fare i contadini per coltivare orzo e luppolo, i birrai, gli addetti all’imbottigliamento oltre che i principali promotori di se stessi perché crederci è essenziale. E alla faccia degli scettici, la Marduk Brewery, birrificio agricolo di Irgoli – siamo in provincia di Nuoro – ha vinto la scommessa e sta facendo parlare di sé da quando si è aggiunta la malteria, la prima in Sardegna: “Sei o sette anni fa ad un convegno di settore dicevano che era impossibile raggiungere un risultato del genere, ma se parti con quest’idea non ce la farai mai”, racconta Mauro Loddo davanti all’ingombrante macchinario.
Inoltre tale  birriffico     ha    una  particolarità   è  un birrificio agricolo  locale  a filiera   chiusa   \  corta 
<< Un investiemto corraggioso >>    come  dice https://www.braciamiancora.com/marduk-il-birrificio-sardo/<<  che è solo l’ultimo tassello di una scommessa ancora più importante: “Creare un prodotto tutto nostro dall’inizio alla fine della lavorazione. A partire dalle materie prime che coltiviamo a pochi chilometri dal birrificio. Dove arriva il trattore arriviamo noi”. Una produzione annua di 450 quintali di orzo da birra cui si aggiungono le 1200 piante di luppolo. Impianti composti da pali alti oltre 6 metri attorno a cui cresce la pianta.

Coltiviamo diverse varietà di luppolo, tutte di origine americana perché si adattano bene al clima della Sardegna. Riusciamo così a coprire il 60% della nostra produzione, mentre con l’orzo siamo oltre il 97%”, raccontano i due giovani soci. E se basta un sorso per riconoscerne la qualità, partire dalla materia prima significa anche dar vita a una filiera cortissima che si chiude con un piccolo allevamento bovino: “Abbiamo una decina di vitelli a cui destiniamo la paglia della trebbiatura e la percentuale di orzo che viene scartata durante la fase di calibratura”.>>

3.3.19

I fatti di pratobello il nostro '68 PRATOBELLO 50 ANNI DOPO Il paese disarmato che fermò l’esercito

  di cosa  stiamo parlando  \  per  approndire

http://www.informati-sardegna.it/?m=news&id=1371
https://www.youtube.com/watch?v=ZpVEhw4383s una  delel tante  canzoni  si tale  fatto
  https://www.youtube.com/watch?v=TLmKIpdBSzg  un ottimo documentario





IL nostro '68 . Come succedeva prima della massiccia diffusione d'internet nelle zone perifiche in cui le novità arrivavano con ritardo . ;a meglio trdi che mai . Un paese che non si è fatto come è avvenuto con le altre basi militari vhe ancora attanagliano la sardegna e di cui la Rwm, la fabbrica di bombe situata a Domusnovas in Sardegna,  e  che  esporta   il carico di  morte  nella  guerra  in Yemen   è  solo  la  punta  dell'icerbeg  .



Articoli  tratti  dall'inserto settimanale della nuovasardegna  lamiaisola   2  \3\2019



IL TELEGRAMMA
EMILIO LUSSU: VORREI STARE IN MEZZO A VOI

Nel 1969 Emilio Lussu, ormai ritiratosi dalla vita politica, inviò alla popolazione di Orgosolo un telegramma.“Quanto avviene Pratobello contro pastorizia et agricoltura est provocazione colonialista...

Nel 1969 Emilio Lussu, ormai ritiratosi dalla vita politica, inviò alla popolazione di Orgosolo un telegramma.

“Quanto avviene Pratobello contro pastorizia et agricoltura est provocazione colonialista stop. Rimborso danni et premio in denaro est offensivo palliativo che non annulla ma aggrava ingiustizia stop. Chi ha coscienza dei propri diritti non li baratta stop. Responsabilità non est militare ma politica. Perciò mi
sento solidale incondizionatamente con pastori et contadini Orgosolo che non hanno capitolato et se fossi in condizioni di salute differenti sarei in mezzo a loro stop. Allontanamento immediato poligono et militari si impone come misura civile e democratica lavoro et produzione stop”.







Le foto si possono pubb
licare o ci sono problemi di copyright? “Tranquillo, abbiamo espropriato anche quelle”. Giovanni Moro conserva l’ironia e lo spirito ribelle dello studente universitario che nel giugno 1969 animò in prima persona la protesta di Pratobello. Dimostra meno dei suoi 77 anni e lo sguardo è quello di sempre, guascone e un po’ indagatore, il tono di voce calmo quanto perentorio. Nella sua casa in via Giuseppe Ungaretti a Orgosolo apre il libro dei ricordi – foto, documenti, manifesti, instant book Feltrinelli – e accetta di raccontare come nacque, mezzo secolo fa, la grande rivolta dei pastori contro le servitù militari. Breve premessa: per ogni orgolese che si rispetti i fatti di Pratobello sono l’equivalente di un monumento nazionale, un evento di popolo consegnato alla storia e al mito insieme con altri simboli di questa comunità barbaricina, primi fra tutti il film “Banditi a Orgosolo” di Vittorio De Seta e i murales di Francesco Del Casino. Ed è proprio con il pittore senese che comincia il racconto di Moro.

Il circolo culturale

Nel 1969 Del Casino è arrivato in Barbagia da quattro anni, fresco di diploma all’istituto d’arte della sua città. Insegna disegno alle scuole medie di Orgosolo. È un cattolico militante, scuola Don Sturzo, ed è entrato subito in contatto con il circolo culturale del paese, che vede i principali animatori nei fratelli Giovanni e Bore Muravera, in Pietro Crissanu e Totoni Davoli e appunto in Giovanni Moro. Tra quest’ultimo e il giovane insegnante toscano l’intesa è immediata, l’amicizia fa seguito poco dopo insieme con il desiderio di progetti comuni. Verso la fine di maggio Moro e Del Casino notano strani manifesti affissi sui muri di Orgosolo. Sono del ministero della Difesa e avvisano la popolazione che dal 19 giugno, in un’area ben determinata quanto estesa delle terre comunali, la brigata d’artiglieria Trieste e altre compagnie dell’esercito avrebbero dato vita a poligoni di tiro per un periodo orientativo di due mesi. Durante le esercitazioni pastori e agricoltori erano obbligati ad abbandonare le terre. “Capimmo subito di cosa si trattava – dice Moro –, ne parlammo con i pastori e convocammo una riunione al circolo culturale per decidere cosa fare”. 

Per una maggiore comprensione degli eventi, qui è necessario fra un passo indietro, anzi due. Il primo ci riporta al novembre 1968. Al pari di altri municipi dell’isola, quello di Orgosolo viene occupato per protesta contro il governo nazionale e la Regione Sardegna, incapaci di dare risposte ai comuni dell’interno. La differenza è che a Orgosolo l’occupazione non è simbolica, con i sindaci in prima fila con la fascia tricolore, ma sostanziale: vengono cacciati dal municipio, prontamente ribattezzato Casa del popolo, sindaco, giunta e consiglio (a fine protesta finiranno additati in un documento come crumiri, assieme a due baristi, il parroco e i frati camaldolesi). 

Le quattro giornate

L’occupazione dura dall’11 al 14 novembre, per quelle che verranno chiamate le Quattro giornate di Orgosolo. Il circolo culturale (o giovanile) svolge un ruolo fondamentale nella protesta, che ebbe vasta risonanza, al punto che la rivista Quindici, portavoce della contestazione studentesca a livello nazionale, vi dedicò il servizio di apertura di cinque pagine, pubblicando i documenti delle varie assemblee. Tra questi, anche una lettera aperta “Ai poliziotti”, accusati di aver la mano pesante. Come in risposta al famoso corsivo di Pier Paolo Pasolini dopo gli scontri di Valle Giulia a Roma tra polizia e studenti del marzo 1968, gli occupanti di Orgosolo scrivevano: “Anche voi siete come noi figli di contadini, operai o pastori, e spessissimo, come noi, siete meridionali, cioè fate parte dell’Italia sfruttata e colonizzata, eppure non ci intendiamo. Perché?” E ancora: “Voi dovete lottare al nostro fianco, con tutti gli sfruttati del mondo, per la costruzione di una società più giusta”. 

L’altro passo indietro per capire Pratobello ci riporta all’inizio del 1969. “Venimmo in possesso – dice Moro – dei progetto Generalpiani per il Parco nazionale del Gennargentu. Lo vedemmo per quel che era, un’operazione di controllo del territorio. Ricopriva un’area di 336mila ettari, praticamente mezza provincia di Nuoro. Lo studiammo e raccontammo i vincoli che prevedeva in un ciclostilato di 24 pagine che venne stampato in 2000 copie, una tiratura eccezionale per le nostre possibilità”. Il documento sarà la base di discussione al convegno del successivo 2 marzo al cinema Fontana di Orgosolo, dove il Parco venne bollato come “un’operazione di repressione delle popolazioni della Barbagia”. In quell’occasione vennero coniati gli slogan “No al parco dei signori” e “Prima dei mufloni salviamo gli uomini”. La risposta contraria fu netta, a Orgosolo e negli altri paesi in particolare del Supramonte, e il Parco, anche ridimensionato e con meno vincoli, è ancora sulla carta cinquant’anni dopo. A questo contribuì indubbiamente l’annuncio, appena due mesi dopo, delle esercitazioni a Pratobello. La militarizzazione del territorio fu vista come una ritorsione al No al Parco: “Era opinione diffusa – commenta Giovanni Moro – che da temporaneo il poligono potesse diventare permanente, e che Orgosolo diventasse come Teulada o Perdasdefogu”.

I marxisti e i pastori

Ma come fu il rapporto tra gli studenti e i pastori, ci fu diffidenza? “Non ci fu un conflitto di classe, diciamo così. Eravamo marxisti ma figli e fratelli di pastori, questo contava. Poi a Orgosolo ci conosciamo tutti, non ci sono mai stati padroni o signori, era pacifico che il comunale dovesse restare a disposizione di tutta la comunità”. 

Il 19 giugno, intanto, giorno previsto per l’avvio delle esercitazioni, si avvicinava. Il circolo di Orgosolo nel frattempo svolgeva un’opera di controinformazione importante. Volantini e manifesti ebbero un ruolo fondamentale. Art director, per così dire, di questa forma di comunicazione fu Francesco Del Casino. “Comprammo un ciclostile a manovella e ci demmo da fare – dice il padre dei murales di Orgosolo –. Accanto ai testi, comparvero le prime illustrazioni che realizzammo con la tecnica dell’incisione”. Orgosolo venne ricoperta di manifesti che invitavano alla mobilitazione. A guardar bene, la tradizione dei murales che ha reso famoso il paese barbaricino nasce proprio allora.

Di assemblea in assemblea si arriva al 19 giugno. Nel frattempo l’opposizione degli orgolesi al poligono a Pratobello ha varcato i confini dell’isola. C’è molta solidarietà, ma si teme il fattaccio, cioè che il braccio di ferro tra pastori e forze dell’ordine possa degenerare. Non accadrà invece, e Pratobello resterà un esempio di rivolta non violenta verso un tentativo di militarizzare un territorio. Ci fu al massimo qualche sassata verso la polizia, ma nulla di più. Gli stessi pastori che vennero fermati e identificati, e tenuti in fermo provvisorio per alcune ore sotto sorveglianza, dovettero rispondere al massimo di porto illegale di coltello. Ma le denunce non ebbero seguito: si poteva immaginare un pastore del Supramonte senza leppa? A tenere calmi gli animi furono bravi gli attivisti del circolo, sempre attenti a far sì che la protesta si svolgesse in modo pacifico, perché il timore che tutto potesse saltare era forte: da una parte e, probabilmente, anche dall’altra, perché lo Stato avrebbe potuto mostrare un volto più autoritario e reprimere con durezza. 

Ancora Giovanni Moro: “Qualche pastore mi disse: se

c’è bisogno di armi, fatecelo sapere. Assolutamente no, fu la mia risposta”. Orgosolo allora aveva quasi cinquemila abitanti. Si calcola che almeno tremila persone, uomini, donne e bambini, quel giorno invasero pacificamente Pratobello. L’esercito si ritirò il 27 giugno




Sindaco comunista sempre poco ortodosso

Settantasette anni, una vita passata dentro il Pci ma sempre su posizioni poco ortodosse (che dopo i fatti di Pratobello gli procurarono persino la sospensione dal partito), Giovanni Moro è un...




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Settantasette anni, una vita passata dentro il Pci ma sempre su posizioni poco ortodosse (che dopo i fatti di Pratobello gli procurarono persino la sospensione dal partito), Giovanni Moro è un docente di lettere in pensione. Ha insegnato a lungo nelle scuole medie di Orgosolo, dove è stato anche preside. Ai tempi di Pratobello era studente universitario a Cagliari ma aveva ottenuto una supplenza nel suo paese. Dopo Pratobello non venne più chiamato a insegnare finché non diventò di ruolo. Finì a processo come altri rappresentanti della rivolta ma fu assolto al pari degli altri accusati. Dal Pci passò al Psiup, partito con il quale fu eletto
nel consiglio comunale negli anni Settanta. Nel 1985, rientrato nel partito comunista, venne eletto sindaco. Durante il suo mandato fu bersaglio di minacce e attentati: il più grave, le fucilate esplose contro le finestre della sua abitazione mentre era in casa con la famiglia. 



Fuggì da Orgosolo


Raccontano che una donna di Orgosolo, riconosciuto suo figlio tra le centinaia di poliziotti e carabinieri che presidiavano Pratobello, si avvicinò al giovane e in modo severo e autoritario lo apostrofò davanti a tutti, in orgolese stretto: “Tu cosa fai qui, vattene via subito”. Non si sa cosa rispose il malcapitato agente, ma dicono che per lui scattò il trasferimento poco dopo. Fra qualche mese cadono i cinquant’anni dalla rivolta di Pratobello, la protesta di massa che nel giugno 1969 bloccò il tentativo di realizzare nel paese simbolo della Barbagia un poligono di tiro per le forze armate, in una vasta area delle terre pubbliche. Di più, molti ipotizzavano che l’esercitazione, prevista per due mesi, da temporanea potesse diventare permanente, e che il territorio di Orgosolo fosse destinato a diventare una servitù militare al pari di Teulada o Perdasdefogu. L’annuncio del governo inoltre fu visto come una ritorsione per il No al Parco nazionale del Gennargentu, almeno così come lo intendeva il progetto Generalpiani di quegli anni, esteso su 336mila ettari. Fondamentale in quella rivolta non violenta fu l’apporto del circolo culturale di Orgosolo. Ne facevano parte attivisti politici, studenti e insegnanti che in breve tempo riuscirono a coinvolgere nella protesta i pastori attraverso un’opera di controinformazione fatta di manifesti, ciclostili, continue assemblee. Persino il banditore comunale fu utilizzato per diffondere l’appello contro le esercitazioni. Quando la polizia lo scoprì, gli fu intimato di non trasmettere più i messaggi del circolo. Fu così che l’appello alla mobilitazione continuò attraverso la diffusione di brani dei tenores di Orgosolo: era il segnale per ritrovarsi l’indomani a Pratobello. Il 19 giugno e nei cinque giorni successivi, migliaia di orgolesi di ogni età – uomini, donne e bambini – invasero la piana per impedire le esercitazioni. Una protesta pacifica, ma ferma e decisa. Non ci furono scontri, polizia e carabinieri
non usarono la mano pesante. Ci furono fermi e denunce, ma al processo gli organizzatori della rivolta furono assolti. Dopo sei giorni l’esercito si ritirò: fu sparato qualche colpo in aria, una specie di gol della bandiera, per rendere meno evidente la vittoria dei pastori di Orgosolo.