Sono arrivato a tale libro dopo aver sentito diversi dibattiti e recensioni , tanto da scierglielo come regalo per i miei 45 anni e poi averlo divorato in 4 giorni . IL perchè : 1) quando si parla d'Alasia si parla solo come un criminale , ci si dimentica o si tace che non li si è data la possibilità di soccorrerlo ed è stato ucciso alle spalle quando era già inerme \ moribondo . 2) Giorgio Bazzega, figlio di una delle vittime, ha detto che è stato scritto “come andava scritto, con una sensibilità e un’onestà intellettuale inattaccabili“. All'inizio dei primi due capitoli stavo per abbandonare perchè lo consideravo una dei soliti libri retorici ed apologetici sugli anni 70\80 .
Inizialmente alla lettura dell'incipit ero un po' titubante se continuare o meno perchè credev fosse il solito libro agiografico sugli anni 60\80 . Ma conoscendo l'autore ed il suo stile capace di farti appassionare lentamente alle cose , mi sono detto : andiamo avanti , magari ( cosa poi risulta vera ) non lo è . Quindi ho evitato l'errore che potrebbero fare molti leggendo le solo le pagine di copertina d'abbandonare la lettura al primo capitolo .
Infatti già il fatto che l'autore inizi le prime pagine e i primi due capitoli parlando sotto forma interrogativa della fine di Walter ovvero della sua uccisione il 15 dicembre 1976 fa capire a chi leggere senza pregiudizi \ preconcetti che il libri non sarà un apologia della figura del cugino . Il libro è
Un po’ epistola un po’ memoriale, un po’ album di famiglia (corredato dalle foto d’epoca e da lettere private corsivo mio ) e un po’ cronistoria dell’Italia contemporanea, Il tempo di vivere con te (Mondadori) crea un interregno narrativo che è soprattutto il tentativo da parte dell’autore di ricucire definitivamente le lacerazioni del proprio vissuto familiare con quelle della Storia recente (politica, culturale, di costume) del nostro Paese, attraverso il filo di una memoria personale silenziata per oltre quarant’anni.
Ora si capisce il motivo per cui il protagonista del suo celeberrimo romanzo d’esordio Tutti giù per terra (1994) si chiamava Walter. E il conto è finalmente chiuso e si può iniziare a guardare avanti senza rimanere prigionieri nel ricordo . Leggendo e sentendo varie recensioni credevo che , come spesso accade quando esce un libro su quel periodo su certi siti o giornali iniziasse : la solita campagna d'odio ( la solita shitstorm ) ed la solita contrapposizione ideologica \ culturale come se tali fatti fossero ancora attuali e le ideologie del secolo scorso fossero ancora vive , fosse un libro ideologico invece come per magia , sarà per lo stile dell'autore o per la frase dal libro stesso
"Non è ancora il momento di raccontare quel 15 dicembre 1976, e quel che ne seguirà. No. È, questo, il tempo di vivere con te. Ancora un poco. Almeno nello spazio di queste pagine. Perdonami, Walter, se ci ho messo così tanto. È per raccontare la tua storia che ho cominciato a scrivere, il giorno dopo la tua morte."
che mi spinto a leggere \ divorare ( di solito sono più lento ) in cosi breve tempo il libro . A testimoniare la bellezza ed particolarità del libro è anche la recensione di uno di quei quotidiani più faziosi quando si parla di quel periodo dice
[..] non ho avuto dubbi nel precipitarmi a leggere il nuovo libro di Giuseppe Culicchia, perché è uno scrittore eccellente e perché figuriamoci se avrebbe sfornato la solita tiritera agiografica o sociologica o giustizialista o assolutoria. Il titolo è Il tempo di vivere con te (Mondadori) e il terrorista in questione è Walter Alasia, ucciso in un blitz della polizia il 15 dicembre 1976, non prima di riuscire a uccidere due poliziotti, il maresciallo antiterrorismo Sergio Bazzega e il vicequestore Vittorio Padovani.Al di là di questo, che in quegli anni è ordinaria amministrazione, tra terroristi ammazzati, magistrati ammazzati, poliziotti ammazzati, non per altro sono gli anni di piombo (minchia però superiamoli questi anni di piombo), la ragione del libro di Culicchia è un'altra, più profonda: Walter era suo cugino, e non un cugino qualsiasi ma il suo cugino preferito, più grande di lui di nove anni. Uno di quei cugini che prendi come modello, ma quei nove anni di distanza sono anche due vite diverse, e la prospettiva del piccolo Beppe non poteva immaginare la reale esistenza di Walter. Per il piccolo Beppe le immagini che passavano i tg erano solo uno sfondo incomprensibile, Lotta Continua, Ordine Nuovo, il rogo di Primavalle, Piazza Fontana, la morte di Pinelli e l'omicidio Calabresi, insomma tutto ciò che di tragico accadeva in quel decennio e che per un bimbo contava poco. Per lui Walter era il compagno di giochi, quello che gli diceva sempre sì. «Adoro giocare con te. Coi nove anni di differenza tra noi, io sono ancora un bambino. Tu eri già ragazzo. Io vivo in un paese di novecento anime. Tu vivi ai margini di una delle più grandi città italiane. Io leggo ancora Topolino. Tu leggi già il Manifesto ». No, non è una biografia di Walter Alasia questa, ma un libro struggente e personale. Il tono di Culicchia, in ogni riga, in ogni parola, è stupefatto e malinconico. Asciutto, analitico, ma venato di sentimenti inespressi, tenuti dentro per decenni. «Mentre io gioco a palla in cortile o passo dal mio triciclo alla bicicletta con le rotelle spingendomi lungo i sentieri costeggiati dai campi di granoturco intorno a Grosso Canavese, tu a Sesto stai diventando adolescente e registri fatti che a me sfuggono: la nascita a Torino del movimento Lotta Continua, l'Autunno caldo». [...]
Infatti Culicchia è riuscito a scrivere senza reticenze usando : ricordi personali diretti e indiretti , lettere private con viaggio in fondo alla carne , un bellissimo libro su Walter Alasia ( suo cugino ) il cui nome ed l'vento della sua morte e il modo con cui venuta sono legati alla colonna milanese delle Brigate Rosse ( una delle più sanguinarie di tale gruppo terrorista ) a lui intitolata . Se per il Paese è la vicenda è un fatto pubblico, uno dei tanti episodi che negli anni di Piombo finivano tra i titoli dei quotidiani e dei notiziari televisivi; per lui e la sua famiglia è una ferita che non guarirà mai come testimonia anche il titolo azzeccatissimo dato al romanzo "Il tempo di vivere con te". Tale lettura mi ha riportato alle stesse atmosfere ho trovato in : Lessico familiare di Natalia Ginsburg e L'amore degli insorti di Stefano Tassinari .
qualche giorno fa facendo pulizia dei preferiti e della cronologia in modo da eliminare determinati siti e determinate pagine per spezzare il circolo vizioso della mia porno dipendenza ho ritrovato questo articolo interessante ., cosi rispondo a chi mi chiede perchè qui o sui miei social condivido troppi post femministi oltre i classici del 25 novembre [ giornata contro i femminicidio ] .
Femminicidi, il padre di una ragazza uccisa: "Faccio l'autista, la notte le donne sole hanno paura"
"Le donne che camminano di notte non lo fanno normalmente: le vedi con il passo svelto, che fingono una chiamata o che portano in mano mazzi di chiavi che sembrano mazze per difendersi. Da uomo, che può camminare normalmente quando torna a casa dopo il lavoro, provo una brutta sensazione". A parlare è Giovanni Lelli, papà di Nicole, ragazza romana uccisa a 23 anni con un colpo di pistola dall'ex compagno. Lelli ha preso la parola durante un incontro organizzato dalla squadra di calcio dilettantistica Borgata Gordiani per parlare dello stupro subito da una ragazza di 22 anni nel parco di Villa Gordiani il 5 marzo. "Siamo molto legati al parco - dice a Repubblica l'associazione - sapere che una cosa del genere è successa lì, a casa nostra, ci ha sconvolto. Abbiamo voluto ascoltare il pensiero delle donne".
La schermitrice paralimpica, nata con una neuropatia sensitiva di tipo II che le ha causato sordità profonda e scoliosi grave, è molto attiva sui social e nel sociale: "La gente che riversa odio in rete lo fa perché non è felice e spesso si sente 'infastidita' dai successi degli altri"
VENTITRÈ anni di vita talmente intensa e piena di vittorie - sportive e non - da sembrare molti di più. Sarà per questo che gli occhi di Ilaria Muresu, atleta di origine veneta ma di casa in Sardegna, nella sua amata Olbia, hanno uno sguardo così intenso e reale, sorridente anche quando la bocca è coperta dalla maschera da scherma, o dalla mascherina. Nata con una neuropatia sensitiva di tipo II che le ha causato sordità profonda e scoliosi grave a 135 gradi, Ilaria non ama molto il suo nome di battesimo: "Chiamami Nini, per favore". Oggi Nini è un'atleta paralimpica della squadra nazionale di scherma, impegnata per abbattere le barriere comunicative che in questo periodo mettono seriamente in difficoltà le persone sorde.
Come è nato l'amore per la scherma?
"Grazie a un cugino svizzero, mio coetaneo. Faceva scherma e tramite lui ho cominciato ad appassionarmi. Poi nel 2012, alle Paralimpiadi di Londra, ho scoperto la scherma paralimpica e mi ci sono buttata a capofitto: "Vale la pena provarci!", ho pensato. Un amore a prima vista che non so descrivere, una grande emozione".
Quali sono state le soddisfazioni sportive più grandi, finora?
"Non sono una di quelle che conta le medaglie o che dice di essere campionessa, anzi. Sono più per i sogni e uno grande realizzato è sicuramente quello di poter praticare la scherma a livello agonistico. Per allenarmi percorro 115 km da Olbia a Sassari lungo una carreggiata davvero pericolosa, che io chiamo 'la strada della morte' perché fa paura, è buia e deserta, fatta eccezione per qualche camion. Purtroppo per raggiungere il mio sogno sono costretta a viaggiare da più di 6 anni, ma ne vale la pena. Le soddisfazioni per me nel campo sportivo sono queste, a partire dal fatto di aver battuto l'ansia o meglio gli attacchi di panico, perché erano incontrollabili. Ora la situazione mi sembra migliorata e sono riuscita anche a migliorare nelle gare nazionali. Una bella vittoria".
Che significa fare uno sport del genere con una disabilità come la sua?
"All'inizio i medici mi sconsigliavano di fare attività a livello agonistico, ma io sono testarda quando faccio le cose e provo di tutto! Poi alla fine, se qualcosa non va, mi arrendo, ma per arrendermi devo aspettare a lungo, essere pronta psicologicamente ad accettare che quella cosa non va bene per me. In realtò mi sconsigliavano perché ebbi un arresto cardiaco durante l'intervento alla scoliosi, nel lontano 2011. Una settimana fa ho festeggiato 10 anni dall'inizio della mia seconda vita. I medici sono iperprotettivi nei miei confronti, ma io trovo sempre il modo di rialzarmi. La scherma a livello agonistico stanca ma ho sempre cercato, durante le gare, di non esagerare, magari usando integratori ricchi di potassio e magnesio, e bevendo gli amati succhi di frutta, che riescono a colmare l'ansia e il vuoto, quella sensazione di non essere mai abbastanza".
Lei è molto attiva sui social: si è mai trovata ad affrontare fenomeni di "hating online"?
"Ho 4k di follower su Instagram e oltre a essere una schermitrice paralimpica sono una blogger. Attualmente ne curo uno in cui racconto tutto ciò che succede nel Caucaso: diciamo che ho trovato una motivazione che mi spinge a far appassionare ai lettori la Georgia e tutto ciò che ha da offrire questa nazione, a livello culturale e non solo. Nell'aprile 2020, in piena pandemia, sono stata la prima a creare, insieme a due amici, le mascherine trasparenti: dividendoci su tre regioni (Sardegna, Lombardia, Calabria) siamo riusciti a raccogliere i soldi per fabbricarne 2000 grazie a una campagna di cui vado molto fiera. L'iniziativa è nata perché noi non sentivamo ed eravamo abbattuti dal fatto di non poter più leggere il labiale delle persone e ancora più impossibilitati a comunicare. Nei mesi successivi io, Sara Succurro e Ivan Lombardi siamo stati invitati in televisione per raccontare la nostra storia e dopo quasi un anno le mascherine sono ancora in fase di produzione presso la sartoria Cirotto di Olbia. Siamo molto contenti perché non ci aspettavamo di avere tante richieste! Sono stata vittima di "hating" anche per questa iniziativa ma poi ho cominciato a fregarmene, perché tanto nella vita ci sarà sempre qualcuno che ci bullizza o ci critica. L'unica cosa da fare è andare avanti e affrontare come sempre la vita, anche quando è crudele".
Per quale motivo secondo lei le persone riversano il loro odio in rete?
"La gente che riversa odio in rete lo fa perché non è felice, e spesso è 'infastidita' dai successi degli altri. Succede. Come ho già detto, bisogna solo continuare a fare ciò che si vuole e andare sempre avanti senza mai badare alle persone che giudicano. Non è facile ma neanche impossibile, è solo questione di avere fiducia in noi stessi e provare tanta, infinita autostima".
È socialmente impegnata anche su altri fronti...
"Faccio da sempre volontariato, ma preferisco farlo in silenzio o condividere le mie sperienze con persone che hanno la mia stessa voglia di aiutare il prossimo. Ho anche deciso di candidarmi in politica alle comunali di Olbia per rappresentare le persone con disabilità, un impegno che vorrei portare a termine per provare ad abbattere le barriere e i pregiudizi, creando delle case dove ragazze e ragazzi possano vivere da soli, in modo indipendente. Al di là di questo sono sicura che, comunque vada, sarà una bella esperienza".
Come ha vissuto questo strano anno di pandemia?
"Per me è stata ed è molto dura perché, a causa delle mascherine, non riesco a leggere il labiale e finisco col perdermi migliaia di parole. Essere sordi ormai è quasi considerato una 'colpa', ma che colpa ne ho io se non sento e ti chiedo di abbassare la mascherina? Capisco il Covid e tutto, ma per noi sordi essere circondati da mascherine significa vivere in isolamento senza capire nulla. Tutto ciò che vediamo sono mascherine che si muovono e dopo un po' esplodiamo di rabbia e frustazione e il solo pensiero che ci tormenta quando usciamo di casa è: 'Come facciamo?' Rivogliamo la vita di prima anche se difficilmente potrà tornare. Vogliamo poter essere capiti o meglio compresi. Per fortuna in questa pandemia ho imparato ad essere tanto forte e a non piangermi addosso".
Che progetti ha per il futuro?
"Voglio godermi tutto pensando al presente. Domani chissà, potrei non esserci più. Quindi penso all'oggi e a quello che la vita mi vuole dare. L'unica cosa che posso augurarmi è di stare bene in salute e la stessa cosa auguro a chi mi sta vicino ogni giorno. Dal punto di vista umano e personale, spero di vivere a lungo e poter realizzare piccoli sogni. Sono una persona che ama stare in mezzo alla gente, ascoltare, sentire il dialogo, le opinioni. Insomma sono una con i piedi per terra ma ho il carattere di chi ne ha veramente passate tante. E in tutto ciò che faccio ci metto tanto amore, tanto affetto. Il mio motto è: 'Lottare sempre, arrendersi mai'. Una frase che dedico a chi lotta ogni giorno, perché ognuno di noi ha sofferto nella vita e sono sicura che a soffrire siamo in tanti. Ma grazie ai valori e all'amore vero, quello della mia famiglia, si può affrontare qualunque cosa".
tra le tante iniziative per celebrare i 700 anni della morte di dante nella speranza che quest’anno sia un nuovo rinascimento dopo la crisi sanitaria e culturale che stiamo vivendo questa di Leonardo Frigo mi sembra la più interessante e la più originale rispetto a quelle ufficiali \ maistream e date ai soliti volti noti e pagate a peso d'oro per ripetere \ replicare il suo spettacolo . Oppure si riciclano ( e fin qui niente di male se le storie sono fuori ristampa o visti i tempi lunghi della produzione fumettistica non si
fa in tempo a creare in tempo una storia originale per quel determinato evento ) storie vecchie aggiungendovi inediti e contenuti extra raschiando il classico fondo del barile o si sfrutta la tecnica pubblico la prima puntata sull'edizione settimanale e poi avviso che lle altre puntate continuano nella raccolta che riguarda Una celebrazione originale quella dell'artista di Leonardo Frigo ( foto ak centroi sotto presa dal suo facebook a finire post trovaste fra i riferimenti del post l'url ) che unendo le sue passioni per la musica e le arti visive, il giovane italiano disegna a mano sugli strumenti a corda, trasformandoli in racconti unici nel loro genere.
Questa storia è la risposta a chi dice che con la cultura non si mangia , non crea lavoro , è il solito culturame , ecc .
Come dimostrano anche i i due video riportati
Nel 2021 si celebreranno i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri. Leonardo Frigo, giovane musicista e disegnatore, vuol rendere omaggio al Sommo Poeta rappresentando i 33 canti dell'inferno e il canto introduttivo della Divina Commedia su altrettanti violini e un violoncello. Il processo creativo ha avuto inizio nel suo studio di Londra, dove cinque anni fa si è trasferito per lavorare per un laboratorio che realizza mappamondi fatti a mano e dove ha anche creato per conto dei magazzini Harrods pezzi unici, come una scacchiera e i relativi scacchi disegnati sempre a mano. Il progetto "L'inferno di Dante" si concluderà esattamente tra un anno in vista di una mostra itinerante che giungerà anche in Italia.
Dante's Inferno is an allegorical masterpiece. That's been retold by countless painters. Then there is Leonardo Frigo. He is taken this epic to a different kind of canvas. The Venetian has mixed his talents as both illustrator and musician. He has told the story of one man's descent into the underworld by drawing it across dozens of musical instruments.
L’artigiano in questione si chiama Leonardo Frigo, ha 26 anni ed è originario di Asiago, in provincia di Vicenza. Parliamo di 33 violini più un violoncello (uno per ogni canto dell’Inferno e il proemio). Tutti dipinti a mano con china, impiegando un pennino a immersione. Una tecnica, come pote vedere dai video sopra , particolare che ricorda quella dei moderni tattoo. Ad ognuno il ragazzo ha dedicato ben 150-200 ore di lavoro. L’artista ha presentato gli strumenti musicali in anteprima al museo Royal Institution of Great Britain (dove a marzo 2019 sono stati esposti 10 violini e il violoncello), ad Harrods e all’evento Bond Street Awards a
Londra (entrambi a dicembre 2019).Vedendo le foto ed in vieo riportati ( ma anche no ) in questo post , di denota che il suo è un progetto pensato e studiato . Infatti Leonardo Frigo non lo ha concepito solo come una elaborazione espositiva ma anche come un modo di condividere, attraverso forme alternative che attirino il visitatore, l’arte e la cultura italiana. E chi meglio di Dante può essere considerato come maggiore esponente della cultura italiana, colui che è stato il padre della lingua italiana. Ogni strumento musicale è dedicato a un canto specifico. Sulla sua superficie, i violini mettono in mostra simboli, scene e personaggi chiave tratti dall'immaginario del poema scritto da Dante Alighieri centinaia di anni fa. iI suo lavoro nasce da una ricerca profonda che ha radici nella mia passione per la lettura, per l'arte, per il racconto visivo e, in particolare, per il capolavoro di Dante.
[...] Su “Vicenza Today” l’intervista a Leonardo Frigo, che ha “conosciuto” Dante per la prima volta a sei anni, quando sua madre gli regalò la prima “Divina Commedia” illustrata per bambini. Da allora il suo interesse per l’Inferno non si è mai smorzato. Classe ’93, il giovane è uno dei tanti cervelli italiani in fuga all’estero Dopo una laurea in restauro presso l’Università Internazionale dell’Arte di Venezia si è trasferito a Londra, dove vive da circa cinque anni. «Sono riuscito a riunire musica, poesia, design e artigianato in un unico pezzo d’arte unico. Si tratta di 34 strumenti musicali, 33 violini e 1 violoncello, sui quali ho realizzato disegni ispirati al primo capitolo della Divina Commedia: l’Inferno. Ogni strumento musicale è dedicato a un canto specifico. Sulla sua superficie, i violini mettono in mostra simboli, scene e personaggi chiave tratti dall’immaginario del poema scritto da Dante Alighieri centinaia di anni fa», ha spiegato l’artista.
«Il mio lavoro nasce da una ricerca profonda che ha radici nella mia passione per la lettura, per l’arte, per il racconto visivo e, in particolare, per il capolavoro di Dante. L’Inferno di Dante mi ha sempre ispirato fin da bambino, probabilmente posso dire che mi ha insegnato a immaginare e sognare», ha chiarito Leonardo Frigo. Come portare a compimento un progetto tanto ambizioso? «Dopo aver
preso appunti e annotazioni su ogni canto, inizio a cercare simboli, nomi e bei disegni che, messi insieme, raccontino la storia scritta da Dante. Quando il progetto finale è chiaro nella mia mente, sono pronto a dipingere i disegni in bianco e nero a mano, con inchiostro nero, sull’intera superficie del violino. Lo strumento viene quindi verniciato e installato sulla sua base. Ma non finisce qui. Ogni violino è accompagnato da un accurato testo descrittivo, sia in italiano che in inglese, che ne evidenzia e analizza tutti i dettagli», ha dichiarato sempre il 26enne. [.... CONTINUA QUI ]
Cercando una canzone di Ligabue , mi sono imbattu.to fra i risultati nel pittore Antonio Ligabue in realtà nato Antonio Costa ( cognome della madre ) poi Antonio Laccabue ( riconosciuto , ma non accettato da lui che scelse appunto di chiamarsi Ligabue ) . Incuriosito dalla sua biografia sono andato a vedermi il film " Volevo nascondermi" di Giorgio Diritti.
Un film tristissimo , ma bello ed intenso . Esso descrive benissimo la sua vitra travagliata come testimonia l'Epitaffio sulla tomba di Antonio Ligabue a Gualtieri
«Il rimpianto del suo spirito, che tanto seppe creare attraverso la solitudine e il dolore, è rimasto in quelli che compresero come sino all'ultimo giorno della sua vita egli desiderasse soltanto libertà e amore»
Unico neo ( per me essendo casinista e un disordinato , chi mi legge e mi segue lo sa , nell'esporre fatti e nello scrivere nessun problema ) secondo i canoni ufficiali cinematografici
Se si leggono le recensioni dei grandi siti statunitensi – Variety, Hollywood Reporter – “Volevo nascondermi” di Giorgio Diritti sarebbe un film senza un filo narrativo. Lo scrivono sessanta volte. Come se fosse un difetto. Una di quelle mancanze scritte nel libretto delle istruzioni del bravo cineasta che prima vende nei circuiti art house degli Stati Uniti il proprio talento visivo, e poi finisce a girare serie tv spiritose ed insignificanti come una lavastoviglie a colori. Paolo Sorrentino, per dirne uno. Pensate un po’, la storia del pittore naif Antonio Ligabue, quella di un appestato, decerebrato, idiota, sgorbio isolato da tutti (“tu sei un errore”), che si scopre suo malgrado artista finanche celebrato, con le dovute distanze umane e sociali, deve avere un filo narrativo. Magari una voce fuori campo come ne “L’amica geniale” su Rai1 che sottolinei l’impossibile. Oppure un bravo sceneggiatore che costruisce scenetta dopo scenetta, rigorosamente in ordine cronologico, la nascita, l’infanzia, l’adolescenza, l’età adulta, la fine del pittore emiliano che perì appena 53enne. [ ... ]
anche i matti si reali sia quelli che noi facciamo diventare o etichettiamo come tali perchè non omologati e diversi sono creativi . Un bellissimo film . un ottimo elio germano
Nonostante il film sia stato premiato con l'orso d'oro a Berlino, esce indebolito dall’apertura di soltanto metà delle sale italiane causa coronavirus
indebolito dall’apertura di soltanto metà delle sale italiane causa coronavirus. Peccato sacrificarlo così questo film, anche perché mancano all’appello le sale emiliane, lombarde e piemontesi che in un modo o nell’altro tanto hanno dato al regista Diritti, quando era ed a suo modo è rimasta questo sconosciuto, apostrofo garbato e controcorrente del cinema italiano contemporaneo. Ma soprattutto , è il mercato purtroppo , sacrificato anche online . Infatti è assente sulle piattaforme legali ( Netflix , prime vision, almeno quelle a cui sono registrato ) disponibile SIC solo a noleggio o vendita e non tenendo conto costringendo a chi : occupare spazio in memorie informatiche o fisico negli armadi \ mensole casa a ricorre allo streaming illegale o semilegale visto che ***** sito a meta strada fra il free ( con pubblicità e banner ) o il pagamento la versione premium deve cambiare l'indirizzo ogni 15 giorni
Unico Neo che appesantisce ( a pazienza non si può essere perfetti al 100 % 😁👍 ) il film con il rischio di un probabile abbandono è l'eccessivo realismo \ verismo del regista che sottotitola la maggior parte del film ( le scene dell'infanzia in Svizzera ed in Germania dello stesso Ligabue ) e lasciando parlare gli attori in tedesco . Ma a parte questo , Dritti ha messo su un altro dei suoi capolavori , facendoci anche stavolta piangere ed commuovere .
[..] Non so che cosa accadde, perché prese la decisione, Forse una rabbia antica, generazioni senza nome Che urlarono vendetta, gli accecarono il cuore: Dimenticò pietà, scordò la sua bontà [....]
Francesco Guccini
Lo so che bisogna aspettare la fine per dare un giudizio completo di un opera , soprattutto quando raccontano direttamente o indirettamente di periodi complessi con cui ancora da una parte e dall'altra non si ancora voluto fare i conti e li si fa ancora troppo lentamente . Infatti
[...] alcune settimane fa è uscito il libro di uno scrittore che conosco da molti anni e che scriveva sulla mia “Stampa”, Giuseppe Culicchia. Il libro che si intitola “Il tempo di vivere con te” racconta la vita dell’assassino di Vittorio, quel Walter Alasia che di Culicchia era cugino e che venne a sua volta ucciso, mentre fuggiva dopo aver sparato ai poliziotti. Si
racconta un ragazzo, le sue idee, i pranzi e i giochi di famiglia, perché anche i terroristi non sono numeri ma vite. Quando sono arrivato alle ultime pagine le ho lette con sconforto perché ci ho trovato un vizio vecchissimo e pericoloso, quello di giustificare il terrorismo e di ammantarlo di idealismo. Quello di parificare i morti, di pareggiare il conto, mettendo su un piatto della bilancia i terroristi caduti e sull’altro i poliziotti, magistrati, professori o sindacalisti uccisi. Ma non si può fare, perché da una parte c’erano persone che avevano deciso di combattere una guerra che nessuno aveva dichiarato e si erano messe a sparare, dall’altro chi ha difeso e salvato questa democrazia.[...]
Ora potrebbe essere vero che ( sempre dalla stessa fonte ) << [...] Chi lo legge senza sapere niente di quegli anni può pensare che Walter Alasia sia stato un eroe, ma purtroppo per la sua famiglia, per quelle di Vittorio Padovani e Sergio Bazzega e per tutti noi non è così. >> anche se nei primi , punto in cui sono arrivato nella lettura , ci sono dei cenni alle violenze e vari omicidi di una parte e dell'altra che fanno da sfondo alla vicenda di Walter Alasia , basta fare delle ricerche via web per soddisfare la propria curiosità .
Ma da da li a definire come ha fatto , nonostante sia un ottimo giornalista , Cesare Martinetti, il libro scabroso e << un libro prigioniero della gabbia ideologica degli anni Settanta e che non riscatta Walter, anzi lo sigilla intatto nel suo destino, vittima anch’egli del fanatismo, ma pur sempre colpevole.>> ce ne passa perchè vuol dire o che non si letto per intero il libro olo si è letto con pregiudizi e preconcetti . Infatti e lo dice uno che non ha vissuto , se non in maniera indiretta , visto che cronologicamente sono del 1976 , quel periodo da parte di Culicchia rispetto ad altri libri memorialistici soprattutto si è si cercato di comprendere [ OVVIAMENTE COMPRENDERE NON VUOL DIRE NECESSARIAMENTE GIUSTIFICARE ] il perchè quella persona in questo caso cugino Walter abbia commesso tale gesto e vedere la figura umana non solo la "colpevolezza" come dichiara lo stesso autore a la lettura inserto domenicale del corriere della sera del 14\3\2021 in una doppia intervista \ conversazione a cura di CRISTINA TAGLIETTI fra Lui ( cugino di Walter Alasia ) e Giorgio Bazzega figlio di Sergio colpito a morte insieme al vicequestore Giovanni Vittorio Padovani. dal brigatista Walter Alasia, 20 anni, a sua volta ucciso nella casa dei genitori a Sesto San Giovanni durante il blitz della polizia.
Ecco il passo significativo :
[...]
GIORGIO BAZZEGA — Quando mi hanno segnalato il libro di Giuseppe mi ci sono immerso. Ho capito subito che mi permetteva di aggiungere il pezzo che mi mancava di questa storia, quello che nessuno aveva potuto raccontarmi fino a quel momento: non Walter il terrorista ma Walter il ragazzo, nella sua umanità.
Eppure una recensione apparsa online accusa Culicchia di aver fatto, con questo libro, apologia di reato.
GIORGIO BAZZEGA — Giuseppe lo ha scritto come andava scritto, con una sensibilità e un’onestà intellettuale inattaccabili. Non c’erano altri modi.
GIUSEPPE CULICCHIA — Non si trattava di farne un eroe ma di raccontare chi era, com’era. Ho profondo rispetto per il dolore delle famiglie Bazzega e Padovani, per quei ragazzi, gli altri poliziotti, anche loro giovani, che alle 5 di mattina vedono uccidere due colleghi. Non c’è niente di giusto in questa storia, però bisogna capirla. Finora erano usciti libri di memorialistica scritti da reduci di quell’epoca oppure dalle vittime. Il mio forse è il primo in cui si racconta il dolore dall’altra parte. Ho cercato di mostrare Walter nella sua complessità umana. Credo che in tanti, come lui, sia maturata quella scelta che io non cerco di giustificare ma di capire. Come può un ragazzo di vent’anni decidere di impugnare una pistola e uccidere? Io non andai al funerale perché avevo 11 anni ma mia sorella, che ne aveva 17, sì. Quando vide i calzini bianchi sporchi di sangue nella bara capì che era tutto vero. Fino a quel momento aveva pensato che potesse essere uno scherzo di Walter. Per anni è stato identificato con una fototessera, quasi una cupa foto segnaletica in cui noi non riconoscevamo il ragazzo affettuoso che amava scherzare e disegnare. Io non lo lasciavo in pace, gli ero sempre appiccicato e non mi sono mai sentito dire un no.
Quindi sfido Voi critici, voi personaggi austeri, militanti severi a raccontare quel periodo senza pregiudizi , odio ideologico , ecc . Infatti leggendo i vostri giudizi impregnati di pregiudizi e del rifiutare del comprendere mi viene da dire : non occupiamoci nè delle vittime della follia ideologica di quel periodo nè degli assassini lasciamo che il tempo faccia giustizia trasformandoli in polvere ed in oblio , che le nuove generazioni non conoscano tali eventi e rifacciano in misura più grave gli stessi errori . Vietiamone quindi le biografie , o che essi parlino , come si faceva un tempo con il sacrosanto rito purificatore della damnatio memoriae . Ma riflettendo mi accorgo è meglio scriverle invece queste biografie , inchiodiamole come lapidi agli angoli della strada della nostra memoria , perchè nessuno dimentichi cosa sono stati ed il loro banale essere iniqui .
Un libro onesto e doloroso come riconosciuto da un altro giornalista "conservatore " come Francesco merlo .
da repubblica
Caro Merlo, cosa pensa del libro dedicato da Giuseppe Culicchia a Walter Alasia "Il tempo di vivere con te"?
Marino Della Cioppa
Penso a Giorgio Bazzega, che aveva due anni quando suo padre, il maresciallo Sergio, fu ammazzato insieme al vicequestore Vittorio Padovani dal brigatista Walter Alasia, che fu poi colpito e ucciso mentre fuggiva. Ha raccontato Bazzega a Giovanni Bianconi: «Da ragazzo mi facevo di cocaina e giravo con la P38, pensando di ucciderli tutti, specialmente Renato Curcio che aveva indottrinato Alasia che, a freddo, aveva ammazzato il mio papà». Bazzega, durante un dibattito, si avvicinò al fondatore delle Br (che oggi ha 79 anni): «Quando Curcio ha capito chi ero, si è spaventato e io mi sono sentito libero dal mio odio. Gli ho dato una pacca sulla spalla: "Stai tranquillo... volevo che mi guardavi in faccia"».
Tra le altre sfortune, Bazzega non ha un cugino romanziere, e Culicchia è un romanziere formidabile. In Italia c’è un gusto speciale per la psicologia degli assassini di quegli anni. Io non credo che appartengano, neri e rossi, alla storia della politica, se non come sfondo scenografico e come alibi, ma alla storia della criminologia che, grazie a Dio, non è più razzismo lombrosiano. Non esistono i mostri, nessun criminale lo è. E chissà com’erano dolci e generosi i nazisti con i loro bimbi tra una tortura e l’altra. E così i bombaroli neri e i mafiosi, tutti figli del loro tempo. Ma c’è un momento in cui il tempo esce di scena e rimani tu, con la pistola in mano: o spari o ti liberi dell’odio, come Giorgio Bazzega. Ho letto il bene che del libro hanno scritto Maurizio Crosetti sul Venerdì e, sull’ Huff Post , Pigi Battista e Giampiero Mughini.
Obietto solo che non è vero che la generazione del ‘68 fu complice degli assassini. Posso testimoniare che anche (persino) in Italia la ribellione della stragrande maggioranza non fu quella robaccia, non fu materia preparatoria per il terrorismo e porcheria omicida.
Ora palle pagine che ho letto fin ora ( vedremo se confermare o smentire questa mia osservazione dopo che l'avrò finito ) è un libro senza a differenza di altri libri di memorie ( da una parte e dall'altra ) senza vittimismo, senza retorica, giustificazione ed esaltazione ideologica, c'è il dolore di quello che all'epoca era un bambino che a undici anni perde in una sola notte un affetto immenso e tutte le certezze che credeva di avere, unito alla lucidità di quello che con gli anni è diventato un grande scrittore che ha cercato ed aspettato per oltre quarant'anni la giusta distanza per raccontare questa storia.
Un memoir asciutto e allo stesso tempo accorato ( per questo ad alcuni ancora indigesto ) in cui Culicchia ricostruisce la sua questione privata e a smesso di di temere il proprio tempo e quel problema si spazio per parafrasare la famosa Linea Gotica degli ex C si
ciò che da bambino sapeva di Walter, scavando nei propri ricordi alla ricerca dei germi di ciò che sarebbe stato, e lo confronta con quello che crescendo ha appreso di lui dalla sua famiglia, ma anche dai giornali e dai libri di storia. E così facendo racconta gli anni della lotta armata e del terrorismo da una prospettiva assolutamente ( o quasi visto il precedente di Ero in guerra ma non lo sapevo libro di Alberto Torregiani figlio di Pier Luigi Torregiani era un gioielliere titolare di un piccolo esercizio nella periferia nord di Milano, in via Mercantini, nel quartiere della "Bovisa" ucciso dal gruppo terrorista i PAC di Cesare battisti ) originale .
Infatti
Giuseppe Culicchia tiene in serbo queste pagine da più di quarant'anni. Perché la morte di Walter Alasia, al cui nome è legata la colonna milanese delle Brigate Rosse, è una storia dolorosa che lo tocca molto da vicino: per il Paese è un fatto pubblico, uno dei tanti episodi che negli anni di Piombo finivano tra i titoli dei quotidiani e dei notiziari televisivi; per lui e la sua famiglia è una ferita che non guarirà mai. Walter Alasia, di anni venti, era figlio di due operai di Sesto San Giovanni. Giovanissimo aveva cominciato la sua militanza in Lotta Continua, ma poi era entrato nelle fila delle Brigate Rosse. Nella notte tra il 14 e il 15 dicembre 1976 la polizia fece un blitz a casa dei suoi genitori per arrestarlo. Lui aprì il fuoco, e nel giro di pochi istanti persero la vita il maresciallo dell'antiterrorismo Sergio Bazzega e il vicequestore di Sesto San Giovanni Vittorio Padovani. Subito dopo tentò di scappare, ma venne raggiunto dai proiettili della polizia. Giuseppe all'epoca ha undici anni e Walter è suo cugino. Ma in realtà è molto di più: è il fratello maggiore con cui non vede l'ora di passare le vacanze estive, che gli insegna a giocare a basket, che lo carica sul manubrio della bicicletta e disegna per lui i personaggi dei fumetti che ama. È un ragazzo affettuoso, generoso, paziente, e agli occhi di Giuseppe incarna un esempio.
dalla retrocopertina del libro
per
capire l' oggi bisogna conoscere il passato frase abusatissima ma è vera questo non è un libro qualunque e un libro di storia la storia
degli anni di piombo del secolo scorso leggetelo senza preconcetti e giudizi apriori e capirete che certi commenti
sono fuori luogo e dimostrano quanto dicevo nelle righe precedenti e con quanto dice : « A quarant'anni di distanza, Culicchia ha scritto un libro, Il tempo di vivere con te, che è insieme memoria, ricostruzione storica, elaborazione del lutto, lontano da ogni forma di giustificazione o indulgenza verso i crimini delle Brigate Rosse» - Cristina Taglietti, in la Lettura. Ma soprattutto con il fatto che
Culicchia era più piccolo di lui di nove anni, ma gli era legato con infantile adorazione. Il tempo di vivere con te, pubblicato da Mondadori, racconta la contraddizione – anzi la convivenza – nella stessa persona di un “mostro”, raffigurato così pubblicamente e responsabile della morte di due agenti di polizia, e di un ragazzo amabile e amato da tutta la famiglia, e il dolore della famiglia stessa, cercando di mettere insieme i pezzi della storia personale e di quella italiana per costruire delle spiegazioni. La morte di Alasia è raccontata oltre la metà del libro.
Non è ancora il momento di raccontare quel 15 dicembre 1976, e quel che ne seguirà. No. È, questo, il tempo di vivere con te. Ancora un poco. Almeno nello spazio di queste pagine. Perdonami, Walter, se ci ho messo così tanto. Trenta libri, e più di quarant’anni. È per raccontare la tua storia che ho cominciato a scrivere, il giorno dopo la tua morte. È per questo che ho continuato a farlo in tutto questo tempo. Eccolo qua, il primo libro che avrei voluto scrivere. Ma avevo appena undici anni, facevo la prima media, e anche se dalle elementari i miei temi venivano letti in classe da maestre e professori di Lettere, non ne ero capace. Ne sarò capace, ora? Giuseppe Culicchia, Il tempo di vivere con te
Il tempo di vivere con te di Giuseppe Culicchia è un racconto tenuto in serbo per oltre quarant’anni. Rievoca “gli anni di piombo”, una stagione troppo recente per essere metabolizzata e pienamente compresa. [....]