18.9.22

I maglioni fatti con lana sostenibile nel Parco Nazionale d'Abruzzo e Gli ultimi guardiani dei fari di Sicilia: "Noi più importanti di satelliti e Gps

  Leggi anche  


repubblica online del  17 e 18\9\2022 



I maglioni fatti con lana sostenibile nel Parco Nazionale d'Abr uzzoL'azienda di tre ragazzi sotto i 30 anni si chiama Wuuls e produce capi basic, le specie ovine sono autoctone, la filiera di produzione è corta e la durabilità è al centro del loro concetto di design

Emanuela e Francesco Picchini, due fratelli abruzzesi, insegnano che dalle pecore non nascono solo i famosi arrosticini ma dei maglioni composti dalla pregiata lana del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga a tutela delle filiere a rischio di estinzione. Wuuls nasce nel 2019 ed è la loro startup di maglieria ecosostenibile. Emanuela ha studiato Design a Roma per poi lavorare due anni in una maglieria.Attualmente ha 27 anni ed è a capo della direzione creativa e della produzione,aiutata dal suo collega Mattia. Il fratello Francesco ha 26 anni, ha una formazione economica ed è il braccio commerciale. Valentino è un ingegnere gestionale, si occupa della consulenza e dello sviluppo del progetto. Sono tutti ragazzi under 30 e, dopo gli studi, sono rientrati in Abruzzo con un sogno: creare una filiera produttiva che rispetti l'ambiente e valorizzi il loro territorio. "Il progetto - spiega Emanuela Picchini - è nato una settimana prima che scoppiasse la pandemia, in un momento complicato per tutti. Poco prima avevamo ottenuto dei contatti grazie alla fiera White di Milano. Solo sei mesi dopo abbiamo aperto lo shop sul nostro sito".  


 
Ha fatto tappa ad agosto sul Gran Sasso la "Rassegna degli Ovini", la più importante manifestazione a tema di tutto il Centro Italia, accompagnata da musiche, balli e canti popolari abruzzesi. Oganizzata dalla Camera di Commercio del Gran Sasso d’Italia, insieme alla novità di quest’anno, la TRA-La Transumanza che unisce, progetto della Presidenza del Consiglio Regionale dell’Abruzzo con un programma itinerante che ha portato a Campo Imperatore l’Orchestra Popolare del Saltarello e l’International Folk Contest “Etnie Musicali”.

I pascoli del Parco accolgono le specie ovine Sopravvissana e Gentile di Puglia, allevate lungo l'appennino italiano. Negli anni ci sono stati degli incroci con le pecore Merinos. "Questa mescolanza - specifica Emanuela- fornisce la croccantezza alla lana tipiche delle nostre specie autoctone e la morbidezza grazie alla lana merinos. Ho sentito l'esigenza di far conoscere la qualità della lana abruzzese affinché una materia prima così preziosa non si perda. È un materiale molto sostenibile. Sono maglioni dal design senza tempo e completamente riciclabili".L'associazione Pecunia tutela la lana del Parco e l'azienda AquiLana di Valeria Gallese, fornitore di Wuuls, ne fa parte. Qui è ancora in uso la transumanza: la lana è grezza nel vero senso della parola. "Gli animali - racconta Emanuela - passano la loro vita all'aria aperta e non viene effettuata nessuna pratica chirurgica di mulesing sugli ovini (l'asportazione di una parte di pelle della zona perianale degli animali per evitare che il vello si sporchi con gli escrementi ndr)".

   Dopo aver visto tonnellate di vestiti invenduti finire al macero, la modella londinese Eleanor Jolliffe ha deciso di dare una svolta green alla sua vita e al suo lavoro. Ha iniziato a documentarsi sull'impatto della moda sull'ambiente e ha smesso di comprare capi d'abbigliamento da marchi di fast fashion per abbracciare abitudini di acquisto più sostenibili. Non solo, ha deciso di promuovere i valori del riuso e dello slow fashion, ovvero di capi che durano nel tempo, attraverso la collaborazione con associazioni di settore e pagine specializzate in sostenibilità.

Anche i colori utilizzati per i maglioni sono al 100% naturali. "Tingiamo - chiarisce Emanuela - tutto al vegetale. Tra ciò che impieghiamo c'è il guardo, un fogliame che genera il colore blu. Poi c'è la robbia, una radice essiccata che crea l'arancione. Utilizziamo anche lo scotano, un fogliame che crea il color tortora e la reseda, un fiore che produce il giallo. Collaboriamo con la tintoria umbra Ferrini. È una filiera corta: il prodotto viene colorato in Umbria e lavorato qui in Abruzzo". Troppo spesso purtroppo i capi vengono invece realizzati con l'aggiunta di materiali difficili da riciclare. Pensiamo all'acrilico o al poliestere. "Questo settore -auspica Emanuela- deve essere trasformato. Il designer decide l'80% dell'impatto di un prodotto sull'ambiente. È necessaria una presa di coscienza collettiva senza rispondere più solo alle logiche di mercato".



Da risorsa a scarto: il prodotto della tosatura è ormai considerato un rifiuto speciale. Ma in Val Camonica la filiera della fibra naturale si trasforma in arte

In questi tre anni di lavoro Wuuls ha creato due campionari, uno in lana e uno in lino, ed altri prodotti in lana per un totale di 150 modelli, tutti sold-out. La linea in lino italiano è certificata con standard di tracciabilità, biologico e con lavorazione vegetale.
"Vendiamo -conclude Emanuela- sul nostro sito e nella modalità B2B. Per la collezione invernale ripartirà la vendita diretta tra poco. Chi è interessato ci può scrivere intanto sui nostri canali social. Nel futuro vogliamo crescere nei volumi di produzione e diversificare i prodotti mantenendo però saldi i nostri valori di sostenibilità".


----











Gli ultimi guardiani dei fari di Sicilia: "Noi più importanti di satelliti e Gps"di Paola Pottino

Il faro di Capo Peloro, a Messina

 
Se nel resto d'Italia sono 88 i fari funzionanti, in Sicilia se ne contano 36, nove dei quali presidiati da 19 faristi
Circondati dal mare in tempesta o nelle tiepide giornate di bonaccia, svettano imperturbabili come se volessero toccare il cielo. I fari, sentinelle del mare. riferimenti imprescindibili per i naviganti, sono legati ai loro guardiani, sempre più radi ma non del tutto scomparsi. Se nel resto d'Italia sono 88 i fari funzionanti, in Sicilia se ne contano 36, nove dei quali presidiati da 19 faristi.


Il guardiano del faro Gaspare Timpanelli e il capitano di fregata Bruno De Luca



Da più di venti anni, ogni mattina di buon ora, Gaspare Timpanelli, 58 anni, originario dell'isola La Maddalena, ex motorista navale della Marina militare, folta barba bianca, sale i 150 gradini della scala a chiocciola che conduce sino alla torre del faro di Capo Peloro, all'estremo lembo nord orientale della Sicilia, sullo Stretto di Messina. Il guardiano controlla che tutto funzioni regolarmente, provvede alla manutenzione ordinaria e straordinaria dell'apparecchiatura e infine torna in ufficio per stilare nel giornale di reggenza il rapporto giornaliero dove annota ciò che accade.

Capo Faro a Salina



Per Timpanelli, il faro non è soltanto un luogo di lavoro perché qui vive insieme alla moglie Mariagrazia, discendente di faristi, ai due figli e al cognato e collega Romolo Bellomia. Tra carte nautiche, binocoli, radio trasmittenti e lanterne, la vita in famiglia si incrocia con quella lavorativa all'interno dell'alloggio. Una torre ottagonale a fasce bianche e nere, realizzata nel 1884, ridotta a quasi quaranta metri di altezza in seguito al terremoto del 1908 che la danneggiò gravemente.


Il faro di Capo Zafferano
 

Per Mariagrazia Timpanelli, nata e cresciuta nel vicino faro di Capo Rasocolmo, vivere sospesi tra la terra e il cielo rappresenta la normalità. "Quando ho vissuto in un condominio mi sentivo prigioniera. Non potrei stare in nessun altro luogo all'infuori di qui - dice la donna- Mio nonno era farista a Capo Milazzo e mio padre nel faro di Vulcano. Io amo vivere qui soprattutto d'inverno, nelle giornate di tempesta, ma anche in primavera, quando il cielo è terso e dalla torre si vedono le isole Eolie".


Il faro di Linosa



Il faro verde, con due lampi ogni dieci secondi visibili fino a 19 miglia, dialoga con quello rosso di Punta Pezzo a Villa San Giovanni, nella sponda calabra. "Ogni faro - spiega Bruno De Luca, capitano di fregata della Marina militare e comandante della Zona fari di tutta la Sicilia - ha caratteristiche luminose distinte, fatte di lampi di luce ed eclissi. Esiste un elenco nel quale vengono riportati i segnalamenti, l'immagine e la descrizione della struttura. Il faro verde di Capo Peloro gode delle cure dei faristi ed è certamente un vantaggio in più rispetto ai fari non presidiati e controllati da remoto".
Un mestiere, per Timpanelli, tutto sommato tranquillo, o quasi. "Mio suocero - racconta il farista - è stato il guardiano del faro di Resocolmo, un luogo lugubre in una campagna isolata a pochi chilometri da qui. Una volta mi disse che non sarebbe più andato a fare i controlli serali di routine perché aveva avvertito presenze strane e rumori inquietanti. Incredulo, gli dissi che ci avrei pensato io. Ebbene, quella sera e nelle altre a seguire, trovai le porte, chiuse con i lucchetti, completamente spalancate, le luci erano accese e udii delle urla provenire da chissà dove. Da quel giorno il faro è stato presidiato soltanto di giorno".
Fantasmi a parte, il numero dei guardiani rimane esiguo: i nuovi dispositivi tecnologici hanno in parte sostituito il loro lavoro. "Ma Gps e apparecchiature satellitari - affermano i faristi - non potranno mai sostituirci: gli stessi capitani di lungo corso ammettono che nel buio della notte, la luce del faro può rappresentare la salvezza. Il nostro controllo rimane quindi fondamentale". Dice il comandante De Luca: "Altra faccenda riguarda i 25 fari siciliani non presidiati perché per alcuni di essi è previsto un progetto di valorizzazione che riguarda i vecchi alloggi dei faristi, i magazzini e le altre pertinenze, allo scopo di recuperare l'immobile e ridare al comprensorio del faro una nuova vita. Sono stati concessi ai privati, tramite bando pubblico, 14 dei 36 fari siciliani. Alcuni, come il faro di Capo Faro a Salina, Brucoli e Augusta, sono già attivi come strutture alberghiere".
Ma non tutti i fari sono controllati da remoto: sono presidiati i fari di Cefalù, San Vito lo Capo, Capo Granitola, a Mazara del Vallo, Licata, Cozzo Spadaro a Portopalo di Capo Passero, San Leonardo a Pantelleria e infine a Lampedusa e a Marettimo.

17.9.22

ma gli insegnanti sono complici dei bulli o hanno paura ? i caso della ragazzina bocciata per le assenze dovute a causa dei bulli ma promossa dal tar

 Dopo un ottimo primo quadrimestre, una 12enne mancava spesso da scuola perché bullizzata: la mamma ha spedito ai prof parte degli oltre 300 messaggi vessatori che la figlia riceveva. Ma i docenti anziché intervenire per fermare i compagni aguzzini, hanno bocciato l'alunna. I genitori hanno fatto ricorso al Tar e i giudici hanno promossa la ragazzina e ammonito l'atteggiamento tenuto da preside e insegnanti .

Infatti secondo https://www.sardiniapost.it/cronaca/ trovate qui l'articolo completo


Il Tar della Sardegna ha promosso in terza media una 12enne che quest’anno, per colpa dei bulli che la prendevano in giro, è mancata da scuola tanti giorni. Per via delle assenze i professori hanno deciso di bocciarla, “ma senza una motivazione adeguata“, malgrado un primo quadrimestre con la media del 9. I genitori della ragazzina hanno quindi fatto ricorso al Tar: i giudici amministrativi hanno dato ragione alla studentessa che ha ricevuto più di 300 messaggi vessatori e persecutori. Adesso la scuola deve obbligatoriamente rifare gli scrutini tra 15 giorni. La sentenza è stata emessa ieri sera. La notizia è riportata da L’Unione Sarda. Il provvedimento non ha precedenti nell’Isola.  A ribaltare la decisione dei prof è stato il collegio presieduto dal giudice Marco Buricelli (a latere Oscar Marongiu e Tito Aru, estensore della sentenza). La 12enne e la sua famiglia hanno presentato ricorso al Tar per il tramite degli avvocati Salvatore Dettori e Ivana Felicetti, entrambi del foro di Roma.

La  cosa  strana    è  che   sempre  secondo  lo stesso giornale  “Il percorso dell’alunna negli anni precedenti a quest’ultimo è stato ineccepibile – è scritto nella sentenza -: ha sempre ottenuto ottime votazioni e valutazioni di merito molto positive”. Con l’inizio degli episodi di bullismo la mamma aveva anche inviato a qualche insegnante una parte degli oltre 300 messaggi persecutori e vessatori che avevano creato alla bambina “disagi nelle relazioni e conseguenti malesseri fisici e psichici”. Tutto sottovalutato dai docenti.
La  cosa  che  dovrebbe lasciare    dubbiosi  è che   il   giudice del Tar Sardegna hanno ribaltato il verdetto dei prof per “si rivela illegittimo per difetto di motivazione». Più precisamente, il Tribunale amministrativo ha ritenuto che la scuola avrebbe dovuto dare una seconda chance alla ragazzina, visto che le assenze non erano conseguenza di un preciso contesto scolastico di disagio di cui gli stessi docenti vanno considerati responsabili. Peraltro, la ragazzina “aveva ottenuto nel primo quadrimestre un risultato scolastico “ben oltre la media necessaria per la promozione”.
I genitori sostengono che l'istituzione scolastica e gli insegnanti non siano intervenuti per contrastare gli atti di bullismo. Purtroppo spesso gli insegnanti ( almeno da quel che mi raccontano amici ed amici d'amici e mia zia prima della pensione ) si troviamo con le mani legate e rischiano a loro volta l'incolumità personale da parte dei bulli stessi . Infatti molto spesso da quello che leggo nelle cronache e da quel che sento i genitori dei cosiddetti "bulli" non sono diversi dai figli. Infatti : << Molti la pensano come il tipo che raccomanda ai genitori di crescere leoni e non agnelli. >> ( cit il  mio contatto   fb   Silvanla Porcu
Come si dice in sardo: "unu matzone, non faghet anzone...".
Ecco la risposta all'aumento della violenza di genere e nei femminicidi ( non sono solo omicidi ed aggressioni ) nei ragazzini . Intervenire nelle scuole e nelle famiglie . Prima che non ci sia più niente da fare . siamo ad un emergenza educativa e sociale . Quindi cari insegnanti , presidi \ direttori scolastici, genitori che ancora hanno un barlume critico ed etico , non aspettate che sia lo stato tanto non lo farà mai , visto che ha tutto l'interesse proprio, come per tenerci ignoranti ed assoggettati proprio come

«Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
   Sette ai Principi dei Nani nelle loro rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
   Uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende.
   Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
   Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli.
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende.»

il signore degli anelli  


provvedete voi inserendo nelle lezioni elementi di legalità e non violenza . con questo è tutto

16.9.22

Sorelle e fratelli d'Italia. Così sui diritti lo sport supera la politica


repubblica   16 SETTEMBRE 2022 ALLE 09:05 


Sono più di un milione, hanno meno di 18 anni, e anche se nati qui per la legge restano degli stranieri. Tranne in un caso: quando mettono le scarpette e corrono più veloci degli altri. Inchiesta
  
                                               di Angelo Carotenuto

L'ultima cosa di cui avevano bisogno, era che diventassero materia di campagna elettorale, una polpa nel mercato dei voti. La penultima è che di loro non si parli affatto. Sono i teenager che finiscono dentro una formula, lo ius soli, lo ius scholae, c'è sempre uno ius qualcosa sulla carta, solo la carta che le rende italiane e italiani non c'è mai. Sono le nostre figlie o le loro compagne di classe, sono i nostri vicini di casa, si spogliano in piscina e in palestra sulla panca accanto. Qualche volta suonano la chitarra nelle nostre parrocchie, in qualche altro caso hanno dato un nome diverso a Dio. Parlano con l'accento di uno
Le azzurre della staffetta 4x100 che ha conquistato il bronzo agli ultimi Europei di atletica.
 Da sinistra: Zaynab Dosso, Anna Bongiorni, Dalia Kaddari e Alessia Pavese. 
Getty Images for European Athle


dei nostri dialetti, studiano sugli stessi testi comprati nelle stesse librerie. Hanno passioni e sogni uguali. Ma sono fantasmi.
Più di un milione di loro sotto i 18 anni abita nel nostro Paese senza cittadinanza, circa l'11 per cento del totale della popolazione in quella fascia d'età. Tre su quattro sono nati qui. Secondo il report Istat dell'ottobre 2021 sono concentrati per il 73 per cento in sei regioni: Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Lazio e Toscana. Nella sola Lombardia risiede un quarto di loro. Non possono andare a studiare all'estero, compiranno 18 anni senza la certezza di avere diritto al voto. Tecnicamente: degli stranieri. Nella sostanza: degli invisibili. Tranne in un caso. Quando mettono un paio di scarpette e corrono più veloci degli altri, quando schiacciano la palla più forte saltando a tre metri d'altezza sopra la rete, quando con i guantoni, dentro le corde di un ring, danzano e picchiano, picchiano e danzano.
Lo sport è quel settore della società che riconosce i minori nati in Italia come italiani, prima ancora che abbiano preso il passaporto. La politica è stata messa dinanzi al fatto compiuto. Nel gennaio 2016 il Parlamento è stato spinto a riconoscere con una legge ciò che esisteva già, "le disposizioni per favorire l'integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia, mediante l'ammissione nelle società sportive". Questa specie di ius sportis consente di essere tesserati dall'età di 10 anni con le stesse procedure previste per i cittadini italiani. Non permette ancora di vestire una maglia azzurra: sono i regolamenti internazionali a negarlo. Ma quando finalmente arriva insieme al passaporto, il principio coltivato dall'Italia della mescolanza diventa abbagliante.
Sentiamo ancora la necessità di dare a questa società che muta un nome che operi un distinguo, ma facciamo fatica a trovarlo. Li chiamiamo italiani di seconda generazione, la formula sulla quale già 25 anni fa rifletteva Tahar Ben Jelloun nel suo libro Nadia, scrivendo a proposito della Francia: "Non siamo immigrati. Non abbiamo fatto il viaggio. Non abbiamo attraversato il Mediterraneo. Siamo nati qui, su questa terra, con facce da arabi, in periferie abitate da arabi, con problemi da arabi e un avvenire da arabi. Siamo figli di città in transito; siamo qui a chiederci cosa ci stiamo a fare".

Yeman Crippa, nato in Etiopia nel ’96, nel 2001 è stato adottato da una coppia milanese. Agli Europei ha vinto l’oro nei 10 mila metri. Matthias Hangst/Getty Images


Agli ultimi Europei di atletica leggera, un terzo della squadra apparteneva a questa nuova Italia che chiede di veder cancellati aggettivi e specificazioni. Yeman Crippa, oro sui 10 mila metri, è stato adottato in un orfanotrofio etiope, con fratelli e cugini, da una famiglia milanese. Sul podio dei 3 mila siepi, secondo e terzo, sono saliti Ahmed Abdelwahed (che però pochi giorni fa è risultato positivo al test antidoping effettuato proprio durante la manifestazione) e Osama Zoghlami, il primo romano, famiglia egiziana, il secondo nato con il gemello Ala in Tunisia, giunto in Sicilia a due anni con i suoi. La staffetta di bronzo ha avuto le sue colonne in Zaynab Dosso e Dalia Kaddari, una nata in Costa d'Avorio, arrivata in Emilia per ricongiungimento familiare, l'altra sarda, con un papà di origini marocchine. A Emanuela Audisio che lo intervistava a metà agosto per Repubblica, il direttore tecnico Antonio La Torre diceva: "Ormai colore della pelle e origini diverse non dovrebbero più fare notizia. Mi auguro che sarà così anche dopo le elezioni. L'atletica mi sembra lo sport che più accoglie, molti Paesi si sono mossi prima di noi, ma ora anche l'Italia è squadra integrata".

Ahmed Abdelwahed (a sinistra) e Osama Zoghlami, argento e bronzo europei nei 3000 siepi. Matthias Hangst/Getty Images



Nei posti dove le cose accadono con naturalezza, succede che alla fine vinca l'ovvietà. Quattro anni fa, la staffetta 4x400 di Maria Benedicta Chigbolu, Ayomide Folorunso, Raphaela Lukudo e Libania Grenot si mise in posa con la bandiera tricolore dopo l'oro vinto ai Giochi del Mediterraneo. Era il giorno del raduno leghista di Pontida. Mentre venivano un po' strattonate per la canottiera come simbolo dell'Italia multirazziale, il compagno di squadra Filippo Tortu disse. "Sono tutte nere? Non ci avevo fatto caso". In genere ci fa più caso chi le barriere le alza. Bruno Barba, antropologo, ultimo libro Il corpo, il rito, il mito (Einaudi, 2021), dice che "l'identità è spesso una finzione, una costruzione strumentale, opportunistica. Ne abbiamo bisogno, ma andrebbe vissuta con la consapevolezza che non è immobile né inequivocabile. Segue le tracce delle nostre storie, nelle quali la cultura agisce più del dna. Non si fa che parlare di sport come metafora della vita e specchio della società. Sarebbe il momento di dimostrarlo. I successi dei nuovi italiani non fanno che indicare come la società vada verso una profonda ibridazione. Qualunque tipo di pensiero opposto è destinato al fallimento. Parlo da antropologo, ma su questo aspetto dovrebbe riflettere la politica. Il mondo è andato avanti grazie al contatto e alla mescolanza, alla parola 'meticciato' che mi sta a cuore. Ci stupiamo di un cambiamento che è invece il timbro dell'umanità e dell'Italia stessa, mediterranea. Le giovani generazioni sono più pronte delle precedenti a sintonizzarsi su certi principi, la tanto criticata scuola rende tali contesti fruibili ogni giorno".

Paola Egonu, opposto della Nazionale di volley, nata in Italia da genitori nigeriani. Toru Hanai/Getty Images



Gli sport più presenti nelle scuole sono quelli in cui l'Italia della mescolanza è più spiccata. Con una serie di progetti negli istituti di elementari e medie, la Federazione hockey ha offerto un terreno d'incontro per le figlie degli immigrati d'area asiatica e le figlie di italiani. La Nazionale femminile se ne sta giovando. Il tennis invece fa più fatica a uscire dalla condizione e dalla percezione di sport d'élite. Vive un suo boom di risultati e di popolarità, ma non ha ancora sfondato quella porta.
La prima federazione a intuire dove si potesse arrivare, fu quella di pugilato. Alberto Brasca, suo presidente tra 2013 e 2016, racconta: "Non siamo più lo sport del sottoproletariato tradizionale, le palestre sono frequentate a livello amatoriale anche da studenti universitari. Tuttavia non siamo il golf. Restiamo un polo di inclusione nelle periferie e nelle aree del degrado. Quando ero assessore allo Sport a Firenze, si faceva fatica a mandare i figli dei residenti nei campi rom a giocare in una squadra di calcio o in piscina. I genitori degli altri ragazzini resistevano. Le palestre erano gli unici luoghi in cui invece venivano accettati. Questa vocazione all'accoglienza ci fece deliberare in Federazione il via libera al tesseramento come italiani per gli stranieri sotto i 16 anni, con certificato di residenza". La boxe è stato così il primo sport ad avere per campioni d'Italia degli italiani senza passaporto.
La pioniera fu Dorota Kusiak, polacca, titolo nella categoria dei 57 kg, arrivata alla Costantino Boxe di Ferrara da minorenne, per seguire i genitori che cercavano un lavoro in Italia. Oggi ha la cittadinanza, ma vive qualche imbarazzo a parlare del tema. È diventata assessora alla Pubblica istruzione e alle Politiche familiari in quota Lega. "Ho vinto un titolo italiano nel 2014" dice. "Grazie a una apertura della Federazione verso atleti non cittadini italiani. Ciò premesso, ritengo che un conto sia lo sport un altro la cittadinanza italiana, un tema assai più ampio. E lo dico a ragion veduta: per anni sono stata in Italia senza esserne cittadina, ho frequentato le scuole, avuto accesso ai servizi, non mi sono mai sentita discriminata. Ritengo giusto che si possa accedere alla cittadinanza dopo un percorso che culmina nella maggiore età, un percorso consapevole, con i tempi necessari per acquisire piena coscienza di ciò che vuol dire essere cittadini di un Paese, tra diritti e doveri".
La prossima settimana inizia il suo cammino ai Mondiali la Nazionale femminile di pallavolo, la squadra azzurra più aperta alla contemporaneità. In una ricerca dello scorso anno a cura dell'Istat, dal titolo Identità e percorsi di integrazione delle seconde generazioni in Italia, emergeva la centralità di bagher e schiacciate tra le figlie degli immigrati, come strumento di espressione di sé e di inclusione. Si gioca a pallavolo per appartenere, mentre tra i maschi i numeri segnalano un legame che rimane stretto con gli sport dalle radici familiari: i ragazzi della comunità albanese giocano a calcio, i filippini e i cinesi a basket, dall'Europa dell'Est scelgono sport di combattimento.
L'Italia con più figlie dell'immigrazione, sotto rete, è già campione d'Europa. Sono così avanti, beate loro, che si sono stufate di parlarne

15.9.22

impressioni di settembre

 finalmente  dopo   tanto caldo quasi si sente il soffio del vento in seno alle chiome degli alberi  e la  mia  malinconia   che  ogni tanto  si trasforma  il melanconia  (  vedere   i post  della  triologia    :   anche la  malinconia può essere  preziosa  )    viene  porta via  e  finisce  nel  vento  



 Settembre

Già l’olea fragrante nei giardini

d’amarezza ci punge: il lago un poco

si ritira da noi, scopre una spiaggia

d’aride cose,

di remi infranti, di reti strappate.

E il vento che illumina le vigne

già volge ai giorni fermi queste plaghe

da una dubbiosa brulicante estate.

Nella morte già certa

cammineremo con più coraggio,

andremo a lento guado coi cani

nell’onda che rotola minuta.


     Vittorio Sereni // Maxime Maufra

la polizia dello stato italiano dovrebbe garantire la tranquillità il caso Hasib Omerovic di primavalle


 Ceri fatti     sono  impossibili   da commentare   a   freddo e quindi  si commentano a  caldo    . Soprattutto    quango essi sono legati a certe immagini . Davanti a tali fatti  , ovvero l'ennesimo abuso perpetrato ,  ovviamente    senza  generalizzare  perchè all'interno delle  amate  \  odiate     forze  dell'ordine   ci  sono  oltre  i prepotenti   ,  frustrati  , arroganti  , sadici  , ecc   anche     se  nascosti  e  nell'ombra  dell'ubbidir  tacendo 

delle   brave ed  rispettabilissime  persone , da  coloro  che  dovrebbero  tutelarci  e garantire la legalità  .   Come  Giustamente    fa  notare  il gruppo  

Ma che solerzia le FDO! Se le donne vanno in caserma a denunciare - anche più volte - finiscono comunque [ per essere sminuite derise , insultate , le i documenti che portano diffusi in rete o scambiate sui cellulari fra gli stessi che dovrebbero raccogliere la denuncia e tutelarti ] e i disagi aumentano morte ammazzate, però basta un post su un gruppo Facebook di quartiere (forse
“Sei di Primavalle se…” gruppo privato con circa 2400 iscrizioni) per far scattare un controllo preventivo.
Viene il dubbio che la chiacchiera di quartiere che coinvolge una persona ROM, quindi percepita come straniera, venga presa più seriamente di quanto accada appunto alle donne che si presentano in Commissariato magari anche col referto di Pronto Soccorso, così come le denunce per aggressioni a sfondo omofobico non vengono registrate come tali, andando a incidere sul procedimento ma anche sui dati OSCAD. (...)  

Fa comunque acqua da tutte le parti questa versione riportata dalla maggioranza dei quotidiani, tanto da sembrare suggerita dalla Procura. Infatti la stessa procura conferma di non aver dato mandato quindi sarebbe iniziativa del tutto personale dei poliziotti, che più che altro sembrano andati in missione punitiva. Infatti non si capisce perché la Procura non abbia dato regolare mandato se ritiene regolare andare a fare un controllo preventivo, quand’anche in presenza solamente di un post su un gruppo Facebook ( mi pare sei di primavalle se..... ) poi stranamente rimosso, non --- a quanto riporta https://amp.today.it/cronaca/hasib-omerovic-roma-primavalle.html --- dopo la caduta del giovane a luglio, ma solo a fine agosto, quando erano in corso le indagini sul drammatico volo dalla finestra. Qualcuno avvisò dell'inchiesta in corso la donna che aveva scritto il post? Chi?

Il gatto gioca con il topo, ma non per mangiarlo: la scena da cartone animato per le strade di Ostuni

 

Il gatto gioca con il topo, ma non per mangiarlo: la scena da cartone animato per le strade di Ostuni

Si dice proprio “giocare a fare il gatto col topo”. Una scenetta da cartone animato è quella che si è presentata davanti agli occhi della signora Nina Saponaro che, con il suo smartphone, non ha perso l’occasione di registrarla. Un bel micio maschio, adottato da una famiglia del posto, gioca amabilmente con un topolino e non pare proprio aver voglia di mangiarlo. I due si scambiano pacche (con le zampe…)

e saltellano allegramente fino ad allontanarsi dalla vista degli umani. In perfetta armonia. A raccontare della “bontà d’animo” di Chicco – questo è il nome del gatto - è proprio l’autrice del video: “Chicco ha un anno e mezzo – spiega la signora Nina – ed è stato portato fino all’uscio di casa di mia zia, che l’ha adottato, da mamma gatta. Noi lo accudiamo sin da quando è arrivato”. Ma il micio gioca col topo perché è solo e non ha amici felini, per la sua indole pacifica o ha solo la pancia piena da gattone benestante? Non è dato saperlo ma la scena girata in via Cattedrale, nel centro storico di Ostuni, fa pensare a quelle dei cartoni animati dove cani, gatti e topi se le danno di santa ragione ma, come veri attori, senza mai farsi troppo male