24.9.22

il burqua oppressione del corpo femminile e delle donne


  a chi   ancora   continua  a definirmi  pro islamico  perchè   tempo  fa  riportai   un  articolo sul velo  e  sul perchè molti  lo  considerano libertà      riporto qui   un  bellissimo post   ed  un interessante   dialogo   
del mio  contatto  fb   Casimira Furlani in  cui  spiega   agli  islamofobici   ed  ignoranti   la  differenza   cosa  che loro ignorano o fanno finta  d'ignorare    fra  il velo   ed il burqa  .  



Questa foto mi ha fatto venire un magone che non so dire e una rabbia infinita verso la prepotenza maschile


  • Maria Piredda
    Già, ma se anche le donne mussulmane più intellettuali dicono che è Allah, attraverso il Corano parola di Dio, che ha detto di portare il velo...
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    • Leonia Biasutti
      Maria Piredda sono musulmana non presumo di essere intellettuale ma neanche una capra e potrei dirle che prima di tutto nel Corano non è prescritto di coprire il viso, quella del velo è una prescrizione non un obbligo nel senso che non è scritto "se non indossi il velo ti attende l inferno" ma solo consiglia alle credenti di indossarlo per dimostrare maggiormente la loro fede poi ci sarebbe la questione che all epoca del profeta Mohammed le donne rischiavano costantemente violenze e rapimenti quindi c era nel velo una funzione protettiva. Purtroppo dietro l imposizione di hijab, chador, burqa, niqab in modo maniacale e rigoroso ci stanno le tradizioni culturali che nulla hanno a che fare con la religione ed il patriarcato che vuole il corpo della donna nascosto così come la sua volontà e libertà e purtroppo questo non accade solo nell Islam
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    • Maria Piredda
      Leonia, grazie per la sua risposta che ci mette in contatto. Non posso riportare il nome della teologa che ha fatto questa affermazione perché non fatta in ambito pubblico ma le assicuro che l'ha fatta. Ora, le dico con sincerità che sino a qualche decennio fa anch'io pensavo che la Bibbia fosse più o meno parola di Dio. da tanto tempo penso che un tale pensiero sia assurdo. Certo c'è una umanità che alle volte è illuminata ma non esiste nessun assoluto. L'affermazione 'parola di Dio' è talmente obbligante che taglia fuori qualsiasi nostro pensiero. Invece siamo liberi di cercare tenendo presenti le realtà Altre che vanno oltre noi...
      Certo non solo l'islam tiene la donna in una posizione di inferiorità. Nel cattolicesimo la donna non può accedere al sacerdozio e questo denota ancora discrimine ma, mi scusi, il chador, per me donna, è un pugno nello stomaco. Con amicizia
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    • Leonia Biasutti
      Maria Piredda da persona religiosa prima cattolica poi musulmana ho sempre pensato che se Dio ci ha fornito di intelletto e possibilità di scelta sia per usarli non per farsi schiacciare da regole e leggi che poco c' entrano con la fede, non voglio certo criticare una mia, sorella nell' Islam ma se questa teologa ha negato la possibilità decisionale di indossare o meno il velo probabilmente è di idee troppo rigide ed eccessive
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    • Maria Rosa Filippone
      Leonia BiasuttiDio è una proiezione umana!Non ha mai detto nulla,perché essendo appunto una proiezione umana,in verità siamo noi che parliamo,scriviamo e ,purtroppo,sentenziamo facendo passare per verità insindacabili le nostre opinioni,interpretazioni che hanno lo scopo di rassicurarci in un mondo,in un pianeta nel quale siamo state,stati catapultate,catapultati al momento della nascita
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    • Leonia Biasutti
      Maria Rosa Filippone ognuno ha le proprie idee in fatto di religione personalmente ho un enorme rispetto verso chi non crede ma nello stesso tempo lo chiedo verso la mia fede, non amo fare prediche per convincere il prossimo che la mia credenza sia la migliore come non mi piace ascoltarne si può dialogare serenamente accettando la diversità senza pretendere di convincere
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  • Casimira Furlani
    Il Corano io l'ho letto e non impone affatto alle donne di portare il burqa coprendosi dalla testa ai piedi, sempre, ogni giorno. Questa è una imposizione maschile con punizioni severe per le disobbedienti. Portare il velo coprendosi il capo ha diverse tradizioni in oriente come in occidente, ma non col significato di sottomissione religiosa e sociale imposta per il possesso e il controllo femminile in tutti gli ambiti. E c'è una enorme differenza con il Nuovo Testamento cristiano, dove si dice che la donna deve coprirsi il capo (1 Corinzi 1-16). Per molto tempo le donne cattoliche che vanno in chiesa si sono coperte il capo con un velo. Anch'io da bambina l'ho fatto. Tutto questo però riguarda il campo religioso non quello civile. Il guaio è che l'Islam non distingue nè separa il religioso dal civile, anzi, i capi religiosi sono spesso anche capi civili, sempre tutti maschi che impongono leggi civili e morali a loro piacere e discernimento per mantenere un potere esclusivo e assoluto.





quindi cari islamofobici prima di sparare ... informatevi e provate a dialogare perchè l'apporto obbiettivo \ a 360 gradi può essere arricchimento per l’intera comunità, a patto che sapremo ascoltarli o  leggere  i  loro scritti  cosa   si fà  molto       spesso   superficialmente ed  a senso unico  

23.9.22

Chiamare le cose col proprio nome di Daniela Tuscano con @_davide_1980 -Dawidh Melek Attesti

 



Provo gratitudine per l'autore del post. La schiettezza è indispensabile come la Parola sacra: sia il vostro dire sì, sì; no, no. Il di più viene dal #Maligno.
Quel Maligno che spesso, troppo spesso, abbiamo ridotto ad astrazione, teoria, metafora e simbolo, e che invece è realtà concreta, tangibile e opera in mezzo a noi, tramite noi.
Il Maligno è desueto perché eterno. Un'eternità che si cala nella storia e l'inquina. Un male che si traveste di bene. Guerra di religione. Sembra un concetto remoto, da manuali scolastici. No. È una tentazione di sempre, legata al potere (quindi all'uomo-maschio che si fa Dio). Liberare per sempre la religione dalla lussuria di questo potere, dalla satrapia della violenza, dall'ubriacatura della cupidigia. Liberarla dagli uomini feroci che la tradiscono a morte. Questo, oggi, è il compito irrinunciabile. E spetta in particolar modo alle donne.

20.9.22

Giuseppe Sartorio il mariorana sardo

nuova sardegna del 20\9\2022

 Sassari
Il caffè è pronto e un cameriere lo va quindi a chiamare. Prima uno sguardo in sala da pranzo, poi una occhiata direttamente in cabina. Ma niente da fare: Giuseppe Sartorio non si trova. Svanito nel nulla a bordo del piroscafo che collega Terranova [l'attuale  Olbia ]  con Civitavecchia. È l’alba del 20 settembre 1922 e l’uomo che ha scolpito centinaia di tombe e monumenti in tutta Italia è appena diventato un fantasma. Le ipotesi sono tre: disgrazia, suicidio o delitto. Nessuno lo saprà mai. Ma quel che è certo è che proprio lui, genio indiscusso dell’arte funeraria tanto da essere chiamato il Michelangelo dei morti, dentro una tomba alla fine non c’è mai finito. Restano però le sue opere. Tantissime. Solo nel cimitero di Sassari se ne contano un centinaio. E poi naturalmente il suo lavoro per eccellenza, il più famoso da queste parti: la statua di Vittorio Emanuele II che dal 1899 domina con sguardo severo il centro di piazza d’Italia. Lo scultore Nato nel 1854 a Boccioleto, in Piemonte, Giuseppe Sartorio scolpì busti, statue, lapidi e altari. E arrivò in Sardegna quasi per caso, dopo gli studi
e i primi lavori tra Torino e Roma, quando vinse un concorso per la realizzazione di un monumento da dedicare a Quintino Sella, a Iglesias. «L’isola conobbe così l’arte di Sartorio. Ben presto aprì quindi un laboratorio a Cagliari e un altro ancora a Sassari. Aveva anche molti allievi» racconta Fabrizio Vanali, sassarese, appassionato di storia e grande conoscitore dell’arte di Sartorio, al quale ha anche dedicato una pagina Facebook che conta più di 1300 iscritti. «I suoi monumenti sono molto realistici – spiega Vanali –. Sono veri, nei lineamenti e in particolare negli occhi, e quando li fissi sembra quasi che ti parlino. Per questo mi piace la sua arte. Un’arte che ha raccontato e che continua a raccontare la vita di molte persone». Le sculture di Sartorio e dei suoi allievi – monumenti dedicati a personaggi illustri e tantissime tombe – si trovano un po’ dappertutto. Da Cagliari a Iglesias, da Ozieri a Oschiri, da Ittireddu a Pattada, da Nuoro a Oristano, da Ploaghe a Porto Torres. E poi Sassari, dove il cimitero monumentale

è pieno zeppo di scuture firmate  Sartorio .Basta pensare alla tomba del tipografo Giuseppe Dessì, a forma di piramide, o a quella del giovane Andreino Guidetti, scolpito in divisa all’interno di un sarcofago con il coperchio spostato. «Nel nostro cimitero si contano circa cento tombe realizzate da lui – prosegue Vanali –. E altre opere si trovano all’interno di diversi palazzi, come nel vecchio ospedale civile di piazza Fiume, nel palazzo della provincia, a palazzo ducale, nell’ospizio di San Pietro». E poi c’è la statua di piazza d’Italia, quella che ritrae Vittorio Emanuele II di Savoia. Per l’occasione Sartorio lavorò su un enorme blocco di marmo arrivato da Carrara, il più grande mai trasportato in Sardegna. All’inaugurazione della statua, nel 1899, parteciparono anche il re Umberto I e la regina Margherita. E
proprio per salutare i reali, Sassari organizzò una grande sfilata di costumi sardi. Fu la prima edizione – se si esclude quella del 1711 – della Cavalcata sarda. Il mistero della morte Celebre in tutta Italia, Sartorio fece perdere le sue tracce a 68 anni nella notte tra il 19 e il 20 settembre 1922, cento anni fa esatti, a bordo del piroscafo Tocra, tra il porto di Terranova, l’attuale Olbia, e quello di Civitavecchia. È certo che si imbarcò, ma la mattina del 20 non venne trovato da nessuna parte. Come ha ricostruito alcuni anni fa nella sua tesi anche Carolina Onnis, ex studentessa dell’Accademia di Sassari, le piste d’indagine furono tre. Forse suicidio, visto che Sartorio aveva da poco perso la moglie. O magari una disgrazia, considerato che lo scultore soffriva di una sindrome vertiginosa che avrebbe potuto fargli perdere l’equilibrio. Oppure un delitto a scopo di rapina, visto che il suo portafoglio non fu mai ritrovato

Chiede al tatuatore di disegnare una rosa sul collo del figlio 15enne: “Ce l’hanno tutti gli amici”. Lui si rifiuta (e diventa virale su TikTok)

 Premetto che  non sono tipo da  tatuaggi ( paura  , allergie  ,  carattere  contradditorio  ,  non mi piace fossilizzarmi  sulle cose  , cerco sempre  un  centro d gravità permanente  , ecc  )   anche  se  certi li reputo bellissimi     vere  opere  d'arte    .  Non mi piace  l'abuso , il doverselo  fare  a tutti  i costi     come   il caso che trovate  sotto   e  l'abuso   che  se ne  fa  . Infatti  leggendo     questa  notizia  



La mamma di un ragazzo di 15 anni entra in un negozio di tattoo per prendere appuntamento per il figlio ma l'artista le dice di no: "Se tuo figlio come primo tatuaggio vuole una rosa sul collo io mi domanderei il motivo. Che complessi ha? Che messaggio vuole mandare?". E intanto la clip ( Vedi il video su Tik Tok   ) è diventata virale sulla piattaforma omonima ed non solo , anche se qualcuno tuona: "Tutto fatto apposta"


 Io  sto con Claudio Gulia   , il tatuatore  ,  perchè il vero tatuaggio  soprattutto quando  è il primo  dev'essere  spontaneo  e   non imposto da mode  ed  omologazione  ( ce  l'hanno tutti  ) . Ma  soprattutto  un  genitore    dovrebbe   finchè è possibile  resistere    alle pressioni ,  acritiche  in particolare  ,  de figli   e  spiegarli  che  non lo deve  fare  per  farsi accettare   o  perchè   cl'hanno tutti . Infatti lo Stesso claudio    lo fa  capire      in questa  intervista



  e ne  nel  video   che   sono riuscito  a trovare     ed  incorporare

 


Rifiuta di tatuare il collo a un 15enne: "La legge dice che posso farlo, ma io non voglio"
"Signora, non è una questione di acconto. Suo figlio non ha ancora compiuto 16 anni quindi il tatuaggio sul collo non glielo posso fare". Cristiano Gulia, tatuatore di Sora (Frosinone), si è rifiutato di tatuare una rosa sul collo di un minorenne registrando l'episodio e poi pubblicandolo sul suo profilo social. Nel video Gulia parla con una donna (di cui si sente solo la voce) che si presenta come la madre del ragazzo . "Come mai è venuta lei qui e non suo figlio di persona?", chiede poi l'artista. "Perché mi ha chiesto di venire da parte sua", ha risposto la mamma dell’'adolescente. "Allora dica a suo figlio che i tatuaggi si fanno in due, può essere un buon inizio se viene anche lui la prossima volta a chiedere", risponde il tatuatore. "Lo scopo di quel video - ha spiegato Gulia successivamente - era spiegare che l'etica di un buon tatuatore prevede di non tatuare mani, faccia e collo a un minorenne. Se la legge mi consente di farlo, non significa che io debba farlo. Ho rifiutato il lavoro perché, al di là di quello che dice la legge italiana, un tatuatore che si rispetti davanti a un minorenne al suo primo tatuaggio, non pensa semplicemente al tutto e subito, ai soldi e ad assecondare qualsiasi sua voglia, ma lo prende per mano e lo accompagna nel mondo meraviglioso dell’'arte che un tatuatore vero rappresenta".


complimenti per la serietà e l'etica professionale che esprime Il gulia Il fatto che l'ha reso pubblico denota come è perché il mondo sta andando a rotoli; ora i genitori , la maggior parte , non pensano più al benessere dei figli ma solo alle apparenze !

LE ANIME BELLE ESISTONO E RESISTONO ... Lei si chiama Chiara Trevisan, ha 46 anni e di mestiere legge libri agli sconosciuti.

  da   Mauro Domenico Bufi    21 dicembre alle ore 11:05   il suo carretto carico di libri, frasi, parole, storie. In testa un buffo cappell...