Ci sono i Mondiali di calcio, in Qatar. Per la prima volta nella storia di questa competizione, si disputano durante il nostro inverno. Sono Mondiali fuori stagione, come se festeggiassimo il Natale a Ferragosto.
Questo Mondiale ci è estraneo. Perché non c’è l’estate, perché non c’è l’Italia e perché il Qatar è un Paese estraneo al nostro modo di essere, ai nostri principi, ai nostri valori democratici. La fascia “one love” contro ogni discriminazione a sostegno dei diritti Lgbtq+ è stata proibita dalla Fifa. La stessa Fifa che aveva assegnato i Mondiali al Qatar sin dal 2009: nel 2018 alla Russia e nel 2022 al Qatar. Ma noi tutti dello scarso livello di democrazia degli uni e degli altri ci siamo accorti solo di recente. Il Qatar è una specie di monarchia assoluta, un emirato retto dalla stessa famiglia che governa da un centinaio di anni. È in vigore la sharia, la legge islamica, e sono molto infastiditi se le troupe televisive filmano per strada senza autorizzazione. Il cosiddetto ambasciatore dei Mondiali Khalid Salman ha dichiarato che gli omosessuali sono malati mentali e che tutti devono attenersi alle leggi locali. Quelle che per esempio puniscono l’adulterio.
LA GERMANIA PRENDE POSIZIONE Doha, 23 novembre. I giocatori della Nazionale tedesca si coprono la bocca con la mano nella foto di rito prima della partita con il Giappone, per protestare contro la Fifa che ha vietato di indossare la fascia di capitano "one love", contro le discriminazioni.
Nel costruire strutture e infrastrutture per questi Mondiali si stima che siano morti più di 6.500 operai, per lo più provenienti dall’Asia e dall’Africa.
Molte star internazionali hanno rifiutato di esibirsi in Qatar proprio per denunciare la violazione dei diritti umani ma molte aziende di quel mondo che i diritti umani rispetta, continuano o hanno ampliato i loro affari col Qatar.
Perché una regola condivisa effettivamente c’è ed è quella del denaro. Che ha prevalso e che prevale su tutte le altre e che a oggi è la sola regola universalmente riconosciuta e che precede ogni diritto.
Hanno vinto le leggi economiche su tutto il resto e tutto si può vendere e comprare. Compreso l’indignazione, il senso di giustizia e di umanità. Figurarsi dunque se non si poteva “comprare” la possibilità di disputare un Campionato del mondo in inverno. E per quanto qualcuno si possa risentire, il fatto che l’Italia sia stata esclusa da questo Mondiale ci solleva se non altro dall’obbligo di seguirlo e di sicuro di appassionarcisi.
Per quel che conta tifo Iran, la Nazionale che con grande coraggio alla prima partita non ha cantato il proprio inno rimanendo in silenzio per costringere tutti noi, finalmente, a parlare.
Si dice: non lasciare la strada vecchia per una nuova, come forma rassicurante, ma poco consapevole. L' abitudine diventa normalità ripetitiva e automatica. Potrebbe trasformarsi in creatività ed esperienza nuova, mancata alla propria crescita. Abbiamo tutti la nostra zona confort che può essere indice di
passività, ma comunque personale. Secondo me bisogna essere critici, ed autocritici su questa frase.
Ad un estremo, con "ABBIAMO SEMPRE FATTO COSI'" finirebbe col non cambiare mai niente. In ufficio staremmo ancora con le macchine da scrivere.
All' estremo opposto però, c' è l' obsolescenza programmata di tutto - strumenti e lavoratori; c' è un eterno clima di trasloco che danneggia la produttività e il servizio ai cittadini. Infatti come dice Anna-Maria Sandri [...] Guardate la Sanità. Non dico che dovesse rimanere come nell' Ottocento, si capisce. Ma chiunque abbia accompagnato un paziente in pronto soccorso, o in semi-intensiva, avrà notato che gli infermieri stanno più chini sul computer che sul paziente. E non è colpa loro, devono fare così.
Se col pensiero avete da misurare il tempo in stagioni, fate allora che ciascuna stagione cinga tutte le altre, E che il presente abbracci il passato con il ricordo e il futuro con l’ardente desiderio.
Kahlil Gibran, Il profeta
Una delle trappole in cui sono caduta è stata quella di identificarmi col passato. Ho creduto di essere i miei errori, i miei sbagli, le occasioni perse identificandomi con tutto questo nel momento presente, senza capire che la me stessa del presente non era quella del passato. Quella che sono oggi, con i miei progetti e le mie ambizioni, non corrisponde a quella di ieri. È stato un processo di trasformazione continua, quasi impercettibile, ma la me di oggi ha poco da spartire con la me di ieri. O meglio, la me stessa di ieri è stata la partenza per essere quella che sono oggi, così come quella che sono oggi sarà la partenza per quello che sarò domani. È un concetto semplice, forse anche banale, ma spesso il passato mi ha agganciato trascinandomi in un labirinto senza apparente via di uscita.
E anche il pensiero del futuro è stato un'insidia, identificandomi con un'immagine idealizzata di me, più che reale, tangibile. Sono un essere nuovo ogni giorno; ogni giorno rinasco e cambio continuamente grazie a chi ero, ma non sono più, e progettando chi sarò disposta ad accettare gli imprevisti In continua trasformazione e evoluzione.
Telecronista licenziato ai Mondiali nell’intervallo di una partita: gli è scappato un nome proibito Incredibile vicenda che ha visto coinvolto il telecronista dell televisione di stato turca: dopo l’intervallo non è tornato al microfono, licenziato in tronco.
A cura di Paolo Fiorenza
Immaginate Stefano Bizzotto o Alberto Rimedio impegnati nella telecronaca Rai di una partita ai Mondiali. Tutto tranquillo, niente apparentemente di strano, finisce il primo tempo ma alla ripresa del match la voce è diversa, perché il telecronista che aveva iniziato l'incontro è stato licenziato brutalmente nell'intervallo. Vi sembra uno scenario di un mondo distopico che non potrebbe mai verificarsi nel 2022 sul pianeta Terra? E invece no, visto che è esattamente quello che è accaduto ieri durante Marocco-Canada ai Mondiali in Qatar. La partita, vinta 2-1 da Hakimi e compagni, ha qualificato il sorprendente Marocco come primo, accoppiandolo alla Spagna negli ottavi, mentre la Croazia – arrivata seconda – giocherà col Giappone. Il match tra marocchini e canadesi è stato trasmesso in diretta dalla TV di stato turca, la TRT, che ha i diritti dei Mondiali di calcio. Al microfono c'era Alper Bakircigil: non certo un giornalista inesperto, eppure nel corso del primo tempo della sfida gli è scappato qualcosa che era giornalisticamente inappuntabile, ma conteneva un nome da non pronunciare per nessun motivo in Turchia.
Kanada-Fas maçında TRT spikeri Alpay Bakırcıgil, 4. dakikada gol olması üzerine "Şunu hatırlatmak gerekiyor ki, Dünya Kupası'nın en hızlı golü Hakan Şükür tarafından atılmıştı" dedi.
Devre arası spiker değiştirildi, ikinci yarıyı spiker Cüneyt Kıran sundu.
È accaduto al 4′ di gioco, quando Ziyech ha portato in vantaggio il Marocco. A quel punto il telecronista ha dato la classica pillola statistica, spiegando che il gol più veloce dei Mondiali era stato segnato proprio da un calciatore turco: Hakan Sukur. L'ex bomber del Galatasaray, che abbiamo visto anche in Italia con le maglie di Torino, Inter e Parma, è stato una leggenda della nazionale turca, con numeri da record: secondo per presenze assolute, primo per gol segnati all-time. Il giocatore oggi 51enne è tuttavia caduto in disgrazia qualche anno fa, per il suo sostegno all'opposizione contro il presidente Erdogan. Ostracizzato completamente dal governo del suo Paese, Hakan è stato costretto a fuggire negli Stati Uniti, dove vive tuttora in condizioni meno agiate (ha fatto anche l'autista Uber), dopo che gli è stato tolto tutto. "La mia situazione è difficilissima. Mi hanno tolto ogni cosa, la patria, il lavoro, quasi tutto ciò che ho guadagnato onestamente e che ho sempre investito in Turchia: sarebbe sacro, ma non è più mio – aveva spiegato un anno fa – Erdogan mi aveva chiesto di far parte del suo partito perché così avrebbe avuto più voti e poi, solo perché non condividevo le sue idee e la piega del governo, mi ha trasformato in nemico pubblico. Il mio patrimonio è stato confiscato, i miei familiari perseguitati e discriminati, mio padre arrestato".
Hakan Sukur oggi, esule negli Stati Uniti: in Turchia è un appestato
In quella occasione Hakan aveva aggiunto delle parole profetiche circa quello che è successo ieri a chi ha pronunciato il suo nome in diretta nazionale: "Per molti calciatori turchi che giocano all'estero è semplicemente meglio non schierarsi. Io stesso sono un monito per loro: se si alza la voce o la testa, si fa la mia stessa fine. Se qualcuno prendesse posizione, anche solo parlando di me, non potrebbe un domani tornare a giocare in Turchia perché tutto, dai club alla Federazione, è controllato dal regime". Alper Bakircigil non è un calciatore, ma soltanto pronunciare il nome di Hakan gli è stato fatale. Nell'intervallo di Marocco-Canada, infatti, per il solo fatto di aver detto quella breve frase, il giornalista è stato licenziato in tronco dal canale televisivo.Al suo posto, all'inizio del secondo tempo, c'era infatti un suo collega. L'incredibile e drammatica vicenda è stata confermata nella serata di giovedì dallo stesso Bakircigil sul suo profilo Twitter, salvo poi cancellare l'account per paura di ulteriori ritorsioni delle autorità turche: "Sono stato fatto fuori dalla TRT, dove ho lavorato con orgoglio per molti anni, dopo l'evento che ha avuto luogo oggi. La separazione fa parte dell'amore. Spero di vedervi di nuovo. Arrivederci…".
I tweet cancellati da Alper Bakircigil
E
da repubblica 4\12\2022
Monitor frantumati, arbitri inseguiti, spogliatoi spaccati. In Qatar calciatori scatenati, da Ronaldo che manda platealmente a quel paese il ct del Portogallo che lo ha sostituito fino a Cavani che butta a terra con un cazzotto la tv del Var a bordocampo. Il tutto amplificato dalla rete e dai social network
"Il mondo vi guarda, comportatevi bene". O quanto meno non così male, ecco. Monitor frantumati, arbitri inseguiti, spogliatoi spaccati. I Mondiali sono generosi: al pomeriggio ti offrono nel menù un "campione 37enne che manda platealmente l'allenatore proprio lì", alla sera ti propongono un "doppio gestaccio in salsa svizzero-serba". E poi, se non sei ancora sazio, vai sui social e continui fin quando ne hai voglia.
Uruguay-Ghana: Valverde, Gimenez e Cavani scatenati
Uruguay-Ghana è stata una vera abbuffata sudamericana. Nel primo tempo rigore contestatissimo per gli africani: Jordan Ayew tira, Rochet para e Federico Valverde, fortissimo centrocampista del Real Madrid, bracca l'arbitro Siebert, esultandogli in faccia. Finita la partita con l'eliminazione dell'Uruguay, a cui sarebbe bastato un gol in più per passare agli ottavi, José Gimenez esplode: colpisce con una gomitata alla schiena un collaboratore del direttore di gara, che insegue fino a raggiungerlo nel tunnel degli spogliatoi. I compagni di squadra provano a trattenerlo, ma il difensore è una furia e urla: "Siete una manica di ladroni! Figli di pu***na!", tra cento microfoni che lo ascoltano. Ora rischia fino a 15 turni di squalifica, che potrebbe scontare nel suo club, l'Atletico Madrid.
Lì accanto c'è Edinson Cavani, anche lui chiaramente alterato. Prima rimedia un'ammonizione andando a un centimetro dal viso di Siebert, che effettivamente non gli aveva concesso un evidente rigore qualche minuto prima. Poi, rientrando negli spogliatoi, molla un cazzotto al monitor del Var. La struttura crolla, sfiorando gli addetti allo stadio.
— ?? ???????????????? ???? ???????? (@cartilhaReborn) December 2, 2022
Portogallo-Corea del Sud: Ronaldo insulta il ct Fernando Santos
In contemporanea si gioca Portogallo-Corea del Sud. Portoghesi già qualificati, Fernando Santos fa riposare i titolari, da Ruben Dias a Bruno Fernandes, ma Ronaldono. Lui vuole giocare sempre, anche a 37 anni, e il ct non sa opporsi, come da accuse di stampa e tifosi. La ricompensa? Un bel labiale. L'ormai ex giocatore del Manchester United viene sostituito al 20' del secondo tempo, dopo una partita mediocre, e rivolgendosi verso la panchina sibila: "Estás com uma pressa do caralho para me tirar, foda-se". Traduzione: "Hai una f*** fretta di tirarmi fuori, vaf****". Non solo: finita la gara Ronaldo sostiene che non ce l'aveva con l'allenatore ma con un avversario, che gli metteva fretta per farlo uscire dal campo. E il tecnico si allinea: "È andata proprio così. Tutto perfettamente normale".
Serbia-Svizzera, la partita dei gestacci
Qualche ora dopo Serbia-Svizzera, sfida ad altissima tensione. Granit Xhaka, capitano della Svizzera di famiglia kosovara, non ha gradito quella bandiera del suo Paese d'origine, ammantata di colori serbi, fotografata nello spogliatoio degli avversari.
Risposta non esattamente raffinata: la mano a tenersi i genitali ostentatamente rivolta a Predrag Rajkovic, portiere di riserva della Serbia. Chiaro riferimento alla fake news secondo cui la moglie del numero uno del Maiorca avrebbe avuto una relazione clandestina con Dusan Vlahovic. Anche lo juventino non ha gradito e lo ha dimostrato quando ha segnato: prima si messo l'indice sulla bocca ("State zitti, smettela di criticarmi") e poi anche lui ha fatto scivolare la mano laggiù: un gesto condiviso, in una partita di divisioni.
Argentina-Polonia, Zielinski attacca il ct Michniewicz
Il nervosismo serpeggia anche tra chi ha passato il turno, come i polacchi: ma è stato demerito del Messico, che ha vinto "soltanto" 2-1 sull'Arabia Saudita, più che merito di Lewandowski e compagni, rintanati nella loro area a difendere il 2-0 che stavano subendo dall'Argentina. Obiettivo raggiunto ma il come non è decisamente piaciuto a Piotr Zielinski: "Nel mio Napoli il pallone lo teniamo noi, con i nostri giocatori di altissima qualità. Anche nella Polonia c'è qualità, ma finora non l'abbiamo mostrata: lasciamo l'iniziativa agli avversari e non va bene". Traduzione: "Caro ct Michniewicz, smettila con questo catenaccio, sennò non andiamo da nessuna parte". Belgio, spogliatoio spaccato tra risse sfiorate e giocatori che non si parlano.
Le faide nello spogliatoio del Belgio
Al confronto ne escono come signori i belgi, che hanno sbrigato i loro litigi nello spogliatoio: Vertonghen, Eden Hazard e De Bruyne pronti a venire alle mani, Lukaku che fa da paciere, lo stesso De Bruyne e Courtois - ex migliori amici - che non si parlano da dieci anni, da quando la fidanzata del centrocampista, Caroline Lijnen, lo tradì col portiere. Tutto smentibile, nonostante le voci di dentro. Tutto ovviamente smentito.