Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
15.8.24
Giochi proibiti (e squallidi) sulla pelle degli olimpionici LA PERVERSIONE DEI SOCIAL Mai come a Parigi gli atleti sono finiti vittime di una grottesca sessualizzazione, tra spettatori onanisti e bufale mediatiche
14.8.24
diario di bordo n 72 anno II sul murales imbrattato di dedicato a paola egonu ., imane khelif ha fatto fuoco e fiamme per valentina petrillo non sa cosa dire ., finalmente abbiamo il tormentone estrivo ? io sto con mattarella anche i 4 posti hano portatyo onore all'italia e vanno considerati ., Elisa Di Franciscaha perso un occasione per far dimenticare la sua figura di merda con valetina pliato ed il resto dell'italia
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Non è poi così sorprendente che la canzone "Malavita" dei Coma-Cose dopo mesi dalla pubblicazione sia arrivata al primo posto dei brani più trasmessi in radio. Intanto è una canzone che si merita quel posto perché è un gran bel brano, vicino allo spirito di De André ma non nostalgico e, soprattutto, molto ben arrangiato e interpretato. E poi perché, a metà agosto nel pieno dell'estate, è la conferma che il 2024 passerà alla storia come uno dei rari anni senza un tormentone che diventi il simbolo della stagione. Non c'è una spiegazione precisa del fenomeno. Forse è una coincidenza. Forse è la reazione a un Festival che a febbraio grondava già aspiranti tormentoni (vedasi i The Kolors). Più probabilmente è uno dei sintomi della fase di stallo creativo che vive il pop. Ossessionato dai numeri (farlocchi) dei social o da quelli troppo settoriali e poco trasversali delle piattaforme, e anche produttori e artisti sono vagamente confusi e indecisi. Ci sta. È fisiologico. Resta il fatto che l'unico brano con i crismi del tormentone (Sesso e samba di Tony Effe con Gaia) è sceso al secondo posto e il brano che a settembre potrebbe vincere i Power Hits di Rtl 102.5 (ossia Storie brevi di Annalisa e Tananai) non ha le coordinate tipiche del cosiddetto tormentone. A seguire, in classifica Earone ci sono Coldplay, The Kolors, Elodie (foto), Anna eccetera. È agosto ma potrebbe essere novembre o marzo.
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I media sono divisi sulla decisione di mattarella d'invitare al quirinale insieme ai medagliati anche chi è arrivato quarto . ecco cosa dice il giornale uno dei tanti organi di questa destra )
<<Nel giorno in cui si celebra l’Italvolley con fiumi di retorica inclusiva e un po’ femminista, c’è un’altra questione olimpica che fa andare il sangue al cervello. Quale? Allora. Nello sport esiste il “podio” dei tre migliori non perché realizzare quattro medaglie costerebbe troppo, ma perché nelle competizioni è giusto che uno solo vinca e tutti gli altri perdano. Può essere crudele, ma fa parte della vita. Qualche giorno fa facevamo notare che “partecipare” conta solo a livello amatoriale, ai Giochi della Gioventù, tra i bambini. I professionisti devono aspirare a vincere o, almeno, a migliorare il proprio personale. Non esiste “agonismo dolce” o “agonismo tossico”, solo la sana competizione in cui ognuno fa di tutto per battere l’altro e si dispiace in caso di sconfitta, senza disperarsi. In queste Olimpiadi di Parigi, visto l’elevato numero di fregature raccolte dai nostri atleti, i media si sono lanciati nell’elogio del quarto posto. Il mantra è sempre lo stesso: bisogna sapere accettare il fallimento, perdere può essere gratificante, l’importane è il percorso eccetera eccetera eccetera. Balle. Nello sport professionistico conta vincere. E vincere più possibile. Ecco perché è assurdo, populista e anche un tantino imbarazzante che il Quirinale - sempre attento ad accarezzare gli umori zuccherini del Belpaese - abbia deciso di invitare alla cerimonia dei medagliati olimpici anche chi la medaglia non l’ha ricevuta. La premiazione dei primi degli sconfitti farà piacere ai giornali, che tesseranno le lodi di Mattarella. Ma non è una bella immagine per lo sport e per la sana competizione. E poi che facciamo: tra quattro anni invitiamo anche i quinti classificati? Le olimpiadi sono per natura “esclusive”: uno vince, il secondo si accontenta dell’argento, il terzo del bronzo. Tutti gli altri restano fuori ed è giusto così. Perché “andarci vicino” conta solo a bocce. [....] La Stampa sostiene che “la novità” di queste olimpiadi sono i social che ci avrebbero reso tutti esperti di batteri e cromosomi. Balle. Intanto perché i social esistono da più di un decennio, dunque da almeno due edizioni dei Giochi. E poi perché siamo sempre stati un popolo di Ct e allenatori. Solo che adesso lo facciamo al cellulare, anziché al bar. [....] Non abbiamo avuto modo prima, e dunque lo facciamo ora, di elogiare la finale di salto in alto tra Kerr e McEwen. Non per la qualità del gesto sportivo, di cui siamo totalmente ignoranti. Ma per la scelta di non condividere l’oro come fecero Tamberi e Barshim. Quella decisione, molto celebrata in Italia e all’estero, venne elogiata come spirito sportivo, di amicizia, di condivisione. Ma fu un errore. Lo spirito olimpico incoraggia a competere, non a dividersi l’oro. Bene hanno fatto i due saltatori a urlare “we jump”, saltiamo, anche a costo di commettere errori grossolani in misure che avevano già superato. Se ogni competizione olimpica seguisse le regole del salto in alto, non avremmo più finali per l’oro. Immaginate l’Italvolley e la nazionale Usa che, anziché giocarsi la medaglia fino alla fine, con un set a testa decidessero di fermare lì la partita e accontentarsi entrambe dell’oro condiviso. Cosa diremmo? E se la finale di basket fosse finita in parità, perché giocare il supplementare e non far salire entrambe le squadre sul gradino più alto del podio? La verità è che la scelta di Tamberi e Barshim fu empatica, calda, mielosa, zuccherosa, ma con lo spirito sportivo non c'entrava un fico secco. Alle Olimpiadi conta la competizione. E quando si compete, uno vince e l’altro perde. Può apparire crudele, ma è la base di ogni sport. Altrimenti, che giochiamo a fare? >> gli invitati a chi ha chiuso al quarto posto ha fatto esultare il giornalista che, una volta appresa la notizia, ha scritto: “Giusto così” ma oltre ai media ad essere diviso è anche il popolo dei social s Tantissimi i commenti:“In questo Paese mancano riferimenti positivi tra i quali il Presidente è uno degli ultimi. Abbiamo imparato, anche grazie ai social, che offendere, sminuire, attaccare è l’unico modo per “vincere”. Cosa? Non si sa. L’importante è prevaricare l’altro. Grazie Presidente Mattarella” e poi: “Sono il lavoro, l’impegno, il sacrificio , la fatica, l’amarezza, le lacrime, di chi si classifica dal quarto fino all’ultimo posto, che regalano prestigio, orgoglio e quell’immensa gioia di indossare una medaglia olimpica. Per questo un grazie al nostro grande Presidente Sergio Mattarella” e anche: “Giusto così. Mi viene in mente Acerenza, che ha nuotato in quel letamaio per 10 km e ha dato anche l’anima, quarto per 6 centesimi.
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All'isola Elba una strada per Olimpia Mibelli Ferrini, la lavandaia che nel '44 si offrì ai soldatiper salvare le altre donne dalle marocchinate
Ma soprattutto perchè ho una visione della storia a 360 gradi . Ma soprattutto perchè , scusate la citazione classica Timeo Danaos et dona ferentes ("temo i Danai anche quando recano doni") da Eneide (Libro II, 49) di Publio Virgilio Marone. .... per ulteriori notizie ed aneddoti sematici \ antropologici su d'essa : << Timeo Danaos et dona ferentes ( Wikipedia )«Perché vuoi rivangare queste storie?»
Certo, non tutti si comportarono da predatori: « La mia famiglia, sfollata nelle campagne fuori Portoferraio, nascose le figlie adolescenti in fondo alle cantine – racconta l’ex sindaco Fratini – e a fare da scudo, davanti alla porta, si misero uomini anziani e mia madre con me infante in braccio. Arrivò un gruppo di soldati, uno di loro mi fece una carezza e dette a mia madre del cioccolato. Vide la diffidenza di mia madre e per rassicurarla ne mangiò lui un pezzetto».Comunque, lo choc della popolazione elbana fu enorme. Lasciando nelle donne, oltre al trauma, un senso di vergogna che si è sedimentato negli anni. «Quando ho iniziato le mie ricerche sulla storia di Olimpia e sono andata a parlare con gli anziani e le anziane che avevano visto, e qualcuna anche subito, le violenze ho incontrato subito una sorta di fastidio - racconta oggi Paola Cereda - “Perché vuoi rivangare queste storie”? Mi sono sentita dire. Ma poi, invece, è successo un piccolo miracolo: quelle stesse anziane hanno iniziato a raccontare, hanno tirato fuori storie e dolori che non avevano mai rivelato prima neppure alle loro figlie. Ed è stato come fare pace con una sofferenza mai elaborata davvero, e non doversene più vergognare».
Ma ora bado alle ciance e veniamo alla storia in questione con Tanto rispetto per questa donna le cui gesta , ma sopratutto le vicende che fanno da contorno sono state fatte passare in sordina cosi come il parlarne poco se non sui siti specializzati o negazionisti o peggio usate in maniera strumentale ed ieologica sia per salvaguardare la narrazione ufficiale degli "alleati" buoni e liberatori da accogliere a braccia aperte, sia come barbari che hanno imbastardito l'italia. Comunque la si veda un grazie al sindaco per questa iniziativa ! storia. Interessantissima e da valorizzare per raccontare un periodo storico cosi complesso a 360 gradi .
per La Corte di cassazione (sentenza 22778) Non è vittima del dovere il maresciallo ferito per sedare la rissa
Sedare una rissa nel corso di una pattuglia rientra nella “routine” dell'attività di un maresciallo, compreso il rischio di restare dferito. Per questo al carabiniere non può essere riconosciuto lo status di vittima della criminalità o del overe che dà diritto ad una pensione privilegiata. La Corte di cassazione (sentenza 22778) ha così respinto il ricorso fatto dal militare dopo che il ministero dell'Interno gli aveva negato i benefici che sarebbero derivati dal riconoscimento richiesto. E la Corte d'Appello aveva confermato il no del Viminale, malgrado le lesioni gravi subìte dal carabiniere che era intervenuto in una missione a suo avviso non “ordinaria”, cercare di evitare il peggio in una rissa scatenata tra automobilisti per motivi di circolazione stradale.
Per la Corte territoriale non era stata un'azione di contrasto alla criminalità organizzata e mancava “un rischio specifico per la particolare pericolosità dell'attività concretamente svolta” in genere connesso ad operazioni di polizia preventiva o repressiva. Infine il militare non era in missione. Per queste ragioni la Corte di merito aveva considerato il rischio insito nell'attività ordinaria ed escluso “la dipendenza da causa di servizio correlata a particolari condizioni ambientali e operative”. Ad avviso della Corte d'Appello, nei giri di pattugliamento costituisce “circostanza normale l'eventualità di imbattersi in soggetti a rischio”. Non passa dunque la tesi del ricorrente, secondo il quale fronteggiare la diminalità comune non è diverso dall'affrontare quella organizzata
13.8.24
[ Gli atleti italiani sono stati straordinari: la politica ora eviti di mettere le mani sul loro sport REPRISE ] Grazie compagno Velasco". I comunisti intruppano il ct azzurro
Gli atleti italiani sono stati straordinari: la politica ora eviti di mettere le mani sul loro sport ed eviti la propaganda xenofoba e ultra nazionalista alla vanacci e company Le olimpiadi si lasciao anchora delle scorie polemiche fra chi accetta un italia multietnica e chi no , e sul concetto d'italianità . Ora sapete tutti\e che detesto tale quotidiano e la sua ideologia . ma è la conferma che spesso nella 💩 ci posso essere delle perle .
Stavoltà anche se in parte ha ragione . Quidi ques articolo conferma , quello che avevo già espresso chiaramente nel post precedete .finitela di strumentalizzare la bellissima vittoria e gli atleti italiani ecco l'articolo in questione
Marco Leardi 13 Agosto 2024 - 16:35
"Grazie compagno Velasco". I comunisti intruppano il ct azzurro L'assurda strumentalizzazione dell'ultrasinistra, che sui social celebra il ct argentino non come talentuoso allenatore ma come "militante comunista"
Hasta la victoria, "compagno Velasco". La strumentalizzazione politica dell'oro olimpico conquistato dall'Italvolley femminile non bastava. Così, dopo aver trasformato il trionfo azzurro in un fazioso spot a favore dello ius soli, la sinistra ha cercato di intruppare l'allenatore Julio Velasco erigendolo a novello emblema del comunismo vittorioso. Nelle stesse ore in cui i social traboccavano di messaggi riguardanti le imprese tricolori a Parigi, in rete sono infatti iniziati a circolare post che celebravano il ct argentino non per il suo talento sportivo ma per le sue idee politiche di gioventù, maturate peraltro in un periodo storico particolarmente complesso.
"Grazie al compagno Julio Velasco. Professore di vita", si legge sull'account Facebook del Partito Comunista Italiano di Siracusa. Di colpo, al vittorioso allenatore argentino hanno tolto la casacca tricolore e appioppato l'eskimo: davvero curiosa la mossa dei compagni, che fino all'altro ieri nemmeno si erano accorti della presenza di Velasco sulla panchina delle azzurre dell'Italvolley. All'indomani dell'oro olimpico di Parigi, la reazione più naturale sarebbe stata quella di applaudire le capacità di un ct in grado di motivare le nostre atlete e di impostare una strategia vincente per il team azzurro femminile, mai arrivato così in alto nella sua storia. Invece no: a sinistra l'istinto è stato quello di trasformare il leader sportivo in un lider maximo in salsa antifascista.
Peccato però che lo stesso Velasco, intervistato a caldo dopo l'impresa olimpica, avesse smorzato ogni tentativo di strumentalizzazione politica. Interpellato dai cronisti sulle polemiche politiche sorte attorno ai Giochi, l'allenatore ha dichiarato: "La politica oggi è bianco o nero. Viviamo in un momento in cui tutti hanno subito un'opinione, anche se non sanno di cosa si tratta. Questo non mi appartiene". Al contrario, chi ha cercato di mettere di mezzo il comunismo non ha fatto altro che assecondare proprio lo schema manicheo criticato dallo sportivo, probabilmente con il condivisibile obiettivo di tenere lontana la politica spicciola da un'impresa storica che dovrebbe far gioire tutti. Senza distinzioni.
Moda da cani: psicofarmaci per sedare FidoSpesso si sceglie un animale in base all’estetica e non alle sue esigenze, salvo poi scoprire che in casa un molosso soffre e “impazzisce”:
per approffondire
Psicofarmaci per il cane e terapia comportamentale ( da amoreaquattrozampe.it)
una tendenza preoccupante: l’uso di psicofarmaci per calmare i cani. Spesso, le persone scelgono un animale domestico basandosi sull’estetica piuttosto che sulle sue esigenze specifiche. Questo può portare a situazioni in cui il cane, specialmente se di una razza grande come un molosso, soffre e sviluppa problemi comportamentali. In questi casi, alcuni proprietari ricorrono agli psicofarmaci per “calmare” l’animale. Facendo la scelta sbagliata . Infatti
Il Fatto Quotidiano 13 Aug 2024
Natascia Ronchetti
Una moda da cani: sedare il fido con gli psicofarmaci
Spesso si sceglie un animale in base all’estetica e non alle sue esigenze, salvo poi scoprire che in casa un molosso soffre e “impazzisce”: così lo si deve “calmare”
A Milano va di moda possedere un Kangal, molossoide d’origine turca selezionato per proteggere le greggi da lupi e orsi: non proprio adatto a vivere in appartamento. Provate a chiuderlo in 50 metri quadrati e come minimo svilupperà ansia e aggressività. “La scelta di un cane dovrebbe essere consapevole”, dice Alberto Perini, veterinario comportamentalista di Saronno (Varese). L’alternativa – se l’animale morde, si ribella al padrone o azzanna il portalettere – è la somministrazione di psicofarmaci.
Benzodiazepine, antidepressivi. Per rasserenarlo e renderlo più mansueto. Per poi intervenire con una terapia comportamentale. Possibile? Sì, la pratica è sempre più diffusa. “Anche perché in Italia manca una cultura canina e non è previsto l’obbligo del patentino, rilasciato dopo un apposito corso, come avviene per esempio in Germania o in Svizzera”, spiega Perini. Cosa che contribuisce a spiegare anche l’escalation di aggressioni degli ultimi anni, soprattutto ai danni dei bambini.
Si prende un cane perché è in auge e poi magari si pretende di tenerlo sedato. “Il trattamento con gli psicofarmaci deve essere temporaneo – dice Carla Bernasconi, veterinaria di Milano –. E un bambino non dovrebbe mai essere lasciato solo con l’animale, anche se è il più buono del mondo e non ha mai dato segni di aggressività”. Pretendere che un Alaskan Malamute, selezionato per vivere in ambienti molto freddi e trainare carichi sulla neve si adatti a luoghi caldi equivale ad aspettarsi che gli uomini si muovano al trotto come i cavalli. E bisogna sapere che un border collie è un cane da lavoro (molto intelligente) che può sviluppare in contesti non adatti comportamenti ossessivo-compulsivi.
In Italia ci sono oltre 7 milioni di cani. E le preferenze si stanno orientando verso i molossi (pitbull a parte che non riscuotono più grande successo). “Esistono 400 razze ma la gente continua a scegliere senza sapere per quali scopi sono state selezionate”, avverte Rita Cerevico, addestratrice piemontese. “Poi ci sono tanti privati che procedono agli accoppiamenti senza valutare la selezione del carattere e magari abbandonano gli esemplari se non sono gestibili – dice Bernasconi –. Invece va sempre ricordato che il cane è un animale sociale, ha bisogno di riferimenti e continuità”.
Quindi secondo molti psicologi veterinari: “La chimica deve essere usata solo in emergenza”
L’oro folle della principiante, il dilettante senza sponsor ultimo e felice e la toilette del Bistrot, Made in Hollywood Gli Usa si prendono i Giochi già a Parigi
si vede che ancora il clamore di queste olimpiadi non si è ancora spento . Infatti credevo d'aver chiuso la mia rassegna stampa qu.ando ricevo la segnalazione di questi due articoli .
dail fatto quotidiano del 13\8\2024
L’oro folle della principiante, il dilettante senza sponsor ultimo e felice e la toilette del Bistrot
- Giulia Marchina venture
Lo spilungone tedesco Nils Politt, mentre pedalava come una furia per le strade di Montmartre, nel mezzo della gara olimpica si è dovuto rifugiare nella toilette del bistrot parigino Les Deux Moulins: l’accoppiata poca acqua in borraccia e troppi gel ingeriti prima della competizione hanno reso l’impresa più insidiosa del previsto. Le Olimpiadi sono lacrime, sudore, sport e medaglie, ma anche un gran contorno che dà forma all’evento sportivo globale. “Bob the Cap Catcher”, il dipendente della piscina olimpica rimasto senza nome che si è tuffato in costume colorato per raccogliere dal fondo la cuffia di un’atleta.
Il duecentometrista Diego Aldo Pettorossi ha gareggiato da unico non professionista della Nazionale italiana, senza sponsor. Alle qualificazioni è arrivato 48° su 48. Si allena nel tempo libero e fa lo sviluppatore per un’azienda Usa, ha chiesto un periodo di aspettativa per potersi preparare. I democratici giochi francesi hanno accolto anche la breakdance: In gara, la b-girl Rachel Gunn. Ricercatrice alla Macquarie University di Sydney, Raygun – il nome di battaglia – ha ottenuto 0 come punteggio. Performance sbertucciata per bizzarria e totale assenza di tecnica, ma che le è valsa la difesa da parte del capo dei giudici di breaking Martin Gilian per “anticonformismo e originalità”, e l’applauso alla cerimonia di chiusura. Impossibile non aver notato il faccione allungato di Snoop Dogg. Un po’ come Where’s Wally, il gioco dell’inglese Martin Handford, in cui il lettore deve trovare nell’illustrazione il ragazzino con la maglia a righe bianche e rosse, era diventata una sfida intercettare il rapper. Con un cachet di circa 500 mila dollari al giorno, Calvin Cordozar Broadus (nome di battesimo) era inviato dell’nbc, oltre che ospite d’eccezione: entra nella storia la tenuta da fantino alle gare di equitazione. Con lui, la conduttrice tv e regina del bon ton Usa Martha Stewart.
Sanità pubblica in Francia è la scoperta che lascia sbigottita Ariana Ramsey, americana e medaglia di bronzo nel rugby, che su Tik Tok racconta: “Non solo abbiamo cibo gratis, ma anche cure mediche!”. Dice di essersi prenotata per un check-up completo. Poco dopo, Ebony Morrison, specialista dei 110 ostacoli, ha colto l’occasione per fissare visite specialistiche. Definita “folle” la storia della ciclista Kristen Faulkner: nata in Alaska, dopo la laurea ad Harvard in Informatica nel 2015, diventa capitalist. Comincia col ciclismo su strada solo 7 anni fa con un corso per principianti a Central Park; gli allenamenti ogni mattina all’alba, poi il trasferimento in California per allenarsi a tempo pieno. Un mese prima dei Giochi viene aggiunta alla squadra: a Parigi vince l’oro nella corsa su strada.
Leonardo Coen Momenti
Made in Hollywood Gli Usa si prendono i Giochi già a Parigi
La Francia saluta l’olimpiade con una cerimonia di chiusura quasi “riparativa”. Lo show di Tom Cruise passa le consegne a Los Angeles 2028
Hollywood va a Parigi e porta via le Olimpiadi. Le prossime saranno sue, ed è la terza volta. Ci pensa il divo più emblematico: Tom Cruise nei panni di Ethan Hunt, l’agente della Mission Impossible Force. Succede domenica sera, 11 agosto, allo Stade de France. Dove si svolge una cerimonia di chiusura protocollare e dimessa. Quasi riparatoria, dopo le polemiche seguite alla provocatoria, geniale e inclusiva cerimonia d’apertura che si è svolta lungo la Senna.
Siamo agli sgoccioli. Sul grande palco allestito nello stadio, Thomas Bach, presidente del Cio, consegna la bandiera olimpica alla settantenne Karen Bass, sindaca dem di Los Angeles. Quattro fari inquadrano Tom Cruise sul tetto dello stadio. Irrompe la colonna sonora di Mission Impossible. Tom si cala rapido, come nei film della saga cinematografica. Molla l’imbracatura. Attraversa la folla in delirio degli atleti sciamati sul terreno dello stadio, rito di fine Giochi. Balza sul palco. Ammirazione per l’atletica star 62enne. Avvicina la Bass, prende la bandiera, saluta e corre a perdifiato verso una moto nera di grossa cilindrata. In piedi sui pedali, sgasa. Schizza fuori dallo stadio. Altro che Los Angeles. I prossimi Giochi hanno l’imprimatur di Hollywood. Ne saranno il manifesto. Lo specchietto per le allodole degli sponsor.
Adieu, Paris! Ora tocca di nuovo a noi. Alla Mecca del cinema. Dei sogni. Delle avventure. Della fantasia. Ma anche delle illusioni. Dei melodrammi amarissimi, come quelli in agguato nello sport, dei campioni sul viale del tramonto (il Sunset Boulevard non è mai in estinzione). Siamo diventati piuttosto accorti, nelle produzioni. Spendiamo per guadagnare, come abbiamo fatto nel 1984, varando la più economica e redditizia Olimpiade di sempre, l’unica che ha fruttato subito quattrini (75 milioni di dollari di utili agli organizzatori). Non costruiremo un Villaggio Olimpico, ma ospiteremo gli atleti al campus dell’ucla, una delle università più famose, ha promesso Casey Wa s s e r m a n , presidente del Comitato organizzatore, “non abbiamola Tour Eiffel, ma abbiamo le lettere di Hollywood”. Il fascino indiscreto del cinema…
Come il minifilm di Tom Cruise, sugli schermi giganti dello Stade de France: eccolo scorrazzare per gli Champs Elysées, eccolo mentre s’infila con la moto nella pancia di un grosso Hercules militare da trasporto. Rotta sulla California. Ora è giorno. L’aereo sorvola le colline di Los Angeles. Cruise si prepara al lancio in caduta libera. Atterra perfettamente a due passi dall’immortale scritta Hollywood. Tra la “y” e la “w” campeggiano i cinque cerchi delle Olimpiadi. Tom sventola la bandiera. Inquadratura successiva. Tom arriva al Coliseum, lo storico stadio olimpico di Los Angeles del 1932. Consegna la bandiera: missione compiuta. Ovazione. Lo sciovinismo francese cede alla seduzione dello schermo.
Purtroppo, delude il siparietto successivo. Spiaggia di Palm Beach, piccola folla di ragazzi che si sbracciano: su un palco accanto alla baracca dei bagnini suonano i Red Hot Chili Peppers, Billie Eilish e i rapper Snoop Dog e Dr Dre. Cosa c’entrano coi Giochi? Col progetto di Olimpiadi “verdi” senza auto? Con il trovare alloggio a 75 mila senzatetto? Con “implicare tutta la popolazione”, secondo l’idea della Bass, ispirandosi a Parigi, ma non tradendo l’anima profonda della città degli angeli? Non a caso la stampa Usa si è incazzata, trovando deprimente guardare un video così, e il relativo scaltro messaggio (made in France) che nessuno saprà mai fare come Parigi. Ogni Olimpiade ha la sua identità, ha detto la Bass, quello di Los Angeles affonda nel mito del cinema, nelle sue riflessioni sui temi, sui problemi individuali e collettivi, sui conflitti tra passione e ideologia, sullo spettacolo come alimento sociale. Come lo è, in fondo, lo sport. Metafora di tutto. Anche della libertà, dei diritti che vietano la discriminazione e dei conflitti multiculturali, come si è visto a Parigi. Non solo di gloria. Comunque, il film raccolse 4 Oscar.
12.8.24
Concerto di vinicio caposela time in jazz 11.8.2024
Dopo la sbornia di storie , polemiche , emozioni , ecc di cui ho concluso con i due ultimi post I II anzi un III vista la mia indignazione ed rabbia per l'uso strumentale e ideologico che la politica soprattutto i filo vannacciani stanno facendo sulle bellissime gare degli atleti italiani ) la rassegna stampa su queste olimpiadi . Infatti ieri anzichè vedere la cerimonia di chiusura che mi pare da quello che lego sui social ha creato polemiche per la sua pacchianità e per elogio dei valori " pagani " , mi sono visto a time in jazz ed 2024 il bellissimo concerto di vinicio Caposela . Spesso le foto dicono più di mille parole . ecco il mio reportage fotografico
LE ANIME BELLE ESISTONO E RESISTONO ... Lei si chiama Chiara Trevisan, ha 46 anni e di mestiere legge libri agli sconosciuti.
da Mauro Domenico Bufi 21 dicembre alle ore 11:05 il suo carretto carico di libri, frasi, parole, storie. In testa un buffo cappell...
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