15.8.24

Giochi proibiti (e squallidi) sulla pelle degli olimpionici LA PERVERSIONE DEI SOCIAL Mai come a Parigi gli atleti sono finiti vittime di una grottesca sessualizzazione, tra spettatori onanisti e bufale mediatiche

 

N.B
Chi ha  già letto  i miei post  qui sul  blog  o  sulle  appendici  social  (  facebook  account  e  pagina , twitter ora  x  ,  linkedin, threads  )   può anche non leggere  la  seconda  parte  del post   ovvero    l'articolo    della  famosa  blogger      sul  il  fatto del 15\8\2024  da me  riportato 

Speriamo   che   con le  paraolimpiadi   che    inizieranno abreve   non  si verifichi quello  che (  anche se  ci  credo poco  visto la mercificazione del sesso   e dei corpi )   si  è   verificato a queste olimpiadi . Ora   capisco   farci  un pensiero erotico  (  nessuno  di noi  è immune  sottoscritto  compreso)  ma     si  esagera  e si scade  nela   volgarità più becera  che   disgusta    persino un porno dipendente  come me  .E'  successo anche   alle  scorse  olimpiadi di tokyo ma   quoi  si  esagerato   .   Infatti  come  dice   anche  l'articolo    da me     sotto riportato  a cadere vittime del fenomeno, sono stati persino gli atleti maschi. L'esempio  più  clamoroso  è   stato qiello  del saltatore con l’asta francese Anthony Ammirati ha fatto cadere il palo con, diciamo, “l’inguine”. Il gesto  ha destato  ilarità (non capita tutti i giorni vedere un palo che si incastra con un pene, seppure sotto i pantaloncini) e invece, tra commenti su misure e fantasie erotiche esplicitate, la vicenda ha preso un piega così pecoreccia che secondo Tmz Sport, ad Ammirati verranno offerti 250 mila dollari per mostrarsi nudo in camera per un’ora da un’azienda che produce contenuti per adulti. Insomma, un atleta olimpico trattato come Rocco Siffredi. Un altrocaso   è stato quello   di Thomas Ceccon. Il nuotatore italiano  , a 23 anni, si aggiudica la medaglia d’oro nei 100 metri dorso diventando il primo italiano a ottenere il titolo olimpico in questa specialità. I meriti sportivi però sono offuscati da quelli estetici al punto che lo stesso atleta, a commento di un suo video diventato virale con titolo “Dio dell’olimpo” (e migliaia di commenti tipo “mi sento incinta”., ecc  ), ha scritto don’t sexualise me, please, “non sessualizzatemi per favore”. Insomma, è proprio un uomo, ---- come  fa anche   notare  la stessa blogger  nell'articolo    sotto  --- sorprendentemente, a utilizzare il verbo “sessualizzare” in queste Olimpiadi. Ed è un particolare non trascurabile ed  importante  , perché è la prima volta che accade, nel mondo dello sport   dove  nessun atleta si era mai lamentato dei commenti sessisti, dell’oggettificazione del corpo maschile, durante una competizione sportiva. Ceccon, ribellandosi al disconoscimento del suo valore sportivo o comunque al fatto che il merito sia in secondo piano rispetto alle sue spalle e ai suoi occhi azzurri, compie il suo miglior gesto atletico: puntare il dito sul cameratismo becero di chi tratta i corpi come oggetti. E nel farlo – forse lui non lo sa – ha dato una grossa mano anche alle donne  che  d'anni conducono tale  battagli   o  ormai  lo accettano   in silenzio  in quanto   si  sono  stufate di ripterlo   ed essere     sole  a  combatterlo  .

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Giochi proibiti (e squallidi) sulla pelle degli olimpionici

LA PERVERSIONE DEI SOCIAL Mai come a Parigi gli atleti sono finiti vittime di una grottesca sessualizzazione, tra spettatori onanisti e bufale mediatiche


Èpassato un anno esatto dalla morte di Michela Murgia e durante le Olimpiadi appena terminate pensavo spesso a lei. Mi chiedevo cosa avrebbe detto dello sdoganamento (mai così volgare) della sessualizzazione degli atleti, dei meme, dei titoli di giornali, di alcune foto fatte girare ad arte per aizzare commenti beceri, dei commenti sui social. Perché non so se ve ne siete accorti, ma oltre al famoso titolo di Repubblica (“Italia oro nella spada squadre. Le 4 regine: l’amica di Diletta Leotta, la francese, la psicologa e la mamma”), in cui le atlete erano definite per “nota di colore” come i Sette nani, si è assistito a un tripudio di squallore che fa dubitare dell’efficacia delle tante battaglie pedagogiche sul tema sessismo combattute negli ultimi anni.

Una delle foto diventate virali è quella di una atleta del nuoto sincronizzato che fa una spaccata in aria, sorretta dalle compagne in acqua. L’immagine (in realtà ritrae la squadra greca ai mondiali di Barcellona 2013) è girata compulsivamente sui social per le ridotte dimensioni del costume (si intravedono le sue parti intime). Mi è impossibile elencare i commenti sotto alla foto del gesto atletico perché il più pulito è “Per quanto è muscolosa la fessa rischi che ti faccia male”. Solo un anno fa, la campionessa di nuoto sincronizzato Linda Cerruti denunciò dodici uomini per i commenti sessisti che avevano lasciato sotto una sua immagine in una posizione molto simile, ma evidentemente la lezione è servita a poco. E non è necessario che ci sia un corpo scoperto, per innescare il cameratismo più becero.

 Claudia Mancinelli (  foto  a destra ), ex atleta e allenatrice di Sofia Raffaeli, bronzo nel concorso

individuale della ginnastica ritmica alle Olimpiadi di Parigi, è finita in una tempesta di commenti sessisti per qualcosa che si fa persino fatica a spiegare, ovvero: il video di lei che si alza dalla panchina e con piglio sicuro va a protestare con i giudici per un punteggio considerato troppo basso assegnato alla sua ginnasta. E quello in cui abbraccia Sofia prima che si esibisca. Una sconcertante pioggia di “Lesbica” “Scopami” “Picchiami”. E comunque, Claudia Mancinelli perlomeno è maggiorenne da un po’. La norvegese Embla Matilde Njerve,( foto   sotto )  



 campionessa di salto con l’asta, ha 17 anni e un viso angelico. Il suo primo piano mentre sta per saltare e stringe concentrata l’asta è diventato forse il video più virale durante le olimpiadi di Parigi.

Viene definita “Barbie” dai commentatori più gentili e ometto i commenti dei meno gentili, ma ripeto, stiamo parlando di una ragazzina di 17 anni. La faccenda tragicomica però è che Embla Matilde Njerve, il sogno erotico di orde di sfigati sul web, non ha mai partecipato alle Olimpiadi di Parigi. Quel video è dei campionati Europei under 18 che si sono tenuti in Slovacchia. Chi invece c’era, alle Olimpiadi è Alica Schmidt, una velocista tedesca di 25 anni molto brava e avvenente. I titoli su di lei di due delle testate sportive più note: “La più bella dei giochi olimpici tra atletica e banana bread in borsa” e “La più bella dei giochi fa flop”.

Inutile dire che la sua foto più virale sui social, con commenti sessisti da rabbrividire, è quella in cui Alica è inginocchiata alla partenza. E a pensarci bene tutte le donne oggetto di sessualizzazione in queste Olimpiadi sono ritratte in posizioni che evocano il sesso: Claudia Mancinelli mentre protesta, in posizione prona, con i giudici. La campionessa di nuoto sincronizzato mentre è a gambe aperte, l’atleta norvegese mentre passa le sue mani sull’asta, Alica Schmidt, appunto, mentre è inginocchiata a terra. Gesti che fanno parte della normalità, nella competizione, vengono trasformati in ammiccamenti erotici, come nelle commediole sexy anni 70. E comunque, a cadere vittime del fenomeno, sono stati persino gli atleti maschi. Il saltatore con l’asta francese Anthony Ammirati ha fatto cadere il palo con, diciamo, “l’inguine”. Il gesto poteva destare ilarità (non capita tutti i giorni vedere un palo che si incastra con un pene, seppure sotto i pantaloncini) e invece, tra commenti su misure e fantasie erotiche esplicitate, la vicenda ha preso un piega così pecoreccia che secondo Tmz Sport, ad Ammirati verranno offerti 250 mila dollari per mostrarsi nudo in camera per un’ora da un’azienda che produce contenuti per adulti. Insomma, un atleta olimpico trattato come Rocco Siffredi. Infine, c’è il caso Thomas Ceccon. Il nuotatore, a 23 anni, si aggiudica la medaglia d’oro nei 100 metri dorso diventando il primo italiano a ottenere il titolo olimpico in questa specialità. I meriti sportivi però sono offuscati da quelli estetici al punto che lo stesso atleta, a commento di un suo video diventato virale con titolo “Dio dell’olimpo” (e migliaia di commenti tipo “mi sento incinta”), ha scritto don’t sexualise me, please, “non sessualizzatemi per favore”. Insomma, è proprio un uomo, sorprendentemente, a utilizzare il verbo “sessualizzare” in queste Olimpiadi. Ed è un particolare non trascurabile, perché è la prima volta che accade, nel mondo dello sport. Nessun atleta si era mai lamentato dei commenti sessisti, dell’oggettificazione del corpo maschile, durante una competizione sportiva. Ceccon, ribellandosi al disconoscimento del suo valore sportivo o comunque al fatto che il merito sia in secondo piano rispetto alle sue spalle e ai suoi occhi azzurri, compie il suo miglior gesto atletico: puntare il dito sul cameratismo becero di chi tratta i corpi come oggetti. E nel farlo – forse lui non lo sa – ha dato una grossa mano anche alle donne.

14.8.24

diario di bordo n 72 anno II sul murales imbrattato di dedicato a paola egonu ., imane khelif ha fatto fuoco e fiamme per valentina petrillo non sa cosa dire ., finalmente abbiamo il tormentone estrivo ? io sto con mattarella anche i 4 posti hano portatyo onore all'italia e vanno considerati ., Elisa Di Franciscaha perso un occasione per far dimenticare la sua figura di merda con valetina pliato ed il resto dell'italia


ecco   nuovo  nunmero del    diario di  bordo  . EWssorisente     della  sbornia  olimpica     che  ancora  riserva    gli  ultimi     effetti   vedi  il  caso del  murales  di egonu  cancellato    e deturpato, le  polemiche   sull'invito di  mattarella oltre che ai medagliati  anche ai quarti posti   . E  in a'attesa  delle paraolimpiadi    ecco   il caso di  Valentina  Petrillo   un  nuovo    caso  poltico  culturale come    quello di  Imane Khelif,  e il  tardivo  tormentone estivo ed  il caso della  canzone  malavita  dei coma  cose  

 anndiamo ad  in cominciare  il numero odierno 

Sia   che vi   sia  come  credo   o  che   non ci sia   come  credono   in molri un intento razzista dietro.  chi ha imbrattato il murales di Paola Egonu
 “colorando” la sua pelle di rosa è un emerito cretino. Punto. E lo  amette    anche    chi a  differenza  di me   vede  nei  commeti  di tale gesto    come una 
sorta   dietrologie di sorta sul razzismo imperante tra gli italiani . Infatti  ciò che   accomuna    i due  schieramenti è   in ogni classe sociale è presente una percentuale di imbecilli. L’autore( o  gli autori  ) di questo gesto rientra perfettamente nella categoria   che  non vede o  non digerisce   come   l'italia  sta  cambiando  e  diventando    sempre più  multietnica  e che la purezza etnica  non  esiste  . 

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 Quindi fatemi capire: per due settimane abbiamo parlato di Imane Khelif, della sua condizione di intersessualità presunta, dei suoi cromosomi e dei suoi ormoni; Giorgia Meloni ha consolato Angela Carini; il ministro Abodi ha protestato contro il Cio; Salvini s’è scagliato contro le follie

gender; Eugenia Roccella ha fatto altrettanto; e poi scopriamo che a portare il primo transessuale alle Olimpiadi sarà proprio l’Italia e  stranamente  tutti  zitti ? Si chiama Valentina Petrillo, è un’atleta, ed è stata selezionata dal Comitato Italiano Paralimpico per le gare femminili dei 200 e 400 metri (categoria T12) dei Giochi paralimpici di Parigi che inizieranno il 28 agosto. È nata uomo, ha vinto 11 titoli nazionali quando era ancora un maschietto e adesso gareggerà con le italiche insegne contro le donne nonostante sia cresciuta in un corpo da maschio finché, a suon di ormoni, non è rientrata nei parametri disposti dal Comitato internazionale paralimpico e dalla World Para Athletics. A questo punto mi chiedo: a che titolo l'Italia ha protestato contro Khelif se lei stessa porterà un trans alle Olimpiadi? Scusate, ma qui qualcosa non torna.

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Non è poi così sorprendente che la canzone "Malavita" dei Coma-Cose dopo mesi dalla pubblicazione sia arrivata al primo posto dei brani più trasmessi in radio. Intanto è una canzone che si merita quel posto perché è un gran bel brano, vicino allo spirito di De André ma non nostalgico e, soprattutto, molto ben arrangiato e interpretato. E poi perché, a metà agosto nel pieno dell'estate, è la conferma che il 2024 passerà alla storia come uno dei rari anni senza un tormentone che diventi il simbolo della stagione. Non c'è una spiegazione precisa del fenomeno. Forse è una coincidenza. Forse è la reazione a un Festival che a febbraio grondava già aspiranti tormentoni (vedasi i The Kolors). Più probabilmente è uno dei sintomi della fase di stallo creativo che vive il pop. Ossessionato dai numeri (farlocchi) dei social o da quelli troppo settoriali e poco trasversali delle piattaforme, e anche produttori e artisti sono vagamente confusi e indecisi. Ci sta. È fisiologico. Resta il fatto che l'unico brano con i crismi del tormentone (Sesso e samba di Tony Effe con Gaia) è sceso al secondo posto e il brano che a settembre potrebbe vincere i Power Hits di Rtl 102.5 (ossia Storie brevi di Annalisa e Tananai) non ha le coordinate tipiche del cosiddetto tormentone. A seguire, in classifica Earone ci sono Coldplay, The Kolors, Elodie (foto), Anna eccetera. È agosto ma potrebbe essere novembre o marzo.

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L’ultimo dei vincitori o il primo degli sconfitti? Dopo i 25 quarti posti collezionati dall’Italia assieme alle 40 medaglie è arrivato un riconoscimento ufficiale da parte di Sergio Mattarella. Il Presidente della Repubblica ha deciso di invitare al Quirinale non solo chi ha vinto un oro, un argento o un bronzo ma anche i quarti classificati, una scelta   quella  di  un capos  di  stato  senza precedenti.  
I   media  sono divisi  sulla   decisione di mattarella   d'invitare  al quirinale  insieme  ai medagliati      anche   chi è  arrivato  quarto  .  ecco cosa  dice  il giornale    uno   dei tanti organi  di questa  destra  ) 
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 Nel giorno in cui si celebra l’Italvolley con fiumi di retorica inclusiva e un po’ femminista, c’è un’altra questione olimpica che fa andare il sangue al cervello. Quale? Allora. Nello sport esiste il “podio” dei tre migliori non perché realizzare quattro medaglie costerebbe troppo, ma perché nelle competizioni è giusto che uno solo vinca e tutti gli altri perdano. Può essere crudele, ma fa parte della vita. Qualche giorno fa facevamo notare che “partecipare” conta solo a livello amatoriale, ai Giochi della Gioventù, tra i bambini. I professionisti devono aspirare a vincere o, almeno, a migliorare il proprio personale. Non esiste “agonismo dolce” o “agonismo tossico”, solo la sana competizione in cui ognuno fa di tutto per battere l’altro e si dispiace in caso di sconfitta, senza disperarsi. In queste Olimpiadi di Parigi, visto l’elevato numero di fregature raccolte dai nostri atleti, i media si sono lanciati nell’elogio del quarto posto. Il mantra è sempre lo stesso: bisogna sapere accettare il fallimento, perdere può essere gratificante, l’importane è il percorso eccetera eccetera eccetera. Balle. Nello sport professionistico conta vincere. E vincere più possibile. Ecco perché è assurdo, populista e anche un tantino imbarazzante che il Quirinale - sempre attento ad accarezzare gli umori zuccherini del Belpaese - abbia deciso di invitare alla cerimonia dei medagliati olimpici anche chi la medaglia non l’ha ricevuta. La premiazione dei primi degli sconfitti farà piacere ai giornali, che tesseranno le lodi di Mattarella. Ma non è una bella immagine per lo sport e per la sana competizione. E poi che facciamo: tra quattro anni invitiamo anche i quinti classificati? Le olimpiadi sono per natura “esclusive”: uno vince, il secondo si accontenta dell’argento, il terzo del bronzo. Tutti gli altri restano fuori ed è giusto così. Perché “andarci vicino” conta solo a bocce. [....] La Stampa sostiene che “la novità” di queste olimpiadi sono i social che ci avrebbero reso tutti esperti di batteri e cromosomi. Balle. Intanto perché i social esistono da più di un decennio, dunque da almeno due edizioni dei Giochi. E poi perché siamo sempre stati un popolo di Ct e allenatori. Solo che adesso lo facciamo al cellulare, anziché al bar. [....]  Non abbiamo avuto modo prima, e dunque lo facciamo ora, di elogiare la finale di salto in alto tra Kerr e McEwen. Non per la qualità del gesto sportivo, di cui siamo totalmente ignoranti. Ma per la scelta di non condividere l’oro come fecero Tamberi e Barshim. Quella decisione, molto celebrata in Italia e all’estero, venne elogiata come spirito sportivo, di amicizia, di condivisione. Ma fu un errore. Lo spirito olimpico incoraggia a competere, non a dividersi l’oro. Bene hanno fatto i due saltatori a urlare “we jump”, saltiamo, anche a costo di commettere errori grossolani in misure che avevano già superato. Se ogni competizione olimpica seguisse le regole del salto in alto, non avremmo più finali per l’oro. Immaginate l’Italvolley e la nazionale Usa che, anziché giocarsi la medaglia fino alla fine, con un set a testa decidessero di fermare lì la partita e accontentarsi entrambe dell’oro condiviso. Cosa diremmo? E se la finale di basket fosse finita in parità, perché giocare il supplementare e non far salire entrambe le squadre sul gradino più alto del podio? La verità è che la scelta di Tamberi e Barshim fu empatica, calda, mielosa, zuccherosa, ma con lo spirito sportivo non c'entrava un fico secco. Alle Olimpiadi conta la competizione. E quando si compete, uno vince e l’altro perde. Può apparire crudele, ma è la base di ogni sport. Altrimenti, che giochiamo a fare?   >>   gli invitati a chi ha chiuso al quarto posto ha fatto esultare il giornalista che, una volta appresa la notizia, ha scritto: “Giusto così” ma oltre  ai media   ad  essere   diviso   è  anche   il popolo dei social s Tantissimi i commenti:“In questo Paese mancano riferimenti positivi tra i quali il Presidente è uno degli ultimi. Abbiamo imparato, anche grazie ai social, che offendere, sminuire, attaccare è l’unico modo per “vincere”. Cosa? Non si sa. L’importante è prevaricare l’altro. Grazie Presidente Mattarella” e poi: “Sono il lavoro, l’impegno, il sacrificio , la fatica, l’amarezza, le lacrime, di chi si classifica dal quarto fino all’ultimo posto, che regalano prestigio, orgoglio e quell’immensa gioia di indossare una medaglia olimpica. Per questo un grazie al nostro grande Presidente Sergio Mattarella” e anche: “Giusto così. Mi viene in mente Acerenza, che ha nuotato in quel letamaio per 10 km e ha dato anche l’anima, quarto per 6 centesimi.
Io   sono     con mattarella perchè   sono per un uno sport  non  soltanto agonistico   anche  se   chi afferma  che  : <<  Per essere coerente la scelta del Presidente dovrebbe allora includere tutti i partecipanti, indipendentemente dal piazzamento in gara”.>>  o  le  ultime  righe  de il giornale  ,  non sono da  scartare  e   da biasimare  completamente  , ma   per  una  usciamo    dal circuito   della  vittoria   a  tuti i  costi e dello sport   come  agonismo  .  In quanto   si può vincere   anche  senza  l'ossessione  della medaglia    tanto  i risultati   arrivano  lo stesso   ed  la medaglia  d'oro  vinto  a  questre  olimpiadi  da Velasco  e  delle bravissime    giocatrici dell'italy  volley femminile lo dimostrano  .  Ma soprattutto molti  4   posti   ottenuti  a questa  olimpiade   sono    un sintomo  una  premessa   di  un eventuale  successo   per   la  prossima . Oltre  un otima  aspettativa   di riscatto   di certi  atleti     che  vengono  da  situazioni morali ed  psicologiche   bruttissime   vedere  le  storie     che ho raccontato  nella mia  rassegna  tampa  olimpica  .  


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Elisa Di Francisca Poteva chiedere scusa, sarebbe stato apprezzabile. Poteva non dire più nullain modo da lasciare che il silenzio si portasse via la brutta figura, sarebbe stato almeno qualcosa.
Invece ha scelto evidentemente ha bisogno di far parlare di o per qualche libro o ospitata in tv la strada che seguono tutti quelli che in Italia dicono castronerie o esprimono pensieri o coincezioni medievali.
Contrattaccano,rivendicano. Si offendono. E offendono. “Mi dispiace, ma io appartengo alla generazione passata. Il buonismo imperante non è la mia filosofia”.
Questo ha detto.
Questa sua uscita l’ha trasformata in una guerra generazionale, sventolando la solita, trita, litania di un passato mitico e puro in cui tutto si poteva dire senza che nessuno si scandalizzasse Ha ragione, come dice anche Lorenzo Tosa , ed è proprio quel passato che i giovani come Benedetta Pilato (ma anche, glielo assicuro, più anziani della stessa Di Francisca) stanno provando a cancellare, indicando una strada in cui si può anche arrivare quarti a un’Olimpiade col sorriso sulle labbra, in cui smettere di chiamare una persona fro*** o non chiamare una donna “trans”, “uomo”, “mostro” non è buonismo. È saper stare al mondo. È diventare persone adulte e consapevoli, e non ha niente a che vedere con l’anagrafe. Benedetta Pilato non è né buona né tantomeno buonista. È un essere umano, con le sue emozioni, le sue fragilità che non ha paura di mostrare, la sua gioia anche nella sconfitta (o presunta tale). E qualche giorno fa ha insegnato a Di Francisca e a tutte le Di Francisca d’Italia - la maggioranza, ahinoi, di questo Paese - che cosa significhi maturità affettiva, emotiva e sportiva.Non c’è medaglia che valga, a 19 anni, un simile traguardo e una simile lezione.Ecco perchè ho elogiato più volte il quarto posto



All'isola Elba una strada per Olimpia Mibelli Ferrini, la lavandaia che nel '44 si offrì ai soldatiper salvare le altre donne dalle marocchinate

Molti   appena  leggeranno  la  storia         di Olimpia Mibelli Ferrini,  da me  sotto riportata     mi chiederano  ma  perchè parli   male  degli alleati  ci hanno  liberato .  Sono cose  che succedono  è  la  guerra  ,  non devi generalizzare  , ecc   Riporto quanto riportato  mi pare  sul   settimale  7  del corriere  della sera    , quanto dichiarato     dall'ex  sindaco Frantini 

«Perché vuoi rivangare queste storie?»

Certo, non tutti si comportarono da predatori: « La mia famiglia, sfollata nelle campagne fuori Portoferraio, nascose le figlie adolescenti in fondo alle cantine – racconta l’ex sindaco Fratini – e a fare da scudo, davanti alla porta, si misero uomini anziani e mia madre con me infante in braccio. Arrivò un gruppo di soldati, uno di loro mi fece una carezza e dette a mia madre del cioccolato. Vide la diffidenza di mia madre e per rassicurarla ne mangiò lui un pezzetto».
Comunque, lo choc della popolazione elbana fu enorme. Lasciando nelle donne, oltre al trauma, un senso di vergogna che si è sedimentato negli anni. «Quando ho iniziato le mie ricerche sulla storia di Olimpia e sono andata a parlare con gli anziani e le anziane che avevano visto, e qualcuna anche subito, le violenze ho incontrato subito una sorta di fastidio - racconta oggi Paola Cereda - “Perché vuoi rivangare queste storie”? Mi sono sentita dire. Ma poi, invece, è successo un piccolo miracolo: quelle stesse anziane hanno iniziato a raccontare, hanno tirato fuori storie e dolori che non avevano mai rivelato prima neppure alle loro figlie. Ed è stato come fare pace con una sofferenza mai elaborata davvero, e non doversene più vergognare».

Ma soprattutto perchè ho una visione della storia a 360 gradi . Ma soprattutto perchè , scusate la citazione classica Timeo Danaos et dona ferentes ("temo i Danai anche quando recano doni") da Eneide (Libro II, 49) di Publio Virgilio Marone. .... per ulteriori notizie ed aneddoti sematici \ antropologici su d'essa : << Timeo Danaos et dona ferentes ( Wikipedia )
Ma ora bado alle ciance e veniamo alla storia in questione con Tanto rispetto per questa donna le cui gesta , ma sopratutto le vicende che fanno da contorno sono state fatte passare in sordina cosi come il parlarne poco se non sui siti specializzati o negazionisti o peggio usate in maniera strumentale ed ieologica sia per salvaguardare la narrazione ufficiale degli "alleati" buoni e liberatori da accogliere a braccia aperte, sia come barbari che hanno imbastardito l'italia.  Comunque   la  si  veda   un grazie al sindaco per questa iniziativa ! storia. Interessantissima e da valorizzare  per  raccontare  un periodo  storico  cosi  complesso  a  360 gradi  .

                                             dal   corrierefiorentino.corriere.it  14\8\2024

All'Elba una strada per Olimpia Mibelli Ferrini, la lavandaia che si offrì ai soldati per salvare le altre donne
                             Elisa Messina



Il 17 giugno del 44 lo sbarco delle truppe coloniali francesi. Olimpia Mibelli Ferrini si offrì ai soldati per salvare dallo stupro delle ragazzine: un orrore dimenticato per 80 anni
Portoferraio, Isola d'Elba. C'è un nome di donna di cui in questa calda estate 2024 si è tornato a parlare, è quello di Olimpia Mibelli Ferrini, donna del popolo, lavandaia da giovane, ambulante da adulta. Tra non molto, burocrazia permettendo, quel nome lo vedremo inciso sulla targa di una via del centro storico, tra strade, scalinate e vicoli intitolate a parenti di Napoleone Bonaparte, santi e duchi rinascimentali.
Olimpia è una donna la cui storia di incredibile eroismo in 80 anni è stata travisata e deformata. Ma si
potrebbe dire anche rimossa e sepolta. Perché si porta dietro una pagina di fattacci risalenti al 1944 che una parte degli elbani ha voluto sotterrare.
L'eroismo di Olimpia
Che fece Olimpia? Si offrì, più precisamente offrì il suo corpo, a una banda di soldati delle colonie francesi appena sbarcati che stavano per stuprare alcune ragazzine, giovinette si sarebbe detto un tempo. I soldati mollarono le ragazzine e presero lei. E ne fecero quello che avviene negli stupri di guerra: una brutale violenza di gruppo.
Anche Olimpia era giovinetta: aveva solo 21 anni, ma si manteneva già con il suo duro lavoro e aveva uno stile di vita molto più libero di quanto consentiva la morale del tempo: di giorno sgobbava con i panni da lavare, di sera usciva vestita di tutto punto con gli abiti che si cuciva da sola. Come si legge nella prima (e unica) biografia ufficiale curata da Raimonda Lobina per il sito Enciclopedia delle donne, Olimpia era generosa, solare - «sorrideva sempre» dice chi la ricorda - e si faceva in quattro per aiutare chi aveva bisogno. E soprattutto faceva l'amore con chi le pareva e le piaceva.
Oggi la considereremmo semplicemente una donna libera, allora era una «ragazza chiacchierata» e, per le comari del paesino, una-poco-di-buono. Forse è per questo che, dopo quel maledetto '44, nella storie passate di bocca in bocca e poi finite anche sui rotocalchi, Olimpia viene definita «prostituta», una delle ragazze del bordello. Non lo era. Anche se lo fosse stata, il valore del suo gesto sarebbe lo stesso.
La vicenda di Olimpia è stata definita «eroismo senza celebrazioni e senza medaglie» sulle pagine del Corriere Elbano, nel 1985, pochi giorni dopo la sua morte.


Il riconoscimento
Ci voleva l'80esimo anniversario dello sbarco, quel maledetto sbarco alleato del 17 giugno 1944, un articolo uscito sulle pagine di Sette-Corriere della Sera e un sindaco appena eletto per riaprire questa pagina, smuovere acque rimaste ferme troppo a lungo e dire finalmente quello che andava detto: Olimpia Mibelli va celebrata. Magari proprio dedicandole la via dove ha vissuto.
Il sindaco di Portoferraio Tiziano Nocentini, durante un evento culturale a San Piero in Campo, dedicato proprio a Olimpia e ai fattacci del '44, si è impegnato a farlo davvero e sul caso è intervenuta anche l’associazione Toponomastica femminile con una richiesta formale alla giunta.
Lo sbarco dei francesi



Ma, tornando ai fattacci del '44, chi erano i soldati predatori e come è potuta avvenire questa rimozione collettiva?
Il 17 giugno 1944 i francesi guidarono uno sbarco di truppe coloniali africane sulle coste dell’Elba: l’unico (e inutile) sbarco francese in Italia. Inutile perché strategicamente non serviva a nulla, se non a far morire centinaia di soldati sulla spiaggia minata di Marina di Campo: gli alleati avevano già preso Roma ed erano nel sud della Toscana, i tedeschi ancora presenti sull’Isola se ne sarebbero andati di lì a poco.
Ma il comando francese doveva dimostrare agli alleati di saper condurre un’operazione in vista dello sbarco nel sud della Francia e poi aveva evidenti mire di conquista sull’Elba, il gioiellino di Napoleone, così vicino alla Corsica.
Le truppe scelte per lo sbarco erano carne da cannone, migliaia di ragazzi reclutati e addestrati in fretta nelle colonie africane francesi a cui furono fatte promesse poi mai mantenute: la cittadinanza francese e una dignitosa pensione. Ma soprattutto questi soldati erano stati stati istruiti a vedere in ogni persona che avrebbero incontrato un «fascist» o un «allemand», un tedesco. Senza distinzione tra civili e militari.
48 ore di orrori e violenze
A chi sarebbe sopravvissuto allo sbarco fu promesso un «diritto di preda» un lasciapassare per ruberie e disordini che in molti presero alla lettera.
Non si spiegano diversamente le 48 ore di orrore e violenze a cui soldati si lasciano andare mentre sottufficiali e ufficiali si giravano dall’altra parte. Con l’adrenalina e un mix di pasticche e alcol in corpo, i «fucilieri senegalesi» entravano nelle case dei contadini, sfondavano porte, rovistavano, picchiavano con il calcio del fucile, sparavano e chiedevano vino, cibo e donne. Soprattutto donne. I documenti ufficiali del tempo parlano di 200 casi di stupri accertati. Ma non servono i documenti, perché non c’è famiglia di Marina di Campo, di Procchio o di Portoferraio che non abbia memoria di una violenza subita.
Le violenze dell’Elba nel '44 fanno parte delle tante, tantissime violenze commesse da soldati delle truppe alleate durante la campagna d’Italia. Gli stupri in Ciociaria, resi celebri dal romanzo La Ciociara e poi dal film omonimo, furono migliaia.
Un dramma taciuto per 80 anni
Ma se gli stupri dell’Italia Centrale restarono sotto traccia in nome della regola «non si parla delle malefatte dei liberatori» fino al disvelamento operato dal film di De Sica, quelli dell’Elba sono rimasti nell'ombra.
Non si è voluto dimenticare solo Olimpia, ma anche le altre 200 donne sopravvissute alle violenze. O meglio, si è finito con il dimenticare Olimpia perché si è voluto rimuovere tutte le violenze.
Ci sono pubblicazioni di storia locale che spiegano i dettagli dell’Operazione Brassard (questo il nome tecnico dello sbarco), ci sono analisi, ricostruzioni. Ma alla voce "stupri" si resta sul vago: è un «argomento delicato». Mai finora lo si è affrontato dalla giusta prospettiva, ovvero ricordarli mettendosi dalla parte di chi li ha subiti. C’è riuscito solo un romanzo storico, uscito nel 2022, La figlia del Ferro, di Paola Cereda, ispirato alla storia di Olimpia e frutto di tre anni di studi e raccolta di testimonianze tra le anziane dell’Isola.
«All’Elba non c’è stata liberazione, ma sbarco», è un modo di dire diffuso da queste parti per rimarcare che non c'è niente da celebrare. Che sono orrori di cui «non si può parlare». Ma il risentimento – legittimo – ha portato alla rimozione anziché al rispetto della memoria. Il moralismo ha prevalso sui diritti. E poco è stato fatto fino ad oggi per restituire dignità alle sopravvissute.
Ma del resto lo stupro è reato contro la persona e non più contro la morale solo dal 1996 e lo stupro di guerra è considerato un crimine contro l’umanità solo dal 2002.



I figli dello sbarco
Nessuna sopravvissuta del '44 è ancora in vita. Ma «i figli dello sbarco» sì. Gravidanze indesiderate, fidanzate ripudiate, aborti clandestini finiti in tragedia, figli nati e dati in adozione lontano. Queste violenze hanno lasciato uno strascico pesante di vita, dolore e morte. E qui Olimpia Mibelli fu eroina due volte, perché come lei anche sua sorella Andreina fu violentata. Restò incinta, decise di crescere il suo bimbo nero da sola.
Lo chiamò Luciano perché era la sua luce.
Furono le sorelle Olimpia e Andreina a sfidare i pregiudizi anche dentro la loro famiglia e a decidere che sì, si poteva amare un figlio non desiderato e crescerlo anche da sole, contro tutti. Oggi, la figlia di Luciano, Sara Fabiani, è diventata la testimone sull’Isola di questa sorellanza speciale.
«Ho appreso da adulta la vera storia della mia prozia e di mia nonna, sempre per quella coltre di pudore che sovrasta i fatti del 44, però fin da piccola ho percepito nella mia famiglia un collante d’amore particolare. Perché alla fine, è l’amore che ha vinto su tutto» dice Sara che oggi porta avanti la battaglia perché Olimpia Mibelli abbia il riconoscimento che merita e perché la sua storia sia di insegnamento per le generazioni a venire.
Una via a lei dedicata, certo, sarebbe un bel passo avanti. Ma un centro antiviolenza con il nome della prozia Olimpia, si augura Sara, sarebbe forse la testimonianza più concreta che quella “giovinetta” nata in un giorno di tempesta da genitori analfabeti non è vissuta invano

per La Corte di cassazione (sentenza 22778) Non è vittima del dovere il maresciallo ferito per sedare la rissa

Patrizia Maciocchi • 5 ora/e il sole 24 ore



Sedare una rissa nel corso di una pattuglia rientra nella “routine” dell'attività di un maresciallo, compreso il rischio di restare dferito. Per questo al carabiniere non può essere riconosciuto lo status di vittima della criminalità o del overe che dà diritto ad una pensione privilegiata. La Corte di cassazione (sentenza 22778) ha così respinto il ricorso fatto dal militare dopo che il ministero dell'Interno gli aveva negato i benefici che sarebbero derivati dal riconoscimento richiesto. 
E la Corte d'Appello aveva confermato il no del Viminale, malgrado le lesioni gravi subìte dal carabiniere che era intervenuto in una missione a suo avviso non “ordinaria”, cercare di evitare il peggio in una rissa scatenata tra automobilisti per motivi di circolazione stradale.
Per la Corte territoriale non era stata un'azione di contrasto alla criminalità organizzata e mancava “un rischio specifico per la particolare pericolosità dell'attività concretamente svolta” in genere connesso ad operazioni di polizia preventiva o repressiva. Infine il militare non era in missione. Per queste ragioni la Corte di merito aveva considerato il rischio insito nell'attività ordinaria ed escluso “la dipendenza da causa di servizio correlata a particolari condizioni ambientali e operative”. Ad avviso della Corte d'Appello, nei giri di pattugliamento costituisce “circostanza normale l'eventualità di imbattersi in soggetti a rischio”. Non passa dunque la tesi del ricorrente, secondo il quale fronteggiare la diminalità comune non è diverso dall'affrontare quella organizzata

13.8.24

[ Gli atleti italiani sono stati straordinari: la politica ora eviti di mettere le mani sul loro sport REPRISE ] Grazie compagno Velasco". I comunisti intruppano il ct azzurro

di cosa stiamo parlando
 Gli atleti italiani sono stati straordinari: la politica ora eviti di mettere le mani sul loro sport ed eviti la propaganda xenofoba e ultra nazionalista alla vanacci e company

Le olimpiadi    si lasciao   anchora  delle   scorie  polemiche    fra  chi accetta  un italia  multietnica   e  chi no  ,  e  sul  concetto    d'italianità  . Ora   sapete  tutti\e       che    detesto  tale  quotidiano   e  la  sua ideologia . ma  è  la  conferma  che  spesso nella  💩 ci posso  essere  delle perle . 
Stavoltà   anche  se  in parte   ha  ragione  .  Quidi   ques  articolo    conferma      , quello  che avevo già espresso chiaramente    nel post precedete  .finitela   di strumentalizzare  la  bellissima vittoria    e gli atleti  italiani 

ecco l'articolo    in questione  


Marco Leardi 13 Agosto 2024 - 16:35

"Grazie compagno Velasco". I comunisti intruppano il ct azzurro  L'assurda strumentalizzazione dell'ultrasinistra, che sui social celebra il ct argentino non come talentuoso allenatore ma come "militante comunista"



Hasta la victoria, "compagno Velasco". La strumentalizzazione politica dell'oro olimpico conquistato dall'Italvolley femminile non bastava. Così, dopo aver trasformato il trionfo azzurro in un fazioso spot a favore dello ius soli, la sinistra ha cercato di intruppare l'allenatore Julio Velasco erigendolo a novello emblema del comunismo vittorioso. Nelle stesse ore in cui i social traboccavano di messaggi riguardanti le imprese tricolori a Parigi, in rete sono infatti iniziati a circolare post che celebravano il ct argentino non per il suo talento sportivo ma per le sue idee politiche di gioventù, maturate peraltro in un periodo storico particolarmente complesso.
A diffondere tali messaggi di propaganda sono stati account di area antifascista, riconducibili all'ecosistema della sinistra militante. "Non tutti sanno.... Julio Velasco, antifascista, era iscritto al partito Comunista argentino. Oppositore del regime fascista di Videla e per questo perseguitato", si legge in uno di questi post, poi rilanciati a cascata e senza spirito critico, come spesso accade sui social. In effetti, in gioventù il dirigente sportivo fu presidente del comitato studentesco della sua facoltà e attraversò gli anni difficili della dittatura militare in Argentina, periodo durante il quale vide scomparire anche dei suoi amici. Ma azzardare un paragone tra quella antica militanza e l'attualità è un insulto all'intelligenza, oltre che un maldestro tentativo di connotare politicamente una vittoria sportiva.
"Grazie al compagno Julio Velasco. Professore di vita", si legge sull'account Facebook del Partito Comunista Italiano di Siracusa. Di colpo, al vittorioso allenatore argentino hanno tolto la casacca tricolore e appioppato l'eskimo: davvero curiosa la mossa dei compagni, che fino all'altro ieri nemmeno si erano accorti della presenza di Velasco sulla panchina delle azzurre dell'Italvolley. All'indomani dell'oro olimpico di Parigi, la reazione più naturale sarebbe stata quella di applaudire le capacità di un ct in grado di motivare le nostre atlete e di impostare una strategia vincente per il team azzurro femminile, mai arrivato così in alto nella sua storia. Invece no: a sinistra l'istinto è stato quello di trasformare il leader sportivo in un lider maximo in salsa antifascista.
Peccato però che lo stesso Velasco, intervistato a caldo dopo l'impresa olimpica, avesse smorzato ogni tentativo di strumentalizzazione politica. Interpellato dai cronisti sulle polemiche politiche sorte attorno ai Giochi, l'allenatore ha dichiarato: "La politica oggi è bianco o nero. Viviamo in un momento in cui tutti hanno subito un'opinione, anche se non sanno di cosa si tratta. Questo non mi appartiene". Al contrario, chi ha cercato di mettere di mezzo il comunismo non ha fatto altro che assecondare proprio lo schema manicheo criticato dallo sportivo, probabilmente con il condivisibile obiettivo di tenere lontana la politica spicciola da un'impresa storica che dovrebbe far gioire tutti. Senza distinzioni.

 il resto sono le  solite  fregnace  sovraniste       che    non sono degne  d'essere riportate  e  non meritano  nessun  ulteriore   coommento  a  quanto già detto    nel  post  precente vedre url  in cima  al  post   . 

Moda da cani: psicofarmaci per sedare FidoSpesso si sceglie un animale in base all’estetica e non alle sue esigenze, salvo poi scoprire che in casa un molosso soffre e “impazzisce”:




per  approffondire   









una tendenza preoccupante: l’uso di psicofarmaci per calmare i cani. Spesso, le persone scelgono un animale domestico basandosi sull’estetica piuttosto che sulle sue esigenze specifiche. Questo può portare a situazioni in cui il cane, specialmente se di una razza grande come un molosso, soffre e sviluppa problemi comportamentali. In questi casi, alcuni proprietari ricorrono agli psicofarmaci per “calmare” l’animale.  Facendo   la scelta sbagliata   . Infatti  



 Il Fatto Quotidiano  13 Aug 2024  
                                   Natascia Ronchetti

Una moda da cani: sedare il fido con gli psicofarmaci

Spesso si sceglie un animale in base all’estetica e non alle sue esigenze, salvo poi scoprire che in casa un molosso soffre e “impazzisce”: così lo si deve “calmare”


A Milano va di moda possedere un Kangal, molossoide d’origine turca selezionato per proteggere le greggi da lupi e orsi: non proprio adatto a vivere in appartamento. Provate a chiuderlo in 50 metri quadrati e come minimo svilupperà ansia e aggressività. “La scelta di un cane dovrebbe essere consapevole”, dice Alberto Perini, veterinario comportamentalista di Saronno (Varese). L’alternativa – se l’animale morde, si ribella al padrone o azzanna il portalettere – è la somministrazione di psicofarmaci.

Benzodiazepine, antidepressivi. Per rasserenarlo e renderlo più mansueto. Per poi intervenire con una terapia comportamentale. Possibile? Sì, la pratica è sempre più diffusa. “Anche perché in Italia manca una cultura canina e non è previsto l’obbligo del patentino, rilasciato dopo un apposito corso, come avviene per esempio in Germania o in Svizzera”, spiega Perini. Cosa che contribuisce a spiegare anche l’escalation di aggressioni degli ultimi anni, soprattutto ai danni dei bambini.

Si prende un cane perché è in auge e poi magari si pretende di tenerlo sedato. “Il trattamento con gli psicofarmaci deve essere temporaneo – dice Carla Bernasconi, veterinaria di Milano –. E un bambino non dovrebbe mai essere lasciato solo con l’animale, anche se è il più buono del mondo e non ha mai dato segni di aggressività”. Pretendere che un Alaskan Malamute, selezionato per vivere in ambienti molto freddi e trainare carichi sulla neve si adatti a luoghi caldi equivale ad aspettarsi che gli uomini si muovano al trotto come i cavalli. E bisogna sapere che un border collie è un cane da lavoro (molto intelligente) che può sviluppare in contesti non adatti comportamenti ossessivo-compulsivi.

In Italia ci sono oltre 7 milioni di cani. E le preferenze si stanno orientando verso i molossi (pitbull a parte che non riscuotono più grande successo). “Esistono 400 razze ma la gente continua a scegliere senza sapere per quali scopi sono state selezionate”, avverte Rita Cerevico, addestratrice piemontese. “Poi ci sono tanti privati che procedono agli accoppiamenti senza valutare la selezione del carattere e magari abbandonano gli esemplari se non sono gestibili – dice Bernasconi –. Invece va sempre ricordato che il cane è un animale sociale, ha bisogno di riferimenti e continuità”.


Quindi secondo  molti    psicologi veterinari: “La chimica deve essere usata solo in emergenza”


L’oro folle della principiante, il dilettante senza sponsor ultimo e felice e la toilette del Bistrot, Made in Hollywood Gli Usa si prendono i Giochi già a Parigi

 si vede  che ancora   il  clamore  di queste  olimpiadi non si è  ancora  spento  . Infatti credevo  d'aver   chiuso  la mia rassegna  stampa    qu.ando  ricevo la  segnalazione di questi due  articoli  .  

dail fatto quotidiano  del  13\8\2024   



L’oro folle della principiante, il dilettante senza sponsor ultimo e felice e la toilette del Bistrot

FOTO ANSA

 L’italiano Diego Aldo Pettorossi

Lo spilungone tedesco Nils Politt, mentre pedalava come una furia per le strade di Montmartre, nel mezzo della gara olimpica si è dovuto rifugiare nella toilette del bistrot parigino Les Deux Moulins: l’accoppiata poca acqua in borraccia e troppi gel ingeriti prima della competizione hanno reso l’impresa più insidiosa del previsto. Le Olimpiadi sono lacrime, sudore, sport e medaglie, ma anche un gran contorno che dà forma all’evento sportivo globale. “Bob the Cap Catcher”, il dipendente della piscina olimpica rimasto senza nome che si è tuffato in costume colorato per raccogliere dal fondo la cuffia di un’atleta.

Il duecentometrista Diego Aldo Pettorossi ha gareggiato da unico non professionista della Nazionale italiana, senza sponsor. Alle qualificazioni è arrivato 48° su 48. Si allena nel tempo libero e fa lo sviluppatore per un’azienda Usa, ha chiesto un periodo di aspettativa per potersi preparare. I democratici giochi francesi hanno accolto anche la breakdance: In gara, la b-girl Rachel Gunn. Ricercatrice alla Macquarie University di Sydney, Raygun – il nome di battaglia – ha ottenuto 0 come punteggio. Performance sbertucciata per bizzarria e totale assenza di tecnica, ma che le è valsa la difesa da parte del capo dei giudici di breaking Martin Gilian per “anticonformismo e originalità”, e l’applauso alla cerimonia di chiusura. Impossibile non aver notato il faccione allungato di Snoop Dogg. Un po’ come Where’s Wally, il gioco dell’inglese Martin Handford, in cui il lettore deve trovare nell’illustrazione il ragazzino con la maglia a righe bianche e rosse, era diventata una sfida intercettare il rapper. Con un cachet di circa 500 mila dollari al giorno, Calvin Cordozar Broadus (nome di battesimo) era inviato dell’nbc, oltre che ospite d’eccezione: entra nella storia la tenuta da fantino alle gare di equitazione. Con lui, la conduttrice tv e regina del bon ton Usa Martha Stewart.

Sanità pubblica in Francia è la scoperta che lascia sbigottita Ariana Ramsey, americana e medaglia di bronzo nel rugby, che su Tik Tok racconta: “Non solo abbiamo cibo gratis, ma anche cure mediche!”. Dice di essersi prenotata per un check-up completo. Poco dopo, Ebony Morrison, specialista dei 110 ostacoli, ha colto l’occasione per fissare visite specialistiche. Definita “folle” la storia della ciclista Kristen Faulkner: nata in Alaska, dopo la laurea ad Harvard in Informatica nel 2015, diventa capitalist. Comincia col ciclismo su strada solo 7 anni fa con un corso per principianti a Central Park; gli allenamenti ogni mattina all’alba, poi il trasferimento in California per allenarsi a tempo pieno. Un mese prima dei Giochi viene aggiunta alla squadra: a Parigi vince l’oro nella corsa su strada.



Leonardo Coen Momenti

Made in Hollywood Gli Usa si prendono i Giochi già a Parigi

La Francia saluta l’olimpiade con una cerimonia di chiusura quasi “riparativa”. Lo show di Tom Cruise passa le consegne a Los Angeles 2028

FOTO ANSA
Mission Impossibile Tom Cruise, 62 anni, nei panni di Ethan Hunt allo stade de France

Hollywood va a Parigi e porta via le Olimpiadi. Le prossime saranno sue, ed è la terza volta. Ci pensa il divo più emblematico: Tom Cruise nei panni di Ethan Hunt, l’agente della Mission Impossible Force. Succede domenica sera, 11 agosto, allo Stade de France. Dove si svolge una cerimonia di chiusura protocollare e dimessa. Quasi riparatoria, dopo le polemiche seguite alla provocatoria, geniale e inclusiva cerimonia d’apertura che si è svolta lungo la Senna.

Siamo agli sgoccioli. Sul grande palco allestito nello stadio, Thomas Bach, presidente del Cio, consegna la bandiera olimpica alla settantenne Karen Bass, sindaca dem di Los Angeles. Quattro fari inquadrano Tom Cruise sul tetto dello stadio. Irrompe la colonna sonora di Mission Impossible. Tom si cala rapido, come nei film della saga cinematografica. Molla l’imbracatura. Attraversa la folla in delirio degli atleti sciamati sul terreno dello stadio, rito di fine Giochi. Balza sul palco. Ammirazione per l’atletica star 62enne. Avvicina la Bass, prende la bandiera, saluta e corre a perdifiato verso una moto nera di grossa cilindrata. In piedi sui pedali, sgasa. Schizza fuori dallo stadio. Altro che Los Angeles. I prossimi Giochi hanno l’imprimatur di Hollywood. Ne saranno il manifesto. Lo specchietto per le allodole degli sponsor.

Adieu, Paris! Ora tocca di nuovo a noi. Alla Mecca del cinema. Dei sogni. Delle avventure. Della fantasia. Ma anche delle illusioni. Dei melodrammi amarissimi, come quelli in agguato nello sport, dei campioni sul viale del tramonto (il Sunset Boulevard non è mai in estinzione). Siamo diventati piuttosto accorti, nelle produzioni. Spendiamo per guadagnare, come abbiamo fatto nel 1984, varando la più economica e redditizia Olimpiade di sempre, l’unica che ha fruttato subito quattrini (75 milioni di dollari di utili agli organizzatori). Non costruiremo un Villaggio Olimpico, ma ospiteremo gli atleti al campus dell’ucla, una delle università più famose, ha promesso Casey Wa s s e r m a n , presidente del Comitato organizzatore, “non abbiamola Tour Eiffel, ma abbiamo le lettere di Hollywood”. Il fascino indiscreto del cinema…

Come il minifilm di Tom Cruise, sugli schermi giganti dello Stade de France: eccolo scorrazzare per gli Champs Elysées, eccolo mentre s’infila con la moto nella pancia di un grosso Hercules militare da trasporto. Rotta sulla California. Ora è giorno. L’aereo sorvola le colline di Los Angeles. Cruise si prepara al lancio in caduta libera. Atterra perfettamente a due passi dall’immortale scritta Hollywood. Tra la “y” e la “w” campeggiano i cinque cerchi delle Olimpiadi. Tom sventola la bandiera. Inquadratura successiva. Tom arriva al Coliseum, lo storico stadio olimpico di Los Angeles del 1932. Consegna la bandiera: missione compiuta. Ovazione. Lo sciovinismo francese cede alla seduzione dello schermo.

Purtroppo, delude il siparietto successivo. Spiaggia di Palm Beach, piccola folla di ragazzi che si sbracciano: su un palco accanto alla baracca dei bagnini suonano i Red Hot Chili Peppers, Billie Eilish e i rapper Snoop Dog e Dr Dre. Cosa c’entrano coi Giochi? Col progetto di Olimpiadi “verdi” senza auto? Con il trovare alloggio a 75 mila senzatetto? Con “implicare tutta la popolazione”, secondo l’idea della Bass, ispirandosi a Parigi, ma non tradendo l’anima profonda della città degli angeli? Non a caso la stampa Usa si è incazzata, trovando deprimente guardare un video così, e il relativo scaltro messaggio (made in France) che nessuno saprà mai fare come Parigi. Ogni Olimpiade ha la sua identità, ha detto la Bass, quello di Los Angeles affonda nel mito del cinema, nelle sue riflessioni sui temi, sui problemi individuali e collettivi, sui conflitti tra passione e ideologia, sullo spettacolo come alimento sociale. Come lo è, in fondo, lo sport. Metafora di tutto. Anche della libertà, dei diritti che vietano la discriminazione e dei conflitti multiculturali, come si è visto a Parigi. Non solo di gloria. Comunque, il film raccolse 4 Oscar.





12.8.24

Concerto di vinicio caposela time in jazz 11.8.2024

 Dopo  la    sbornia   di  storie  , polemiche  ,  emozioni   , ecc  di cui  ho concluso   con  i due  ultimi  post I   II   anzi  un   III  vista  la  mia indignazione  ed    rabbia    per  l'uso   strumentale  e ideologico     che  la  politica    soprattutto  i  filo   vannacciani       stanno facendo   sulle   bellissime  gare   degli atleti  italiani    )  la  rassegna  stampa       su  queste  olimpiadi  .  Infatti   ieri      anzichè  vedere  la  cerimonia  di  chiusura   che  mi  pare  da quello che lego  sui  social  ha  creato polemiche   per  la  sua  pacchianità  e  per elogio  dei    valori  " pagani  " , mi sono    visto  a  time  in jazz  ed   2024   il bellissimo  concerto    di vinicio Caposela  .   Spesso le foto dicono  più di mille  parole . ecco il mio reportage  fotografico 















LE ANIME BELLE ESISTONO E RESISTONO ... Lei si chiama Chiara Trevisan, ha 46 anni e di mestiere legge libri agli sconosciuti.

  da   Mauro Domenico Bufi    21 dicembre alle ore 11:05   il suo carretto carico di libri, frasi, parole, storie. In testa un buffo cappell...