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27.5.25

DIARIO DI BORDO N 122 ANNO III Daniela Strazzullo uccisa dalla compagna, Vannacci: «Perché quando una donna uccide una donna non si parla di femminilità tossica?», il turismo macabro a Garlasco ., Le cicliste in rosa per il quarto anno percorreranno l’isola in lungo e largo, toccando le principali strutture sanitarie, per sostenere le donne che hanno affrontato la lotta contro il cancro ., e altre storie

 da leggo.it     tramite  https://www.msn.com/it

Daniela Strazzullo uccisa dalla compagna, Vannacci: «Perché quando una donna uccide una donna non si parla di femminilità tossica?»

Le parole di Roberto Vannacci, vicesegretario della Lega e europarlamentare, tornano a far discutere. Questa volta lo fa con un post su Facebook, in cui, commentando la tragedia avvenuta il 23 maggio alla periferia est di Napoli - dove Ilaria Capezzuto ha ucciso la sua compagna Daniela Strazzullo prima di togliersi la vita - mette in discussione il concetto di “femminicidio” e propone un’inedita quanto discutibile categoria: la “femminilità tossica”.
DONNA UCCIDE COMPAGNA: FEMMINILITA' TOSSICA E MATRIARCATO.
Quando un uomo uccide una donna qualcuno lo vorrebbe chiamare femminicidio e si tira in ballo la mascolinità tossica e il patriarcato. Ma quando una donna uccide una donna a causa di una relazione sentimentale (per così dire) come mai nessuno fa paragoni e promuove l'espressione di FEMMINILITA' TOSSICA e il MATRIARCATO?
Quando io dico che una delle cause più accreditate di questo genere di crimini è l'aver educato dei giovani deboli e l'aver elevato la debolezza ad una virtù vengo confermato da queste purtroppo tragiche vicende.
no, spett Vanacci  ,perché il patriarcato è realtà, il matriarcato no. Il femminicidio è un omicidio figlio di una superiorità di genere maschile insita nella cultura e nella società. Quindi va da sé che non si possa parlare di femminilità tossica   e paragonarlo  al femminicidio.

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  corriere  della sera  

La Las Vegas della Lomellina dall'«acqua miracolosa» diventata «luogo del delitto»: quei tour dell'orrore a Garlasco come fu per Erba e Avetrana

di Giorgio Scianna

Prima dell'assassinio di Chiara Poggi Garlasco la conoscevano in pochi.

La cronaca nera ne ha trasformato completamente fisionomia e immaginario collettivo, tra curiosi, sciacalli, questuanti di selfie e personaggi in cerca di fama

 Se per un paese di meno di diecimila abitanti finire all’improvviso sotto i riflettori del circo mediatico per un fatto di sangue è un’ubriacatura dolorosa, ricaderci mani e piedi a distanza di diciott’anni è un trauma, il riaprirsi di una cicatrice che non si sa quando potrà rimarginarsi. E poi c’è il fastidio che il proprio mondo, tutto il proprio mondo, si liofilizzi in un’espressione: il luogo del delitto. È successo ad Avetrana, è successo a Erba. Nessuno vuole diventare — o peggio ancora ridiventare — una meta di horror tour. Garlasco prima del 13 agosto 2007, il giorno del delitto di Chiara Poggi, la conoscevano in pochi. Eppure non è mai stato un paese come un altro.Quando ero ragazzo lo chiamavamo la Las Vegas della Lomellina, un ossimoro bello e buono. La Lomellina significa risaie, pioppi e rane, un’area agricola piantata nel mezzo della pianura padana industriale, campagna vera, profonda che pare a mille miglia dalle grandi città. Eppure — anche se non ci sono le luci e i casinò del Nevada — la storica discoteca delle Rotonde è sempre stata lì, così come le piscine con i trampolini, le birrerie e i ristoranti.Insomma era — e un po’ lo è ancora — un cortocircuito tra mondo contadino e divertimentificio, tra pop e arcaico. A pochi chilometri da lì c’è il santuario della Madonna della Bozzola dove anni fa centinaia di persone accorrevano ogni settimana per seguire i riti di liberazione dal maligno e dalle maledizioni. Nel 2009 si è sparsa la voce che in una cascina lì vicino zampillasse una fonte miracolosa, così migliaia di persone hanno finito per paralizzare la strada provinciale con le loro taniche. Le voci incontrollate di guarigioni da malattie della pelle e dal fuoco di Sant’Antonio sono andate avanti finché non è intervenuta l’Asl dichiarando che le acque presentavano una concentrazione talmente alta di una sostanza erbicida da non essere nemmeno potabili. Bizzarrie finite nel cassetto dei ricordi e del folklore. Per lo più Garlasco è un posto tranquillo dove si è sempre vissuto bene. La cronaca nera adesso ha invaso tutto, l’unico fondale di Garlasco impresso nell’immaginario collettivo è quello delle villette di buona fattura ai lati delle strade che sono diventate luogo del delitto, fotogramma fisso alle spalle dei cronisti nei telegiornali nazionali e icone macabre dei social. Un destino strano per Garlasco, che credo abbia, come tutti i paesi intorno, una vocazione alla discrezione. La conosco quella gente — in un paese poco distante ci sono cresciuto e ora vivo a uno sputo da lì — si sente da queste parti l’aria della Lombardia che si infila nel Piemonte. A parte i protagonismi di qualche balordo, c’è poco gusto per i riflettori, c’è una tendenza piuttosto alla vita defilata, nascosta tra i pochi amici di sempre e le serate al pub quando si è ragazzi e un pendolarismo su Milano quando si diventa adulti, senza mai tagliare il cordone con il paese.Delle frasi in pubblico della madre di Chiara, anche nel momento del precipitare delle immagini, ricordo solo parole ispirate a una compostezza assoluta. A qualcuno potranno essere sembrate strane, per me era naturale, una compostezza naturale, imprescindibile anche nella tragedia. Ne conosco di donne così, e di uomini così, io stesso sono cresciuto impastato con quella pasta.Certo, questa discrezione della vita di una provincia piccolissima può essere una trappola, a volte: da ragazzi, ma anche da adulti, preferiamo vivere vizi e virtù nascostamente. Conoscere l’altro in provincia è forse più complicato — e in alcune province come la mia forse lo è ancora di più — sarà per quello che i migliori scrittori e i migliori registi imparentati col noir e col poliziesco ambientano spesso le loro storie in centri piccoli. Questo non c’entra niente con le indagini di questo caso, c’entra con la difficoltà di afferrare le storie che vivono a queste latitudini.L’altro giorno il corso di Pavia era intasato da un gran numero di curiosi davanti al Tribunale: c’era Fabrizio Corona che faceva le sue rivelazioni, c’erano le tv… Non so quanto andrà avanti tutto questo. Sarà una mia impressione, ma oggi mi sembra che il centro della questione e della chiacchiera non sia più tanto nella lotta tra le fazioni di innocentisti e colpevolisti rispetto alle persone coinvolte.Quello che sconvolge è vedere un film già visto con i giornalisti appostati ancora in quelle tre strade del paese mentre le nuove ipotesi investigative rilanciate dai media sembrano non avere confini. C’è costernazione per una parola fine che non arriva mai.C’è, più di ogni altra cosa, urgenza di sapere che giustizia è stata fatta, qualsiasi questa giustizia sia. È innegabile che intorno a noi sia scoppiata una fiammata di curiosità, tanto improvvisa quanto forse fragile, come capita a ogni fuoco che si riaccende dalla brace dopo troppo tempo.Ma alla fine c’è l’augurio di tutti di arrivare a una verità inconfutabile, e forse l’augurio di qualcuno di trovare solo un po’ di pace.


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  fonti  www. unionesarda.it ,https://www.logudorolive.it/

Pink Flamingos, sport e solidarietà con il giro della Sardegna in bicicletta

Partenza domani alle 8.30 dall’Ospedale Businco di Cagliari, arrivo sabato 31 a Molentargius



Le cicliste in rosa per il quarto anno percorreranno l’isola in lungo e largo, toccando le principali strutture sanitarie, per sostenere le donne che hanno affrontato la lotta contro il cancro.Sport e solidarietà, con tanta voglia di sano agonismo e di godersi tante splendide cartoline di Sardegna. Alla prima edizione del 2022 sono partite in 8, ma domani saranno 18 le cicliste che, alle ore 8.30, si ritroveranno davanti all’Ospedale Oncologico Businco di Cagliari per dar inizio al nuovo Tour, pronte ad accogliere lungo il percorso altre cicliste che hanno affrontato e superato un tumore o vogliono prevenire la malattia.Come si legge in un comunicato stampa, la manifestazione ciclistica a tappe organizzata dalla ASD Flamingos’s Roads ha tre forti e ambiziosi obiettivi:


1) Convincere tutte le donne che sebbene l’incontro con il cancro sia un trauma, è sempre possibile andare avanti e riprendersi pienamente, anche e soprattutto salendo in bicicletta, che si rivela un mezzo potentissimo per combattere questa terribile malattia. Pedalare sotto il sole e lungo le meravigliose strade panoramiche della nostra amata Sardegna, aiuta a contrastare la depressione e l’ansia, favorisce il recupero fisico e psicologico, migliora la qualità della vita e regala una meravigliosa sensazione di benessere;
2) Stimolare tutte le donne che, fortunatamente, la malattia non l’hanno vissuta, alla prevenzione, invitandole a seguire un’alimentazione sana e a praticare una regolare attività sportiva, in particolare il ciclismo. Pedalare permette di mantenere un peso corporeo sano,riduce i fattori di rischio per lo sviluppo di diverse tipologie di cancro, in particolare stimola il sistema immunitario, aumentando la produzione di globuli bianchi e anticorpi che aiutano a combattere le cellule tumorali; inoltre, l’attività favorisce la riduzione dei livelli di estrogeni, ormone coinvolto nello sviluppo di alcuni tumori, come quelli al seno e all’utero;
3) Incoraggiare nuove donazioni e contributi per acquistare un terzo casco refrigerante (macchinario di ultima generazione in grado di impedire la caduta dei capelli durante la chemioterapia) da donare ad un’altra struttura oncologica sarda dopo quelli già regalati all’Ospedale di Alghero (Tour del 2023) e di Lanusei (Tour 2024).

Le tappe – Domenica 25 maggio è in programma la Cagliari-Oristano di 103 km (si toccherà anche il Centro Oncologico dell’Ospedale di San Gavino Monreale).

Lunedì 26 maggio sarà la volta della Oristano-Alghero di 110 km. Sarà l'appuntamento più impegnativo della settimana perché dopo aver superato le pianure del Sinis, le cicliste affronteranno la lunga salita verso Cuglieri per poi tornare al mare di Bosa e quindi percorrere la strada litoranea con i numerosi e ripidi saliscendi fino ad Alghero.

Martedì 27 maggio poi c’è la giornata ciclistica programmata in due semitappe: la prima sarà relativamente facile e pianeggiante (Alghero-Sassari di 36 km), ma dopo i previsti incontri con le Autorità cittadine e sanitarie, di vorrà proseguire nel primissimo pomeriggio per altri 64 km ben più impegnativi che porteranno all’Ospedale di Ozieri.

Mercoledì 28 maggio c’è la Ozieri-Olbia di 70 km. Giovedì 29 maggio la Olbia-Nuoro di 108 km ha come spauracchio finale la salita finale della “Solitudine”.

Venerdì 30 maggio sarà la volta della Nuoro-Lanusei, 70 km: una tappa relativamente breve che prevede però il superamento del punto più alto dell’intera settimana, i 1.062 metri della Galleria di Correboi, tra i monti del Gennargentu.

Sabato 31 maggio è in programma l’ultima tappa, la più lunga: Lanusei-Cagliari di ben 137 km. Si dovrà affrontare la salita di Campu Omu per poi scendere verso il mare di Flumini da dove, negli ultimi quindici chilometri sul Lungomare Poetto, si potrà finalmente iniziare a vivere la soddisfazione di aver portato a termine un’impresa vissuta in un'intensa settimana di pedalate e solidarietà.
LA FINALITA’. Condividere traguardi, stimolare nuove modalità di vita quotidiana, accrescere il valore dell’attività sportiva all’aria aperta. E ancora: essere d’esempio per le altre donne vittime della malattia. Sono questi i capisaldi del progetto “Pink Flamingos”. Durante la sette giorni sarà attiva anche una raccolta fondi per l’acquisto di un ecografo portatile che possa essere trasportato nelle varie parti dell’isola. Le donazioni potranno essere fatte con bonifico bancario intestato a ASD Flamingo’s Roads APS – IBAN: IT12F0103004800000003400350 – con causale: “Pink Flamingos”. 
Il “gemellaggio” – «Sarà il quarto anno di un ideale gemellaggio tra noi e gli ospedali oncologici presenti nel territori», evidenzia Cristina Concas, presidente/ciclista della ASD Flamingo’s Roads. «Con la nostra avventura vorremmo unirli idealmente in un viaggio che dal capoluogo toccherà tutte le strutture di riferimento dell'Isola». «Arriveremo a Molentargius, tra il rosa dei fenicotteri, dove gli splendidi volatili hanno trovato la sicurezza di una casa e di ambiente ideale per la loro esistenza. Un po' come il cammino di chi è riuscito, a fatica e con grande forza d’animo, a sconfiggere il cancro».I patrocini – L’iniziativa gode del patrocinio della Presidenza della Regione Sardegna, della Città Metropolitana di Cagliari e di tutti i Comuni coinvolti. Per informazioni: 349/448.9700, pinkflamingosbike@gmail.com


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repubblica 

Aggredita con il coltello  Mustafa la salva dall’ex  “Urlava, voleva ammazzarla”

Ho sentito le sue grida mentre ero a lavoro. Urlava e chiedeva aiuto. Così sono corso da lei per salvarla». Un agguato in mezzo a un parcheggio a Prato che rischiava di essere l’ennesimo femminicidio se non fosse stato per l’intervento coraggioso di Mustafa, egiziano di 25 anni, e di altri due ventenninordafricani, un ragazzo e una ragazza, accorsi per liberare una professoressa di 52 anni dalla morsa feroce del suo ex compagno, 35 anni e residente a Pistoia, che stava tentando di soffocarla. «Lui ha cercato di ammazzarla: le voleva mettere un sacchetto attorno alla testa e l’ha picchiata: aveva il volto insanguinato quando sono arrivato» racconta ancora Mustafa, «in Italia da tredici anni, prima a Livorno e ora, da due anni, a Prato» dove lavora come dipendente di un autolavaggio in un distributore di benzina. Era lì, accanto ai rulli rotanti e alle auto in coda, quando martedì mattina, pochi minuti dopo le 9, ha sentito le grida della professoressa. Si è fiondato da lei. E non è indietreggiato neppure quando l’uomo ha brandito una lama. Poco dopo sono arrivati anche gli altri due giovani: «Aveva un coltello — aggiunge il venticinquenne — ma non ho avuto paura: in quella situazione, quello che ho fatto assieme agli altri due ragazzi è stato normale. Per fortuna siamo riusciti a liberarla, lei dopo ci ha ringraziato». Quella mattina la donna, mentre si spostava in auto, aveva notato di essere seguita dall’ex compagno. Sperando di essere al sicuro, si è fermata nel parcheggio di un centro commerciale cittadino. Ma l’uomo ha accostato, è sceso dalla macchina, ha iniziato a colpirla con un bastone e poi ha tentato di soffocarla con un sacchetto di nylon fino all’arrivo dei tre giovani che lo hanno costretto alla fuga. Più tardi è stato rintracciato al pronto soccorso di Pistoia, dopo essersi inflitto da solo alcune ferite. Il trentacinquenne, ha raccontato la donna, si sarebbe scagliato con rabbia contro di lei dopo l’ennesimo rifiuto di riallacciare la relazione. «Il coraggioso intervento dei tre cittadini stranieri, rivelatosi decisivo per salvare la vittima — sottolinea Luca Tescaroli, procuratore capo di Prato — costituisce un’icastica rappresentazione di integrazione con la comunità italiana». La docente, che ha riportato dieci giorni di prognosi, ha spiegato che la furia dell’uomo non si sarebbe fermata «fino alle estreme consegu

enze». L’aggressore è stato arrestato per atti persecutori e lesioni personali aggravate .

Ennesima dimostrazione che la bontà e la cattiveria non hanno etnia, ma albergano nell’animo umano di qualunque razza o colore. Sarebbe ora sfatare la falsa retorica che gli immigrati, specie quelli di colore, siano tutti criminali. Ringraziamo Mustafa e i colleghi qui con lui hanno evitatoquesta ennesima tragedia.

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