6.3.05

Senza titolo 600

Sgrena: perché hanno sparato?
di Enrico Fierro

Il faro del blindato ha illuminato con una luce accecante la macchina sulla quale viaggiavano Giuliana Sgrena, Nicola Calipari - entrambi seduti sul sedile posteriore - un maggiore dei carabinieri seduto davanti e un iracheno collaboratore del Sismi alla guida del veivolo. Non è un fuoristrada blindato, ma una macchina come le tante che circolano a Baghdad. Il gruppo non voleva dare nell’occhio, per questo qualcuno di loro aveva indossato abiti arabi. Dalla proiezione del fascio di luce sparato dal blindato americano - un Humvee corazzato - alle raffiche di mitra non sono passati miniuti, neppure secondi. Solo attimi. Accendere la luce, premere il grilletto: si è trattato di una azione unica. Tre-quattrocento colpi, non solo di calibro pesante, ma anche di armi leggere, hanno investito la macchina degli italiani, quasi fino a spaccarla in due.

Questo raccontano a caldo le «fonti» dei servizi accorse sulla strada per l’aeroporto civile di Baghdad dopo la sparatoria che è costata la vita a Nicola Calipari, il ferimento di due agenti del Sismi e della giornalista Giuliana Sgrena. Questo ha dichiarato la stessa Sgrena interrogata ieri dai magistrati romani Franco Ionta e Pietro Saviotti, che indagano sulla «tragica fatalità» di venerdì sera. L’ipotesi di reato è omicidio volontario aggravato e triplice tentato omicidio, il fascicolo, ovviamente, è ancora vuoto, non ci sono indagati. Abbondano, però, le versioni contrastanti, i tentativi di insabbiamento. Sostengono gli americani che l’auto con a bordo l’ostaggio italiano appena liberato viaggiasse a velocità sostenuta. «Non è vero - dichiarano la Sgrena e l’agente del Sismi ai pm romani - : la nostra auto aveva una andatura regolare e non suscettibile di equivoci». E non è vero che la macchina non sia fermata ad un chek-point. «A spararci addosso - dicono i due - è stata una pattuglia che ha sparato dopo averci illuminato con un faro». Gli americani, invece, parlano di «procedure rispettate» e dicono che i militari di pattuglia «hanno tentato più volte di chiedere all’autista di fermarsi». Non è andata così, stando ai racconti dei superstiti. Dice Giuliana Sgrena: «Stavo parlando con Nicola Calipari, lui mi raccontava cosa era successo in Italia nei giorni del mio sequestro. All’improvviso ci è arrivata addosso una pioggia di fuoco...». Le regole di ingaggio per i militari americani impegnati in pattugliamenti e posti di blocco prevedono che se un automezzo ignora le richieste di rallentare o di fermarsi, i soldati rispondono con spari di avvertimento. Solo se la macchina decide di non fermarsi, arriva l’ordine di sparare direttamente sul velivolo. Venerdì sera a Baghdad non è andata così. I mitra pesanti del blindato e i fucili mitragliatori dei soldati sono stati puntati direttamente sull’automobile che trasportava agenti e ostaggio italiani.

«E’ stata una cosa terribile, il fuoco continuava, il nostro autista non riusciva neanche a spiegare che eravamo italiani», racconta la Sgrena. Hanno sparato all’impazzata e poi hanno circondato quell’auto con un morto e tre feriti a bordo impedendo a chiunque di avvicinarsi, è il racconto di chi è accorso subito sul luogo della sparatoria. I soldati americani non si sono fidati fino all’ultimo, tanto che ai feriti è stato impedito l’uso dei telefoni satellitari e dei cellulari che avevano a bordo. Alcune fonti sostengono che gli apparecchi sono stati sequestrati, altre che che ai tre italiani sia stato imposto di spegnerli. Perché gli americani hanno sparato sulla macchina degli agenti segreti italiani? Perché nessuno, né il Dipartimento di Stato, né il comando Usa e l’intelligence presenti a Baghdad, sapevano dell’operazione condotta dal Sismi, è la tesi. Il Washington Post cita una fonte ufficiale del Dipartimento di Stato e scrive che «gli italiani non hanno informato né l’ambasciata americana a Baghdad né il comando militare Usa del rilascio della Sgrena, nonostante un coordinatore americano sulla questione degli ostaggi avesse lavorato con loro sul caso». Tesi sostenuta anche da alcune fonti del governo iracheno citate ieri da Aki-Adnkronos-international. Parla un alto esponente del governo di Baghdad: «Gli italiani non avevano avvertito noi né gli americani perché temevano che gli avremmo impedito di portare avanti le trattative con i terroristi. Temevano un intervento militare proprio al momento della consegna dell’ostaggio». Un esponente del ministero dell’Interno iracheno si spinge a parlare anche di un eventuale riscatto pagato ai rapitori, «una somma enorme», il tutto tenendo all’oscuro le autorità irachene, «e questo non ci fa piacere». Come sono andate le cose, altre fonti, lo raccontano in modo diverso. Gli americani sapevano che il gruppo di Nicola Calipari era, come si dice in gergo, in «teatro». Sapevano, cioè, che il funzionario del Sismi era in Iraq per dare gli ultimi ritocchi alla trattativa per la liberazione di Giuliana Sgrena. Agli americani, però, non erano stati forniti tutti i dettagli dell’operazione, soprattutto la data e il luogo del rilascio della giornalista. Una misura prudenziale, perché il Sismi temeva che le forze speciali Usa potessero organizzare un blitz per la cattura dei rapitori. Una ipotesi vista come una sciagura, un bagno di sangue con il rischio che Giuliana Sgrena ci rimettesse la vita. E non è un mistero per nessuno che sul terreno iracheno intelligence italiana e quella Usa siano ai ferri corti. Per gli americani con i terroristi e i rapitori non si tratta, per gli italiani, se necessario, sì. Anche i francesi non amano la linea dura. L’esperienza della lunga detenzione dei due reporter francesi, Christian Chesnot e Geroges Malbrunot, rapiti il venti agosto del 2004 e rilasciati dopo quattro mesi, la dice lunga sul conflitto sotterraneo in corso in Iraq tra intelligence alleate. Perché ogni volta che gli 007 parigini riuscivano a localizzare l’area dove i terroristi tenevano prigionieri i due reporter, arrivavano gli americani «saturandola» con operazioni e blitz militari ad hoc che facevano saltare ogni possibile trattativa. Gli americani, quindi, sapevano della presenza degli 007 italiani, ma sono stati informati dell’operazione solo quando la Sgrena era già in macchina. Libera. A trattativa finita e quando i rischi di un blitz erano ormai scongiurati. Una situazione delicata, come si vede, tanto che Nicola Calipari ha voluto gestirla direttamente, senza delegare altri agenti suoi sottoposti.

Per il resto, fonti del Sismi e fonti diplomatiche italiane parlano di una comunicazione tra l’ambasciata italiana a Baghdad e il comando militare Usa nella quale gli americani venivano addirittura informati del passaggio dell’auto. Ci sono poi le telefonate fatte da Nicola Calipari dalla macchina mentre si dirigeva verso l’aeroporto. Almeno tre chiamate, due in Italia, a Palazzo Chigi, una a Baghdad. Se queste informazioni risulteranno vere nel corso dell’inchiesta giudiziaria, vorrà dire che gli americani sapevano - in ritardo per quanto riguarda i dettagli dell’operazione - ma sapevano che su quella macchina viaggiavano agenti segreti italiani e un ostaggio liberato. Se sapevano non hanno informato bene tutte le pattuglie, mobili e fisse ai posti di blocco, che sorvegliano l’autostrada che dalla città porta all’aeroporto civile della capitale irachena. Dove c’era l’aereo italiano che avrebbe dovuto riportare indietro l’intero gruppo. Un altro mistero. Reso ancora più fitto da una frase detta ieri dal ministro dell’Ambiente Altero Matteoli. «Pare che l’arrivo dell’aereo che doveva prendere la giornalista in un’ora così insolita, abbia messo in allarme i soldati americani; pare che uno dei motivi sia questo...». Parole buone per giustificare la gaffe fatta ieri l’altro dal ministro degli Esteri Fini, che a caldo ha parlato di «tragica fatalità», non certo per portare grandi contributi alla chiarezza. Perché, spiegano fonti dell’intelligence abbastanza irritate per la girandola di dichiarazioni governative e per l’atteggiamento del Dipartimento di Stato Usa (che anche ieri parlava di «sfortunato incidente»), «a Baghdad, dove gli aeroporti sono controllati dagli americani, non può atterrare neppure un aquilone senza preavvisi, permessi e controlli rigidissimi». Quindi anche sul perché della presenza di quell’aereo italiano militari e intelligence Usa sapevano.

Troppi misteri, resi ancora più inquietanti dalle dichiarazioni di Pier Scolari sugli «avvertimenti» che Giuliana Sgrena avrebbe ricevuto dai suoi rapitori poche ore prima del rilascio: «Stai attenta perché gli americani ti vogliono uccidere...». Forse si tratta di una suggestione, di una frase capita male, di una forzatura dettata dall’emozione. Ma anche questo è un mistero tra i tanti. Che toccherà all’inchiesta giudiziaria appurare. La speranza è che la morte di Nicola Calipari non subisca l’oltraggio delle vittime di un altro «sfortunato incidente» provocato dalle truppe Usa, quello del Cermis.

www.unita.it 

 

5.3.05

8 marzo

 

In  questi  giorni  
sentirete parlare  sui
giornali  ,  su internet   e  in tv  
della festa   ( ormai  secondo me 
divenuta    commerciale  )  in
maniera  retorica  e 
ampollosa , Sic ,  al  90% in maniera ipocrita   e 
strumentale  . Ebbene  quest’anno  eviterò  , come  l’anno scorso  di farvi il pistolotto  moralistico,e
vi racconterò  la storia di un
personaggio  femminile  perché molte scoperte scientifiche    e 
innovazioni  culturali  , non dimentichiamolo ,   sono 
dovute  alle  donne  
.Buon  8 marzo a  tutte le 
donne  in particolare  a 
voi  che   con i vostri pensieri profondi  e le 
vostre  poesie , foto  e 
quant’altro   fate  crescere  
questo blog   . Perché  come 
dice  Umberto  Galimberti  
su  D (  www.dweb.it  occorre essere registrati per leggere   la 
versione cartacea   ) di
repubblica  del  5\3\2005 : << [---]  Perché
la storia che l’uomo inaugura con le sue imprese è appesa al filo che la donna tesse
nell’attesa. Se Penelope avesse smesso di tessere la
sua tela Ulisse avrebbe perso il filo che lo teneva legato alla sua Itaca.
Tutto quello che accade a Ulisse, tutto il suo peregrinare e viaggiare, in una
parola tutta la sua storia dipende dal filo che Penelope tesse. Perché la
storia è iscritta nella natura e guai a quell’uomo, a quella cultura, a quella
civiltà che tradisce questo rapporto e, come l’Occidente, perde l’orma del
mondo naturale. OR-MA TRA-DITA è quel che risulta mescolando tra loro le
sillabe di OR-DITO e TRA-MA. progresso, redenzione.[…]. >>



 



Racconto  ,
riportando   un’intervista  fattagli  
nel  febbraio  2003  
dal  giornale  dei Saveriani http://www.saveriani.bs.it/ , la  figura 
di   Leah Tsemel   
ex  militante della  black panthers  Israeliane   e  ora avvocato     difensore   i
palestinesi accusati  di terrorismo  .



 



<< "No, non ho mai pensato di lasciare questo
paese". Leah Tsemel, avvocato e criminologa, quasi si sorprende della
domanda. Una vita professionale e famigliare, lontano da qui, non riesce
assolutamente ad immaginarla. Come lo scrittore David Grossman (v. MO 10/02) e
l'antropologo Jeff Halper (v. MO 1/03), ha la percezione di essere al posto
giusto nel momento giusto. "Proprio perché lo stato di Israele calpesta,
in modo sistematico, i diritti del popolo palestinese, il mio impegno ha un
senso. E la mia presenza è necessaria",dice  Solo due avvocati
israeliani, due donne - Felicia Langer (oggi residente a Tübingen, in Germania,
dove ha accettato una cattedra universitaria e si è chiusa in esilio
volontario) e lei - sin dai primi anni '70 hanno accettato di rappresentare in
giudizio dei prigionieri politici palestinesi. Il che ha significato una
tensione e uno stress divoranti giorno su giorno, un lavoro mal pagato, una
carriera stroncata sul nascere. "Anche se una come me poi ce la fa a
vivere, perde comunque la sua reputazione. Per i suoi compatrioti è una
traditrice; negli arabi suscita sospetto". Eppure, ci sono famiglie
palestinesi che da tre generazioni vengono difese da Leah Tsemel. Si deve ad
israeliane/i come lei, se questo paese per certi versi può continuare a dirsi
democratico.



Com'è lavorare come avvocato in un paese che, sistematicamente, viola i
più fondamentali fra i diritti umani?

   In un posto di questo genere, c'è bisogno di avvocati più che in
qualunque altro... Il lavoro è molto e di grande rilevanza. Data la situazione,
siamo continuamente coinvolti in nuove battaglie legali. Davanti a tribunali
militari, difendiamo palestinesi come singoli individui. Presso la Corte
suprema di giustizia israeliana, solleviamo questioni di principio. Infine nei
tribunali ordinari, ci battiamo quotidianamente per controversie di ogni tipo.
Quello che Jeff Halper (v. MO 1/2003) ha recentemente raccontato ai vostri
lettori in merito al tentativo di difendere i palestinesi cui sono state rase
al suolo le abitazioni, ha naturalmente un secondo capitolo, di carattere
giudiziario: dalle strade ai tribunali, la lotta prosegue.



Le è mai capitato di difendere uno dei firmatari della petizione
"refusenik" contro il servizio militare nei Territori occupati?                                                                                                                                



 Sì, naturalmente. Ma fra le cose che faccio,
questa è una delle più semplici. Dico "semplice", perché l'imputato
non è un arabo. E dunque non è qualcuno che per la lingua che parla, per il
colore della sua pelle, per l'area culturale da cui proviene, ecc. è
considerato un terrorista. Quando è un palestinese ad essere coinvolto,
scattano automaticamente una serie di pregiudizi. Sin dall'inizio mi relaziono
con qualcuno che è considerato un "nemico dello stato"; e devo
insistere sul diritto di quel "nemico". Che non è cosa facile.
   Un refusenik è, dopo tutto, un ebreo israeliano che va
nell'Esercito, ma consapevolmente rifiuta il servizio nei Territori. Fino a
questo momento, la posizione dello stato è stata molto lineare. Per me, ripeto,
sono dei casi semplici: possono andare a trovarli in carcere, mentre nel caso
del palestinesi questo è un diritto che mi viene molto spesso negato. Ancora:
il mio cliente, se è palestinese, è sottoposto a torture durante gli
interrogatori; le sue condizioni di prigionia sono difficilissime. A confronto,
un detenuto israeliano gode di privilegi.



Quanto tempo passa prima che lei possa incontrare un suo cliente
palestinese dopo l'arresto?

  
Legalmente posso vederlo, nei Territori occupati, 18 giorni dopo l'arresto. Non
è mai capitato, in tutta la mia carriera, che ciò avvenga prima. La famiglia
deve attendere un mese.



Per quale ragione ha scelto di fare proprio la criminologa?                                                  



 
Risale a trent'anni fa, questa decisione. Allora pensavo (e tuttora penso) che
i cosiddetti "criminali", quelli che stanno peggio, che dalla nascita
sono socialmente svantaggiati, avessero maggior bisogno di tanti altri di un
buon avvocato. Pochissime persone, all'epoca, erano disposte ad assumersi casi
così: era decisamente impopolare; si veniva attaccati in maniera pesante.
Dunque, bisognava essere molto coraggiosi per fare i criminologi. Non è mai stato
facile.



Si ricorda qualche storia in particolare?



 Moltissime. Di una stessa famiglia, mi è
capitato di rappresentare il padre, il nonno, il figlio e oggi il nipote. È una
lunga lotta.



Veniamo alle elezioni del 28 gennaio. Chi pensa che le vincerà?                



 Molto probabilmente Sharon e, con lui, la
destra. Che forse dà una descrizione esatta dello stato in cui ci troviamo. La
maggioranza degli israeliani, oggi, è di destra. Si considerano dei
"patrioti". Non pensano ad alcuna reciprocità tra se stessi e i
palestinesi. Non pensano ad un futuro per entrambi. Hanno invece gettato le
basi per una relazione simile a quella che lega un padrone ad uno schiavo. Non
riconoscono il diritto all'indipendenza, all'autodeterminazione dei
palestinesi. E l'obiettivo principale resta quello di liberarsi del maggior
numero possibile di loro e di occuparne i territori. Questa è l'atmosfera che
si respira oggi in Israele.



Che cosa pensa di Ariel Sharon?



La
mia opinione è molto negativa. Penso che non stia solo guidando gli israeliani,
ma che li stia plasmando secondo il suo carattere, la sua natura. Intendo dire
che Ariel Sharon è Israele oggi. E Israele è lui. Su ciò non dobbiamo farci
illusioni. Questa è la vera faccia del nostro paese. Se si prende Sharon, l'intera
storia della sua vita, è l'immagine reale di quello che siamo. Molto più di
Rabin o di chiunque altro. Con questo non voglio dire che Rabin fosse un santo…
Eppure, c'è qualcosa di positivo nel fatto che sia lì ad occupare il posto di
premier. Perché fa esattamente ciò che Israele vuole che faccia. Lo fa alla
luce del sole. Non so dove tutto ciò ci porterà… Ma quel che è certo, è che non
ci sono maschere oggi sulla faccia.

Quanto l'Amministrazione americana sta influenzando quella israeliana?
Mai come oggi Washington e Tel Aviv sembrano marciare allo stesso passo…



 Innanzitutto, dovremmo stabilire chi
influenza chi. Perché nemmeno questo è chiaro. A volte sembra che sia "la
coda a muovere il cane" e non il contrario. Certo è che, mai come oggi,
c'è stata una convergenza di interessi così perfetta fra le due parti: gli
americani vogliono mettere le mani sul petrolio iracheno; mentre gli israeliani
vogliono approfittare di questa situazione, aiutando gli Usa dietro una ricca
contropartita. Ambiscono, infatti, a diventare la base degli interessi
americani in Medio Oriente, o il loro ufficiale sostituto. Una nuova guerra
contro l'Iraq, più che mai, mette Tel Aviv nella condizione di agire con un
balzo in avanti ai danni della popolazione palestinese: eliminarli, occuparne
le terre è di sicuro "più facile", se c'è un conflitto in corso.



L'influenza americana, a suo avviso, sta in qualche modo distruggendo la
cultura israeliana?

   È
molto difficile parlare di una "cultura israeliana". Forse una
"dis-cultura"… Quella israeliana è una cultura colonialista, fatta di
razzismo, che ricorda da vicino il regime sudafricano ai tempi dell'apartheid.
Dove vigeva la legge del più forte.



C'è una lotta in corso anche fra voi avvocati? La magistratura
israeliana, come tutte le magistrature, è percorsa da correnti politiche di
destra e di sinistra?



 Naturalmente, in Israele ognuno è interessato
alla politica. È come se, vivendo qui, fosse impossibile restarne fuori, non
schierarsi. Se c'è però anche una lotta anche fra gli avvocati stessi? Non
proprio. C'è chi, come me, ha scelto di rappresentare i palestinesi davanti
allo stato; e, dunque, ha dibattiti con gli avvocati che difendono lo stato.
Questo cerca perennemente di giustificare le proprie violazioni: dalle
demolizioni delle case alle confische di terre, all'uso della tortura. E noi
non siamo riusciti ad organizzare un vasto movimento d'opinione pubblica.



Come mai?



 Non sono nella corrente di maggioranza. Non
sono una sionista. Non posso promettere alla maggioranza sionista una soluzione
per loro praticabile. Contemporaneamente, la gente è influenzata da ciò che
essa chiama "terrore": il senso di insicurezza è profondamente
radicato negli israeliani. Di questo, essi incolpano i palestinesi; evitano di
guardare dentro se stessi. Quindi, è difficile. Non ho una vera alternativa da
offrire.



Qual è la reazione dell'opinione pubblica israeliana davanti all'alto
tasso di suicidi anche fra giovanissimi, denunciato recentemente dal quotidiano
Ma'ariv?



 Sono spaventati da questa volontà di morte
che pervade la società israeliana. Ma non riescono a capire che sono essi
stessi gli artefici, tramite le tante rioccupazioni, le rappresaglie ai danni
dei palestinesi, di tanta disperazione: se i teen-ager si uccidono, è perché il
presente è un inferno. E il futuro non può essere tanto diverso.



Lei ha un sogno?



 Certo, che ce l'ho. Ma sembra allontanarsi
ogni giorno di più. Vorrei che riuscissimo a vivere nell'equanimità, senza
repressione. Ma come ho detto: anziché realizzarsi sembra scomparire per
sempre. Non so quanto realistico sia sognare oggi…



Ha mai pensato di lasciare Israele?                                                                                                          



No.
Il mio impegno ha più efficacia lì che altrove.



>>



 



alla  prossima 




In  questi  giorni  
sentirete parlare  sui
giornali  ,  su internet   e  in tv  
della festa   ( ormai  secondo me 
divenuta    commerciale  )  in
maniera  retorica  e 
ampollosa , Sic ,  al  90% in maniera ipocrita   e 
strumentale  . Ebbene  quest’anno  eviterò  , come  l’anno scorso  di farvi il pistolotto  moralistico,e
vi racconterò  la storia di un
personaggio  femminile  perché molte scoperte scientifiche    e 
innovazioni  culturali  , non dimentichiamolo ,   sono 
dovute  alle  donne  
.Buon  8 marzo a  tutte le 
donne  in particolare  a 
voi  che   con i vostri pensieri profondi  e le 
vostre  poesie , foto  e 
quant’altro   fate  crescere  
questo blog   . Perché  come 
dice  Umberto  Galimberti  
su  D (  www.dweb.it  occorre essere registrati per leggere   la 
versione cartacea   ) di
repubblica  del  5\3\2005 : << [---]  Perché
la storia che l’uomo inaugura con le sue imprese è appesa al filo che la donna tesse
nell’attesa. Se Penelope avesse smesso di tessere la
sua tela Ulisse avrebbe perso il filo che lo teneva legato alla sua Itaca.
Tutto quello che accade a Ulisse, tutto il suo peregrinare e viaggiare, in una
parola tutta la sua storia dipende dal filo che Penelope tesse. Perché la
storia è iscritta nella natura e guai a quell’uomo, a quella cultura, a quella
civiltà che tradisce questo rapporto e, come l’Occidente, perde l’orma del
mondo naturale. OR-MA TRA-DITA è quel che risulta mescolando tra loro le
sillabe di OR-DITO e TRA-MA. progresso, redenzione.[…]. >>



 



Racconto  ,
riportando   un’intervista  fattagli  
nel  febbraio  2003  
dal  giornale  dei Saveriani http://www.saveriani.bs.it/ , la  figura 
di   Leah Tsemel   
ex  militante della  black panthers  Israeliane   e  ora avvocato     difensore   i
palestinesi accusati  di terrorismo  .



 



<< "No, non ho mai pensato di lasciare questo
paese". Leah Tsemel, avvocato e criminologa, quasi si sorprende della
domanda. Una vita professionale e famigliare, lontano da qui, non riesce
assolutamente ad immaginarla. Come lo scrittore David Grossman (v. MO 10/02) e
l'antropologo Jeff Halper (v. MO 1/03), ha la percezione di essere al posto
giusto nel momento giusto. "Proprio perché lo stato di Israele calpesta,
in modo sistematico, i diritti del popolo palestinese, il mio impegno ha un
senso. E la mia presenza è necessaria",dice  Solo due avvocati
israeliani, due donne - Felicia Langer (oggi residente a Tübingen, in Germania,
dove ha accettato una cattedra universitaria e si è chiusa in esilio
volontario) e lei - sin dai primi anni '70 hanno accettato di rappresentare in
giudizio dei prigionieri politici palestinesi. Il che ha significato una
tensione e uno stress divoranti giorno su giorno, un lavoro mal pagato, una
carriera stroncata sul nascere. "Anche se una come me poi ce la fa a
vivere, perde comunque la sua reputazione. Per i suoi compatrioti è una
traditrice; negli arabi suscita sospetto". Eppure, ci sono famiglie
palestinesi che da tre generazioni vengono difese da Leah Tsemel. Si deve ad
israeliane/i come lei, se questo paese per certi versi può continuare a dirsi
democratico.



Com'è lavorare come avvocato in un paese che, sistematicamente, viola i
più fondamentali fra i diritti umani?

   In un posto di questo genere, c'è bisogno di avvocati più che in
qualunque altro... Il lavoro è molto e di grande rilevanza. Data la situazione,
siamo continuamente coinvolti in nuove battaglie legali. Davanti a tribunali
militari, difendiamo palestinesi come singoli individui. Presso la Corte
suprema di giustizia israeliana, solleviamo questioni di principio. Infine nei
tribunali ordinari, ci battiamo quotidianamente per controversie di ogni tipo.
Quello che Jeff Halper (v. MO 1/2003) ha recentemente raccontato ai vostri
lettori in merito al tentativo di difendere i palestinesi cui sono state rase
al suolo le abitazioni, ha naturalmente un secondo capitolo, di carattere
giudiziario: dalle strade ai tribunali, la lotta prosegue.



Le è mai capitato di difendere uno dei firmatari della petizione
"refusenik" contro il servizio militare nei Territori occupati?                                                                                                                                



 Sì, naturalmente. Ma fra le cose che faccio,
questa è una delle più semplici. Dico "semplice", perché l'imputato
non è un arabo. E dunque non è qualcuno che per la lingua che parla, per il
colore della sua pelle, per l'area culturale da cui proviene, ecc. è
considerato un terrorista. Quando è un palestinese ad essere coinvolto,
scattano automaticamente una serie di pregiudizi. Sin dall'inizio mi relaziono
con qualcuno che è considerato un "nemico dello stato"; e devo
insistere sul diritto di quel "nemico". Che non è cosa facile.
   Un refusenik è, dopo tutto, un ebreo israeliano che va
nell'Esercito, ma consapevolmente rifiuta il servizio nei Territori. Fino a
questo momento, la posizione dello stato è stata molto lineare. Per me, ripeto,
sono dei casi semplici: possono andare a trovarli in carcere, mentre nel caso
del palestinesi questo è un diritto che mi viene molto spesso negato. Ancora:
il mio cliente, se è palestinese, è sottoposto a torture durante gli
interrogatori; le sue condizioni di prigionia sono difficilissime. A confronto,
un detenuto israeliano gode di privilegi.



Quanto tempo passa prima che lei possa incontrare un suo cliente
palestinese dopo l'arresto?

  
Legalmente posso vederlo, nei Territori occupati, 18 giorni dopo l'arresto. Non
è mai capitato, in tutta la mia carriera, che ciò avvenga prima. La famiglia
deve attendere un mese.



Per quale ragione ha scelto di fare proprio la criminologa?                                                  



 
Risale a trent'anni fa, questa decisione. Allora pensavo (e tuttora penso) che
i cosiddetti "criminali", quelli che stanno peggio, che dalla nascita
sono socialmente svantaggiati, avessero maggior bisogno di tanti altri di un
buon avvocato. Pochissime persone, all'epoca, erano disposte ad assumersi casi
così: era decisamente impopolare; si veniva attaccati in maniera pesante.
Dunque, bisognava essere molto coraggiosi per fare i criminologi. Non è mai stato
facile.



Si ricorda qualche storia in particolare?



 Moltissime. Di una stessa famiglia, mi è
capitato di rappresentare il padre, il nonno, il figlio e oggi il nipote. È una
lunga lotta.



Veniamo alle elezioni del 28 gennaio. Chi pensa che le vincerà?                



 Molto probabilmente Sharon e, con lui, la
destra. Che forse dà una descrizione esatta dello stato in cui ci troviamo. La
maggioranza degli israeliani, oggi, è di destra. Si considerano dei
"patrioti". Non pensano ad alcuna reciprocità tra se stessi e i
palestinesi. Non pensano ad un futuro per entrambi. Hanno invece gettato le
basi per una relazione simile a quella che lega un padrone ad uno schiavo. Non
riconoscono il diritto all'indipendenza, all'autodeterminazione dei
palestinesi. E l'obiettivo principale resta quello di liberarsi del maggior
numero possibile di loro e di occuparne i territori. Questa è l'atmosfera che
si respira oggi in Israele.



Che cosa pensa di Ariel Sharon?



La
mia opinione è molto negativa. Penso che non stia solo guidando gli israeliani,
ma che li stia plasmando secondo il suo carattere, la sua natura. Intendo dire
che Ariel Sharon è Israele oggi. E Israele è lui. Su ciò non dobbiamo farci
illusioni. Questa è la vera faccia del nostro paese. Se si prende Sharon, l'intera
storia della sua vita, è l'immagine reale di quello che siamo. Molto più di
Rabin o di chiunque altro. Con questo non voglio dire che Rabin fosse un santo…
Eppure, c'è qualcosa di positivo nel fatto che sia lì ad occupare il posto di
premier. Perché fa esattamente ciò che Israele vuole che faccia. Lo fa alla
luce del sole. Non so dove tutto ciò ci porterà… Ma quel che è certo, è che non
ci sono maschere oggi sulla faccia.

Quanto l'Amministrazione americana sta influenzando quella israeliana?
Mai come oggi Washington e Tel Aviv sembrano marciare allo stesso passo…



 Innanzitutto, dovremmo stabilire chi
influenza chi. Perché nemmeno questo è chiaro. A volte sembra che sia "la
coda a muovere il cane" e non il contrario. Certo è che, mai come oggi,
c'è stata una convergenza di interessi così perfetta fra le due parti: gli
americani vogliono mettere le mani sul petrolio iracheno; mentre gli israeliani
vogliono approfittare di questa situazione, aiutando gli Usa dietro una ricca
contropartita. Ambiscono, infatti, a diventare la base degli interessi
americani in Medio Oriente, o il loro ufficiale sostituto. Una nuova guerra
contro l'Iraq, più che mai, mette Tel Aviv nella condizione di agire con un
balzo in avanti ai danni della popolazione palestinese: eliminarli, occuparne
le terre è di sicuro "più facile", se c'è un conflitto in corso.



L'influenza americana, a suo avviso, sta in qualche modo distruggendo la
cultura israeliana?

   È
molto difficile parlare di una "cultura israeliana". Forse una
"dis-cultura"… Quella israeliana è una cultura colonialista, fatta di
razzismo, che ricorda da vicino il regime sudafricano ai tempi dell'apartheid.
Dove vigeva la legge del più forte.



C'è una lotta in corso anche fra voi avvocati? La magistratura
israeliana, come tutte le magistrature, è percorsa da correnti politiche di
destra e di sinistra?



 Naturalmente, in Israele ognuno è interessato
alla politica. È come se, vivendo qui, fosse impossibile restarne fuori, non
schierarsi. Se c'è però anche una lotta anche fra gli avvocati stessi? Non
proprio. C'è chi, come me, ha scelto di rappresentare i palestinesi davanti
allo stato; e, dunque, ha dibattiti con gli avvocati che difendono lo stato.
Questo cerca perennemente di giustificare le proprie violazioni: dalle
demolizioni delle case alle confische di terre, all'uso della tortura. E noi
non siamo riusciti ad organizzare un vasto movimento d'opinione pubblica.



Come mai?



 Non sono nella corrente di maggioranza. Non
sono una sionista. Non posso promettere alla maggioranza sionista una soluzione
per loro praticabile. Contemporaneamente, la gente è influenzata da ciò che
essa chiama "terrore": il senso di insicurezza è profondamente
radicato negli israeliani. Di questo, essi incolpano i palestinesi; evitano di
guardare dentro se stessi. Quindi, è difficile. Non ho una vera alternativa da
offrire.



Qual è la reazione dell'opinione pubblica israeliana davanti all'alto
tasso di suicidi anche fra giovanissimi, denunciato recentemente dal quotidiano
Ma'ariv?



 Sono spaventati da questa volontà di morte
che pervade la società israeliana. Ma non riescono a capire che sono essi
stessi gli artefici, tramite le tante rioccupazioni, le rappresaglie ai danni
dei palestinesi, di tanta disperazione: se i teen-ager si uccidono, è perché il
presente è un inferno. E il futuro non può essere tanto diverso.



Lei ha un sogno?



 Certo, che ce l'ho. Ma sembra allontanarsi
ogni giorno di più. Vorrei che riuscissimo a vivere nell'equanimità, senza
repressione. Ma come ho detto: anziché realizzarsi sembra scomparire per
sempre. Non so quanto realistico sia sognare oggi…



Ha mai pensato di lasciare Israele?                                                                                                          



No.
Il mio impegno ha più efficacia lì che altrove.



>>



 



Buon 8  marzo  all'anno prossimo

4.3.05

Senza titolo 599

                                                

Giuliana Sgrena è stata liberata!

 Ieri lui è stato carino… sento quanto gli è insopportabile vedermi così… sento che si sforza…

Si…è stato proprio carino.. pensava di trovarmi triste e si è vestito tutto in ghingheri, un ghingheri personale, ovviamente…

Lui è stato dolce…

Mi sono scocciata di sentirmi così…

 Un mio amico mi ha detto che devo ritornare un pochino bambina.. che io non ci sono…quanto sono vere queste parole!

Tantissimi auguri Darkuzio!

 “è come quell'assetato che vagando senza meta nel deserto
brama un sorso d'acqua... quanto grande sarà la sua ricompensa quando troverà l'oasi?”

SOLITARIO

Grigio dorate maglie di luna
fanno tutta la notte un velo,
sul lago dormiente i lampioni a riva
da vignuoli di laburno sono avvinti.

Le maliziose canne mormorano alla notte
un nome - il suo nome -
e piena di delizia l'anima mia,
di vergogna vien meno.

James Joyce

Senza titolo 598

 SI PUO' ESSERE PIU' STUPIDI NEL CREDERE CHE L'AMANTE TI SIA FEDELE? ELLA TI HA TRADITO, TI STA TRADENDO E TI TRADIRA'

Senza titolo 597

i taxi sembrano
pirati alla deriva
ricordano le strade
a fatica,il fumo
annoiato scappa
dal finestrino
per ricongiungersi
alle ore ed al
destino,i semafori
non hanno più voglia
di dettar legge alla
folla,mentre qualcosa
vola intorno ai miei
occhi,ronza il motore
e l’intestino,ho
dimenticato il porto
ora che i gabbiani son
a tribordo nelle onde
pedonali che nessuno
rispetta,se solo la
vita non fosse tempo
l’eternità negherebbe
gli spazi oltre il
cielo aperto 
 

2.3.05

Senza titolo 596

 

Le cose belle non esistono.

O almeno.

Esistono nella misura in cui vogliamo accettare anche il loro lato oscuro.

Poi esistono le cose vere.

Queste ci sono al di fuori della nostra volontà.

E possiamo trovare un barlume di bellezza solo se vogliamo vederle.

Poiché la verità è spesso oscurata e la bellezza può essere tale solo quando è vera.

Senza titolo 595

  Giornata mondiale contro la guerra il 19 marzo

Manifestazione nazionale a Roma

(ore 15.00 piazza della Repubblica)

Via subito le truppe dall’Iraq

Portiamo l'Italia fuori dal sistema di guerra

Libertà per Giuliana Sgrena e tutte/i i sequestrati

A due anni dall'invasione dell'Iraq, visti i pericoli dell’escalation della guerra permanente In Medio Oriente , stante quanto è stato ribadito e rilanciato dai movimenti sociali nel Forum Sociale Mondiale a Porto Alegre, fa appello ad una straordinaria manifestazione globale il 19 marzo.

Il movimento internazionale contro la guerra esige oggi più che mai la fine dell'occupazione dell'Iraq. Esige che gli USA cessino di minacciare la Siria, l'Iran, il Venezuela, Cuba ed altri paesi. Sostiene il diritto dei palestinesi all'autodeterminazione e ad una pace fondata sulla giustizia.

I movimenti contro la guerra si stanno impegnando per stabilire maggiori contatti con le forze che resistono contro l'occupazione in Iraq e in Medio Oriente. I movimenti contro la guerra che si sono sviluppati a livello mondiale appoggiano il diritto del popolo iracheno a resistere contro l'occupazione. In questo senso condividiamo la proposta di organizzazione di una conferenza - da tenersi fuori dall'Iraq occupato - di tutti i diversi gruppi e delle forze antioccupazione dell'Iraq per confrontarsi anche con il movimento internazionale contro la guerra.

Le elezioni tenutesi in Iraq hanno rivelato sia la loro manipolazione sia la loro incapacità di essere un reale elemento di ricomposizione popolare di un paese occupato militarmente ed hanno reso ormai evidente il progetto di balcanizzazione del paese. Le elezioni non hanno affatto portato alla normalizzazione mentre l'occupazione ha trasformato l'Iraq in un mattatoio in cui imperversano le truppe occupanti, i mercenari e gli squadroni della morte. E' in questo contesto che giornalisti scomodi scompaiono. vengono uccisi o intimiditi ogni volta che cercano di far luce sui crimini di guerra e su quanto è avvenuto a Falluja. E' il caso di Giuliana Sgrena del Manifesto e prima di lei dei giornalisti francesi, dei giornalisti di Al Jazeera, di Baldoni o delle cooperanti del Ponte Per. La ritirata dei giornalisti italiani dall’Iraq è un primo effetto di questa situazione. Un effetto speculare a quello della legge sul codice militare di guerra che minaccia con pene pesantissime i giornalisti che rivelano notizie rilevanti sulle missioni militari italiane. E’ ormai chiaro che su quanto accade sui teatri di guerra non vogliono più testimoni. La sorte di Giuliana Sgrena come la libertà d’informazione dipende dalla costanza e dall’ampiezza della mobilitazione popolare che si oppone all’interventismo militarista del governo. Facciamo di tutto per contribuire a liberarla.

Riteniamo necessario combattere tutti gli aspetti del sistema mondiale di guerra. L'integrazione dell'Italia nel sistema della guerra permanente, è quanto venuto configurandosi negli ultimi anni. E' un sistema che prevede l'invio di soldati all'estero per missioni militari mascherate da operazioni di pace o guerre "umanitarie"; che utilizza le basi militari USA e NATO nel nostro paese come strumento operativo della guerra preventiva, includendovi - come è stato recentemente confermato - anche le armi nucleari operative nelle basi di Ghedi ed Aviano; che vede crescere sistematicamente le spese militari e per la "sicurezza" sottraendo alle spese sociali; che privilegia lo sviluppo della ricerca e degli investimenti nell'industria bellica; che vara leggi liberticide contro la libertà di informazione, di associazione e di manifestazione.

E' questo sistema di guerra che dobbiamo combattere anche in Italia per indebolire qui da noi gli interessi e le basi materiali della guerra infinita contro gli altri popoli e paesi. E' la sfida democratica, quella per una politica estera opposta alla ideologia della guerra, quella che il movimento lancia a tutti i soggetti in campo.

E per questi motivi che appoggiamo i militari che si rifiutano di andare in guerra e difendiamo gli attivisti perseguitati perchè si sono attivati contro la guerra bloccando i treni, i porti e le strade su cui transitavano gli armamenti destinati al mattatoio iracheno.

Il 19 marzo prossimo, secondo anniversario dei bombardamenti sull'Iraq, il movimento contro la guerra riempirà le piazze delle principali città degli Stati Uniti e delle capitali nel resto del mondo. In Europa, a Londra e a Roma, le manifestazioni assumono particolare importanza perchè i due governi sono direttamente impegnati nell’occupazione dell’Iraq.

Chiamiamo i movimenti pacifisti, antimilitaristi, antimperialisti, le forze sindacali, politiche, sociali, i soggetti della cultura e dell'informazione, a mobilitarsi il 19 marzo a Roma in una grande manifestazione nazionale

1) per esigere subito il ritiro delle truppe di occupazione dall'Iraq

2) per ribadire la sovranità dell’Iraq e la legittimità della resistenza all’occupazione militare

3) per animare anche in Italia la campagna internazionale contro le basi militari USA e NATO e lo smantellamento delle armi nucleari installate nelle basi in Italia

4) Per rilanciare le campagne per il disarmo nucleare, contro la produzione e l’export delle armi, per la riduzione delle spese militari

Adoperiamoci in ogni ambito nelle prossime settimane per preparare con incontri, sit in e manifestazioni locali la giornata mondiale contro la guerra, affinchè il 19 marzo ci sia una nuova grande manifestazione nel nostro paese. I governi della guerra devono trovarsi nuovamente la strada sbarrata dal popolo della pace. Se non ora, quando?

Il Comitato promotore della manifestazione del 19 marzo

Info e adesioni: roma19marzo@libero.it

1.3.05

Senza titolo 594

 IMPARARE DAL VENTO (Tiromancino)

Ricominciare a fluire..

Un aereo passa veloce e io mi fermo a pensare
A tutti quelli che partono, scappano o sono
sospesi per giorni, mesi, anni..
In cui ti senti come uno che si è perso
Tra obiettivi ogni volta più grandi

Succede perchè in un istante tutto il resto diventa invisibile
Privo di senso ed irrangiungibile per me
Succede perchè fingo che va sempre tutto bene
Ma non lo penso in fondo

Torneremo ad avere più tempo e a camminare
Per le strade che abbiamo scelto che a volte fanno male
Per avere la pazienza delle onde di andare e venire
E non riesci a capire….

Succede perchè in un istante tutto il resto diventa invisibile
Privo di senso ed irrangiungibile per me
Succede anche se il vento porta tutto via con sè vivendo…
Ricominciare a fluire…

Senza titolo 593

 

 

ARRABBIATA

TRISTE

E

DELUSA!

….sarà che ancora non sono all’altezza delle sue esigenze… o sarà che sta continuando a prendermi per i fondelli….sarà che vorrei sfasciarle tutto… Stronza!

… mio nonno mi fa tenerezza.. sembra un bambino che vuole essere coccolato… e io gli starei accanto solo per fargli compagnia… anche solo per accettare i suoi momenti non lucidi, per rispondergli e fargli immaginare di essere altrove.. vivo nell’ansia, ogni volta che squilla il telefono ho paura che sia quella telefonata….

… delusa forse del mio istinto? Sempre sbagliato? Delusa perché mi ritrovo sempre in vicoletti troppo stretti e bui dove non vedo i muri contro cui vado continuamente a sbattere?

 

L’unica nota felice: dei regali ricevuti da un mio amico, mio caro klimt e un libro di Milan Kundera

Senza titolo 592

ti prenderanno
in giro le
foglie chiamandoti
vento,ti piegherai
affosso come un
golfo spento e
le onde il tuo
cuore vorranno
allagare,quando il
corvo amerà il gabbiano
a te sembrerà di
restare lontano ma
sarai sempre lo
stesso,libero da ogni
difetto colmo d’affetto
per non lasciarti
abbattere da chi
non ti porta in
petto 

 

27.2.05

Senza titolo 591

 Per quanto sta in te
-Constantinos Kavafis

Per quanto sta in te
e se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.
Non sciuparla portandola in giro
in balìa del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea

26.2.05

Senza titolo 590

 

                                                              
desiderio
negato




 



Le
viscere della mia terra  cantano




colori



Venature
rossastre




si
dilatano




tra
rocce verdastre




addormentate



su
eterni




torpori



Filtro
il reale




tra
nuvole leggere




come
guerriere




su
cavalli leggiadri




inseguono
instancabili




il
muto orizzonte




l'immobilità



sfugge



all'occhio
inquieto




che
ama




disperdersi



nei
grigiori




invernali



Inghiottita



dal
silenzio




cibandomi




avida



di
nevi perenni




in
simbiosi




con
Natura




aspiro



all'immortalità




negata



 



Antologia Nosside 1996



 



 



 





 



                                                                 
Fluidità
di pensiero




                                                                



Incontrarsi



tra angoli vissuti



sullo sfondo



anemoni colti



nell’incerta



primavera



 



Nascondersi



evitando



l’inevitabile



ove silenzi



avvicinano



e pensieri



smarriscono



 



Abbracciarsi



con Assenti



_ ignari _



di vita quadrata



che riflettono



cerchi solidi



seppur ripetuti



 



Ma gli eventi



mutano



liberando



punti focali



da vecchie parole



incollate.




 Antologia Madre Mediterranea
2001

poesie  tratta   dabellissimo blog  http://spaces.msn.com/members/lycia1/PersonalSpace.aspx 
 lo trovate  anche  se blog italia  sezione sardegna   con il nome  di essenze  di vita  )   .una  signorina  originaria dela mia cittadina 














 






 

25.2.05

Senza titolo 589

 

Stanca per poter esprimere ciò che provo o provato in questi giorni, lavorato tanto…

…vorrei ora solo affondare in una nuvola…



 

"Sei bella!"

"....."

"Perchè sei pazza!"

24.2.05

Senza titolo 588

spine son
le lacrime
che raccolgono
le tue dita
tanto non
puoi scappare
dalla vita
quello che
ti rimane
non l’hai
mai chiesto
è ruvido e
stretto
eppure lo
porti addosso
la misura del
respiro che
t’opprime
ogni giorno 
 

Senza titolo 587

Paesaggio

Volo
Sulle tue forme
Lasciando
Segni
Di me

Occhi.
Osservo
Ansimante
L'Inenarrabile

Bocca.
Sapori
Irreali
Piacere
Sublime
Trafigge
La carne

Orecchie.
Ora
Odo
I tuoi veloci
Sospiri
La tua lingua
Serpente
Evoca
L'Inconfessabile

Naso.
Profumi
La mandibola
Serra
Piene
Insensate
Sensazioni

Con me stesso 
Ti avvolgo

Nel tuo corpo
Ti amo


Picture from http://www.kiva.net/~shadow/images/NudeLandscape-1-Web.jpg

Senza titolo 586

 ultimamente, stando di meno all'università e di
più a casa ho avuto modo di guardare più spesso la televisione... una
sola frase: che schifo...
mi sono concentrato un po' su Uomini e
Donne, trasmissione creata da quella mente malata di Maria de Filippi,
che con 12 euro per la bobina della videocamera, e basta, prende un
sacco di soldi da sponsor di vestiti, da agenzie di modelli, da
pubblicità, da ascolti... modelli e modelle fingono struggenti uscite e
scenate di gelosia, il tutto per accontentare una fetta di pubblico,
mia madre e mio fratello compresi, che o vogliono tranquillità perchè
stanchi da lavoro, come i miei congiunti, oppure davvero si fanno
influenzare da cotanta banalità e superficialità...
"il più grande
delitto della televisione moderna è la banalità" disse uno psicologo in
una trasmissione televisiva sulla rai una mattina...
niente di più
vero secondo me... e i due più efferati criminali sono Maurizio
Costanzo e Maria de Filippi, che il sottoscritto vede come una sorta di
Anticristo... regalano alle persone banalità elargendo enormi sorrisi
ed inutili discorsi pieni di vocaboli magari ricercati o in... le
persone sembrano spegnersi, ipnotizzarsi davanti alle loro
trasmissioni, pensando a scendere a comprarsi la felpa Datch invece di
pensare al loro misero conto in banca... ragazzi miei è terribile se ci
pensate... è agghiacciante.... poi ci sono i demoni minori di cui si
circondano, come Sandro Mayer e soci, che hanno riviste che parlano di
Costantino e simili nullafacenti, rendendoli miti, mitizzano un
bicipide, mentre un grasso e brufoloso ingegnere aerospaziale che ha
perso ragazza, amici e capelli su quei cazzo di mattoni che chiamano
libri... lui sta a casa senza un lavoro... ma Costantino entra in una
discoteca, agita un braccio, dice "OH! Oh!" e prende 10000 euro... ma
siamo impazziti? ma stiamo fuori? il pericolo è grosso, cari lettori,
io sembro un cazzone, ma il pericolo è enorme... si deve far
qualcosa... in televisione si trasmettono ste cazzate, in modo che i
demoni maggiori prendano soldi e noi poveri schiavi non abbiamo
facilità di informarci, renderci conto della nostra condizione ed
inviare anche noi quell'euro e quarantadue in più al mese a quel
criminale che abbiamo messo alla presidenza del Consiglio...
i tempi sono duri, e la fine di tutto è sempre più vicina... prendete coscienza ragazzi... prendete coscienza...
COSTANZO E DE FILIPPI... CRIMINALI!

23.2.05

Senza titolo 585

 

Quando non ci sentiamo in forma, non riusciamo a dormire o troviamo difficile
lavorare e concentrarci, siamo separati dal Tao. Se desideriamo tornare a
stabilire il contatto, dobbiamo porci tre domande: Sto mangiando nella maniera
giusta? La mia mente è tranquilla? Il mio mondo sicuro? Non è affatto divertente
in che modo ci alimentiamo nei periodi in cui siamo in cattiva sintonia con
la vita. Possiamo tuttavia alleviare i problemi avendo maggiore cura del
nostro corpo; naturalmente si tratta solo di un rimendio, non di una soluzione,
ma tanto basterà a fornirci una base più solida da cui affrontare le cose.
Seguiamo dunque una dieta ricca di sostanze nutrienti, sforziamoci di comprendere
cos'è un'alimentazione corretta e assumiamo una grande varietà di cibi a
seconda delle stagioni. Un uso accorto del cibo sortisce risultati di gran
lunga migliori della medicina. Ci scontriamo, poi, con una mente complicata,
che pare avere interessi, abitudini ed eccessi tutti suoi. L'unico modo di
reagire è tenersi in guardia contro le preoccupazioni, lo stress, l'intellettualismo,
i troppi calcoli e i desideri. Per ottenere ciò occorrono un forte sostegno
filosofico e una pratica meditativa e sistematica. Infine, a rompere al nostra
unione con il Tao possono intervenire fattori ambientali come il tempo, i
disastri naturali o provocati dall'uomo e i problemi socioeconomici. E' dunque
necessario esercitare il maggior controllo possibile nei confronti dell'ambiente
che ci circonda. La nostra casa deve accoglierci come un rifugio, dobbiamo
avere in mano le redini del nostro lavoro e conservare sufficiente indipendenza
per poter affrontare le emergenze. Scivolare dentro e fuori il Tao è inevitabile.
Ma i saggi organizzano la propria vita in modo da poter sempre ristabilire
l'equilibrio.

Tao per un anno


Che la Pace possa oggi accompagnare i nostri pensieri
 

22.2.05

Senza titolo 584

 

 Pensiero che va ,pensiero che viene.

Pensosa mi pettino la testa
ribelle e dolente nel tepore domestico.
La mia anima dov’è andata a finire?
La cerco,
fra pillole per lenire il dolore
e qualche foglio appuntato,
di versi macchiati
da un caffé nero
bollente.
Come in lenta e faticosa
salita , inseguo il pensiero che va
e il pensiero che viene, in un vuoto
così vuoto e non so se chiamarla
anima questa angoscia che mi tira
il fiato.

Senza titolo 583

 Un post abbastanza inutile per avvertire i miei compagni di viaggio della chiusura del mio blog...mi sono trasferito su:

http://maduniverse.splinder.com

a presto, M

Neve

 Questa bambina vorrebbe tanto uscire,sì,tutta avvolta in tre scarpe e due giacconi e mettersi a correre.Affondare nella neve fino al ginocchio e scoprire che forse sono così le sabbie mobili,che è difficile andare veloci ma cosa importa,voglio soltanto fare un passo e poi un altro ancora e convincemri che l'orizzonte che vedo là in fondo sia di un passo più vicino,anche se col senno di poi mi rendo conto che sarà sempre lontano uguale.Ma ai bambini,si sa,importa quello che sembra.E sembra davvero che qualsiasi cosa si possa fare,finché la mamma non mette la testa fuori e dice torna a casa che devi fare i compiti e poi chissà mai che non ti stia ammalando.Niente da fare,devi voltarti e tornare indietro.
Oh sì,questa bambina qui vorrebbe proprio andare a correre nella neve...ma questa ragazza sa che non lo farà.Sa che non vorrà prendere freddo,sarà lei e non la mamma a pensare riguardati che questa settimana c'è la partita.Sa che non avrà voglia di cercare i giacconi e probabilmente non trovarli più,ma dove sono,li avevo visti ieri...pazienza,fanculo anche loro.Sa che vorrà dormire,invece.E sa che i suoi amichetti non correranno più con lei,oh,li ha lasciati da tanto tempo ormai,quegli amichetti.E allora da sola che gusto c'è?No,no,da sola può farsi una cioccolata calda e berla davanti al termosifone,non correre a perdifiato al freddo e nella neve,no,da sola non c'è neanche metà del divertimento.
Questa ragazza si chiede dove ha perso la sfacciataggine che le permetteva di essere sempre spudoratamente bambina.Questa ragazza,forse,non vuole crescere più di così...anche se vorrebbe proprio sapere cosa le riserverà il futuro.Ma questa ragazza ha paura del futuro,perché sa che non è eterno.La bambina non lo sapeva,questo,no...c'era sempre tempo,secondo lei,di riaprire la porta e tornare incontro all'orizzonte.

21.2.05

Senza titolo 582

 

Nella mia testa c’è:

  • Una macchina per cucire che voglio comprare
  • La voglia di creare
  • Un viaggio lontano
  • Voler vivere lui un po’ più quotidianamente
  • Un bel gruppo di lavorazione
  • Progetti
  • E la voglia di caldo
  • …e altre cose…

 Siete mai stati sul letto ad ascoltare B-side?

Senza titolo 581

La ricerca di qualcosa di nuovo da colmare,questo è il sogno,sia esso bello che brutto,questo ci lascia sempre con l’amaro in bocca. Si presenta sempre quando siamo meno preparati e ci coinvolge spietato.
I sogni;vorrei vivere in un costante sogno,in un sonno dove le leggi non esistono e tutto è armonia,svegliandomi solo per razionalizzare le sensazioni oniriche e poi piombare in letargico dormire,abbracciato al tepore delle lenzuola ed accarezzato da soffi lievi e gentili di vento.
Lasciamoci sognare in gruppi omogenei di persone,non vivere lo stesso sogno,ma per condividere i propri. Che languore m’ha lasciato stamattina il mio ultimo sogno,lo amo e quasi lo odio,spero che la morte sia un lungo sogno chiamato Paradiso,se l’uomo comprendesse ciò,tutto sarebbe più facile e vedere Dio sarebbe lo stesso come rispecchiarsi allo specchio. 
 

Senza titolo 580

 

Ti seguo.

 

Ti seguo pensiero
librante in quello che
oggi di nuovo mi prende.
Mischio le carte in questa nuova
partita, fra passato e presente,
sacro e profano.
Graffi come solchi nel mio cervello,
comandano le mani, rasentando
muri e porte nell’anima in prestito,
in balia del gioco
da restituire a fine partita.

LE ANIME BELLE ESISTONO E RESISTONO ... Lei si chiama Chiara Trevisan, ha 46 anni e di mestiere legge libri agli sconosciuti.

  da   Mauro Domenico Bufi    21 dicembre alle ore 11:05   il suo carretto carico di libri, frasi, parole, storie. In testa un buffo cappell...