20.12.11

natale vegano + ricette vegan

questo post  nasce   da : 1)  dalla  risposta  su  fb dove  finiscono i post del  blog  da  parte  di *****  una mia  amica  Vegana : <<Giusè noi vegan non sopravviviamo! Viviamo meglio ;"D! >>;., 2  da
a un richiesta  d'aiuto  fatta  per il post   sui vegani  e le cene \  pranzi  natalizi   vista la  profondità  e  l'impossibilità  di  riassumerla   per  metterla  in quel  post  , la metto qui interamente   e senza  commenti  .
Un grazie  a Barbara primo di http://www.promiseland.it/ un altro sito importante  come punto di riferimnto per  i vegani  e non, che  ha  risposto  a questo mio sondaggio 

 Io 
 volevo chiedervi di raccontarmi il vostro primo natale vegan , e le reazioni dei vostri  familiari e gli altri parenti . ma soprattutto  come  fate  resistere alle provocazioni dei carnivori .?

Lei  
Il mio primo Natale vegan l'ho passato in casa, in famiglia, ho la fortuna di abitare lontano, quindi sono i parenti che, venuti a trovarci, hanno dovuto sottostare a quello che avevo preparato io.
Avevo programmato con cura il menù in anticipo per presentare pietanze saporite e non troppo complicate, o con ingredienti diversi e dai gusti bizzarri.
Quindi avevo fatto una vellutata di mais con dei funghi secchi, una terrina saporita e ricca ai funghi, una crema affumicata da spalmare su del pane grigliato e per il dolce mi ero affidata alle mani esperte di un'amica che ha saputo riprodurre i sapori della famosa torta di mele francese "Tatin" ma usando solo ingredienti vegan. Più le solite insalate, un buon bicchiere di vino per chi lo voleva e il pane fatto in casa da me.
Devo dire che le persone più anziane del gruppo erano piuttosto scettiche ed in bilico tra "Ma voi mangiate cose strane dai sapori strani", malgrado non avessero mai assaggiato tofu&Co e "Ma se state bene voi e siete in salute saranno sicuramente cose buone". Diciamo che gli umori erano al sereno-variabile!
Inutile dire che tutto è andato bene, che finalmente hanno fatto un Natale senza mangiare troppo grasso, senza appesantirsi, senza bruciori di stomaco e senza proteine animali.
Alla fine erano tutti soddisfatti, le pietanze erano piaciute, il tempo era trascorso serenamente e piacevolmente, ma il fatto di mangiare piatti che non rientravano nella loro gestualità in cucina li ha lasciati dubitativi, anche la semplice vellutata di mais con i funghi secchi non avrebbero saputo da dove cominciare per prepararla a casa loro! Questo penso faccia parte della chiusura che si installa inconsciamente nelle persone quando dici loro che sei vegan. La prima cosa che ti dicono è: "Ma allora cosa ti preparo da mangiare quando vieni da me la prossima volta?". Parrebbe che di colpo abbiano dimenticato come si fa una pasta al pomodoro, un risotto ai piselli o le lenticchie...
All'inizio, vivendo lontani appunto, avevamo deciso di dire "solo" che eravamo diventati vegetariani, ma alla prima discesa in Italia, di fronte a vassoi di formaggi e affettati (mi sto ancora chiedendo dove hanno trovato il campo di mortadella...) ci siamo dovuti arrendere e cominciare a metterla giù pesante perché pareva che volessero, in due settimane, farci mangiare tutte le proteine animali di un anno!
Insomma prima con la dolcezza, poi con la fermezza, ma senza mai perdere la calma siamo riusciti a far capire che noi, neanche una volta ogni tanto, non avremmo più mangiato tutto quello che gli avevamo già elencato... pesce compreso...
Più che altro il tempo e la cattiva salute degli altri intorno a noi ci hanno dato ragione. I nostri esami clinici sono sempre ottimi, la nostra salute anche, non ci ammaliamo praticamente mai neanche in inverno e quindi la situazione si è sistemata da sola.
Per quanto riguarda le provocazioni degli onnivori dipende da molte cose. Dal mio umore del momento, da come vedo che la persona di fronte a me imposta il discorso, dalla voglia che ho di stare a spiegare le cose (questo dipende molto da chi ho di fronte, ci sono persone che so per certo essere superficiali che dopo cinque minuti hanno lo sguardo perso e capisci che pensano ai fatti loro...). Ma devo dire che col tempo, leggendo e informandomi, anche grazie alle notizie che mi capitano sotto gli occhi nell'ambito del mio lavoro di responsabile di www.promiseland.it, sono molto più informata su tante cose e quindi riesco a controbattere e a mettere in difficoltà le persone in maniera chiara e inequivocabile. A dire il vero se sono di buonumore mi ci diverto anche, bonariamente lo dico, a mettere in difficoltà quelli che io chiamo i "babbani" (nella saga di Harry Potter i babbani sono le persone non dotate di poteri magici: mi piace questo parallelo ironico!).
Insomma, non sono mai aggressiva, non mi interessa e credo crei chiusura nel tuo interlocutore, cerco anche di non parlare di questa cosa altrimenti ti dicono subito che fai proselitismo, ma se per sbaglio qualcuno mi pone delle domande non sfuggirà alle risposte.
Credo che l'educazione sia alla base di questo genere di spiegazioni e per esempio, se nei discorsi di tutti i giorni mi può anche capitare di usare parole un po' forti, quando parlo di veganesimo ci sto molto attenta e non uso mai espressioni colorite, mantengo la calma e al limite dico scherzosamente le cose che potrebbero essere prese male dal mio interlocutore.
Non dobbiamo dimenticarci che le persone quando si parla di questi argomenti, a livello inconscio, sanno che gli animali che mangiano vengono uccisi e hanno un po' la coscienza sporca, quindi dire che io non ne mangio per non farli soffrire è come dir loro: "Tu sei cattivo perché li mangi e li fai soffrire", o peggio ancora "Io sono meglio di te perché ho la forza di carattere di non mangiarne, non indossarne etc.", anche se la nostra intenzione non è questa (io per esempio non mi sento superiore a nessuno) gli altri percepiscono la cosa così e si sentono a disagio, per questo sovente le reazioni verso di noi sono un po' troppo accese, alla base c'è l'incomprensione.
Un altro fattore da tenere in considerazione, secondo me, è la paura della cosa sconosciuta: la cosiddetta ignoranza riguardo a qualcosa genera inquietudine e insicurezza, a volte vera e propria repulsione, ma c'è anche chi reagisce mettendo in ridicolo qualcosa solo perché non lo capisce.
In pratica la mia reazione cambia a seconda di chi ho di fronte e da come viene impostato il discorso dagli altri, se vedo che la discussione prende una brutta piega o diventa noiosa cerco di cambiare argomento. Se però mi vengono poste delle domande dirette rispondo in maniera altrettanto diretta e precisa.
Per quanto riguarda la vita in società non ho avuto grossi problemi, non sono mai stata una persona che ha bisogno di uscire molto o frequentare molte persone. Mi piace la vita tranquilla, i grandi assembramenti rumorosi non mi sono mai piaciuti: limitano gli scambi interpersonali e li trovo inutili.
Quindi c'è stato un periodo abbastanza lungo di più di due anni, quasi tre, durante i quali si usciva solo in coppia (avendo veganizzato subito il marito!), le persone che frequentavamo erano i cucini italiani vegan (quelli che ci hanno "convertiti") quando venivano in vacanza da noi e basta.
La selezione è stata naturale: parenti (quelli della parte della famiglia francese) e amici che ci tenevano a noi dopo circa due anni hanno fatto di nuovo capolino e hanno cominciato ad invitarci timidamente a pranzo,
informandosi su cosa potevano fare per noi ed è andato tutto bene.
Devo dire che io non sono scesa a compromessi del tipo: per noi due porto io o cose del genere. Ho sempre pensato che mangiare vegan non è una malattia contagiosa e che se per una volta tutti i commensali mangiano vegan non è tossico e non moriranno, spiegandolo alle persone che ci tengono a noi, con serenità, queste capiranno, altrimenti non ci tengono a noi è: così semplice!
Riconosco che ci vuole però una buona dose di sicurezza in sé stessi e di libertà dal giudizio altrui, cose che per mia fortuna posseggo.
Ovviamente con i miei accorgimenti non sono stata al riparo da commenti ostici, battute sarcastiche e tutto il resto. Ma non dando peso al giudizio che gli altri portano verso la mia persona questi non mi hanno intaccato nella sicurezza e nella voglia di proseguire, serenamente, per la mia strada.
Quindi un poco alla volta il mio percorso è ancora in svolgimento e nonostante quasi quattro anni di veganizzazione mi ritrovo ad avere ancora in casa maglioni in lana, scarpe in cuoio etc. che non ho più voglia di usare e per le quali sto facendo opera di bonifica, sperando possano servire a qualcuno e non aver causato sofferenza invano, per finire nelle immondizie ancora semi-nuove.
Ed è proprio riordinando gli armadi dopo esser diventati vegan che ci si rende conto di quanto la pigrizia dell'essere umano ci faccia diventare dipendenti dai prodotti animali, siano essi a tavola o nella vista di tutti i giorni.
In realtà, una volta presa coscienza di quello che si provoca se non si fa attenzione, è poi molto facile applicarsi, leggere le etichette, rinunciare ad un oggetto.
Siamo talmente "pieni di cose" e ci sono talmente tante alternative che al giorno d'oggi anche essere vegan è facile.
Insomma le persone cambiano, le riflessioni sono un ottimo esercizio per la mente: cerchiamo di non evitarle.
Una precisazione che vorrei fare a beneficio di tutti quelli che credono che il veganesimo sia una religione o una setta è questa: una religione ha un Dio da pregare, noi né l'uno né l'altra, una religione o una setta sono scandite da riti, compreso quello iniziatico (come il battesimo nel cristianesimo) noi no, una persona può decidere di diventare vegan oggi e smettere tra una settimana, non deve rendere conto a nessuno, non si firma nessun contratto, non ci si associa a nessuna organizzazione, si è completamente liberi di esserlo oppure no, non abbiamo guide spirituali, regole o statuti... quindi per favore non ripetete questa cosa pappagallescamente quando incontrate un vegan, costui per educazione o per mancanza di argomenti potrebbe evitare di rispondervi, ma voi state veramente dicendo una cosa che non si regge in piedi!
Detto questo auguro delle buone feste di fine anno a tutti!



Esplorando il  sito  di promiseland  ho trovato  qusto articolo  della stessa barbara


Le ricette di fine anno!

In un momento in cui si guarda alle future feste di fine anno e si rivolge lo sguardo fiducioso all’anno nuovo io voglio andare contro corrente e lanciare uno sguardo compiaciuto a questo magnifico, per me, 2011 che sta finendo.Già al suo inizio si preannunciava splendido: febbraio segnava un anno dalla pubblicazione di Veganwiz.fr, sito al quale ho dedicato tanto tempo, che mi ha spinta a sempre nuove esperienze culinarie e che in soli dodici mesi mi ha dato tante soddisfazioni, fatto incontrare di persona tanti vegan francesi ed entrare in contatto con tante persone stimolanti qui a Parigi dove vivo.Poi ci sono stati i preparativi per il primo, grandioso, VeganFest! Questo evento ha aperto la mia primavera vegan alla grande facendomi passare qualche giorno intenso al fianco di persone speciali, non parlo solo di Sauro e Renata, ma di tutte le persone che hanno partecipato alle fatiche e alle gioie di quei giorni indimenticabili, non li elenco: dimenticherei sicuramente qualcuno, a volte tornano nei miei pensieri episodi sparsi e scoppi di risa…Neanche il tempo di rientrare a casa quasi e ricevo la fatidica telefonata: serie di fortunate coincidenze? Rinunce dell’ultimo momento? La persona giusta al momento giusto? Non lo saprò mai, ma poco importa: le coincidenze non esistono e io ho la fortuna di vedermi offrire questo bellissimo sito che è Promiseland e prendo l’occasione al volo, non mi sembra vero, questa volta il treno è passato dalla mia stazione ed io ero sulla banchina ad aspettarlo per iniziare un viaggio dai mille colori e sapori che mi porterà lontano…I mesi passano veloci e già a luglio eravamo attivi per preparare i bellissimi progetti che sgorgano come acqua di sorgente dalla mente di Sauro.Luglio in vacanza, ma sempre connessa, comincio ad organizzarmi per gli impegni di fine estate.Agosto: gli altri in vacanza e io che già mi porto avanti col lavoro, mi si prospettano due mesi intensi, sia a settembre che ad ottobre sarò in Italia per un totale di quattro volte, per seguire e documentare su Promiseland gli eventi in programma.A settembre ci sarà il primo corso di Veganblog, un successo con più di venti partecipanti e poi tre VeganOK-EXPO ad una settimana circa uno dall’altro:BolognaMilano, Carrara. Viaggi, cucina, stanchezza, incontri, volti, sorrisi, chiacchiere, articoli, foto, compleanni, reportage, parlare di lavoro in macchina la mattina presto con Sauro e Renata, ma anche tutti insieme a cena davanti a una pizza (ma lo troveremo un posto alle 11 di sera che ci fa una pizza? Mah, proviamo!).A Bologna conosco Giorgio, Vivere Scalzo, ed è colpo di fulmine: tolgo le scarpe anch’io, Sauro ce l’ha ancora su con me… e pensare che avrei potuto incontrarlo già al VeganFest se non fossi stata sempre così di corsa…Ma quante persone ho incontrato in quei due mesi? Zucca, Lony, Cuccio, Pogo, Scila, Lilly, Nala, Bike, Tommaso, Cesare, tre Laura, Giorgio, due Cinzia, Gianluca, Alberto, Enza, Osvaldo, Enzo, Maryline, Francesco, Michele, Dany, Igor, Alessandra, Simone, Silvia, Paola, Daniele, Nelusco, Valentina, Filippo, Frankye, Maddy, Alessandro, Alice, ben tre Andrea e almeno due Luca, Marco, Tiziana, Marilena, gli Chef di Veganblog, Claudia, Alessandra, Sandro, Mary, Enrico, Matteo, Nancy, Paolo, Pina, Roberta, Rossella, Alberto, Aldo, Roberto, Fabrizio, Valeria e cito solo quelli che mi vengono in mente ora e con i quali sono stata a più stretto contatto: chissà quanti ne dimentico!Finalmente fine ottobre, torno a casa, scalza, dal mio paziente marito, che si era quasi abituato a fare lo scapolo, da “La Cano” che per dieci giorni non mi molla di un centimetro per paura che parta ancora, mi ci vuole un po’ per recuperare un ritmo di vita normale, ma che avventura: ne è valsa la pena!Un anno così, bevuto d’un fiato non mi era mai capitato! Chissà come sarebbe stato se Alessandra e Manuel non mi avessero fatto fare il salto, se Sauro non mi avesse lasciato spazio per esprimermi, se non avessi incontrato tutte le fantastiche persone che ho incontrato, se… vabbé è giunto il momento di guardare al futuro più prossimo (noi ci stiamo già preparando per il prossimo VeganFest, che sarà ancora più grande della scorsa edizione!), quindi per festeggiare degnamente la fine di questo anno irripetibile ho pensato un menù speciale da gustare in buona compagnia: la vostra e… BUONE FESTE A TUTTI!


FOCACCIA CHIC, focaccia di tradizione pugliese ma col vestito  delle feste con tartufo e panna di soia, scarica la ricetta in pdf QUI

TENEREZZE DI SEITAN, tranci di seitan con patate dolci, fava tonka e pistacchi di Bronte, scarica la ricetta in pdf QUI


STRUDEL BARBARA, lo strudel rivisitato con pere, fava tonka, fragole disidratate, cioccolato e pistacchi, scarica la ricetta in pdf QUI


19.12.11

cibi proibiti alle donne CETRIOLO VIETATO ALLE DONNE. RELIGIOSO: "RICORDA IL PENE MASCHILE"

leggo  sulla mia home di facebook   questo articolo del giornale gratuito http://www.leggo.it/



Giovedì 08 Dicembre 2011 - 16:06
ROMA - Cetrioli, banane, zucchine e carote. Eccoli i nuovi frutti del peccato, almeno stando a quanto sostiene un religioso islamico. L'uomo, residente in Europa, ha dichiarato che le donne non dovrebbero neanche avvicinarsi a ortaggi e frutta di forma fallica per evitare che queste possano portare alla mente "pensieri sessuali".
Lo sceicco, per ora rimasto anonimo, è stato citato dal quotidiano el- Senousa. Accanto al divieto, però, l'uomo ha aggiunto anche delle "istruzioni per l'uso": se proprio le donne islamiche non potranno fare a meno di mangiare i frutti incriminati, dovranno almeno farlo in presenza di un uomo loro legato da parentela, come un padre o un marito, che provvederà a tagliarli in pezzetti tanto piccoli da non ricondurre alla forma originaria. Banane e cetrioli, infatti, “assomigliano al pene maschile” e potrebbero stimolare la donna a “pensare al sesso”. 
All'insolita massima religiosa, i giornalisti hanno reagito chiedendo se sia necessario far controllare le donne quando vanno a fare la spesa, e se comprare i frutti "fallici" possa costituire peccato. Il religioso ha risposto dicendo che è una questione tra le donne e Dio.  


Allora  , come si chiedono in molti , se  gli islamici  (  o altri rappresentati d'altre religioni ) puri   non dovrebbero mangiare angurie, meloni, arance, dovranno almeno farlo in presenza di una donna loro legata da parentela, come una madre o una moglie, che provvederà a tagliarli in pezzetti tanto piccoli da non ricondurre alla forma originaria. Angurie, meloni e arance, infatti, “assomigliano al seno femminile” e potrebbero stimolare l'uomo a “pensare al sesso”.

sfatiamo il mito dl natale buonista esso è anche repressione

Poiché l'oppio di popoli  è l'oblio   , con la creazione  di miti   buonisti    vi racconto   tre storie  avvenute  nl  periodo  natalizio  la  prima  è tratta  da http://domani.arcoiris.tv/

NATALE 1893 – Sicilia insaguinata da carabinieri e latifondisti che sparano contro i contadini affamati

19-12-2011
di Elio Camilleri

 Erano quasi le quattro del pomeriggio e il pranzo di Natale del 1893 era finito appena da un po’, la mattina era trascorsa tranquilla, anche Gesù era nato a mezzanotte. Il giorno prima, nella piazza, una moltitudine di donne aveva guidato una manifestazione contro le tasse che esplose improvvisamente con l’assalto e la distruzione dei circoli che erano i luoghi di riunione, di svago dei notabili, dei potenti e dei prepotenti del paese.
La forza pubblica aveva tentato di contenere la folla, ma non era riuscita ad evitare il successivo assalto e la completa devastazione dei casotti daziari.
Erano quasi le quattro del pomeriggio del Natale del 1893 e le donne di Lercara con i loro uomini riempirono la piazza per assalire il Municipio, sventolavano stracci a mò di bandiere e volevano che si capisse che non era più tollerabile lo sfruttamento e la fame.
Il Prefetto ed il Procuratore del Regno si erano precipitati da Palermo e tentarono invano di calmare la folla, ma erano arrivati anche i rinforzi militari e fu la tragedia: i due schieramenti si trovarono uno di fronte all’altro e i militari intimarono ai manifestanti di disperdersi … attimi di silenzio, un colpo di arma da fuoco.
Dai balconi dei palazzotti prospicienti la piazza i notabili, padroni di Lercara, dei campi e delle miniere incitavano i carabinieri a compiere il massacro. Con la bocca ancora impastata dei buccellati e dei cannoli trangugiati a pranzo, nel loro pranzo di Natale, gridavano: “morte agli istigatori, morte ai sovversivi”.
Undici manifestanti furono uccisi nella cornice di cinica e turpe istigazione al massacro.
“non si sarebbe mai saputo chi avesse sparato per primo […] non è affatto da escludere che a sparare per primo fosse stato qualche campiere, qualche mammasantissima, appostato dietro l’angolo di qualche casa e incaricato di provocare la strage da una delle fazioni che si contendevano il potere in paese. Le carte tacciono in proposito”. ( Mario Siragusa, Stragi e stragismo nell’età dei Fasci siciliani. In “La Sicilia delle stragi”. a cura di Giuseppe Carlo Marino. Newton Compton Editori Roma.2007. pag. 119 )

La seconda   dai miei ricordi   fatti di racconti di Babbo e zio  ( sinistra  extra parlamentare  ) e  letture  e documentari storici   i fatti Avola ( sempre  sicilia  )   2  dicembre  1968  ( I II ) dove  fu duramente repressa  a colpi d'arma  da  fuoco  uno  sciopero di braccianti agrari    e  della  bussola   ( viareggio  notte  del 31  dicembre  -1  gennaio 1968\69 articolo tratto  da http://www.antiwarsongs.org/ .
La ballata (  ne  trovate  sotto un video  e qui il testo  )  


è la cronaca fedele dell'episodio della contestazione avvenuta il 31 dicembre 1968   presso  il locale alla moda "La Bussola" di Focette, in Versilia, dove alcuni studenti medi e universitari si erano recati (come il 7 dicembre a Milano per la celebre contestazione alla prima della Scala) per lanciare uova sui ricchi borghesi che si recavano al locale "chic" per festeggiare il capodanno.
Gli studenti erano armati di uova; i carabinieri, di armi. Fu la prima volta in assoluto in Italia che i carabinieri spararono su una manifestazione studentesca. Lo studente Soriano Ceccanti (  foto sotto )  

 16 anni, di Pisa, rimase paralizzato per tutta la vita. È diventato, oggi, un valente schermidore.

comunque la pensiate  buone feste









non ci facciamo fregare anche questo o gli studiosi non fuggano all'stero .Sei in: Sassari Home / Sardegna / Fili di cotone come transistor: l'indumento «intelligente» nasce tra Cagliari e Bologna E-mail Stampa Condividi Fili di cotone come transistor: l'indumento «intelligente» nasce tra Cagliari e Bologna



CAGLIARI. C'è anche l'apporto dell'università di Cagliari nella realizzazione di tessuti «intelligenti» in semplice filo di cotone naturale capaci di monitorare il battito cardiaco o la temperatura corporea e, allo stesso tempo, comodi da indossare ed utili alla realizzazione di capi per i lavoratori a rischio, per monitorare i pazienti o per gli atleti di sport estremi. Questi particolari «transistor» di fibre di cotone sono stati realizzati grazie ad uno studio dell'istituto di nanoscienze del Cnr e dell'Università di Bologna. I ricercatori Annalisa Bonfiglio, Giorgio Mattana e Piero Cosseddu (Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche e Università di Cagliari) e Beatrice Fraboni (Università di Bologna) hanno dimostrato che da un semplice filo di cotone possono nascere dei transistor, aprendo la strada alla creazione di indumenti «intelligenti» e «sensibili» e alla possibilità di creare interi circuiti in tessuto. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista internazionale Organic Electronics. E dall'idea è nato anche un brevetto in fase di deposito. Il concetto di «elettronica indossabile», dall'inserzione di un apparecchio nei tessuti alla realizzazione di dispositivi elettronici in forma tessile, è ormai noto agli studiosi da oltre quindici anni.  «Nel mercato - ha spiegato Bonfiglio - esistono già indumenti capaci per esempio di monitorare il battito cardiaco di chi li indossa o di rilevare eventuali fatto

ri di rischio nell'ambiente. Il limite, fino ad oggi, è stato l'ingombro dei dispositivi incorporati nei tessuti e la scarsa adattabilità agli indumenti delle parti rigide di dispositivi e connettori. Siamo riusciti a ottenere fibre conduttive da semplici fili di cotone, preservando comfort ed elasticità tipici di tale tessuto». «Abbiamo raggiunto quest'obiettivo - ha chiarito Fraboni - sviluppando una tecnica di rivestimento dei fili di cotone con un finissimo strato di nanoparticelle d'oro e di polimeri conduttivi e semi conduttivi. Questo insieme di strati di materiali differenti.


 dalla  nuova  sardegna  del  19\12\2011

Oggi è un filo blu di cotone: domani si potrà telefonare col cappuccio di una felpa
cagliari

di dall'inviato Roberto Morini
zoom

 CAGLIARI. La strada porta al computer integrato in una normale t-shirt. Ma anche al cappuccio della felpa che offre tutte le funzioni di un telefonino di ultima generazione. O ancora, per chi teme i rischi connessi alle onde elettromagnetiche, la strada che parte dalla Sardegna porta al taschino che blocca le radiazioni, fatto con un tessuto di cotone apparentemente normalissimo, inserito nella camicia o nella giacca, in cui tenere un normale smartphone. Sono ancora tutte da percorrere le vie tecnologiche che portano dalla matassa di filo partita
nei giorni scorsi dall'università di Cagliari alla volta di un'azienda tessile del Bolognese che dovrà tessere quel cotone, al vestito elettronico indossabile, agli indumenti informatici, capaci di sostituirsi agli attuali apparecchi. Protesi tecnologiche praticamente invisibili.  Un precario al comando  Il primo miglio è stato doppiato in Sardegna. Merito soprattutto di Annalisa Bonfiglio, giovane docente al Dipartimento di ingegneria elettrica ed elettronica dell'università di Cagliari, unica ricercatrice stabilizzata del gruppo, coordinatrice dell'Eolab, il laboratorio di elettronica organica, e di molti progetti europei. Genovese, lavora nell'isola dal 1996. E merito di Piero Cosseddu, cagliaritano, 35 anni, Post Doc, come si dice negli ambienti scientifici per raccontare che uno è precario, ma ha già fatto il dottorato di ricerca e ora si arrampica, per vivere, passando da una borsa di studio (l'attuale è della Regione) a un finanziamento europeo, senzanessuna certezza che il prossimo anno troverà ancora qualcuno che vuole farlo restare nell'isola a fare la sua ricerca scientifico. «Lavoro con la sicurezza mentale che continuerò a fare quello che faccio, quello che mi piace, magari non qui. Se pensassi che che l'anno prossimo potrei non avere più un euro per lavorare e per vivere non riuscirei a fare un passo avanti. Così so che ho imparato delle cose e qualcuno sicuramente le apprezza e mi farà continuare a fare il ricercatore», è la sua certezza.  Con Bonfiglio e Cosseddu all'inizio della ricerca c'erano anche Beatrice Fraboni, ora all'università di Bologna, e Giorgio Mattana, ora ricercatore in Svizzera, al laboratorio di Neuchatel dell'Epfl, l'École polytechnique fédérale de Lausanne. Non sono più a Cagliari ma il loro rapporto con il gruppo di ricerca sardo è rimasto strettissimo.  Cosseddu coordina una squadra entusiasta come lui, tutta precaria come lui. Anzi, se possibile un po' di più. Ci sono tre dottorandi tra i 27 e i 28 anni, Alberto Loi, Laura Basiricò e Stefano Lai. Con loro una contrattista, Giulia Casula, e Alessio Calcagni, che lavorando con questa squadra prepara la sua tesi di laurea, entrambi ventottenni.  Plastica al posto del silicio  Cosa fanno? Prima di tutto usano la plastica per fare quello che normalmente si fa con materiali molto più costosi, a partire dal silicio. Perché i polimeri non sono necessariamente isolanti. Possono anche essere conduttori o semiconduttori. Cioè con la plastica si può fare qualsiasi circuito. Nel nostro caso cotone e plastica insieme per fare elettronic devices, come si dice in gergo.  Per ora su quella strada hanno già fatto alcune cose. Per esempio la divisa del vigile del fuoco piena di sensori realizzati su superfici plastiche flessibili. Serve a sapere da lontano come sta l'uomo che ci sta dentro e a raccogliere a distanza informazioni decisive sull'ambiente che lo circonda. Era il progetto europeo Proetex, protective e-textiles, tessuti elettronici protettivi. Coordinatrice Annalisa Bonfiglio. E poi hanno realizzato quel filo di cotone conduttivo che è già cresciuto fino a diventare transistor e sta per diventare circuito elettronico prodotto dallo stesso intreccio della trama del tessuto. Per non parlare della pelle artificiale per il robot.  Più grande è bello  Tre strade tutte nella direzione di rendere non solo flessibili e indossabili gli apparecchi elettronici oggi di largo uso, ma anche molto più economici. Lo spiega chiaramente Annalisa Bonfiglio: «Il processo di miniaturizzazione degli apparecchi elettronici non nasce per la portabilità, ma per il risparmio. Più piccolo è un device, meno materiali costosi bisogna usare per realizzarlo. La portabilità di notebook e smartphone è solo una ricaduta. Ma se si usano fili di cotone e normali materie plastiche, tutto materiale a costi bassissimi, non è necessario puntare a forti miniaturizzazioni. Tantopiù che l'altro aspetto importante, la portabilità, è garantito dalla possibilità di indossare gli apparecchi elettronici».  E nel futuro non ci sono solo sensori, telefonini e computer da indossare: «Sarà presto possibile realizzare una giacca fotovoltaica, per la quale la superficie ampia è un vantaggio», esemplifica Bonfiglio.  Dall'iPad all'unPad  La tendenza insomma è verso quello che viene chiamato unPad, non-apparecchio: la scomparsa dell'oggetto fisico elettronico. Non più l'oggetto separato sempre più piccolo da portare nel taschino o addirittura incollato alla giacca sul bordo del colletto, ma la funzione inserita nel tessuto, praticamente invisibile. «E nel futuro - insiste Bonfiglio - non ci sono solo gli indumenti. Penso a tappeti come sensori del movimento, a tende fotovoltaiche». Possiamo liberare la fantasia.  La pelle del robot  Piero Cosseddu preferisce puntare a cose più concrete. È lui che coordina la squadra che ha realizzato il filo che sta per diventare tessuto intelligente. Mostrando uno degli strumenti presenti in un laboratorio dall'aspetto un po' accatastato - «i soldi non sono molti», si scusa, come se fosse colpa sua - spiega la fase che precede il tessuto: «Questa è una stampante a getto d'inchiostro che imprime polimeri su una pellicola di plastica. Così realizziamo circuiti elettronici, usando una plastica che conduce elettricità, su supporti flessibili, deformabili». Una pellicola che è diventata anche pelle artificiale per un robot: «È il progetto europeo Roboskin, che stiamo realizzando in collaborazione con l'università di Genova», spiega Cosseddu. Perché i circuiti di polimero su pellicola diventano sensori di deformazioni meccaniche: «Riproducono il senso del tatto», sintetizza. E più avanti, probabilmente, potranno anche sentire la pressione, il calore, in modo molto più efficiente della pelle umana. Per esempio senza scottarsi a cento gradi o congelare a meno quaranta. O addirittura saranno dotati di sensori chimici che permetteranno al robot di conoscere la composizione dell'aria, di individuare possibilità e pericoli.
 La strada porta al computer integrato in una normale t-shirt. Ma anche al cappuccio della felpa che offre tutte le funzioni di un telefonino di ultima generazione. O ancora, per chi teme i rischi connessi alle onde elettromagnetiche, la strada che parte dalla Sardegna porta al taschino che blocca le radiazioni, fatto con un tessuto di cotone apparentemente normalissimo, inserito nella camicia o nella giacca, in cui tenere un normale smartphone. Sono ancora tutte da percorrere le vie tecnologiche che portano dalla matassa di filo partita nei giorni scorsi dall'università di Cagliari alla volta di un'azienda tessile del Bolognese che dovrà tessere quel cotone, al vestito elettronico indossabile, agli indumenti informatici, capaci di sostituirsi agli attuali apparecchi. Protesi tecnologiche praticamente invisibili.  Un precario al comando  Il primo miglio è stato doppiato in Sardegna. Merito soprattutto di Annalisa Bonfiglio, giovane docente al Dipartimento di ingegneria elettrica ed elettronica dell'università di Cagliari, unica ricercatrice stabilizzata del gruppo, coordinatrice dell'Eolab, il laboratorio di elettronica organica, e di molti progetti europei. Genovese, lavora nell'isola dal 1996. E merito di Piero Cosseddu, cagliaritano, 35 anni, Post Doc, come si dice negli ambienti scientifici per raccontare che uno è precario, ma ha già fatto il dottorato di ricerca e ora si arrampica, per vivere, passando da una borsa di studio (l'attuale è della Regione) a un finanziamento europeo, senzanessuna certezza che il prossimo anno troverà ancora qualcuno che vuole farlo restare nell'isola a fare la sua ricerca scientifico. «Lavoro con la sicurezza mentale che continuerò a fare quello che faccio, quello che mi piace, magari non qui. Se pensassi che che l'anno prossimo potrei non avere più un euro per lavorare e per vivere non riuscirei a fare un passo avanti. Così so che ho imparato delle cose e qualcuno sicuramente le apprezza e mi farà continuare a fare il ricercatore», è la sua certezza.  Con Bonfiglio e Cosseddu all'inizio della ricerca c'erano anche Beatrice Fraboni, ora all'università di Bologna, e Giorgio Mattana, ora ricercatore in Svizzera, al laboratorio di Neuchatel dell'Epfl, l'École polytechnique fédérale de Lausanne. Non sono più a Cagliari ma il loro rapporto con il gruppo di ricerca sardo è rimasto strettissimo.  Cosseddu coordina una squadra entusiasta come lui, tutta precaria come lui. Anzi, se possibile un po' di più. Ci sono tre dottorandi tra i 27 e i 28 anni, Alberto Loi, Laura Basiricò e Stefano Lai. Con loro una contrattista, Giulia Casula, e Alessio Calcagni, che lavorando con questa squadra prepara la sua tesi di laurea, entrambi ventottenni.  Plastica al posto del silicio  Cosa fanno? Prima di tutto usano la plastica per fare quello che normalmente si fa con materiali molto più costosi, a partire dal silicio. Perché i polimeri non sono necessariamente isolanti. Possono anche essere conduttori o semiconduttori. Cioè con la plastica si può fare qualsiasi circuito. Nel nostro caso cotone e plastica insieme per fare elettronic devices, come si dice in gergo.  Per ora su quella strada hanno già fatto alcune cose. Per esempio la divisa del vigile del fuoco piena di sensori realizzati su superfici plastiche flessibili. Serve a sapere da lontano come sta l'uomo che ci sta dentro e a raccogliere a distanza informazioni decisive sull'ambiente che lo circonda. Era il progetto europeo Proetex, protective e-textiles, tessuti elettronici protettivi. Coordinatrice Annalisa Bonfiglio. E poi hanno realizzato quel filo di cotone conduttivo che è già cresciuto fino a diventare transistor e sta per diventare circuito elettronico prodotto dallo stesso intreccio della trama del tessuto. Per non parlare della pelle artificiale per il robot.  Più grande è bello  Tre strade tutte nella direzione di rendere non solo flessibili e indossabili gli apparecchi elettronici oggi di largo uso, ma anche molto più economici. Lo spiega chiaramente Annalisa Bonfiglio: «Il processo di miniaturizzazione degli apparecchi elettronici non nasce per la portabilità, ma per il risparmio. Più piccolo è un device, meno materiali costosi bisogna usare per realizzarlo. La portabilità di notebook e smartphone è solo una ricaduta. Ma se si usano fili di cotone e normali materie plastiche, tutto materiale a costi bassissimi, non è necessario puntare a forti miniaturizzazioni. Tantopiù che l'altro aspetto importante, la portabilità, è garantito dalla possibilità di indossare gli apparecchi elettronici».  E nel futuro non ci sono solo sensori, telefonini e computer da indossare: «Sarà presto possibile realizzare una giacca fotovoltaica, per la quale la superficie ampia è un vantaggio», esemplifica Bonfiglio.  Dall'iPad all'unPad  La tendenza insomma è verso quello che viene chiamato unPad, non-apparecchio: la scomparsa dell'oggetto fisico elettronico. Non più l'oggetto separato sempre più piccolo da portare nel taschino o addirittura incollato alla giacca sul bordo del colletto, ma la funzione inserita nel tessuto, praticamente invisibile. «E nel futuro - insiste Bonfiglio - non ci sono solo gli indumenti. Penso a tappeti come sensori del movimento, a tende fotovoltaiche». Possiamo liberare la fantasia.  La pelle del robot  Piero Cosseddu preferisce puntare a cose più concrete. È lui che coordina la squadra che ha realizzato il filo che sta per diventare tessuto intelligente. Mostrando uno degli strumenti presenti in un laboratorio dall'aspetto un po' accatastato - «i soldi non sono molti», si scusa, come se fosse colpa sua - spiega la fase che precede il tessuto: «Questa è una stampante a getto d'inchiostro che imprime polimeri su una pellicola di plastica. Così realizziamo circuiti elettronici, usando una plastica che conduce elettricità, su supporti flessibili, deformabili». Una pellicola che è diventata anche pelle artificiale per un robot: «È il progetto europeo Roboskin, che stiamo realizzando in collaborazione con l'università di Genova», spiega Cosseddu. Perché i circuiti di polimero su pellicola diventano sensori di deformazioni meccaniche: «Riproducono il senso del tatto», sintetizza. E più avanti, probabilmente, potranno anche sentire la pressione, il calore, in modo molto più efficiente della pelle umana. Per esempio senza scottarsi a cento gradi o congelare a meno quaranta. O addirittura saranno dotati di sensori chimici che permetteranno al robot di conoscere la composizione dell'aria, di individuare possibilità e pericoli.

Lo stato italiano deve alla Sardegna più di 8 miliardi di euro. Sono soldi dei sardi, delle nostre imposte

Euro pro capite: 5.089,14036 €
Accise Pregresse: 12.700.000.000 €
Vertenza entrate & gettito: 8.145.136.675,00 €
Vertenza accise: 381.265.060,00 €
Lo stato italiano deve alla Sardegna più di 8 miliardi di euro. Sono soldi dei sardi, delle nostre imposte. Questo fatto è dovuto prima di tutto alla mancata riscossione in Sardegna delle imposte sarde. Sono enti dello stato che incassano le tasse dei sardi. Poi lo stato non riversa ciò che per legge deve alla Sardegna. È successo per moltissimi anni, senza che i politici sardi muovessero un dito per impedirlo.ed è sempre in continuo aumento vdre qui il contatore 
http://isoladeltesoro.progeturepublica.net/

anche i truffatori hanno un etica . Cagliari truffava i benestanti con il gratta e vinci falsi

 Leggendo i  giornali  locali  si  sentono storie  come  questa  di cui riporto l'articolo sotto   tipiche  cinematografiche  e non




dalla nuova  sardegna del 18\12\2011


Cagliari, scoperta truffa con gratta e vinci milionari
Con la tecnica dei gratta e vinci "milionari" contraffatti, un commerciante abusivo raggirava da anni soprattutto persone benestanti nell'hinterland di Cagliari. L'uomo è stato scoperto dalla Guardia di finanza


CAGLIARI. Con la tecnica dei gratta e vinci 'milionari' contraffatti, un commerciante abusivo raggirava da anni soprattutto persone benestanti nell'hinterland di Cagliari. Come il protagonista del film 'Prova a prendermi', Mauro Mallus di Quartu Sant'Elena, noto "Bacioni", manometteva parzialmente i biglietti senza intaccarne l'integrità, poi li cedeva ai prescelti. La Guardia di finanza di Cagliari l'ha scoperto dopo due ignare vittime della truffa avevano portato in banca, nel novembre scorso, un gratta e vinci da 5,1 milioni di euro.
Le Lotterie nazionali srl, ricevuto il titolo per corriere assicurato e scoperto che era falso, avevano segnalato il caso alle Fiamme gialle, che già dall'aprile 2011 aveva ricevuto numerose denunce a Cagliari, Quartu Sant'Elena, Decimomannu e Assemini. Indagando sulle due persone che avevano portato il gratta e vinci milionario in banca per aprire un conto corrente, il titolare di un negozio fotografico di Quartu e un dirigente della cooperativa Ormeggiatori di Cagliari in pensione, i finanzieri hanno scoperto che l'avevano ricevuto in modo non regolare da un terzo, come emerso da una scrittura privata trovata, durante una perquisizione, nella cassaforte di uno dei due indagati.

Quando è stato rintracciato, in un rifugio di caccia in località 'Bacu Mandara', Mauro Mallus aveva nel bauletto della sua vespa altri due biglietti vincenti, pronti da consegnare per le feste di Natale ad altri ingenui acquirenti, uno da cinque milioni di euro l'altro con una vincita da 100mila euro. Nel mirino del truffatore, che ha spiegato agli inquirenti nei dettagli la sua tecnica, sono finiti, oltre ai due del tagliando da 5,1 milioni, anche un carabiniere, un professore e altre persone benestanti di Cagliari.
Il biglietto da 5,1 milioni che ha consentito di scoprire la truffa era perfetto, indistinguibile da quelli regolari. "Non abbiamo dormito per settimane alla notizia che era risultato falso", hanno riferito i due indagati durante gli interrogatori della Guardia di finanza. "Pensavamo addirittura fosse uno stratagemma delle lotterie nazionali per non pagare la vincita. Abbiamo incaricato persino nostro figlio avvocato di capire da dove il biglietto fosse risultato falso".
E' stato poi "Bacioni", il "Frank Abagnale" di Quartu, a spiegare come adescava e truffava le sue vittime, compreso un carabiniere in pensione, accuratamente selezionate: innanzi tutto mostrava loro il tagliando "vincente" contraffatto e faceva credere loro di poter approfittare di una facile situazione di indigenza. "Dicevo loro che non vedevo bene e non capivo cosa avevo vinto", ha raccontato Mauro Mallus ai finanzieri. "Di solito, quando vedevano una vincita di 500mila euro dicevano che era soltanto di cinquemila e offrivano un immediato compenso fra i mille e i 1.500 euro. Pensavano di fregarmi, invece era il contrario. Maresciallo, io ci mangio con quei soldi".
Alla fase di "illusione" della vittima, seguiva quella dell'attesa. Il tagliando non veniva ceduto subito, ma solo dopo qualche giorno, perché il desiderio d'impossessarsene crescesse. E poi, improvvisamente, Mallus tornava alla carica e contattava la vittima per cedergli il gratta e vinci. "Racconto che sono in procinto di entrare in carcere", ha spiegato "Bacioni" ai finanzieri, "e quindi non posso ritirare la vincita e che mi servono pochi soldi... giusto per le sigarette". >>
                                       

                                 

L'uomo nonostante  avesse dei  precedenti specifici per casi simili   è  stato ,pur commettendo un reato  , eticamente  corretto . Infatti sempre scindo la  nuova  sardegna  



«L’importante è trovare un benestante che ci casca»
18 dicembre 2011 —   pagina 03   sezione: Fatto del Giorno

 CAGLIARI. Non ha negato, anzi ha spiegato tutto nei dettagli. La tecnica della truffa, il metodo per falsificare i gratta e vinci, il perchè di un’attività consapevolmente illegale, per quanto le vittime - così emerge dalle parole di Mauro «Bacioni» Mallus - un po’ se lo meritassero: «Sì, il biglietto Maximiliardario falso da cinque milioni l’ho fatto io».
 Come l’ha realizzato? Semplice: «Ho preso due tagliandi usati dalla spazzatura di un tabacchino, ho incollato il rettangolino coi numeri coincidenti e l’ho stirato col ferro». La fase più importante però è quella della preparazione: «Prima cerco la persona che può cascarci, di solito sono benestanti e approfittatori di persone apparentemente deboli come me... gli faccio vedere una fotocopia del biglietto contraffatto dicendo che a causa della mia ignoranza e della mia scarsa vista ho bisogno di verificare se è vincente». Quelli abboccano: «Se la persona vede che la vincita è di 500mila euro mi dice che c’è scritto cinquemila, illudendosi di truffarmi». Ed è qui che scatta la trappola: «In genere mi offrono dai mille ai 1500 euro in contanti alla consegna dell’originale. Ma io li faccio aspettare almeno quattro giorni». L’attesa riscalda l’ansia dell’interlocutore: «Nel caso del fotografo sono andato al suo negozio solo per fare una fotocopia e lui si è offerto subito di pagarmi 500 euro, mi ha detto che avrebbe pensato alla riscossione della somma insieme al cognato avvocato. Alla fine avrei ricevuto il dieci per cento della vincita». Con una raccomandazione: «Mi ha detto di non riferire nulla nemmeno in famiglia, altrimenti mi avrebbero preso tutto». Solita tattica d’attesa: «L’ho fatto aspettare, mi chiamava... solo dopo quattro giorni gli ho dato il tagliando con la combinazione incollata. Gli ho detto che mi bastavano 500 euro perchè stavo per entrare in carcere, i soldi per le sigarette. Lui pensava di truffare me invece è su contrariu».
 C’è un perchè di questa attività a rischio: «Sono disoccupato - ha detto - e ’nci pappu con su dinai (con quei soldi mangio). I 500 euro del fotografo? Ho comprato un maialetto e ho fatto la spesa per tutto il mese». Tranne quella volta in cui il cuore ha prevalso sul bisogno: «Ho dato uno dei miei biglietti vincenti a un maresciallo dei carabinieri in pensione, che dalle felicità mi voleva dare subito cinquemila euro - ha raccontato Mallus - ma siccome la posta era chiusa mi ha dato cinquecento euro. Dopo qualche minuto sono tornato indietro e gli ho detto che era uno scherzo. I soldi glieli ho restituiti  ». 



 

18.12.11

Mai più, e per sempre


Gli sembrava che l'aria, lì intorno, lo ghermisse fin quasi a soffocarlo. L'avvertiva liscia, umida, appiccicosa, con un sentore di miele. Simile a certe mattinate cilestrine, che avevano punteggiato la sua infanzia ormai lontana. Ne percepiva l'odore buio, remoto. Era entrato con lei in quella stanza dalle pareti asettiche. Attendeva il parto e si sentiva svuotato e incredulo. "Non tornerà più", risuonava una voce dentro di sé.

Sopra: Stefania Scarnati, Natività


E non sapeva se usciva dalla sua mente o da qualche spazio siderale. Non tornerà più questo momento, questa sconfinata regressione nell'universo. Tutto si ampliava e al tempo stesso tornava grumo, domanda, inizio. Attendeva. Udiva sé stesso incoraggiare, accarezzare, percepiva il suo sorriso fragile, inerme, bianco, poi un fulgore indistinto irrorò lo spazio circostante. Avrebbe voluto interrompere i gemiti di lei, e al tempo stesso non muoveva le mani grandi e inutili, la forza s'arrendeva, i muscoli cedevano. Svenire: no, mai. Il tempo si squadernava infinito, in una circolarità spaurata, e poi, trionfante, un flusso di pace, un abbraccio talmente lungo, e soave, che le lacrime lo sommersero e non ne provò vergogna. Ora udiva un altro gemito, un altro pianto che raccoglieva la sfida della vita. Non sapeva dire se fosse bello, quel giovane uomo di fronte a lui: sapeva solo che era suo, e fuor di lui. Sorrideva a quell'ovvietà dell'umano, lo sentiva così meravigliosamente unico e comune, che pensò di non pensare mai più. E per sempre, ripeteva il passo dei suoi padri, dei suoi nonni, di ognuno, nel grembo della terra e nell'abisso dei cieli, senza fede, ma con certezza che, se tutto dovesse finire, il paradiso era lì, raggiunto, solo, azzurro ciottolo d'oro.
(ad Alberto)

17.12.11

le mie contraddizioni natalizie


Questo post è nato da  una discussione  sulla mia bacheca  di Facebook 


Ancora non sento l'atmosfera natalizia è normale ?
 ·  · 
  • Anastasia TaglioliFrancesca Pedroni e altri 4 piace questo elemento.

    • Angela Pia Lecis Saba xkè è natale tra un po? bohhhhhh
      domenica alle 9.25 ·  ·  2

    • Marinella Marini io spero arrvi in fretta il 7 gennaio
      domenica alle 9.33 · 

    • Angela Pia Lecis Saba il natale + bello nn è qll scritto in rosso nel calendario, ma qnd riusciamo a vivere bene qualsiasi giorno dell'anno.......ora di rosso mi sa ke ci sono solo i conti in banca di tnt gente, altrokè 25 dicembre!!!!!!
      domenica alle 9.55 ·  ·  2

    • Sara Canu ‎...Idem anche se è già qualche anno che non sento quell'emozione nel cuore...o forse come dice Angela sarà per i nostri conti in rosso e quel pò di timore nel futuro incerto. speriamo che stà crisi si dissolva come neve al sole in primavera.
      domenica alle 9.57 ·  ·  2




Lo  so  che  mi contraddico  con quanto detto  in alcune puntate  della mia  guida  sul natale  ( 1  2  ma  è stato più  forte di me  perchè , come  tutti d'altrone  credenti e non credenti   sono un peccatore

     

             
                           
e quindi   chiedo  scusa



            
Le contraddizioni in questione   sono avvenute per  quanto riguarda  gli auguri   e l'aver  partecipato  alla mostra de presepi di mia zia vedere post  precedente.
Nel primo caso  , quello  degli auguri vedere primo url    mi sono  detto a tutti o  a nessuno  , siamo a natale (  e poi aVevo la promozione wind  150  sms  e  150 minuti che  scadeva  il  20  dicmbre  )  anche  se non li biasimo  ,aisposto  lcuni di quelli a cui l'ho mandato mi hanno  risposto   che per la crisi   non sentono ancora  l'atmosfra  natalizia  e  << chizzulanu  [ traduzione letterale p0mattiniero ] ., ma non è un po' troppo presto ? ., ma manca  ancora  un po'  .,  ecc  >>;  altri  gli hanno graditi  senza  osservazioni  critiche  \  ironiche  .
Nel secondo caso  quella dei presepi   , secondo url   sono andato  alla  6° edizione di "Natale è una stella" di mia  zia  (  www.amicidimonica.it )  vedete  qui  sotto  una  foto  di una edizione  scorsa



ero li vicino , di ritorno da una  commissione  ai miei "vecchi " e stavo per  accellerare iin maniera  da non cadere in tentazione ma mi sono ritrovato  davanti l passo   quando   mio zio ( in realtà   non mi è  niente di dritto  perchè  è solo li  , cugina di mio padre ) .Allora  sono entrato precisando  che non ci  volevo venire   perchè a causa  del lutto  vedere post  precedenti ma poi  avvo cambiato idea . E lei  << bravo  ha fatto benissimo  . ti capisco , ma  vrnire qui  è come  andare in chiesa  >>