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14.2.25

BOICOTTAGGIO SAN REMO 2005 GIORNO III ° TUTTI CANTANO E PARLANO DI SAN REMO PER FORTUNA CHE C'E' NETFLIX COME PARTENOPHE DI SORRENTINO

 


    BOIGOTAGGIO    SAN REMO  2005     GIORNO  III °  TUTTI   CANTANO E  PARLANO DI  SAN REMO  pPER   FORTUNA CHE  C'E' NETFLIX .  - PARTENOPHE  DI SORRENTINO  


Ieri  anche se  per  pochi  minuti    avevo  in mano  il  telecomando   e  mia madre   in attesa  di  piazza  formigli su  la  7  : <<  prova  un attimo  a   mettere  il  festival   >>   e ho visto  il  banale   sketch    di Katia Follesa  e la  canzone di Sarah Toscano - "Amarcord"  .  testo buono  , musica  mediocre  in quanto la  musica  un misto  fra  orchestra  e musica elettronica copriva   la  sua  voce  , voce    discreta    da quel  che    ne  capisco   di aspetti vocali . Poi  ho  ricambiato  e messo la  trasmissione  del 7   piazza  pulita     speciale  , e  subito  dopo ho ridato lo scettro  televisivo    a mia  madre   ed  ho  ripreso la 
lettura   il mio noir  Perdas de Fogu, di Massimo Carlotto con i Mama Sabot, Roma, Edizioni e/o, 2008. ( ISBN 978-88-7641-841-9 )  e  dato  lo scettro televisivo    a  mia   madre    che ha    dopo  10    ha  provato a  rimettere san remo ,  ma (  non   ho fatto in tempo  a vedere chi    ci  fosse  e  mi ha chiesto di   mettere su  Netflix  Partenophe  di Sorrentino  che  non  gli erano  chiari alcuni  passaggi . Ne  approfitto   per recensurlo  . 

Esso  è   uno  dei  migliori i Sorrentino Se  da     un   lato c'è   : <<   un'inebriante riflessione sul mondo, in cui le persone e i luoghi sono visti e vedono se stessi».  come   ha  detto  Siddhant Adlakha di Variety   c'è anche    ed  innnegabile    : <<  l'auto-parodia di se stesso» e il film come «uno spot di due ore per un profumo davvero troppo costoso».Peter Bradshaw di The Guardian ha assegnato al film due stelle su cinque.    E' vero che  ci sono degli echi    Felliniani  ma  la  recensione     di   :  Eric Neuhoff del quotidiano francese Le Figaro: «All'improvviso, bellezza. Colpisce come un fulmine. Con un movimento di macchina Paolo Sorrentino spazza via la trivialità del mondo». Egli      riprende un motivo suggerito anche da altri critici: «C’era una volta il binomio Fellini-Roma. Napoli ha trovato il suo equivalente grazie a Sorrentino».  Mi  sembra  troppo   esagerata   . Cosi  come      la  Meno entusiasta l'opinione di Jacques Morice di Télérama, il quale afferma che il progetto risulta «lontano da Roma-Fellini, il binomio Napoli-Sorrentino non è altro che una somma di graziosi luoghi comuni».    Cosi come       quella    Didier Péron di Libération descrive il film come « un porno da cui sono state sistematicamente tagliate le scene hard» contestualizzate all'interno di «un enorme macchinario sulla vita dei ricchi e dei potenti, che ha l'estetica della pubblicità ed è cofinanziato da un grande marchio della moda; Sorrentino prova a convincerci che anche i milionari hanno un'anima».  S'avvicina  più al

vero invece     qiuella     di   Boris Sollazzo di The Hollywood Reporter Roma afferma che con Parthenope il regista si sia «disunito e ricomposto» assimilandolo a François Truffaut e Bernardo Bertolucci, apprezzando la fotografia «certosina e vibrante» di D'Antonio, le musiche «accordate a scenografie» di Marchitelli e i costumi di Poggioli, definendo il progetto nel complesso «un album di archetipi antropologici e di interpreti sopraffini».   C'è       come  fa  notare  Valerio Sammarco di Cinematografo   che  assegna  i  n maniera  esagerata   al film quattro stelle su cinque, scrivendo che Sorrentino «ritrova l'astrazione e la seduzione ammaliante de La grande bellezza», trovando il film «continuamente sospeso tra la tensione al sublime e la caduta nel baratro, popolato di fantasmi malinconici».  Allo stesso      tempo     lo evidenzia    bene   Gabriele Maccauro, per Quarta Parete, scrive che «Parthenope è una pagina bianca, un film i cui dialoghi – e ce ne sono di eccezionali – appaiono totalmente superflui e dove tutti i personaggi non fanno che oscillare tra miseria e redenzione.»  Comunque non era male    perchè  : «Il film nasce dall'idea che l'avventura del passaggio del tempo nella vita di un individuo è qualcosa di epico, qualcosa di maestoso, di selvaggio, di doloroso e meraviglioso.»(Paolo Sorrentino)  e   riesce     anche  se   fra  alti  e  bassi     , tra  ampollossità e  prolissità      ad evidenziarlo  .  Un buon film  .  Ma  troppo   pesante  .  Infatti   Il film inizialmente si sarebbe dovuto intitolare come il romanzo che aveva scritto Jep Gambardella ne La grande bellezza, L'apparato umano, perché la vita di Parthenope, a detta di Sorrentino, «è costellata da una miriade di incontri di varia natura: familiare, sentimentale, sessuale, professionale o a volte paterna senza che la figura di riferimento fosse il padre. E questa costellazione di esseri umani che attraversavano la vita di Parthenope volevano essere una rappresentazione di molte anime della città, non di tutte ovviamente, talmente tante da rappresentare un apparato di un'umanità napoletana». Il regista ha anche dichiarato di aver abbandonato l'idea in quanto trovava «orribile» citare se stesso.Ma   è  come  se   lo avesse  fatto   .  voto 6.5 

i pacifinti Noa e Mira Awad deturpano per san remo 2025 Immagine di J. Lennon

Non fare di me un idolo mi brucerò, se divento un megafono mi incepperò”.(  lindo  ferretti )  




 discutendo mentre  pulivamo le  rose      con mio  padre  su    San remo  mi  ha  consigliato  ( cosa   che  sono  andato a fare   )     di leggermi   questi post   

Una, Noa, è effettivamente israeliana doc, infatti i figli sono dediti a servire l'esercito di occupazione. Quello che per mettere fine al conflitto fa briciole di qualunque cosa odori di Palestina. Bambini inclusi. Insomma, una ambasciatrice di pace quantomeno bizzarra. Cantante che, nemmeno troppo tempo fa, ebbe modo di definire, quello del suo paese, come “esercito dell'amore”. Me cojoni, pensa un po’ se fosse stato dell'odio. L'altra, poi, è Palestinese non meno di quanto Trump adori i poveri. Talmente palestinese che già nel 2009 rappresentava Israele all’Eurovision e, si sa, Tel Aviv notoriamente sceglie le proprie icone da spedire in giro per il pianeta attingendo dal popolo a cui nel frattempo nega la vita. Mira Awad, il suo nome, è nata in un villaggio druso nel nord di Israele. Ah, ecco. I drusi, invisi ai musulmani e viceversa, sono fedeli servitori dello stato israeliano e, ovviamente, anche delle forze armate per le quali prestano tre anni come riservisti e, sebbene non fosse necessario

 news  confermata      dall'editoriale  di  Lutazzi   su il  fatto  quotidiano d'oggi   


CON “IMAGINE” A SANREMO HANNO VOLUTO CANCELLARE L’URLO DI GHALI DEL 2024

E ora, per la serie “Imagine there’s no hasbara”,

Cla aro Daniele, Noa e Mira Awad hanno cantato Imagine sul palco di Sanremo. La sola idea era raccapricciante: a Gaza c’è una pulizia etnica in corso, ovvero carnefici e vittime, non una guerra. Poi, a parte che Noa cantò per i soldati Idf in partenza per Gaza, e che Mira con lei rappresentò Israele all’eurovision 2009, hanno cambiato pure il testo. “Immagina che non ci siano minacce alla mia sicurezza”, “vivere in sicurezza”: sono frasi di Netanyahu. Questa è hasbara, propaganda sionista. L’onta di Ghali (“Stop al genocidio”) doveva essere cancellata e l’ hanno fatto. Alla faccia del Sanremo non politicizzato! (Pino S.). Il commento migliore sull’episodio vergognoso è quello di Nabil Bey, docente di Storia della musica araba, cantautore, fondatore dei Radiodervish: “Quando l’arte smette di essere voce di verità e si trasforma in un ingranaggio ben oliato della propaganda, diventa il più abietto degli strumenti di manipolazione. Diventa un palcoscenico di ipocrisia, un’operazione di maquillage per coprire le macerie e il sangue con un velo di retorica pacificatrice. Sanremo, con la sua platea di milioni di spettatori, non è solo un festival musicale: è una vetrina, un riflettore acceso su ciò che il sistema vuole rendere accettabile, su ciò che vuole far digerire all’opinione pubblica. Quando sullo stesso palco salgono due artiste provenienti da parti in conflitto, senza che il contesto venga chiarito, senza che venga nominato l’elefante nella stanza – ovvero che si tratta di un genocidio, di un’aggressione coloniale, di un crimine che si consuma ogni giorno sotto gli occhi del mondo –, allora quell’esibizione non è più arte, ma un atto osceno di rimozione collettiva. È un’operazione di marketing emozionale che serve solo a narcotizzare le coscienze, a suggerire che ‘siamo tutti uguali’, che il dolore è simmetrico, che la violenza è una questione astratta e non il risultato di un sistema di dominio, oppressione e apartheid. Quando l’arte diventa un’arma di distrazione di massa, il suo scopo non è più quello di elevare la coscienza, ma di svuotare il senso delle parole, di neutralizzare il conflitto tra oppressore e oppresso, di confondere la vittima con il carnefice. Non è un inno alla pace, ma un atto di complicità con il potere. È la stessa logica che negli anni ha prodotto iniziative pseudo-culturali, alle quali avevo sinceramente creduto, per addolcire l’immagine di regimi oppressivi, per spacciare una parità che non esiste, per farci credere che la soluzione sia nel ‘dialogo’ a condizione del più forte, mentre le bombe continuavano a cadere su Gaza, mentre l’occupazione proseguiva indisturbata, mentre l’apartheid si intensificava a livelli di inaudita brutalità. No, non è arte. È propaganda. È una messinscena macabra dove le vittime hanno già perso due volte: una sotto le bombe e l’altra sotto il silenzio complice di chi preferisce la favola della riconciliazione alla verità del colonialismo”.

Ieri ho ucciso mio marito percuotendolo a più riprese con la sculturina di Giacometti che teniamo in salotto. (Un bronzo che aveva un grande valore. E tornerà ad averlo, dopo che l’avrò raddrizzato). Nessuno mi ha scoperto e mi sento benissimo. Ha finito di soffocarmi. Ha finito di mettermi sotto i piedi. D’ora in poi, lo giuro, non sposerò più nessuno che abbia un corpo. Trascorrerò il resto dei miei giorni in California, ad abbronzarmi e a fare l’amore con le squadre di beach volley. Mi sentirò in colpa? (Anita P.). Se succedesse, pensa ai crimini di Netanyahu: in confronto, il tuo sparisce. E perché la California, quando presto ci sarà la riviera di Gaza a tua disposizione?


  e     poi   da  altre ricerche in sui social   sull''ipocrita    duetto   di  Noa  e   di Mira Awad . E come san Tommaso sono andato a verificare ed a cercare conferme . Ed ecco coasa ho trovato


Copio da Emme Pi, tramite Marisa Ziparo e ringrazio entrambi
RAI, toccare il fondo e proseguire scavando
La televisione di regime ha toccato ieri sera vette inesplorate di asservimento padronale. Non che sia una novità, ma nell'occasione ha probabilmente dato il meglio di sé. A Sanremo, e già ci sarebbe da ridire così, è il momento degli ospiti. Internazionali, dicono, che internazionali non sono. Il conduttore, quello che nella conferenza stampa della vigilia si è detto antifascista (che fa un sacco figo tra la gente che piace) e nell'accezione woke-macchiettistica imperante probabilmente lo è davvero, senza fare un plissé introduce sul palco quelle che il mainstream corrotto si è affrettato a definire “un’israeliana e una palestinese”. E mentre ai gonzi della pace guerreggiata scende una lacrima all'idea che le due sedicenti pacifiste canteranno “Imagine” di Lennon, la loro vita gli sbatte in faccia senza ambiguità la messa in scena di un potere impegnato con ogni mezzo nella normalizzazione del genocidio in atto. Una, Noa, è effettivamente israeliana doc, infatti i figli sono dediti a servire l'esercito di occupazione. Quello che per mettere fine al conflitto fa briciole di qualunque cosa odori di Palestina. Bambini inclusi. Insomma, una ambasciatrice di pace quantomeno bizzarra. Cantante che, nemmeno troppo tempo fa, ebbe modo di definire, quello del suo paese, come “esercito dell'amore”. Me cojoni, pensa un po’ se fosse stato dell'odio. L'altra, poi, è Palestinese non meno di quanto Trump adori i poveri. Talmente palestinese che già nel 2009 rappresentava Israele all’Eurovision e, si sa, Tel Aviv notoriamente sceglie le proprie icone da spedire in giro per il pianeta attingendo dal popolo a cui nel frattempo nega la vita. Mira Awad, il suo nome, è nata in un villaggio druso nel nord di Israele. Ah, ecco. I drusi, invisi ai musulmani e viceversa, sono fedeli servitori dello stato israeliano e, ovviamente, anche delle forze armate per le quali prestano tre anni come riservisti e, sebbene non fosse necessario, se n'è avuta conferma anche all'indomani del famigerato 7 ottobre con l’impennata del numero dei soldati drusi impegnati nel massacro di Gaza. Che dire, una comunità, quella della cantante, che ha a cuore senza riserve le sorti della Palestina. Il bello, si fa per dire, è che gli israeliani li detestano epidermicamente e li sfruttano. Come manovalanza bellica, appunto, e come specchietto per le allodole, millantando una inesistente inclusività. E non si capisce se sia peggio chi lo fa o chi si presta al teatrino da istituto Luce. Ma tant'è che per la maggioranza bulgara dei nostri connazionali la buffonata di ieri sera è il trionfo del bene. Così, mentre il servizio pubblico si vanta di promuovere la pace con il supporto pure del Papa, dà il fianco spudoratamente all’occupazione nel momento di massimo ascolto, tutto per compiacere i padroni di Washington e i loro sgherri.
Mira Awad, peraltro, è la stessa che già in tempi non sospetti attaccò duramente Roger Waters per il suo impegno pubblico nella causa palestinese, accusandolo di inasprire i toni a scapito del dialogo. Dialogo con i cacciabombardieri, forse. In soldoni, come vendere l'anima sulla pelle di un popolo martoriato che si finge di rappresentare. Insomma, l'Italia vassalla non perde mai l'occasione di genuflettersi al cospetto dei reali governanti sovranazionali e lo fa, ogni volta, con inesausta e rinnovata fantasia. Chi cazzo se ne frega se per ottemperare a un diktat si cavalca l'onda di un genocidio perletrato in diretta streaming con la coscienza buttata nel cesso. Tanto i buoni siamo sempre noi.

Un occasione per poter lanciare un vero messaggio di pace e coesistenza andato a vuoto

Volley, calcio e un anello al dito: Anna e Giovanni scelgono l’isola. antonello e silvia un amore nato alle poste

   non sempre  san valentino fa  rima  con cretino .   Ma  contiene    delle storie  d'amore   particolari       come queste  due  che  propongo oggi  .  Entrambe  dalla  nuova  sardegna  la  prima  nuova  sardegna  del 7\2\202025


Vivevano a Legnano, vengono arruolati da due squadre sarde e si sposano


Sassari. Condividono già un pallone e una rete, ma il modo in cui li usano è tutt’altra storia. Lei schiaffeggia il pallone sopra la rete, lui fa di tutto per impedirgli di entrarci dentro. Lei lo scaglia con forza, lui lo trattiene. Differenze di mestiere, piccoli dettagli di due mondi diversi, che però stanno per unirsi in qualcosa di ben più grande: un anello al dito.
Ma facciamo un passo indietro. Ma andiamo per ordine. Lei si chiama Anna Aliberti, classe 1996, originaria di Boves, in provincia di Cuneo, di professione pallavolista, e gioca nel ruolo di centrale nella Capo d'Orso Palau di B1 (un ritorno per lei, dato che ci era già stata dal 2020 al 2022) dopo numerose esperienze nella terza serie nazionale, ed una anche in A2 nel 2017/18 proprio con Cuneo. Lui invece risponde al nome di Giovanni Russo (1992, Chieti), e fa il calciatore, per la precisione il portiere, nella stagione in corso nei ranghi del Tempio in Eccellenza, dopo una lunga carriera che l'ha portato a viaggiare praticamente per tutto lo stivale, da Messina a Trento, con diverse presenze anche in serie C e nella nazionale under 20.
Ora hanno deciso di sposarsi, e c'è già una data precisa: 18 luglio 2026. E qui la cosa si fa interessante. Perché è stata proprio la decisione di Anna nell'estate scorsa di tornare a giocare a Palau a convincere Giovanni a cambiare tutto e seguirla. L'anno scorso vivevano insieme a Legnano, poiché lei giocava in città e lui invece nella Trevigliese. Da buoni sportivi Anna e Giovanni si sono conosciuti in palestra, esattamente ad una partita di pallavolo in cui lei giocava, e lui aveva accompagnato un amico ad assistere alla gara della della sua compagna Martina. «E' stato un colpo di fulmine – spiega Giovanni – anche perché io ero già fidanzato». Ma, come ammette Anna «Era decisamente un bel tipo, di quelli che non passano certo inosservati».
La svolta arriva come detto in estate. Legnano dopo aver ottenuto la promozione in A2 decide di non iscriversi al campionato, così Anna fa una scelta importante, quella di tornare alla Capo d'Orso, dove, riconosce, aveva lasciato un pezzetto di cuore. Così stavolta non riesce a dire di no alla nuova chiamata della direttrice sportiva della società gallurese Antonella Frediani.
«Ce lo siamo sempre detti – racconta lei – se uno dei due riceve un'offerta interessante non ci dobbiamo sentire bloccati. Non ci devono essere rimpianti. Poi si vede insieme come risolvere il tutto. Siamo abituati a ragionare. D'altra parte sappiamo cosa vuol dire fare la vita dello sportivo. Io gioco il sabato, lui la domenica. I week end sono sempre off limits, non esistono mai svaghi. Lo sappiamo e non ci lamentiamo».
Il campionato di pallavolo inizia il 12 ottobre, proprio contro il Legnano, in palestra a Palau c'è la famiglia Aliberti al completo, e anche Giovanni. Che decide che la distanza adesso è eccessiva. Così pochi giorni dopo trova l'accordo con il Tempio e prende l'aereo verso la Sardegna per continuare la vita insieme, nella cittadina che si affaccia sull'arcipelago di La Maddalena.
«Siamo a due passi dal mare - dicono a una voce – meglio non ci poteva andare. In Sardegna si sta bene, il ritmo è decisamente più calmo e piacevole che vicino a Milano».
La stagione agonistica sta riservando a entrambi belle soddisfazioni. La Capo d'Orso Palau è infatti in piena corsa per la qualificazione ai playoff promozione, un obiettivo che insegue anche il Tempio in Eccellenza. «Io ho vinto una coppa Italia di categoria» dice Giovanni, e Anna ammette «Quella gliela invidio un pochino». «Puoi ancora vincerla – risponde lui - non sei così vecchia».

la  seconda dalla nuova   del 12\2\2024  

 .Mi scuso se  è  direttamente    tramite   foto  ,  ma non  ho  voiglia  e tempo  d'estrapolare  il testo dal  pdf  



13.2.25

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n XIX farsi aiutare da persone fidate , non isolarsi ma rivolgersi a psicologi, terapeuti, mediatori familiari o centri antiviolenza che possono fornire strumenti pratici e supporto emotivo

puntata XVIII

Spezzare il ciclo della  violenza sulle donne è una  sfida complessa.  Fondamentale è la prevenzione, attuata  con strumenti educativi per  costruire un ambiente più sicuro e sano, sia per chi subisce  sia per chi si trova in qualche  modo intrappolato in situazioni di tensione.Abbiamo scritto più volte che essere consapevoli di come la violenza sia inaccettabile è il primo passo per agire. Occorre quindi non isolarsi, ma rivolgersi a psicologi, terapeuti, mediatori familiari o centri  antiviolenza che possono fornire strumenti pratici e supporto emotivo per affrontare queste situazioni.Quando parliamo di non isolamento, intendiamo che è importante avere un sistema di supporto, come la famiglia, gli amici o le associazioni locali. Insomma, una rete di sicurezza tale da fare la differenza. Essere in contatto con persone fdate è fondamentale.Sono necessari programmi  educativi e campagne di sensibilizzazione che portino a favorire comportamenti positivi e rispe!osi nei confronti   della donna riducendo drasticamente la violenza. Quindi  parlarne apertamente può essere un atto liberatorio e occorre incoraggiare altri a fare lo stesso, rompendo il silenzio. Fin dall’infanzia bisogna inserire nei programmi  scolastici l’uguaglianza di  genere insegnando valori come il rispetto, sradicando così  sul nascere gli stereotipi di genere e coinvolgendo soprattutto il genere maschile.Il ruolo dei media è importantissimo sulla promozione di rappresentazioni positive e rispe!ose delle donne, coinvolgendo gli uomini nella lotta contro la violenza, educandoli al rispetto e al riconoscimento delle disuguaglianze. Non solo, le istituzioni devono fornire alle donne strumenti per raggiungere l’indipendenza economica, così come corsi di formazione e opportunità lavorative.Detto ciò, impariamo a riconoscere i segnali di relazioni abusive e a offire aiuto in situazioni in cui il rischio di violenza è elevato, prima che questa si concretizzi. Questo non vuol dire necessariamente che ci debba essere un coinvolgimento personale, ma che possono intervenire anche altre realtà, oltre ai canali che offre lo Stato. Soprattutto  perchè  come   è  testimoniato   dalle  cronache     dei diversi  femminicidi  e  come  dice  lo stesso manuale    . Nella    maggior  parte  dei  casi     le  persone      pericolose   sono   quelle più  vicine    .  Infatti  le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici. Gli stupri sono commessi nel 62,7% dei casi da   partner, nel 3,6% da parenti e nel 9,4% da amici. Anche le violenze  fisiche (come gli schiaffi calci, i pugni e i morsi) sono per la maggior parte opera di partner o di ex.

Ma  come     aiutare  una  donna  che è vitima di  violenza   prima  che  esso diventi  femminicidio ?   Bella domanda    ecco cosa  consiglia   questo  Vademecum per aiutare una donna che subisce violenza -  della   Casa delle donne per non subire violenza Bologna

  Avere il sospetto o essere a conoscenza che una donna che conosciamo è vittima di violenza e/o stalking da parte di un uomo con cui è, o è stata, in una relazione affettiva ed intima, spesso provoca in noi sentimenti contrastanti.Non sappiamo come comportarci e ci chiediamo se sia giusto intervenire, soprattutto se conosciamo entrambi, la donna che subisce violenza e l’uomo che l’esercita. Spesso il sospetto o la certezza del maltrattamento subito da una donna che conosciamo può suscitare in noi sentimenti di rabbia o incredulità: potremmo non credere a ciò che ci viene raccontato o pensare che la donna abbia fatto qualcosa che la rende almeno in parte responsabile della violenza che subisce. Potremmo sentirci frustrati dalla sua difficoltà a cogliere l’aiuto che le offriamo.Fare i conti con la violenza nelle relazioni d’intimità comporta mettere in gioco i nostri sentimenti e pensieri, confrontarci con i nostri pregiudizi e prendere una posizione: cioè schierarsi dalla parte delle donne che subiscono violenza e non dalla parte di chi la esercita.


Come faccio a capire se una donna viene maltrattata?

Esistono degli indicatori (psicologici, comportamentali, fisici) che possono aiutarci a comprendere se una donna subisce violenza:

psicologici: paura, stati d’ansia, stress, attacchi di panico, depressione, perdita di autostima, agitazione, auto colpevolizzazione
comportamentali: ritardi o assenze dal lavoro, agitazione in caso di assenza da casa, racconti incongruenti relativi a lividi o ferite, chiusura o isolamento sociale
fisici: contusioni, bruciature, lividi, fratture, danni permanenti, aborti spontanei, disordini alimentari.

Esiste un solo modo per saperlo con certezza: chiederlo direttamente.E’ importante che la domanda sia posta in un contesto di calma e tranquillità. E’ fondamentale che la donna si senta a suo agio e al sicuro, perché possa parlare.Le donne sono reticenti a parlare per vergogna, per paura che il compagno lo venga a sapere, per timore di non essere credute, perché pensano che sia colpa loro. E’ molto importante ascoltare, offrire il proprio supporto, con atteggiamento non giudicante e non forzare a prendere decisioni.


Come posso aiutarla?

Informati sulle dinamiche della violenza di genere sulle donne, non azzardare consigli ma documentati sull’argomento e chiama un centro antiviolenza. Si tratta di situazioni complesse e spesso pericolose.Non pensare di trovare soluzioni rapide, definitive, semplici.In caso di reale pericolo non metterti in pericolo anche tu, ma chiama le forze dell’ordine.


Che atteggiamento tenere?

Assicurati di avere tutto il tempo per ascoltare il suo racconto.Rassicurala che credi a ciò che ti sta raccontando.Non stupirti del fatto che il racconto può far emergere sentimenti della donna verso il compagno molto diversi fra loro: amore e paura, stima e odio, volontà di chiudere la relazione e speranza di una riconciliazione.Dille che non c’è nessuna giustificazione alla violenza, che è una responsabilità di chi l’agisce.Fai domande per capire da quanto tempo avviene la violenza, se è aumentata nel tempo e nella gravità, se ci sono armi in casa. Ti serviranno per capire la pericolosità della situazione e l’urgenza di una soluzione. Non sottovalutare le sue paure. Non farle domande tipo: “perché non te ne sei andata prima/non lo lasci?”. Si sentirà giudicata e non compresa nella complessità della situazione che sta vivendo.Evita di dare giudizi e consigli su quello che deve fare. Sarà lei stessa a dirti ciò di cui ha bisogno. Non prendere iniziative senza accordarsi con la donna stessa.Spesso al maltrattamento si associa un forte isolamento e una chiusura verso l’esterno. La tua vicinanza e solidarietà sono molto importanti.Una delle minacce usate più frequentemente dal maltrattatore per ricattare la donna vittima delle sue violenze è quella di dirle che perderà i figli in caso di separazione o denuncia. Aiutala a capire che non è una “cattiva” madre se cerca di proteggere i suoi figli e che la violenza a cui assistono può essere destabilizzante per loro.Sostieni le sue decisioni e rimandale forza. Ci sono sempre rischi legati a ogni decisione presa da una donna maltrattata ed è stata molto coraggiosa ad aprirsi e a raccontarti. Rassicurala che non rivelerai al suo compagno quanto ti ha esposto:ciò potrebbe recarle ulteriori rischi. La fase della separazione, in caso di maltrattamento, può essere molto pericolosa.Dalle il numero di telefono del centro antiviolenza più vicino. Rassicurala del fatto che lì sarà ascoltata, troverà informazioni utili, non verrà forzata a prendere decisioni e che le sarà garantita la riservatezza.

In caso di emergenza chiamare: 

Linea di aiuto sulla violenza, multilingue e attiva 24 ore su 24 in tutta Italia: 1522, chiamata gratuita.

Carabinieri: 112

Polizia: 113

Emergenza sanitaria: 118

dedico san valentino a ..... tutte le donne

 


Boicotaggio san remo 2025 II giorno . PASSAGGIO A UN BOICOTAGGIO CRITICO

  canzone  sugerita  

l'italiano   medio  -   articolo 31 


   Dopo   il  primo  giorno  riuscito passo ad  un secondo    giorno  parzialmente     riuscito ed  attuare  per  i giori seguenti    , un boicotaggio critico    de  festival   . E' vero che   precedentemente  m'ero   detto di non volerlo seguire  ,  ma  poichè  come diceva  un vecchio  slogan   San remo  è  San   Remo     cioè   è    sempre  stato  lo specchio del nostro paese    finendo  per  diventare nazional  popolare  ed entrando    fra le caratteristiche        dell'italiano  medio    (     ma  non
solo  )   ,  sono riuscito a  non seguirlo  almeno   in  tv  .  Infatti    dopo aver  visto    su netflix    il  pesante  Partenope  ultimo film di Paolo Sorrentino ,  mentre  andavo  a  dormire   ho lasciato mia  madre  sule  note  di Damiano  ex  Maneskin  .   Infatti     non  ho resisto. La  prima  cosa  che    ho fatto    è  stata  quella  di   andare   a  leggere  il testo     dela canzone di  Cristicchi     viste  le polemiche   con la Lucarelli    ,  per  gli altri testi e    e aspetti  musicali    c'è  il  web  ,   e credo che lo  farl con calma  dopo la  chiusura  del circo mediatico che  diventato  san remo negli ultimi  40 anni  .  Ed   per  questo che  ho riportato   ( ed  riporto anche  qui  )    sulla  mia bacheca  di fb     alcune  storie    e   news    critiche  su    questa  edizione  San remese .

Iniziamo     dalla  prima  è una storia  di sorellanza   


Chi sono le sorelle baresi Serena e Noemi Brancale: la cantante e la maestra d'orchestra protagoniste a Sanremo

Storia di web@gazzettadelsud.it 



Il Festival di Sanremo sta vedendo due talentuose sorelle baresi: Serena e Nicole Brancale. Serena, cantante e polistrumentista, ha incantato il pubblico con la sua esibizione, mentre Nicole, direttrice d'orchestra, ha guidato magistralmente l'orchestra durante la performance della sorella.
Serena Brancale: la voce soul di Bari
Nata a Bari il 4 maggio 1989, Serena Brancale proviene da una famiglia di musicisti. Fin da piccola, ha mostrato una forte inclinazione per la musica, studiando violino e pianoforte. Dopo aver conseguito una laurea in canto jazz presso il Conservatorio di Bari, ha ampliato le sue competenze artistiche dedicandosi anche al teatro e alla danza. Nel 2003, ha recitato nel film "Mio cognato" di Alessandro Piva. La sua carriera musicale ha preso slancio con la partecipazione al Festival di Sanremo 2015 nella sezione Nuove Proposte, presentando il brano "Galleggiare". Negli anni successivi, Serena ha pubblicato diversi album, tra cui "Vita da artista" (2019) e "Je so accussì" (2022). Nel 2024, ha raggiunto una vasta popolarità grazie al singolo in dialetto barese "Baccalà", diventato virale su TikTok. Al Festival di Sanremo 2025, Serena ha presentato il brano "Anema e core", un omaggio a Pino Daniele, che ha ricevuto ampi consensi dalla critica e dal pubblico.
Nicole Brancale: la maestra d'orchestra
Nicole Brancale, nata a Bari nel 1982, è la sorella maggiore di Serena. Anch'ella cresciuta in un ambiente musicale, ha intrapreso una carriera nel campo della musica classica. Dopo gli studi, è diventata docente di pianoforte presso il Conservatorio "N. Piccinni" di Bari, lo stesso istituto dove si è diplomata Serena. La partecipazione al Festival di Sanremo 2025 come direttrice d'orchestra per l'esibizione della sorella ha rappresentato un momento di grande emozione e orgoglio per entrambe, sottolineando il profondo legame familiare e la comune passione per la musica.
Un legame musicale indissolubile
La collaborazione tra Serena e Nicole al Festival di Sanremo 2025 non è solo una testimonianza del loro talento individuale, ma anche della sinergia che le unisce. Cresciute in una famiglia dove la musica era parte integrante della quotidianità, le sorelle Brancale hanno saputo coltivare le proprie inclinazioni artistiche, supportandosi reciprocamente nel corso delle loro carriere. La loro esibizione congiunta sul prestigioso palco dell'Ariston ha rappresentato un momento culminante delle loro vite professionali, evidenziando come la passione condivisa possa tradursi in performance di altissimo livello.In un'epoca in cui la musica spesso trascende i confini tradizionali, la storia di Serena e Nicole Brancale è un esempio luminoso di come talento, dedizione e legami familiari possano convergere per creare momenti artistici indimenticabili.


La  seconda    l'uso    strumetale  del  video messaggio  del pontefice ,

cÈ nato un polverone mediatico inatteso intorno al video di Papa Francesco mandato in onda ieri sera durante la prima puntata del Festival di Sanremo condotto da Carlo Conti. Secondo un rumor circolato

dalla mattinata, il pontefice sarebbe stato avvisato soltanto stamattina del suo video in onda a Sanremo e non avrebbe reagito bene alla notizia.L'indiscrezione sul video di Papa Francesco a Sanremo
Secondo quanto trapelato nelle ore successive, Bergoglio non avrebbe registrato quel video per il Festival di Sanremo bensì lo scorso maggio, come ringraziamento agli artisti che avevano partecipato gratuitamente alla Giornata Mondiale dei Bambini allo stadio Olimpico.
La replica di Carlo Conti
Durante la conferenza stampa, un giornalista di Dagospia ha chiesto spiegazioni a Conti, sottolineando come le condizioni di Papa Francesco appaiano migliori nel video rispetto a quelle di qualche giorno fa, quando dovette interrompere l'omelia per difficoltà respiratorie.
"Siamo oltre la fantascienza. Il video è stato registrato sabato 1° febbraio" ha risposto il conduttore "La mia lettera [che chiedeva al pontefice un contributo in occasione del festival] è del 12 gennaio. Me lo ricordo bene perché dal 1° febbraio fino a ieri ho tenuto questo video segretissimo. Le dimissioni di padre Enzo Fortunato non mi riguardano. Il video non può essere vecchio perché fa riferimento a quello che farò al festival. Mi sembra abbastanza chiaro. Lo so che può sembrare strano ma delle volte le cose normali accadono, senza retropensieri. La vita delle volte è più semplice di quello che vogliamo credere".


  concludo     è qui  concordo  con  Lorenzo   Tosa   e   cercherò      anch'io  possibilmente    di  non usare  il termie  guerriero  quando  raccont storie  di  malato di  tumore   o  di cancro 


L’aveva detto espressamente: “Io non sono qui per fare la malata di cancro”.



Lo si è capito dal primo istante, quando Bianca Balti si è presentata con la testa completamente rasata, senza turbante, come a mostrare sé stessa per quello che è senza vergogna e senza protezioni: un gesto di accettazione e normalizzazione enorme per sé e per tante. E, invece, Carlo Conti cosa fa?
La presenta come una “guerriera”, con quella retorica insopportabile della malattia come guerra da vincere, ovvero tutto quello che lei gli aveva chiesto di non fare. Non solo. “Guerriera” e “madre”, tanto per aggiungere un tocco di sessismo che non poteva mancare.Lei, con classe, finge di non sentire.Ma quando Conti insiste: “Sei un grande esempio per tante donne”, Balti a quel punto lo gela con una risposta leggendaria: “Soprattutto noi donne siamo da esempio a molti uomini”.Carlo Conti è riuscito a trasformare un momento importante in un concentrato micidiale di compassione, stereotipi, luoghi comuni che ci riportano indietro di vent’anni nel vocabolario della malattia. Lei è stata straordinaria.Lui semplicemente imbarazzante.Una grande occasione persa.La fotografia esatta di questo Sanremo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             

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