31.12.13

"Io, che diventerò maestro per non dover rubare"

"Io, che diventerò maestro
per non dover rubare"

La madre racconta: "Ha detto a mio marito che è meglio fare il lavavetri ai semafori che rapinare". La famiglia è arrivata dalla Romania nel 2012, Rinaldo ha 10 anni e vive in un campo nomadi a Torino, vicino a Mirafiori
Ci sono i nastri colorati, le palle rosse e i rami d'argento. È quasi tutto in ordine. Quasi. Perché a ben pensarci qualcosa manca all'albero di Natale di Rinaldo e di sua cugina Sara. Di giorno si nota poco, eppure manca. Certo, ecco che cos'è: mancano le luci, sono spente. Diciamo la verità: accenderle sarebbe uno spreco. Come trascorri la tua giornata, Rinaldo? "Aiuto mia madre". Come l'aiuti? "Metto la benzina nel generatore. Serve per le luci, per caricare i telefonini, per far funzionare il frigorifero". Il campo nomadi di Mirafiori, in fondo al corso della Fiat, è il meno noto, e dunque il più abusivo della città: non compare nemmeno sulle mappe degli accampamenti che circondano Torino. Eppure tra le baracche e il fango vivono a centinaia. Rinaldo è uno di loro. La madre cerca lavoro. Il padre invece un'occupazione ce l'ha: "Lavora al semaforo". Anche Rinaldo ha un progetto per il futuro. L'ha scritto alla maestra Elisa parlando delle sue speranze per il 2014: "Da grande vorrei fare il maestro. Per imparare a non rubare".




Il campo nasce dove finisce la città. A due passi dall'ultimo palazzo di vetro, nuovissimo, magico, a forma di onda. Dentro le volute ci sono gli uffici più moderni, quelli dove si disegnano i nuovi modelli di auto per i produttori di tutto il mondo, dai tedeschi ai cinesi. Rinaldo tutto questo non lo sa. È arrivato qui alla fine del 2012, quando aveva nove anni: "Abbiamo viaggiato in furgone, un giorno e una notte. Veniamo dalla Romania". Per entrare nella baracca si salgono tre scalini di legno che garantiscono una buona distanza tra il pavimento e il fango. Servono anche, i gradini, a tenere lontani gli animali, come si faceva migliaia di anni fa con le palafitte. È successo proprio su quei gradini: "Un giorno Rinaldo ha sbarrato la strada a mio marito. Gli ha detto: "Papà, è meglio che tu vada al semaforo"". Giulia, la madre, racconta la storia sorridendo. Ne ha viste tante. Ha imparato cinque lingue frequentando l'università dei campi nomadi di mezza Europa: "Devi imparare a capire in fretta". È questione di sopravvivenza. Per Rinaldo "leggere e scrivere è importante. Serve a prendere la patente". Ma soprattutto, "serve a trovare un lavoro. E se hai un lavoro non hai più bisogno di rubare". Era stato questo il discorso fatto da Rinaldo a suo padre sugli scalini: "Andare al semaforo è un lavoro, andare al grande magazzino no".
Giulia spiega che "chiedere i soldi tutte le volte che diventa rosso può rendere anche 15 euro al giorno. Ma non è sicuro. E comunque non sono tanti. Certo, chi ruba guadagna molto di più". Rinaldo questo lo sa bene: "Qui nel campo molti rubano. Prendono le borsette, i telefonini, vanno al grande magazzino. Sono senza lavoro, si aggiustano così". Perché allora chiedere alla maestra di imparare a non rubare? "Da grande voglio fare il maestro anche io. Così avrò un lavoro, non avrò bisogno di andare ai grandi magazzini. E potrò insegnarlo agli altri. Per questo ho chiesto alla maestra di insegnare a non rubare". E se non riuscirai a fare il maestro? "Allora voglio fare il poliziotto. Ce n'è uno che viene sempre qui al campo, si chiama Ulisse". Che cosa viene a fare? "A controllare che tutto sia tranquillo".
Mentre parla, Rinaldo tormenta una palla rossa dell'albero di Natale. La rigira tra le mani, la fa dondolare. È agitato, nervoso. Si confessa: "Sai che prima non volevo parlarti? Non avevo tanta voglia di raccontare la mia storia. Poi mia cugina Sara mi ha convinto. In fondo è una bella cosa". Giulia, la madre, ed Elisa, la maestra, annuiscono. Imparare a non rubare non è una cosa di cui vergognarsi. Ma raccontare la propria vita a chi abita fuori dal campo può essere rischioso: "Quelli delle Poste - dice Sara - vogliono mandarci via perché di notte facciamo festa e disturbiamo". Poco distante dal campo c'è effettivamente un grande deposito delle Poste. Non sono certo gli impiegati a protestare. Sono gli abitanti del quartiere che sorge a poca distanza. Alti palazzi, aree verdi, un complesso nato per i colletti bianchi nel cuore dell'ex barriera operaia. Per questo il "Centro Europa", a Mirafiori Nord, è sempre stato considerato il quartiere dei ricchi anche se ricchi non se ne vedono molti. Elisa, la maestra, abita lì e lo dice con un po' di ritrosia: "La petizione è passata anche nel mio palazzo. Un vicino di casa. Ha bussato una mattina, si è presentato con la cravatta verde dicendo: "Vorremmo che lei firmasse la petizione per far chiudere la fontana nei giardini pubblici". Io ho chiesto perché mai si dovesse togliere l'acqua a una fontana che rinfresca chi passa in mezzo al giardino: "Perché quell'acqua la usano gli zingari del campo per andarsi a lavare. Certe mattine dalla finestra li vediamo che si lavano nudi"". La petizione ha raccolto un bel po' di firme e per qualche mese Rinaldo e la sua famiglia non hanno potuto lavarsi alla fontanella. Poi qualcuno con un po' più di sale in zucca ha riaperto il rubinetto.
Ma perché fare questa vita? Perché partire dalla Romania su un furgone, girare mezza Europa e finire nel fango a Mirafiori sotto il meraviglioso palazzo a forma di onda? Ha ancora senso fare tutti questi sacrifici per inseguire il mito del nomadismo? "Ma noi non siamo nomadi", sorride Giulia mentre offre il caffè. Qui, al campo, di Tchajkovskji e del fascino zigano non si vede traccia: "In Romania - spiega Giulia - vivevamo in case di muratura, vicino a Timisoara. Poi gli affitti sono saliti e il lavoro è sparito. Siamo venuti in Europa perché cercavamo un modo di sopravvivere". Qui non sembrate averlo trovato: "Piuttosto che trascorrere l'inverno in una casa di lamiera in Romania è meglio farlo qui". Finché si può. Il fantasma che si aggira tra le casupole è quello che Sara e Rinaldo riassumono con efficacia: "Stiamo qui fino a quando non vengono a spaccare il campo". Sara racconta: "A me è già capitato. Una mattina vengono, fanno uscire tutti. Poi arriva un braccio di ferro che rompe la baracca". Anche Rinaldo lo sa: "Per l'anno prossimo spero di continuare ad andare a scuola per imparare a leggere e scrivere. Così magari un giorno riuscirò davvero a fare il maestro. E speriamo che nel frattempo non vengano a spaccare la mia casa".

SUSANNA PENCO RICERCATRICE E MALATA: COMMENTA IL CASO CATERINA "LA SPERIMENTAZIONE ANIMALE NON SERVE" "INACCETTABILI INSULTI E MINACCE, MA ANCHE LE STRUMENTALIZZAZIONI"

 Proprio mentere m'accingevo a  scrivere  questo post   leggo sull'unione  sarda  d'oggi  31\12\2013    questo articolo .  Che dedico a   quei  c... che dicono che gli animalisti   sono tutti estremisti   e settari  


L'Aidaa al suo fianco
Caterina su Fb: dietro di me nessuna lobby


PADOVA Dopo la segnalazione fatta dalla stessa Caterina Simonsen alla Polizia postale, c'è ora una denuncia contro ignoti presentata in Procura a Padova dall'Aidaa (Associazione italiana difesa animali e ambiente) per gli insulti e le minacce di morte di estremisti animalisti giunte sulla pagina Facebook della studentessa 25enne gravemente malata. L'ha depositata ieri il presidente dell'associazione, Lorenzo Croce, ipotizzando i reati di minacce (semplici e aggravate) e diffamazione a mezzo stampa. Essendo Aidaa dedita alla tutela degli animali «tale comportamento - scrive Croce - ha leso gli interessi e il buon nome dell'associazione da me presieduta». Prendendo le distanze dal fiume di veleno scaricatori sulla ragazza padovana dopo le sue affermazioni in difesa dei test medici sugli animali, Croce annuncia che l'associazione si costituirà parte civile. Continuano così le manifestazioni di solidarietà per Caterina.
Dal suo letto di ospedale a Padova, poche frasi, affidate a Facebook, per dire «grazie a chi mi sta difendendo» dagli insulti ricevuti per avere spiegato di essere ancora viva grazie alla sperimentazione sugli animali. Oggi difende la propria integrità, la negazione di avere una lobby alle spalle e di essere pagata e strumentalizzata. Parole nette, come la richiesta di essere lasciata serena, che Caterina Simonsen scrive nella sua pagina sul social network: «Wow che casino! - scrive -: la smettiamo qua per favore avevo già chiesto qualche giorno fa.... Ah, tanto per far un pò di chiarezza: io non vado né sono andata in Tv né sono stata ripresa da nessuno. Il materiale che usano sono quelli dei miei video. Non vengo pagata da nessuno. Non ci sono lobby dietro».


POTREBBERO INTERESSARE

 adesso veniamo al post vero e proprio 

No agli insulti e alle minacce, "perché educazione e civiltà sono valori imprescindibili", ma no anche alle "strumentalizzazioni di qualsiasi genere". Lo scrive in una nota - commentando il caso della studentessa di Padova che si è dichiarata "viva grazie alla sperimentazione animale" e perciò è stata offesa su Facebook - la biologa Susanna Penco, ricercatrice presso il dipartimento di Medicina sperimentale dell'Università di Genova, malata di sclerosi multipla da vent'anni e saldamente convinta "che sia proprio la sperimentazione animale ad allontanare le soluzioni e quindi la guarigione per i malati". Il futuro, afferma, è "la medicina personalizzata, che sfrutta le differenze genetiche interindividuali per capire il funzionamento delle malattie umane".

"Ho appreso - scrive la dottoressa Penco - del clamore suscitato in rete dalle affermazioni di una studentessa malata, con la quale condivido la sfortuna di non aver avuto la salute in dotazione. Anche io convivo con una malattia che mi ha costretta a flebo di cortisone, a terapie pesanti, a rinunciare, per esempio, a vivere un sereno Capodanno, o la vigilia di Natale (se mi devo fare una puntura che mi scatena sintomi come la peggiore delle influenze è ovvio che me ne debba stare a casa), in quanto devo sottopormi cronicamente ad una cura fastidiosa, di cui alcuni lavori scientifici, tra l'altro, mettono anche in dubbio l'efficacia. Mi sconfortano le parole offensive verso la studentessa, poiché educazione e civiltà sono valori imprescindibili. Tuttavia, contrariamente a lei, troverei umiliante per me stessa farmi fotografare con una flebo attaccata alla vena: pertanto metto in rete una foto in cui appaio sorridente, anche se molto spesso sono tutt'altro che serena o in salute. Detesto le strumentalizzazioni di qualsiasi genere. Siccome sono malata mi informo, e leggo ad esempio che non ci sono ancora cure per le forme progressive di sclerosi multipla: è un dato di fatto (fonte: AISM)."
"Grazie alle mie conoscenze scientifiche - prosegue la specialista- sono persuasa che, anche per le malattie più agghiaccianti, ossia delle quali non si conoscono le cause e che riducono fortemente la qualità della vita, sia proprio la sperimentazioni sugli animali ad allontanare le soluzioni e la guarigione per i malati. Sono spesso malattie croniche, che costringono i pazienti e le loro famiglie ad una vita drammatica. Inoltre, le terapie sono molto costose per il SSN. Se si abbandonasse un metodo fuorviante - sottolinea la ricercatrice - e ci si concentrasse sull'uomo, i progressi della scienza sarebbero più rapidi ed efficaci: io spero risolutivi". Una via per arrivarci è la donazione degli organi per la ricerca. "D'accordo con i miei parenti - racconta Susanna Penco - ho donato il cervello affinché sia studiato dopo la mia morte. Se c'è un modo di capire le cause, e di guarire anziché curare (guarire gioverebbe ai malati, e anche al bilancio dello Stato, della Sanità, in definitiva dei contribuenti!), dovremmo cominciare a studiare tessuti umani e anche gli organi post mortem. La soluzione migliore è sempre la prevenzione che, finché non sono note le cause, non è attuabile. La dott.ssa Candida Nastrucci, biochimico clinico (DPhil, Università di Oxford, Grant Holder Fondazione Veronesi) , aggiunge che per quanto riguarda le malattie genetiche, non è possibile determinare quali tipi di terapie avremmo potuto sviluppare usando tessuti o cellule derivati da esseri umani o dallo stesso paziente. L'uso di animali potrebbe anche aver rallentato il progresso della ricerca per trovare cure per malattie umane. Il futuro è la medicina personalizzata, che sfrutta le differenze genetiche interindividuali per capire il funzionamento delle malattie umane".
Per queste ragioni negli altri Paesi si investe sui metodi alternativi: per esempio, il National Institutes of Health (NIH) degli Stati Uniti ha finanziato con 6 milioni di dollari un progetto rivoluzionario per la mappatura del toxoma umano, con l'obiettivo di sviluppare test tossicologici per la salute umana e ridurre i test su animali". Insomma, conclude la ricercatrice,"non credo che i rimedi ai mali umani stiano nello studio fatto su esseri viventi diversi da noi: e tutto questo lo vivo sulla mia pelle. La sperimentazione animale può essere anticamera di cocenti delusioni. Ve ne sono molti esempi, anche riguardanti farmaci in commercio".

concludo questo post ringraziando il mio amico facebookiano
   

Daniele Jommi si può concordare che attualmente la Vivisezione non dia risultati utili alla ricerca attuali.
La sperimentazione animale è altra cosa e oggigiorno non si avvale di metodi vivisettivi.
Ovviamente le alternative alla sperimentazione sugli animali, tecnicamente le "prove in vitro", sono negli anni aumentate di numero e risultano preferite perché più economiche, ma, "in limitati settori, non vi è alternativa ancora di comprovata efficacia" alla sperimentazione animale. (cito dalla prefazione del libro di S.Penco)
Quindi non diamo fiato a chi strumentalizza le situazioni. Chi vuole accogliere l'appello della ricercatrice inizi ad iscriversi per la donazione degli organi.


per il suo intervento  e  perchè mi ha  fatto capire  che non  c'è una bella differenza  fra  vivisezione e  ricerca   sugli animali  . Anche se  perà continuo a ritenere  la prima  crudele  ed  inutile  , la  seconda  crudele ed  inutile  

30.12.13

Buonanotte pirati, vi parla radio libera [ il 4 gennaio il nostro blog fa 10 anni ]

musica  consigliata
  tutta quella degli anni 60\80 in particolare  la  le colonne sonore di : i love radio rock ,  forrest  gump , radio freccia  , lavorare  stanca

in sottofondo




Come da  titolo con questo post  intendo  iniziare  a festeggiare  , lo so che sembrerò matto    visto che ancora  mancano  5  giorni all'anniversario ma  10 anni di blog  sono 10 anni   di vita  nel bene e nel male  .  
Lo faccio parlando   delle  prime radio libere  che  nell'ormai prossimo 2014    celebrano  ( io   i 10 anni di blog  loro )  40 anni  quelle  italiane  50 quelle  straniere   in particolare radio caroline   ne trova  da  cui tutto è incominciato  ne  trovate sotto la storia  per indicare  che  [sic ] ,  dal passaggio da  splinder  a  blogger  ,  per motivi  tecnici o  personali non scrive  più nessuno\a  anche  se  iscritti  ,  che il blog  è aperto  a chiunque  voglia  scrivere  o se  nel caso  non può per motivi tecnici o di tempo perchè magari gestisce un altro blog  , posso  pubblicarli io ovviamente  scrivendo  che sono loro  gli autori   come facevo  con Daniela  e  Matteo 
   
In principio si chiamavano addirittura radio pirata e trasmettevano da navi ancorate in acque internazionali. La più celebre, Radio Caroline, era inglese e non è un caso che sia diventata il soggetto di un film di culto come "I Love Radio Rock". Radio Caroline spezzò il monopolio della Bbc e cominciò nel 1964 a trasmettere il rock, diventando un simbolo di libertà anche in conseguenza della guerra legale che le fecero le istituzioni di Sua Maestà. In Italia le cose in un certo senso furono più facili perché nel 1974 fu la Corte Costituzionale a sancire che il monopolio delle trasmissioni radiofoniche della Rai era incostituzionale. Fu l'inizio di quelle che allora si chiamavano Radio Libere: nel giro di pochi anni diventeranno migliaia, su tutto il territorio nazionale. L'unica vera restrizione era (  1  2  )   l'emittente di Bologna che diventò la voce del Movimento del 1970\77  fino alla chiusura traumatica con l'irruzione della Polizia. Anche la storia di Radio Alice è diventata un film, "Lavorare con lentezza" di Guido Chiesa.E la  storica  radio Gap ( che  aveva   sede alla scuola diaz di Genova  )  la radio dei No global  a Genova  2001   chiusa  anche  essa   nella  notte cilena  della diaz  22 luglio 2001 e altre  radio libere dei Csoa ( centri sociali occupati autogestiti ) in particolare  http://it.wikipedia.org/wiki/Radio_Sherwood ed altre  che ora  non ricordo  i nomi .Ah  dimenticavo  radio faber  (  pagina  facebook e  gruppo facebook   
che le trasmissioni fossero in ambito locale. Bastavano pochi soldi per mettere in piedi una radio e l'occasione fu colta al volo. Nella storia recente, come dice    prima di Internet, è difficile trovare un evento paragonabile sul piano della diffusione della libertà creativa e di nuovi linguaggi della comunicazione. Con gli anni poi anche le radio libere si strutturarono fino ad arrivare all'attuale forma di network commerciali che dominano il mercato. Non per niente l'aggettivo "libere" fu sostituito da "private". Ovviamente in principio fu la musica a sostenere quasi completamente i palinsesti, finalmente riempiti di brani e artisti che trovavano poco spazio nella radio della Rai. Presto comincerà anche quel rapporto diretto con il pubblico che è diventato un elemento chiave della programmazione. Quello della radio libere resta un periodo formidabile e irripetibile, raccontato con affetto e intelligenza da Luciano Ligabue in "Radiofreccia". Ma quella che racconta Ligabue è solo una parte della storia perchè nel panorama variegatissimo di emittenti c'era davvero di tutto e dunque non potevano mancare la politica e la controcultura. Anzi proprio la politica faceva da collante per esperienze come Radio Popolare a Milano, Radio Città Futura a Roma o la storica Radio Alice
 E' quasi superfluo sottolineare l'importanza che la nascita delle radio libere ha avuto per la cultura italiana e per l'evoluzione del linguaggio dei media, al di là del fatto che proprio queste radio sono state una palestra di talenti e, in certi casi, veri e propri laboratori di intelligenza e creatività. Senza contare che le trasmissioni in stereofonia sono cominciate proprio dalle radio libere. Anche in quel caso le radio di stato si sono dovute adeguare.


  dopo questa premessa   tratta   da   dopo questa premessa storico  \  culturale  tratta da http://www.smtvsanmarino.sm/costume/2013/12/29/musica-40-anni-fa-nascevano-radio-libere eccetto gli url ( le frasi in blu ) che sono frutto di mie ricerche  qualche  corsivo qui e la 
racconto  la storia  di quella  che  è  la prima   radio pirata articolo  di     http://controloro.blogspot.it/2009/09/radio-caroline-i-pirati-del-rock-1964.html  (  eccetto qualche corsivo ) altre news   le  trovate  qui  en.wikipedia.org/wiki/Radio_Caroline





La prima vera radio libera europea nacque dalla voglia di fare qualcosa di nuovo, nell'atmosfera effervescente della swingin' London degli anni '60, di un giovane irlandese, Ronan O'Rahilly, che già aveva iniziato ad operare nel mondo della musica, come appassionato di rythm & blues e poi manager, per un breve periodo dei Rolling Stones degli inizi, e poi del bluesman Alexis Korner.
Il contesto era di monopolio assoluto dei mezzi di informazione, in questo caso detenuto dalla BBC,che costituiva per il mondo della musica una strettoia, dalla quale passavano solo le trasmissioni sponsorizzate dalle grandi case discografiche, ed i nomi che queste spingevano. In più era una radio che i giovani percepivano come vecchia e fuori dal tempo.


O'Rahilly venne a sapere che già da tempo in America una radio, Voice Of America, trasmetteva da una nave per una più efficiente copertura, e che alcune piccole radio dell'Europa settentrionale, come Radio Nord e Radio Veronica, usavano lo stesso sistema per aggirare monopoli e divieti. Un approfondimento legale gli consentì di appurare che su una nave, in acque internazionali, le uniche leggi valide sono le leggi del paese nel quale la nave è registrata; quindi se una nave batte, per esempio, bandiera panamense, e le leggi di Panama non vietano le radiotrasmissioni né recepiscono alcun accordo internazionale sulla radiofonia, tutto è in regola.
Facendo due più due O'Rahilly si rese conto di avere in tasca la soluzione, ed una enorme opportunità, altri stavano pensando a qualcosa di simile, ma lui partì in anticipo e, all'inizio del 1964, comprò una vecchia motonave in disarmo, la MV Fredericia, la riadattò e la dotò di un potente trasmettitore da 10KW in onde medie, e la mise in mare con destinazione Mar dell'Irlanda, tutto era pronto per il lancio.

Il nome scelto per la radio era un omaggio alla figlia del presidente americano John F. Kennedy, assassinato l'anno prima a Dallas, e la nave venne ribattezzata ovviamente MV Caroline.
La Domenica di Pasqua del 1964, dalla nave ancorata al largo delle coste irlandesi, cominciarono le trasmissioni. Gli speaker (il primo di essi si chiamava Simon Dee), sopraffatti dalla emozione, non se la sentirono di andare in diretta, e registrarono l'annuncio di inizio delle trasmissioni, che diceva semplicemente "This is Radio Caroline on 199, your all day music station", poi mandarono il primo pezzo, ovviamente un brano dei Rolling Stones.
Già nell'ottobre dello stesso anno 1964 Radio Caroline superava negli ascolti per fascia oraria la BBC, resisteva ai tentativi della stessa BBC e del governo inglese di fare tacere le trasmissioni, e faceva da apripista ad altre radio "pirata", come si diceva allora, e ad un ritorno in forze delle radio private che trasmettevano dall'estero, come la famosa RTL 208, ovvero Radio Luxembourg.
Negli anni seguenti Radio Caroline acquistò una seconda motonave (MV Mi Amigo) che ancorò al largo delle coste dell'Essex, le stazioni diventarono quindi due: Radio Caroline North (l'originale) e la nuova Radio Caroline South, e coprivano ormai tutte le isole britanniche e anche la costa Nord occidentale dell'Europa.
Non mancarono le avversità naturali e legali: la motonave Mi Amigo venne disancorata durante una tempesta nell'inverno del 1966 e si infranse sulla costa. L'equipaggio venne tratto in salvo ma le trasmissioni dovettero essere interrotte per qualche tempo, ma gli organizzatori riuscirono a noleggiare un'altra nave, la Cheeta II, utilizzata per trasmissioni radio in Scandinavia, e che era inattiva in quel periodo a causa delle condizioni atmosferiche avverse nel Mar Baltico.
Dal punto di vista legale invece il governo inglese ottenne l'approvazione di una legge ad hoc per poter perseguire le radio pirata (il Marine Broadcasting Offences Act) che consentiva di perseguire le stazioni che trasmettevano anche dal Mare d'Irlanda e dall'Isola di Man. Radio Caroline dovette
 migrare nel Mare del Nord, dove il governo olandese non aveva ancora preso provvedimenti contro le radio off-shore, e riuscì a continuare le trasmissioni, anche se da quel momento iniziava la sua fase calante, anche perché la BBC iniziava, pochi mesi dopo, le trasmissioni della sua nuova rete Radio 1, modellata sullo stile veloce e musicale delle radio pirata.
Cinque anni dopo, nel 1972, iniziavano a trasmettere le prime radio libere terrestri in UK e l'era delle radio sulle navi iniziava il suo declino.



Appena finito di vedere per la seconda volta vi consiglio un film propriamente ispirato alla CAROLINE.
I LOVE RADIO ROCK per gli amanti del rock uno dei pochi film culto uscito negli ultimi anni bei costumi ottimi attori divertente e scorrevole.
Vi travolgeranno le musiche rimpiangendo di non essere nati in quegli anni per godere a pieno per primi della cosa piu' bella esistente a questo mondo fonte di vita il ROCK!


Questo e' il primo Trailer con titolo diverso ma la solfa e' la stessa guardatelo!








Di seguito la  non banale  e  scontata    come  quelle  sui film ( forrest  gump  esempio )  che  raccontano storie  e  vicende  di quel periodo  colonna portante sonora  se  non volete  comprarvi  il  disco  cliccate qui per scaricarla Attenzione per scaricarla avete bisogno di un programmino scaricatelo da questo link 

1. Duffy - Stay with Me Baby
2. The Kinks - All Day
3. The Turtles - Elenore
4. John Fred and Playboys - Judy in Disguise
5. Martha Reeves - Dancing
6. Beach Boys - Wouldn't it Be Nice
7. Smokey - Ooh Baby Baby
8. Herb Alpert - This Guys in Love
9. Tommy James - Crimson and Clover
10. Jeff Beck - Hi Ho Silver Lining
11. The Who - I Can See for Miles
12. The Troggs - With a Girl Like Yo
13. Boxtops - Letter
14. The Hollies - I'm Alive
15. Chris Andrews - Yesterday Man
16. Paul Jones - I've Been a Bad Bad Boy
17. Tremeloes - Silence Is Golden
18. Skeeter Davis - End of the World

CD: 2
1. Easybeats - Friday on My Mind
2. The Who - My Generation
3. Cream - I Feel Free
4. Jimi Hendrix - Wind Cries Mary
5. Procol Harum - A Whiter Shade of Pale
6. Otis Redding - These Arms of Mine
7. Junior Walker - Cleo's Mood Supremes - The Happening
8. The Turtles - She'd Rather Be with Me
9. The Bystanders - 98.6
10. Kinks - Sunny Afternoon
11. Cat Stevens - Father and Son
12. Moody Blues - Nights in White Satin
13. Dusty - You Don't Have to Say You Love Me
14. Lorraine Ellison - Stay with Me
15. The Mccoys - Hang on Sloopy
16. The Isley Bros - This Old Heart of Mine
17. David Bowie - Let's Dance
18. David Bowie - Let's Dance


Sanluri: Alessandro Coni esporta l’esperienza in tutta Italia In un libro il percorso di un gruppo di dodici giovani pazienti «Meno farmaci e più trekking, questa è la mia cura»

di Paolo Pillonca 

USSASSAI «Veniamo dal Nord-est, il tour ci ha portato da Bologna a Parma, Bergamo, Trento, Padova, Oderzo, Treviso e la Slovenia. Abbiamo presentato il libro 'Non ci scusiamo per il disturbo', esperienza importante da narrare, può essere di aiuto a chi sta male». Alessandro Coni è tornato con i dodici pazienti del dipartimento di salute mentale (dipendenze) dell'Asl 6 di Sanluri. «Chi soffre di un disturbo psichiatrico vive una dimensione diversa, la comunità crea un confronto. Questo nostro cammino è diventato un movimento: il nostro libro ha già venduto duemila copie».I ragazzi hanno dimostrato che anche le persone più fragili possono dare risposte interessanti. «Sono coscienti della loro condizione e fiduciosi in una possibilità di vita con un suo senso preciso», spiega lo psichiatra che guida una terapia alternativa di ordine naturale: la montagna al posto dei farmaci. 

«Del resto la normalità non è il non soffrire, al contrario. La condizione che accomuna le patologie gravi è un profondo isolamento. Riuscire ad avere relazioni serie con le persone significa uscire da quella condizione patologica per aprirsi a un pubblico vasto come quello dei media». La conseguenza logica, secondo il dottor Coni, è elementare: «Se l'isolamento è una malattia, un'apertura come questa rappresenta l'esatto contrario. I ragazzi diventano protagonisti
Alessandro Coni 
si riprendono i loro diritti, gli spazi che avevano perduto, ottenendo nella comunità un'importanza che prima non avevano. Nella loro povertà sono persone felici. La storia è bella perché è riuscita: c'è stato un gruppo di persone che ha creduto in questo successo. Il sogno si è realizzato, chi aveva perso la speranza l'ha riacquistata. Con un percorso di questo tipo ci sono possibilità di cambiamento per tutti». Che significa? «In ruoli diversi, si cambia: medici, pazienti, assistenti, volontari. Anche tra i ragazzi – spiega Coni – nessuno è più quello che era all'inizio. Chi ha scritto il libro fa parte di un gruppo che ha deciso di intraprendere un cammino di comunità terapeutica solidale: dandosi una mano si può stare molto meglio. Tutte queste persone hanno storie diverse, la maggioranza vive nella casa d'origine, qualcuno in case-famiglia. Ognuno fa parte di progetti paralleli ma diversi, fra i quali il trekking». Nell'Asl di Sanluri ci sono progetti diversi. Uno di questi è la scuola di follia. Ancora il dottor Coni: «I ragazzi andranno nelle scuole a raccontare la loro storia. Un progetto più ampio coinvolgerà per quattro-cinque giorni centinaia di persone che verranno da fuori l'estate prossima a confrontarsi sul campo con noi sull'efficacia del trekking. Sulla via del progetto dell'anno scorso, la montagna come terapia: per tre giorni da diverse città italiane abbiamo fatto un convegno. Perché la montagna può curare? La rivista del Cai (Club Alpino Italiano) ci ha dedicato due pagine. La montagna non è solo per gli eroi degli ottomila metri ma anche delle persone fragili che ne traggono beneficio».In molte città italiane diversi colleghi di Coni portano avanti questa terapia. «Ma bisogna creare una squadra – avverte lo psichiatra – la squadra rappresenta la nostra forza. Alla fine dell'esperienza ci si dispone a cerchio e ci si confronta al termine della giornata. Quest'anno, per quattro giorni 150-200 pazienti saranno qui a fare la nostra esperienza». «Siamo stati in Nepal e in Corsica, abbiamo prodotto un documentario e un libro», racconta Coni. "C'è molta simpatia intorno a noi, non per niente ci hanno accolto in Italia, non per niente verranno da noi. La cosa bella è che questo punto di riferimento si trova in Sardegna, e per di più in pianura. Ma noi ci sentiamo comunque montanari. Non è facile da spiegare ma la sostanza è questa: la terapia non la fa il medico ma l'anima della montagna, il medico partecipa soltanto». Come spiegare l’innovazione? Che vuol dire trekking come 'farmaco' fondamentale? «Premessa: il trekking non esclude gli psicofarmaci, ma li riduce considerevolmente», risponde Alessandro Coni  sempre  sulla  nuova  sardegna  del  30\12\23013  . «Se la malattia è solitudine il recupero consiste nel mettere i ragazzi in relazione con gli altri. Qui il rapporto è con i medici e gli infermieri ma soprattutto con la natura e con la montagna». Come procede il dosaggio dei farmaci nella contingenza del quotidiano? «I ragazzi che partecipano a lungo al trekking sono persone che prendono una quantità molto bassa di farmaci – dice il medico – i prodotti chimici in misura massiccia cancellano i sintomi ma anche la persone, però possono essere utilizzati per ridurre l'ansia, in questo modo aprono una porta per fare altro». Il dottor Coni allarga il discorso. «Chi finanzia le Università è portatore di interessi molto forti che si fondano sul dio denaro, come dice Papa Francesco. Il trekking come terapia alternativa, al contrario, è portatore dell'interesse nettamente più vero e fondamentale: la salute dei pazienti, non delle case farmaceutiche». I dodici ragazzi -Ketty Aru, Enrico Buesca, Giancarlo Fonnesu, Giovanni Maresu, Massimiliano Mocci, Corrado Pinna, Efisio Porta, Giacomo Porta, Simone Porta, Alessio Ortu, Massimiliano Saiu e Marco Francesco Simbula- nell'epigrafe del libro hanno scritto fra l'altro: «I sogni sono la forza della vita umana. Spesso i nostri sogni sono più grandi di noi e allora ci appaiono come irraggiungibili. Spesso arriviamo ad abbandonare i nostri sogni, perdendo così la voglia di vivere. Possiamo però, nella nostra solitudine, accorgerci della solitudine degli altri, avvicinarci e sentirci meno soli. I nostri sogni allora non sembreranno così irraggiungibili, così grandi: possiamo essere grandi davanti ai nostri sogni. I sogni diventano allora obiettivi: obiettivi in cui credere, obiettivi da raggiungere. Possiamo vivere non per dei semplici sogni ma per obiettivi concreti da raggiungere, possiamo credere nei nostri obiettivi, possiamo vivere». Si va avanti. Spiega ulteriormente Alessandro Coni: «Il nostro è un progetto sempre in fieri, il gruppo dei pazienti che ha iniziato sette anni fa ormai ha finito il percorso, tutti si sono reinseriti e d'ora in avanti parteciperanno ai nostri incontri come accompagnatori». Questa è una forma di terapia progettata per pazienti con patologie gravi. «Una terapia eroica, con il coraggio giusto per combattere i fantasmi», incalza Alessandro Coni. «A un certo punto i pazienti arrivano a una condizione nella quale possono affrontare la vita, iniziando dalla loro riacquisita umanità. Non sarebbero arrivati a questo punto se non avessero fatto ciò che hanno fatto. Dal mondo della follia è arrivato un contributo di crescita. Tutti siamo nella stessa barca, o affondiamo o ci salviamo tutti. Quando la follia è stata esclusa sono successe cose terribili: i folli sono stati massacrati o messi nei manicomi. L'omicidio può essere anche quello sociale. O farmacologico, qualche volta». Tace, a questo punto, il dottor Coni. È emozionato, comprensibilmente: ora sa che per i suoi ragazzi è scoccata l'ora giusta per smettere di piangere soli nel buio.

Roma, sequestrate 2000 false Hogan Finanza le regala ad alluvionati di Olbia .

finalmente qualcosa che sequestrato non finisce o al macero o in tasca di chi le sequestra. Alcuni non sono d'accordo ed affermano che : << si tratta comunque di un falso e vanno distrutte, non parliamo di cibo o altri beni di prima necessità >> . Io invece condivido quanto dice isbremis nel commento all'articolo all'unione sarda 30/12/2013 13:12 : << se rimuovono il marchio perchè distruggerle?Ogni oggetto che viene fabbricato nel pianeta consuma materie prime, toglie risorse ai nostri figli, inquina l'aria dei nostri nipoti. Non possiamo più permetterci di distruggere nulla...quello che dovevamo distruggere lo abbiamo già ridotto all'osso: la Terra! Evidentemente molti non hanno ancora ben chiaro questo concetto, che, per risolvere i gravi problemi (anche di crisi economica) dovrebbe essere al primo posto dei pensieri di tutti noi ogni giorno >>

unione sarda  Lunedì 30 dicembre 2013 09:40

Sarebbero dovute finire sul ricco mercato della Capitale ed avrebbero potuto fruttare un discreto guadagno ai professionisti del “tarocco”. Questa volta il percorso di duemila paia di scarpe, con il falso marchio “Hogan”, è stato diverso: sequestrate dai finanzieri di Roma sono state consegnate, oggi, al Comune di Olbia, dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma. Le calzature erano state sequestrate nel corso di una complessa indagine, portata avanti dal Gruppo di Fiumicino, su un importante centro di smistamento di prodotti contraffatti a Maddaloni, nella provincia di Caserta. Le
scarpe – prodotte nelle fabbriche clandestine dell’hinterland partenopeo – passavano di mano dai contraffattori campani ai grossisti cinesi che, a loro volta, nel giro di poche ore, le rivendevano ai dettaglianti magrebini, incaricati di collocarle sulla piazza romana.
L’intervento dei militari aveva permesso di intercettare un carico di 57.000 paia di scarpe, di noti marchi contraffatti, destinato a far fronte alle copiose richieste natalizie dei clienti capitolini. Il valore della merce sottratta al giro illecito era stato di 1,4 milioni di euro e le 2.000 paia di calzature a marchio “Hogan”, oggi donate, ne rappresentavano proprio l’articolo più costoso, meglio realizzato e, perciò, maggiormente ricercato.
Accogliendo la richiesta del Corpo, l’Autorità Giudiziaria ha concesso che le scarpe, previa rimozione del marchio, potessero essere devolute agli alluvionati della Sardegna. Ieri - grazie alla collaborazione tra il Comune di Olbia e la compagnia di navigazione Tirrenia - sono partiti dal porto di Civitavecchia due automezzi militari, carichi delle calzature da donare alle persone colpite dall’alluvione. Questa mattina, subito dopo lo sbarco nel porto di Olbia, nel corso di una sobria cerimonia, le false Hogan sono state donate ad un delegato del sindaco che ne provvederà immediatamente alla distribuzione ai suoi concittadini.

29.12.13

C'è una Sardegna sott'acqua: «Quello che non ci raccontano»

unione sarda 29\12\2013
Di professione non fa il veggente ma qualche previsione sull'anno che verrà ce l'ha proprio sotto gli occhi. Dice che certi segnali sono evidenti, più prevedibili degli stati d'allerta della Protezione civile e purtroppo meno suggestivi di chi si ostina a guardare in rosa.Antropologo (ma anche insegnante e scrittore), Bachisio Bandinu 


è stato per poco più di un anno direttore di questo giornale. Esperienza breve, la sua. «Ero impegnato a spargere serenità in un mondo di forti contrasti, anche tra giornalisti. Non ho fatto in tempo a dare una mia impronta». Nato a Bitti settantaquattro anni fa, tre figli, è laureato in Lettere e Filosofia, specializzato alla Scuola di comunicazione sociale della Cattolica. Ha soprattutto collaborato al Corriere della Sera, allievo di Gaspare Barbiellini Amidei (col quale ha scritto un libro) e di Guglielmo Zucconi (padre del gettonatissimo Vittorio). In Lombardia c'è finito perché ad un tratto gli è venuta voglia di «conoscere l'altro universo». E l'altro universo non poteva essere che la Lombardia, in quegli anni all'avanguardia in moltissimi campi.Presa cattedra a Varese («l'aria di Milano non era il massimo per la mia gola») ha visto sbocciare la cultura della Lega, alunni tra i sedici e i diciannove anni che smaniavano «per mostrare la differenza». Bandinu li incoraggiava, li stimolava, sorrideva quando chiamavano il lago le lac e nel frattempo si interrogava sul fatto che una regione così avanzata potesse tormentarsi «a recuperare una strana identità che non aveva». Mentre lui l'identità non solo ce l'aveva ma la sentiva scorrere insieme al sangue.Sei fratelli, babbo pastore, ha scalato la vita con la caparbietà dell'alpinista
. Tornato in Sardegna nel 1990 si è tuffato nello studio della sua terra fino a diventare un intellettuale di riferimento. «In realtà, sono un cane sciolto. Nel senso che non sono legato». Vicino agli indipendentisti («ma l'indipendenza non è un obiettivo immediato»), si considera rivoluzionario nonviolento: «Il fatto è che non credo nelle riforme. La storia insegna che sono rimaste solo promesse». Dell'autonomia pensa sia stata «un'esperienza fallita» e dunque tenta di guardare un po' più in là.Nel frattempo assaggia il peggio della Sardegna; per raggiungere Cagliari dalla sua casa di
Olbia prende il treno: da quattro ore e mezzo fino a sei, velocità media 55 chilometri orari. «Ma si può nel 2013, anzi nel 2014?»La mancanza di tessere gli ha conservato autorevolezza e capacità ad andare dritto al sodo. La politica in senso stretto (leggi candidatura) non gli interessa. Preferisce guardarla dal suo personalissimo osservatorio.
Chi vincerà le elezioni regionali ?
«Il centrosinistra».
Quindi Francesca Barracciu diventa presidente?«Dalla lettura dei giornali direi proprio di sì».
L'alluvione: abbiamo alle spalle una politica criminale oltre che parassita? «L'alluvione è il risultato di una non consapevolezza. Che cos'è il territorio? Pare sia uno spazio dove si possa fare di tutto: questa, almeno, è la concezione più diffusa. Pochi comprendono che invece il territorio è un organismo vivente».
In che senso?
«Nella cultura pastorale questo problema non si poneva. È stata la cultura industriale, quella delle fabbriche, a farci capire che il territorio vive, respira, s'ammala, muore. Basti pensare a Olbia: hanno costruito una città su un'immensa palude. A comprare la piana, fetida e insalubre, è stata gente di Bitti e di Buddusò. Perfino gli animali stavano male, gli veniva su male 'e sa 'ucca. Su quelle terre sono sorti interi quartieri, condomini sterminati».
Cinque anni di giunta Cappellacci.
«Non ho una competenza specifica per poter dire con sicurezza dove Cappellacci abbia fallito. L'impressione che ho ricavato dal suo governo fatica tuttavia a prendere corpo. Non riesco a ricordare un solo provvedimento significativo, una decisione che abbia, come dire?, qualificato il suo lavoro. Vedo grigiore, accomodamento e nessun orizzonte politico».
Conclusione?
«Non è accaduto nulla che potesse portare la Sardegna fuori dalle secche della crisi. Non mi pare che Cappellacci sia riuscito a compiere niente oltre l'ordinaria amministrazione».
Che dire poi degli onorevoli ladroni?
«L'inchiesta aperta dalla procura della Repubblica di Cagliari ci mostra quale sia la mentalità, il costume, l'etica della classe politica. Appropriazioni di danaro pubblico che - in un certo mondo - sono quasi operazioni scontate, di routine. È gravissimo quello che è successo anche per un'altra ragione».
Quale?
«È un segnale, l'insegnamento di un metodo. Evidenzia la meschinità e la piccineria di tanti insospettabili. Come si fa a rubare pubblico danaro per acquistare penne stilografiche da portarsi a casa?»
I contraccolpi sono anche di carattere culturale.
«Certo. Cultura vuol dire fare, vuol dire gesti concreti, prospettare un obiettivo, favorire un cambiamento. Questa è cultura. Se invece tu perdi il tuo tempo di pubblico amministratore inseguendo quattro cosette che ti stanno intorno, stai tradendo il mandato e la tua terra. Sono stati resi noti retroscena che, non fossero tragici, sembrerebbero comici. C'è da piangere».
Un grande politico che le viene in mente?
«Ho avuto una lunga amicizia con Mario Melis, personalità decisa, forte, molto orgogliosa della sua sardità. Uomo sicuramente in gamba ma non sono in grado di dare una valutazione della sua azione politica. Un protagonista che manifestava senso della collettività e visione del futuro è stato Renato Soru».
L'ha messo fuori gioco l'Agenzia delle Entrate.
«Però continua a fare politica. Quanto poi alla vicenda dell'evasione fiscale, come in tutti i casi giudiziari ancora sospesi, è bene aspettarne la conclusione prima di tirare le somme. In ogni caso Soru è riuscito a connotarsi: per il suo carattere, la solitudine rigorosa, la capacità di comunicazione, i rapporti (spesso tempestosi) coi suoi interlocutori. Dietro tutto questo c'è un politico che ha un orizzonte, una strategia che supera le mura del cortile di casa».
Da presidente di Regione ha dovuto fare le valigie in anticipo.
«Inevitabile. I compagni di partito hanno provato ad accoltellarlo fin dal primo momento in cui ha messo piede in Giunta».
Ha un senso che si faccia da parte?
«Non spetta a me dirlo. Resto comunque dell'opinione che sia una personalità capace di creare, inventare, coinvolgere. Una personalità assai diversa da quelle che abbiamo sperimentato negli ultimi anni di politica regionale. Purtroppo ora si è chiuso in un recinto partitico e dunque ha perso la possibilità di conservarsi extra partes, fuori dai giochi».
La novità 2014 può essere Michela Murgia, lunga marcia dal romanzo alla politica.
«Passare dalla narrativa alla politica non è affatto uno strappo. Cosa significa, in fondo, raccontare la Sardegna? Significa, più ancora che scriverne, viverla giorno per giorno, condividerne i problemi, battersi per riuscire a superarli. Il romanzo, anche se finisce nelle mani di tutti, è una sorta di creatura privata, intima, il frutto dell'interiorità. La politica non è altro che il cammino di questi sentimenti verso una nuova meta: il territorio».
Don Ettore Cannavera: ci vuole un prete per salvare la Sardegna?
«Stiamo parlando di un sacerdote immerso nella società sarda, che crede in certi valori e si sforza di applicarli nella vita di tutti i giorni. D'altra parte un prete, se è prete davvero, dev'essere fortemente impegnato verso il prossimo. Don Cannavera è una figura estremamente positiva. L'ipotesi d'una sua candidatura ha avuto il pregio di mobilitare, far discutere, aiutarci a uscire dal sonno».
È corretto che lui esca dal suo ruolo per una conclamata invasione di campo?
«Non credo nei ruoli chiusi, murati da regole invalicabili».
Psd'Az: cenere fredda di un partito clientelare.
«A partire dal 1990, appena rientrato dalla Lombardia, ho seguito questo partito da vicino. E ne ho un concetto molto triste: non è stato nulla più che una pedina nei giochi per la spartizione delle poltrone. Dunque partito sardo di cosa? E poi, d'Azione: quale azione?».
Il segretario Giacomo Sanna è stato definito il becchino del Psd'Az.
«La definizione è terribile ma storicamente fondata. Di sicuro non ha portato il partito a migliorarsi, a crescere, ad avere una prospettiva».
Indipendentisti: pochi, sognatori e in ordine sparso.
«La Fondazione Sardinia ha fatto una verifica per vedere se c'erano punti in comune. La sensazione che ho ricavato dagli incontri coi rappresentanti delle varie sigle è che ognuno stia cercando un proprio spazio, personale e privato. Per qualcuno è perfino un bene che ci siano tanti gruppi: sarebbe segno di vitalità».
E invece?
«In politica se non riesci a fare massa critica non approdi da nessuna parte. L'elettore, di fronte a una miriade di partitini da zero virgola, tende ad allontanarsi».
Esiste una curva nord indipendentista che tende a idealizzare la Sardegna, raccontarla come non è mai stata?
«Una frangia di questo genere esiste certamente. Ma anche fuori dal fronte dell'indipendentismo c'è chi vuole tornare a su connottu. Non si può tornare a su connottu. E poi, quale connottu? È un fantasma mentale, un sogno regressivo che punta a recuperare un passato meraviglioso e perfetto che in realtà non c'è mai stato».
I conti col presente: sempre più disoccupati.
«A parte il dramma umano, mi pare ci sia un pessimismo diffuso. La demoralizzazione sta portando a non credere più nella lotta politica. Gli accampamenti che si susseguono sotto il Consiglio regionale sembrano trascinarsi nel segno dell'accattonaggio più che della rivendicazione. Tendono a suscitare la pietà della gente e non l'indignazione. L'operaio di un tempo, anche di un tempo recente, non c'è più».
È che siamo un popolo di truffati: basta vedere il disastro-Ottana.
«L'industrializzazione di Ottana, lo dicono gli atti di fondazione, è nata per trasformare la realtà violenta del mondo agropastorale in una cultura industriale. Le fabbriche ci dovevano liberare: ma da cosa?, dalla nostra civiltà, dal nostro modo di essere? Non bastasse, l'industria è nata con piedi d'argilla, nata per morire in tempi rapidi. Ottana è stato un disegno criminoso e premeditato».
Costa Smeralda, è il turno dell'emiro del Qatar.
«Cambieranno l'architettura, le case, le piazze, il panorama. Quando si fanno contratti politici con grandi investitori manca il coraggio di stabilire con precisione i limiti e le regole. E mai una volta che venga calcolato sul serio il tornaconto, che dev'essere altissimo, dei sardi e della Sardegna. Non si capisce purtroppo che, a differenza di quanto accade per un'industria qualunque, nel caso del turismo in gioco non c'è la sorte di un capannone ma del territorio. I risultati di questa politica sono sotto gli occhi di tutti».
Qual è la via di salvezza?
«Vi farà sorridere ma a salvarci può essere solo la cultura. Che vuol dire scuola, lavoro, artigianato. Cultura non è una parola astratta di cui riempirsi la bocca durante dibattiti e convegni: al contrario, è concretezza. Significa produrre la cultura del formaggio, del vino, delle botteghe, delle campagne. È una rivoluzione mentale».
pisano@unionesarda.it

LA FORZA DI ANDREA Zoccheddu, PRIMO DOWN CINTURA NERA DI JUDO IN SARDEGNA

  musica  in sottofondo e  consigliata  Sa prus bella - di Claudia  Aru  " bentesei "

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a chi dice  che i down  sono  dei parassiti  o prova per loro , causa  le loro problematiche  senta  questa   storia   e  il fatto che  << [...] Molti bambini con la condizione arrivano a prendere il diploma di scuola superiore e sono in grado di compiere un lavoro retribuito.. L'istruzione e le cure adeguate hanno dimostrato essere in grado di migliorare la qualità della vita in modo significativo. [.... ] da http://it.wikipedia.org/wiki/Sindrome_di_Down  >> e   come il caso d'andrea nello sport  




Si chiama Andrea Zoccheddu ha 25 anni ed è il primo down ad aver conseguito la cintura nera di Judo in Sardegna.

Unione  sarda del 29\12\2013  14:32


Sedici anni di sport e passione per le arti marziali e hanno portato Andrea Zoccheddu cagliaritano di 25 anni a conseguire, primo down in Sardegna la cintura nera di Judo.
Risultato reso possibile dalla capacità tecnica di Andrea che ha utilizzato soprattutto la sua mossa vincente consistente nel caricare sul dorso l'avversario che poi viene scaraventato a terra.
Andre si allena con lo Judo Club Cagliari nella palestra del cral regione in via Veneto, una bella realtà aperta non solo ai dipendenti regionali che ha nell'integrazione uno dei suoi principi fondanti.
Intanto Andrea continua ad allenarsi e ad affianre la tecnica con l'obbiettivo di raggiungere il secondo dan

Forconi, Calvani: “Dietro alcuni di noi c’è Berlusconi” Il leader del movimento ha confessato che dietro alcuni 'c'è l'ombra del Cavaliere'

I miei post precedenti sul movimento  ( ormai sparito ? ) dei forconi  mi  fatto arrivare  ( paura dei
commenti o cosa   ? )   email  polemiche alle  quali oggi rispondo  . eccone  alcune fra le più  significative e  civili  .
 
  credevo fossi per la rivoluzione  e  il cambiamento invece  .... ci disprezzi  
Lo sono  però dev'essere pacifica  . o quanto meno   con gesti non violenti  , e rispettosi non  e  che  vado a bruciare i libri   come  è successo .IO  non disprezzo  nessuno  ma  critico  perchè  : <<  Trascurare e peggio disprezzare i movimenti così detti «spontanei», cioè rinunziare a dar loro una direzione consapevole, ad elevarli ad un piano superiore inserendoli nella politica, può avere spesso conseguenze molto serie e gravi. Avviene quasi sempre che a un movimento «spontaneo» delle classi subalterne si accompagna un movimento reazionario della destra della classe dominante, per motivi concomitanti: una crisi economica, per esempio, determina malcontento nelle classi subalterne e movimenti spontanei di massa da una parte, e dall’altra determina complotti dei gruppi reazionari che approfittano dell’indebolimento obbiettivo del governo per tentare dei colpi di Stato." Antonio Gramsci.>>
 guarda  che non è vero  che  siam tutti fascisti
vero .    come mai   , salvo  che  sulla maifestazione a  roma  ,  non c'è stato nessun tntativo  di controllo  ? vederei saluti   fascisti  nelle piazze . e  poi  lo  ha  dichiarato lo stesso cavano    a http://www.lafucina.it ( nel link l'articolo ) e non mi risulta  , almeno  fin ora  ,  che    sia stato smentito
non è vero quello   che dicono i  giornali
allora perchè non vi  fate un sioto ufficiale    e pubblicate  i vostri  comunicati  \  reportage  o video insieme  a quelli ufficiali  dei media  cosi la gente  anche i più tonti capisce  chi ha ragione o meno


Concludo  con l'appello  lanciato   a quei 4 gatti di vera  sinistra  che  ancora  ci sono in parlamento e   tutti  quelli  (  pdci , rc , ecc )  che  sono fuori ed n rete    di Aldo Giannuli  Ricercatore di Storia contemporanea presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università statale di Milano. È stato consulente parlamentare nelle commissioni di inchiesta sulle stragi (dal 1994 al 2001) e sul caso Mitrokhin (dal 2003 al 2005). E' stato consulente giudiziario in diversi processi, fra cui quelli per le stragi di piazza Fontana, via Fatebenefratelli, piazza della Loggia, e per i casi riguardanti Enrico Mattei, Fausto Tinelli e Iaio Iannucci, Mauro De Mauro e altri. Il suo ultimo libro è "Come funzionano i servizi segreti" (Ponte alle Grazie, 2013).

  da  

(...) 
Come al solito, per esprimere un giudizio bisogna prima fare un po’ di analisi. Sin qui le cose più intelligenti che ho letto sono quelle di Guido Viale sul blog del Fatto che, riassumendo molto liberamente e brevemente, dice: “caro amici, sino a ieri ci chiedevamo come mai in Italia non ci fossero movimenti di reazione contro la crisi ed ora eccoci: il movimento è arrivato, anche se non è quello che immaginavamo o volevamo.”
Il succo è questo: la crisi sta precipitando ed iniziano a manifestarsi i primi movimenti di protesta “fuori controllo”. Certo, noi di sinistra ce li immaginavamo diversi sia per la composizione sociale che per le forme di lotta, ma soprattutto per l’egemonia culturale che vi sarebbe affermata e che –ça va sans dire- sarebbe stata di segno marxista o, magari, anarchico. E invece no: niente masse operaie inquadrate dietro bandiere rosse con studenti e lavoratori precari ai fianchi, niente sofisticati “lavoratori immateriali” ma contadini, camionisti, impiegati licenziati e piccoli imprenditori rovinati; tutta gente che fa lavori materialissimi e per niente post moderni. E niente egemonia di sinistra, ma solo una rivolta populista rabbiosa quanto antipolitica, esasperata e di basso profilo culturale.
Insomma: i conti non tornano: non era questo il movimento che aspettavamo e, dunque, “dagli al fascista”.
Questo fenomeno non è “il popolo”, come pensa Grillo, e non ha i numeri di un movimento di massa: non stiamo parlando di centinaia di migliaia di persone, ma, al più di qualche decina di migliaia, però attenzione a non sottovalutarlo. A mio avviso, non siamo di fronte alla vera fiammata, ma solo al suo esordio: questo è lo starnuto che annuncia l’influenza e, forse, la polmonite. E’ un movimento fascista? C’è dietro la Mafia o un Berlusconi furibondo che gioca allo sfascio? E’ il prodotto dell’aizzamento di Grillo?
Magari può far comodo pensarlo per far quadrare un po’ i conti, ma non si capisce niente di questo movimento se non si parte da un fatto: c’è una tale esasperazione sociale per gli effetti delle sciagurate politiche di austerità di Monti e di Letta (e di cui il Pd è il massimo responsabile) che il primo che inalbera un cartello con scritto “morte ai politici” si tira dietro un corteo. Questo movimento non è stato “inventato” da nessuno, è cresciuto spontaneamente. Ciò non toglie che ci siano state sovrapposizioni come quelle di Forza Nuova (ma va detto anche di gruppi di estrema sinistra come quello m-l) o che il Cavaliere ci stia generosamente inzuppando il pane.
E’ probabile che nei prossimi giorni il movimento vada scemando (in fondo stiamo andando verso Natale), ma questo non significa che scomparirà nel nulla ed, anzi, una nuova e più intensa fiammata va messa nel conto, anche per la coincidenza con le elezioni europee. Allo stato attuale appare probabilissimo che saranno un referendum pro o contro l’Euro e la Ue e questi movimenti chiedono proprio la fine dell’uno e dell’altra. Dunque, è il momento di essere chiari e dire ciascuno da che parte sta. E personalmente non esito a dire che io starò dalla parte “antieuropea”, voterò e sosterrò chi chiederà la fine dell’Euro (ovviamente non gruppi fascisti che, peraltro, non sembrano avviati a clamorosi successi elettorali).
Il mio amico Elia è stato violentemente e ingiustamente attaccato, in un pezzo precedente, da diversi interventori ed anche con toni poco accettabili. Confermo qui tutta la mia stima per Elia che è un giovane colto e brillante e che, anche in questo caso ha fornito molti elementi di informazione utili alla discussione. Detto questo, nel merito delle sue tesi, devo esprimere il mio pacato dissenso: non è dell’Europa dei diritti e della solidarietà che stiamo parlando e che non so se sarà mai realizzata, ma so per certo che non potrà esserlo sino a quando ci sarà questa Europa di banchieri e tecnocrati. Così come non sono affatto convinto che il pericolo principale in questo momento sia quello si una ripetizione in tutta Europa dei casi di Grecia e Ungheria.
I gruppi fascisti in Europa occidentale possono avere qualche successo quando si presentano in abiti più stinti e tranquillizzanti come quelli del Fn di Marine Le Pen, ma l’ondata dei cd “euroscettici” andrà semmai a beneficio di gruppi come Afd, Veri Finlandesi, Antieuro inglesi, M5s ecc che non mi pare possano essere definiti in alcun modo partiti fascisti. E c’è anche una sinistra (soprattutto in Grecia, Portogallo e forse Spagna) che sta trovando il coraggio di dirsi antieuropea (se per anti europea si intende questa Europa dei finanzieri e non un qualsiasi ideale europeista).
Perché, diciamocelo, il Nemico (quello con la N maiuscola) non è Forza Nuova ma l’asse Bce-Berlino. Ed in Italia i nomi sono quelli di Letta, Monti, Napolitano. Di fatto, la sinistra residua di questo paese (quel che resta di Rifondazione, Pdci, Sel, antagonisti vari e simili) si sta suicidando, perché non ha il coraggio di scegliere la barricata anti Ue. Questo è il principale (anche se non l’unico) terreno di scontro attuale, avere posizioni fumose in proposito significa finire ai margini dello scontro politico, tutto il resto non conta.


Concludo   che  io non disprezzo nessun movimento   che  porti  ad  un cambiamento  vero e  non di parte   ma  continuo a rimanere  critico  non biasimando   quanto dice  il mio contatto facebookiano  http://incarcerato.blogspot.it/2013/12/movimento-dei-forconi-le-convulsioni.html 

I DIECI LADRI DELLA TUA ENERGIA

musica in sottofondo   la  1  sinfonia di Beethoven 
musica  consigliata  rotolando  verso sud   - negrita

  
da  http://risvegliati.altervista.org/



1- Lascia andare le persone che solo condividono lamentele, problemi, storie disastrose, paura e giudizio sugli altri. Se qualcuno cerca un cestino per buttare la sua immondizia, fa sì che non sia la tua mente.
2- Paga i tuoi debiti in tempo. Nel contempo fai pagare a chi ti deve o scegli di lasciarlo andare, se ormai non lo può fare.
3- Mantieni le tue promesse. Se non l’hai fatto, domandati perché fai fatica. Hai sempre il diritto di cambiare opinione, scusarti, compensare, rinegoziare e offrire un’alternativa ad una promessa non mantenuta; ma non farlo diventare un’abitudine. Il modo più semplice di evitare di non fare una cosa che prometti di fare e dire NO subito.
4- Elimina nel possibile e delega i compiti che preferisci non fare e dedica il tuo tempo a fare quelli che ti piacciono.
5- Permettiti di riposare quando ti serve e dati il permesso di agire se hai un’occasione buona.
6- Butta, raccogli e organizza, niente ti prende più energia di uno spazio disordinato e pieno di cose del passato che ormai non ti servono più.
7- Dà priorità alla tua salute, senza il macchinario del tuo corpo lavorando al massimo, non puoi fare molto. Fai delle pause.
8- Affronta le situazioni tossiche che stai tollerando, da riscattare un amico o un famigliare, fino a tollerare azioni negative di un compagno o un gruppo; prendi l’azione necessaria.
9- Accetta. Non per rassegnazione, ma niente ti fa perdere più energia di litigare con una situazione che non puoi cambiare.
10-Perdona, lascia andare una situazione che è causa di dolore, puoi sempre scegliere di lasciare il dolore del ricordo.

a capodanno non sparare 2



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