Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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31.1.25
A 19 anni compra un'edicola contro lo spopolamento dell'Appennino modenese ,Gli insulti e le minacce a Francesca Santolini per il libro “Ecofascisti”: «Cercano un bersaglio per la loro rabbia. Dopo quanto diremo basta? ,
con il cuore e con la mente per essere felici
Lungo la nostra vita \ opera d'arte affrontiamo infinite battaglie tra questi due poli che controllano i nostri sentimenti, emozioni, decisioni, successi e fallimenti. Ci troviamo a interrogarci di fronte a grandi dilemmi che finiscono con l’annullarci, fanno crollare la nostra coerenza e ci fanno sentire insicuri, perché la maggior parte delle volte non sappiamo fino all’ultimo se stiamo facendo la scelta giusta. Ed è proprio quando dobbiamo prendere una decisione che entrano in gioco mente e cuore.Quale dei due dobbiamo seguire e ascoltare?
La verità è che nessuno di questi due elementi è migliore dell’altro e non possiamo usarli da soli . Non possiamo lasciarci guidare soltanto dal cuore , altrimenti verremmo travolti dagli impulsi e dalle voglie senza nessun controllo: c’è bisogno che la mente analizzi i nostri desideri in modo saggio e cauto, per evitare che i momenti di follia determinino la nostra fine. Tuttavia, non possiamo nemmeno seguire fedelmente la mente , altrimenti ci priveremmo della libertà di provare sensazioni e costruiremmo un muro che bloccherebbe il passaggio a tutte le emozioni e passioni che dobbiamo ancora scoprire e sperimentare.
Da questa breve descrizione, da me rielaborata del già citatohttps://lamenteemeravigliosa.it/mente-o-cuore/
potete capire che non esiste o bianco o nero di fronte ad una scelta: si tratta piuttosto di un ampio ventaglio di grigi, di diversa intensità, che si riflettono in noi stessi. Non esistono due sfumature identiche, proprio come non esistono due persone uguali: per questo non c’è una regola fissa che valga per tutti, ma ognuno deve riuscire a conoscere e a saper utilizzare la propria. Dobbiamo imparare ad ascoltarci, a comprenderci, a conoscerci.
Se ci riusciamo, non ci saranno situazioni, decisioni, circostanze davanti alle quali non sapremo che cosa fare. Potremo sempre usare la nostra “regola”, quella creata appositamente per noi, perché estratta dal nostro cuore e la nostra mente. Ognuno di questi due poli ci avrà messo del suo, perché devono entrare in connessione senza creare conflitti: sono due parti di noi destinate a capirsi e collaborare, solo in questo modo riusciremo a essere davvero noi stessi.Fermatevi e imparate a conoscervi: è un percorso lungo, ma la meta è raggiungibile. Cercate la sfumatura giusta per voi e usatela come guida. È difficile, ma non impossibili se sarete fedeli e onesti con voi stessi. Sentite e sperimentate per riuscire a creare il vostro personale vincolo tra mente e cuore.Quando qualcuno\a di noi unisce cuore &mente è un eroe in quanto la logica non basta quando ci si mette all'opera Infatti ma ha bisogno di sentimento ( del cuore ) logica ed istinto sono dovrebbero essere dentro di noi che agiamo con il cuore se usiamo solo l'emozioni ed i sentimenti o con la mente se usiamo l'istinto o la razionalità .
30.1.25
Monica Giorgi, ex tennista anarchica: 'Per gli ideali finii in galera. Lea Pericoli? Gemelle diverse. Ho dato del fascista a Panatta'
da msn.it
Se fossi morta, mai avrei cambiato idea». La porta del condominio di Giubiasco, distretto di Bellinzona, si spalanca sugli accadimenti più misconosciuti dello sport italiano. Sulla soglia di questa storia densissima e a tratti drammatica, lei, Monica Giorgi in Cerutti per matrimonio dichiaratamente di
convenienza con un cittadino svizzero, classe ’46, livornese, anarchica, atea, ex talento del tennis immolato all’attivismo politico negli anni in cui per l’ideale si poteva finire in galera con l’accusa (friabile) di aver partecipato a un rapimento di matrice politica. Aveva calpestato i courts con gli amici Lea Pericoli e Adriano Panatta e giocato a Wimbledon quando il 30 aprile 1980, la stagione terribile dell’omicidio di Piersanti Mattarella, del sangue nelle università (Bachelet a Roma, Galli a Milano), per le strade (Tobagi) e della strage di Bologna, Monica venne arrestata. Due anni dentro, sognando il blu delle sue onde («Domani si va al mare» è il bel titolo di un libro appassionato scritto per Fandango con Serena Marchi), una condanna a 12 derubricata per «associazione sovversiva», il capo d’imputazione di cui Giorgi va fiera. «Me lo tengo stretto, non discuto. È quello che volevo fare: sovvertire il potere. Con gli anarchici di Livorno, i volantini, i discorsi, l’attivismo: nulla più. Oggi non sarei così testarda: la vita mi ha cambiata. Non direi più ad Adriano che è un fascista perché ha scelto di andare a giocare la Davis da Pinochet».
Le radici a Livorno contano nel suo romanzo, Monica?
«Eccome! Livorno è la mia carne, il mio sangue, le mie parole. Mi chiedo se dopo tanti anni in Svizzera dovrei tornarci a morire. Dell’Italia mi attraggono gli odori, i sapori, le scritte sui muri. Ci vado volentieri, da quando le mie pendenze con la giustizia sono risolte. Però lascio anche che le cose accadano».
Ne sono accadute di cose, eccome: gli anni gioiosi del tennis, l’avvicinamento ai movimenti non violenti, le campagne a difesa dei diritti dei carcerati, l’esilio in Francia, la tranquillità in Svizzera.
«Le cose più belle sono quelle che capitano. Sono stocastica, aleatoria: qualcosa succederà. Preferisco essere illusa, piuttosto che pregiudizievole. Certo rischio la delusione, ma è da lì che scaturisce consapevolezza. Il processo mi ha fatto scoprire la mia dabbenaggine: siccome sono presuntuosa, ci sono passata sopra. Vede, io penso in livornese, che non è una lingua, è un vernacolo: viene da verna, schiavo, e lo schiavo subisce».
I primi guai quando la Federtennis italiana la squalifica per aver indossato a Johannesburg, in pieno apartheid, una T-shirt con un nero e una bianca che fanno l’amore.
«Indegna di rappresentare l’Italia, scrissero nella lettera con cui mi fermavano un anno. Ci sono cose che sono sfuggite di mano alla gioventù dell’epoca, ma eravamo pieni di entusiasmo. Il libro è stato un lavoro di espiazione catartico: ha riaperto le ferite, lascio che sanguinino. Da ragazza mi piaceva provocare il potere, a 79 anni invece lo comprendo: lo vedo come parte necessaria per cui certe cose devono finire o cominciare. Non mi giudico: ho fatto quello che mi sentivo».
In vacanza con Lea Pericoli imbrattò di escrementi lo yacht del vicino di banchina.
«Lea lo detestava: fu un gesto d’amicizia. La vera ingiustizia di quegli anni è la morte di Pinelli che vola giù dalla finestra della Questura di Milano. Quello è stato il mio ’68. Lea ed io eravamo agli antipodi solo all’apparenza. La divina e Monicaccia, come mi chiamava lei: che coppia»
Cosa vi legava?
«Ti muove quello che non hai. Io ero la parte che Lea teneva sopita. Erano i tempi in cui per farti un complimento ti dicevano: brava, giochi come un uomo. Sarà un uomo che gioca bene come me, ribattevo! Kant scrive che il cielo stellato è sopra di noi ma la donna il cielo stellato ce l’ha dentro. Lea mi chiedeva di Kafka, Gandhi, delle mie letture filosofiche, della rivista anarchica “Niente più sbarre”. Ci siamo volute molto bene. Tra tanti bifolchi qualunquisti, l’unico maschio con cui potevo parlare era Panatta. Quando giocavamo il doppio insieme e ci facevano un lob, fermava la palla: alt, qui lo smash lo faccio solo io!».
A Lea fece un gran regalo: la lasciò vincere in semifinale agli Assoluti ’71. Perché?
«Il regalo lo feci a me: volevo mettermi alla prova. Ero già incasinata con la politica, mi scrivevo con i detenuti anarchici, ritirarmi mentre stavo vincendo fu la mia personalissima protesta contro il sistema. C’era dell’autolesionismo? Non credo. Avevo consapevolezza dei miei limiti: sapevo che la Bassi in finale non l’avrei mai battuta. Lo rifarei mille volte. È un’economia un po’ perversa, lo riconosco. Sono vissuta di ideali, anche alla rovescia. Nell’ideale non c’è un sopra e un sotto, una destra e una sinistra. L’ideale, quando ci credi, è l’eterno. Ecco, io sentivo di dover seguire solo quello».
Ma a chi dava noia, in fondo. Se lo è chiesto?
«Molte volte. Eppure mi bastavano il mio tennis, il mio mare, una motocicletta, i miei libri, 100 mila lire al mese. Andavo a trovare in carcere l’anarchico Fantazzini e mi arrovellavo: che male faccio? Ma a quei tempi la controinformazione infastidiva tantissimo, e io mettevo in dubbio che Pinelli fosse caduto da solo dalla finestra. Sì, davo fastidio. E schiacciando un moscerino di 45 chili come me il potere dimostrò tutta la sua debolezza».
Ci ha messo del suo.
«Ammetto il gusto di esibirmi, anche in campo mi piaceva giocare con il fuoco. Mi chiami a rete? E io ti faccio una palla corta. Le valchirie rimanevano ferme sul posto. Ero agile, velocissima, rimandavo tutto. Per battermi dovevano sopraffarmi con la potenza, ma anche in quel caso le costringevo a farmi il punto due volte».
Da chi ha preso?
«Da mio padre l’estroversione, a costo di fallire per troppa esuberanza. Da mia madre l’essere parca: non tirchia, parca. È lei, con le sue imperfezioni e i nostri conflitti, ad avermi autorizzato a essere libera: se fosse stata perfetta, non me ne sarei mai andata. Invece si lamentava di me, terzogenita dopo due gemelle, in continuazione. Si è resa insopportabile: un dono. Quando lessi “L’ordine simbiotico della madre” di Luisa Muraro fu un’illuminazione».
Qual è stato il giorno più felice della sua vita?
«Il 29 aprile 1982, un giovedì. È il giorno della lettura della sentenza che mi riduce la pena a due anni, già scontati. Nell’aula del tribunale lancio un urlo belluino: domani si va al mareeeeee!».
Come fa a vivere a Bellinzona, tra le montagne?
«Eh ma torno spesso. E poi il mare preferisco andarlo a cercare: quando ce l’ho lì a disposizione, mi viene a noia».
L’incontro più forte?
«Giovanni, il custode della federazione anarchica livornese. Autodidatta, nudo davanti alla vita, miope, ma anche un accademico senza titolo di studio. Fu il primo a parlarmi delle fosse di Katyn, il massacro dell’intellighenzia polacca da parte dell’Urss. Quando morì Francisco Franco si fece un volantino. Volevamo scriverci: viva la morte. Intervenne Giovanni: macché, scriviamo viva la libertà!».
Rifarebbe tutto?
«Paro paro. Forse correggerei la mia ingenuità, ma è un puro esercizio retorico».
Anche le cose che le hanno provocato più dolore?
«Il dolore lo metto nello stesso paniere della felicità».
È vero che nel ’76 in Cile Panatta, memore delle vostre discussioni su Pinochet, propose a Bertolucci di indossare la maglietta rossa nel doppio di Davis anche come omaggio alla militanza dell’amica Monica Giorgi?
«Non lo so, non credo. Dovrebbe chiederlo a Adriano».
E la sua, di maglietta, quella della coppia mista che fece indignare il Sudafrica e la Federtennis, che fine ha fatto?
«Forse era a casa di mia madre ma con la sua morte è andata persa».
Segue il tennis, oggi? Jannik Sinner e i suoi fratelli l’hanno riportato in auge.
«Sì, questa generazione di giocatori mi ha riavvicinata al mio sport. Però non gioco più: mi fanno male le ginocchia. I miei preferiti sono Federer e Alcaraz, che è molto più divertente di Sinner. Adesso non gli serve per vincere, ma Jannik dovrà imparare a scendere di più a rete».
Oltre al tennis, chi è stato il suo più grande amore?
«Manrico, un uomo bellissimo che mai avrei immaginato potesse innamorarsi di uno sgorbio come me. E Maddalena, incontrata in carcere: con lei c’era molto più del sesso, che in una relazione non è necessario».
E la rabbia, motore potente, dove l’ha messa a quasi ottant’anni, Monica?
«Con quel fisichino dove vuoi andare? mi dicevano. Alle feste nessuno mi invitava mai a ballare. Mi sentivo inadeguata: ho fatto di tutto per riscattarmi. Ha ragione, la rabbia è una forza potente. Ma la mia, soprattutto, è stata passione di vivere».
29.1.25
Bassetti e le “pozioni miracolose” dei No Vax: «Hanno dentro composti chimici usati nelle fabbriche, l’imbecillità umana non ha limiti»
L’ultimo degli innumerevoli capitoli dello scontro tra No Vax e Matteo Bassetti riguarda le cosiddette «Soluzioni minerali miracolose». Con un post su Instagram, l’infettivologo ha denunciato questo “rimedio”, che secondo alcuni annullerebbe i presunti effetti negativi portati dai vaccini. «È in vendita online la pozione anti-vaccini a base di clorito di sodio, un candeggiante usato dall’industria. Nel mondo #novax la chiamano “Soluzione minerale miracolosa”, un nome che dovrebbe già insospettire», ha scritto Bassetti. «Questa sostanza», avverte l’esperto, «può causare danni a mucose, cellule e reni». Secondo i no vax, invece, l’assunzione di questo liquido avrebbe l’intento di guarire una «vasta gamma di patologie dal cancro alla malaria passando per l’infezione da Hiv e i disturbi dello spettro autistico. Oltre che naturalmente ripulire dal siero sperimentale!». Affermazioni prive di ogni fondamento scientifico, di fronte alle quali Bassetti non trattiene una nota ironica: «L’imbecillità umana non conosce limiti».
diario di bordo n 100 anno III .consapevolmente digitali corso per adulti e bambini ., altro chei politici d'oggi una via per pietro calamandrei e affianco all'amico salvatore satta ., Torino, la studentessa non può fare la Maturità senza permesso di soggiorno: la docente la accompagna in questura . ma .... ., miracolo un trap con un po' d'etica e principi morali
Mario Bonu
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altro che i politici d'oggi . fino a 40 anni nei tempi bui della guerra fredda , del terrorismo di sinistra e di stato c'era anche amicizia e le rispetto fra le persone de diverse ideologie . e la notizia sotto riportata n'è n esempio
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Lo so che Dura lex, sed lex (La legge è dura, ma è legge) come dicevano gli antichi e i fascisti perchè se una legge è iniqua è un dovere violarla ovviamente il più possibile in modo non violento se non si riesce a cambiarla istituzionalmente . Ed è questo il caso sulla legge della cittadinanza italiana . Capisco che si debbano avere 18 anni per ottenerla , ma se sei nato da genitori e sei cresciuto ( e quindi fatti tutti gli studi ele scuole ) qui è frustrante subire delle discriminazioni come quella riportata sotto
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In fila varie volte all’ufficio immigrazione di Torino, per essere sempre rispedita al mittente. Un ritardo burocratico che rischia di escludere dall’esame di maturità una giovane studentessa 18enne, di origini nigeriane ma nata in Italia. Questo il motivo che ha spinto la sua docente di italiano e storia all’istituto enogastronomico Beccari, Rachela Baroni, ad accompagnarla in corso Verona: «Forse vedendoti con una persona dalla pelle bianca ci faranno entrare».
Le difficoltà in famiglia: la scomparsa della mamma, il medico di base assente
La docente in coda all’ufficio immigrazione
La giovane, accompagnata dalla docente, si è messa in coda alle 5 di mattina di lunedì 20 gennaio. Dopo essere finalmente riuscita ad entrare, la docente ha capito che il problema sarebbe legato al permesso ormai scaduto, che per essere rinnovato ha bisogno che la procedura sia svolta nuovamente da capo. Il consiglio da parte dell’ufficio è stato di «richiedere il permesso per ricongiungimento familiare con la sorella maggiore che è già cittadina italiana», ha spiegato Baroni. «Solo quando avrà tutti i documenti potrà tornare in Questura. E solo per chiedere un altro appuntamento per presentare la domanda».
I ritardi e i tempi stretti
I tempi sono stretti. Il prossimo appuntamento, con l’anagrafe, è a fine febbraio. Poi tutte le procedure, che dovrebbero farle avere prima il permesso di soggiorno e poi la cittadinanza italiana. Ma, non avendo documenti, la ragazza non ha potuto né ritirare il diploma di licenza media né presentare la domanda per essere ammessa all’esame di Stato, che doveva consegnare entro il 30 dicembre. «È una ragazza molto brava a scuola», è il rammarico della vicepreside. «Si impegna tantissimo, ma si sente precaria in tutto quel che fa e impotente di fronte ad una macchina burocratica che la manda solo in confusione».
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Anche i duri a volte hanno un etica
28.1.25
violenza di genere e femminicidi spiegati nelle scuole d'infanzia . favola dello scoiattolo e la rondine di Sarah Cogni
dal gruppo fb miti , leggende e racconti.
una spiegazione ben fatta su temi comlplessi grazie a #sarahcogni per quello che fa per i bambini che saranno gli uomini di domani .
Ecco la storia in questione
Un giorno, una rondine diretta verso i Paesi caldi, sentendosi molto stanca decise di fare una sosta e si posso sul ramo di un grosso albero. Alla finestrella del tronco si affacciò uno scoiattolo che, con gentilezza, la invitò a entrare nella sua tana, le offrì una tazza di te' caldo e un posto in cui riposare. La rondinella gli raccontò dei luoghi meravigliosi che visitava durante i suoi lunghi viaggi e Scoiattolo in poco tempo si affeziono' moltissimo alla rondine che lo faceva sentire bene. Quando venne il giorno della partenza della rondine, Scoiattolo non voleva che lo lasciasse solo, così la legò con una corda al suo ramo. "Resteremo sempre insieme" le disse. La rondinella provo' a chiedergli gentilmente di lasciarla andare, a spiegare che lei non avrebbe potuto resistere al gelido inverno, che i suoi amici e la sua famiglia si sarebbero preoccupati non vedendola arrivare ma nulla, lo scoiattolo era irremovibile. Passò qualche giorno, la rondinella piangeva e iniziava ad avere freddo. Scoiattolo la rassicurava dicendole che lui le sarebbe stato vicino, le avrebbe dato un posto caldo e del cibo e lei sarebbe stata con lui per tutto il letargo. Per sempre. Ma la rondinella era triste, non parlava e non aveva più la forza per provare a spezzare quella corda che la legava al tronco... Finché un giorno la vecchia Tartaruga passo' sotto l'albero di Scoiattolo. "Ma cosa ci fa una rondinella ancora qui, a fine autunno e legata per giunta?" Scoiattolo spiegò la storia e Tartaruga lo rimproverò: "Tu credi di poter obbligare qualcuno a stare vicino a te quando non vuole farlo? Credi che sia giusto obbligare un essere vivente a starti vicino se vuole andare via?" "Ma io le voglio bene!" si giustifico' Scoiattolo. "Non è voler bene a qualcuno legarlo contro la sua volontà. Voler bene è avere a cuore la felicità di chi hai vicino e lasciarlo libero ". Scoiattolo ci penso' su e capi' che Tartaruga aveva ragione. "Scusa" disse a Rondinella, "ho pensato a me stesso, sono stato egoista e cattivo". Così dicendo sciolse la corda. "Grazie Scoiattolo" disse Rondinella che ritrovò le forze e la gioia. "Tornerò a primavera e passeremo altro tempo insieme". Scoiattolo e Tartaruga rimasero a fissare il cielo finché Rondinella scomparve. "Tornerà?"domandò Scoiattolo. "Tornerà ", rispose Tartaruga "E ricorda, la tua felicità non può causare dolore o infelicità a un altro essere vivente. Rispettare gli altri è l'unico modo per avere amici ed essere amato". Lentamente Tartaruga se ne andò. Scoiattolo ripenso' alle parole della vecchia amica, guardò ancora una volta il cielo e, col cuor sereno, andò nella sua tana. L'ora del letargo era vicina.
(Piccola storia contro la violenza sulle donne spiegata ai bambini della Scuola dell'infanzia, scritta dalla maestra Sarah Cogni)
27.1.25
Jack Russell veglia il padrone scomparso in montagna per mesi: ritrovati insieme
lo so che è accertato che gli animali , soprattutto gatti e cani sono intelligenti ed amici dell'uomo . Ma è la prima volta che leggo e sento ( di solito ho letto e visto di cani che s'accucciano o sono tristi e vegliano i padroni morti ) di un cane che rimane legato all'uomo quand esso sta male .
Jack Russell veglia il padrone scomparso in montagna per mesi: ritrovati insieme
La storia di Finny, un Jack Russell, e del suo proprietario Rich Moore, escursionista 71enne, commuove per la fedeltà senza confini del piccolo cane.
Ritrovati dopo quasi tre mesi
Il corpo di Rich Moore, escursionista americano di 71 anni, è stato ritrovato su una cima del Colorado, nei pressi del bacino idrografico di Lower Blanco, a quasi tre mesi dalla sua scomparsa. Accanto a lui, fedele fino all’ultimo istante, c’era il suo cane Finny, un esemplare di Jack Russell. A fare il ritrovamento è stato un cacciatore della zona che si trovava nei pressi del Blackhead Peak, una montagna alta oltre 3.800 metri.
Secondo quanto riportato da nypost.com, è probabile che le condizioni estreme, tra cui la fatica della scalata e il dislivello impegnativo, siano state fatali per Moore. Finny, però, non ha mai abbandonato il suo padrone, rimanendo al suo fianco per tutto il tempo, vegliando su di lui.
Il salvataggio di Finny
Dopo il ritrovamento, Finny è stato portato a valle e trasferito in una clinica veterinaria per accertamenti, risultando in buone condizioni nonostante i lunghi giorni trascorsi in montagna. Successivamente, il cagnolino è stato affidato alla famiglia di Moore, che ha accolto il suo ritorno con emozione.
I volontari che hanno partecipato alle ricerche hanno dichiarato: “Abbiamo formulato le nostre condoglianze alla famiglia di Rich, ma anche le nostre felicitazioni per l’incredibile ritrovamento del cane.”
Una dimostrazione di fedeltà senza confini
La storia di Finny è un ennesimo esempio della straordinaria lealtà che i cani possono dimostrare nei confronti dei loro proprietari, anche nelle circostanze più difficili. La sua fedeltà e resilienza rappresentano un simbolo di amore incondizionato, capace di toccare profondamente chiunque venga a conoscenza di questa vicenda.
Il "Casu marzu" sardo bandito dall'Uecontraddizioni italiane ed europee formaggio con i vermi no farina ed altri prodotti con gli insetti si ?
Il casu frazigu o casu martzu,anche riportato con la grafia casu marzu (lett. "formaggio marcio"), è un prodotto alimentare della Sardegna caratterizzato dal suo particolare processo di formazione: si tratta di formaggio pecorino colonizzato dalle larve della mosca del formaggio che, quindi, è conosciuta come mosca casearia (Piophila casei). A seconda delle regioni storiche dell'isola è conosciuto in sardo anche come casu marzu, casu mùchidu, casu modde, casu bèiu, casu fatitu, casu giampagadu, casu 'atu, casu cundítu.Viene prodotto anche in Corsica (Francia), dove è conosciuto nella lingua locale come casgiu merzu.In ambito familiare viene ancora ottenuto in modo naturale tramite la Piophila casei, conosciuta anche come mosca casearia, un insetto dalle cui uova, deposte sulla forma di pecorino, nascono larve che traggono nutrimento cibandosi della forma stessa e sviluppandosi al suo interno. Il periodo di produzione è quello primaverile ed estivo e si può protrarre sino ad autunno inoltrato. Durante la fase di produzione del formaggio, solitamente si utilizzano alcuni accorgimenti atti a creare condizioni favorevoli per la riproduzione della Piophila casei, come quello di ridurre i tempi della salamoia oppure di fare dei piccoli buchi colmati poi di olio con il duplice obiettivo di ammorbidire la crosta e di attirare l'insetto.Altro accorgimento è quello di limitare il rivoltamento delle forme di pecorino, che vengono poste in locali aperti proprio per essere attaccate (punte) dall'insetto che depone le sue uova. Dopo la schiusa le larve trasformano con i loro enzimi la pasta casearia del pecorino in una morbida crema. Il periodo di maturazione dura da tre a sei mesi. Quando il formaggio è maturo e le larve sono notevolmente diminuite di numero, la forma viene aperta togliendo la parte superiore (su tappu). L'interno della forma si presenta composto da una crema omogenea di colore giallastro e dal sapore molto particolare e pungente.
Metamorfosi delle larve
[modifica | modifica wikitesto]Si possono osservare quattro fasi nel processo di metamorfosi:
- la deposizione delle uova da parte della mosca casearia
- sviluppo della larva che si ciberà del formaggio
- stadio di pupa
- sfarfallamento del moscerino.
Una volta spuntate le ali e diventati moscerini, il tempo a disposizione per deporre le uova è molto limitato: prima di morire dovranno trovare un'altra forma di formaggio sul quale deporre le uova, da cui poi si schiuderà la nuova generazione di larve. Nei caseifici di tutto il mondo, queste larve sono ben conosciute e temute in quanto attaccano tutti i tipi di formaggio. Intere partite di formaggio possono venire contaminate irrimediabilmente e a quel punto non resta che distruggere parte della produzione del caseificio, provvedendo poi alla disinfestazione dei locali.La produzione e la commercializzazione del casu frazigu è vietata dalle norme italiane ed europee (art. 5 della legge 283/1962 e il successivo "Pacchetto Igiene", ossia i Regolamenti CE 852, 853, 854 e 882 del 2004 e 2073 del 2005) per i potenziali rischi per la salute dei consumatori, dovuta alla presenza della Piophila casei.[4] Per poter salvaguardare questo prodotto la regione Sardegna lo ha inserito nell'elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani: questo riconoscimento certifica che la produzione è codificata da oltre 25 anni, così da poter richiedere una deroga rispetto alle consuete norme igienico-sanitarie. Nel 2005 alcuni allevatori sardi in collaborazione con la facoltà di Veterinaria dell'Università di Sassari, per poter produrre questo formaggio legalmente e con le adeguate garanzie igieniche, hanno incaricato l'istituto di Entomologia agraria di Sassari di realizzare un allevamento di Piophila casei in ambiente controllato, per poter ottenere il pieno controllo dell'intero processo produttivoIl Casu fràzigu è inserito all'interno della banca dati dei Prodotti agroalimentari tradizionali italiani del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Rientra tra quelli che la Regione Sardegna vuole proteggere ed è stato richiesto all'Unione Europea il marchio DOP per tutelarne la denominazione d'origine Casu Martzu e salvaguardarlo dalla pirateria alimentare.
Ma la cosa strana è che ci sono
anche simili ormaggi simili
In Italia
In Italia sono presenti alcune varietà casearie che richiedono un procedimento biologico di costituzione simile o analogo al formaggio sardo, quali:
- il pecorino marcetto, in Abruzzo, (Teramo);[8]
- il cas cu i vierm, nell'entroterra potentino, Basilicata;
- il gorgonzola coi grilli (con "grilli" si intendono dialettalmente i vermi nell'atto di saltare) nell'entroterra genovese (Liguria);
- il formaggio Saltarello in Friuli, (Udine);[9]
- il furmai nis (formaggio nisso) a Piacenza (Emilia-Romagna);[10]
- il fermagge pengiute (formaggio punto) a Bari;
- il furmaggiu du Quagliu in Calabria;[11]
- il cacio punto in Molise;[12]
- il bruss ch'a marcia in Piemonte;[13]
- il casu puntu, in Salento.
- il pecorino di marcetto, a Scanno (provincia dell'Aquila);[14]
- il formaio coi bai, in Veneto.
Nel resto d'Europa
- Il casgiu merzu, prodotto in Corsica meridionale (Francia).
- Il gazta-ustela nei Paesi Baschi (Spagna, Francia), letteralmente "formaggio marcio".[15]
Altrove è possibile trovare formaggi prodotti con acari del formaggio e contenenti le loro deiezioni:
- il Milbenkäse (Germania), prodotto con Tyroglyphus casei:[16]
- la mimolette in Francia, ottenuta da Tyroglyphus siro, che agisce principalmente sulla crosta dandogli un particolare aspetto bucherellato.
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