2.10.16

La colonna Immonda di Matteo Tassinari

giovedì 22 settembre 2016

Prima dell'Aids

Matthew McConaughey nei panni di un malato
di Aids in "Dallas Buyers Club" del 2014
La       colonnaimmonda
        di Matteo Tassinari       
Che cosa direi a chi considera l'Aids una punizione divina? Niente, perché è già stato il suo cruccio. Dio l’ha punito infettandolo con un pensiero così malsano, impietoso e spietato, che non gli renderà facile la sua vita. Com'è immorale che nel 2015, quindi 20 anni da quando sono stati scoperti i primi farmaci utili ed efficaci, mentre ancora popoli interi sono decimati ogni giorno di Aids perché non hanno accesso ai medicinali anti retro virali e vivono in condizioni di assoluta indigenza ed estrema povertà ad ogni topo.
Puttanate dette con piglio da luminari, ascolti corsari, è morto Franco, riformulazioni maldestre, trasformazioni bigotte, farmaci che improvvisamente mancano e alle 3 di notte bisogna ricorrere alla Guardia Medica che non c'è mai perché è in giro per la notturna a mettere cerotti e bambagia. Poi leggi i soliti titoli, corsivi scritti da saccenti soloni che lasciano il vuoto di sempre coi loro punti di vista. Ed è una lotta quotidiana per chi è colpito da questa malattia. Le persone affette da Aids, però, hanno risvegliato l'amore più tenero e li affetti amplificano la loro presenza, in hi crede che abbiamo un'anima. In altri che magari lo avevano relegato al di fuori della propria vita, dimenticandolo.
 Circuiti         mentaliimpazziti 
La battezzarono da subito come la "Peste del Millennio entrante" e via di questo passo a scomodare passi biblici sull'Apocalisse o aforismi del solito dell'aforista (e basta) Oscar Wilde che ha proprio rotto con la "La Recherche" o il testo sul tempo perduto. Una genere letterario votato al disfacimento perverso che gode solo quando il dolore lo vivono è degli altri, i noir, i dark, gli pseudo nichilisti, si limitano a cercare di darla da intendere che soffrono molto anche loro questo mondo sporco, brutto e cattivo. In realtà stanno benissimo, anche se, nella loro visione distorta delle vicende, l'essere malato di Aids ha un suo fascino, sembrerebbe assurdo, ma è così, all'interno di un circuito mentale impazzito dove la sfiga trova, paradossalmente, il suo perché.
E' che gli piace offrire agli altri una figura di se sofferta, vissuta, controcorrente, i fascino del maledetto, come se questo illuminasse al neon la loro immagine di figuro maledetto o similari. Non è uno scherzetto per chi ci vive con queste paranoie per decenni, ma anche per pochi mesi. Notare la solidarietà a chi si offre perché ti ritiene diverso a causa dell'Aids, qualcuno che possa farti vibrare il senso della curiosità sadica, pervertita e spietata. Ma ognuno beve nel proprio bicchiere.

 Perenne  Penne in Pena
prive d'inchiostro
Giornalisti acritici, sena penna, privi di potere contraddittorio perché ignoranti della patologia medica, che dai primi anni dalla scoperta dell'Hiv grazie allo scienziato Luc Montagnier immunologo, biologo, virologo e professore all'Istituto Pasteur di Parigi. Siamo incrostati da quella visione manzoniana degli untori, una visione ingenua e carica di moralismo. Di ignoranza. Tutto quel mondo che può renderti la malattia più leggera o può caricarla di una sofferenza assurda e evitabile e forse per questo ancora più intollerabile.
Fate una prova con voi stessi: come reagireste se sapeste che il cuoco del vostro ristorante preferito ha l’Hiv? O la tipa che fa ginnastica proprio vicino a voi? O la maestra di vostro figlio? Poi, improvvisamente, salta fuori un film geniale, girato con autentica cognizione di causa, capace di toccare profondità umane oceaniche senza andare alla deriva del ridicolo pur affrontando il dramma anche con ironia e per quel che si può: “Dallas Buyers Club”, del regista Jean-Marc Vallée. Il film porta il pubblico al peggio della crisi dell'AIDS, dove la malattia era una condanna a morte, con terrore e ostilità. Il miglior movie del 2013.
Charlie Sheen, malato di Aids,
indossa una maglietta con scritto:
"Siate positivamente negativi"

117 minuti esplorativi di un periodo sconosciuto, capito troppo poco perché se ne ha paura e in pellicola rende il punto preciso di tutte le inquietudini che si viveva durante i primi anni '80. Lasso di tempo foriero di gag, diktat, dettami, comandi, direttive, norme, regole, diktat, delibere, polizia, 118, Pronto soccorso, flebo, prescrizioni mediche, direttive, disposizioni per una dura condizione non negoziabile, regolamenti draconiani, queste e altre sono le limitazioni che hanno vissuto in modo particolare i primi malati di Aids nel 1982. Prima lo chiamavano Htlv3, poi Htl e basta, fino a giungere al semplice Hiv di oggi, pensando che non riguardasse alla gente "normale". Mi dispiace, ma la realtà è assai diversa e infelicemente .
Jared Leto
In maniera più che pungente, direi in modo brutale, la gente leggeva di un nuovo virus che succhiava il sangue come un vampiro per infettarlo a vita: "La morte del secolo", "L'epidemia del Pianeta", "Pandemia totale". I giornali sguazzano nel fango come il Titanic prima di affondare, andando a nozze con la gente che non s'accorse di non sapere nulla, abbindolata dalla disinformazione dei media, anch'essi coinvolti nella disinformazione per interessi di bottega o per seguire la linea editoriale dettata dal direttore o chi per lui
Ma è pur vero che alcuni scienziati affermano che l'idrogeno, poiché sembra essere ovunque, è la sostanza basilare dell'universo. Non sono d'accordo. Io dico che c'è molta più stupidità che idrogeno e che quella è la vera sostanza costitutiva dell'universo. aforismi sciocco. Ma ad azzeccarci, alla fine, è la gagia, algida, diafana e brava attrice Tilda Swinton: "La stupidità è una sorta di cecità, di sconnessione dagli altri. E in quest'atmosfera la malvagità si radica". CENTRO! "Dallas Buyers Club" è un'agghiacciante vittoria della potenza imprevedibile dell'emarginato, anzi della disperazione del malato terminale.
Fatti da "froci"
Certe cose,
non si fanno
La gente parlava, e pensava, proprio in questi termini. "In fondo sono cose che a me non riguardano" e oggi ci ritroviamo con i reparti infettivi colmi di 70enni malati di Aids conclamato con moglie, nipotini e prole a carico che ti guardano con volto burbero e dubbioso, come se a loro l'Aids l'avessero preso giocando con le farfalle, perché non era vero, dicevano, che erano andati a puttane, non potevano dirlo per la moglie i parenti e amici.
Era uno spettacolo davvero pesante per le moglie, figlie, amici, ma vedere la faccia di quelle persone che pur di non dire ch'erano andate a puttane si arrampicavano sugli specchi dicendo improbabili giustificazioni a cui nessuno credeva. Nella loro immane tristezza e deprimente condizione, era penoso vedere il pesante silenzio di questi 60enni con l'Aids che cercavano di discolparsi in tutti i modi, rendendo ancora più scabroso e insidioso il loro status. 

Gente con non avrebbe mai pensato di ritrovarsi in quelle posizione. Micidiali i tentativi d'inventare incredibili falsità, pur di non ammettere d'aver avuto rapporti sessuali con una prostituta, o magari un trans, avrebbero giurato di aver visto un cavallo volare. Pantomine ardue e sgraziate che ad ogni parola in più, il "disonore" e il turbamento aumentavano senza misura e la verecondia, caratteristica di chi rifugge da ciò che offende il pudore.
Come quella ormai vecchia canzone di Fabrizio De André, quando un professore in età già avanzata di giorno punta il dito alla puttana denigrandola pubblicamente assieme agli amici come pubblica moglie, però sarà colei che la notte stessa stabilirà il prezzo alle sue voglie. Metafora per dire come sono poveri e umani i meccanismi che animano le anime. Comportamenti viscidi, inaccettabili, ma anche teneri, graziosi nella loro intima natura puttana, nel loro primo e intimo risveglio malato, trattandosi di un'amore fra gente che vive abbarbicata a flebili speranze e dolorose notizie che il tempo rende il tutto tortura! Sono gli anni dalle spalle larghe, quando nelle giacche i sarti mettevano cuscini per fare, appunto, le spalle larghe. Mai capita 'sta moda dall'aria nazista, sembrava il look della Gestapo. Sono i primi anni 80, quando le creste di gallo a Londra non si contavano tante erano durante i primi anni di Aids, quando si diceva che a prenderlo erano solo i "froci", persone che morivano molto lentamente e menavano una vita "perversa". 
Aspetto brutale, l'essere destinati alla deriva e all'impotenza combinata alla paura vera, scoprire, giorno dopo giorno che gli arti non rispondono più e capisci che qualche cosa di inaccettabile, diverso da tutto quello che avevi visto fino ad allora s'avvicina e s'inizia a contare tutto, senza drammi, ma succede. Così ci sarà l'ultima doccia, l'ultimo pranzo, l'ultimo sigaretta, l'ultima volta che vedi una persona e non lo dici ma lo sapete entrambi, l'ultima mail inviata, l'ultima cavalcata, l'ultimo vestito e così tutto diventa ultimo. L'Aids è la malattia del peccato, per la gente "comune". Non si riesce a capire, cazzo!, che come tutte le malattie anche l'Aids è un tempo per vivere. non un modo di morire. Provate voi a pensare, ad esempio, se un sieropositivo dicesse a qualcuno la propria condizione. Quello andrà col pensiero ad una trasgressione, ad una vita dubbia, ambigua o quanto meno equivoca e state certi che sarete depennati dalla sua agenda. Certo, perché esistono abitudini che è più onorevole trasgredire che seguire. Mentre puoi dire a tutti che hai messo su un By pass al cuore per riscuotere melensi rassicurazioni sul fatto e stucchevoli piagnistei svuotati di pietà. Poco male.
Ormai non   passa giorno che non si faccia dietrologia balorda su qualunque evento, dall’11 settembre all’Aids
Ed Harris nella versione   cinematografica del romanzo
di Michael Cunningham “Le ore”, diretto nel 2002 da Stephen Daldry
Superbo
 Strepitoso
Spettacolar e
Jared Leto
Leto, chiamato ad interpretare Rayon solo un mese prima dall'inizio delle riprese, si è calato in modo strepitoso nella parte di un transessuale indossando i vestiti del suo personaggio per tutto il periodo di registrazione, pause comprese, talvolta anche dopo il set ed i ciak, e a pisciare si metteva a sedere sulla ciambella.
“Se dovevo pisciare - spiega Leto - mi sedevo sul water come fanno le donne. Questo comportamento mentale rapportato a tutti i momenti della giornata, mi ha dato una certa sicurezza, visto che non avevo mai fatto  ruoli femminili. Cercavo di scovare il mio lato femminile e gonfiarlo fino all'esplosione. Vivevo da donna, in modo spropositato, proprio come fanno i transessuali, che amplificano i comportamenti femminei in modo eccessivo, volevo far luce soprattutto ai lati delle donne in contesti disperati”. Leto è Rayon, trans malato terminale di Hiv e volontario per testare nuovi farmaci e vedere gli eventuali effetti collaterali. Una cavia.
 "Sto da Dio sui tacchi!"
Copertina del film
Personaggio che ha richiesto una dieta che ha ridotto l'attore, già magro di suo, ben quindici chili in meno. "Rayon mi ha affascinato immediatamente. Ha cuore, testa (quando è lucida). E' divertente, educata, provocante. E poi… sto da Dio sui tacchi! Avevo un’idea precisa del ruolo. Un uomo che vuole vivere come donna, non una drag queen, non un cliché, ma una persona reale con sentimenti uguali. Ci sono dettagli che aiutano a farti sentire subito più donna. Un rossetto, il colore della parrucca o indossare calze in rayon coulisse con nappe. Depilato è davvero una strana sensazione quella delle gambe che si toccano, si sente tutto in maniera differente. Interpretare Rayon è stato un grande impegno emotivo, spirituale e fisico. Penso che un po’ di sofferenza non fa male e le cose grandi nascano dai grandi sacrifici” dice Leto, il miglior transessuale del cinema hollywoodiano. Niente a che vedere con Priscilla o la Regina del deserto, i cinefili o più semplicemente chi va spesso al cinema, ha capito.
 Anni'80:
case farmaceutiche
impazzite!
Jean-Marc Vallée è il regista della storia basata sulla vita di Ron Woodroof, un Matthew McConaughey a 59 chili. C'è da rimanere paralizzati dalla sua magica interpretazione di un elettricista texano che dopo aver fatto le analisi del sangue scopre la sua sieropositività a causa della sua vita sessuale promiscua e spensierata.
Il regista Jean-Marc Vallée
Regalandoci l'interpretazione della sua carriera, che non è caratterizzata solo da una trasformazione fisica sorprendente, ma da profonda compassione e coraggio. Il ritratto di un uomo che ha trovato un modo per aggrapparsi alla vita, costruito dal regista Jean-Marc Vallée, imprimendo una scenografia pulita ed essenziale che non indulge mai al patetico, rivelando con occhio felice l’ambientazione affidandosi agli attori nel far emergere le forti emozioni reali, infondendo al film un ottimo umorismo senza dimenticare mai che la posta in gioco è terribilmente seria. Siamo nei primi anni ‘80 e i medici non sanno che fare. Le case farmaceutiche, impazzite dal momento favorevole ai loro budget annuali, si sbizzarriscono e cercano in tutti i modi di proporre vecchi farmaci in disuso per deviarli nei protocolli della Farmacopea internazionale dei farmaci contro l’Aids.
"G razie all’ex Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan"
E’ le case farmaceutiche del settore ringraziarono Reagan per la veloce approvazione di un farmaco così moderno ed "efficace": L'Azt. E' stato un momento assurdo, sconosciuto, privo d'atti di pietà, cinismo pagato con la vita di migliaia di pazienti in cura con l'Azt che nessuno ha saputo, lo sanno solo chi ha avuto la sfiga di fottersi con un virus d'origini tropicali e dove i miliardi di dollari fioccavano come giuggiole. I fatturati dellaGlaxoSmithKline (casa Farmaceutica delle pillole) ringraziano pubblicamente per la carta bianca che le hanno  lasciato. Epperò davvero un peccato che l'Azt nel frattempo di prove abbia ammazzato, lo dicono le carte dei processi e scienziati e tutti i dottori impegnati nella vera lotta contro l'Aids, migliaia di persone per Leucemia e tumori non-Hodgkin e altri. pareva l''evento del secolo, come avessero trovato il vaccino. Per poi, dopo 11 anni, hanno detto: "E' un nucleosidico della timidina, proposto come antineoplastico, ma abbandonato perché poco maneggevole e troppo tossico".Grazie al ....o. Ma prima non lo sapevano?
Ci sono voluti 11 anni di assunzioni e migliaia di morti prima di capirlo! Azzardo un paragone visionario per non scrivere folle: se pensiamo al fascismo, altro virus assassino, è servito più tempo ad estirpare il seme del male, se poi consideriamo che non è ancora finita, allora siamo proprio di coccio! Andate a vedere a Premilcuore, città natìa di Benito Mussolini, quanta tour vanno ad omaggiare la cripta che è stata offerta a chi ha ucciso milioni di soldati. Chiedete in giro cosa pensano del Pelato bisex. Siamo ben lungi dall’aver sradicato definitivamente questo male supremo del nostro tempo. Le sue radici sono profonde e come un fiume carsico attraversano diverse sinapsi di cervelli bacati, probabilmente. Virus dal nome antisemitismo, razzismo, imperialismo, ordine e disciplina e il folle culto della razza pura, ariana. Voglio dire, non c’è solo l’Aids nella dimensione della banalità del male. Molte personaggi, in vita bestie, non mi riferisco solo a Mussolini, sia chiaro, oggi godono di una vita o una piazza dedicata ai loro maledetti comportamenti.
La mortalità feroce di  quegli anni
Riempire i reparti




 Ancora. Non si sa quasi nulla del virus, ne da dove arriva, come si è materializzato, perché tutto così in fretta, quali i controlli, alcune case farmaceutiche che improvvisamente salgono in borsa i titoli. Niente, non si sa nulla, ne della reazione istituzionale, ne delle sue origini, ne delle conseguenti "indagini" effettuate dalla CIA a suo tempo assieme all'OMS, Organizzazione Mondiale Sanità. Sempre a metà degli anni 80, l'Aids mise davvero in ginocchio ogni tentativo, anche momentaneo, per arginare almeno la mortalità feroce di quegli anni.
La sgradevole verità è che l'Aids, come sette secoli fa la peste e cinque le malattie infettive euroasiatiche che sconvolsero e quasi distrussero le popolazioni indigene d'America, è un frutto avvelenato della globalizzazione. I microbi non pagano dazio e non s'arrestano alle frontiere. Per questo tanta paranoia spesso in giustificata, altrimenti sarebbe l’ennesima epidemia africana all'insaputa di tutti per la mancanza d’informazioni utili, la superficialità epidermica del volgo penserà a fagocitare il resto.
C’è chi azzarda nell'articolare, con autorevole piglio e stile persuasivo, modo di fare fresco. In quel periodo, come sempre, molte case farmaceutiche avevano farmaci da smaltire in magazzino e persone molto potenti, non politici ma eminenze grigie che gravitano attorno alla Farmacopea come affare e business, incuranti della salute reale dei pazienti e delle loro reali reazioni ai farmaci da loro promossi in modo feroce e cinico. Sono stati capaci di creare una realtà operativa farmaceutica favorevole a nuovi investimenti a caso, affinché alcuni farmaci in disuso tornassero in pieno vigore per essere poi impiegati nella lotta contro l’aids. Fino al 1995 quando sono arrivati i primi medicinali un poco più efficaci e meno bla bla bla.
Capovolgiment
di       patologie
Come l’Azt, che per effetti collaterali ha ucciso migliaia di persone a causa di Leucemie varie provocate da quel farmaco ora vietato, ho perché ha provocato migliaia di tumori che sono costati molti morti. L’Azt  uscì come un anti tumorale negli anni ‘50. Reagan, preso dalla paranoia della situazione creatasi, disse subito “SIIII, datemi l’Azt”, spalancando le porte al “farmaco miracoloso”, rivelatosi poi un grande carnefice provocando migliaia di vittime. Prima ancora, chi conosce dall’inizio la questione potrà ricordarlo, c’erano stati altri medicinali, come la Sintomodulina o Tp1Serono ed un altro che ora non ricordo.
Il dilemma, infatti, è che siamo in un periodo che non c’erano cure autorizzate e la ricerca farmacologica era in alto mare così come la prognosi per Woodroof, quindi nel film, è di un mese di vita. Dopo lo spavento iniziale, l’elettricista texano affronta di petto la novità che lo trascina in un mare di guai impregnati di pregiudizi omofobi.
 Traffici        impropri
Decide di testare su di lui i farmaci sperimentali che gli davano in ospedale. Inizia così per l'uomo una spola tra Texas e Messico, un viaggio della speranza e disperazione per portare nei confini americani in qualsiasi metodo i farmaci furtivi frutto di traffici impropri, favori di infermieri, fino al Messico il traffico del mondo, dove trovi di tutto, da un polmone ad un AK-47 o Kalashnikov.
Woodroof comincerà ad essere un punto di riferimento preciso per chi non si fida dei presidi ospedalieri americani, e decide l'uso alternativo, con altri malati di aids, creando un club d'acquirenti con tanto di rata ogni mese, divenendo per numerosi terminali l'ultima illusione o possibilità. Il movie ha vinto sei Premi Oscar, tra cui miglior film e migliore attore protagonista e non protagonista assegnati a Matthew McConaughey e Jared Leto. I cambiamenti fisici dei due attori è formidabile. Per entrambi un notevole calo di peso, capaci di strepitose performance che gli sono valse un Golden Globe a testa.
 L’impronta commedy
Da notare, nonostante la drammaticità degli eventi narrati, la stupefacente narrazione della comedy che rende il disagio in modo più attenuato e forse realistico. Emergono eclatanti personaggi come il prete alla frontiera, oltre ad un McConaughey impagabile e che avrebbe meritato un Oscar per l'imprimatur e l'intensità che da al suo personaggio, una scossa di imprevedibile energia stupefacente, con quello sguardo al tempo stesso disperato e stimolante. Un film intenso, costellato da sofferenza, dolore e rabbia, morte e resurrezione. Una battaglia per il diritto alla vita che potrebbe toccare tutti. Il problema, se tale possa essere considerato, non è un film tragicamente vero e credibile. Ma va detto.
Senza fare quelli che hanno la puzza sotto al naso, va detta una cosa. Molto spesso, gli attori americani, quelli più illuminati intendiamoci, non Michael Douglas o Tom Cruise, riescono a imprimere grazie al loro potere contrattuale o al loro carisma, delle svolte importanti a progetti di film complicati e personaggi che da altre parti non nascono. Sarà paure di essere giudicati rozzi a cui piace il cinema di pancia, che rabbia, ma và detto che spesso il cinema americano riesce a creare meglio di tutti preziosi movie dalle profondità oceaniche.
Per evitare le multe del governo per i trafficanti di farmaci non approvati, Ron creò un centro per malati terminali di Aids o anche solo sieropositive, offrendo a loro l'accesso ai farmaci che il Sistema Sanitario americano vietava. Un privè del dolore, ma non solo, un luogo dove il passavoce regnò per anni allargandosi a livelli preoccupanti  per persone che non gli bastavano le risposte monche e tentativi fasulli che la medicina dell’epoca offriva. Mi riferisco in particolare modo al'assunzione di milioni di persone che per decenni hanno preso l'Azt, ora vietato perché ti toglieva parte dell'Aids, ma ti faceva morire di Leucemia. Quanti conoscenti sono al Camposanto a causa di questa pazzesca Metodica Sanitaria, come potremmo chiamarla altrimenti? 
Matthew McConaughey 
Il film da spunto anche per gli storici improvvisati al bisogno, ossia chi dice che l’Aids è una truffa, e l'Hiv non sarebbe responsabile della morte delle persone. Dio, quanto sono stupide queste persone, il fatto è che sono anche tante, alcune anche malate di Aids. Dico, lo vedi sul tuo corpo quel che succede, come cambia, che bisogno hai ancora di sindacare il dettaglio minuzioso teorico - solo teorico - un ragionamento bizzarro, ma soprattutto pericoloso, perché illude le persone. Le illude perché in soldoni, questi poveri sciocchi, in buona sostanza, affermano che l'Hiv è una palla, una bugia. Uno può pensare quello che vuole, ma non può discettare giudizi col taglio dell'accetta o con la punta del fioretto. Sono in tanti, decisi e battaglieri, convinti di aver ragione fino in fondo impossibile instaurare o impostare un dialogo. E' impossibile. Intanto loro sono negativi al virus, chi ce l’ha sa benissimo che l’Hiv è reale. Non so perché, ma il circuito culturale legato al pianta Aids è dei più cangianti e variopinti. Trovi di tutto. Tossici, ex tossici, prostitute, trans, gay, lesbiche, eterosessuali, fino a scoprire che è davvero trasversale questa infinitesimale cellula che per vederla si deve usare il microscopi di alt livello. I titoli inutili come: “l'Aids torna a fare paura” (perché, aveva smesso?) sono peggio dell'inutilità, ma entrano a far parte di chi non sa cosa dire, ma non vede l'ora di dirlo.   

 Il preservativo non
va messo in testa,
Presidente!
Oppure: “L'Aids schiaccia l'Africa. La nuova sfida del secolo”.La sciatteria con cui è stato trattato l'Aids è di dimensioni colossali. Ricordiamoci anche dei “bravi” politicanti come Valter Veltroni che andando in Africa scoprì i malati di Aids. Tornando a Roma, deciso, afferma agli organi di stampa tutti che quando finirà di fare politica sarebbe andato in Africa ad aiutare chi muore di Aids dicendo: “Prima regola, mettere a tutti il preservativo!”, che è un primo passo, ma il fatto è che lo dice da vent'anni. Onorevole Veltroni, il tempo passa veloce, e lei ha 67 anni. Quando pensa di andare in Africa ad aiutare i morenti d'Aids, come aveva detto di ritorno dal Continente nero? La vita prosegue, ed il "politicamente corretto" Valter se dimenticato tutto o forse sta meglio a Roma al fresco dell'aria temperata del Parlamento. Concludo scrivendo che questo episodio la dice lunga sul Pd.

Parevano galleggiare nell'aria come un manto marrone si stenderebbe sulla spiaggia, arenato come s’abbandona un cetaceo alla privazione d'aria nei polmoni per essersi spiaggiato

I fatti di Cagliari chi è più idiota le suore che cedono ai genitori che ragionano con il ... cioè come salvini e company o i genitori ? e altre storie

La  risposta   alla  domanda  è  unica : sopno entrambi  ....    nè  più ne' meno  .  Ottima la  tecnica  del  silenzio   cioè  nel  non rilasciare  dichiarazioni   alla  stampa  da  parte   delle  responsabili  dell'edificio scolastico   e  di fare pressioni tramite  wzp   sui genitori    per  non rilasciarle  . Peccato che  la  tecnica    del silenzio  per  non  alimentare  la  cosa   abbia  ottenuto l'effetto contrario    cioè  se  ne parla   ancora di più  .  Alcuni genitori  (  sia  i  salvinisti  che i non salvinisti  )  diranno   si  è trattato di  un equivoco    e  che  la  stampa  ha  ingigantito le    cose  .  Ma  allora  se  cosi fosse  perchè   le  suore  chiedono  ai genitori   di  non rilasciare interviste   ai media    davanti alla  scuola ?   non  era più  semplice rilasciare  , anche  se  poco sincero  un comunicato stampa   dove  si  diceva  la  loro versione  ?
ecco  i fatti

da la  nuova  sardegna  1\10\2016


Cagliari, razzismo a scuola: bagni separati per gli allievi migranti. Ma il caso è rientrato
Inquietante episodio di discriminazione nell'Istituto parificato religioso Nostra Signora della Mercede. I piccoli erano sbarcati in Sardegna senza genitori




CAGLIARI.
I bambini non volevano andare al bagno, non in quello destinato anche ai compagni arrivati dall’Egitto e dall’Etiopia. Probabilmente messi in guardia dai genitori non volevano rischiare chissà quale contagio. Per questo la direzione dell’istituto parificato religioso Nostra Signora della Mercede aveva preso una decisione che rimanda all’apartheid sudafricano: servizi separati, qui i bianchi e là i neri.
Ma non è finita: alcuni genitori, già impauriti davanti al pericolo che i loro pargoli s’ammalassero, avevano manifestato il timore che i due bimbi senza famiglia, sbarcati a Cagliari tra giugno e luglio, avessero tendenze violente. La ragione? Il loro vissuto, le sofferenze patite nei paesi d’origine, la perdita della madre e del padre, una matrice sociale certo lontanissima dal mondo dei ragazzi cagliaritani, tutto iphone, pokemon e playstation. Insomma: tante minacce contenute in due bambini di dieci anni, ospitati in una casa famiglia e iscritti alla quinta elementare con tanto di insegnante di sostegno perché la loro vita avesse una prospettiva. Minacce patite al punto da indurre due coppie di genitori a ritirare i loro figli da scuola malgrado frequentassero classi diverse da quella dei due piccoli migranti.
Ora è tutto rientrato, i servizi igienici sono di nuovo aperti a tutti, neri compresi. Ma perché alla scuola di via Barone Rossi cadessero i pregiudizi e tornasse il conformismo tipico della cagliaritaneria c’è voluta un’assemblea generale, dove le due tutrici degli scolari migranti - le avvocate Marina Bardanzellu e Maria Antonella Taccori - hanno spiegato con grande impegno e pazienza quanto era scontato: nessun rischio per la salute, i due ragazzi erano entrati in aula coi certificati dell’Asl, dopo visite accurate e controlli clinici rigorosi. La violenza poi, bastava guardarli: «In pochi mesi hanno imparato a parlare e a scrivere in italiano - spiega l’avvocata Bardanzellu - sono ragazzi dotati di un’intelligenza viva, attenti e scrupolosi, educati e gentili».
E le suore mercedarie? Alla richiesta del cronista di un colloquio telefonico la risposta è stata: «Non rilasciamo interviste, arrivederci». Su altre testate filtrano spiegazioni prive di autori dichiarati: «Non è stato razzismo, solo disinformazione». A spezzare una lancia in favore dell’istituto scolastico è l’avvocata Bardanzellu: «I ragazzi musulmani sono stati accolti e inseriti - spiega la tutrice - e questo va riconosciuto. Poi si è verificata una catena di situazioni complicate, per le quali ero sul punto di rivolgermi al giudice minorile». La ragionevolezza - e il rispetto della legge - si è fatta strada dopo una decina di giorni, in cui le suore si sono trovate a lottare tra il rischio di perdere studenti e quello di passare per una scuola del Missouri: «Alla fine è arrivato il chiarimento - taglia corto Bardanzellu - questo è l’importante».
Un commento, nell’indignazione palpitante registrata dai social network, arriva da Angela Quaquero, presidente dell’Ordine sardo degli psicologi e referente della Regione per l’emergenza migranti: «Un episodio gravissimo, che si configura come un pesante trauma per tutti e che richiede un’azione immediata». Prosegue la Quaquero: «Il trauma riguarda sia chi subisce questa inaccettabile discriminazione, sia chi ne è inconsapevole esecutore. Per questo è indispensabile la disponibilità delle stesse famiglie che hanno di fatto costretto la scuola a riservare bagni  separati per i bambini di colore. L'episodio, di per sè gravissimo, lo è ancora di più se si considera che va ad incidere su un'età, quella evolutiva, nella quale restano tracce indelebili, con pericolosi esiti nel corso della vita, soprattutto sul versante della maturazione affettiva». (m.l)


ed  ecco  i genitori  che tentano  di smarcarsi   e  \o  di  sminuire  i  fatti 




io  dico  che
  •   coloro che  rilasciano tali dichiarazioni  anzi che starsi zitti    che   sono  allo stesso livello di  quei  genitori idioti  che  hanno  esercitato pressione sulle  suore  e   delle suore (  ?  )    che  per  paura  di perdere  qualche  €  hanno  accettato  tali  aut  aut  .
  • applicare loro , sia   a quei  genitori  che  sminuiscono e minimizzano  , sia  a quelli  che   hanno fatto pressioni o  noi o loro  e  alle  suore  la legge del contrappasso dantesco  facendoli subire  quello   hanno subito  i nostri connazionali  che  fra  il  XIX e  il  XX  secolo emigrarono nelle  Americhe  e in Europa  e forse    capiranno   il male   fatto  perchè chi cede   (  le  suore  )  e chi  ( altri genitori  )  sminuisce   e  minimizza i fatti   è  ....  complice  se  non allo stresso  livello
  • E che  in Italia  , chi  sa  fin quando  ancora  [sic ]  ci sono anticorpi ,  anche  se  a  volte  in maniera  ipocrita  e lava  coscienza  \  buonista  come definiscono alcuni\e  alle  imbecillità dettate  dalla paura  e dai pregiudizi  come di mostra la  storia  che riporto sotto

BOLZANO. Giuseppe De Vivo oggi guarda la terra dal cielo con un sorriso pieno d’orgoglio. “Sepp”, come lo chiamavano tutti, è morto il 3 gennaio scorso, ucciso da un cancro a soli 65 anni. La moglie Wally Rungger per ricordarlo ha “donato” un contratto di lavoro a Mounirou Yakoubou, un giovane profugo del Togo di 28 anni. Con gli amici - attraverso una sottoscrizione - è stata raccolta la somma di 10.400 euro. Con questi soldi, Mounirou è stato assunto part-time per un anno dalla cooperativa sociale Akrat di piazza Matteotti, che produce mobili, arredi e articoli di sartoria. Un anno di lavoro in regola, con i contributi e lo stipendio pagati. «Sepp ne sarebbe contento - dice Wally Rungger trattenendo le lacrime -: perché lui aveva un rispetto sacro per il lavoro. E sapeva quanto fosse importante per la nostra dignità».

Wally Rungger con il presidente della...
Wally Rungger con il presidente della cooperativa Akrat Peter Prossliner
Quando muore una persona molto cara, spesso si cerca una maniera per continuare a farla vivere, a tenerla ancora un po’ con noi. Un gesto di vita che illumina il buio della perdita. C’è chi fa una donazione alla ricerca contro le malattie (il cancro, la Sla, l’Alzheimer...), chi aiuta associazioni che si occupano di bambini o donne in difficoltà, chi si affida ad Emergency o a Medici senza frontiere. «Ogni causa è nobile - continua Wally Rungger - e rispecchia anche la persona che vogliamo ricordare».
Sepp De Vivo era un uomo con un forte senso civico. Con un’etica inossidabile. Allergico ai soprusi e al razzismo. Insofferente ai giudizi facili e al conformismo. Tanti amici si sono fatti avanti per trovare il “modo giusto” per rendergli omaggio nel tempo. «Per me - continua la moglie - era importante fare qualcosa di concreto. Dare un aiuto “vero”. Che fosse anche l’occasione per ricominciare per una persona con cui la vita non era stata generosa».
Mounirou Yakoubou ha impiegato due anni per raggiungere l’Italia. Dal giorno alla notte, è dovuto scappare dal Togo dove la sua famiglia veniva perseguitata per motivi etnico-religiosi. «Degli amici - racconta mentre cuce delle stoffe - mi hanno avvisato che se restavo, sarei stato ucciso. Non ho avuto scelta». La fuga prima in Benin, poi in Nigeria, quindi in Libia. «Sono rimasto 11 mesi a Tripoli. Quando è scoppiata la guerra, mi sono dovuto nascondere. Noi africani veniamo trattati peggio delle bestie. Depredati e picchiati. Mi hanno rubato tutto, anche i soldi per la traversata sui barconi. Ero disperato. Non so come, un compatriota è riuscito a farmi salire lo stesso sulla nave senza pagare. E mi sono trovato in Italia». Dalla Sicilia è stato spedito in aereo a Bolzano con i contingenti previsti dal ministero. Dopo un anno mastica già l’italiano, e, grazie all’Akrat, ha ricominciato a fare il suo lavoro: il sarto, appunto. Wally Rungger, che è stata a lungo anche consigliera comunale dei Verdi a Bolzano, è una delle fondatrici della cooperativa. L’Akrat impiega profughi segnalati dalla Caritas (che hanno già una formazione professionale alle spalle), o persone in difficoltà mandate dai servizi sociali. Lo scopo è ridare una chance, una ripartenza a chi non riesce a entrare (o rientrare) sul mercato del lavoro.
«I giovani profughi - spiega il presidente-designer-artigiano Peter Prossliner - hanno una gran voglia di imparare subito, per essere indipendenti e non pesare sulla società che li ospita. Hanno l’età e l’energia per dare il massimo. Questo dovrebbe capire chi li vede come un nemico». Un’immagine ben diversa dallo stereotipo “dei fannulloni mantenuti dallo Stato”. «Il lavoro in un Paese sicuro è il loro unico obiettivo. Non l’assistenza sociale fino alla tomba. Vogliono guadagnare per mandare i soldi a casa alle famiglie. Come facevano i nostri emigranti nel Novecento». Quando arrivano in Italia, anche se hanno già i fondamentali del mestiere, devono essere formati all’uso delle attrezzature europee (molto diverse da quelle più arretrate dei Paesi d’origine) e alle normative di sicurezza. Hanno anche delle storie personali molto dure: uno dei ragazzi che lavorano qui, ogni giorno deve farsi ancora curare le pieghe sul corpo delle torture e le ferite di guerra. Quella di Mounirou è una delle prime assunzioni vere e proprie che l’Akras si è potuta permettere, ma solo grazie alla sottoscrizione per Sepp De Vivo. Un tipo di donazione - il contratto di lavoro - che potrebbe fare da apripista ad altre. «Un anno di lavoro retribuito, può aprire molte porte e garantire un futuro a questi ragazzi», spiega Prossliner.

Il contratto di lavoro è stato donato...
Il contratto di lavoro è stato donato in memoria di Sepp De Vivo

I piani di sviluppo della cooperativa prevedono una forte crescita per il 2017. Ovviamente è dura per una realtà che, pur stando sul mercato, ha fini sociali e non commerciali.
La coop, fondata nel 2012, conta solo sulle proprie forze: le vendite, le quote dei soci, il lavoro dei volontari e le piccole donazioni. «Per resistere, dobbiamo vendere i nostri prodotti. Le spese sono tante, ma è prezioso anche il sostegno di alcuni “sponsor”, come la Salewa». Per quanto riguarda l’inserimento lavorativo delle persone con disagio psichico, l’ente pubblico paga solo gli oneri previdenziali. Mentre tutti i costi per i profughi tirocinanti sono a carico di Akras. Nello store di piazza Matteotti, “nascosto” dietro il bar Debby, la coop vende, produce, aggiusta e reinventa mobili e articoli d’arredamento. I laboratori e la falegnameria sono nel semi-interrato. Il rapporto con il cliente è diretto. Se hai una vecchia poltrona, te la rifanno con una linea totalmente nuova, oppure usano il materiale per costruire qualcos’altro: un tavolo, un comò, una lampada... La coop ora può contare anche sull’aiuto (gratuito) del designer Nitzan Cohen, docente della Lub.
Come dice Prossliner, questo è anche un esempio di vera innovazione. «Perché ricicliamo materiale, diminuendo i rifiuti, e creiamo nuove professioni. L’innovazione non è solo quella tecnologica, ma anche quella sociale. Che aiuta le persone».
Giusto Peter.
Sepp De Vivo, da lassù, annuisce e strizza l’occhio.



1.10.16

Una vita su Instagram tra feste e alcol Ma la giovane protagonista non esiste . un trucco di una campagna contro l'alcolismo ma nessuno se ne accorge

La  vicenda    , riportata  sotto  oltre  che    dal titolo     mi fa ritornare alla mente un film della mia infanzia Eroe per caso (Hero) è un film del 1992 diretto dal regista Stephen Frears.
Il film apparentemente ispirato a una comicità leggera si rifà invece a un significato molto più intenso offrendo spunti di amara riflessione
Ormai non vi sono più valori certi e tutto avviene sotto l'insegna dell'apparire televisivo che costruisce falsi personaggi, che non importa siano veri "eroi" ma che sappiano bene interpretare la loro parte.
Infatti sempre secondo la  voce  di  wikipedia


«... lo spirito di fondo del film sia per questo meno amarognolo e pessimista sulla umana natura. Frank Capra è la vera vittima di questa storia. L'ha ucciso non tanto la brillante sceneggiatura di Peoples quanto la cultura della mediocrazia, l'arroganza della società del consenso e del sentimento pilotato.» (Irene Bignardi, Il declino dell'impero americano, Feltrinelli, Milano, 1996)

»Ecco perché "Bernie" LaPlante si preoccupa di volare basso: non vuole restar preso nella rete dell'ideologia “televisiva” dominante, della stupida antropologia i cui uomini e le cui donne somigliano tutti a modelli fatti di nulla, ma con la pretesa di essere veri» (Da Il Sole-24 ore).




.... Ma   ora basta cosi non divaghiamo, non è del film chje vi voglio parlare n questo post anche se l'argomento è collegato ed attinente . Ma di questa storia qua sotto di come ormai informazione e pubblicità si stiano fondendo tanto da rendere quasi , se non si è allenatio criticamente al linguaggio dei media a prendere sul serio campagne pubblicitarie come questa di cui parla la vicenda sotto riportata ed  una delle mie tante esperienze personali  fatta con un post condiviso su facebook \ twitter su fb


  dal corriere  della sera  di  Greta Sclaunich

Louise Delage ha 25 anni, è parigina, viaggia spesso (un weekend a Berlino, una settimana a Saint-Tropez, un ponte in Bretagna), esce parecchio. La sua vita, fatta di tuffi in piscina, aperitivi e serate in discoteca e soprattutto alcol, tanto alcol, la racconta sul suo profilo Instagram dove in pochi mesi (è sbarcata il 1 agosto) ha già raccolto 50 mila like e conquistato 7.500 follower.
                                         © Fornito da Corriere della Sera

Louise Delage, la star di Instagram che non esiste: il suo profilo è una campagna contro l’alcolismo. Ma nessuno l’ha capito
L’alcol, il vero protagonista
A ben guardare le immagini, però, c’è qualcosa di strano: gli amici di Louise non compaiono spesso in primo piano mentre invece il vero protagonista sembra essere l’alcol. Un bicchiere qui, una bottiglia là. Les Echos rivela il perché di questa strana scelta: Louise non esiste. È solo un personaggio finto, creato ad hoc dal portale Addict Aide, che combatte le dipendenze e che voleva, con questo profilo, raggiungere e sensibilizzare i giovani francesi usando uno dei social preferiti da ventenni e teenager. L’obiettivo era infatti mostrare come, di foto in foto e di bicchiere in bicchiere, la vita di Louise peggiorasse. La giovane sorride sempre meno, a volte sembra stanca e provata. Nell’ultima foto ha l’aria misteriosa e anche un po’ triste: sorseggia un bicchiere di vino con il viso in ombra e una strana luce rossa ad avvolgerla.
50mila like e solo cinque commenti negativi
«È difficile parlare di alcol in Francia. Da un lato è legato ad una dimensione culturale che rimanda al piacere e alla convivialità. Dall’altro è comunque un prodotto che può far male: in Francia le persone che ne sono dipendenti sono circa un milione», sottolinea la psichiatra e additologa Amine Benyamina, sentita da Les Echos per commentare la campagna. La strategia di Addiction Aide (che per l’operazione ha messo in campo un fondo da 20mila euro) è quella di mostrare ai giovani persone «proprio come loro: belli, pieni di voglia di vivere, ma che stanno per entrare in un tunnel che potrebbe portarli all’inferno». Insomma, proprio il tipo di utenti che mostrano la loro vita di feste, aperitivi e viaggi su Instagram. L’obiettivo è farli identificare con Louise. Stando al numero di like raccolti dalle foto (50mila) è stato raggiunto. Stando al numero di commenti negativi sulla deriva alcolica della ragazza (solo cinque) pare però che nessuno o quasi si sia reso conto che non si trattava di un esempio da non seguire.