8.6.17

dopo i fatti alle scuole elementari di Modena Scuola, l'educazione sessuale è ancora una questione irrisolta







Frasi e disegni espliciti sull'atto sessuale tra un uomo e una donna in un libretto di educazione sessuale destinato ad una quinta elementare di #Modena (  trovate  oltre  che nel  video   sotto  anche    nell'url sopra  i fatti  nel dettaglio   )  






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 I genitori hanno protestato per i contenuti troppo spinti per i figli di dieci anni. Ma al di là di questo caso, il tema dell'educazione sessuale in Italia resta una questione irrisolta. Il nostra Paese infatti è uno dei pochi in Europa dove questa materia non rientra nel programma scolastico ministeriale . Infatti  sia  nel  paese  rela (  iniziative  culturali  , politiche  , sociali , religiose , eccdal basso e  dalla gente  )  sia  in  quello  istituzionale (  delle leggi , dei burocrati , degi apparati   , dei politicanti  ,  dellecaste  \  griuppi di pressione ecc )  è  sempre  stato ,  nonostante   lo svecchiamento  degli anni  60\80 (  anche   se  ancora  ne  sopravvivono delle  forti sacche  )  in matreria di morale  sessuale  ed  etica    vedere  sia i  commenti  all'articolo  : 1)  sia le proteste  di Adinolfi e Binetti    contro il decreto sulle  unioni civcili  ., 2)  la    semicensura  alla  puntata  ( ne trovate  maggiori  dettagli su questo blog  , cercatelo nell'archivio ) alla trasmissione  presa  diretta  dello scorso anno   sul  cyber bullismo  sulla mancasnza  di educazione sessuale  nelle scuole   italiane  e  il confronto con quelle europee  .3 ) la legge  , poi  smontata pezzo per  pezzo d sentenze   costitruzionali  della magistratura  ,  sula procreazione assista ed  il mancato raggiungimento del quorium al referendum  abbrogrativo   dovuto  all'invito  all'astensione da partedel  vaticano  e  dai suoi lachè plitici  e falsi  convertiti cattolici , Ecco l'eterno dibattito  



Bruno Mari · 

I genitori devono imparare a stare fuori dalla didattica di una scuola, a dieci anni c'è già chi inizia ad eiaculare e più della metà dei bambini già si è masturbato
Mi ricordo che anche io a 10 anni feci educazione sessuale a scuola e i termini sono e devono essere quelli: pene e vagina.

Se avete problemi a spiegare una cosa così naturale ai vostri figli è vostro il problema, non della scuola.
Cristina Cri Raffi · 

E gli insegnanti dovrebbero avvisare i genitori se si toccano argomenti di un certo livello.
Il signore intervistato ha chiesto questo, e ha perfettamente ragione.
Poi, quello che non hanno figli, che non ci arrivino non è un problema: prima o poi capiranno.
Mi piaceRispondi227 giugno 2017 13:18
Bruno Mari · 

Cristina Cri Raffi L'educazione sessuale in quinta è in programma almeno dal 2001. Non è compito degli insegnanti avvertire i genitori di ogni cosa succeda a scuola, è compito dei genitori avere fiducia del lavoro degli insegnanti. E non ce n'è.
E comunque magari date uno smartphone ai vostri figli e pensate di controllare ciò che imparano?
Mi piaceRispondi187 giugno 2017 13:29
Claudio Pelli
se crediamo che i figli sono importanti possiamo lasciar fare a veri esperti non al nostro "buon senso". E gli esperti insegnano che c'è tempo e tempo. Se si vuole dare una corretta educazione affettivo sessuale a dei bambini è necessario partire dei loro bisogni e non dai nostri. A 10 anni non gliene può fregare di meno della meccanica dell'atto sessuale. Si può stare più sul vago senza negare loro il fatto che un bimbo derivi dall'amore tra mamma e papà.
Mi piaceRispondi237 giugno 2017 14:19
Vincenzo Derobertis
Avessero gli insegnanti dato una cosa del genere a mio figlio senza avvisarmi, il minimo che avrebbero ottenuto da me sarebbe stata un'infuriata seguita da una denuncia. Il minimo.
Altro che fiducia.
Mi piaceRispondi157 giugno 2017 14:25

Claudio Claudio
E' una soddisfazione constatare i progressi della gloriosa cavalcata italica verso nuove, inesplorate vette di assolutismo statalista orwelliano. A quanto pare abbiamo raggiunto un nuovo traguardo: ora i nostri figli potranno guardare allo stato come fornitore unico della dose di pornografia quotidiana prescritta a norma di legge. Attendo fiducioso altre conquiste sul fronte del monopolio statale sui bisogni naturali; chessò, potremmo introdurre l'eutanasia obbligatoria per gli over-settanta, così la smettono di rompere i coglioni alle povere risorse nordafricane costrette a emigrare per venire qui a mantenerli. Del resto, constato con incredulità, per non dire con disperazione, che secondo alcuni dei malati mentali che hanno commentato qui sotto "i genitori devono imparare a stare fuori dalla didattica di una scuola". Insomma, non siamo più individui sovrani, e i nostri figli non sono più cosa nostra. Li abbiamo sfornati per affidarli entusiasticamente alle amorevoli e premurose braccia dello stato. Di questo stato mafioso e clientelare, per inciso. A tutti i genitori che non hanno nulla da eccepire alla pornografia somministrata dalla scuola elementare pubblica ai loro figli, ed anzi plaudono perché fa tanto progressista, sapete che c'è? Fate vomitare. Siete un gregge belante di pecore decerebrate, e meritate pienamente l'estinzione demografica, culturale e identitaria verso cui la penisola si è incamminata ormai da tempo a passo inesorabile
Bruno Mari · 

Infatti la questura è piena di denunce ad insegnanti fatte da genitori ignoranti che invece di figliare avrebbero dovuto continuare ad aspettare la cicogna. Se non vuoi che tuo figlio impari "troppo presto" come funziona la natura lo tieni a casa, o lo porti dalle suore, o gli dai una zappa in mano, sicuramente non denunci una persona che sta facendo il suo fottuto lavoro. Se non vi è chiaro, è perché siete stupidi

[---] (  continua  nei comenti all'articolo  ,  vedere  url   sopra    al post  )  

 . Io  i sto     co n Bruno e  Cristina  perchè la presa  di posizione  dei genitori   ( o almeno  di alcuni  d'essi  è  un contro senso    visto che danno il cellulare    e ipad  ai propri figli   senza    educarli ad  unso critico   o  mettono  le  loro foto  sui social   con il rischio   che  finiscano in mano ai pedofili  vedi    l'allarme  lanciatoi da soro   -- garante  della privacy --  e  dala polixza  postale  , e poi si lamedntano  con insegnanti  se   fanno circolare  libretti  come questi    o  deipedofili  magari chiedendo ed  invocando provvedimenti forcaioli come pena  di morte     o castrazione  chimica  .
A 10\12 anni io e i miei compagni di classe parlavamo di sesso. Era uno degli argomenti più gettonati. Se ne parlava in modo ignorante, stereotipato e spesso volgare.Ed  io  facecvo  già  discorsi  da  film porno e   iniziavo a vedere  i   fumnetti  hard   per  poi passare ai  14\5  ai film  
Non far fare educazione sessuale nelle scuole significa scegliere di lasciare i bambini da soli nell'affrontare questo argomento. Perchè i genitori come  i più retrogradi dei  commenti   all'articolo  con il loro stupore e la loro indignazione dimostrano solo di non rendersi conto di cosa pensano i bambini di quell'età.Inoltre nell'articlo  non é fatto nessun riferimento sull'autore /gli autori dell'opuscolo. Verosimilmente sono sessuologi esperti o psicologi esperti che sanno come scrivere per i bambini di questi argomenti. Dall'articolo si capisce che più che altro si sono trovati in difficoltà i genitori e non i bambini....Forse perché quando erano piccoli loro non hanno ricevuto questo tipo di lezioni e quindi non sanno rispondere alle normali curiosità dei bimbi senza essere loro,per primi, in imbarazzo.
C
oncludo   condividendo  quanto   dicono sempre  dai  commenti  all'articolo  (  ne  trovate  sopra    l'url dell'articolo )    di http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/ 

Mauro Savazza · 

Chiara, ha perfettamente ragione: ogni cosa a suo tempo. Ecco perché è giusto che la scuola intervenga laddove i genitori non siano in grado di fare corretta educazione sessuale. Mia figlia ha 10 anni e queste cose le conosce benissimo, ed è in grado di capire cosa accade al suo corpo e a quello delle sue amiche in una fase di trasformazione che talvolta può anche spaventare. Aspettare oltre i 10 anni è assolutamente inutile.

e



Elisa Cafissi · 
Lavora presso Cafissi Spa

Vorrei dire a tutti quelli a cui ciò pare normale e che giudicano chi dice che tutto ciò è vermante assurdo Come moralisti o bigotti ecc ! lamentatevi poi se vostra figlia vi torna incinta a 12 anni mi raccomando !! . ok l'educazione sessuale ( l'abbiamo fatta anche noi a scuola ) ma così con tali disegnini e soprattutto desrcizioni esplicite per un BAMBINO perchè in TEORIA a 10 anni ancora sono bambini !, mi pare veramente troppo ! se poi vi pare normale vi dico solo che una mia parente aveva in classe una sua amica ...rimasta incinta a 13 anni !e andata ad abortire !vi paiono cose normali ? MA giàààà ora la società è cambiataaaa , siamo nell'"era moderna " e noi siamo i bigotti ( buffo sentirselo dire a 31 anni ) !!!  ... imi hanno scritto " le ragazzine restano incinta a 13 anni perchè il genitore non insegna al figlio come mettere il preservativo " ,.....ma sta demente perchè non dice al figlio che il preservativo può anche rompersi e la ragazzina può cmq restar incinta ? ( e ad alcune mie amiche è successo così ...fortunatamente a 20 anni ) ! .....
perchè non insegnano invece cosa è un follicolo ? cosa è una cisti ovarica ? o magari il varicocele ? dato che molti uomini si trovano a 40/45 anni senza manco sapere di averlo ??
perchè non si insegna il RISPETTO ? altrui .
no ma siamo nell'era moderna dove il sesso è normale a 10 anni ,dove TUTTI DEVONO avere per forza l'i-phone nuovo perchè sennò non va bene e magari il genitore deficente fa pure la fila fuori per comprarglielo e poi si lamenta che nn arriva a fine mese ! siamo nell'era in cui i BAMBINI di 10 anni devono uscire e tornare alle due la sera perchè sennò piccinini non va bene ! dovew tutto è dovuto .
insegnate ad avere un pò di doveri ! che sarebbe meglio che poi vi ritrovate figli che a 30 anni non sanno fare un cazzo !


7.6.17

Staranzano, l'unione civile tra Marco e Luca che ha fatto arrabbiare il prete non è un atto esibizionistico


 vedendo il  video  dell'unione civile tra Marco e Luca che ha fatto arrabbiare il prete  e


 che   mostra la felicità dei congiunti dopo il rito civile -- NON RELIGIOSO  ATTENZIONE--    officiato dal sindaco Marchesan e seguito da 300 persone. Protagonisti, con abito perfettamente abbinato, il consigliere comunale Luca Bortolotto e il capo scout Marco Di Just, al culmine della gioia. Mi   chiedo dove  sta  l'ìostentazione  di cui    ha  parlato   nei giorni successivi, don Francesco Fragiacomo della parrocchia di Staranzano  ( vedere  il precedente post    trovate  l'url sopra  )  il quale  si   è pronunciato sull'incompatibilità tra il ruolo educativo di Di Just in un'associazione scoutistica cristiana, Agesci, e la sua scelta di vita, facendo  diventare  una  semplioce  bega omofobica  ,  in un   caso è diventato subito nazionale. In quanto  ilparroco ha definito il rito "un atto molto ostentato e gonfiato" durante un'intervista a Radio Capital.

La bandiera come abito: vilipendio al tricolore. È davvero un uso indegno ?


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La bandiera come abito: vilipendio al tricolore. È davvero un uso indegno ? Mbayeb “Mami” Bousso, studentessa di 15 anni, arrivata a Mirandola (Modena) dal Senegal, omaggia il presidente della Repubblica Mattarella, in visita a fine maggio nei luoghi del terremoto, indossando un abito-tricolore. Frutto di un progetto scolastico. Ma un normale cittadino, Giulio Cozzani, presenta un esposto alla procura di Pistoia per vilipendio alla bandiera che non potrebbe toccare il suolo. E l'esempio di integrazione diventa un caso su cui indagare (a cura di Annalisa D'Aprile)


  questi  i  fatti    secondio   il  http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/2017/06/07/

MIRANDOLA. L’abito creato dagli studenti dell’istituto Galilei indirizzo Moda ha fatto discutere. È stato protagonista, durante la visita del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, anche perché indossato da Mbayeb “Mami” Bousso, studentessa di 15 anni, arrivata qualche tempo addietro dal Senegal. Al netto di tutte le becere polemiche sulla ragazza e sulla strategia della scuola di sceglierla come modella per un giorno, ora la questione è arrivata in Procura a Pistoia a seguito dell’esposto firmato da tal Giulio Cozzani. L’uomo, infatti, si è recato da carabinieri di Buggiano per segnalare il vilipendio alla bandiera italiana da parte di ignoti.

orte della documentazione fotografica pubblicata dalla Gazzetta, il buggianese ha voluto informare l’autorità giudiziaria: «In relazione al regolamento che ne disciplina l’uso (d.p.r. 7.4.2,n 121) - scrive - la bandiera viene sempre usata in modo dignitoso, non deve mai toccare il suolo né l’acqua; non deve essere portata sostenuta piatta o orizzontalmente, ma sempre in alto e libera di sventolare naturalmente; mai usata come copertura di tavoli o sedute o come qualsiasi tipo di drappeggio, né usata come involucro per qualsiasi oggetto da contenere trasportare o spedire. Il reato di vilipendio è stato dal sottoscritto rilevato dall’articolo apparso sulla Gazzetta di Modena del 29 maggio 2017 riferito alla visita del Capo dello Stato a Mirandola dove una ragazza indossa un vestito con i colori della bandiera italiana con strascico. Due sono i punti in cui si intravede reato di vilipendio: il tricolore non può essere usato come drappeggio; il tricolore viene trascinato per terra»Spetterà ai carabinieri valutare se vi siano estremi per indagare, ma intanto Milena Prandini, dirigente dell’istituto Galilei, spiega come sono andate le cose: «L’iniziativa di realizzare il vestito con i colori della bandiera italiana è tutta interna all’istituto - dice - È un progetto didattico che abbiamo poi voluto mostrare durante la visita del Presidente Mattarella. Avevo dato disposizione che la nostra studentessa restasse all’interno del giardino scolastico, ma l’organizzazione ha voluto accompagnarla davanti ai fotografi nel momento dell’incontro con il Capo dello Stato. Per noi è motivo di grande soddisfazione, un segno di civiltà e integrazione e mai abbiamo pensato di “offendere” il tricolore».(fd)












terra».

6.6.17

L'incontro tra Isak e la mamma di Kelvin, il bimbo ferito a Torino

da
http://iltirreno.gelocal.it/empoli/cronaca/2017/06/06/


TORINO. «Grazie, hai salvato il mio Kelvin». «No. Non lo dire. Ho fatto quello che avrebbe fatto chiunque. Non sono un eroe». Il mondo in un corridoio d’ospedale. Ling Quinquang e Isak Nokho. L’abbraccio inespresso. Lui vorrebbe stringerla, il Ramadan glielo impedisce. Allunga una mano: è venuto apposta da Fucecchio per questo. Lei è timida. Chissà come si esprime la gratitudine a un uomo che ha salvato la vita a tuo figlio di 7 anni. Isak si è trasformato in uno scudo, sabato sera, mentre una folla impazzita fuggiva a piedi nudi da piazza San Carlo , fra i vetri e il sangue, lontano da una finale di calcio trasformata in un carnaio.All’ospedale Regina Margherita, lunedì pomeriggio, Ling osserva quell’uomo riservato, venuto dalla Toscana, che per il suo Kelvin è stato scudo umano. Di più: un grembo. Isak ha risposto al suo appello di riconoscenza. E pensa che senza quel guscio, oggi il suo bambino non si sarebbe svegliato dal coma. Non avrebbe difficoltà a parlare per colpa dei tubi e del polmone schiacciato. Non parlerebbe proprio, dopo essere stato calpestato da centinaia di piedi in fuga. Quello, però, è un passato remoto, anche se appartiene appena a 45 ore fa. Ora, mamma e amico sono uno davanti all’altro. Ling indossa gonna e camicetta beige, giubbottino bianco. Un caschetto castano scuro incornicia un volto segnato dalla sofferenza. Tiene stretto il cellulare, mostrando a tutti le foto del suo tesoro. Isak è in jeans, maglietta nera, come un qualsiasi ragazzo di 23 anni. Ling è nata in Cina, ma vive a Torino. Isak è nato in Senegal, ma abita a Fucecchio, cuore della Toscana. Il primo contatto è intorno a una maglia della Juve, versione baby, sporca di sangue. Isak l’aveva raccolta nella confusione, convinto che fosse di Kelvin: nella fuga di massa, tutti perdevano tutto.

Torino, l'onda umana che travolge la folla in piazza San CarloLe impressionanti immagini dell'onda umana innescata dal falso allarme che travolge la folla assiepata in piazza San Carlo a Torino per vedere su maxischermo la finale di Champions League poi persa dalla Juventus contro il Real Madrid - L'ARTICOLO

ISAK COME UNO SCUDO UMANO
Isak non dimentica. Sabato sera, chi cade viene travolto. Il delirio collettivo travolge tutto. Ma non la voglia di aiutare gli altri. In mezzo a un fiume di sangue, alle grida, si fa largo l'umanità di tanti anche di Isak. Che con un altro ragazzo di colore - Mohamed, intervistato da Pomeriggio Cinque - salva il bambino. Lui coprendolo con il suo corpo, l’altro strappandolo, ormai incosciente, alla furia della folla. «Ho visto molte persone una sopra all'altra - racconta Isak emozionato a Ling - c'era anche un bambino, che poi ho capito essere Kelvin. Lì in mezzo c'era anche un mio amico, che stava per svenire. Non respirava». E così Isak ha la freddezza di piazzarsi a due passi da loro, coi suoi 195 centimetri di altezza. Lui e altri due angeli si mettono uno accanto all'altro, abbracciandosi, in modo da creare un “muro” umano per evitare che altri tifosi in fuga schiacciassero quelli che erano già distesi per terra. Kelvin compreso, che è sepolto davanti agli occhi disperati della sorella. Ma lo scudo funziona.
Isak Nokho schiaffeggia il suo amico Benito Lombardo, anche lui di Fucecchio, che si riprende, anche se è ferito. Il 23enne resta lì «fino a quando ho visto che altre persone si stavano occupando di Kelvin». Infatti c'è Mohamed che lo trascina via. Il piccolo è in coma, nella calca ha rimediato vari traumi e lo schiacciamento di un polmone. Isak, quando legge su Internet che il bambino è grave, vuole andare a Torino, per fare coraggio ai genitori e alla sorella. Il giorno prima ha raccontato il suo dramma proprio Il Tirreno. Omettendo, per pudore, i particolari su Kelvin. «Non riesco a dormire, aiutatemi. Devo fare qualcosa per quella famiglia. Vorrei andare a trovarli».

Torino, la mamma del bimbo ferito in piazza San Carlo: "Mio figlio vivo grazie a un uomo di colore"La mamma di Kevin, il bimbo di 7 anni rimasto ferito nella calca di piazza San Carlo, durante la finale di Champions League, è disperata e aspetta notizia del figlio ricoverato in rianimazione all’ospedale Regina Margherita in prognosi riservata: “Kevin è vivo grazie a un uomo di colore e a un altro ragazzo che si chiama Enrico che hanno da fatto da scudo alla folla. Li voglio ringraziare” Di ERICA DI BLASI

DA FUCECCHIO ALL'OSPEDALE DI TORINO: IL VIAGGIO CON IL TIRRENO
Così Il Tirreno organizza il viaggio. Quando arriva all'appuntamento, in piazza XX Settembre, a Fucecchio, è imbarazzato ed emozionato. Ha chiesto un permesso al Ciaf di Fucecchio, un centro per l’infanzia dove svolge il servizio civile: «Non cerco pubblicità. Avrei preferito rimanere anonimo. Ma non posso sentirmi in pace finché non so che quel bambino si è ripreso». E allora vale la pena di rifare quei 400 chilometri che sabato l'hanno proiettato in un incubo: «Non sapevo neanche se andare a vedere la partita al maxi-schermo. Benito ha insistito, io sono protettivo e non volevo lasciarlo da solo. Così sono andato».
Lunedì però la destinazione è l'ospedale Regina Margherita. Durante il viaggio Isak cerca di riposare, ma non ci riesce. Il cuore batte forte. Ha bisogno di una voce piena d'amore, che lo incoraggi. Telefona alla mamma in Senegal, le racconta tutto.

Iask e la mamma di Kelvin in ospedale
Iask e la mamma di Kelvin in ospedale

oL'INCONTRO CON LA MAMMA DI KELVIN
All'arrivo a Torino, alle 19 passate da una manciata di minuti, ad attenderlo, c’è un’altra mamma che pochi minuti prima ha visto suo figlio sveglio. «Hai fatto una cosa straordinaria - gli dice Ling - tu come altri che mi hanno raccontato ciò che è accaduto e che sono venuti a trovarmi. Tu l'hai protetto, l'altro l'ha tirato fuori. Se Kelvin è vivo è merito di tutti voi». Ma Ma niente abbracci. Il Ramadan li vieta: «Avrei voluto, eccome, ma non posso».Isak è molto religioso e proprio nella spiritualità ha trovato la forza di opporsi alla folla di piazza: «Avrei dato la mia vita. Gridavo con tutta la forza che ho in corpo che non c'era alcun attentato. In quei momenti agisci col cuore, perché il cervello non funziona. Io sono adulto e quelle scene non riesco a cancellarle. In questi giorni ho sperato di risvegliarmi da un brutto sogno. Figuratevi i bimbi che cresceranno con quelle immagini nella testa». Ling lo ascolta, continua a ringraziarlo. Guarda la maglia sporca di sangue che gli ha consegnato Isak. «L'ho trovata accanto a Kelvin», le dice. Lei avverte: «Non è di mio figlio». Poco importa, resta il simbolo di questa storia: «Gliela darò, raccontandogli di te. Lasciami il tuo numero, ti chiamerà appena starà meglio. Ora è intubato, non riesce a parlare. Ma lo farà presto. Anche con te, Isak». Un'altra stretta di mano, un altro grazie. Si risale in auto, verso Fucecchio: «Ora sì, ragazzi. Sono felice».
 




abbracci. Il Ramadan li vieta: «Avrei voluto, eccome, ma non posso».».

Il capo scout si “sposa” col compagno e il parroco dice “non può essere educatore” rispetta o non rispèetta il messaggio di Dio ?

canzone consigliata    
l'amore merita - Simonetta Spiri, Greta Manuzi, Verdiana Zangaro, Roberta Pompa


leggi anche
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2017/06/04/news/luca-dice-si-a-marco-e-staranzano-si-ferma-brindando-alle-nozze-1.15440882

sfogliando  la bacheca  facebook  , di un mio amico  e  compaesano sacerdote    ho   trovato questo     sito  https://it.aleteia.org/  ed  in esso ho  trovato    questo articolo  interessante  .Esso  ,  a  50  anni dalla morte   (  e  dalla  sua imminente   beatificazione  )m di  Don Lorenzo Milani  , mi  porta  (  come  dal  titolo  )   a  chiedermi  se  la  presa  di  posizione  da  parte  di certi esponenti  dela  chiesa   rispettano il messaggio  di  Dio e    le  "  direttive  " di papa  Francesco  ?
 Prima di  una mia  risposta  i fatti 

Il capo scout si “sposa” col compagno e il parroco dice “non può essere educatore”




Nel frattempo l'Agesci non ha ancora ufficialmente preso posizione

A Staranzano, piccolo comune in provincia di Gorizia si è svolta la cerimonia di unione civile tra il consigliere comunale Luca Bortolotto e Marco Di Just, uno dei capi scout del gruppo Agesci locale. A questa scelta, il parroco del paese, don Francesco Fragiacomo, dopo aver informato l’arcivescovo di Gorizia, monsignor Carlo Maria Redaelli, ha spiegato tramite il bollettino parrocchiale perché a suo giudizio, Marco, non possa più essere un valido educatore in parrocchia: “Nella Chiesa – spiega – tutti sono accolti, ma le responsabilità educative richiedono alcune prerogative fondamentali, come condividere e credere, con l’insegnamento e con l’esempio, le mete, le finalità della Chiesa nei vari aspetti della vita cristiana. Sulla famiglia la Chiesa annuncia la grandezza e bellezza del matrimonio tra un uomo e una donna.Un messaggio che percorre tutta la Bibbia e che la fede in Cristo rende possibile. Come cristiani, dunque, siamo chiamati ad annunciare il modello di famiglia indicata da Gesù: quella fondata nell’amore tra un uomo e una donna uniti nel sacramento del matrimonio” (HuffPost).
Parole ribadite in una intervista al quotidiano locale Il Piccolo:


«Come cittadino – dice – ognuno può fare ciò che gli consente la legge dello Stato. Come cristiano, però, devo tener conto di quale sia la volontà di Dio sulle scelte della mia vita. Come educatore cristiano, in più, devo tener conto della missione e delle linee educative della Chiesa e della mia Associazione cattolica. Una cosa è essere accolti, un’altra è assumere responsabilità educative . Nella Chiesa tutti sono accolti, ma le responsabilità educative richiedono alcune prerogative fondamentali, come condividere e credere, con l’insegnamento e con l’esempio, le mete, le finalità della Chiesa nei vari aspetti della vita cristiana. Sulla famiglia la Chiesa annuncia la grandezza e bellezza del matrimonio tra un uomo e una donna. Un messaggio che percorre tutta la Bibbia e che la fede in Cristo rende possibile. Come cristiani, dunque, siamo chiamati ad annunciare il modello di famiglia indicata da Gesù: quella fondata nell’amore tra un uomo e una donna uniti nel sacramento del matrimonio».

Parole pacate ma che non lasciano adito a dubbi. E’ evidente che nell’Agesci questo dibattito è destinato ad esplodere, e che la problematica tra la fedeltà alla Chiesa e quella alla cosiddetta Carta del Coraggio deve essere risolta. Nel febbraio 2016 esplose la prima rottura nella comunità capi (Co.Ca), riassumibile in questo intervento pubblicato su TPI:


La questione si pone quando un giovane decide di diventare capo scout e si chiede all’aspirante capo di sottoscrivere il patto associativo, cioè il patto che definisce i valori fondanti dell’associazione a partire dal senso più profondo dello scautismo, ma anche la partecipazione politica e il cristianesimo.
Ed è proprio in merito a questo punto, al cristianesimo, che nascono, tra i capi scout, le contraddizioni “morali” più grandi.
Fino ad oggi tutto è stato avvolto da una sorta di “don’t ask, don’t tell”, “non chiedere, non dire”, termine con cui comunemente ci si riferiva negli Stati Uniti in merito alla questione dell’orientamento sessuale dei membri del servizio militare.
In questo modo si è permesso a tutti coloro che non aderivano pienamente alla scelta cristiana di continuare a svolgere il ruolo di capi senza alcun problema. E non si parla solo di gay, ma anche di divorziati e conviventi.
Oggi più di 200 capi scout lanciano un appello chiedendo all’Agesci un sostegno al Ddl Cirinnà – con il quale l’Italia permetterebbe le unioni civili tra persone dello stesso sesso – in vista del rush finale in parlamento: una decisione di coraggio sul tema, anche perché il sostegno dell’organizzazione difficilmente arriverà.
L’impressione è che la “base” Agesci, specialmente i Clan – così sono chiamati nello scautismo i gruppi di ragazzi tra i 16 e i 21 anni -, sia molto più pronta all’apertura e al cambiamento di quanto non lo siano i vertici.
Gli stessi Clan, poco più di un anno fa, hanno presentato un documento nazionale che è stato redatto da 30mila di loro: la Carta del Coraggio.
Attraverso questo documento chiedevano all’Agesci e alla Chiesa di “non considerare esperienze di divorzio, convivenza o omosessualità invalidanti la partecipazione alla vita associativa e al ruolo educativo, fintanto che l’educatore mantenga i valori dell’integrità morale”.
Ma appunto verso la Carta del Coraggio si levarono anche molte voci interne all’Agesci con critiche nette, raccolte tra gli altri dal sito La Fede Quotidiana (3 febbraio 2016):
«Sono una Scolta di un gruppo scout della provincia di Padova. […] Avete sottolineato il fatto che l’Associazione educhi i ragazzi a vivere secondo la Buona Notizia e che, dopo le parole del Santo Padre, tutta la comunità ecclesiale non possa non aderire a questa visione della Famiglia come voluta da Dio. Ma queste sono parole, a me lo scoutismo ha sempre insegnato che poi servono anche i fatti. È vero, ci sono posizioni diverse all’interno dei moltissimi gruppi, lo vedo ogni giorno nel mio Clan, nei confronto con i miei Capi, l’ho notato anche nel reparto di un altro gruppo dove ero scolta in servizio l’anno scorso. Ognuno ha la sua idea, la sua posizione, che in quanto tale va rispettata. Ma noi siamo un’associazione cattolica, che, come avete scritto anche voi, accoglie la visione della Chiesa e il Vangelo, quindi, con tutto il rispetto, con tutta l’amicizia e con tutto il bene del mondo, chi non è pronto ad accogliere questa visione può prestare il suo servizio da un’altra parte.[…] Un esempio? La Carta del Coraggio. O meglio, alcune sue parti, come quella sull’amore, che avanza richieste secondo me in contrasto con quello che invece la Chiesa e il Magistero ci insegnano, che non sono certo punti negoziabili nella vita di un credente. Come mai molti di noi R/S che erano presenti alla Route Nazionale due anni fa hanno deciso e votato a favore di quella presa di posizione? Secondo me, oltre alle opinioni personali, è anche causa del fatto che in molti gruppi il tema liturgico e le scelte che si dovrebbero prendere in coerenza con la fede cattolica, sono lasciate spesso al livello del “volemose bene”, cioè non vengono approfondite e soprattutto si lascia spazio a mediazioni che, a mio avviso, sui temi della fede sono inammissibili e l’assenza di una dimostrazione della volontà comune di seguire con più coerenza gli Insegnamenti in cui il metodo scout affonda le sue radici, aggrava la situazione. Lo scoutismo accoglie tutti, ma chi ne vuole fare parte deve accogliere i valori dello scoutismo. Chi non è cattolico, chi non vuole accettare gli insegnamenti della Chiesa e del Vangelo, può andare al CNGEI. […] Noi come scout cattolici siamo chiamati ad essere testimoni coraggiosi non solo di uno stile di vita autentico e impregnato della capacità di saper pensare e scegliere con la propria testa, ma anche e soprattutto delle bellezza della Parola e della Creazione di Dio, senza la quale tutti i nostri valori e i nostri concetti non avrebbero significato. Il silenzio o il “tenere il piede in due scarpe” non ci rendono testimoni, ma spettatori assenti di una società che invece ha sempre più bisogno di ritrovare le proprie radici e i propri punti di riferimento. Quindi vi chiedo, vogliamo essere protagonisti del nostro tempo con coraggio, oppure ci lasceremo vincere dalla paura di vivere fino in fondo il nostro essere?».
Da allora la situazione non è cambiata, nel senso che l’Agesci non ha risolto la questione decidendo se conformarsi o meno al Magistero o meno e in quel caso rinunciare ad avere un rapporto con la Chiesa  cattolica

da  http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/  del  6\6\2017


STARANZANO.
«Non ci sono più le condizioni per fare l’educatore nel gruppo scout».



{}È bufera a Staranzano all’indomani delle “ nozze gay” fra il consigliere comunale Luca Bortolotto e Marco Di Just , uno dei capi scout di Staranzano. Il parroco don Francesco Fragiacomo, infatti, affronta di petto l’unione civile fra due omossessuali che riguardano da vicino gli scout cattolici del gruppo Agesci. La figura di educatore di Di Just, il nocciolo della questione, secondo il prete crea confusione nei ragazzi. Gli insegnamenti della famiglia cristiana vede l’amore fondato tra un uomo e una donna, che si uniscono in matrimonio per avere figli.Della situazione don Francesco oltre ad aver già informato da tempo l’arcivescovo di Gorizia Carlo Maria Redaelli, che non rilascia dichiarazioni ufficiali, è anche amareggiato e non approva la cerimonia di sabato scorso in municipio davanti a centinaia di persone.§Non commenta direttamente, in realtà, ma esprime il suo pensiero attraverso il bollettino parrocchiale.A partire proprio dal ruolo di Di Just quale educatore scout. «Come cittadino – dice – ognuno può fare ciò che gli consente la legge dello Stato. Come cristiano, però, devo tener conto di quale sia la volontà di Dio sulle scelte della mia vita. Come educatore cristiano, in più, devo tener conto della missione e delle linee educative della Chiesa e della mia Associazione cattolica. Una cosa è essere accolti, un’altra è assumere responsabilità educative . Nella Chiesa tutti sono accolti, ma le responsabilità educative richiedono alcune prerogative fondamentali, come condividere e credere, con l’insegnamento e con l’esempio, le mete, le finalità della Chiesa nei vari aspetti della vita cristiana. Sulla famiglia la Chiesa annuncia la grandezza e bellezza del matrimonio tra un uomo e una donna. Un messaggio che percorre tutta la Bibbia e che la fede in Cristo rende possibile. Come cristiani, dunque, siamo chiamati ad annunciare il modello di famiglia indicata da Gesù: quella fondata nell’amore tra un uomo e una donna uniti nel sacramento del matrimonio».



I capi del gruppo scout Agesci di...
I capi del gruppo scout Agesci di Staranzano con, quarto da sinistra, Di Just e al suo fianco don Biasiol

Ecco che l’unione fra Bortolotto e Di Just, molto conosciuti a Staranzano, rischia di avere uno strascico. Sono stati uniti civilmente in una sala consiliare strapiena di gente dal sindaco Riccardo Marchesan, visibilmente emozionato.Oltre alla gioia di “sposi”, parenti e amici, c’è infatti da sottolineare anche la dichiarata amarezza da parte del parroco di Staranzano, che si è sentito “sfidato”, subendo quasi un affronto dalla presenza del viceparroco e scout, don Genio Biasiol, protagonista anche di un intervento prima della cerimonia «come amico della coppia e come prete». Se la formula delle Unioni civili e lo scambio degli anelli impegnava solo una decina di minuti, tutta la cerimonia è durata oltre un’ora.Dopo un breve saluto del sindaco Marchesan, infatti, nella scaletta della mattinata erano in lista a parlare diversi amici che, oltre agli auguri, hanno indirizzato ai due giovani versi di autori e poesie di Pablo Neruda. «Celebriamo una festa di due persone che si vogliono bene – aveva iniziato Marchesan – che oggi vedono costituita la loro unione. Il nostro paese da anni attendeva una normativa chiara per un riconoscimento anche sul piano giuridico, i diritti e i doveri di ogni coppia, volersi bene nel rispetto e nel reciproco sostegno».Stipati come non mai nell’aula avevano trovato posto, oltre ad alcuni consiglieri comunali, alcuni rappresentanti dell’associazionismo di Staranzano quale la Corale Audite Nova, le pattinatrici delle Aquile Biancorosse, l’associazione Benkadì, La Tenda della Pace, BisiachiInbici.E una ragazza scout, come al termine di ogni attività, a nome di tutto il gruppo a Marco e Luca aveva augurato una “Buona strada”.
Adesso la Comunità capi degli scout di Staranzano si trincera dietro un muro di silenzio e dietro le parole della sua guida spirituale, don Biasiol: «Mi spiace ma la comunità capi ha deciso di non rilasciare dichiarazioni in merito». Facendo intendere che per ora Di Just è a tutti gli effetti Capo unità e dal punto di vista educativo non c’è alcun problema. Tutto resta ancora da vedere, da capire, da riformulare. «In questo momento – commenta una delle responsabili del gruppo – per noi ha il placet per fare l’educatore scout, ma è da vedere con i nostri regionali, confrontarci, quindi la cosa è ancora da chiarire. La domanda ce la siamo già posta noi. Se qualcosa cambierà vedremo».


Swcondo me non lo rispetta soprattutto dopo aver sentito questa intertvista, copmntenuta    nel secondo articolo   sopra  riportato  ,  di Antonio Iovane (Radio Capital) che ha chiesto a Don Francesco di chiarire il suo pensiero



Ecco perchè  credo in Dio  (     cercandio    cadendo e rialzandomi   d'applicare  ciò che  ci ha  trasmesso attraverso  Gesu suo figlio  )    ma non nella chiesa? La chiesa è un istituzione creata dall'uomo per aver potere sugli altri uomini. È vissuta da uomini, peccatori come tutti gli esseri viventi.....con la doppia aggravante di far tutto in nome del Signore.
Chiesa Cattolica.

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