27.1.18

Cantù. Il medico è «negro»: rifiuta di farsi visitare La risposta ironica del dottore, il 30enne Andi Nganso, originario del Camerun: «Ti ringrazio, ho 15 minuti per un caffè»

 Meno male  che c'è  chi la prende  con ironia  davanrti al razzismo  o  non  inventa  scuse  accusandoci  di razzismo  .  La risposta ironica del dottore, il 30enne Andi Nganso, originario del Camerun  ed  in Italia  da  12  anni   : «Ti ringrazio, ho 15 minuti per un caffè»  s'inquadrta  in questo  contesto   .

  dalle news  di   https://www.avvenire.it



Da Facebook

L'ironia è una delle armi più efficaci contro l'ottusità e l'ignoranza che sconfinano nel razzismo e nel pregiudizio. Lo ha dimostrato il giovane medico originario del Camerun e in Italia da 12 anni nel rispondere con sarcasmo a una paziente che ha rifiutato di farsi visitare per il colore della sua pelle: «Non mi faccio visitare da un negro» aveva detto la donna. E lui in tutta risposta: «Ti ringrazio. Ho un quarto d'ora per bere un caffè».
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È la storia - ripresa dalla Provincia di Como in primis e da altre testate online - che ha raccontato sul suo profilo Facebook il protagonista, il dottor Andi Nganso 30 anni, laureato in Medicina all'Università dell'Insubria. Oggi lavora nel servizio di continuità assistenziale – l’ex Guardia Medica – ed è medico della Croce Rossa in diversi centri di accoglienza per migranti, principalmente a Bresso, ma anche a Lampedusa. Da circa un anno lavora a Cantù. 
La donna si era presentata all'ambulatorio della guardia medica di Cantù, nel Comasco, domenica sera per un controllo medico. Entrata nello studio si era trovata davanti in camice bianco il medico di guardia, originario del Camerun: la donna, colta di sorpresa, non è riuscita a nascondere il suo disprezzo per il colore della pelle del professionista che aveva di fronte. Ha preso la porta e ha fatto per andarsene, non senza farsi scappare quelle parole taglienti, pesanti e razziste: «Io non mi farò mai toccare da un medico negro». Il medico ha reagito con grande spirito e ironia e sul proprio profilo Facebook, liquidando l'episodio di razzismo subito con una battuta: «Non ti fai toccare da un medico 'negro'? Io ti ringrazio. Ho 15 minuti per bere un caffè».






«Sono medico da due anni e capita di rendermi conto che i pazienti sono sorpresi e magari un po' incerti davanti a un medico nero, ma una reazione tanto violenta - ha poi commentato il dottore Andi Nganso, che prima di arrivare a Cantù ha lavorato al centro di accoglienza di Bresso e pure in quello di Lampedusa - non mi era mai capitata prima». «In diversi casi mi sono trovato davanti persone che non sono riuscite a nascondere la sorpresa e magari anche il loro disappunto. Una volta un bimba mi ha fatto notare con stupore che ero gentile mentre i suoi genitori le dicevano di non parlare con gli uomini neri. In altri casi, con una scusa qualcuno ha lasciato l'ambulatorio. Non me la prendo. Questa volta però - ha ammesso - la reazione della paziente mi ha spiazzato», e chissà se ora anche la donna non sarà rimasta spiazzata nel riconoscersi sui giornali 


Solidarietà al Dottor Andi Nganso, vittima di becero   episodio di razzismo . Infatti leggo su facebook   che la  Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia esprime solidarietà al dottor Andi Nganso, vittima nei giorni scorsi di un episodio di razzismo. Svolgendo il suo servizio alla Guardia Medica di #Cantù, il dottore si è trovato di fronte ad una donna che non si è voluta far visitare da un medico di colore. La Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia conosce bene il Dottor Andi Nganso che ha svolto più di una volta servizio nel centro di accoglienza di #Lampedusa, distinguendosi per la sua umanità, professionalità, competenza e disponibilità. A lui va tutta la solidarietà delle#Misericordie, insieme alla ferma condanna di qualsiasi episodio di razzismo.

26.1.18

Giornata della memoria, il pugile sinto che irrise il Terzo Reich L'incredibile storia di Johann "Rukeli" Trollman e uno degli eroi silenziosi Placido Cortese



L'incredibile storia di Johann "Rukeli" Trollman, che prima di Mohamed Alì iniziò a danzare sul ring per sfiancare gli avversari. Nel '33 vinse il titolo dei pesi medi, che gli fu revocato dai gerarchi nazisti. Fu costretto a combattere di nuovo rinunciando al suo stile: si presentò cosparso di farina e coi capelli tinti di biondo. Poi la sterilizzazione e il campo di concentramento (di Andrea Scutellà).


Incuriosito   da queste poche   e sintetiche  news    sono andato a  cercarmi qualcosa  sia in rete    sia  come si faceva una  volta   su cartaceo  ed  ecco cosa  ho trovato  su  di lui   sul  numero del mese   di  gennaio  dell'anno scorso   del http://www.messaggerosantantonio.it/








                                         Johann Trollmann

I grandi uomini non muoiono mai  ( se  vengono    ricordati  e   se  n'è conservata memoria  i sepolcri  di Ugo Foscolo  docet insegnano corsivo  ed  aggiunta mia  ) Nemmeno quando la Storia sembra averli inghiottiti. All'improvviso, senza una ragione apparente, le loro storie ritornano a galla, come messaggi in bottiglia. È quanto è avvenuto a Johann Trollmann, uno dei pugili più geniali degli anni ’30 in Germania, uno zingaro di etnia sinti che è diventato campione dei mediomassimi al culmine dell’ascesa di Hitler.
Ricostruire la vicenda di Johann Trollmann, che la sua gente chiamava «Rukeli» cioè «albero», è complicato. Si fatica a distinguere la realtà dal mito. La memoria tra i sinti si tramanda oralmente e, come succede tra i cantastorie di ogni epoca, viene arricchita e plasmata negli anni. Di sicuro si sa che Johann nasce nel 1907. Cresce con i suoi otto fratelli e sorelle in un campo nei pressi del centro di Hannover, capitale della Bassa Sassonia. A 8 anni è già sul ring. Gli allenatori capiscono subito che si tratta di un fenomeno. Ha un modo di boxare agile, leggero, elegante. Ruota intorno all’avversario, schivando i colpi come in una danza. Poi coglie l’angolo scoperto, sferra un colpo repentino, quasi invisibile e per l’avversario non c’è scampo. Bisognerà aspettare Muhammad Ali, quarant’anni dopo, per vedere una boxe della stessa levatura.

Una carriera folgorante
Johann approda al professionismo grazie al manager Ernest Zirzow, che lo porta a Berlino nel 1929. Sono anni d’oro per il pugilato, sport molto popolare nella Repubblica di Weimar. E Rukeli ha tutti i vantaggi dalla sua: non solo è bravo – nel 1930 inanella tredici vittorie una dietro l’altra – ma è bello come un divo di Hollywood. Le donne lo adorano, gli uomini lo ammirano. Nel ’32 ormai gareggia solo con i migliori. La folla lo acclama al grido di «Gipsy»: nessuno ha mai visto una boxe così.
Eppure, proprio il suo stile di pugilato diventa presto la pietra dello scandalo. Già nel ’28 ha una prima avvisaglia: la federazione lo esclude dai giochi olimpici di Amsterdam, preferendogli un pugile che Rukeli – allora già campione della Germania del Nord – aveva sconfitto più volte. Il clima della nazione è sempre più pesante. La Repubblica di Weimar scricchiola sotto i colpi della crisi economica, della disoccupazione, dell’inefficacia della politica. Il nazismo sembra la nuova via, e il Mein Kampf, il saggio politico ideologico di Hitler, è letto come la Bibbia. Quella macchia nera si allarga fino ai ring. Giovani vestiti con camicie scure scrutano con sguardi di disapprovazione il «pugile ballerino», lo sbeffeggiano. Nel Mein Kampf il futuro Führer descrive il pugilato come lo sport ariano per eccellenza: «Nessun altro sport desta un così grande spirito d’assalto». Quel pugile che balla «come una femmina» è un oltraggio.
Nel gennaio del 1933 Hitler diventa cancelliere del Reich, un mese dopo, un attentato al Parlamento tedesco sancisce l’inizio della dittatura. In pochi mesi s’inasprisce la persecuzione contro gli ebrei. Anche le società sportive vengono epurate. Il pugile campione dei mediomassimi Erich Seeling, ebreo, fugge in Francia. Il titolo rimane scoperto. A contenderselo Adolf Witt, il prototipo del pugile ariano e Johann Trollmann, il pugile sinti. È la possibilità attesa da una vita, ma è anche lo scontro tra due visioni del mondo e del pugilato. Una libertà che nessuno può più permettersi. Ma Rukeli non molla, è al colmo del successo.

Campione di Germania
È il 9 giugno del 1933. Per la finale, la Bockbrauerei di Berlino straripa di gente. L’attesa è alle stelle. Sugli spalti c’è anche Georg Radamm, presidente della nuova federazione di pugilato tedesca, la Deutscher Faustkampfe. La superiorità di Rukeli è evidente. Radamm è nervoso. Interviene presso gli arbitri. Fa assegnare un pareggio. Ma gli spettatori, profondi conoscitori di boxe non ci stanno. Fischiano, protestano. L’onda nera non ha ancora contaminato lo spirito sportivo. Si arriva quasi alla sommossa. Il giudice assegna a Trollmann la vittoria. Rukeli, lo zingaro, è campione dei mediomassimi di Germania in pieno regime nazista.
Ha vinto. È incredibile persino per lui stesso. L’emozione diventa pianto, sotto gli sguardi di riprovazione delle camicie nere. Ma è una vittoria che segna l’inizio della fine. Una settimana dopo, la Federazione recapita una lettera avvertendo che il titolo non è valido, perché i pugili non hanno dato prestazioni all’altezza. Da allora in poi la vita di Rukeli assume una specie di ritmo binario: lui si ostina a seguire la sua strada, il regime controbatte duramente. Ogni gancio di Rukeli alla sorte diventa un colpo basso, sempre più difficile da incassare.
Il regime sembra dargli un’altra chance: combatterà contro il potente Gustav Eder, ma dovrà seguire le regole della Deutscher Faustkampfe, non più balletti ma combattimenti statici e virili al centro del ring. È una trappola. Ma a questo punto forse la storia diventa leggenda. È il 21 luglio del 1933. Trollmann si fa attendere sul ring della Bockbrauerei. Poi arriva con i capelli tinti di biondo e il corpo cosparso di farina. La maschera tragica del pugile ariano. È il suo gancio disperato contro il regime. Sta fermo al centro del ring. Si difende come può. Eder lo massacra. La sua carriera è finita. Da ora in poi si guadagnerà da vivere negli incontri di boxe clandestini alle fiere o nei luna park.

Nell’inferno del lager
Ma ha un altro gancio in serbo contro la sorte. Nel 1935, proprio nell’anno in cui vengono promulgate le leggi di Norimberga contro gli ebrei – che vietano, tra l’altro, i matrimoni misti – Johann sposa la sua Olga Frieda Bilda, una tedesca, e da lei ha una figlia, Teresa. Il contraccolpo però è pesante: l’inasprirsi delle leggi razziali anche contro gli zingari lo obbliga, nel 1938, a divorziare per salvare le sue donne. Più tardi è addirittura costretto a farsi sterilizzare per ottemperare al programma di annientamento della razza zingara, nella speranza di evitare il campo di concentramento. La discesa agli inferi è segnata ed è sempre più veloce. Nel 1939 viene arruolato nella Wehrmacht, l’esercito tedesco. Nel ’41 viene addirittura ferito sul fronte orientale. Nel ’42 un decreto esclude rom e sinti dalla Wehrmacht per ragioni razziali. Il colpo è tremendo: da servitore dello Stato a sottorazza da eliminare. E adesso?
Cerca di nascondersi, Rukeli, come può. Ma presto viene arrestato e deportato nel campo di concentramento di Neuengamme, vicino ad Amburgo. Da ora in poi è solo un numero: il 9841. Un SS ex arbitro di pugilato lo riconosce e, dopo i lavori forzati, lo costringe a battersi con le guardie. È debole e sfinito, ma è pur sempre un simbolo di dignità e di speranza. Merce rara in un lager. Per salvarlo un comitato illegale di detenuti riesce a fargli assumere l’identità di un deceduto e a trasferirlo nel sottocampo di Wittemberge. Ma anche qui ciò che un tempo è stato il suo orgoglio, il pugilato, diventa la sua condanna. Emil Cornelius, un kapò famoso per la sua crudeltà, lo riconosce e lo sfida a pugilato. Rukeli mette i guantoni per l’ultima volta. È sfinito, ma colpisce Cornelius con tutto se stesso. Il kapò stramazza a terra: ha perso contro una larva di uomo. Un’onta da lavare col sangue. Il contraccolpo al suo ultimo gancio è per Rukeli il knock out finale. Durante i lavori forzati, Cornelius lo porta in un angolo defilato e lo uccide a badilate. Non si sa il giorno, ma l’anno è il 1944. Forse avrebbe potuto salvarsi. Bastava perdere. O forse è stato questo il suo unico modo per vincere.
Negli anni ’80 si ricomincia a parlare di lui. È Hans Firzlaff a raccogliere la sua storia in un libro.Solo nel 2003 la Federazione di pugilato tedesca gli restituisce ufficialmente il titolo di campione dei mediomassimi. Sono passati 70 anni

Un altro martire    stavolta  francescano e  quindi religioso   morto  nei Lager  e negli orrori nazisti   è Placido Cortese frate francescano 1907-1944 .(  foto sotto al centro  )
Esso    non viene  ricordato  dai  media ufficiali  durante  la  giornata  della memoria ( il  27 gennaio  )  in  quanto la  sua  vicenda  significa  : 1) fare le pulci  \  smontare il mito  d'italiani brava  gente  ricordando che  anche  il regime   fascista   \ poi dopo  il  25 luglio  1943 Rsi ( repubblica  sociale  italiana  ) ebbe un ruolo  detterminante   nei teritori italiani   nella deportazione  e persecuzione degli Ebrei  e  non solo    ., 2)  descrivere  correttamente   il contesto pre foibe  e  quindi mettere in difficoltà   chi ricorda strumentalmente  il  giorno del ricordo  (  cioè il 10  febbraio  ) .

 ecco a  sua  storia   le  news  sono tratte 
 da   questo articolo   sempre  della rivista    del http://www.messaggerosantantonio.it/


(... ) 
In questo mese di gennaio in cui si celebra la «Giornata della memoria», mi piace riproporvi la testimonianza provocante di un francescano, un "frate minore conventuale", un frate della Basilica del Santo, padre Placido Cortese (1907-1944), già direttore del Messaggero di sant’Antonio, morto martire per avere salvato la vita a centinaia di ebrei e rifugiati durante la Seconda guerra mondiale.
Con uno stratagemma ingegnoso, padre Placido, per anni, aveva preso le foto degli ex voto che i fedeli affidavano alla tomba di sant’Antonio per confezionare documenti falsi e consentire così a tanti di passare la frontiera e mettersi in salvo in Svizzera.
Ma il prezzo da pagare alle SS fu atroce. «Morì sotto tortura e il suo corpo fu disperso nelle cosiddette fauci di Trieste a San Sabba» ci raccontano i testimoni. Nonostante le torture, padre Cortese non rivelò mai i nomi delle persone che proteggeva. E oggi del frate resta un busto in bronzo nel chiostro della Magnolia della basilica di Sant'Antonio a Padova, oltre che un posto tra gli eroi silenziosi che «salvando una vita – come recita il Talmud – salvano il mondo intero».(....)   



(....)
l'interesse maggiore del padre Placido è costituito dal ministero in Basilica e dalla carità. Questa si estende dal mendicante agli internati nei campi di concentramento, prigionieri per lo più sloveni, deportati in seguito all'occupazione italiana di una parte della Iugoslavia dopo il 6 aprile 1941 e ai conseguenti movimenti di resistenza.Dopo l'Armistizio di Cassibile si impegna attivamente per aiutare sbandati, ebrei e ricercati dal regime nazifascista. Si organizza una trafila di servizi clandestini. Da Padova la via della fuga in Svizzera passa per Milano, tramite padre Cortese, padre Carlo Varischi e il prof. Ezio Franceschini dell'Università Cattolica. La collaborazione tra Concetto Marchesi all'Università di Padova e Franceschini all'Università Cattolica fa nascere l'organizzazione FRA-MA. Tra le numerose persone che operavano in questa rete di salvataggio, particolare rilievo ebbero Armando Romani, le sorelle Martini (Teresa, Lidia e Liliana ), Milena Zambon e Maria Borgato. Il padre Placido Cortese è anche in contatto con quel clero padovano che si impegnò attivamente fino a prendere le armi a fianco dei partigiani[2].Viene tradito da due infiltrati nell'organizzazione. L'8 ottobre 1944 è arrestato e trasferito nel bunker della Gestapo di Piazza Oberdan a Trieste dove viene sottoposto a tortura fino a morire, viene forse cremato nella Risiera di San Sabba.Il 29 gennaio 2002 il vescovo della Diocesi di Trieste Eugenio Ravignani dà inizio al processo di beatificazione, conclusosi il 15 novembre 2003. Gli atti sono ora a Roma.


Riconoscimenti

  • 1946: Attestato di benemerenza degli Alleati, firmato dal Maresciallo H. R. Alexander
  • 1948: Onorificenza della “croce di bronzo” da parte del Presidente cecoslovacco Edvard Beneš
  • 1951: Il Comune di Padova intitola una via cittadina al Padre Placido Cortese
  • Padova lo ha inserito tra i Giusti, nel Giardino dei Giusti inaugurato nel 2008, assieme a: Carlo Angela, Franca Decima, Parisina Lazzari, Delia Fasolato Mazzucato, le sorelle Teresa, Carla e Lidia Martini, Milena Zambon, Delfina e Maria BorgatoGiovanni Palatucci e Giorgio Perlasca[3].
  • Il 7 marzo 2009 il Comune di Padova ha eretto un cippo in memoria del Padre Cortese presso la caserma Romagnoli di Chiesanuova (campo di internamento negli anni 1942 - 1943).

per chi volesse saperne di più segnalo questa sua biografia 

davanti all'ipocrisia sulla shoah ed ai tanti bla bla ipocriti meglio il silenzio . Ma ......


Come  già accenbato   dal  titolo  , inizialmente     volevo   dire  Basta  e  smettere     di  parlare di Shoah!, e  d'aderire  \  condividere    quel mal  cpmntento   sempre  più  diffuso  fra  i giovani e  non slo  : <<   non se ne può più  E gli altri genocidi, allora? E quello che fanno oggi gli israeliani ai palestinesi ? >> e  dare   quindio non bioasimaree  \  non sapere  come replicare   a mio padre che  sbotta  ogni anno la  solita   ... tiritera  . Ecco  quindi  che   ero  indeciso se    parlare  , come ho fatto in alcuni post    sulla  mia   facebook  ,  di altri genocidi    di  cui si parla poco  o nulla  oppure   stare in silenzio  ( OVIAMENTE  SILENZIO ATTIVO DA  NON CONFONDERE  CON  QUELLO  PASSIVO  CHE HA   CONTRIBUITO  ALLA  DIFFUSIONE  E A  NASCONDERE    I  GENOCIDI    COME LA  SHOAH   )    perchè  alla retorica  ed  ai bla  bla  inutili  e  puli coscienza    e  " lasciare   la  parola  " alle  canzoni      presenti  nella lista  dei portali  :   1 )  https://www.antiwarsongs.org/  categoria Campi di sterminio 2) https://www.ildeposito.org  tag    archivio/sezioni/la-seconda-guerra-mondiale-e-la-resistenza-1939-1945   su  tale  tema   . 
Ma  setendo   alla  radio quasi una di seguito all'altra  due  canzoni "  classiche  " 



   
  Ma  poi   leggendo  sulla pagina  fb  di rai storia   in  uno dei tanti  post  dedicatinal  27  gennaio    che :  <<  Auschwitz è una canzone scritta e composta da Francesco Guccini e pubblicata nel 1966, 50 anni fa. >>  Infatti  proprio Francesco Guccini amava ripetere durante i suoi concerti: "Avrei voluto dismettere questa canzone già da molto tempo”. Per aggiungere poi: “Purtroppo dobbiamo cantarla ancora”. >> mi sembra   più  attuale  ,  anche   se  ovvia  e  scontata  per  chi su quelle  brutture  le  conosce  già fin da piccolo  . 
Ma   poi  la  mia decisone d  leggendo  1)    questo interessante  articolo   di http://www.mosaico-cem.it/  sito ufficiale  dela comunità  ebraica  di  Milano    sul  come insegnare   ai ragazzi tali eventi  2 )  rileggendomi   le  storie      che trovate  nell'archivio alla  voce  \  tag  le storie    ,  27  gennaio  , olocausto  , shoah , ecc     blog  e   leggendo le  storie recenti   in particolare    quelle  di  
Nessun testo alternativo automatico disponibile.
 JOHANN TROLLMANN   pugile  zingaro  (  lo  so  che   esso  è brutto  come termine   ma purtroppo   ormai è entrato  a  far  parte  dellla  nostra  lingua, Quindi usiamolo in termine positivo    non solo  negativo ,  manonmettiamo  come  suggerisce  G.Carofiglio   nel    suo  ottimo  saggio :  <<  la manomissione delle parole  >> anche  noi    in positivo le parole non in  negativo  come  fanno i media  )    sinto  che   gli fu  revocato il tittolo di boxe  vinto contro i nazisti perchè  apparteneva  ad un  popolo non ariano     e  degenerato  .   

E  quella  di  Giuseppeimna demuro (1903-1962 ) Suor Servente della Comunità delle Figlie della Carità. la storie di quei religiosi cattolici ( vedere anche la seconda storia delll'url precedente ) che nascosero o fecero fuggire gli ebrei e in quieta caso sfidò la furia nazista aiurtando la comunità ebraica torinese
Oltre  le  fonti prima citate  a   farmi cambiare  definitivamente    idea  in proposito   ed  uscire   dal mio slenzio attivo  e  portare    rendere  pubbliche  anche se   attraverso  storie    come quelle prima citate    le miei  emozioni e   parlare finche    : <<  (....) le vele al vento del mio pensiero  \   finché quel vento mi resisterà. >> ( una  famosa   canzone di Sabrina  Guzzanti   qui  la  canzone integrale  ) è  stato    questo intervento   di Carlo Greppi   nella puntata   del  25\1\2018 su  Rai3  della trasmissione    #PassatoePresente con Paolo Mieli 


intervento   secondo alcuni     da moltio  giudicato innoportuno   e  fuorviante all'argomento tratto  ma secondo  me  invece  più  attuale  che mai  in  quanto       paragonare   utti  quelli che  scappano   da  guerre  e dittature    come  criminali \  terroristi   \ fondamentalisti     e  clandestini  è  l'anticamera  del  razzismo   e delle teorie  degenerate      ( vedere  il caso     della lega   e  del discorso  della  razza  )   che   hanno portato a  lager  e genocidi  etnici   .
Quindi  c'è ancora  molto  da  dire  specialmente  sui  silenzi  degli alleati  e dei  loro servizi segreti  ,  sul perchè  non bombordarono almeno  gli ingressi ai lager . Ma  soprattutto  parlare  per  evitare  che se  ne perda  la memoria   di  storie  poco  note  ( o note  a  gli specialisti )    di gente   che   ando contro il proprio  stato   che si  comporto come  ponzio pilato   ed  i pussilamini  . E' il caso    di ie  di  Paul Grüninger (San Gallo, 27 ottobre 1891 – San Gallo, 22 febbraio 1972) è stato un calciatore svizzero, di ruolo centrocampista; viene però soprattutto ricordato come capitano della polizia cantonale di San Gallo per aver in tale veste salvato centinaia di ebrei nel periodo 1938-1939 falsificando e manipolando documenti. Nel 1971 venne riconosciuto Giusto tra le nazioni. 
O  di chi   reagi  testardamente   è   il  caso   di  Gustav Schröder 1885-1959 (è in inglese   non ho trovato    una   pagina in italia   del  transatlantico  Sant  Louis  ( foto  sotto al centro ) 
StLouisHavana.jpg

  agli  stati occidentali che  ipocritamente  combatterono il nazismo  ma   non vollero  intervenire   alla  radice   accogliendo   e  per  una  volta  menttere  da parte      distinguendo  la regola dall'eccenzione    chi  fuggiva  dall'europa  per  via  delle  leggi razziali  . 
Oppure   quella   Salvatore Corrias (San Nicolò Gerrei18 novembre 1909 – Bugone di Moltrasio28 gennaio 1945) è stato un militare e partigiano italiano della Guardia di FinanzaMedaglia d'oro al merito civile alla memoria e Giusto tra le nazioni.  che  ironia  della sorte  , ma  di questo non si parla   perchè  significa mettere  in ridicolo e  smontare il mito  italiani  brava  gente   o  peggio quelli che  negano  nostante le leggi razziali     che  gli italiani non le  applicarono   o  non furono  complici  se non protagosnisti  di deportazioni di ebrei    ,fu  catturato dalle Brigate nere il 28 gennaio 1945, proprio mentre stava rientrando alla caserma della GdF di Bugone, dopo aver portato in salvo in Svizzera un ex prigioniero inglese. I fascisti fucilarono Salvatore Corrias nel recinto della sua caserma. Non esitò a scegliere da che parte stare. Il 13 ottobre del 1943, entrava a far parte, come partigiano combattente, della formazione "Giustizia e Libertà", che sarebbe poi diventata la Brigata "Emanuele Artom". Quando gli altri finanzieri antifascisti del suo gruppo decisero di darsi alla macchia, Corrias scelse di continuare ad indossare la divisa; ciò gli permetteva di muoversi più agevolmente lungo la frontiera italo-svizzera, accompagnando verso la salvezza, oltre a centinaia di ebrei destinati allo sterminio, anche perseguitati politici di ogni orientamento.
Non so  più che atro dire  e mi fermo qui per  evitare  di scendere  in retorica   e  blla  bla  inutile     che   sono    che cerco di combattere  e    tediarci   ulteriornmente  . Vi lascio   per  chi fosse ointeressato     ad  uilteriori storie       dei post   suiccesivi 

24.1.18

Contro il bullismo ci vogliono i filosofi ? secondo me non solo

«[---] Poi si rivolse, e parve di coloroche corrono a Verona il drappo verdeper la campagna; e parve di costoro quelli che vince, non colui che perde. [----] »
Dante  Alighieri  canto  XV inferno
canzone  consigliate
 stop - mattia sanna  ( per  chi  è registrato su  spotify  )
ciao bullo  .   AAV  leone  d'oro per  lacreatività  2016  



su  http://invececoncita.blogautore.repubblica.it/

leggo  questo interessante   intervento  di    Andrea Vito   ex  vittima del bullismo scolastico


                             Andrea Vito a scuola fu vittima del bullismo


Grazie ad Andrea per questo suo ricordo
Sono un filosofo di 24 anni, che ai tempi del liceo venne disturbato dai bulli. A ricreazione capitava che io stessi da solo e non con gli amici perché stavo scrivendo un romanzo e avevo bisogno di ispirazioni. Mi hanno osservato, provocato a parole e infine messo le mani in testa. Niente di serio dal punto di vista fisico, si intende, ma mi hanno fatto paura perché erano più piccoli di me e vedevo il male nei loro occhi.
I bulli ci sono e vanno combattuti, ma con l'aiuto dell'indifferenza e la solidarietà. Gli insegnanti devono aiutare questi giovani di oggi, smarriti e confusi dalla tecnologia, invadente e facilmente ipocrita.
Bisogna fare di più, sempre.
Oggi più che mai. I miei docenti in gran parte erano volutamente silenziosi e preferivano far imparare letterature di ogni genere ai ragazzi spesso senza guardare oltre i libri. Parlo solo di certi docenti, la maggior parte stava attenta a queste cose si intende.
Bisognerebbe aiutare i giovani a vedere al meglio la televisione, ma il problema è che nemmeno gli adulti comprendono il fenomeno spesso e sono inglobati in un sistema informativo che radicalizza una dimensione sociale già oggi complessa. Ecco perché ci vogliono i filosofi, per capire semplicemente che differenza c'è fra il verde e il rosso ed evitare che molti giovani piangano dentro e siano costretti a diventare mostri per avere attenzione.

Andrea Vito



Secondome  si  anche   se   come suggerisce  il  commento   si     all'articolo   sopra  riportato



Danilo Battaglia
2 giorni fa

servirebbe educare al rispetto dell altro e della diversità e ricordarsi ogni tanto che siamo umani e che tutti abbiamo le nostre debolezze primi tra tutti i bulli.
I bulli esistono solo perchè c'è qualcuno che gli regge il gioco. Se non si regge il gioco ai bulli, ma ci si schiera in difesa dei vessati i bulli ammutoliscono.
Più che filosofi Servirebbero più educatori

Risultati immagini per topolino storia sul bullismo
In quanto le  famiglie  (  problematiche  o  menefreghiste  come il  film   i nostri ragazzi  2014 diretto da Ivano De Matteo  e non solo  ne  avrei di  storie    da raccontare   in merkito   ma  non m sembra  il caso

Perchè  gente con tendenza al bullismo c'era anche ai lontani tempi della mia adoloscenza. La differenza è che allora venivano tenuti a  bada   o in alcuni casi  emarginati dai "non bulli"  o  repressi con il voto  in condotta  e  le note  disciplinari 
Un altro  metodo   suggerito  è quello   che riportato   questa bellissima storia Sceneggiatura: Radice Teresa Disegni: Turconi Stefano , è quello del doialogo e  della compresione  cercare  di capire  perchè il bullo agisce  cosi . Infatti , esperienza  personale     in ambito scolastico  chei  sicomorta  cosi lo fa  perchè : 1)  ha  famiglie    problematiche   o oppressive  ., 2)  cerca  d'essere  al centro dell'attenzione  .,  3) ha  paura  d'uscire  dal branco  .  inoltre     in quanto   prima  s'incomincia  a  parlare  ed  educare al rispetto ed  al  dialogo   meglio  è   ,  pubblicata   su ( copertina    a destra )    topolino 3175    . Opppure      fa  vedere  la  puntata      semi censurata  ( hanno fatto spostare  quel servizio dopo  le  23  ) di presda diretta  del 31\1\2016  lo trovate  qui
registrandovi  al canale  di raiplay   e  aplicare il metodo   che si usa  nelle  scuole  nel nord  europa 


non so che  altro dire  virimando    ai link  sotto   con  libri  , fumetti e   siti di come reagire  al bullismo




22.1.18

sarebbe bello che il 27 gennaio fosse Una Giornata della Memoria per tutte le vittime degli eccidi (non solo gli ebrei)

accolgo la proposta  de  http://www.inuovivespri.it che   riporto integralmente



 Ignazio Coppola propone l’istituzione di una Giornata della Memoria per tutte quelle vittime di ogni razza,di ogni colore e di ogni religione, che sono state oggetto di stermini, massacri, deportazioni da parte di regimi criminali totalitari che, indignando le nostre coscienze, hanno insanguinato il mondo In seguito alla risoluzione dell’ONU 60/7, il 27 gennaio di ogni anno è stata decretata la data in cui viene celebrato il giorno della memoria in ricordo della Shoah e dello sterminio degli ebrei. In Italia a sua volta gli articoli 1 e 2 della legge 211 del Luglio 2000 definiscono le finalità e le celebrazioni del giorno della memoria e del genocidio nei campi di sterminio nazisti.Un giorno della memoria sancito dalla risoluzione dell’ONU e celebrato dagli stati membri e dallo stato italiano in ricordo dell’eccidio del popolo ebreo. Ma viene a questo punto legittimamente da chiedersi se esiste un giorno della memoria in ricordo di tutte quelle stragi , di quegli eccidi delle pulizie etniche e di tutte quelle persecuzioni razziste di cui, prima e dopo la Shoah, sono stati oggetto decine di popoli con milioni di vittime nei vari continenti. La risposta è che per le migliaia di eccidi perpetrati nel tempo dalla criminale bestialità degli uomini non esiste un giorno della memoria se non per la Shoah.Una discriminazione che offende appunto la memoria di tutti quei popoli che hanno subito nel tempo stragi persecuzioni ed eccidi inenarrabili. Il termine genocidio deriva appunto dal greco yenos (razza, stirpe) e dal latino caedo ( uccidere ). Il genocidio è appunto uno dei più bestiali crimini che l’uomo possa commettere a danno dei propri simili e che comporta la eliminazioni fisica nei modi più svariati di milioni di persone, la perdita della loro dignità, delle loro identità, dei loro culti religiosi e di patrimoni culturali immensi. E di questi crimini contro l’umanità e di eccidi inenarrabili, oltre che gli ebrei ad opera dei nazisti, sono stati vittime nel tempo, espressioni di varie etnie, tanti popoli della terra.Come non dimenticare, oltre a quello terribile della Shoah, ad esempio i genocidi del popolo armeno nel 1915 ad opera dei turchi (2 milioni di vittime), quelli perpetrati dal dittatore Pol Pot in Cambogia ad opera dei Kmer Rossi (3 milioni), la strage dei Curdi gasati ed uccisi da Saddam Hussein , il genocidio dell’Holodomor in cui vittime di una carestia pianificata morirono negli anni 30 del secolo scorso ad opera dei russi 7 milioni di ucraini. E poi ancora le vittime dello stalinismo (20 milioni), e gli eccidi ancor più recenti oggetto di pulizie etniche e razziali in Ruanda (1milione), nel Darfur (500mila) ed in Bosnia- Ergegovina con il massacro Srebrenica ad opera del serbo Milosevic(100mila) e tutto questo mentre la comunità internazionale stava a guardare.Ed ancora nei secoli scorsi i genocidi, in nome della civiltà e del progresso dei nativi d’America latina( sino ad oggi assistiamo ai massacri sistematici degli indios nel Mato Grosso) e dei nativi del nord America che portarono alla distruzione di interi popoli e prima di tutto quella della nazione indiana, i così detti pellerossa che da bambini nei fumetti abbiamo imparato a conoscere come i cattivi che uccidevano l’uomo bianco. Ebbene oggi di quel popolo e di quella nazione in America del Nord, vittime dell’uomo bianco, i sopravvissuti sono poco più di 200mila. Le vittime stimate dei genocidi e dei massacri perpetrati dai civilizzatori europei nel corso del tempo nel nord-America e nell’America latina ascendono a circa 70milioni.

E a queste vicende dimenticate, ed alle quali la comunità internazionale non ha mai dedicato alcun giorno della memoria come per l’olocausto degli ebrei ad opera dei nazisti, bisogna aggiungere pure per quanto ci riguarda, in casa nostra, quelle stragi e quegli eccidi mai raccontati dalla nostra storiografia ufficiale come quelli consumati agli albori dell’Unità d’Italia dagli italo-piemontesi, (buoni maestri dei futuri nazisti) a danno delle popolazioni del sud appena conquistato e che portarono al massacro e alle deportazioni di centinaia di migliaia di meridionali nelle carceri e nei campi di concentramento del nord, Finestrelle in testa, e alla distruzioni di interi paesi come Pontelandolfo, Casalduni, Campolattaro e tanti altri con massacri, stupri e violenze indicibili, e che alla fine costarono al Mezzogiorno d’Italia un numero di vittime maggiore di tutte quelle delle guerre del risorgimento messe assieme.
E ancora più avanti, per restare ancora in casa nostra, come non parlare , sull’onda del manifesto della razza, a metà degli anni 40 del secolo scorso,della pulizia etnica tentata dal fascismo ai danni degli sloveni nelle zone conquistate in Jugloslavia dall’esercito italiano con la deportazione di circa 35mila civili sloveni, di cui 3.500 persero la vita, nei campi di concentramento allestiti a tale scopo dall’esercito italiano. L’ordine di una bonifica etnica fu impartita direttamente da Benito Mussolini ai generali dell’esercito italiano operanti in Slovenia Alberto Ferrero e Mario Roatta. Ed a parti invertite furono poi, dopo l’8 settembre, gli sloveni che, per vendicarsi delle atrocità e dei soprusi subiti dal fascismo uccisero migliaia e migliaia di italiani precipitandoli e facendoli sparire negli inghiottitoi carsici dell’Istria e della Venezia Giulia tristemente famosi come “ foibe”. Si passò dalla foibe italiane alle foibe istriane. Dal punto di vista dei crimini contro l’umanità invertendo l’ordine dei fattori in termine di vittime innocenti,il prodotto non cambia. Quello stesso fascismo, che, nelle guerre coloniali di conquista ridusse, violando le convezioni internazionali e calpestando il diritto delle genti, gli “italiani brava gente” a trasformarsi in criminali ed usare armi proibite come le pallottole esplosive dum-dum e i gas asfissianti a base di iprite per vincere la resistenza degli abissini e degli etiopi.Ed anche qui fu Benito Mussolini a dare espresso ordine al generale Badoglio affinché usasse, in dispregio di ogni norma umanitaria, tali armi bandite dalla convezioni internazionali. Centinaia di migliaia in Libia, in Cirenaica, in Abissinia ed in Etiopia furono le vittime di stragi e di deportazioni di cui si è persa traccia e memoria Questa sono alcune delle tante pagine nere della storia del nostro paese che fanno parte dei crimini dell’umanità e che pilatescamente troppo spesso si è cercato di negare e cancellare.Lo scrittore e patriota antifascista cecoslovacco Julius Fucik impiccato dai nazisti l’8 settembre del 1943 poco prima di morire scrisse in prigione alcune note e pensieri che furono poi raccolti in un libro dal titolo “ Scritto sotto la forca” . “ Vi chiedo solo una cosa- scrisse Fucik nel suo testamento spirituale- se sopravviverete a questa epoca non dimenticate. Non dimenticate né i buoni né i cattivi. Raccogliete con pazienza le testimonianze di quanti sono caduti per loro e per voi. Un bel giorno sarà il passato e si parlerà d una grande epoca e degli eroi e di vittime anonime che hanno creato la storia. Vorrei che tutti sapessero che non esistono eroi e vittime anonime. Erano persone con un nome , un volto con desideri e speranze e il dolore dell’ultimo tra gli ultimi non era meno grande di quello del primo il cui nome resterà. Vorrei che tutti costoro rimanessero nella vostra memoria e vi fossero sempre vicini come persone che abbiate conosciuto come membri della vostra famiglia, come voi stessi.”Questo il testamento spirituale di Julius Fucik prima di morire martire della ferocia nazista. Un messaggio di grande attualità a tutti gli uomini di buona volontà per non dimenticare le vittime di tutti i crimini contro l’umanità commessi nel tempo dai totalitarismi nelle loro più varie sfaccettature E proprio per non dimenticare, e perché non ci siano vittime figlie di un dio minore rispetto ad altre, è giusto ricordarle senza discriminazioni in un unico giorno che le accomuni tutte in una memoria condivisa da quella comunità internazionale che troppo frettolosamente, un po’ per mettersi la coscienza a posto, ha preferito dedicare il 27 gennaio di ogni anno quale giorno della memoria esclusivamente alla Shoah e alle vittime del nazismo.Sarebbe, per quanto detto, a questo punto più nobile e doveroso comprendere in un unico giorno della memoria tutte quelle vittime di ogni razza,di ogni colore e di ogni religione, che per questi motivi, nel mondo, sono state oggetto di eccidi, di stermini , di massacri , di deportazioni da parte di regimi criminali totalitari o pseudo-democratici che, indignando le nostre coscienze, hanno insanguinato il mondo.Sarebbe questo un atto doveroso di riparazione che alla fine renderebbe onore e giustizia alla storia dell’umanità.



Ora chi se   be  frega   se mi dicono  che sono revisionista   e se metto  ( lontano da me  )   sullo stesso piano   diverse situazioni  storiche  . Un genocidio (  si chiamino  olocausto  \  shoah  , foibe  , purghe staliniane  ,  pogrom  ,  ecc  )   sia  che    sia   etnico  o ideologico   sempre di abberrazioni  umane  si tratta  . E come tali  non devono essere   dmenticati ne tanto meno dimenticate le cause ed i contesti che li hanno originati \ causati.
Infatti il quasi centenario Bruno Segre ( foto a destra  ) studioso di storia e cultura ebraica, è intervenuto sulla celebrazione della “Giornata della Memoria”, nel corso dell’incontro con gli studenti del liceo classico ‘Stabili’ di Ascoli Piceno. 
Risultati immaginiLo studioso, come riferisce l’Ansa, afferma che “Il Giorno della Memoria è particolarmente difficile da celebrare perché o vale per i giovani che devono rendersi conto di una pagina fondamentale della storia d’Europa del secolo scorso, oppure non vale nulla.”.Non servono a nulla, ha proseguito Segre, le celebrazioni in cui ci si limita ad affermare che tragedie del genere ( la Shoah ) non devono succedere più.
Come  Lui  affermo  che  si  tratta di un genocidio, ha concluso lo studioso che ha vissuto i tragici eventi avvenuti durante la seconda mondiale, che è ancora in corso oggi, purtroppo. Ci sono situazioni in cui intere popolazioni vengono sacrificate, mandate in tutti i continenti . 
Ed  è  per  questo che  sogno,   nonostante   venga   d'alcuni accusato di non avere  rispetto  per  l'unicità dellla Shoah ,   come da  titolo  ,   di dedicare il  27 gennaio    come  giornata   della menoria   per tutte le  vittime  di genocidi  ed  eccidi . E  far  si    che   la giornata  del 27     gennaio  sia meno ipocrita  e   puli coscienza    senza  autocritica    visto che   , almeno  da quel   che ho : potuto percepire  scarse reazioni    sul mia  bacheca  fb ( eccetto un gruppo   di storia  )  ala mio  post   qui  riporto  :  <<   shoah le-colpe nascoste degli italiani >> perchè    anche  noi italiani purtropppo oltre le leggi antie beraiche del  1938   ci macchiammo  di crimini  e  del  genocidio antiebraico   con campi  di concentramento     come la riviera di san saba  e   retate   come quelle  di  Roma  ( 16 ottobre  1943)   e Venezia 6 dicembre 1943 (  vedere  url blog  ). Ma  soprattutto   trovato e letto   fin ora   , la rai e   la grande  stampa  cosi attente  alle  sue celebrazioni    hanno dimenticato  o fanno  gli gnorri sul fatto che  quest'anno   sono  80 anni  dalle vergognose leggi antiebraiche




No so che altro aggiungere senza cadere nella  retorica e nella pedanteria .Meglio che mi fermi qui 






Essere Altro e altrove. Il nuovo libro di Cristian A. Porcino Ferrara

Il nuovo libro di Cristian A. Porcino Ferrara arriva a due anni di distanza da “Canzoni contro l’omofobia e la violenza sulle donne” che ha ricevuto diversi apprezzamenti istituzionali. “Altro e altrove” raccoglie un sapere ‘eretico’ che spinge il lettore verso una consapevolezza dimenticata. Il filosofo impertinente affronta tante tematiche e in ogni riflessione si intravede l’anima dell’autore. Porcino mette al centro delle sue elucubrazioni proprio l’umanità. Non ama giudicare i suoi simili, e ritiene addirittura uno ‘scandalo’ la parola tollerare perché nessuno deve sentirsi sopportato da altri umani. In tal senso il capitolo che dà nome al libro è significativo per comprendere il mondo interiore del filosofo catanese. L’autore si scaglia contro un finto moralismo sempre più elaborato e debordante nella nostra società. Analizza e scardina stereotipi e luoghi comuni, critica i desideri indotti dalla pubblicità, le fantomatiche teorie gender, gli abusi sessuali del clero ai danni dei bambini, l’inganno della religione, la musica contemporanea giunta quasi al crepuscolo e la diffusione incontrollata delle fake news. Il suo pensiero non risparmia nessuno, nemmeno papi, santi e supereroi. Sugli eroi dei fumetti si trova un delizioso capitolo che affronta con ironia la sessualità di Superman e company. Il libro svela un pensatore irriverente con un senso morale spiccato, una vis polemica non indifferente e una sferzante ironia. In effetti Porcino Ferrara è davvero altro e altrove, e per capirlo occorre leggerlo senza preconcetti e con una mentalità davvero aperta.

Marco Gismondo

Il libro è in vendita su Amazon al seguente link: https://www.amazon.it/Altro-altrove-Cristian-Porcino-Ferrara/dp/0244660042/ref=sr_1_2?s=books&ie=UTF8&qid=1517466099&sr=1-2&keywords=Altro+e+altrove