lo so che tale evento è prassi normale come il cane che si morde la coda , e quindi non c'è ninte di nuovo . Maa se lo trova un richiedente asilo o un immigrato com 'è successo nella storia che leggete sotto allora ci sono dei commenti idioti e tendenti al razzismo ed alla exenofoibia come questo trovato sul msn.it \ bing da cui ho preso la notizia :
Gianfranco Torgani
Questa naturalmente è una messa in scena creata dalla sinistra per difendere quei poveri immigrati così maltrattati ! Ma non fatemi ridere !
PISA.
«Questa è la più bella risposta a chi, lo scorso novembre, lo ha aggredito senza un motivo. Questo dimostra che c’è ancora speranza, che ci sono giovani che un domani saranno uomini sui quali fare affidamento. E “Zack” ne è un esempio».
Una stretta di mano ha messo il lieto fine su una vicenda che perMauro Rocchi, 74enne pensionato pisano, sarebbe potuta trasformarsi in un’odissea. Ma non solo. Perché perZackaria “Zack” Oubamou, quella stretta di mano ha significato anche una rinnovata fiducia nella città che lo ha sostenuto dopo essere rimasto vittima di un brutale pestaggio in piazza Dante. Lui, studente-lavoratore di 18 anni, che ha trasformato in senso civico lo spirito di vendetta, anche questa volta non si è girato dall’altra parte. Quando ha visto un portafogli abbandonato nel bagno del bar di Borgo Stretto dove lavora, il “Casino dei nobili”, non ci ha pensato due volte: è andato dai carabinieri per consegnarlo ed, eventualmente, metterlo a disposizione di chi lo aveva perso. Quel portafogli, ormai “privo” dei pochi contanti che conteneva, era il “bottino” di un furto consumato pochi minuti prima a poche decine di metri dal locale in cui Oubamou lavora.
«Ero seduto su una panchina in Borgo Stretto quando mi sono reso conto che mi avevano rubato il portafogli – racconta Rocchi –. Arrabbiatissimo vado in questura per sporgere denuncia, non tanto per i soldi (solo trenta euro) ma per i documenti». Carte e tesserini che avrebbero costretto il 74enne ad una lunga trafila burocratica per riottenerli. «Niente di nuovo – aggiunge Rocchi –, episodi che capitano quotidianamente». Questa volta, però, con un finale diverso. «Due giorni dopo il furto, sono stato contattato dai carabinieri per avvertirmi che il mio portafogli era stato consegnato in caserma da un ragazzo. Ho chiesto di far aspettare la persona che lo aveva portato perché volevo ringraziarlo in qualche modo». In caserma il primo incontro, al bar di Borgo Stretto la stretta di mano. «L’ho ringraziato e offerto anche una piccola ricompensa che ha però rifiutato – continua il 74enne –: ennesimo gesto semplice, ma di grande valore, di un giovane che fa dell’educazione e della coscienza pilastri di una vita che qualcuno ha provato, senza motivo, a scalfire». Dopo il furto, il malvivente si era nascosto nel bagno del bar a caccia dei contanti conservati nel portafogli, poi abbandonato nel locale. «L’ho visto e non ci ho pensato due volte, l’ho consegnato alle forze dell’ordine – commenta il diciottenne –. Penso tutti avrebbero fatto lo stesso: l’ho fatto con il cuore perché mi sono messo nei panni dell’altro, pensando ad effetti personali che sarebbero andati persi per sempre e a un dispiacere che il furto di un portafogli può provocare».
Senso civico che Rocchi evidenzia «perché non scontato, soprattutto in un’epoca in cui si sente parlare dei giovani quasi sempre in maniera negativa». «La maggioranza dei giovani è invece come “Zack” – conclude il 74enne –: ragazzi che un domani saranno uomini sui quali fare affidamento».
La prima storia viene da Sassari da la nuovasardegna del 11\2\2025
Sassari «Mi sono bastate due settimane per capire che la gente ha ancora piacere a comprare un quotidiano, un settimanale un cruciverba». Originario di.una famiglia di commercianti, î nonni vendevano dolci e cioccolato al Corso, Marco Ginanneschi, sassarese di 37 anni, gestisce da dieci annila piccola tabaccheria di via Margherita di Castelvì,la stradina che parte da via Duomo e si affaccia su piazza Mazzotti, nel centro storico. Una quindicina di giorni fa, ha deciso di offrire un nuovo servizio ai suoi clienti: la vendita dei quotidiani.la tabaccheria di via Margherita di Castelvì, la stradina che parte da via Duomo e si affaccia su piazza Mazzotti, nel centro storico.
Un servizio fondamenta-le,inuna zona dove negli ultimi tempi troppe serrandesi sono abbassate: già da qualche anno ha chiuso l'eicola di piazza Colonna Mariana, e di recente è cessata l'attività anche in quel le di piazza Azuni.e porta Sant'Antonio, Così il commerciante,che dopo un periodo di lavoro da MeBDonald's a 27 anni aveva scommesso sulla.tabaccheria del centro, ora hadeciso di vendere anche quotidianie riviste.
«La scelta è stata fortunata-spiega Marco-in pochi giorni in tanti si stanno avvicinando alla tabaccheria per comprare La Nuova Sardegna».Grande tifoso. del Napoli per via di una passione giovanile per. Maradona, il 37enne, padre di due bambini, ha sistemato quotidiani, periodici e qualche cruciverba proprio all'ingresso dell'antica tabaccheria le cui mura e le antiche volte ad arco sono fatte di tufo.Dovunque, alle pareti, ricmami alla squadra del Cuore: sci azzurre, foto e il volto del Pibede Oro.«L'insegna che c'è fuori,con la seritta “Giornali” —spiega con soddisfazione —me l’ha regalata un cliente». La novità nel quartiere antico della città è stata ac-colta positivamente,, e .il commerciante ha deciso.Anche di offrire qualcosa in più ai suoi clienti. «Ho voluto aggiungere anche il servizio di consegna dei quotidiani
— spiega Marco Ginanneschi — per le attività commerciali della zona, ma anche ora gli anziani che non riescono ad arrivare da me. Devo alzarmi dal letto un po' prima lamattina, ma ne vale la pena. Il rapporto quotidiano con i clienti — prosegue -, poter commentare la prima pagina della Nuova Sardegna e i fatti principali è una bella novità a cui non ero abituato». inanne: Ginanneschi ha pochi dubbi: « la carta, leggere il quotidiano e toccarlo con le mani è tutta un' altra cosa rispetto a farlo con il telefono o computer». La sua nuova avventura ha anche un valore sociale . «Sono innamorato del centro storico—conclude il neo edicolante - spero nel mio piccolo, con questo servizio, a dare una mano al mio Quartiere. Serve però un impegno anche da parte dei sassaresi per non lasciare morire questa zona della città»
la seconda dalla mia cittadina dala nuova sardegna e da web
dopo quasi 70 anni di cui 20 dalla gestione di Raffaele ( foto nell'articolo sotto ) ha chiuso un edicola storica del mio paese
Da qualche giorno l’edicola del Corso ha cessato la sua attività. Non solo non vende più riviste e giornali, cosa che ha fatto per più di 70 anni, ma non esiste proprio più. Cessata l’attività e dismessa dal vecchio titolare, è stata fisicamente rimossa. A notarne la mancanza sono tanti tempiesi, ai quali quella rimozione di un tassello del loro recente passato non poteva, certo, passare inosservato.
Tanto più che, con la chiusura della storica edicola di corso Matteotti, scompare uno dei punti di ritrovo tra i più simbolici per più generazioni di tempiesi. Ma non solo: di edicole, oggi, ce n’è solo una – quella di piazza Gallura – oltre a due punti di rivendita che assolvono la stessa funzione commerciale. In pochi anni si è ridotto drasticamente il numero di esercizi in cui poter acquistare riviste, fumetti e quotidiani.
In passato, la città ne ha avuto quattro, più altri locali adibiti alla rivendita di
materiale editoriale. Ora il loro numero, in pochi anni, si è più che dimezzato. Le ragioni e la portata del fenomeno sono note e riguardano l’intero Paese.
In un comunicato di Unioncamere del gennaio 2024 si legge, ad esempio, che negli ultimi quattro anni, sono state ben 2.700 le edicole che hanno chiuso i battenti. I numeri si fanno più impressionanti se si considera che, a partire dal 2003, i punti vendita si sono ridotti a meno di un terzo, passando da 36 a 11mila.
A Tempio però l’edicola del corso non è stata solo un esercizio commerciale. Lo si capisce dai tanti post con i quali nei social si è voluta commentare la notizia. Le opinioni sono le più varie, ma tutte hanno un elemento comune: la nostalgia per qualcosa che non potrà più esserci. E così c’è chi ricorda che, negli anni ‘60, l’edicola del corso riforniva di fogli protocollo tutti gli studenti attesi da un compito in classe. Molti hanno ancora presente la figura del primo titolare, Ziu Gino e della moglie , recentemente scomparsi e poi el figlio Marco , nel quale quel luogo di ritrovo veniva identificato. «C’idimu i ledicola di Ziu Gino», è stato il motto di generazioni di tempiesi che si davano appuntamento lì per poi passeggiare al corso o in piazza don Minzoni ed lo stato anche sotto Raffaele .
I commenti
C'è anche chi crede che la chiusura di una delle ultime edicole della città sîa attribuibile alla crisi che investe, come tutti i piccoli paesi della Sardegna e del sud d'italia, Tempio, attribuendonela responsabilità a chi gli amministratori, nella fattispecie non saprebbero guardare con lungimiranza a ciò che accade in
città.La considerazione di gran lunga più apprezzata, è però quella di chi fa notare che se tutti ì commentatori avessero comprato unquotidiano al giorno, anziché condividere gli articoli sui social come facebook, “a scrocco” e spesso in viola-
zione dei diritti delle testate, la serrata delle edicole avrebbe sicuramente regi-
Ripropongo questa foto, perchè la chiusura e la scomparsa dell'edicola ha emozionato tutti gli abituali frequentatori di uno spazio familiare, dove un sorriso ed una chiacchiera, scambiati con simpatia, offrivano momenti di allegria e serenità. Grazie Raffaele e auguri per la nuova scelta di vita.
Un È un altro pezzo di epoca chiude, Voglio ringraziare Raffaele per la gentilezza e la disponibilità, l'ironia e e le risate , mai sentito dire una parola male ,grande Raffaele una brava persona.
Come ogni anno non fai in tempo a vedere pubblicato un post critico sul 10 febbraio \ giorno del ricordo ( anche se io preferisco chiamarla visto diversi fattori tra cui : la complessità degli eventi in questione ,la concatenzione degli eventi, soprattutto dal 19\18 in poi . drammati ci , il lungo periodo storico temporale , la degradazione delle persone e della loro identità etnico culturale, ecc Questione Adriatica) che già ricevi insulti da fascisti e da comunisti .
Da gli uni insultato per essermi indignato contro chi fra loro non ha alcun rispetto per i morti e vandalizzano monumenti a loro dedicati come il caso di Norma Crosetto( qui e quinotizie sulla sua vicenda il contesto in cui avvene ) e per aver riportato la storia un esule considerando i morti nellle foibe solo come fascisti . Da gli Altri di giustificazionismo , di non riportare bene che erano italiani , e sminuire le responsabilità comuniste anche italiane parlando dei crimini italiani .
Riornado a Miriam Crosetto è vero che la sua vicenda Assurta a simbolo dalla destra speialmente della tragedia delle foibe è divenuta nel tempo oggetto di strumentalizzazione da parte della destra italiana, nonché un pretesto per polarizzare lo scontro politico e riscrivere la storia del nostro Paese. Ma ciò non toglie il diritto a ricordarla e a rispettarla . Infatto qualsiasi tragica morte suscita orrore, e Norma Cossetto, per la sua orrenda morte, merita di essere onorata e ricordata come è stata fattto vedere secondo url .Ma Diciamo allora pane al pane e vino al vino, senza menzogne, falsificazioni e strumentalizzazioni. I “martiri” fascisti restano fascisti e siano ricordati e rispettati come tali ; si ricordino pure e siano rispettati i martiri antifascisti massacrati dai fascisti, e si ricordi soprattutto che non tutti gli infoibati fecero quell’orrenda fine “per la sola colpa di essere italiani”
Ecco che è evidente come ho ripetuto in un post sul mio account di bluesky e su quello di facebook che non si può parlare o scrivere della questione Adriatica \ giorno del ricordo se non a senso unico cioè solo come pulizia etnica ( che effettivamente ci fu in parte se si considera quielle vicende dal punto di vista nazionalistico soprattutto nelle foibe e ne campi diel regime di tito ) da parte dei comunisti di tito a danno degli Italiani . Cosi come non si può parlare delle violenze comuniste e del ruolo della Dc e del Pci in quella che viene definita da molti storici nella congiura del silenzio per questione di realty politica della guerra fredda ocome si drebbe oggi interesse nazionale .
Infatti è questo uno dei motivi , per cui non sto come mi si accusa ogni qual volta parlo degli eventi che celebrano il 10 febbraio , in particlare questo post recente , nè miminizzando nè negando ciò perchè farlo sarebbe un affronto alle vittime e loro discedenti di tali barbarie ma provando a contestualizzandole ed inquarandole nel loro evolversi e nel loro contesto , soprattutto le prime cioè quelle avvenuta durante la guerra civile \ resistenza più precisamente tra il 25 luglio e l'8 settembre del 1943 che vengono fatte tutt'uno con quelle del 1945/7 , nel contesto storico del confine orientale quelle che alcuni nostalgici continuano a chiamare con il termine risorgimentale / fascista terre irridente, tra il 1919 - 1945 / 54.
Infatti le vicende di tali zone confine orientale non solo con le foibe ‹‹ costituiscono una tragedia, che non può essere dimenticata. Non si cancellano pagine di storia, tragiche e duramente sofferte. I tentativi di oblio, di negazione o di minimizzare sono un affronto alle vittime e alle loro famiglie e un danno inestimabile per la coscienza collettiva di un popolo e di una nazione » ( discorso dello scorso 10 febbraio del presidente Mattarella ) . La ferocia che si scatenò contro gli italiani in quelle zone non può essere derubricata solo sotto la voce di atti, comunque ignobili, di vendetta o giustizia sommaria contro i fascisti occupanti; il cui dominio era stato intollerante e crudele con una vera pulizia etnica ed italianizzazione forzata ( infatti parla di fascismo di confine la corrente più estrema e razzista del fascismo ) ed è proprio a Trieste che furono inaugurate ben prima che diventassero scritte e codificate le leggi razziali del 1938 per le popolazioni slave, le cui istanze autonomistiche e di tutela linguistica e culturale erano state per lunghi anni negate e represse . << Le sparizioni nelle foibe o dopo l'internamento nei campi di prigionia, le uccisioni, le torture commesse contro gli italiani in quelle zone, infatti, colpirono funzionari e militari, sacerdoti, intellettuali, impiegati e semplici cittadini che non avevano nulla da spartire con la dittatura di Mussolini. E persino partigiani e antifascisti, la cui unica colpa era quella di essere italiani, di battersi o anche soltanto di aspirare a un futuro di democrazia e di libertà per loro e per i loro figli, di ostacolare l'annessione di quei territori sotto la dittatura comunista >> ( sempre il presidente Mattarella ) . Il nuovo assetto internazionale, venutosi a creare con la divisione in blocchi ideologici contrapposti, secondo la logica di Yalta, ( guerra fredda ) e il do ut des \ la cosidetta congiura del silenzo tra tito e Italia cioè io rinucio a mandarti i criminali di guerra chje hanno commesso reati contro il tuo popolo e tu fai la stessa cosa con i miei fece sì che passassero in secondo piano le sofferenze degli italiani d'Istria, Dalmazia e Fiume. Furono loro a pagare il prezzo più alto delle conseguenze seguite alla guerra sciaguratamente scatenata con le condizioni del Trattato di pace che ne derivò. Dopo aver patito le violenze subite all'arrivo del regime di Tito, quei nostri concittadini, dopo aver abbandonato tutto, provarono sulla loro sorte la triste condizione di sentirsi esuli nella propria Patria. Fatti oggetto della diffidenza, se non dell'ostilità, di parte dei connazionali (vedere il treno della vergogna) che consideravano gli esuli come fascisti Ha giustamente sottolineato Mattarella. « Le loro sofferenze non furono, per un lungo periodo, riconosciute. Un inaccettabile stravolgimento della verità che spingeva a trasformare tutte le vittime di quelle stragi e i profughi dell'esodo forzato, in colpevoli - accusati indistintamente di complicità e connivenze con la dittatura - e a rimuovere, fin quasi a espellerla, la drammatica vicenda di quegli italiani dal tessuto e dalla storia nazionale successivamente oltre trecentomila vissero il dramma dello sradicamento, della privazione e della necessità di inventare un nuovo altrove lontano dalla propria casa. Tuttavia il silenzio e il mancato riconoscimento degli effetti dell’esodo è il dolore più profondo ancora da rimarginare.il sentimento di abbandono ha segnato il destino degli italiani nella zona al confine orientale dell’Istria, Dalmazia, Venezia Giulia.Dobbiamo studiare la storia prima, ad esempio, di dire: "E le foibe"? . Allora ripeto Non giustifico le #foibe, come non giustifico nessuna guerra perché "Odio genera Odio". Ingiustizia partorisce Ingiustizia. Non ci sarebbero state le foibe se non ci fosse stato questo genocidio di un popolo sarò pure giustificazionista per alcuni ma non trovo parole per spiegare i massacri sia quelli comunisti , amplificati da coloro hanno istituito il giorno del ricordo e lo usano come clava e strumentalizzazione politica , sia quelli occultati e usati dall'altra parte come quello riportato sotto :
La strage dimenticata. Così ottant’anni fa nazisti e fascisti uccisero centinaia di innocenti a Lipa
Foto Bundesarchiv
da https://www.editorialedomani.it/29 aprile 2024 • 15:57 Giovanni Giovannetti È un piccolo paesino croato, ma ai tempi era Italia. Durante la Seconda guerra mondiale, c’è stato un massacro di donne, vecchi e bambini. La storia ha perlopiù dimenticato il loro destino, ma sono sopravvissute anche delle foto. La storia è stata ricostruita in un romanzo, che contribuisce a riaccendere l’attenzione su uno dei grandi drammi del passato Lipa è un piccolo borgo istriano poco distante da Fiume. Ora è Croazia, ma dal 1920 al 1947 (è l’anno del Trattato di Parigi, che consegnò buona parte dell’Istria alla Jugoslavia) era una frazione del comune Italiano di Elsane, oggi Slovenia. Domenica 30 aprile 1944, ottant’anni fa, in questo villaggio si compì uno dei drammi meno avvicinabili e avvicinati della storia criminale dell’ultimo conflitto mondiale: 287 civili inermi, quasi solamente donne, vecchi e bambini, tutti cittadini italiani, furono passati per le armi o arsi vivi in replica terroristica a un attacco partigiano al vicino presidio fascista di Rupa e a un convoglio militare tedesco in transito lungo la strada che da Fiume porta a Trieste (due le vittime). La strage di Lipa è tra le più crudeli compiute dai nazifascisti nell’Italia di allora, senza dubbio equiparabile ai massacri di Monte Sole in Emilia, di Sant’Anna di Stazzema in Toscana, o delle romane Fosse Ardeatine; eppure mai un’autorità pubblica italiana ha inteso ricordarla. Cancellata. Polvere tra le pieghe della storia.
Le ceneri rimosse
Dopo lo sbarco alleato in Sicilia, l’arresto di Mussolini e l’armistizio dell’8 settembre 1943, nell’incalzante susseguirsi degli eventi il 12 settembre Adolf Hitler firmò il decreto costitutivo dell’Alpenvorland (Alto Adige, comprendente le provincie di Trento, Bolzano e Belluno) e dell’Adriatisches Küstenland (Litorale adriatico), una vasta zona che sommava le provincie di Trieste, Udine, Gorizia, Pordenone, Lubiana, Istria, Quarnaro e le zone incorporate di Sussak, Buccari, Concanera, Castua e Veglia. Sono territori che fino a vent’anni prima appartenevano all’impero austriaco; ora vengono sottratti all’amministrazione della Repubblica sociale e affidati all’ex Gauleiter di Klagenfurt, l’austriaco Friedrich Rainer (i Gau erano i distretti amministrativi del Terzo Reich) di stanza a Trieste e si prospettava, a fine guerra, se vinta dai tedeschi, un qualche accomodamento del Triveneto e dell’Alto Adige nella futuribile Grande Germania. Lo stesso Rainer, in una lettera del 15 novembre 1943 a Martin Bormann (era il segretario personale di Hitler), ha modo di ribadire che «per nessun motivo il governo italiano potrà esercitare in queste zone la sua sovranità». Con buona pace dei fascisti repubblichini, sodali dei tedeschi. Temendo uno sbarco anglo-americano in Istria o in Friuli, da subito i nazisti si riaffacciarono aggressivi lungo la Pontebbana in Friuli e sul litorale adriatico. L’11 settembre 1943 una colonna motorizzata venne affrontata dagli insorti e da alcuni reparti di soldati italiani in una sanguinosa battaglia al bivio di Tizzano a sud del fiume Quieto, e di nuovo al canale di Leme e presso la zona carbonifera dell’Arsia. E sin qui la possiamo ritenere guerra fra combattenti. Ma il 2 ottobre, guidati da “ascari” fascisti del posto, colonne tedesche partite da Trieste, Fiume e Pola sciamarono impietose nei villaggi dell’interno massacrando e bruciando (è la cosiddetta operazione Istrien o Wolkenbruch, Nubifragio, guidata dal generale delle SS Paul Hausser). Villanova del Quieto, Grisignana, Pisino, Salambati, Albona, Gimino, Cresini... a Cresini (una frazione di Gimino) il 7 ottobre questi criminali in divisa rinchiusero in una casa tre madri con cinque bambini, poi gettarono una bomba dalla finestra e appiccarono il fuoco. Davanti al villaggio, due sorelle furono uccise e i loro corpi gettati su una pila di paglia e bruciati.
In un crudo documento del 28 gennaio 1944 di penna Ustaša (sono i fascisti croati amici di Hitler e di Mussolini), la narrazione dell’orrore non è da meno: si legge infatti che a Gimino i tedeschi «hanno ucciso 15 bambini al di sotto dei sette anni, 197 adulti e 29 sono morti sotto i bombardamenti, in totale 241 persone. Nella vicina Coppellania di Cere, che conta 1.300 abitanti, hanno ucciso due donne e sessantadue uomini. Non si sono mai preoccupati di accertare se qualcuno fosse partigiano o no, ma hanno fucilato a casaccio come a loro piaceva. In molte case hanno mangiato e bevuto abbondantemente e poi, andandosene, hanno ammazzato uno o due castigliani». Non mancano le cronache di violenze a donne e ragazzine, e l’annotazione che nel villaggio di Parizi gli unici sopravvissuti sono «due maschi, ottantenni».Insomma, la sola operazione Wolkenbruch costò la vita ad almeno 3mila persone. E diversi partigiani fucilati dai tedeschi poi gettati in foiba passeranno per vittime della “violenza slava”.A Lipa come a Sant’Anna di Stazzema A Lipa come a Sant’Anna e a Monte Sole: in Toscana e in Emilia i nazisti prima ammazzarono con bombe e mitraglia e poi bruciarono i cadaveri con i lanciafiamme; a Lipa i terroristi del battaglione Karstwehr (una unità antiguerriglia delle Waffen SS) hanno stipato gli abitanti in una casa del paese e poi le hanno dato fuoco. Gli unici due sopravvissuti (Ivan Ivancich – un anziano che, pur ferito, si era finto morto – e Maria Africh, che si salverà grazie all’aiuto di uno sconosciuto carabiniere) dissero che i soldati parlavano in tedesco e in italiano. Infatti, all’eccidio di Lipa parteciparono attivamente le camicie nere italiane della caserma di Rupa: italiani come il ventiseienne tenente Aurelio Piesz del terzo reggimento della Milizia difesa territoriale (le camicie nere fasciste), comandante del presidio di Rupa a cui, in quel pomeriggio di fine aprile, un bambino che lo conosceva – raccontano i sopravvissuti – corse incontro per cercare aiuto e protezione e lui invece lo sospinse nel rogo, assieme ad altri 95 coetanei.Come ci ricorda Claudia Cernigoi, «Piesz fu arrestato a Trieste nel maggio 1945; fu processato e condannato a morte, impiccato il 31 maggio al bivio di Rupa», ma in Italia questo delinquente passerà per infoibato dagli jugoslavi (Simona Sardi sul Giornale del 10 febbraio 2021) oppure meritevole di un riconoscimento alla memoria «nel nome dell’italianità, della civiltà e della libertà», come di Piesz ha scritto il deputato triestino di Alleanza nazionale Antonio Menia. Insomma, un altro italiano ucciso perché «colpevole solo di essere italiano». Le “foto ricordo” Sul massacro di Lipa i tedeschi non stilarono rapporti ufficiali. Ma se ne conserva una clamorosa documentazione visiva nelle foto-ricordo di un soldato che vi prende parte. Una copia di queste immagini venne infatti segretamente stampata dal fotografo a cui quel militare aveva affidato il rullino: si vedono i carnefici sorridere a chi li riprende quasi fossero turisti in visita di piacere, come se ammazzare donne vecchi e bambini inermi fosse una cosa normale. Nella loro vita civile questi soldati erano forse contadini, artigiani, bottegai, con una famiglia da mantenere; ma ora sono lì a fare quello che fanno, a eseguire puntualmente gli ordini dei superiori.A Lipa come in Slovenia come ad Auschwitz Birkenau come in Africa: le più crude testimonianze visive degli orrori delle guerre di Hitler e Mussolini si rivelano le “foto-ricordo” degli stessi soldati di Hitler e Mussolini. «L’orrore ha un volto», scrive Giuseppe Vergara in epigrafe a Primavera di sangue (Conti, 2017), un romanzo che trae spunto da questa orrenda strage e dalle fotografie scattate a Lipa e altrove da uno sconosciuto soldato tedesco che, nella finzione letteraria, prende il nome di Martin Halder. Ma una delle figure centrali di questo romanzo è reale, come reale è il contesto storico: si tratta di Mehdi Hüseynzade, il partigiano azero Mikhailo, un ex soldato dell’Armata rossa reduce dalla battaglia di Stalingrado che, dopo la cattura da parte dei tedeschi e l’arruolamento, diciamo fittizio, nella 162ª divisione turkmena della Wehrmacht, arrivato sul fronte italo-jugoslavo decise di unirsi ai partigiani sloveni della Terza brigata Ivan Gradnik del IX Korpus, divenendo il vice comandante del battaglione russo. Assieme al connazionale Mirdaməd Seyidov (aliasIvan Ruskj) Mikhailo farà strage di soldati tedeschi in due attentati al cinema di Opicina e alla mensa ufficiali di palazzo Rittmeyer a Trieste. Questo coraggioso partigiano cadrà a Vittuglia (ora Vitovlje in Slovenia) il 2 novembre 1944, vittima di una imboscata, e l’Azerbaigian lo ha tra i suoi eroi nazionali. Le sue intrepide gesta sono narrate in saggi come Dal Caucaso agli Appennini di Mikhail Talalay (Teti, 2013); in romanzi come Uzaq Sähillärdä (1954, Sulle rive lontane) degli azeri Imran Gasimov e Hasan Seyidbeyli; nell’omonimo film di Tofiq Tağızadənin del 1958; in documentari come Era soprannominato Mikhajlo di Tahir Aliyev del 2008. Nonché, in Italia, dal bel romanzo e in altri scritti di Vergara. Anche dell’eccidio di Sant’Anna in Toscana si era tornati un poco a parlare, dopo decenni di oblio, grazie a un romanzo, Le ceneri rimosse di Francesco Belluomini, uscito da Newton nel 1989. E di nuovo a partire dal 1994, dopo il ritrovamento di un corposo dossier volutamente dimenticato in un armadio chiuso e con le ante rivolte verso la parete. È il cosiddetto “armadio della vergogna” di palazzo Cesi-Gaddi, contenente 2.274 dossier sulle stragi impunite compiute in Italia dai nazisti assieme ai loro sodali fascisti. Documenti che, per ragioni di opportunità, si era deciso di occultare.
Iniziamo come annunciato nel post precedente il mio diaro sul boicotaggio anti sanremo
PRIMO GIORNO Iniziamo la mia prova di resistenza . Già è difficile sopravvivere a una settimana pre festival, figuriamoci quella del festival fra : dopo festival, rapper, trapper, autotune, monologhi sì, monologhi no, monologhi forse, battutacce, siparietti, comici di dubbio gusto, polemiche sugli ascolti, sono bassi, sono alti, meglio Amadeus, meglio Conti, Fedez, Ferragni, Ferragnez, le telefonate di Achille Lauro, gli scoop di Fabrizio Corona, le vallette, i valletti, perché Sanremo è Sanremo, le inquadrature dei vip in platea, le cover, i duetti, le serate infinite per alzare lo share, le interruzioni per il Tg, l'ospite, il super ospite.Già è difficile, si diceva, resistere a tutto questo. E quindi mi scuso in anticipo se non ci dovessi riuscire .
Ieri sera Mentre nell'altra stanza la tv era accesa in attesaa di Luca&Paolo a Martedi su la7 ,sul canale del festival cioè su rai uno,mi sono andato nell'altra stanza e al, pc ho visto i primi 20 minuti di di No other land e dopo anche se con interruzioni il resto del film per evitare che dopo i comici facendo zapping si capitasse su san remo non basta la faticaccia che sto facendo nel driblarre lgli articoli e, le vignette dei giornali , e programmi tv che ne fanno cenno .
Non avendolo trovato in Italiano nepure sottotitolato , l'ho visto in versione originale con sottotitoli in spagnolo , perchè credevo che in inglese o in italiano sia difficile da trovare per la terra bruciata che gli sta facendo Israele .
Un Bellissimo e allo stesso tempo terribile, film documentario sulla demolizione dei villaggi palestinesi in Cisgiordania e non solo .
Da qualche che leggo nei commmenti al post della pagina Facebook di
Bellissimo e terribile, il documentario "No other land" sulla demolizione dei villaggi palestinesi in Cisgiordania merita il premio Oscar a cui è candidato. La luce negli occhi dei suoi due autori e protagonisti, il palestinese Basel Adra e l'israeliano Yuval Abraham, è così potente da riuscire a trasmetterci ancora speranza
UN FRAME DEL FILM
in Italia è distribuito a macchia di Leopardo , per i soliti motivi economici in quanto non è un film da tutto esaurito ed in cassi record . ma forse perchè scomodo ed indigesto ad Israele e ai suoi seguaci politici iipocriti e opportunisti per la maggior parte o disinformati e o informati a senso unico. Infatti Meno di 2 ore dopo che questo film palestinese era stato nominato per l'Oscar come miglior documentario, l'esercito sionista ha invaso il villaggio del protagonista del documentario, Massafer Yatta (Cisgiordania), e ha assalito la sua casa. Sia chiaro che I pogrom degli israeliani contro i
Palestinesi della Cisgiordania raccontati nel film continuano tutt'ora. Proprio Basel Adra denunciava qualche giorno fa che i coloni hanno ripreso ad attaccare il villaggio di Masafer Yatta, di cui si parla nel film, con ancora più forza coime testimoniano i suoi reportage che tiene sul suo account di X
"Israele" non vuole che tu veda questo filmato; è stato duramente censurato dalle sue lobby di pressione, che sono già riuscite a cancellare la sua proiezione in molti paesi, arrivando al punto di tormentare un ministro tedesco per aver applaudito il film alla Berlinale e lo hanno costretto a chiedere perdono. .
Il film Il documentario è sulla pulizia etnica che l'esercito sionista perpetra a Masafer Yatta, ad Hebron (Cisgiordania), contro una serie di villaggi palestinesi che lottano per mantenere le loro terre e affrontano ogni giorno il terrorismo dei coloni. Esso Il film è incentrato sulla vita di Basel, un giovane attivista palestinese che con la sua macchina da presa filma tutti i crimini brutali che l'esercito sionista perpetra contro il suo popolo a Masafer Yatta, dove i palestinesi sono costretti a vivere in caverne nella loro terra e vengono sradicati da qualsiasi proprietà. Quello che mi chiedo è se quella città in questione è rivendicata dai coloni Israeliani è quin di dal governo Israeliano perchè : << si colloca sul sito della città biblica di Juttah. Alcuni residenti di Yatta affermano di discendere dalle tribù ebraiche d'Arabia. >> ( da per ulteriori news https://it.wikipedia.org/wiki/Yatta ) perchè fare i prepotenti e gli arroganti anzichè conviverci ed unirsi a loro ? Un ottimo lavoro in soggewttiva e senza montaggio , in presa diretta . Anche se l a candidatura all'oscar è stata accolta per dare al mondo una parvenza d'interesse per la causa palestinese non credo che lo vincerà in quanto l'Oscar lo fanno gli stessi che danno i soldi a Israele. Abbiamo due popoli in una situazione speculare. L'uno e l'altro. L'uno contro l'altro. Il dolore di uno e il dolore dell' altro. La vita di uno legata a quella dell' altro . Questa è la realtà conto di quanto male fate a voi stessi con questi atteggiamenti di sprezzante superbia, se muoiono I palestinesi e l'idea di una terra per entrambi, muore anche Israele. Sapete checi soldati si stanno suicidando una volta tornati a casa? Mi è piaciuto ma non riuscirei ( anche se nei giorni successivi lo dovrò rivedere perchè mi padre , non ha twitter \ x e non è molto pratico nel cercare film online al di fuori delle piattaforme ufficiali ) è troppo duro triste ed duro ., ho ovuto blocarlo ed interromper e per fare altro , e distrarmi dal non piangere e farmi venire le lacrima agli occhi oltre che il classico travaso di bile nel vedere simili crudeltà fra cui quella del pozzzo chiuso a forza o la
distruzione di un generatore elettrico che serviva per tenere in vita un malato di problemi respiratori . Leggendo che uno dei coautori del film è un israeliano m'indigna e mi amareggia che per colpa di un istituzione criminale e certi israeliani i cosidetti coloni ( per vedere come gli rendono la vita impossibile leggete qua )paghi tutto il popolo israeliano e tutti gli ebrei e l'antisemitismo aumenta e loro piangono come coccodrilli dicendo che li critica è antisemita .
Oggi 10 febbraio giorno del ricordo si celebra giustamente le foibe e l'esodo \ sradicamento delle polazioni italiane o miste vista la situazione tipica di confini come quelli dove convivevano tra alti e bassi e si mescolavano \ contaminavano etnie diverse fino all'esplodere \ all'esacerbarsi ne nazionalismi ed arrivare alle brutture delle pulizia etnica . Ma che altro dire su tali eventi che non sia già stato detto o scritto , che non sia solo retorica nazionalista \ patriottarda ? Io nel mio piccolo posso solo ripetere quanto già detto , da quando ho messo su il blog ( prima con splinder poi con blogger ) ed in particolare in quest'ultimo post scritto di qualche fa , quello che da fastidio a coloro che vogliono celebrando tali eventi a senso unico e solo in parte , sminuendo e accusando chi fa il contrario di negazionismo \ giustificazionismo oscurando il resto delle vicende Quindi posso lottare finchè sia ricordato tutto la pulizia etnica e l'italianizzazione forzata e la cancellazione etnica e le brutalità con i nazisti
non solo i crimini del foibe e del regime di Tito .Per e per parafrasare la mia patria di Sabina Guzzanti ( qui il testo integrale ) le vele al vento del mio pensiero al finche' quel vento resisterà' e soffierà ancora ( canzone di Pierangelo Bertoli ) lottare affinché non si speculi con la scusa di trovare una memoria condivisa su tali vicende cosi dolorose e " divisive " e ancora per la politica della guerra fredda \ congiura del silenzio e degli italiani brava gente ( url ) . Ma sopraqttutto non siano ogetto propagandistico e usato cone speculazione politica contro gli avversari ( destra ) e negazionista e giustificazionista con distruzione e deturpamento di monumenti e sacrari con vergognose scritte
Quindi ho già detto tutto quello che dovevo dire . Che altro aggiungere quindi ? se non
oppure visto che zitto non riesco a stare segnalando ( è dell'anno scorso ma l'ho scoperto solo oggi ) un ottimo lavoro letterario e musicale scevro quasi del tutto dalla retorica patriottarda e nazionalista ma carico di nostalgia esodo
di Chiara atzeni qui la sua pagina facebook o con una bellissima testimonianza da sinistra perché l'esodo e lo sradicamento da quelle terre riguarda tutti e non guarda in faccia nessuno
da
Il Fatto Quotidiano
» Adriano Sansa
Foibe, la memoria sia almeno giusta: tutto va ricordato e nulla giustificato
Il Fatto Quotidiano
» Adriano Sansa
Sono nato a Pola; il nonno era medico a Dignano: morì d’infarto in quei giorni tremendi. Fummo costretti dalle minacce e dal terrore di Tito a lasciare la nostra terra. Passammo tempi di angustie. Poi i miei genitori ricominciarono, senza troppi lamenti. Si riunivano con altri esuli ogni anno a cantare il “Va pensiero”. Ma ancora dopo decenni altri profughi meno fortunati vivevano in squallide caserme fra corde tese a separare con qualche coperta le famiglie.
Al principio l’italia non fu sempre generosa. Il Partito comunista subiva l’egemonia sovietica, simpatizzava per Tito; gli esuli furono stoltamente chiamati fascisti, talvolta insultati e molestati. Paradossalmente il fascistume seguace del corresponsabile del loro dramma fece mostra di difenderli. Per molti anni non si parlò onestamente della tragedia istriana e dalmata.
Tuttora, nonostante il Giorno del ricordo, e anzi proprio in questa occasione, certe analisi sono inquinate dall’ideologia. I crimini del fascismo, la persecuzione della popolazione slava richiedono giustamente una memoria e possono spiegare in parte la ferocia dei titini, le foibe, la sostituzione etnica che ne seguì. Ma non le giustificano. Gli eventi pur connessi della storia esigono uno ad uno un giudizio. Gli istriani patirono tremende crudeltà, violenze, sevizie di ogni sorta.
Le ultime parole di mia madre furono “perché devo morir cussi’ lontan?”. Nata a Lussino, cresciuta tra Trieste e Pola, aveva insegnato nella minuscola isola di Unie. Per tanti esuli il Giorno del ricordo arriva tardi: che sia almeno giusto.