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14.2.25

i pacifinti Noa e Mira Awad deturpano per san remo 2025 Immagine di J. Lennon

Non fare di me un idolo mi brucerò, se divento un megafono mi incepperò”.(  lindo  ferretti )  




 discutendo mentre  pulivamo le  rose      con mio  padre  su    San remo  mi  ha  consigliato  ( cosa   che  sono  andato a fare   )     di leggermi   questi post   

Una, Noa, è effettivamente israeliana doc, infatti i figli sono dediti a servire l'esercito di occupazione. Quello che per mettere fine al conflitto fa briciole di qualunque cosa odori di Palestina. Bambini inclusi. Insomma, una ambasciatrice di pace quantomeno bizzarra. Cantante che, nemmeno troppo tempo fa, ebbe modo di definire, quello del suo paese, come “esercito dell'amore”. Me cojoni, pensa un po’ se fosse stato dell'odio. L'altra, poi, è Palestinese non meno di quanto Trump adori i poveri. Talmente palestinese che già nel 2009 rappresentava Israele all’Eurovision e, si sa, Tel Aviv notoriamente sceglie le proprie icone da spedire in giro per il pianeta attingendo dal popolo a cui nel frattempo nega la vita. Mira Awad, il suo nome, è nata in un villaggio druso nel nord di Israele. Ah, ecco. I drusi, invisi ai musulmani e viceversa, sono fedeli servitori dello stato israeliano e, ovviamente, anche delle forze armate per le quali prestano tre anni come riservisti e, sebbene non fosse necessario

 news  confermata      dall'editoriale  di  Lutazzi   su il  fatto  quotidiano d'oggi   


CON “IMAGINE” A SANREMO HANNO VOLUTO CANCELLARE L’URLO DI GHALI DEL 2024

E ora, per la serie “Imagine there’s no hasbara”,

Cla aro Daniele, Noa e Mira Awad hanno cantato Imagine sul palco di Sanremo. La sola idea era raccapricciante: a Gaza c’è una pulizia etnica in corso, ovvero carnefici e vittime, non una guerra. Poi, a parte che Noa cantò per i soldati Idf in partenza per Gaza, e che Mira con lei rappresentò Israele all’eurovision 2009, hanno cambiato pure il testo. “Immagina che non ci siano minacce alla mia sicurezza”, “vivere in sicurezza”: sono frasi di Netanyahu. Questa è hasbara, propaganda sionista. L’onta di Ghali (“Stop al genocidio”) doveva essere cancellata e l’ hanno fatto. Alla faccia del Sanremo non politicizzato! (Pino S.). Il commento migliore sull’episodio vergognoso è quello di Nabil Bey, docente di Storia della musica araba, cantautore, fondatore dei Radiodervish: “Quando l’arte smette di essere voce di verità e si trasforma in un ingranaggio ben oliato della propaganda, diventa il più abietto degli strumenti di manipolazione. Diventa un palcoscenico di ipocrisia, un’operazione di maquillage per coprire le macerie e il sangue con un velo di retorica pacificatrice. Sanremo, con la sua platea di milioni di spettatori, non è solo un festival musicale: è una vetrina, un riflettore acceso su ciò che il sistema vuole rendere accettabile, su ciò che vuole far digerire all’opinione pubblica. Quando sullo stesso palco salgono due artiste provenienti da parti in conflitto, senza che il contesto venga chiarito, senza che venga nominato l’elefante nella stanza – ovvero che si tratta di un genocidio, di un’aggressione coloniale, di un crimine che si consuma ogni giorno sotto gli occhi del mondo –, allora quell’esibizione non è più arte, ma un atto osceno di rimozione collettiva. È un’operazione di marketing emozionale che serve solo a narcotizzare le coscienze, a suggerire che ‘siamo tutti uguali’, che il dolore è simmetrico, che la violenza è una questione astratta e non il risultato di un sistema di dominio, oppressione e apartheid. Quando l’arte diventa un’arma di distrazione di massa, il suo scopo non è più quello di elevare la coscienza, ma di svuotare il senso delle parole, di neutralizzare il conflitto tra oppressore e oppresso, di confondere la vittima con il carnefice. Non è un inno alla pace, ma un atto di complicità con il potere. È la stessa logica che negli anni ha prodotto iniziative pseudo-culturali, alle quali avevo sinceramente creduto, per addolcire l’immagine di regimi oppressivi, per spacciare una parità che non esiste, per farci credere che la soluzione sia nel ‘dialogo’ a condizione del più forte, mentre le bombe continuavano a cadere su Gaza, mentre l’occupazione proseguiva indisturbata, mentre l’apartheid si intensificava a livelli di inaudita brutalità. No, non è arte. È propaganda. È una messinscena macabra dove le vittime hanno già perso due volte: una sotto le bombe e l’altra sotto il silenzio complice di chi preferisce la favola della riconciliazione alla verità del colonialismo”.

Ieri ho ucciso mio marito percuotendolo a più riprese con la sculturina di Giacometti che teniamo in salotto. (Un bronzo che aveva un grande valore. E tornerà ad averlo, dopo che l’avrò raddrizzato). Nessuno mi ha scoperto e mi sento benissimo. Ha finito di soffocarmi. Ha finito di mettermi sotto i piedi. D’ora in poi, lo giuro, non sposerò più nessuno che abbia un corpo. Trascorrerò il resto dei miei giorni in California, ad abbronzarmi e a fare l’amore con le squadre di beach volley. Mi sentirò in colpa? (Anita P.). Se succedesse, pensa ai crimini di Netanyahu: in confronto, il tuo sparisce. E perché la California, quando presto ci sarà la riviera di Gaza a tua disposizione?


  e     poi   da  altre ricerche in sui social   sull''ipocrita    duetto   di  Noa  e   di Mira Awad . E come san Tommaso sono andato a verificare ed a cercare conferme . Ed ecco coasa ho trovato


Copio da Emme Pi, tramite Marisa Ziparo e ringrazio entrambi
RAI, toccare il fondo e proseguire scavando
La televisione di regime ha toccato ieri sera vette inesplorate di asservimento padronale. Non che sia una novità, ma nell'occasione ha probabilmente dato il meglio di sé. A Sanremo, e già ci sarebbe da ridire così, è il momento degli ospiti. Internazionali, dicono, che internazionali non sono. Il conduttore, quello che nella conferenza stampa della vigilia si è detto antifascista (che fa un sacco figo tra la gente che piace) e nell'accezione woke-macchiettistica imperante probabilmente lo è davvero, senza fare un plissé introduce sul palco quelle che il mainstream corrotto si è affrettato a definire “un’israeliana e una palestinese”. E mentre ai gonzi della pace guerreggiata scende una lacrima all'idea che le due sedicenti pacifiste canteranno “Imagine” di Lennon, la loro vita gli sbatte in faccia senza ambiguità la messa in scena di un potere impegnato con ogni mezzo nella normalizzazione del genocidio in atto. Una, Noa, è effettivamente israeliana doc, infatti i figli sono dediti a servire l'esercito di occupazione. Quello che per mettere fine al conflitto fa briciole di qualunque cosa odori di Palestina. Bambini inclusi. Insomma, una ambasciatrice di pace quantomeno bizzarra. Cantante che, nemmeno troppo tempo fa, ebbe modo di definire, quello del suo paese, come “esercito dell'amore”. Me cojoni, pensa un po’ se fosse stato dell'odio. L'altra, poi, è Palestinese non meno di quanto Trump adori i poveri. Talmente palestinese che già nel 2009 rappresentava Israele all’Eurovision e, si sa, Tel Aviv notoriamente sceglie le proprie icone da spedire in giro per il pianeta attingendo dal popolo a cui nel frattempo nega la vita. Mira Awad, il suo nome, è nata in un villaggio druso nel nord di Israele. Ah, ecco. I drusi, invisi ai musulmani e viceversa, sono fedeli servitori dello stato israeliano e, ovviamente, anche delle forze armate per le quali prestano tre anni come riservisti e, sebbene non fosse necessario, se n'è avuta conferma anche all'indomani del famigerato 7 ottobre con l’impennata del numero dei soldati drusi impegnati nel massacro di Gaza. Che dire, una comunità, quella della cantante, che ha a cuore senza riserve le sorti della Palestina. Il bello, si fa per dire, è che gli israeliani li detestano epidermicamente e li sfruttano. Come manovalanza bellica, appunto, e come specchietto per le allodole, millantando una inesistente inclusività. E non si capisce se sia peggio chi lo fa o chi si presta al teatrino da istituto Luce. Ma tant'è che per la maggioranza bulgara dei nostri connazionali la buffonata di ieri sera è il trionfo del bene. Così, mentre il servizio pubblico si vanta di promuovere la pace con il supporto pure del Papa, dà il fianco spudoratamente all’occupazione nel momento di massimo ascolto, tutto per compiacere i padroni di Washington e i loro sgherri.
Mira Awad, peraltro, è la stessa che già in tempi non sospetti attaccò duramente Roger Waters per il suo impegno pubblico nella causa palestinese, accusandolo di inasprire i toni a scapito del dialogo. Dialogo con i cacciabombardieri, forse. In soldoni, come vendere l'anima sulla pelle di un popolo martoriato che si finge di rappresentare. Insomma, l'Italia vassalla non perde mai l'occasione di genuflettersi al cospetto dei reali governanti sovranazionali e lo fa, ogni volta, con inesausta e rinnovata fantasia. Chi cazzo se ne frega se per ottemperare a un diktat si cavalca l'onda di un genocidio perletrato in diretta streaming con la coscienza buttata nel cesso. Tanto i buoni siamo sempre noi.

Un occasione per poter lanciare un vero messaggio di pace e coesistenza andato a vuoto

Volley, calcio e un anello al dito: Anna e Giovanni scelgono l’isola. antonello e silvia un amore nato alle poste

   non sempre  san valentino fa  rima  con cretino .   Ma  contiene    delle storie  d'amore   particolari       come queste  due  che  propongo oggi  .  Entrambe  dalla  nuova  sardegna  la  prima  nuova  sardegna  del 7\2\202025


Vivevano a Legnano, vengono arruolati da due squadre sarde e si sposano


Sassari. Condividono già un pallone e una rete, ma il modo in cui li usano è tutt’altra storia. Lei schiaffeggia il pallone sopra la rete, lui fa di tutto per impedirgli di entrarci dentro. Lei lo scaglia con forza, lui lo trattiene. Differenze di mestiere, piccoli dettagli di due mondi diversi, che però stanno per unirsi in qualcosa di ben più grande: un anello al dito.
Ma facciamo un passo indietro. Ma andiamo per ordine. Lei si chiama Anna Aliberti, classe 1996, originaria di Boves, in provincia di Cuneo, di professione pallavolista, e gioca nel ruolo di centrale nella Capo d'Orso Palau di B1 (un ritorno per lei, dato che ci era già stata dal 2020 al 2022) dopo numerose esperienze nella terza serie nazionale, ed una anche in A2 nel 2017/18 proprio con Cuneo. Lui invece risponde al nome di Giovanni Russo (1992, Chieti), e fa il calciatore, per la precisione il portiere, nella stagione in corso nei ranghi del Tempio in Eccellenza, dopo una lunga carriera che l'ha portato a viaggiare praticamente per tutto lo stivale, da Messina a Trento, con diverse presenze anche in serie C e nella nazionale under 20.
Ora hanno deciso di sposarsi, e c'è già una data precisa: 18 luglio 2026. E qui la cosa si fa interessante. Perché è stata proprio la decisione di Anna nell'estate scorsa di tornare a giocare a Palau a convincere Giovanni a cambiare tutto e seguirla. L'anno scorso vivevano insieme a Legnano, poiché lei giocava in città e lui invece nella Trevigliese. Da buoni sportivi Anna e Giovanni si sono conosciuti in palestra, esattamente ad una partita di pallavolo in cui lei giocava, e lui aveva accompagnato un amico ad assistere alla gara della della sua compagna Martina. «E' stato un colpo di fulmine – spiega Giovanni – anche perché io ero già fidanzato». Ma, come ammette Anna «Era decisamente un bel tipo, di quelli che non passano certo inosservati».
La svolta arriva come detto in estate. Legnano dopo aver ottenuto la promozione in A2 decide di non iscriversi al campionato, così Anna fa una scelta importante, quella di tornare alla Capo d'Orso, dove, riconosce, aveva lasciato un pezzetto di cuore. Così stavolta non riesce a dire di no alla nuova chiamata della direttrice sportiva della società gallurese Antonella Frediani.
«Ce lo siamo sempre detti – racconta lei – se uno dei due riceve un'offerta interessante non ci dobbiamo sentire bloccati. Non ci devono essere rimpianti. Poi si vede insieme come risolvere il tutto. Siamo abituati a ragionare. D'altra parte sappiamo cosa vuol dire fare la vita dello sportivo. Io gioco il sabato, lui la domenica. I week end sono sempre off limits, non esistono mai svaghi. Lo sappiamo e non ci lamentiamo».
Il campionato di pallavolo inizia il 12 ottobre, proprio contro il Legnano, in palestra a Palau c'è la famiglia Aliberti al completo, e anche Giovanni. Che decide che la distanza adesso è eccessiva. Così pochi giorni dopo trova l'accordo con il Tempio e prende l'aereo verso la Sardegna per continuare la vita insieme, nella cittadina che si affaccia sull'arcipelago di La Maddalena.
«Siamo a due passi dal mare - dicono a una voce – meglio non ci poteva andare. In Sardegna si sta bene, il ritmo è decisamente più calmo e piacevole che vicino a Milano».
La stagione agonistica sta riservando a entrambi belle soddisfazioni. La Capo d'Orso Palau è infatti in piena corsa per la qualificazione ai playoff promozione, un obiettivo che insegue anche il Tempio in Eccellenza. «Io ho vinto una coppa Italia di categoria» dice Giovanni, e Anna ammette «Quella gliela invidio un pochino». «Puoi ancora vincerla – risponde lui - non sei così vecchia».

la  seconda dalla nuova   del 12\2\2024  

 .Mi scuso se  è  direttamente    tramite   foto  ,  ma non  ho  voiglia  e tempo  d'estrapolare  il testo dal  pdf  



13.2.25

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n XIX farsi aiutare da persone fidate , non isolarsi ma rivolgersi a psicologi, terapeuti, mediatori familiari o centri antiviolenza che possono fornire strumenti pratici e supporto emotivo

puntata XVIII

Spezzare il ciclo della  violenza sulle donne è una  sfida complessa.  Fondamentale è la prevenzione, attuata  con strumenti educativi per  costruire un ambiente più sicuro e sano, sia per chi subisce  sia per chi si trova in qualche  modo intrappolato in situazioni di tensione.Abbiamo scritto più volte che essere consapevoli di come la violenza sia inaccettabile è il primo passo per agire. Occorre quindi non isolarsi, ma rivolgersi a psicologi, terapeuti, mediatori familiari o centri  antiviolenza che possono fornire strumenti pratici e supporto emotivo per affrontare queste situazioni.Quando parliamo di non isolamento, intendiamo che è importante avere un sistema di supporto, come la famiglia, gli amici o le associazioni locali. Insomma, una rete di sicurezza tale da fare la differenza. Essere in contatto con persone fdate è fondamentale.Sono necessari programmi  educativi e campagne di sensibilizzazione che portino a favorire comportamenti positivi e rispe!osi nei confronti   della donna riducendo drasticamente la violenza. Quindi  parlarne apertamente può essere un atto liberatorio e occorre incoraggiare altri a fare lo stesso, rompendo il silenzio. Fin dall’infanzia bisogna inserire nei programmi  scolastici l’uguaglianza di  genere insegnando valori come il rispetto, sradicando così  sul nascere gli stereotipi di genere e coinvolgendo soprattutto il genere maschile.Il ruolo dei media è importantissimo sulla promozione di rappresentazioni positive e rispe!ose delle donne, coinvolgendo gli uomini nella lotta contro la violenza, educandoli al rispetto e al riconoscimento delle disuguaglianze. Non solo, le istituzioni devono fornire alle donne strumenti per raggiungere l’indipendenza economica, così come corsi di formazione e opportunità lavorative.Detto ciò, impariamo a riconoscere i segnali di relazioni abusive e a offire aiuto in situazioni in cui il rischio di violenza è elevato, prima che questa si concretizzi. Questo non vuol dire necessariamente che ci debba essere un coinvolgimento personale, ma che possono intervenire anche altre realtà, oltre ai canali che offre lo Stato. Soprattutto  perchè  come   è  testimoniato   dalle  cronache     dei diversi  femminicidi  e  come  dice  lo stesso manuale    . Nella    maggior  parte  dei  casi     le  persone      pericolose   sono   quelle più  vicine    .  Infatti  le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici. Gli stupri sono commessi nel 62,7% dei casi da   partner, nel 3,6% da parenti e nel 9,4% da amici. Anche le violenze  fisiche (come gli schiaffi calci, i pugni e i morsi) sono per la maggior parte opera di partner o di ex.

Ma  come     aiutare  una  donna  che è vitima di  violenza   prima  che  esso diventi  femminicidio ?   Bella domanda    ecco cosa  consiglia   questo  Vademecum per aiutare una donna che subisce violenza -  della   Casa delle donne per non subire violenza Bologna

  Avere il sospetto o essere a conoscenza che una donna che conosciamo è vittima di violenza e/o stalking da parte di un uomo con cui è, o è stata, in una relazione affettiva ed intima, spesso provoca in noi sentimenti contrastanti.Non sappiamo come comportarci e ci chiediamo se sia giusto intervenire, soprattutto se conosciamo entrambi, la donna che subisce violenza e l’uomo che l’esercita. Spesso il sospetto o la certezza del maltrattamento subito da una donna che conosciamo può suscitare in noi sentimenti di rabbia o incredulità: potremmo non credere a ciò che ci viene raccontato o pensare che la donna abbia fatto qualcosa che la rende almeno in parte responsabile della violenza che subisce. Potremmo sentirci frustrati dalla sua difficoltà a cogliere l’aiuto che le offriamo.Fare i conti con la violenza nelle relazioni d’intimità comporta mettere in gioco i nostri sentimenti e pensieri, confrontarci con i nostri pregiudizi e prendere una posizione: cioè schierarsi dalla parte delle donne che subiscono violenza e non dalla parte di chi la esercita.


Come faccio a capire se una donna viene maltrattata?

Esistono degli indicatori (psicologici, comportamentali, fisici) che possono aiutarci a comprendere se una donna subisce violenza:

psicologici: paura, stati d’ansia, stress, attacchi di panico, depressione, perdita di autostima, agitazione, auto colpevolizzazione
comportamentali: ritardi o assenze dal lavoro, agitazione in caso di assenza da casa, racconti incongruenti relativi a lividi o ferite, chiusura o isolamento sociale
fisici: contusioni, bruciature, lividi, fratture, danni permanenti, aborti spontanei, disordini alimentari.

Esiste un solo modo per saperlo con certezza: chiederlo direttamente.E’ importante che la domanda sia posta in un contesto di calma e tranquillità. E’ fondamentale che la donna si senta a suo agio e al sicuro, perché possa parlare.Le donne sono reticenti a parlare per vergogna, per paura che il compagno lo venga a sapere, per timore di non essere credute, perché pensano che sia colpa loro. E’ molto importante ascoltare, offrire il proprio supporto, con atteggiamento non giudicante e non forzare a prendere decisioni.


Come posso aiutarla?

Informati sulle dinamiche della violenza di genere sulle donne, non azzardare consigli ma documentati sull’argomento e chiama un centro antiviolenza. Si tratta di situazioni complesse e spesso pericolose.Non pensare di trovare soluzioni rapide, definitive, semplici.In caso di reale pericolo non metterti in pericolo anche tu, ma chiama le forze dell’ordine.


Che atteggiamento tenere?

Assicurati di avere tutto il tempo per ascoltare il suo racconto.Rassicurala che credi a ciò che ti sta raccontando.Non stupirti del fatto che il racconto può far emergere sentimenti della donna verso il compagno molto diversi fra loro: amore e paura, stima e odio, volontà di chiudere la relazione e speranza di una riconciliazione.Dille che non c’è nessuna giustificazione alla violenza, che è una responsabilità di chi l’agisce.Fai domande per capire da quanto tempo avviene la violenza, se è aumentata nel tempo e nella gravità, se ci sono armi in casa. Ti serviranno per capire la pericolosità della situazione e l’urgenza di una soluzione. Non sottovalutare le sue paure. Non farle domande tipo: “perché non te ne sei andata prima/non lo lasci?”. Si sentirà giudicata e non compresa nella complessità della situazione che sta vivendo.Evita di dare giudizi e consigli su quello che deve fare. Sarà lei stessa a dirti ciò di cui ha bisogno. Non prendere iniziative senza accordarsi con la donna stessa.Spesso al maltrattamento si associa un forte isolamento e una chiusura verso l’esterno. La tua vicinanza e solidarietà sono molto importanti.Una delle minacce usate più frequentemente dal maltrattatore per ricattare la donna vittima delle sue violenze è quella di dirle che perderà i figli in caso di separazione o denuncia. Aiutala a capire che non è una “cattiva” madre se cerca di proteggere i suoi figli e che la violenza a cui assistono può essere destabilizzante per loro.Sostieni le sue decisioni e rimandale forza. Ci sono sempre rischi legati a ogni decisione presa da una donna maltrattata ed è stata molto coraggiosa ad aprirsi e a raccontarti. Rassicurala che non rivelerai al suo compagno quanto ti ha esposto:ciò potrebbe recarle ulteriori rischi. La fase della separazione, in caso di maltrattamento, può essere molto pericolosa.Dalle il numero di telefono del centro antiviolenza più vicino. Rassicurala del fatto che lì sarà ascoltata, troverà informazioni utili, non verrà forzata a prendere decisioni e che le sarà garantita la riservatezza.

In caso di emergenza chiamare: 

Linea di aiuto sulla violenza, multilingue e attiva 24 ore su 24 in tutta Italia: 1522, chiamata gratuita.

Carabinieri: 112

Polizia: 113

Emergenza sanitaria: 118

dedico san valentino a ..... tutte le donne

 


Boicotaggio san remo 2025 II giorno . PASSAGGIO A UN BOICOTAGGIO CRITICO

  canzone  sugerita  

l'italiano   medio  -   articolo 31 


   Dopo   il  primo  giorno  riuscito passo ad  un secondo    giorno  parzialmente     riuscito ed  attuare  per  i giori seguenti    , un boicotaggio critico    de  festival   . E' vero che   precedentemente  m'ero   detto di non volerlo seguire  ,  ma  poichè  come diceva  un vecchio  slogan   San remo  è  San   Remo     cioè   è    sempre  stato  lo specchio del nostro paese    finendo  per  diventare nazional  popolare  ed entrando    fra le caratteristiche        dell'italiano  medio    (     ma  non
solo  )   ,  sono riuscito a  non seguirlo  almeno   in  tv  .  Infatti    dopo aver  visto    su netflix    il  pesante  Partenope  ultimo film di Paolo Sorrentino ,  mentre  andavo  a  dormire   ho lasciato mia  madre  sule  note  di Damiano  ex  Maneskin  .   Infatti     non  ho resisto. La  prima  cosa  che    ho fatto    è  stata  quella  di   andare   a  leggere  il testo     dela canzone di  Cristicchi     viste  le polemiche   con la Lucarelli    ,  per  gli altri testi e    e aspetti  musicali    c'è  il  web  ,   e credo che lo  farl con calma  dopo la  chiusura  del circo mediatico che  diventato  san remo negli ultimi  40 anni  .  Ed   per  questo che  ho riportato   ( ed  riporto anche  qui  )    sulla  mia bacheca  di fb     alcune  storie    e   news    critiche  su    questa  edizione  San remese .

Iniziamo     dalla  prima  è una storia  di sorellanza   


Chi sono le sorelle baresi Serena e Noemi Brancale: la cantante e la maestra d'orchestra protagoniste a Sanremo

Storia di web@gazzettadelsud.it 



Il Festival di Sanremo sta vedendo due talentuose sorelle baresi: Serena e Nicole Brancale. Serena, cantante e polistrumentista, ha incantato il pubblico con la sua esibizione, mentre Nicole, direttrice d'orchestra, ha guidato magistralmente l'orchestra durante la performance della sorella.
Serena Brancale: la voce soul di Bari
Nata a Bari il 4 maggio 1989, Serena Brancale proviene da una famiglia di musicisti. Fin da piccola, ha mostrato una forte inclinazione per la musica, studiando violino e pianoforte. Dopo aver conseguito una laurea in canto jazz presso il Conservatorio di Bari, ha ampliato le sue competenze artistiche dedicandosi anche al teatro e alla danza. Nel 2003, ha recitato nel film "Mio cognato" di Alessandro Piva. La sua carriera musicale ha preso slancio con la partecipazione al Festival di Sanremo 2015 nella sezione Nuove Proposte, presentando il brano "Galleggiare". Negli anni successivi, Serena ha pubblicato diversi album, tra cui "Vita da artista" (2019) e "Je so accussì" (2022). Nel 2024, ha raggiunto una vasta popolarità grazie al singolo in dialetto barese "Baccalà", diventato virale su TikTok. Al Festival di Sanremo 2025, Serena ha presentato il brano "Anema e core", un omaggio a Pino Daniele, che ha ricevuto ampi consensi dalla critica e dal pubblico.
Nicole Brancale: la maestra d'orchestra
Nicole Brancale, nata a Bari nel 1982, è la sorella maggiore di Serena. Anch'ella cresciuta in un ambiente musicale, ha intrapreso una carriera nel campo della musica classica. Dopo gli studi, è diventata docente di pianoforte presso il Conservatorio "N. Piccinni" di Bari, lo stesso istituto dove si è diplomata Serena. La partecipazione al Festival di Sanremo 2025 come direttrice d'orchestra per l'esibizione della sorella ha rappresentato un momento di grande emozione e orgoglio per entrambe, sottolineando il profondo legame familiare e la comune passione per la musica.
Un legame musicale indissolubile
La collaborazione tra Serena e Nicole al Festival di Sanremo 2025 non è solo una testimonianza del loro talento individuale, ma anche della sinergia che le unisce. Cresciute in una famiglia dove la musica era parte integrante della quotidianità, le sorelle Brancale hanno saputo coltivare le proprie inclinazioni artistiche, supportandosi reciprocamente nel corso delle loro carriere. La loro esibizione congiunta sul prestigioso palco dell'Ariston ha rappresentato un momento culminante delle loro vite professionali, evidenziando come la passione condivisa possa tradursi in performance di altissimo livello.In un'epoca in cui la musica spesso trascende i confini tradizionali, la storia di Serena e Nicole Brancale è un esempio luminoso di come talento, dedizione e legami familiari possano convergere per creare momenti artistici indimenticabili.


La  seconda    l'uso    strumetale  del  video messaggio  del pontefice ,

cÈ nato un polverone mediatico inatteso intorno al video di Papa Francesco mandato in onda ieri sera durante la prima puntata del Festival di Sanremo condotto da Carlo Conti. Secondo un rumor circolato

dalla mattinata, il pontefice sarebbe stato avvisato soltanto stamattina del suo video in onda a Sanremo e non avrebbe reagito bene alla notizia.L'indiscrezione sul video di Papa Francesco a Sanremo
Secondo quanto trapelato nelle ore successive, Bergoglio non avrebbe registrato quel video per il Festival di Sanremo bensì lo scorso maggio, come ringraziamento agli artisti che avevano partecipato gratuitamente alla Giornata Mondiale dei Bambini allo stadio Olimpico.
La replica di Carlo Conti
Durante la conferenza stampa, un giornalista di Dagospia ha chiesto spiegazioni a Conti, sottolineando come le condizioni di Papa Francesco appaiano migliori nel video rispetto a quelle di qualche giorno fa, quando dovette interrompere l'omelia per difficoltà respiratorie.
"Siamo oltre la fantascienza. Il video è stato registrato sabato 1° febbraio" ha risposto il conduttore "La mia lettera [che chiedeva al pontefice un contributo in occasione del festival] è del 12 gennaio. Me lo ricordo bene perché dal 1° febbraio fino a ieri ho tenuto questo video segretissimo. Le dimissioni di padre Enzo Fortunato non mi riguardano. Il video non può essere vecchio perché fa riferimento a quello che farò al festival. Mi sembra abbastanza chiaro. Lo so che può sembrare strano ma delle volte le cose normali accadono, senza retropensieri. La vita delle volte è più semplice di quello che vogliamo credere".


  concludo     è qui  concordo  con  Lorenzo   Tosa   e   cercherò      anch'io  possibilmente    di  non usare  il termie  guerriero  quando  raccont storie  di  malato di  tumore   o  di cancro 


L’aveva detto espressamente: “Io non sono qui per fare la malata di cancro”.



Lo si è capito dal primo istante, quando Bianca Balti si è presentata con la testa completamente rasata, senza turbante, come a mostrare sé stessa per quello che è senza vergogna e senza protezioni: un gesto di accettazione e normalizzazione enorme per sé e per tante. E, invece, Carlo Conti cosa fa?
La presenta come una “guerriera”, con quella retorica insopportabile della malattia come guerra da vincere, ovvero tutto quello che lei gli aveva chiesto di non fare. Non solo. “Guerriera” e “madre”, tanto per aggiungere un tocco di sessismo che non poteva mancare.Lei, con classe, finge di non sentire.Ma quando Conti insiste: “Sei un grande esempio per tante donne”, Balti a quel punto lo gela con una risposta leggendaria: “Soprattutto noi donne siamo da esempio a molti uomini”.Carlo Conti è riuscito a trasformare un momento importante in un concentrato micidiale di compassione, stereotipi, luoghi comuni che ci riportano indietro di vent’anni nel vocabolario della malattia. Lei è stata straordinaria.Lui semplicemente imbarazzante.Una grande occasione persa.La fotografia esatta di questo Sanremo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             

12.2.25

Pisa, il gesto di Zack dopo il pestaggio: trova un portafogli e lo restituisce ,.tabaccaio riporta i giornali nel centro storico., tempio pausania chiude una edicola dopo 70 anni d'attività


lo so  che  tale evento  è prassi normale   come   il  cane    che  si  morde la  coda   , e  quindi   non c'è ninte  di  nuovo  . Maa  se  lo trova un richiedente  asilo   o un immigrato com 'è successo   nella  storia      che  leggete  sotto    allora   ci sono  dei commenti idioti    e tendenti al razzismo  ed  alla  exenofoibia    come   questo  trovato   sul msn.it \  bing   da    cui  ho  preso la  notizia  : 

Gianfranco Torgani
Questa naturalmente è una messa in scena creata dalla sinistra  per difendere quei poveri immigrati così maltrattati ! Ma non fatemi ridere !


 PISA.
«Questa è la più bella risposta a chi, lo scorso novembre, lo ha aggredito senza un motivo. Questo dimostra che c’è ancora speranza, che ci sono giovani che un domani saranno uomini sui quali fare affidamento. E “Zack” ne è un esempio».

Una stretta di mano ha messo il lieto fine su una vicenda che per Mauro Rocchi, 74enne pensionato pisano, sarebbe potuta trasformarsi in un’odissea. Ma non solo. Perché per Zackaria “Zack” Oubamou, quella stretta di mano ha significato anche una rinnovata fiducia nella città che lo ha sostenuto dopo essere rimasto vittima di un brutale pestaggio in piazza Dante. Lui, studente-lavoratore di 18 anni, che ha trasformato in senso civico lo spirito di vendetta, anche questa volta non si è girato dall’altra parte. Quando ha visto un portafogli abbandonato nel bagno del bar di Borgo Stretto dove lavora, il “Casino dei nobili”, non ci ha pensato due volte: è andato dai carabinieri per consegnarlo ed, eventualmente, metterlo a disposizione di chi lo aveva perso. Quel portafogli, ormai “privo” dei pochi contanti che conteneva, era il “bottino” di un furto consumato pochi minuti prima a poche decine di metri dal locale in cui Oubamou lavora.
«Ero seduto su una panchina in Borgo Stretto quando mi sono reso conto che mi avevano rubato il portafogli – racconta Rocchi –. Arrabbiatissimo vado in questura per sporgere denuncia, non tanto per i soldi (solo trenta euro) ma per i documenti». Carte e tesserini che avrebbero costretto il 74enne ad una lunga trafila burocratica per riottenerli. «Niente di nuovo – aggiunge Rocchi –, episodi che capitano quotidianamente». Questa volta, però, con un finale diverso. «Due giorni dopo il furto, sono stato contattato dai carabinieri per avvertirmi che il mio portafogli era stato consegnato in caserma da un ragazzo. Ho chiesto di far aspettare la persona che lo aveva portato perché volevo ringraziarlo in qualche modo». In caserma il primo incontro, al bar di Borgo Stretto la stretta di mano. «L’ho ringraziato e offerto anche una piccola ricompensa che ha però rifiutato – continua il 74enne –: ennesimo gesto semplice, ma di grande valore, di un giovane che fa dell’educazione e della coscienza pilastri di una vita che qualcuno ha provato, senza motivo, a scalfire». Dopo il furto, il malvivente si era nascosto nel bagno del bar a caccia dei contanti conservati nel portafogli, poi abbandonato nel locale. «L’ho visto e non ci ho pensato due volte, l’ho consegnato alle forze dell’ordine – commenta il diciottenne –. Penso tutti avrebbero fatto lo stesso: l’ho fatto con il cuore perché mi sono messo nei panni dell’altro, pensando ad effetti personali che sarebbero andati persi per sempre e a un dispiacere che il furto di un portafogli può provocare».
Senso civico che Rocchi evidenzia «perché non scontato, soprattutto in un’epoca in cui si sente parlare dei giovani quasi sempre in maniera negativa». «La maggioranza dei giovani è invece come “Zack” – conclude il 74enne –: ragazzi che un domani saranno uomini sui quali fare affidamento».


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dopo  il post   della  ragazza  19 anni che    riapre  un edicola in  un  picclo  borgo  dell'appenino    ecco un altra storia     di  chi  ancora  vende    nnostante  la crisi i  giornali   cartacei  , e  chi  s'arrende  dopo 20 anni   d'attivita  .

La  prima   storia  viene  da  Sassari   da  la  nuovasardegna  del  11\2\2025


Sassari «Mi sono bastate due settimane per capire  che la gente ha ancora piacere a comprare un quotidiano, un settimanale un cruciverba». Originario di.una famiglia di commercianti, î nonni vendevano dolci e cioccolato al Corso, Marco Ginanneschi, sassarese di 37 anni, gestisce da dieci annila piccola tabaccheria di via Margherita di Castelvì,la stradina che parte da via Duomo e si affaccia su piazza Mazzotti, nel centro storico. Una quindicina di giorni fa, ha deciso di offrire un nuovo servizio ai suoi clienti: la vendita dei quotidiani.la tabaccheria di via Margherita di Castelvì, la stradina che parte da via Duomo e si affaccia su piazza Mazzotti, nel centro storico.

Un servizio fondamenta-le,inuna zona dove negli ultimi tempi troppe serrandesi sono abbassate: già da qualche anno ha chiuso l'eicola di piazza Colonna Mariana, e di recente è cessata l'attività anche in quel le di piazza Azuni.e porta Sant'Antonio, Così il commerciante,che dopo un periodo di lavoro da MeBDonald's a 27 anni aveva scommesso sulla.tabaccheria del centro, ora hadeciso di vendere anche quotidianie riviste.

«La scelta è stata fortunata-spiega Marco-in pochi  giorni in tanti si  stanno avvicinando alla tabaccheria per comprare La Nuova  Sardegna».Grande tifoso. del Napoli per via di una passione giovanile per. Maradona, il 37enne, padre di due bambini, ha sistemato quotidiani, periodici e qualche cruciverba proprio all'ingresso dell'antica tabaccheria le cui mura e le antiche volte ad arco sono fatte di tufo.Dovunque, alle pareti, ricmami alla squadra del Cuore: sci azzurre, foto e il volto del Pibede Oro.«L'insegna che c'è fuori,con la seritta “Giornali” —spiega con soddisfazione —me l’ha regalata un cliente». La novità nel quartiere antico della città è stata ac-colta positivamente,, e .il commerciante ha deciso.Anche di offrire qualcosa in più ai suoi clienti. «Ho voluto aggiungere anche il servizio di consegna dei quotidiani
— spiega Marco Ginanneschi — per le attività commerciali della zona, ma anche ora gli anziani che non riescono ad  arrivare da me. Devo alzarmi dal letto un po' prima  lamattina, ma ne vale la pena. Il rapporto quotidiano con i clienti — prosegue -, poter commentare la prima pagina della Nuova Sardegna e i fatti principali è  una bella novità a cui non  ero abituato». inanne: Ginanneschi   ha  pochi dubbi: « la carta, leggere il  quotidiano  e toccarlo con le mani è tutta un'  altra  cosa rispetto a farlo  con il  telefono o computer». La  sua  nuova  avventura    ha  anche   un valore sociale   . «Sono innamorato del centro storico—conclude il neo edicolante - spero nel mio piccolo, con questo servizio, a dare una mano al mio Quartiere. Serve però un impegno anche da parte dei sassaresi per non lasciare morire questa zona della  città»

la  seconda      dalla mia    cittadina    dala    nuova  sardegna  e  da  web  
dopo quasi 70 anni di cui 20 dalla gestione di Raffaele ( foto nell'articolo sotto ) ha chiuso un edicola storica del mio paese




Da qualche giorno l’edicola del Corso ha cessato la sua attività. Non solo non vende più riviste e giornali, cosa che ha fatto per più di 70 anni, ma non esiste proprio più. Cessata l’attività e dismessa dal vecchio titolare, è stata fisicamente rimossa. A notarne la mancanza sono tanti tempiesi, ai quali quella rimozione di un tassello del loro recente passato non poteva, certo, passare inosservato. 


Tanto più che, con la chiusura della storica edicola di corso Matteotti, scompare uno dei punti di ritrovo tra i più simbolici per più generazioni di tempiesi. Ma non solo: di edicole, oggi, ce n’è solo una – quella di piazza Gallura – oltre a due punti di rivendita che assolvono la stessa funzione commerciale. In pochi anni si è ridotto drasticamente il numero di esercizi in cui poter acquistare riviste, fumetti e quotidiani.
In passato, la città ne ha avuto quattro, più altri locali adibiti alla rivendita di
materiale editoriale. Ora il loro numero, in pochi anni, si è più che dimezzato. Le ragioni e la portata del fenomeno sono note e riguardano l’intero Paese.
In un comunicato di Unioncamere del gennaio 2024 si legge, ad esempio, che negli ultimi quattro anni, sono state ben 2.700 le edicole che hanno chiuso i battenti. I numeri si fanno più impressionanti se si considera che, a partire dal 2003, i punti vendita si sono ridotti a meno di un terzo, passando da 36 a 11mila.
A Tempio però l’edicola del corso non è stata solo un esercizio commerciale. Lo si capisce dai tanti post con i quali nei social si è voluta commentare la notizia. Le opinioni sono le più varie, ma tutte hanno un elemento comune: la nostalgia per qualcosa che non potrà più esserci. E così c’è chi ricorda che, negli anni ‘60, l’edicola del corso riforniva di fogli protocollo tutti gli studenti attesi da un compito in classe. Molti hanno ancora presente la figura del primo titolare, Ziu Gino e della   moglie   , recentemente  scomparsi e poi el figlio  Marco   ,  nel quale quel luogo di ritrovo veniva identificato. «C’idimu i ledicola di Ziu Gino», è stato il motto di generazioni di tempiesi che si davano appuntamento lì per poi passeggiare al corso o in piazza don Minzoni ed   lo  stato  anche   sotto    Raffaele  .
I commenti
C'è anche chi crede che la chiusura di una delle ultime edicole della città sîa attribuibile alla crisi che investe, come   tutti  i piccoli paesi  della   Sardegna  e  del  sud  d'italia, Tempio, attribuendonela responsabilità a chi gli amministratori, nella fattispecie non saprebbero guardare con lungimiranza a ciò che accade in
città.La considerazione di gran lunga più apprezzata, è però quella di chi fa notare che se tutti ì commentatori avessero comprato unquotidiano al giorno, anziché condividere gli articoli sui social come facebook, “a scrocco” e spesso in viola-
zione dei diritti delle testate, la serrata delle edicole avrebbe sicuramente regi-
strato numeri meno catastrofici.  Mi alleo   a    


Ripropongo questa foto, perchè la chiusura e la scomparsa dell'edicola ha emozionato tutti gli abituali frequentatori di uno spazio familiare, dove un sorriso ed una chiacchiera, scambiati con simpatia, offrivano momenti di allegria e serenità. Grazie Raffaele e auguri per la nuova scelta di vita.

Un È un altro pezzo di epoca chiude, Voglio ringraziare Raffaele per la gentilezza e la disponibilità, l'ironia  e   e le  risate  ,  mai sentito dire una parola male ,grande Raffaele una brava persona.



Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

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