“Target not visible”, e il bombardiere americano cambiò bersaglio Il mostro nucleare e la città salvata dalle nuvoleIl meteo dirottò l'atomica da Kokura a Hiroshima.

film consigliato  emperor  

  dall'unione  sarda  del  16\11\2013




Possono le nuvole salvare la vita a migliaia di persone? Può il sole rendersi complice di uno sterminio, e della distruzione di un'intera città? Sembra impossibile che sia così: invece è accaduto davvero. In estremo Oriente. Le foto scattate da un giovane sergente hanno testimoniato tutto. Lui è morto, adesso. Le sue immagini, invece, no. Continuano a
 due  dragoni tra le  nuvole  1885  di  kano hogai  ( 1828-1888 ) da http://www.pinterest.com/mikebrautigan/kano-hogai/
rimanere un simbolo e un monito. Per ciascuno di noi.
Tra una giornata di sole e le nuvole, in molti sceglierebbero il sole. Lo farebbero quasi tutti. Invece le nuvole hanno salvato Kokura. La hanno risparmiata dall'annichilimento. Dalla distruzione totale. «Il bel tempo decide la città da colpire: non noi» ha precisato a voce alta il comandante durante la riunione finale, scandendo bene le parole.Un fatto vero, incontestabile. Tanto che nel discorso del presidente Truman il nome della città da colpire era stato appositamente lasciato in bianco. Da riempirsi soltanto a missione compiuta. Come a dire: “L'una o l'altra: fa lo stesso…”. Basta che non ci siano le nuvole! Per carità! Le nuvole potrebbero mandare tutto a monte. Rovinare ogni piano. Ed è così, dunque, che il sole, quel giorno d'agosto, si è alleato con la morte. Era un sole splendente: e con la nitidezza della sua luce ha reso la città di Hiroshima un target ideale per la prima bomba atomica. Un sole pieno, appunto. Il cielo sereno. Tutto immobile e perfetto. Una giornata adatta a essere felici.Invece no.Con questo pensiero, loro sono andati a dormire. Non a lungo, per la verità. Alle due di notte, infatti, erano già svegli, pronti per il decollo. È un meraviglioso giorno d'estate: e a Hiroshima non c'è nemmeno una nuvola. Al mercato rionale la frutta e la verdura ravvivano le anime dei passanti con i loro colori accesi, con il loro profumo d'estate. Sono tutti così felici e ottimisti che quando l'aereo della morte sorvola la città le sirene della vedetta antiaerea nemmeno si prendono la briga di suonare l'allarme: “Sarà un volo di ricognizione” pensano. Lo pensa anche la gente. Ma questa volta si sbagliano. Si sbagliano tutti.«Alla fine di questa missione sarete più famosi di Clark Gable» ha detto il generale ai suoi soldati, per motivarli. Lo ha detto come se la notorietà potesse bastare a giustificare tutto. Come se Hollywood fosse davvero importante. Più importante di uno sterminio.Sei agosto 1945. Un giorno livido nella storia dell'umanità. L'inconfondibile ponte a “T” di Hiroshima è ben visibile. La bomba atomica viene sganciata. Basta il pollice di un soldato su un pulsante, e una colossale quantità di energia distruttiva viene improvvisamente liberata. Quarantadue secondi di caduta libera. E poi il nulla: che prende il posto della vita. In un momento soltanto. Fumo. Luce. Cenere. Morte. Un fungo alto venti chilometri che si erge inaspettato. Settantamila persone smettono di esistere istantaneamente. Il nero che, all'improvviso, prende il posto di tutti i colori. I profumi scompaiono. Scompare anche la luce del sole. Eppure, all'imperatore Hirohito tutto questo non basta per arrendersi. È un uomo orgoglioso, lui. E non è abituato a chinare la testa. Dunque continua a studiare crostacei e molluschi nella sua casa dorata circondata da cigni e da rose: mentre tutto, intorno a lui, muore: perché è facile essere coraggiosi con le vite degli altri.6 agosto 1945. Se quel giorno ci fossero state le nuvole a Hiroshima, tutti sarebbero ancora vivi e la città di Kokura, invece, non esisterebbe più. Kokura è proprio una città miracolata. Per ben due volte. Prima dal sole di Hiroshima. Poi dalle sue stesse nuvole che, tre giorni dopo, la hanno salvata dal nuovo attacco.La seconda bomba ha un nome. Si chiama “Fat Boy”. Ragazzo grasso. È un nome stupido: da caserma. Questo del nome, bisogna sottolinearlo, è un fatto davvero sconveniente e di cattivo gusto. Avrebbero potuto evitarlo, i soldati americani. Quegli stessi che il nove agosto del 1945 hanno sorvolato Kokura con l'intento di distruggerla. Di raderla al suolo.Nove agosto 1945. Sono davvero tante le nuvole che, quella mattina, oscurano i cieli di Kokura e sono spesse. Uno scudo magico e improvviso. Apparso misteriosamente dal nulla a proteggere la città. I militari ancora non lo sanno: per loro, questa volta, Kokura è il target principale per il lancio della seconda bomba atomica: voluta con decisione da Truman pur di finire la guerra in fretta e furia: pur di evitare che i russi potessero prendervi ufficialmente parte e domandare, in cambio, una fetta di Giappone incenerito.La bomba atomica è armata. È pronta per essere sganciata. Le previsioni del tempo hanno annunciato cieli limpidi e sole pieno sulla città di Kokura. Invece, quando i piloti la sorvolano, si trovano immersi fra le nuvole. Una nebbia grigia comparsa all'improvviso li costringe a lasciar perdere. Sono le nove e quarantacinque minuti. “Target not visible” “Target not visible”. Tre parole che salvano Kokura dalla distruzione totale. Nagasaki perirà al suo posto. Perché lì, quel giorno, il sole c'è. Ed è proprio una giornata meravigliosa. 156 chilometri tra le due città: una distanza breve: che, però, cambia tutto. Il sole, le nuvole. Mai così importanti. Mai così determinanti per la vita di tante persone.

Nicola Lecca

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