28.11.13

Le banche sono il Terminator della democrazia Una truffa dare a intendere che la crisi è dovuta non ai salvataggi degli istituti di credito ma a un eccesso di spesa per il Welfare ?^

Esce in questi  giorni  In libreria “Il colpo di Stato” Il colpo di Stato di banche e governi: l'attacco alla democrazia in Europa", appena pubblicato da Einaudi (345 pagine, 19 euro),di Luciano Gallino   ( foto 
a  destra    )                                       Eccone  la segnalazione del buon articolo  di  Costantino Cossu  dalla nuova sardegna del  28\11\2013 

Combattere la recessione con misure recessive. E' il paradosso delle politiche economiche, dominate dalle esigenze di bilancio, che da tre anni a questa parte vengono attuate dai governi europei. Milioni di cittadini, vittime della crisi, sono costretti a pagare i disastri causati dalla crisi stessa, in una spirale recessiva di cui non si vede la fine, accompagnata da una drastica riduzione della sovranità degli Stati e da un crollo drammatico del livello di consenso dei cittadini verso le istituzioni democratiche. Sono i temi del saggio "Il colpo di Stato di banche e governi: l'attacco alla democrazia in Europa", appena pubblicato da Einaudi (345 pagine, 19 euro), con il quale Luciano Gallino approda alla terza tappa di una trilogia (tre testi densi di dati e di riflessione teorica) dedicata all’analisi dei processi attraverso i quali, negli ultimi trent'anni, il modo di produzione capitalistico è finito sotto il dominio incontrastato della finanza. Globalizzazione. La prima tappa, "Finanzcapitalismo" (Einaudi, 2011), è servita a spiegare come la produzione di denaro per mezzo di denaro si sia, nei tre decenni che hanno preceduto la crisi, gradualmente sostituita alla produzione di merci. Nella seconda tappa, "La lotta di classe dopo la lotta di classe" (Laterza, 2012), la riflessione si è invece concentrata sui modi in cui il capitalismo finanziario ha proceduto a un colossale trasferimento di ricchezza dal basso verso l'alto della piramide sociale, dal lavoro verso il capitale. Ora Gallino compie il terzo passo, quello che dal terreno più strettamente economico conduce nei territori della politica. Vinta, infatti, la battaglia sul fronte dell’economia, il finanzcapitalismo si muove alla conquista delle istituzioni politiche; e lo fa utilizzando a proprio vantaggio la "Grande crisi globale" (Gcg) cominciata nel 2007, attraverso una strategia che ormai si configura come un vero e proprio colpo di Stato. Questa è la tesi centrale del libro, la cui dimostrazione Gallino articola in tre passaggi. La Grande crisi. Nel primo sono descritte le cause della Gcg. Le modalità attraverso le quali alla stagnazione economica cominciata a metà degli anni Settanta del Novecento si è risposto con la finanziarizzazione e la globalizzazione dell’economia sono analizzate mostrando come, sia in Usa sia in Europa, all'iniziale liberalizzazione di tutti i settori dell'economia siano seguite da una parte l'assoluta sudditanza dei governi e dei parlamenti verso un sistema di accumulazione che, nel corso di tre 

decenni, ha spostato l'asse del suo funzionamento dalla produzione di merci al gioco della speculazione finanziaria, e dall’altra la drastica riduzione del peso politico del lavoro salariato. Alle banche è stato concesso tutto, al lavoro è stato tolto quasi tutto. E quando il gioco, a partire dal 2007, si è inceppato (per motivi tutti interni alle sue stesse logiche) e in tutto il mondo i maggiori istituti di credito si sono trovati ad avere in bilancio montagne di titoli pesantemente deprezzati, pochissime banche sono fallite. Criminali? Quasi tutte sono state invece salvate dagli stessi governanti complici delle scelte che avevano portato i bilanci al dissesto. Sulla base di una bibliografia americana ed europea ormai piuttosto vasta, Gallino si spinge sino a ipotizzare che le scelte delle banche prefigurino dei veri e propri profili criminali. Rispetto ai quali le leggi attuali sono, in tutti i Paesi, in gran parte inadeguate. Anche se poi non è la via giudiziaria quella che può portare a una correzione degli errori compiuti: «Pensare di indurre questo sistema – scrive Gallino – a comportarsi meglio per mezzo di un più esteso apparato giudiziario equivale a voler insegnare a Teminator III le buone maniere per stare a tavola. Bisognerebbe portarlo in un'officina che lo smonti una volta per tutte». Il secondo passaggio dell’analisi di Gallino mostra come la Grande crisi globale sia stata utilizzata dalle forze economiche che hanno vinto la lotta di classe sul terreno economico per compiere il passo successivo e definitivo: la conquista delle istituzioni politiche. Il finazcapitalismo, infatti, non si accontenta più di avere in tutta Europa – dalla Gran Bretagna all'Italia – ceti dirigenti succubi. Vuole che i principi inviolabili del liberismo siano inscritti nelle Costituzioni. Politici allineati. Così Gallino riassume ciò che è accaduto negli ultimi tre decenni e che ancora accade: «Le leggi sul mercato finanziario introdotte dalla politica hanno stimolato la creazione dei componenti tarati che hanno reso altamente probabile il deragliamento del sistema; le banche li hanno usati senza freni, fino a uscire in modo catastrofico dai binari; i politici hanno salvato le banche deragliate caricando i costi sui cittadini; infine si sono adoperati per spiegare la crisi in modo da togliere di scena anzitutto le proprie responsabilità. La soluzione è consistita nel dare a intendere che la crisi era dovuta non ai salvataggi delle banche, bensì a un eccesso di spesa ordinaria di cui cittadini avrebbero improvvidamente approfittato». E allora via al taglio delle pensioni, della spesa sanitaria, della spesa in istruzione e ricerca, della spesa in assistenza sociale. Le cifre smentiscono i governi: «Tra l'ottobre 2008 e l'aprile 2010 – nota Gallino – i Paesi Ue resero disponibili 4,13 trilioni di euro al fine di sostenere i gruppi finanziari colpiti dalla crisi. Detta somma equivaleva al 32,5 per cento del Pil della Ue, pressoché pari al Pil aggregato di Italia e Germania. Nello stesso periodo la spesa sociale nei Paesi Ue è rimasta stabile intorno al 25 per cento del Pil». Ma nonostante ciò la Troika – Commissione europea, Bce e Fmi – ha spinto verso ferree politiche di bilancio e forti riduzioni della spesa sociale, imponendo i diktat di organismi non elettivi alla volontà dei parlamenti e dei governi, i quali peraltro in molti casi – specifica Gallino – sono persino andati oltre le prescrizioni della Troika (come il governo Monti in Italia). Un colpo di Stato per conto del grande capitale finanziario realizzato da Bruxelles con la complicità di tutte le cancellerie europee e con il sostegno attivo dei media, dove i pifferai del pensiero unico neoliberista – un po' incolti e un po' carrieristi – non hanno cessato un attimo di suonare la solfa «lo chiede il mercato». Che fare. E veniamo al terzo passaggio dell'analisi di Gallino: come uscire dalla crisi per strade diverse da quella disastrosa indicata dalla vulgata corrente. Gallino propone in sostanza un ritorno a Keynes: smascherare la fallacia delle teorie economiche neoliberali; assumere il traguardo della piena occupazione come obiettivo centrale della Ue (perché è l'occupazione che genera sviluppo e non il contrario); restaurare una legislazione del lavoro che ne riconosca la dignità di diritto inalienabile e garantito rispetto alla pretesa aziendale di fare dei salari una variabile dipendente dei profitti; riportare il sistema finanziario al servizio dell'economia reale attraverso la creazione di un efficiente sistema europeo di sorveglianza e attraverso l'eliminazione o la rilevante riduzione del potere che ora le banche private detengono di creare denaro dal nulla. Sinistra all’angolo. Indicazioni che qualunque socialista democratico, prima dello tsunami neoliberista, avrebbe considerato persino scontate. Il fatto che oggi esse appaiano quasi un'utopia e che Gallino per il fatto di proporle corra il rischio di essere considerato un pericoloso sovversivo o un patetico avanzo del passato, significa che siamo in presenza di una storica sconfitta politica del lavoro e delle sue rappresentanze. In Italia chi dovrebbe farle (chi dovrebbe imporle ai poteri vincenti invertendo la dinamica attuale della lotta di classe) le cose proposte da Gallino? Matteo Renzi che nella vertenza Fiat si schiera con Marchionne? Il governo Letta-Alfano? Un sindacato che considera la Fiom come un covo di estremisti da mettere nell'angolo? Gallino ha ragione in tutto ciò che scrive, ma purtroppo un'officina (politica) dove rinchiudere Terminator perché sia smontato una volta per tutte, oggi in Italia e in Europa (e nel mondo) non esiste. Bisognerebbe lavorare per costruirla, sperando che ne

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