In treno verso il fascino nitido della Francia armoniosamente mediterranea Si muore anche a Cassis (ma ci si vive molto meglio)Vigne, mare, poeti e gatti sedotti dal profumo dei dolc

dall'unione  sarda  non  ricordo la data
Il treno regionale per Cassis è strapieno, ed è sporco. La stazione della Blancarde, con la sua armonia un po' appassita e l'intonaco bianco ombreggiato dal tempo, sembra già un ricordo lontano. Ritornano alla mente le parole del rivenditore di stecche di vaniglia. Un algerino con gli occhi azzurri e i capelli ricci, nerissimi. «Marsiglia è allergica alla pulizia: Cassis è l'opposto: è pulita fino al midollo. Ed è piena di purezza». Nonostante l'affollamento, in treno c'è silenzio. Non si chiacchiera più in viaggio. Ognuno è impegnato a leggere, a giocare a Scarabeo sull'Ipod o ad ascoltare musica dal telefonino. Ci sono poi i passeggeri “multi task”: quelli che, in pieno silenzio, riescono a fare più cose contemporaneamente. Fortuna che i bambini (almeno loro) qualche volta, un po' di rumore lo fanno. Un ragazzo biondo con i capelli rasati legge un libro sui templari. Un libro vero, di carta: con le pagine da sfogliare e da sottolineare. Poi un telefonino squilla: e una madre premurosa e risponde a suo figlio, in difficoltà con lo sformato di zucchine. I passeggeri, allora, sono costretti ad ascoltare in dettaglio, con l'acquolina in bocca, la sua ricetta: che pare deliziosa. Tanto che una ragazza prende appunti: per poterla provare a casa, più tardi.Appena giunti a destinazione, ci si rende conto che Cassis è tutto un altro mondo. Fatto di panorami sognanti, profumo di fiori, brezza marina, vecchi viali, vigneti, boschi, scogliere e casette che paiono uscite dalle favole. Per raggiungere il mare bisogna camminare a lungo. Chilometri in discesa che fanno perdere al viaggiatore la cognizione del tempo. Tutto si ferma: e l'incanto comincia, immediatamente, fin da subito, contornato da ulivi nodosi e da vigneti grondanti di grossi grappoli d'uva nera. In molti prendono l'autobus, o fanno l'autostop. Ma in un posto come Cassis è un peccato bruciare le tappe. È meglio lasciare che tutto accada a poco a poco, indisturbatamente. Altrimenti si perde la possibilità di conoscere le fattorie che vendono il formaggio di capra biologico, o quelle che producono il sidro. Fino a scoprire che un vecchio registratore di cassa è stato abbandonato in mezzo a un cespuglio di bacche rosse.
Si trovasse all'interno della Tate Modern, a Londra, verrebbe applaudito come una strepitosa installazione d'arte concettuale: e i critici farebbero a gara per partorire elucubranti interpretazioni riguardo al suo significato. I soldi e il danaro, annientati dal potere della natura. Invece no. Invece è tutto un caso. Perché a Cassis perfino la disarmonia diventa armonica e perfino un registratore di cassa abbandonato in mezzo a un cespuglio sembra obbedire a un qualche misterioso canone di eleganza. Non ci troviamo, forse, in uno di quegli irreali luoghi di villeggiatura che si fatica immaginare abitato anche d'inverno?
Ecco perché appena si arriva in centro, è un piacere perdersi nel reticolo intricato delle sue stradine, e rendersi conto che, oltre alle boutique, ci sono una biblioteca, un asilo e una scuola e che, dunque, a Cassis si nasce, si vive e si muore: come in qualsiasi altra città del mondo. Ma certamente con maggior privilegio: e con molta più emozione. È mezzogiorno, ormai. Il sole si infiltra nel vicolo Bonaparte, dipingendo di ombre le facciate dei palazzi. Le botteghe degli artigiani pasticceri vestono l'aria dei loro aromi prelibati: mandorla, miele, fior d'arancio e crema alla vaniglia. I gatti, d'intorno, ne rimangono estasiati, almeno quanto i passanti. Un bigotto cartello informa che è vietato passeggiare per il centro in costume da bagno. Dal piccolo porto, intanto, partono i battelli alla volta delle Calanques, le insenature per eccellenza: quelle scelte dall'Unesco come Patrimonio dell'Umanità. Sullo sfondo, pini, cipressi, un piccolo faro verde e la cornice scoscesa di bianche scogliere millenarie.
Il vento e l'acqua fredda non scoraggiano i bagnanti. Le case che abbracciano il porto sono tutte diverse fra loro. Hanno due o tre piani: e le tegole un po' sbilenche. Ma stanno bene insieme. Gli intonaci sono rosa, o color crema. A Cassis, perfino gli alberghi a due stelle vantano un loro prestigio, e ostentano una certa vanità. Peccato che le antenne paraboliche sui tetti appaiano come una micosi aliena: che ha colpito un paesaggio fatto di torri e di montagne, ammorbandolo di modernità. Consola sapere che, nella sua bottega, un poeta locale vende parole incorniciate. Poesie d'occasione, composte per celebrare fidanzamenti, battesimi, cresime e matrimoni. Poco distante, un ristorante corso propone ai suoi clienti “Figatellu Grillé” e “Strozapretti” (volutamente scritto con una “z” e due “t”): mentre il dottor Raymond Landret offre l'ipnosi per curare la malattie del sistema nervoso. I balconi fanno a gara per primeggiare: grondano di fiori e di piante rampicanti. Perfino le mollette che stendono i panni sono tutte coloratissime!
La rue Rastit è la più cinematografica di tutte. Sembra la ricostruzione di un mondo antico che non esiste più. Certi palazzi sono così antichi che il campanello si suona tirando una cordicella. Lungo il davanzale di un monolocale al pianterreno sfila una spinosa collezione di piante grasse. Un negozio vende cappelli di Panama. E c'è una profumeria, in loco dal 1851, che produce fragranze inebrianti. Il loro slogan, però, è ambiguo e provinciale: “100% profumo del Sud”, promette. Ma è tutto relativo. Perché per molti abitanti del mondo Cassis è, inevitabilmente, una città del Nord. Meglio contemplare le vetrine dei tanti vecchi bar: quelli che propongono ancora le bottiglie vintage di Pastis e di Anisette. Come se gli anni Sessanta non fossero mai passati.
Le spiagge sono piene: le chiese vuote. Cassis non è un luogo dell'anima: ma all'anima fa bene. È caldo, accogliente, irreale, armonioso e incoraggia la serenità. Perché è pieno di armonia. E l'armonia - si sa - è un balsamo: tanto per le anime semplici quanto per quelle più complesse.
Nicola Lecca

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