29.7.17

VENERDÌ [ Charlie Gard è morto ] © Daniela Tuscano

in  sottofondo



Legggo ora   sulla nostra pagina fb  che

Charlie Gard è morto . Egli  Non è riuscito a compiere un anno di vita, il piccolo Charlie Gard. Il bambino è morto oggi pomeriggio, in una clinica privata nel quale è stato trasferito dopo che ai genitori l’altro ieri è stato negato di poterlo far morire a casa. “Il nostro splendido bambino se n’è andato”, hanno detto la mamma e il papà.

da http://www.interris.it/2017/07/28/
 Ora  non riuscendo    ad esprimere  le mie  emozioni   \  sensazioni    lascio la parola  alla  carissima  Daniela  Tuscano



  L'immagine può contenere: sMS



Aspetto, adesso sono troppo scossa. No, devo farlo subito. Forse è meglio tacere. In verità, caro Charlie, quest'ultimo proposito mi ha sfiorata molto poco in questo lungo doloroso calvario in cui ho sofferto tanto per te, ma ho anche imparato ad amarti, come fossi un figlio mio. E, credimi, ogni mattina di quest'inquieta, arida estate mi svegliavo col tuo nome sulle labbra. Era straziante ma dolce, straordinariamente dolce perché nessun male, nessuna devastazione possono impedire ai bambini d'essere bambini. E i bambini hanno la dolcezza nella carne, negl'inizi fatti di niente che non vogliono spiegazioni. Finché c'eri, comunque c'eri, la vita umana assumeva una rotondità più piena, una completezza e una solidità. Tacere no, non taccio e non tacerò nemmeno in futuro. Poco m'importeranno le critiche e gli attacchi. Non tacerò perché non sia troppo tardi, perché a forza di preoccuparci della qualità della vita abbiamo decretato che non tutte le vite sono degne d'esser vissute, e l'occhialuto uomo dentro di noi ha soppesato freddamente, col bilancino di precisione, cosa convenisse e cosa no. Abbiamo ragionato in termini di percentuali, considerando solo, naturalmente, la maggioranza; e condannando le minoranze, le più deboli, allo scarto. Abbiamo distorto il linguaggio, come in una moderna Babele; e confuso inguaribile con incurabile. 
Eri nato nella parte ricca del mondo. Bello e biondo. Forse, per taluni benpensanti del progressismo, persino troppo: con te, non potevano appagare il loro ambiguo, narcissico egualitarismo. Bello, biondo e bianco. Un privilegiato. Eppure sei diventato l'immigrato delle nostre coscienze, sei stato figlio in un continente vecchio e sterile, futuro che esigeva di crescere, se non nel fisico, certo nella cura. Fratello dei tuoi coetanei nati sulla sponda sbagliata, devastati da guerre, fame e sfruttamento o annegati su anonimi barconi, come è accaduto anche stamane. 
Come loro, non "valevi" abbastanza; ti è stata negata la compassione. Così, dopo aver irriso e negato il tribunale celeste, ti abbiamo sottoposto a un tribunale umano. La tua famiglia naturale è stata spezzata, e nemmeno con cattiveria; piuttosto, con logica. Non ci siamo proprio accorti, di quella penuria di compassione. Semplicemente, non l'abbiamo considerata. Non potevamo capirla. Ed è questo l'aspetto più terribile della tua, della nostra vicenda.
Sì, perché un domani saremo tutti come te. E nell'opinione pubblica sarà ormai acquisito, ovvio e normale rassegnarsi all'inevitabile, accantonare i tentativi, scansare la ricerca, lunga, perigliosa. Solo noi, nel nostro infermo mutismo, sapremo un'altra verità. 
Ci hai lasciati di venerdì. Giorno che evoca un altro grande silenzio, di cui ormai non avvertiamo più il soffio. Orfani di simboli, anche in tal caso, non capiamo. Un giorno vale l'altro.
Posso solo prometterti che non dimenticherò il venerdì di Charlie. Quando giungerà il mio, ti prego, stammi vicino. 



                              © Daniela Tuscano

28.7.17

L'elzeviro del filosofo impertinente

Sono trascorsi 20 anni dalla morte di Lady D. Un lasso di tempo che ha permesso alla principessa del Galles di diventare un mito, e di cristallizzare la sua figura nell'immaginario collettivo. Diana Spencer era una donna libera che rifiutava ogni forma di pregiudizio. Era, in un certo senso, una vera outsider che ha tentato di cambiare il volto della monarchia inglese. Devo ammettere che il Regno Unito ha sempre esercitato un fascino potente sulla mia vita. Chi non ha vissuto gli anni'80 e '90 non può immaginare il carisma di Diana, e dunque non può comprenderla fino in fondo. Quando si muore nel fiore degli anni si rischia di divenire presto un santino da venerare. Diana era destinata a diventare regina d'Inghilterra in quanto consorte del primogenito di Elisabetta II, Carlo, ma il suo dramma personale non lo rese possibile. Il suo matrimonio tormentato con l'erede al trono iniziato nel 1981 si concluse ufficialmente nel 1996, e di conseguenza questo inevitabile passaggio sancì la fine del suo rapporto con la casa reale. La sua tragica morte nel Pont de l'Alma di Parigi spense per sempre il sorriso sul suo volto. Nel 1998 andai per la prima volta in Inghilterra. Per me che adoravo quel paese era un sogno che si concretizzava. Avevo girato il mondo in lungo e in largo ma il Regno Unito non lo avevo ancora visitato. Dopo aver reso omaggio a Canterbury e a Geoffrey Chaucer arrivai a Londra. Londra era il centro dei miei studi e delle mie attenzioni. Sono uno shakespeariano convinto e non potevo non visitare il Globe Theatre. Da questa città sono passati anche i miei miti musicali: I Beatles, Elton John, David Bowie, George Michael e Freddie Mercury. Lady Diana era morta soltanto un anno prima e nei nostri occhi era ancora presente la commozione suscitata dal suo funerale. Mi recai anche nel Northamptonshire per visitare il suo luogo di sepoltura, Althorp House, dimora della famiglia Spencer. Diana non aveva paura d'amare, e di esternare il suo amore incondizionato per i suoi due figli. Non nascondeva le sue fragilità e i suoi malesseri esistenziali. Era la principessa del popolo e non voleva ingannarlo. Aveva compreso che attorno alla sua figura ruotava l'attenzione dei media, e proprio per questo decise di adoperarsi per delle importanti cause umanitarie. Andò in Angola per sensibilizzare l'opinione pubblica sulle mine antiuomo disseminate nei campi. Sposò la lotta all'AIDS e fu anche Madrina delle arti e patrocinò diverse cause ed eventi per raccogliere importanti donazioni in favore dei soggetti più deboli. Da poco aveva ritrovato una stabilità affettiva con Dody Al-Fayed, morto anche lui nello stesso incidente del 31 agosto del 1997 in un tunnel di Parigi. Visitai il grande magazzino Harrods e rimasi sorpreso nel vedere che il padre di Dodi, Mohammed Al-Fayed, all'epoca proprietario del negozio aveva allestito al suo interno un altare commemorativo con la foto di Diana e il figlio. Nel '98, prima di rientrare in Italia, visitai nuovamente la mia amata Parigi, ma questa volta volevo recarmi al Pont de l'Alma. Devo dire che osservando attentamente il luogo della sua morte mi sfiorarono diverse perplessità sulle dinamiche dell'incidente. Non sono un complottista ma non credo alla versione ufficiale. Ricordo la quantità immane di messaggi dedicati a Diana lasciati ai piedi della torcia che sovrasta il tunnel. La sua giovane vita si era spenta come una candela al vento, proprio come la canzone che Sir Elton John aveva cantato al suo funerale. Non voleva diventare un'icona, ma la sua morte l'ha consegnata per sempre alla leggenda. Diana era una donna sensibile in cerca di pace e spiritualità, ma era anche una madre affettuosa che seppe trasmettere ai suoi figli, William e Harry, il valore della normalità. Il loro essere principi non doveva in alcun modo distoglierli dalla consapevolezza di essere vicini al popolo e alle loro problematiche. Lei diceva: "Voglio che i miei ragazzi imparino a comprendere le emozioni delle persone, le loro insicurezze e preoccupazioni, le loro speranze e i loro sogni". A vent'anni dalla sua scomparsa mi piace ricordarla con il suo bellissimo sorriso, con i suoi limiti e i suoi pregi perché Diana era una persona reale, e non un personaggio inventato. Ha speso ogni energia per rendere la monarchia un'istituzione al passo coi tempi. In qualche modo riuscì a rendere più umana la famiglia Windsor. Se la casa reale appare molto meno ingessata lo si deve proprio alla timida maestra diventata in breve tempo la beniamina del popolo. Ma Diana capì anche che la solidarietà è un valore aggiunto da sperimentare quotidianamente nelle nostre vite.
"Fai un atto di bontà, casuale, senza aspettativa di ricompensa, e stai sicuro che un giorno qualcun altro potrebbe fare lo stesso per te" (Lady D).

Cristian Porcino


® Riproduzione riservata

27.7.17

lo ius soli eviterebbe storie come questa di Sara in italia dall'età di 2 anni ma che non può essere 'alla pari'



ecco perchè sono per lo ius soli onde evitare discriminazioni come queste Ma i malpancisti non solo non vogliono ma inventano cose non vere pur di non votarlo e fare propaganda parlando alla pancia della gente .Eed influenzandola , ecco alcuni commenti dell'articolo ivi ripotato










Anna G. Baratella
Cara signorina, guarda che mia sorella - cittadina italiana - ha dovuto sottostare alle stesse regole per andare a Londra a fare la cameriera in un pub. Fornire i dati del datore di lavoro e circa le mansioni che si andranno a svolgere, dimostrare di avere una certa disponibilità di denaro e soprattutto dichiarare che non si risiederà per oltre un certo periodo di tempo E' LA NORMA PER TUTTI, non solo per i marocchini!
Io capisco che ormai ci si inventa di tutto per parlare e straparlare dello Ius Soli, ma signora De Gregorio la smetta di dare spazio a chi racconta storie manipolatorie infarcite di disinformazione. 


Guido
Anche tu Conchita ! Basta ,pietà non se ne può davvero più di questa narrazione lacrimosa sullo ius soli...........
Non possiamo modificare l'identità e la composizione della popolazione italiana con una legge così di forte impatto e così invasiva sulla base di ragioni così labili e inconsistenti come la delusione di Sonia che non può andare subito a fare la ragazza alla pari...siamo davvero al ridicolo involontario.Sonia impari ad aspettare con calma e consapevolezza,arriverà il momento giusto ,se lo vorrà, di diventare italiana.Anche questo rappresenta un insegnamento.



Anonimo
Ma la De Gregorio Concita deve continuare per quanto a propinarci queste tonnellate di melassa a costo zero?? Non se ne può più !!! A quando le storie dei gattini rimasti su un albero?? oppure la vecchietta che non trova nessuno che la accompagni a fare la spesa ?? Che pena.........







da http://invececoncita.blogautore.repubblica.it/articoli/ del   26 LUGLIO 2017

Sara che non può essere 'alla pari'





Sara da piccola in Toscana

Grazie alla lettera di Sara Souiba

“Scrivo questa lettera, non amo usare il termine email, mi rende lontana e fredda da chi mi legge; scrivo per far conoscere la mia storia e quella di un milione di miei compagni di battaglia. Nasco in una piccola città toscana; tra colline pianeggianti e il profumo del mare portato dal vento caldo estivo. La mia storia è lunga e ricca di narrazione come quella di ognuno di noi. I miei genitori sono nativi del Marocco, intraprendono il loro viaggio nel Bel Paese negli anni Novanta; quando gli stranieri
erano veramente pochi".
"Dopo un po' di anni danno alla luce una bambina, che sono io, dopo un anno mia mamma ed io torniamo in Marocco e io riesco a crearmi un legame con le mie origini, la terra della mia famiglia, e imparo perfettamente l'arabo. Torno in Italia all'età di sette anni, frequento la scuola elementare, le medie e adesso il liceo poi l'università. La facoltà che sceglierò ancora non la so esattamente; mi piacciono tanti rami e intrecci ma tutti con indirizzo umanistico: di scientifico ho poco o niente".
"Cambiando discorso, ritorniamo al succo di questa epistola: cominciò tutto quest'inverno quando mi scaldavo accanto al camino con in mano un bicchiere di tè alla menta; mi era venuta in mente la splendida idea di fare la 'au pair’ in Inghilterra d'estate per migliorare il mio inglese e fare nuove esperienze. Mi iscrivo così ad un sito per ‘au pairs’, sembra tutto in regola sono tutta felice; contatto varie famiglie, videochiamate su Skype e chiamate su whatsapp.
Insomma sembra che il sogno si possa avverare veramente, partire tre mesi lontano dal nido famigliare, dalla vita quotidiana della città di provincia dove abiti e invece no: il mio desiderio si disperde e perde le sue speranze".
"Non ho la cittadinanza italiana, infatti, ma marocchina. Dovrei richiedere un visto speciale, far sapere da chi vado e perché vado, dichiarare una certa somma di soldi per potermi mantenere e risiedere in Inghilterra meno di tre mesi. È stato un colpo al cuore, nata e cresciuta in Italia, ormai italiana perché mi riconosco in questa cultura, nella lingua nei costumi e nelle tradizioni. Per lo Stato italiano io non esisto. Come cittadina mi cascano le braccia a scrivere queste frasi che sono, ai miei occhi e alla mia anima, prive di senso. La legge sullo Ius Soli è stata rimandata ancora dal Senato, non c'è una maggioranza del governo. Partiti di destra che si scontrano per una legge che tutela e garantisce dei diritti a dei bambini, a dei cittadini che sanno l’italiano benissimo, che a scuola cantano l'inno a squarciagola".
"È innegabile il diritto al voto, il diritto al viaggio, ma soprattutto è illegale a parere mio non essere riconosciuti in un paese in cui si è nati. Concita, io spero che leggerai queste mie parole piene di dispiacere dalle quali si può capire cosa vorrei – più di tutto, adesso, avrei voluto lavorare alla pari in estate - e com’è deluso il mio stato d'animo adesso”


26.7.17

ricordiamo che la mafie uccide anche gente comune non solo politici e giornalisti . Il ricordo. Rita Atria, la picciridda di Borsellino che morì 25 anni fa



Anche un suicidio può diventare omicidio . Soprattutto quando i media e le istituzioni ( dopo averli riempiti di merda fango quando erano invita ) si geneflettono ricordando Falcone e Borsellino e di sgtriscio gli uomini delle loro scorte .Ed  in un barlumne di coscienza  e   di lucidità   anche  le istituzioni  : <<  Conosciamo tutti le vittime della strage di Via D'Amelio eppure ne dimentichiamo sempre una. Rita Atria aveva solamente la colpa di essere nata in una famiglia mafiosa»: lo scrive su Facebook il presidente del Senato Pietro Grasso (  http://www.corriere.it/cronache/17_luglio_26/)  >> 

 E il caso che mi acingono a riportare oggi 


Antonio Maria Mira mercoledì 26 luglio 2017
Figlia di una famiglia mafiosa di Partanna testimone di giustizia, aveva 17 anni quando si gettò dalla finestra appena seppe della strage di via D'Amelio.

                                                     Rita Atria

Via D’Amelio e via Amelia. Paolo e Rita. Il magistrato nemico delle mafie e la 'picciridda', figlia di una famiglia mafiosa. Una storia di riscatto e di speranza, di fiducia nei giovani e in una vita pulita, che vince anche la morte. Quella di Rita Atria, 17 anni, la settima vittima di via D’Amelio, anche se la sua vita si ferma il 26 luglio 1992 sul marciapiede al numero 23 di via Amelia, a Roma, sotto il palazzone dove la ragazzina viveva tutelata dal Servizio centrale di protezione, testimone di giustizia, dopo l’uccisione del padre e del fratello, mafiosi di Partanna. Una scelta disperata dopo la morte di Borsellino, il suo nuovo papà. «Rita non la dobbiamo ricordare per la sua morte ma per la sua intelligenza che le diede la possibilità in pochissimo tempo di cambiare. È la storia drammatica di una ragazza che per la prima volta aveva trovato nella vita cose pulite e siccome era intelligente aveva capito la differenza tra le cose sporche in cui aveva vissuto e quelle pulite che aveva trovato».


                        Le due lapidi poste sulla tomba di Rita Atria (Max Firreri)




Così la ricorda Alessandra Camassa, presidente del Tribunale di Marsala. Venticinque anni fa, giovanissima sostituto procuratore nella città siciliana, fu lei a seguire il percorso di collaborazione di Rita. Lei insieme al suo 'capo' Paolo Borsellino. «Paolo aveva una particolare predisposizione per i giovani, soprattutto per i più fragili. Più un ragazzo era fragile e più lo amava. Aveva questo spirito adottivo. Si sostituiva subito alla figura paterna. La sua era una vocazione. E quindi il rapporto con Rita è stato automatico. Faceva benissimo il magistrato ma gli riusciva ancor più bene fare il padre». E per Borsellino era fondamentale anche nella lotta alla mafia. «Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo», diceva. «Quanto è importante investire sui ragazzi. È fondamentale», afferma anche la Camassa. Ed è anche l’eredità che ci lascia la 'picciridda', così come la chiamava Borsellino.
Lo sottolinea il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, che come come ogni anno sarà oggi al cimitero di Partanna. Sulla tomba, come aveva chiesto Rita, saranno poste una rosa rossa e un’orchidea. «Il suo sogno si è infranto il 19 luglio. La morte di Borsellino è un vuoto che ha risucchiato la sua fragile vita. Lei il 26 luglio si è affacciata sul balcone e si è lasciata morire. Ma io sono convinto che durante quel volo Dio l’ha abbracciata stretta e forte. Per noi vive, perché la sua vita spezzata ha generato tanti frutti. Soprattutto due: le donne di mafia che si ribellano ai padrini e i ragazzi della giustizia minorile, che hanno più o meno la sua età, che cercano altre strade, altri punti di riferimento, che fanno delle esperienze in un altro tipo di comunità, non quella mafiosa ma quella vera che riempie la vita di vita».
In fondo è proprio quello che Rita aveva scritto. «Bisogna rendere coscienti i ragazzi che vivono nella mafia che al di fuori c’è un altro mondo, fatto di cose semplici ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di quello o perché hai pagato per farti fare quel favore. Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare. Se ognuno di noi prova a cambiare forse ce la faremo».
Rita sceglie di parlare seguendo l’esempio della giovane cognata Piera Aiello, moglie del fratello ucciso. «Quando comincia a collaborare con la giustizia – racconta ancora il magistrato – non pensa minimamente 'ora aiuto i giudici'. C’è solo rabbia. Era venuta per vendicarli. E come può una ragazzina di 17 anni vendicare la morte del padre e del fratello? Certamente non si poteva mettere a sparare per strada pur conoscendo tutti i mafiosi amici del padre. E allora collabora con la giustizia. Ma per lei la giustizia erano i carabinieri che venivano a casa la notte. Nei primi colloqui mi dice 'mio padre era un uomo straordinario perché ogni volta che rubavano le pecore, lui riusciva a farle restituire'. Io allora le faccio vedere i rapporti giudiziari e le dico, 'guarda che tuo padre rubava le pecore e si faceva pagare per restituirle: si chiama estorsione'. Per Rita tutto questo è stato un vero percorso analitico, ha rivisitato la sua vita, ha reinterpretato le figure del padre e del fratello. In un anno ha cambiato testa. Le si leggeva in faccia il suo stupore. Non so come ci immaginava. Forse tutti vecchi e burbera. Invece Paolo era tanto affettuoso, io e la collega Morena Plazzi eravamo due ragazze, gentili, normali. Così lei pensa 'e allora tutto quello in cui avevo creduto era sbagliato'. E si affida davvero in un modo personale a Borsellino. Morti il padre e il fratello, rifiutata dalla madre e dalla sorella, Paolo per lei era la salvezza. Era la figura maschile che le mancava».
E Borsellino la coccola, le fa regali, così anche la moglie Agnese. E Rita cambia anche nell’aspetto. «Quando partì dalla Sicilia aveva un vestitino con il pizzo, sembrava una donna dell’800, quando è tornata aveva una grande consapevolezza di sé». In fondo era «una ragazzina, ma dura, perché già la vita l’aveva traumatizzata. Mi diceva sempre: 'dottoressa lei certe volte non può capire perché è troppo una brava ragazza'. E questo mi faceva sorridere perché faceva un po’ la grande con me, mi trattava da ingenua. E un po’ aveva ragione. Le sue paure, le sue ansie io non potevo comprenderle. La paura di una che che ha avuto quella vita non è quella che abbiamo noi, è una paura profonda». E poi il rapporto con la madre. «Lei lo capiva che era qualcosa di terrificante però diceva 'mia madre è una donna che ha avuto grandi disgrazie. Io sono quella intelligente che deve andare verso di lei'. E si sorbiva delle minacce pesantissime. 'Ti farò fare la fine di tuo fratello', le diceva. Ma voleva che nei colloqui non la lasciassimo mai sola. Borsellino con la sua grande umanità cercava di trovare la quadratura del cerchio ma erano due mondi che non si potevano parlare».
Già perché la famiglia era ed è ancora convinta che la colpa delle scelte di Rita sia tutta di Borsellino e di Piera Aiello. «La madre – ricorda Camassa – denunciò Paolo per sottrazione di minore e fummo costretti a fare il procedimento al Tribunale dei minorenni per sospendere la patria potestà». E proprio la madre spezzò la lapide della tomba. Ora, dopo la sua morte quattro anni fa, la lapide è stata rimessa. Anzi due. Una di chi ha sostenuto la sua scelta, una della sorella. Fianco a fianco ma le parole e i pensieri restano diversi. Ma almeno il suo nome c’è. Nome e memoria.
Ma c’è un modo molto concreto per onorarne la memoria. Approvare rapidamente la proposta di legge sui testimoni di giustizia. Il testo è uscito dall’inchiesta della Commissione antimafia nel maggio-luglio 2014. Come ci ricorda il deputato del Pd, Davide Mattiello, coordinatore dell’inchiesta, la commissione approvò all’unanimità una relazione nell’ottobre 2014. Poi alla fine del 2015 la proposta di legge sottoscritta da tutti i gruppi politici in commissione. A marzo 2017 è stata votata dalla Camera sempre all’unanimità. «Io ero il relatore – ricorda ancora Mattiello –. Al Senato, dove lo è Giuseppe Lumia, è stata incardinata in commissione Giustizia poche settimane fa. La sfida è che non sia modificata e così diventi rapidamente legge. Spero non ci siano sorprese dopo tutta questa unanimità».Anche perché la proposta di legge è dedicata a Rita. Ed è importante perché definisce per la prima volta uno statuto autonomo dei testimoni di giustizia, rispetto ai collaboratori di giustizia. «Fino ad ora – spiega Mattiello – i testimoni sono stati trattati come una costola della normativa sui collaboratori, una scelta che genera confusione e nella confusione un certo mal trattamento». Invece, commenta la Camassa, «dobbiamo riconoscere il grande sacrificio dei testimoni. Il Paese dovrebbe tributare loro un ringraziamento continuo, perché è gente che cambia la sua esistenza, la propria vita, e per sempre». Proprio come Rita, la 'picciridda' di Borsellino.

  concluso   facendo mio  , poi  fate  come volete  ,L'appello lanciato dalle figlie di Paolo Borsellino  ( sempre  dal corriere  delal sera  )  ad abbandonare la retorica delle celebrazioni è lo stesso che ripete l'associazione nata per ricordare Rita Atria: «L'antimafia - spiegano gli organizzatori degli eventi celebrativi - non si esercita con la retorica istituzionale, con le commemorazioni una volta all’anno, con facili slogan, ma praticando la memoria attiva, denunciando, documentando, dando voce, sostegno e solidarietà concreta alle vittime, lottando ogni giorno per cambiare un sistema di valori che ha preso il sopravvento e che puzza di quel compromesso morale, di quella indifferenza, di quella contiguità e quindi della complicità di cui parlava Borsellino». «Il dubbio di Rita - aggiunge il regista Nevano - se può un mondo onesto possa esistere o sia solo in sogno è la domanda più attuale, mentre celebriamo la morte di Borsellino, e la più urgente. Sinceramente non so rispondere».

non sempre è oro tutto quell che luccicca





ho scoperto    che questro mio post  


Giuseppe Scano ha condiviso la foto di Raf Uccè.
Raf Uccè
Albert Einstein: “Temo il giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità: il mondo sarà popolato allora da una generazione di idioti”.
...ci siamo quasi

Soprattutto   dopo che   alcunu  miei  utenti  ( ne trovate  sotto alcuni\  e  )   mi  l'hanno fatto notare  'sta bufala per moralisti..

Gli studenti sono stati invitati ad usare lo smartphone dalla guida per qualche motivo.
Lo smartphone è ( se usato bene aggiunta mia ) un fantastico aiuto per la didattica.


https://www.facebook.com/redbeppeulisse1/posts/10214185536342315

Peccato che nella sala ci sia un servizio fantastico multimediale sul quadro. Probabilmente gli studenti stavano seguendo la lezione sul quadro, ce ne fossero di musei come quello.





soprattutto , cospargendomi il capo di cenere , ringrazio Maurizio Perrone per i suoi url che riporto sopra all'inizio del post


25.7.17

ecco perchè non posso definirmi completamente ateo

 da l'espresso

Atei militanti ecco perché sbagliate
Un conto è non rispecchiarsi in alcuna religione rivelata. Altro è credere, in modo assoluto e intollerante, nel grande nulla
Eugenio Scalfari




Gli atei. Non so se è stata mai fatta un’indagine nazionale o internazionale sul loro numero attuale, ma penso che non siano molti. I semi-atei sono certamente molti di più, ma non possono definirsi tali. L’ateo è una persona che non crede in nessuna divinità, nessun creatore, nessuna potenza spirituale. Dopo la morte, per l’ateo, non c’è che il nulla. Da questo punto di vista sono assolutisti, in un certo senso si potrebbero definire clericali perché la loro verità la proclamano assoluta.
Anche quelli che credono in una divinità (cioè l’esatto contrario degli atei) ritengono la loro fede una verità assoluta, ma sono infinitamente più cauti degli atei. Naturalmente ogni religione cui appartengono è molto differente dalle altre, ma su un punto convergono tutte: il loro Dio proclama una verità assoluta che nessuno può mettere in discussione. Nel caso della nostra storia millenaria il mondo è stato spesso insanguinato da guerre di religione. Quasi sempre dietro il motivo religioso c’erano anche altri e più corposi interessi, politici, economici e sociali, ma la motivazione religiosa era comunque la bandiera di quelle guerre, che furono molte e insanguinarono il mondo.
Gli atei - l’ho già detto - non sanno di essere poco tolleranti, ma il loro atteggiamento nei confronti delle società religiose è rigorosamente combattivo. La vera motivazione, spesso inconsapevole, è nel fatto che il loro Io reclama odio e guerre intellettuali contro religioni di qualunque specie. Il loro ateismo proclamato vuole soddisfazione, perciò non lo predicano con elegante pacatezza ma lo mettono in discussione partendo all’attacco contro chi crede in un qualunque aldilà, lo insultano, lo vilipendono, lo combattono intellettualmente. È il loro Io che li guida e che pretende soddisfazione, vita natural durante, non avendo alcuna speranzosa ipotesi di un aldilà dove la vita proseguirebbe, sia pure in forme diverse.
Con questo non voglio affatto dire che l’ateo sia una persona da disprezzare, da isolare e tanto meno da punire. Spesso i suoi modi sono provocatori, rissosi e calunniosi, ma questo non giustifica reazioni dello stesso genere. Certo non ispirano simpatia, ma questa è una reazione intellettuale di fronte alla prepotenza del loro Io.
Infine c’è una terza posizione, anch’essa minoritaria come gli atei, ma profondamente diversa: i non credenti. Non credono a una divinità trascendente, per quanto riguarda l’aldilà suppongono l’esistenza di un Essere e qui si entra in un’ipotesi affascinante che può assumere le forme più diverse. Per alcuni l’Essere è la forma iniziale dell’Esistere, per altri è l’Esistere che dorme, in perenne gestazione; per altri ancora è il caos primigenio, al quale l’energia delle forme torna dopo la morte d’una forma qualsiasi e dal quale forme nuove sorgono continuamente, con loro leggi e loro vitalità energetica. La vita e l’aldilà, da questo punto di vista, sono in continuo avvicendamento del quale noi umani ignoriamo i meccanismi creativi, ma che tuttavia sono in continua e autonoma attività.
L’Essere e il Divenire. Ci furono nell’antica Ellade, due filosofi che in un certo senso sono i predecessori di questo modo di pensare: Parmenide ed Eraclito. Non furono i soli, ma certamente i più classici e i più completi, ciascuno dal suo punto di vista.
Parmenide definì l’Essere come una realtà vitale ma stabile, non modificabile, il letto della vita che l’Essere contiene ma che non assume alcuna vitalità. Eraclito non ignora l’Essere, ma ipotizza che esso alimenti il Divenire. Si potrebbe dire che la vita dorme nell’Essere e si sveglia nel Divenire.
Ammetto qui la mia incompleta informazione culturale: più o meno i due filosofi appartengono alla stessa epoca e alla stessa terra, ma non credo che le date delle loro vite coincidano e tanto meno se abbiano avuto conoscenza l’uno dell’altro.
Il più vicino al mio modo di sentire è Eraclito. I suoi “detti” sono lucidi e splendidi così come ci sono stati tramandati. Parlo in particolare di quello che dice: «Ciascuno può mettere una sola volta nella sua vita i piedi nell’acqua del fiume». Quella frase quando la lessi ed ero molto giovane non la capii subito; ma poco dopo ne compresi il senso profondo: l’acqua del fiume scorre e quindi varia di continuo; tu ci metti il piede e quell’acqua non la ritrovi più perché scorre e cambia continuamente. L’acqua è una forma dell’Essere, ma il suo scorrere è la forma del Divenire.
Così è la nostra vita, i nostri pensieri, i nostri bisogni, i nostri desideri e la carezza della morte, che uccide una singola forma ma non la sua indistruttibile energia.
Questi sono, ciascuno a suo modo, i non credenti. Non credono in un aldilà dominato da una divinità trascendente delle religioni e non credono al nulla nichilista e prepotente degli atei, il cui Io è sostanzialmente elementare; anche se dotato di cultura e di voglia d’affermarsi. In realtà è un Io che non pensa. Un Io che non pensa e non si vede operare e non si giudica. Così è un Io di stampo animalesco. Mi spiace che gli atei ricordino lo scimpanzé dal quale la nostra specie proviene.

i rapinatori della sala slot graziano e on rapinano cliente disoccupato

  CANZONI  SUGGERITE
The Gang - Bandito Senza Tempo
Guns N' Roses - Don't Cry


Fonte, i rapinatori della sala slot graziano cliente disoccupato

Onè. «Sono senza lavoro, tutti i miei soldi nel portafogli» e i tre banditi, svuotata la cassa della sala slot, se ne vanno
















FONTE. Pistola puntata e volto coperto, prima rapinano la sala giochi, poi tentano di portare via il portafogli all’unico avventore, salvo poi fare dietrofront quando questo li supplica di lasciarlo stare essendo un disoccupato.
L’assalto è avvenuto domenica alla sala giochi Atlantica di Oné. Erano circa le 23 quando tre individui hanno fatto irruzione nel locale minacciando con una pistola le due uniche persone che al momento erano all’interno: la titolare cinese di 49 anni e un cliente. Immediato e perentorio l’ordine di aprire le casse e farsi consegnare l’incasso, una sola frase pronunciata a quanto pare in un italiano piuttosto incerto, o perché il trio era di origine straniera o per depistare le indagini. Mentre la donna apriva le casse, sperando che l’incubo finisse quanto prima, il cliente è stato fatto stendere faccia a terra. E in quel frangente, secondo quanto raccontato a chi è arrivato nel locale dopo l’assalto, i tre malviventi hanno chiesto all’uomo di consegnare loro il portafoglio. «Sono un disoccupato, quello che c’è nel portafoglio è tutto il denaro che ho», ha supplicato il cliente. I tre hanno rinunciato, anche perché il bottino già li soddisfaceva abbastanza, visto che si tratta di circa diecimila euro in contanti. Preso il denaro i tre sono scappati a bordo di una Fiat Punto.Scampato il pericolo, la titolare ha subito chiamato il 112: immediato l’intervento dei carabinieri della compagnia di Castelfranco per dare la caccia al trio di rapinatori. La banda però si era già garantita la fuga con un cambio d’auto al volo. Quella utilizzata per arrivare a Oné e poi scappare è stata ritrovata poco più tardi a San Zenone. E proprio qui era stata rubata qualche ora prima della rapina a un residente di nazionalità tunisina.
L’impresa dei tre malviventi, durata una manciata di minuti, è stata ripresa dagli impianti di videosorveglianza presenti nella zona e le immagini costituiranno un elemento importante per le indagini.
Purtroppo non è la prima volta che la sala giochi Atlantica viene presa di mira dai malviventi: era successo anche nel giugno 2014, quando
ignoti sono penetrati nella struttura dopo aver abbattuto a colpi di mazza il muro che divideva la sala giochi da un esercizio sfitto all’epoca dei fatti: seimila euro il bottino del saccheggio di videogiochi e macchinette cambia moneta, oltre diecimila euro i danni al locale.

La psicosi dei cattolici per Marilyn Manson a Verona ha ottenuto l'effetto opposto il concerto ha registrato il tutto esaurito.

 con questo post  mi ricollego  al post  precedente  . In qanto  Sembra d'essere negli anni '50 /60 con le crociate contro il rock  o  la posizione del maerstro di musica dei simsons     contro il  blues  di Lisa   Invece d'impedirgli di cantare ,organizzare un contro concerto di musica sacra no ?! . Questa sarebbe una bella prova di democrazia invece della crociata tipica medioevale
.

  ho ricevuto nel  gruppo di  whatsApp   dell'associazione di volontariato  qusta  consa  da inoltrare  e diffondere 

******
Passaparola :
Stiamo facendo una Rete dI preghiera con Rosario e Sante Messe offerte con questa importante intenzione: aiutare il Vescovo di Verona che sta lottando per far annullare il concerto del capo satanista Marylin Manson. In realtà sarà un grande rito satanico dove offenderanno Il Signore con atti sacrileghi e bruceranno la Bibbia in pubblico. Aiutiamo i fratelli delle Chiese locali che si stanno battendo contro questo inferno previsto proprio per il 26 Luglio, ricorrenza di Sant'Anna e San Gioacchino. Coraggio, con la Preghiera che il Signore vuole fervorosa ce la faremo!🙏👆🕊🕊🙏


  credendo  che  fosse    una  catena    , sono  andato    a   vedere  in rete  ed ecco cosa  ho trovato  su  https://www.vice.com/

La psicosi dei cattolici per Marilyn Manson a Verona ha appena raggiunto il limite
Jul 21 2017, 5:53pm

La settimana prossima Marilyn Manson si esibirà a Villafranca di Verona, e i cattolici non l'hanno presa proprio benissimo.
Iniziamo subito col dire una cosa basilare e autoevidente: Marilyn Manson ha smesso di destare "scandali" o provocare "choc" più o meno vent'anni fa. Possiamo essere tutti quanti ragionevolmente d'accordo su questo, no?
Siamo nel 2017, e levare gli scudi morali per proteggersi dalle trovate del "Reverendo" (su Noisey potete trovare una lista di metallari che fanno davvero paura) è antiquato quanto consultare una pagina in html del Centro Culturale San Giorgio, e dunque sostanzialmente ridicolo.


Eppure, nel mondo esiste ancora un posto in cui la gente è convinta che l'arrivo di Manson aprirà uno squarcio nell'atmosfera e farà precipitare—per citare l'Apocalisse di Giovanni—"il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra."
E quel posto, grazie a Dio, si trova proprio in Italia. Il prossimo 26 agosto, infatti, Bryan Hugh Warner suonerà a Villafranca di Verona, un piccolo paese del profondo Veneto che da mesi è in subbuglio per l'evento.
Già alla fine del 2016 i giornali locali avevano raccolto le voci di diversi residenti, preoccupati per i "messaggi devianti" del cantante ("il satanismo come stile di vita, l'uso di droga") e per le "pesanti conseguenze" che potrebbe patire una realtà periferica come Villafranca.
A gennaio è poi arrivata una petizione—che nel frattempo ha raggiunto più di 3600 firme—scritta da un certo Mario Lupo Rossi. Nella lettera, rivolta alle istituzioni e agli educatori comunali, si esprimono perplessità per aver dato occasione di "diffondere, in particolar modo a danno delle giovani generazioni, il proprio profondo disprezzo dei valori che sono fondamento della nostra società."
Le critiche si concentrano sul fatto che, due anni fa, Manson aveva bruciato una bibbia sul palco a Firenze—un gesto che ripete da tipo 395 anni. Alla fine, Rossi invita i destinatari della petizione ad "assumervi la responsabilità della diffusione di questi messaggi, in particolare a danno dei più deboli."
Con il progressivo avvicinarsi della data, si sono adottati rimedi più spirituali per scacciare l'Anticristo. Come riporta Il Fatto Quotidiano, dal primo di luglio un gruppo di cittadini ha iniziato a riunirsi ogni venerdì per pregare e recitare il rosario "riparatore." Qualche settimana fa, inoltre, sono scese in campo anche le autorità religiose. Il vescovo di Verona Giuseppe Zenti ha inviato una missiva ai parroci del paese, in cui assicura "la sua vicinanza di pastore e amico," ringrazia "chi sa pregando" e definisce "demente ancor prima che sacrilego" l'atto di bruciare la Bibbia, che rimane comunque "qualcosa contro cui dovrebbero insorgere tutti i cristiani."
Il sindaco del comune, Mario Faccioli, ha mostrato di non gradire troppo questa forma di protesta. In un post su Facebook ha precisato che "la scelta artistica del cartellone non è dell'amministrazione comunale," e scritto di aver trovato "aberrante certe prese di posizione contro questo signore, contro l'amministrazione, da persone che ritengono di essere paladini di verità, portatori di sante croci, che pregano per pioggia e tempesta, che raccolgono firme, che fanno sedute di preghiera."
Il picco dell'isteria contro Manson lo si è raggiunto grazie a uno dei siti principali della galassia di pagine ultracattoliche di cui avevamo parlato tempo fa: La Luce di Maria. Forte della sua pagina da 1 milione e 400mila fan, ieri è apparso un breve pezzo con l'eloquente titolo "CONCERTO DI MARILYN MANSON A VERONA, IL CIELO SI RIEMPIRÀ DI DEMONI." Nel lancio su Facebook, inoltre, si invita a prestare attenzione perché "questo non è un concerto è una seduta spiritica di massa, evocare il demonio può essere molto pericoloso."
Spero vivamente sia una trollata, dato che l'articolista de La Luce di Maria è convinto che "la fede e i rosari puliranno Verona dalla dissacrazione del cantante satanista."
Nonostante questo auspicio e le preghiere, però, il concerto ha registrato il tutto esaurito.

un nuovo meterorite contro l'idiozia ?

Benedetto Sechi ha condiviso la foto di Raf Uccè.
Raf Uccè
Albert Einstein: “Temo il giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità: il mondo sarà popolato allora da una generazione di idioti”.
...ci siamo quasi
Mi piaceVedi altre reazioni
Commenta
Commenti
Piervittorio Risso ... e Rembrandt si rigira nella tomba... o magari si fa un selfie??!!
Mi piaceVedi altre reazioni
Rispondi
1
Ieri alle 13:04
Gestire
Nicola Culeddu Peccato che nella sala ci sia un servizio fantastico multimediale sul quadro. Probabilmente gli studenti stavano seguendo la lezione sul quadro, ce ne fossero di musei come quello.
Mi piaceVedi altre reazioni
RispondiIeri alle 15:26

Il suo impatto, circa 250 milioni di anni fa, causò la "grande Moria": il 96% delle specie scomparve per sempre. E' vicino alle Isole Falkland (Sud America)
IT.BUSINESSINSIDER.COM
Mi piaceVedi altre reazioni
Commenta
Commenti
Passi Flora Speriamo ne arrivi un altro...una bella pulizia de sto mondo non guasterebbe di certo 
Mi piaceVedi altre reazioni
Rispondi
1
7 hModificato


Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...