30.4.22

CONCERTO DI PIAZZA SAN GIOVANNI ROMA 1 Maggio dietro le quinte: gli aneddoti di chi lo organizza ma non è per le barracopoli il caso di Borgo Mezzanone vicino a Foggia, c’è una baraccopoli i


VITA DA BRACCIANTI

Buon 1º maggio,

(ma non per loro)

A Borgo Mezzanone, vicino a Foggia, c’è una baraccopoli in cui vivono 4 mila braccianti agricoli privi di tutto. Di posti così in Italia ce ne sono in 37 Comuni. Una condizione molto vicina alla schiavitù, che un gruppo di giovani filmaker ha raccontato in un film. Che però nessuno vuole

La speranza di una vita migliore può essere una trappola che la vita congela in un’attesa potenzialmente infinita. Almeno, è così che sembra andare a Borgo Mezzanone, ghetto (il nome giusto sarebbe “insediamento informale”) in provincia di Foggia, dove circa 4mila braccianti coltivano speranze nelle ore e nei giorni lasciati vuoti dai campi. A thing by, collettivo di ragazzi tra i 23 e i 28 anni, ci è entrato nel 2020 e ci ha vissuto per tre mesi spalmati su un anno, realizzando One day one day, racconto delle vite sospese di alcuni di quei 4 mila. Il regista è Olmo Parenti, il più “vecchio” del gruppo di filmaker,
che i soldi per il film li ha trovati girando i videoclip di Gabbani, Sfera e Basta e soprattutto Tananai, che firma le musiche del film. Da Sanremo a Borgo Mezzanone passando per George Floyd: «Nel 2020 ho visto un servizio sul ghetto a le Iene. Poco dopo, a Minneapolis hanno ucciso George Floyd e mentre ero in piazza a Milano a manifestare per lui mi sono detto: e per gli schiavi di casa mia cosa posso fare? Poco dopo eravamo a Borgo Mezzanone: non sembra Italia. 


Manca tutto, luce, acqua, diritti. Ma a colpire di più è l’immobilità sociale: non c’è redenzione, per quanto brutale il ghetto è l’unico posto che accoglie questi ragazzi

Ci siamo tornati nel corso di un anno per dare alle cose la possibilità di cambiare, invece abbiamo documentato fallimenti: ogni volta che i nostri “protagonisti” facevano un passo per migliorare la propria vita – affittare una casa, cercare un altro lavoro, aprire una
PostePay – trovavano un muro di gomma. La maggior parte di loro è arrivata in Italia tra il 2014 e il 2016, alcuni sono a Borgo Mezzanone da anni e senza possibilità di uscirne: non hanno il permesso di soggiorno, non possono andare in un altro Paese europeo  per gli accordi di Dublino, verrebbero rispediti in Italia, ndr), non vengono rimpatriati, come prevede la legge». Un limbo esistenziale, burocratico, legale, noto a tutti, da anni. George, Abu e gli altri intervistati, rispondono a ogni domanda sul futuro col mantra diventato il titolo del film: « One day, un giorno, le cose andranno meglio.Se lo ripetono per non impazzire all’idea di rimanere il tavolino su cui un intero Paese banchetta. Ma “un giorno” è anche la foglia di fico di un Paese che spera che il problema si risolva da sé. E invece, complice il cambiamento climatico, non potrà che peggiorare», dice   Olmo  Parenti.
Nel Pnrr, il Piano di Ripresa e Resilienza del programmaNext GenerationEu, ci sono circa200milioni di euro stanziati per lo smantellamento degli "insediamenti informali" sparsi in37Comuni italiani e la costruzione di insediamenti abitativi più umani. Per quello diBorgo Mezzanone, il più popoloso, lo stanziamento è di circa 50 milioni: «L’intervento rientra in un progetto di integrazione e regolarizzazione più ampio», dice Tatiana Esposito, Direttrice generale dell’immigrazione del ministero del Lavoro (foto), che dettaglia anche i tempi: «Entro marzo 2023 le amministrazioni locali devono presentarci il piano di intervento e, una volta che lo avremo approvato, avranno 2 anni per realizzarlo». C’è poi il problema della regolarizzazione dei braccianti che ci vivono: anche quando avranno una casa, come faranno coi documenti? «Abbiamo condotto una ricerca approfondita sulla composizione dei braccianti impiegati in agricoltura in Italia: la stragrande maggioranza di loro è composta da stranieri regolari». La quota di irregolari è però quella che popola i ghetti: «Per gli irregolari ci sono già due strumenti, poco utilizzati: l’art. 22 del Testo Unico sull’Immigrazione, che garantisce un permesso di soggiorno a chi collabora con la giustizia per contrastare lo sfruttamento; l’art. 18 dello stesso Testo, che assicura protezione e documenti anche a chi non denuncia, se vittima di tratta», spiega Espostito. È un limbo esistenziale e burocratico da cui non si può uscire. E che può solo peggiorare 

I migranti raccontati nel film provano a riscattarsi  in molti modi: c’è chi, dopo dieci ore nei campi, prova a imparare l’italiano, chi studia la frequenza con cui escono i numeri al Lotto per capire quali giocare: «Nel ghetto è successo che qualcuno vincesse. Io ne ho conosciuto uno che però con quei soldi ha perso il suo fragile equilibrio; ne ha mandati la metà nel suo Paese e l’altra metà l’ha bevuta e spesa in prostitute. È andato via di testa perché ha avuto la prova che il problema, qui dove manca tutto, non sono i soldi: per quanti ne potrai vincere, continuerai a non poter avere documenti, quindi una casa e un lavoro regolari», dice Parenti. È per questo che anche quando viene data loro la possibilità di lasciare il ghetto alla fine non lo fanno: «È un limboma anche una rete di protezione. A ottobre scorso, un neurochirurgo del policlinico di Bari mi ha telefonato perché Abu, uno dei ragazzi del film, era stato colpito con un’ascia alla testa e appena arrivato in ospedale aveva dato il mio numero. Sono sceso a Bari per aiutarlo con le denunce e gli ho proposto di tornare a Milano con me, per sottrarsi al ghetto. Mi ha detto di sì, poi ci ha ripensato: in quel posto non hai nulla ma quel posto è l’unica cosa che hai; lì ti senti al sicuro anche se ti piantano un’ascia in testa, perché lì le persone sono come te, non ti giudicano, parlano la tua lingua. È un’assurda comfort zone in cui c’è posto persino per la gratitudine: i ragazzi che ho conosciuto ci sono grati per averli salvati dalmare e in cambio di questo accettano di essere, come dicono loro, “cittadinidi serieC”. Qualcuno di loro lo ritiene persino giusto. Ma lo accettano finché possono coltivare la speranza di diventare almeno di serie B. Ed è lecito chiedersi se frustrare questa speranza non renda esplosive situazioni come quella di Borgo Mezzanone». Persino la storia di One day one day parla di lavoro: il collettivo di Parenti lo ha prodotto e girato, ma non ha trovato nessuno che volesse distribuirlo: «Così, via Instagram tramite Will Media, abbiamo lanciato la campagna Vietato ai maggiori. Il senso era: “gli adulti” non lo vogliono? E noi portiamo i filmnelle scuole che ne faranno richiesta, dai ragazzi». Le scuole che rispondono sono 500 in pochi giorni: «Siamo partiti allora per un tour di unmese che, da Foggia, ci ha portati in tutta Italia, toccando 52 scuole e facendo vedere il film a oltre 6.700 ragazzi. A quel punto, abbiamo fatto un altro passetto: abbiamo invitato i maggiorenni a firmare una “dichiarazione di interesse” nei confronti del film dicendo che a 5 mila richieste avremmo fatto in modo di far arrivare il film nelle sale. Ne sono arrivate più del doppio, quindi ora lo proietteremo nei cinema delle città da cui provengono quelle mail. E tramite cinema@ willmedia.it altre sale possono chiederci di averlo», dice Parenti. Che si è inventato la distribuzione popolare, fai da te, porta a porta e on demand.



Faldoni, proteste e multe: come nasce il concertone Dal 1989 a oggi è sinonimo di 1 Maggio. Pochi, però, conoscono le 'grane' che si celano dietro le quinte: gli aneddoti di chi lo organizza

di Camilla Romana Bruno

 


 
 Nel museo del lavoro tre chilometri di ricordi
                                Andrea Lattanzi

 

 I manifesti del 1 Maggio sono tra i documenti conservati nell'Archivio Storico del Lavoro di Sesto San Giovanni, che racconta le battaglie per i diritti in Italia.

27.4.22

bellezza a tutti i costi ed il caso di samntha migliore


 leggi  prima 
 https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2022/04/samantha-migliore-morta-due-volte-per.html
https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2022/04/il-vero-empowerment-femminile-e-quando.html


 canzoni  suggerite  


Fabrizio De Andrè - NELLA MIA ORA DI LIBERTA'

Afterhours - Voglio Una Pelle Splendida
Cccp-   Per Me Lo So
Afterhours - Pelle (live acustica)




Ogni volta che parlo di canoni estetici imposti,ricevo tantissimi attacchi, anche di una cattiveria  (  metaforicamente    parlando  😀 ) inaudita,  da  uomini    che :  1)   amano  le  donne   con tali canoni  imposti., 2) che ricorrono anche essi a  cerette ,   depilazioni   di peli  e  di ciglia ,   ecc  . Ma   soprattutto  ,   ed  è  questo    che mi lascia perplesso,  da   proprio da donne  sia  che  praticano   tali pratiche .  Mi s'accusa    di  predicare   la libertà  e poi    di  reprimerla  . Certe persone     che  non   collegano il  cervello prima  di parlare   in quanto   io non  sto  vietando  niente  a   nessuno o  imponendo  una mia  scelta     ma solo facendoli   notare   poi facciano quello che  vogliono perchè   ogni  uno  di noi    è libero  di  scegliere  o meglio : <<  Di respirare la stessa aria\di un secondino non mi va
perciò ho deciso di rinunciare\ alla mia ora di libertà  ( .....  )  cit  Fabrizio De Andrè >> di     liquidarli  con  un Vaff  o  con questa    canzone   della  colonna  sonora del post    

Ma   al " grido " di  alcune  di  voi   “lo faccio per me stessa” e “decido io cosa fare del mio corpo”  che    sono  o   diventano paladine della chirurgia estetica a  tuttii  costi , della depilazione, delle diete,  tatuaggi  di moda  ,   persing  , ecc o di qualsiasi altra cosa volta a modificare il corpo in nome di un'ideale di bellezza promosso dai media.Ed è proprio per questo che tale imposizione è talmente forte e subdola, perché ci convincono che sia una libera scelta e siamo noi a volerlo.Se ci fosse imposto per legge, ci sarebbe la rivolta e nessuna persona   vorrebbe modificarsi il corpo.Ma se ci bombardano di immagini di donne con determinate sembianze lontane da un corpo “medio” (estremamente sottopeso come andava di moda negli anni ‘90/2000 o con curve maggiorate innaturali come sta andando di moda adesso) ci instillano la convinzione che come siamo non va bene (quindi facendoci diminuire l’autostima e portandoci ad insicurezza), ma che, guarda caso, c’è una soluzione (costosa, ovviamente) che ci renderà magicamente belle (proprio come VOGLIAMO NOI !) ed ecco che siamo disposte a tutto e lo facciamo all’urlo di “lo faccio per me stesso” e “decido io cosa fare del mio corpo”.Tutte quelle che dicono che è una scelta personale, quindi, come mai , e qui  mi riferisco ale  donne  principalmente  ,  il boom del ritocchi alle labbra è arrivato negli ultimi anni quando c’è la moda della bocca a canotto? Perché quasi nessuna se le rifaceva 10/20 anni fa? Come mai 20 anni fa la nostra preoccupazione maggiore era non avere il sedere troppo grosso, mentre adesso è non averlo abbastanza grosso ?  Dov’è la nostra libertà? Ve lo dico io dov’è: è influenzata dalla moda estetica di turno.La storia ci ha insegnato le aberrazioni del  :  1)   busti ed  i  corpetti   da done   in occidente  :, 2)   piede di loto, in oriente i  cina  soprattutto   . Esso  le     deformava  soprattutto  il  secondo    rendendole  incapaci di camminare, e proprio le donne erano poi diventate quelle che si battevano per mantenere quella moda. L’imperatore ha dovuto mettere una legge per impedire la prosecuzione di quella barbarie, ma a sentire le dirette interessate, a loro piaceva, lo volevano, lo consideravano un loro diritto, una libera scelta, si sentivano belle così, coi piedi deformi.Questa è la potenza della persuasione a livello inconscio che i canoni estetici sociali impongono su di noi. No, non siamo liberi .No, non vogliamo veramente modificare il nostro corpo.Nessuna di noi nasce con la convinzione di non piacersi. Avete mai visto dei bambini piccoli guardarsi allo specchio e lamentarsi per il loro aspetto? No, nessuno lo fa  se  non  ha  visto  in tv  e  ora  i  cellulari  e  pc    influencer  e   modelli  imposti .Infatti  La percezione della propria bellezza o bruttezza cresce in noi rapportandoci nella società in cui viviamo, paragonandoci col prossimo e con gli esempi proposti dai media.Ecco  tre    esempi personali      che   riporta la  pagina fb  di    I.have.a.voice 

  1 Sono cresciuta negli anni in cui andava di moda essere praticamente pelle e ossa, ma io ero muscolosa e, nonostante il mio peso fosse al limite del normopeso appena sopra il sottopeso, mi sono sempre considerata grassa, vergognandomi, seguendo diete ferree, nascondendo il mio corpo. Poi sono andata a vivere all’estero, dove le donne erano normopeso e spesso molto più in carne di me: magicamente il mio senso di disagio era sparito, non mi sentivo più grassa, e ovviamente non facevo più la dieta ferrea. Era una mia decisione libera essere a dieta? Evidentemente no, subivo inconsciamente la pressione sociale.2. Ho sempre avuto delle labbra considerate carnose, ben più voluminose della maggioranza delle altre donne. Ho sempre ricevuto complimenti e sono sempre stata felice delle mie labbra. Da qualche anno vedo sempre più spesso bocche grossissime, a volte anche il doppio rispetto alla mia e più di qualche volta mi sono guardata allo specchio pensando se fosse il caso di fare una punturina anche io. Sì, proprio io, quella che scrive post contro i canoni estetici. Poi mi ripiglio sempre e mi rifiuto di modificarle, ma il pensiero viene, proprio perché, più persone seguono una moda, più la pressione sociale diventa talmente forte che ci si sottomette.3. Io detesto la depilazione, mi fa male, è uno spreco di tempo infinito, piuttosto di depilarmi mi chiuderei in casa, ma se esco in gonne o devo avere un rapporto con un uomo, purtroppo cedo al canone estetico e mi depilo, perchè so che se non lo facessi sarei insultata e mi vergognerei.>>

Esistono donne   ed  uomini  che se ne sbattano altamente e fanno quello che vogliono? Sì, certo, ma la verità è che quando si vive all’interno di una società si acquisiscono e si seguono le regole sociali, anche se inconsciamente. Ed  non  farsi  influenzare     cioè non conformarsi  non    semplice . Quindi ogni volta che una donna o un uomo  si fa la chirurgia per assomigliare ad un canone estetico, non cambia solo  la sua  persona  , ma rende la pressione sociale maggiore anche per   gli altri  che   ben presto inizieranno a voler seguire quel canone, via via sempre di più, fino ad essere tutte (o quasi) schiavi dell’ideale di bellezza imposto secondo le varie mode. Quindi no, non solo non modifichiamo il nostro corpo per libera scelta, poiché lo facciamo spinti dalla pressione sociale, ma, nel farlo, rendiamo quella pressione ancora più forte, spingendo a nostra volta anchegli altri   a cadere in questa trappola.Se domani tutti ci svegliassimo felici di come siamo e la smettessimo di spendere centinaia di migliaia di euro per la nostra fantomatica “bellezza”, non solo saremmo tutti molto più felici, ma saremmo anche molto più ricchi non solo economicamente.  Mi  permetto di suggerire   di  nuovo come     fa  ( vedere   il leggi anche    )  un libro per bambini, ma utile anche per i più grandi, contro la   contro la superficialità e gli ideali di bellezza imposti, per far capire che quello che veramente conta nella vita è altro, e insegnare l’amore proprio e il rispetto per gli altri : “Maddy e la ricerca della Bellezza "  . 

 con questo è tutto 

Tenta il furto e muore schiacciato dai bancali: si scatena l'odio sul web. La famiglia: "Quereliamo"



Un po' di silenzio non guasterebbe quando s'è davanti a fatti come questi . I genitori hano fatto benissimo .

  repubblica  27\4\2022


Lo sdegno affidato al legale della famiglia di Umberto Sorrentino: "Vergogna, che degrado umano e civile". La sindaca di Cattolica: "Una tragedia di fronte alla quale non c’è sentimento di pietà nè di rispetto"



RIMINI - Si era intrufolato nel retro di un supermercato chiuso nel giorno di Pasquetta, a Cattolica, per rubare qualche bottiglia d'acqua, è morto schiacciato dalle casse che si sono ribaltate. Lo hanno trovato solo il giorno dopo, una tragedia quella di Umberto Sorrentino, 47 anni. Una esistenza ai margini, la sua.

Una persona in difficoltà che, da morta, è stata presa di mira dagli hater nei social: "Adesso un ladro di meno", "se l'è cercata", sono solo alcune delle espressioni usate e che ora l'avvocato della famiglia riporta in una lunga lettera che scuote le coscienze. E condanna i leoni da tastiera riservandosi querele: "Che schifo, che vergogna, non c'è pietà umana".
«Chiunque ha potuto leggere sui social giudizi su Umberto del tipo: “Era un ladro”, “adesso un ladro in meno”, “morire per una bottiglia d’acqua, se aveva sete poteva andare ad una fontanella”. E così di seguito ed anche peggio. In poco tempo queste espressioni sono diventate virali, ponendo in seconda luce i pochi commenti positivi che mostrano comprensione e reclamano pietà e rispetto per una morte atroce». Inizia così la lettera firmata dall’avvocato Massimo Vico, il legale che aveva assistito Umberto Sorrentino«Chiunque ha potuto leggere sui social giudizi su Umberto del tipo: “Era un ladro”, “adesso un ladro in meno”, “morire per una bottiglia d’acqua, se aveva sete poteva andare ad una fontanella”. E così di seguito ed anche peggio. In poco tempo queste espressioni sono diventate virali, ponendo in seconda luce i pochi commenti positivi che mostrano comprensione e reclamano pietà e rispetto per una morte atroce». Inizia così la lettera firmata dall’avvocato Massimo Vico, il legale che aveva assistito Umberto Sorrentino"Chiunque – si legge nella lettera che la famiglia di Sorrentino, attraverso l'avvocato Massimo Vico, ha indirizzato agli organi di informazione – ha potuto scorrere in questi giorni sui social giudizi su Umberto di questo tipo: ‘era un ladro’, ‘morire per una bottiglia d’acqua, se aveva sete poteva andare ad una fontanella’. E così di seguito ed anche peggio. In poco tempo queste espressioni sono diventate virali, ponendo in seconda luce, i pochi commenti positivi che mostrano comprensione e reclamano pietà e rispetto per una morte atroce. Che desolazione! Che Schifo! Che vergogna! Che ignoranza! Che volgarità! Che degrado umano e civile! I moderni strumenti di comunicazione sono di grande aiuto per l’umanità, ma se finiscono nelle mani degli ignoranti è come aver buttato le perle ai porci”.
Per i famigliari di Sorrentino, per la mamma Rosaria che ha perso suo figlio, "il gruppo degli haters non è interessato a considerare Umberto come persona, rifiuta di conoscere le condizioni di salute fisica e mentale, le sofferenze, le difficoltà affettive, i rapporti famigliari, le cause della sregolatezza, in sintesi la vita vera. Per questi ‘leoni da tastiera’, odiatori, Umberto è morto perché ha tentato di rubare qualche bottiglia d’acqua: tanto basta per farlo diventare un bersaglio di odio e di scherno".
Nella lettera la famiglia spiega la situazione di Sorrentino: "Umberto ha passato alcuni periodi della sua esistenza in comunità terapeutiche anche con limitazioni della libertà personale anche a seguito di azioni giudiziarie che lo sottoponevano all’obbligo di cure, assistito con scrupolosa competenza professionale e vera disposizione affettiva, dall’avvocato Massimo Vico, che continuerà ad assisterlo nelle conseguenze del tragico evento".
Non tutto il web ha reagito così. E nemmeno lo hanno fatto le istituzioni. "Sono molto amareggiata per quanto letto sui social – dice la sindaca Franca Foronchi –. E’ morta una persona, giovane, conosciuta in città. Una tragedia di fronte alla quale non c’è sentimento di pietà nè di rispetto". La vicesindaca di Rimini Chiara Bellini reagisce: "Bieco frasario dell’orrore scatenato sui social locali alla notizia della tragedia in cui ha perso la vita un uomo a Cattolica".
Parole di sdegno che ci sono state anche nei social, con diverse testimonianze: "Ero i comune, mentre attendevo il mio turno ho incrociato gli occhi della mamma di Umberto Sorrentino, sono andata verso di lei , l'ho abbracciata, le ho fatto le mie condoglianze e mi sono sentita di chiederle scusa: una mamma che ha subito il più grosso dei drammi ha anche dovuto subire violenza verbale, mi sono vergognata". E ancora: "Sono veramente sconcertata e indignata per i vari commenti che ho letto sui social".

finalmente Consulta: illegittime le norme che attribuiscono automaticamente il cognome del padre


Con una decisione storica la Corte Costituzionale ha stabilito che non sarà più automatico il cognome del padre e che ai figli potrà essere dato sia il cognome della madre sia quello del padre, a meno di diversa decisione dei genitori.Si tratta di una svolta radicale che spazza via con un tratto di penna decenni di norme giudicate “illegittime” e secoli di retaggi patriarcali e maschilisti che non hanno senso di esistere (e resistere) nel 2022.Infatti fino a qualche tempo fa La trasmissione del cognome paterno non era una "imposizione", era una "garanzia". Dal momento che "mater semper certa est, pater numquam", il padre, dando al figlio il proprio cognome, lo "riconosceva". Riconoscimento che da parte della madre non era necessario per evidenti motivi. A chi dice che non è con questi particolari che si cambiano le cose… È ANCHE così che si cambiano le cose, e non sono certo particolari visto che prima di ciò una donna non poteva scegliere di poter dare , se non ( magari ricordo male . se dovessi sbagliare correggetemi e fatemelo notare ) dare il doppio cognome , il proprio cognome ai figli\ e . E no, non c’è nessun vincolo o obbligo. Si chiama libera scelta, si chiama uguaglianza, si chiama parità di genere. Quindi se ne facciano una una ragione i pillon e gli adinolfi.
finalmente un ulteriore retaggio delle discriminazioni femminili viene meno . Ecco quindi che ogni Ogni volta che qualcuno maledice e vede solo nell'Europa, cole negative , dobbiamo ricordare che su molte questioni nelle quali noi italiani siamo impantanati, per pigrizia e retaggio, l'esempio e l'incoraggiamento di altri Paesi sono uno spintone salutare.

Infatti sarebbe ora toglierCi quella polvere di dosso, indossare scarpe comode e correre in avanti, come ci dicono da più parti
Per stare al passo con le persone più giovani ed il mondo d'oggi , per non ritrovarsi a difendere idee consunte, pensieri inutilmente arrovellati. E svecchiarsi è sempre salutare.

26.4.22

Il vero empowerment femminile è quando si sta bene col proprio aspetto, esattamente com’è, non dopo aver speso migliaia di euro in chirurgia estetica per trasformarci in corpi totalmente innaturali.


 leggi  anche
https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2022/04/samantha-migliore-morta-due-volte-per.html


 fra  gli articoli  più  interessanti   sul caso di  Samantha Migliore, e     che  più condivido finalmente   qualcuno chela pensa  come  me   è  questo  di Ihaveavoice


La settimana scorsa una donna di 35 anni, madre di cinque figli, è morta per un intervento estetico al seno.
Il suo nome era Samantha Migliore, lavorava come addetta alle pulizie, un lavoro semplice probabilmente poco retribuito, e con 5 figli a carico non è difficile immaginare che non vivesse una vita agiata.Il suo desiderio di avere un seno prosperoso, soprattutto dopo le gravidanze, non l’ha fermata, nonostante i costi di questi trattamenti estetici siano molto elevati. Così si è affidata alle mani di una sedicente “estetista” che le ha iniettato una sostanza in casa per 1.200 euro.Si possono valutare diversi aspetti di questo caso: da come sia possibile affidarsi a persone non qualificate per un intervento tanto pericoloso come quello al seno, dalla disonestà della sedicente estetista, ecc. Ma la cosa che più mi ha colpito è una: una donna di 35 anni, quindi non una ragazzina, con 2 matrimoni pregressi e un terzo avvenuto pochi mesi prima, già vittima di violenza da parte di un ex, con 5 figli da mantenere e quindi presumibilmente anche con certe difficoltà finanziarie, come fa a mettere in pericolo la sua vita per un intervento estetico? Quando apro i social (la tv non la guardo mai, ma penso sarà lo stesso) vedo ormai donne completamente rifatte, con corpi totalmente innaturali. La pressione sulle donne di avere determinate sembianze è enorme e colpisce non solo le più giovani, ma anche donne che dovrebbero aver raggiunto una certa maturità e sicurezza in loro stesse. Molti uomini non hanno nemmeno più la consapevolezza di come sia un corpo/viso di donna vero, naturale. Questa donna non è stata solo vittima di una sedicente estetista irresponsabile, e nemmeno della sua ingenuità a fidarsi di persone non esperte. Questa donna è vittima in primis dei canoni estetici innaturali imposti alle donne. E no, la favola del “lo faccio per me” o dell’“empowerment femminile” è solo una manipolazione raccontata alle donne per spennare loro soldi in costosi trattamenti estetici. Il vero empowerment femminile è quando si sta bene col proprio aspetto, esattamente com’è, non dopo aver speso migliaia di euro in chirurgia estetica per trasformarci in corpi totalmente innaturali.
Questa donna avrebbe dovuto essere orgogliosa del suo seno che ha allattato 5 figli, avrebbe dovuto spendere quei soldi per farsi un viaggio, godersi la vita, e invece li ha spesi per firmare la sua condanna a m*rte, per rincorrere una bellezza inventata, irreale.
L’ho detto e ridetto più volte: dobbiamo ribellarci a queste imposizioni estetiche, dobbiamo apprezzare il nostro corpo così com’è. L’ossessione alla bellezza è subdola, malata, devastante. Devasta la nostra autostima e amor proprio e l’unica cosa che fa è arricchire i chirurghi che si riempiono il conto in banca con le nostre insicurezze. Care donne, ribelliamoci a questa oppressione. Basta chirurgia. Basta filtri e immagini manipolate sui social. Basta sentirci brutte e modificarci per rincorrere canoni estetici imposti. Abbiamo scritto un libro per bambini, ma utile anche per i più grandi, contro la superficialità e gli ideali di bellezza imposti, per far capire quello che veramente conta nella vita: “Maddy e la ricerca della Bellezza” ( copertina a destra ) . Insegniamo fin dalla giovane età l’amore proprio e il rispetto per gli altri e cerchiamo di impararlo anche da adulti. >>


., Mia moglie è un ologramma. Così il signor Kondo ama e vive con una donna virtuale ., Oggi l'uscita del libro per Einaudi. Racconta una storia vera, l'idea di aprire una posto dedicato ai libri in un centro della Garfagnana di 190 persone ., il telefono ti salva la vita soprattutto al fronte ., La baby orchestra del jazz, i musicisti hanno da 7 ai 14 anni: "Suonare ci fa sentire uniti"


   ci  sono sfigati  e  sfigati . Io non riuscirei mai a fare  una cosa  del genere   preferisco i due di picche  ed  il  contatto umano e .....  . A  tale situazione 






  da    repubblica  d'oggi



“Sogni mostruosamente proibiti” e “Io e Caterina”, due classici della commedia all’Italiana, ci avevano visto lungo. Il cinema ha affinato la visione aggiungendo alle risate gli interrogativi filosofici di "Blade Runner" e del più recente "Her", ma tutte storie hanno un comune denominatore: invaghirsi e anche innamorarsi di un personaggio di fantasia e di un'intelligenza artificiale è possibile.

 Ma in Giappone già parecchie persone sono andati oltre. E una di queste, Akihiko Kondo, 38 anni, ha addirittura sposato il
suo amore virtuale, ma virtuale fino a un certo punto perché la sua amata cantante manga Hatsune Miku "esiste" sotto forma di ologramma in un dispositivo chiamato Gatebox, che la rende "viva" come una sorta di tamagotchi sentimentale. Miku è una star in Giappone e anche Lady Gaga l'ha ospitata sul palco, è molto amata e i suoi tratti sono quanto di più classico può esistere nel mondo dei manga, impreziositi da lunghi capelli blu.
E così dopo aver capito che le relazioni umane non facevano per lui, Kondo ha deciso di sposarla. "Sposato" è un termine convenzionale per definire una unione sancita da una sorta di certificato non valido legalmente, emesso da Gatebox. Al matrimonio non è venuto nessuno della sua famiglia ma solo persone conosciute su internet. Un altro salto di qualità insomma nel percorso verso il transumanesimo, ma per Kondo ovviamente l'importante è la qualità della sua vita affettiva, di cui si dichiara soddisfatto. Hatsune Miku nasce come una Vocaloid, ovvero una cantante virtuale, un fenomeno che in Giappone conta moltissimi estimatori. Kondo ha potuto "sposarla" ormai quattro anni fa, dopo un periodo personale e professionale piuttosto complicato che lo ha visto cadere in depressione. E riprendersi però grazie a questo sentimento peculiare per una figura di fantasia. E non è l'unico, anzi: i "fictosessuali", così si definiscono le persone che hanno una relazione virtuale, sono sempre di più al punto che esistono prodotti specializzati per questi rapporti, come proprio il Gatebox.
Kondo è quello che negli anni 90 si sarebbe definito come "Otaku", ovvero individui isolati dalla società e che vivono in un mondo di fantasia, spesso chiusi in casa se non in una stanzetta, ma nel mondo sempre più "avatarizzato" di oggi e dalle vicinanze e distanziamenti stravolti dalla pandemia, è una definizione che non ha ormai più molto senso. L'uomo è perfettamente consapevole che la sua storia d'amore con un personaggio di fantasia, dall'aspetto adolescenziale oltre che cartoonesco, possa suscitare dubbi. Ma se Miku vive nell'immaginazione, il sentimento è sempre reale. Di certo con un partner olografico è difficile litigare, un elemento che in una relazione può essere importante tanto quanto accogliere l'altra persona. Ma quando Kondo ha chiesto all'ologramma di sposarlo, l'intelligenza artificiale gli ha risposto di sì, chiedendogli però di "trattarla bene". Anche le IA sanno che la prima regola in una relazione è il rispetto, e hanno imparato a pretenderlo.

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Oggi l'uscita del libro per Einaudi. Racconta una storia vera, l'idea di aprire una posto dedicato ai libri in un centro della Garfagnana dove c'è un solo altro negozio: una piccola bottega di alimentari. L'autrice: "La lettura è stata la mia salvezza, questa è la vita che voglio"

Non si torna indietro. La vita di Alba Donati ormai è in Garfagnana. A Firenze, città diventata "di passaggio" e a cui rimane legata dalla presenza della figlia Laura e dalla presidenza del Gabinetto Vieusseux, la poetessa e critica letteraria ha preferito Lucignana, che si è rivelato tutt'altro che natio borgo selvaggio: perché quelle 180 anime hanno addomesticato la sua inquietudine, e lei le ha
ringraziate inventandosi la Libreria sopra la penna, che abita un declivio dove un tempo sua madre coltivava l'insalata. Una follia, le hanno detto in tanti. Sì, ma lucidissima. E La libreria sulla collina, il suo primo romanzo (esce oggi per Einaudi, è già stato venduto in 10 paesi), racconta quella follia come un diario della rinascita.
Non è la favoletta tipo Chocolat, ma un libro dove non mancano squarci scuri e inquietudini, e dove però la letteratura alla fine mette tutto in ordine, seppure con le sue domande senza risposta. Tra autofiction e memoir, per 5 mesi Donati annota le gioie e le ansie di un progetto che le ha cambiato la vita, l'incendio che l'ha distrutto e una comunità che in buona parte si è fatta in quattro per farla risorgere, perché ognuno grazie ai libri sugli scaffali del piccolo cottage, ha capito qualcosa di sé. Tutto narra una scelta senza ripensamenti: la storia familiare "fatta di date e nomi che non tornano", le liste dei volumi che i clienti acquistano e che sono una sorta di biblioteca ideale. Gli incontri con Michael Cunningham, Magda Szabo, Cesare Garboli.



Alba Donati: “Guiderò il Vieusseux dal mio borgo in Garfagnana”di Gaia Rau 11 Dicembre 2020



Spiega l'autrice: "Mentre scrivevo, capivo che questa è la vita definitiva. Da quassù, Firenze - dove ho messo in vendita il mio appartamento per acquistarne uno più piccolo, ci vivrà mia figlia ed io nelle mie brevi soste e per i miei impegni in città: mantengo infatti l'incarico al Vieusseux - mi appare come la città dei rapporti regolati dall'interesse. Io invece voglio condividere le passioni vere, come la lettura. Non importa cosa avrò in cambio". No, non si torna indietro.
Il ritmo ipnotico della narrazione dà al suo libro respiro di eternità.
"L'eternità è l'attimo che vivi in perfetta sintonia con i tuoi desideri più profondi, diceva Pia Pera. Una volta trovata l'adesione al mondo che ora mi circonda, avrei potuto scrivere all'infinito. I miei genitori sono morti dopo che avevo consegnato il manoscritto. Parlo molto di Iole e Rolando, dell'essersi ritrovati ormai da vecchi. Non ci sono più, ma il loro bacio per il centesimo compleanno di mia madre rimarrà a futura memoria".



Garfagnana, fiamme nella libreria nata nel paese senza scuoladi LAURA MONTANARI E CARMELA ADINOLFI 30 Gennaio 2020


Un omaggio - neanche tacito - all'autobiografismo di Annie Ernaux.
"È la mia ossessione, insieme a Manuel Vilas e al suo In tutto c'è stata bellezza: se solo avessi un grammo della sua sfrontatezza nel raccontare la storia della sua famiglia, che di pagina in pagina ti rendi conto si trasforma nella storia di qualsiasi famiglia. Nella stessa lunghezza d'onda che c'è tra i due autori, ho trovato l'autenticità di cui ho, abbiamo bisogno".
Aprire una libreria in un minuscolo borgo dell'impervia Garfagnana, significa consultare ogni giorno le previsioni meteo sperando nel buon tempo, che favorisce flusso di persone. A Lucignana la vita del libraio coincide con quella del contadino, che affida al sole o ai rovesci il destino del suo lavoro.
"A Firenze il mio appartamento è in un condominio, e mi rendo conto della pioggia se mi affaccio alla finestra. Qui invece ti accorgi che piove perché le gocce ticchettano sul tuo tetto, fanno sentire prepotenti la loro presenza, qui senti sul corpo il mutamento del tempo. E questo è rigenerante. Tanto più che fin da subito ho pensato ad una libreria connessa in modo profondo con la natura, dove non c'è limite tra spazi chiusi e spazi all'aperto. Cercavo lo sconfinamento tra il lavoro intellettuale e quello di braccia, di fatica".



Lucignana, offerta libera per i libri salvati dall'incendio della libreria di CARMELA ADINOLFI
03 Febbraio 2020



Salvezza è una parola che lei declina in vari modi. Uno prende la forma, appunto, del giardino.
"Certi libri di Emily Dickinson, Vita Sackville-West o Derek Jarman ci hanno insegnato che il giardino è metafora dell'accudimento. Come un bambino che non sa esprimersi, anche le piante non ti dicono quando hanno sete, se si sono nutrite poco, o male. Un fiore che il giorno prima pareva morto e quello dopo risorge in tutta la sua bellezza, provoca in me una grande commozione. Il plumbago che a fine estate sparisce, le peonie che al terzo anno finalmente stanno sbocciando: il giardino insegna il tempo dell'attesa che abbiamo completamente perso, un tempo a cui ti devi adeguare. Non sei tu che lo comandi, perché lui comanda te".
Ma la strada maestra verso la salvezza è la letteratura.
"In un suo scritto il libraio inglese Martin Latham parla dei libri di consolazione, quelli che vengono prima delle letture consapevoli e che custodiamo come un segreto, perché raccontano come vorremmo essere da grandi. Per me lo è stato Pecos Bill di Eric Blair, la storia di un bambino cresciuto nella natura, tra i coyote. E quando scopre di essere un uomo e non un animale, ma forte di quella esperienza selvaggia, diventa cow boy. Un antidoto per la salute mentale di una bambina nata e cresciuta in un paese minuscolo, povero: quel libro mi ha salvata. Come anni dopo avrebbe fatto Lucia, la mia psicanalista. La lettura per me è stata ed è un esercizio spirituale".
E qualcosa di religioso è presente in queste pagine. C'è l'amicizia con Padre Bernardo, abate di San Miniato al Monte, e padre Giuseppe, il parroco di Lucignana.
"Non so se esiste Dio. Però esistono loro. In questo momento della mia vita non ho un grande rapporto con il divino, preferisco averlo con chi sa comunicare una spiritualità umile, generosa e profonda che è quello che io cerco nella cristianità".
La libreria sulla collina è anche un romanzo di fantasmi ricorrenti: Pia Pera, Pascoli, Garboli.
"Tutti e tre avevano scelto di tornare da queste parti. A casa. Pascoli pose alla sorella Maria la stessa domanda che io mi sono fatta: com'è possibile che fino ad oggi non abbiamo vissuto qua? Posso dire di essere in buona compagnia".

Un soldato ucraino mostra il telefonino che gli ha salvato la vita, bloccando il proiettile nemico.

  La scena è stata girata la scorsa settimana in una trincea del Donbass, mentre nevica. Il militare sta ricaricando il suo kalashnikov, poi esibisce una faccia dolorante e quindi estrae dalla tasca lo smartphone con la pallottola infissa. Scene simili sono avvenute in tutti i conflitti della storia. In passato a fermare i colpi erano soprattutto portasigarette in metallo, fiaschette per liquori o copie tascabili del vangelo: adesso questo compito passa ai cellulari.
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La baby orchestra del jazz, i musicisti hanno da 7 ai 14 anni: "Suonare ci fa sentire uniti"

  Sono tutti bambini e ragazzi tra i 7 e 14 anni, uniti dall'interesse per la musica jazz, che si incontrano ogni sabato mattina alla Casa del Jazz di Roma per lavorare al loro repertorio e prepararsi ai concerti. La "Jazz Campus Orchestra" è un progetto della Fondazione Musica per Roma, nato nel 2019 dalla volontà del Direttore Massimo Nunzi, che ha riunito giovani musicisti tutti diversi tra loro per creare una vera e propria orchestra, "una famiglia musicale", dove ognuno gioca un ruolo chiave. Dopo lo stop del Covid, tornano per la prima volta sul palco in occasione del diciassettesimo compleanno della Casa del Jazz.
                               di Camilla Romana Bruno


25.4.22

Da vittime di violenza a “madri cattive”, quando i giudici puniscono le donne La Commissione sul femminicidio: “Nel 97% delle separazioni conflittuali ignorati i referti sui maltrattamenti”

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  1. QUANDO LA FINIRANNO DI DIRE E SCRIVERE AD OGNI FEMMINICIDIO CHE SI TRATTA DI RAPTUS ?
  2. la  Preside,  e il maturando  la brutta commedia . I MEDIA I NUOVI ALVARO VITALI DAVANTI AL BUCO DELLA SERRATURA (SE NON È QUELLA DI UN POTENTE)
 Nonostante  le  aperture    createsi   con le  lotte  degli anni 60\80   ed  la presenza  di molti   gruppi  \  e  associazion che  combattano   la  loro  guerriglia contro culturale  contro il  patriarcato  e  le  sue  basi culturali che  sono anticamera  dei  femminicidi   nel nostro paese c'è ancora  un sistema  opprimente   nei  confronti  delle   donnne  . Infatti  leggo su repubblica   d'oggi che 

Laura Massaro (a sinistra) durante una protesta contro l’alienazione parentale.
Un mese fa la donna ha vinto la sua battaglia in Cassazione 

 Nonostante  le  aperture    createsi   con le  lotte  degli anni 60\80   ed  la presenza  di molti   gruppi  \  e  associazion che  combattano   la  loro  guerriglia contro culturale  contro il  patriarcato  e  le  sue  basi culturali che  sono anticamera  dei  femminicidi   nel nostro paese c'è ancora  un sistema  opprimente   nei  confronti  delle   donnne  . Infatti  leggo su repubblica   d'oggi che  


Millecinquecento fascicoli esaminati, tre anni di lavoro, ottantanove pagine di relazione. Per testimoniare, sotto forma di numeri, quanto da tempo la cronaca racconta: quando in una separazione
conflittuale le donne denunciano per violenza i propri partner, da vittime, spesso, diventano imputate, vengono accusate di essere "madri cattive" e rischiano di perdere la tutela dei figli. Un nome simbolo: Laura Massaro. Un dato emblematico: nel 97% dei casi esaminati, i giudici, nel decidere dell'affido dei bambini, hanno ignorato documenti, referti addirittura sentenze di uomini rinviati a giudizio per maltrattamenti.
E' un documento da cui non si potrà più prescindere la relazione della Commissione d'Inchiesta sul femminicidio: "La vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti di affidamento e responsabilità genitoriale". Una descrizione implacabile di un segmento distorto della Giustizia civile e minorile, per cui accade che un bambino possa essere affidato a un padre condannato per violenza e tolto alla madre che quell'uomo aveva denunciato. Ecco alcuni passaggi chiave della relazione, in particolare sui tribunali ordinari.
Esaminati  500 fascicoli
La Commissione ha analizzato circa 1460 fascicoli, di cui 569 provenienti dai tribunali ordinari per il trimestre marzo-maggio 2017 e 620 dei tribunali minorili relativi al mese di marzo 2017. A questi vanno aggiunti altri 45 fascicoli inviati direttamente da madri che hanno denunciato la sottrazione dei figli. Il lavoro del pool di magistrate, avvocate e consulenti ha evidenziato, sentenza dopo sentenza, come si arriva a casi clamorosi come quello di Laura Massaro che ha fondato il "Comitato madri unite contro la violenza istituzionale", e da 10 anni lotta perché suo figlio non venga collocato in casa famiglia, su richiesta del padre, denunciato per violenza e con il quale il bambino non vuole avere rapporti. O alla tragedia di Ginevra Pantasilea Amerighi, il cui fascicolo fa parte dei 45 esaminati dalla commissione, a cui la figlia Arianna venne strappata dalle braccia dai servizi sociali quando aveva soltanto pochi mesi e affidata a un padre condannato per maltrattamenti.
Gli allarmi inascoltati
Nel 97,6% dei circa 600 casi di separazione giudiziale esaminati, i giudici dei tribunali ordinari non hanno tenuto conto né di referti e testimonianze di violenza domestica, presentati nell'86,9% dalle donne, né, ed è forse ancora più grave, di "carte" che denunciavano maltrattamenti su figli minori (18,7% dei casi). Non solo. I presidenti dei tribunali, si legge nella relazione, "pur a conoscenza di procedimenti penali pendenti o definiti, nel 95% dei casi non hanno ritenuto di acquisire gli atti". Dunque può succedere, anzi è successo e l'indagine svela finalmente quale è il meccanismo che porta a questa distorsione, che in una separazione un bambino possa essere affidato a un padre condannato per violenza e tolto ad una madre accudente e presente. Commenta Valeria Valente, presidente della Commissione: "Ciò che emerge dalla relazione è che donne e bambini vittime di violenza domestica possono subire ulteriore vittimizzazione in tribunale. Occorre maggiore formazione da parte di tutti gli operatori per riconoscere la violenza domestica e una più ampia correlazione tra cause civili per separazione e cause penali per maltrattamenti".
L'alienazione parentale
Ma come si arriva ai casi estremi esaminati dalla Commissione sul femminicidio del Senato? Nell'affido dei figli oggi il concetto dominante è la salvaguardia della bigenitorialità al di sopra di tutto, come prevede la legge 54 del 2006 sull'affido condiviso. Un concetto spesso portato all'estremo nelle separazioni conflittuali, dove accade che ai figli vengano imposti incontri con padri maltrattanti, rinviati a giudizio, in carcere. La motivazione (smentita però dalla Cassazione) è che, "un cattivo padre è meglio di nessun padre", nell'idea, si legge nella relazione, "che una educazione monosessuale" potrebbe incidere (negativamente) sul futuro dei figli.
Dunque i servizi sociali impongono incontri ai quali però in moltissimi casi i bambini non vogliono partecipare perché hanno visto quei padri picchiare o sono stati a loro volta abusati. Di questo rifiuto vengono colpevolizzate le madri, definite nelle relazioni dei "Ctu", discussi consulenti tecnici di ufficio, nel 28% dei casi, madri alienanti, simbiotiche, manipolatrici, malevole, fragili. Inadatte allora a fare le madri, tanto da poter essere sollevate dalla responsabilità genitoriale, tanto da poter strappare loro i figli con la forza. Da ricordare una storia su tutte e il nome di un bambino: Federico Barakat. Fu ucciso a 8 anni a coltellate dal padre durante un incontro protetto nella sede della Asl di San Donato Milanese. La mamma, Antonella Penati, invano aveva avvertito i servizi sociali della pericolosità del suo ex. Era stata definita alienante e ipertutelante e al bambino erano stati imposti quegli incontri con un padre che si sarebbe trasformato in killer.
Il silenzio dei bambini
Uno dei dati di accusa più forti di tutta la relazione riguarda il diritto negato dei bambini, e degli adolescenti, a far sentire la propria voce nelle sentenze di affido che li riguardano. Soltanto nel 30,8% dei fascicoli esaminati i minori vengono ascoltati, ma soprattutto soltanto il 7,8% viene ascoltato direttamente dal giudice. Questo fondamentale e delicatissimo momento viene nell'85,4% dei casi delegato ai servizi sociali. Anzi, la voce dei bambini non viene nemmeno registrata durante l'incontro, al giudice dunque - ed è gravissimo - il pensiero dei minori non arriva mai nella sua autenticità.

24.4.22

vecchio ma accentuato dalle nuove tecnologie o nuovo bullismo ? il caso delle bay bulle di siena

N.b 
non fatevi ingannare dal  titolo ,  nessun sessimo     o maschilismo da parte  mia   . stesso discorso  quando a  comportarno  in tale maniera  sono gli uomini  . 

di cosa  stiamo parlando  

Siena, scoperta babygang di ragazzine: picchiavano coetanee e diffondevano video delle aggressioni



Attiravano coetanee con minacce o inganni in luoghi appartati e poi le aggredivano con calci e pugni, filmando la scena col telefono. E alla violenza fisica si aggiungeva l'umiliazione perché le immagini dei pestaggi venivano diffuse nelle chat. Sono 10 le ragazze tra i 14 e i 15 anni finite sotto indagine a Siena. La babygang - avevano chiamato così anche la loro chat - è stata scoperta dopo la denuncia di una vittima. Alle ragazze è contestato il reato di atti persecutori aggravato dall'odio razziale per l'aggressione a una coetanea di origini straniere.

Leggendo e sentendo del caso delle #baybulle di siena mi viene comì, come credo a molti di noi , chiedermi è il vecchio bullismo ma accentuato dalle nuove tecnologie o nuovo bullismo ? Secondo me vista la mi esperienza scolastica si tratta del primo caso . Infatti niente  di  nuovo  mi si dirà    da  parte  di quelli    della mia generazione  ( anni 70\80 )      e   di quelle precedentiu  . Vero   , il fenomeno  è vecchio come il cucco  ,  soltanto    che  il fenomeno si aggravato    con l'uso improprio   ed  la mancanza     d'educazione  ad  un uso  consapevole  ,  delle  nuove tecnologie .  Ma  soprattutto il fatto  che   se  rima  era   famiglie  disagiate   ed problematiche   adesso   avviene   anche  fra quelli  non problematiche come  fa notare   ques'articolo  ,  da me  riportato  e  con cui con  concordo  , di  Dagospia

LE DIECI BABY BULLE CHE A SIENA TERRORIZZAVANO LE COETANEE SONO 14-15ENNI DI BUONA FAMIGLIA, CON UN DISCRETO LIVELLO DI AGIATEZZA E ISTRUZIONE. ALLORA PERCHÉ SI DIVERTIVANO A PICCHIARE E DERIDERE LE LORO VITTIME, PER POI CONDIVIDERE TUTTO SUI SOCIAL? NON C’ERA UNA RAGIONE, SOLO LA VIOLENZA FINE A SE STESSA – NON HANNO MAI RUBATO NIENTE, PER LORO CONTAVA SOLO LA “SPETTACOLARIZZAZIONE DELLE AGGRESSIONI” – LA GANG AVEVA UN’ORGANIZZAZIONE QUASI MILITARE. CON UNA LEADER, UNA GERARCHIA E ANCHE UNA SPECIE DI TRIBUNALE CHE IMPARTIVA PUNIZIONI A CHI ABBANDONAVA LA BANDA
Potrebbe essere un'immagine raffigurante 6 persone


Samantha migliore morta due volte . per gente senza scrupoli e e per il sistema mediatico che ci vuole esteticamente perfetti ed siliconati \ plastificati

E' vero  che  a  volte  sono cinico , anche se  avvicinandomi  ai 50  lo sono sempre  meno  , ma certi  commenti    che leggo sui social  m'indignano  e  mi fanno rabbrividire  . Infatti  

 Quella di Samantha Migliore, la mamma morta durante un intervento estetico fatto in casa, è la storia che nessuno di noi vorrebbe leggere, ma che tutti stiamo leggendo avidamente. Raccoglie in sé tutte le fragilità e i pericoli delle nostre vite. Samantha, cinque figli avuti da due relazioni diverse, qualche anno fa è stata vittima di una relazione tossica. Al canonico appuntamento per chiarire, quello al quale ormai siamo tutte preparate a dire di no, il suo ex si è presentato con un mazzo di fiori e una pistola. Le ha sparato alla testa. Samantha, un proiettile conficcato nel cranio, ha sfiorato la morte e si è salvata. Per miracolo, è proprio il caso di dire. Poi ha incontrato lui, Antonio Bevilacqua, un uomo gentile e affettuoso coi suoi bambini, col quale ha finalmente realizzato il sogno di una famiglia felice. Quel sogno è stato coronato poco tempo fa con una cerimonia di nozze che ha salutato la loro convivenza nella casa di Maranello, come marito e moglie. È tutto molto bello, ha il sapore della favola, appare quasi incredibile. Infatti l'idillio si spezza in pochi attimi. Qualche giorno fa, Samantha ha preso appuntamento con una donna conosciuta sul web con il nome di Pamela Andress, che si è spacciata per esperta di interventi estetici lampo. Samantha voleva migliorare l'aspetto del suo seno e la sedicente estetista - che medico non è e non è mai stata - le aveva detto che bastavano 1200 euro, mai versati, e qualche siringa. L'ha raggiunta in casa dove lei l'aspettava con la famiglia. "Sdràiati". Samantha si è scoperta il seno, lei, che al seguito aveva taniche e vaschette di alluminio per la conservazione dei cibi, ha iniziato le sue strane operazioni. Samantha ha gridato, è accorso il marito, la sedicente estetista gli ha ordinato di portarle acqua e zucchero, e mentre lui soccorreva sua moglie ha preso le sue sporte e le sue improbabili attrezzature e ha infilato la porta. Samantha è morta senza riprendere conoscenza. Ora Pamela Andress è accusata di morte in conseguenza di altro reato, esercizio abusivo della professione e omissione di soccorso. Si è presentata spontaneamente ai carabinieri dopo diverse ore dal suo allontanamento. Questa è la storia. Prima di correre ai giudizi, vi prego solo di tenere in considerazione due cose. C'è una famiglia che soffre per una perdita inammissibile. Il desiderio legittimo di Samantha di migliorare il suo aspetto e la sfortunata modalità scelta non devono autorizzarci a sentenziare 'se l'è cercatata'. Noi tutti, sebbene in modi diversi, possiamo farci abbagliare da persone disoneste o situazioni poco chiare. Tutti possiamo ingenuamente cadere in errore, sottovalutando le conseguenze delle nostre scelte. Siamo fallibili. In questo momento, l'unico comportamento da biasimare è quello di chi deve rispondere delle accuse che le sono state mosse. La famiglia di Samantha ha diritto alla nostra comprensione e al nostro amore. 

A  quanto  detto  dall'ottima  giornalista Angela Marino

aggiungo è vittima del sistema mediatico che ci vuole con i corpi perfetti a tutti i costi . ed siliconati \ plastificate . E se proprio vogliamo cercare colpe è anche del nuovo marito che non ha fatto il passo decisivo cioè portala da un chirurgo estetico vero visto che non è riuscito a convincerla o ha preferito giustamente non cambiarla. Infatti ha ragione riporto integralmente l'articolo intervista su repubblica d'oggi in cui primario di chirurgia plastica dell'Istituto nazionale dei tumori di Roma, Roy de Vita (molto stimato e conosciuto anche nel mondo dello spettacolo, dell'arte, della politica dove annovera molti pazienti) fa una severa analisi e punta l'indice anche contro molti colleghi medici. per : 1) è un artcolo a pagamento ., 2) l'impossibilità di sintetizzare le sue dichiarazioni .











Roma - "Come può una persona di buon senso accettare un trattamento domiciliare per un intervento di aumento del volume del seno che viene fatto non da un medico ma da una persona qualsiasi che fa altro di mestiere?". A 48 ore dalla tragica morte di Samantha Migliore, la 35enne deceduta a casa mentre si

sottoponeva a delle iniezioni per aumentare il volume del seno praticatele da una donna che di mestiere fa l'organizzatrice di eventi, il primario di chirurgia plastica dell'Istituto nazionale dei tumori di Roma, Roy de Vita (molto stimato e conosciuto anche nel mondo dello spettacolo, dell'arte, della politica dove annovera molti pazienti) fa una severa analisi e punta l'indice anche contro molti colleghi medici.

Dottor de Vita, quello che è successo a Modena è una tragica conseguenza di questo sottobosco parallelo della chirurgia estetica che sta prenden
do piede?

"Basandomi su quanto letto, mi sono fatto una mia idea su quello che tecnicamente è potuto accadere. E aspetto che siano le persone autorizzate, dopo l'autopsia, a spiegare. Ma i motivi che hanno portato a questa tragedia sono diversi. Ipotizziamo pure che chi ha proposto alla signora Migliore quel trattamento le abbia detto che in Brasile fanno cosi, che lei quel trattamento lo ha già fatto a tante amiche e che la signora ci sia cascata, non ultimo anche per un prezzo molto allettante. Ma la signora, che poi ha pagato il prezzo piu alto per questa sua superficialità, non è purtroppo la sola colpevole. Ci sono ben altre responsabilità".

Di chi?


"Un concorso di colpa esiste. E mi riferisco a tutti quelli, e sto parlando di medici, che in maniera graduale e progressiva hanno trasformato la chirurgia plastica da specialità medica in attività commerciale. Sui social i chirurghi che si occupano di estetica fanno a gara ad esporre bancarelle con la propria mercanzia fatta di foto pre e post operatorie. Su Tik Tok girano sempre piu numerosi video in cui le procedure di chirurgia vengono banalizzate a sciocchezze. Tutto per accaparrarsi un paziente in più e, diciamo, un euro in più"

Ci va giù duro con i suoi colleghi. E questo che effetti sta producendo?


"Questa deriva ha fatto nascere, come sua espressione più becera, i promoter della chirurgia estetica. Si tratta di soggetti che reclutano pazienti a fronte di provvigioni. Persone che, pur non essendo medici, danno consigli e suggerimenti medici sia sull'intervento chirurgico sia, addirittura, su le protesi da utilizzare. La cosa surreale è che quegli stessi medici che mettono la bancarella si risentono se a fare la pubblicità commerciale siano soggetti commerciali, appunto, e non medici".

Dunque, cè un grosso problema di comunicazione nella medicina?

"La comunicazione ha diversi aspetti ma quella becera è becera comunque, in tutte le sue forme e le sue sfaccettature. Ed è sbagliato pensare che quello che faccio io è giusto e quello che fanno gli altri, no. In regime di democrazia è impossibile, ingiusto e presuntuoso arrogarsi il diritto di stabilire ciò che è bene e cio che è male. Ma è l'etica professionale che dovrebbe innanzitutto imporre a sé stessi il divieto di fare questo tipo di comunicazione. Credo che si è ampiamente passato il punto di non ritorno. La fama di un medico la si costruisce negli anni, oggi come ieri, pazienti soddisfatti e colleghi che ti stimano ti fanno diventare un chirurgo apprezzato e cercato e se non fosse vero quello che dico alcuni miei colleghi bravissimi e stimatissimi che sono totalmemte fuori dai social e non hanno nemmeno un sito web dovrebbero avere smesso da tempo di lavorare. E invece hanno un'agenda ricca e nutrita di pazienti e interventi chirurgici".

Tutta colpa della sirena dei social?


"Sono convinto che la forzatura di utilizzare i social in modo commerciale e non per divulgazone medica o scientifica è una stortura e dalle storture non nascono mai cose buone. Non sto dicendo che i social vadano fermati in qualche modo o regolarizzati per legge, sarebbe stupido solo pensarlo. Quello che sta succedendo si chiama progresso: le cose cambiano, si evolvono e bisogna imparare a conviverci. I social sono parte di questo cambiamentio e sono convinto che possono essere utilizzati in maniera efficace. Ognuno poi fa i conti con la propria etica e si comporta come meglio crede. Ma se la guerra è ad avere un follower in piu e sei costretto ad abdicare all'etica professionale sull'altare del denaro, sei un po' colpevole anche tu del degrado del mondo in cui lavori. E non sono ammesse lamentele".

Cosa vuole dire alle donne e agli uomini che vogliono sottoporsi a questo tipo di intervento? Quali sono i criteri di base a cui non derogare mai?

"E' un appello quello che faccio: sappiate che quello a cui volete sottoporvi è una cosa seria che va affrontata con enorme rispetto e senza facilonerie. C'è di mezzo un'anestesia e l'inserimento di un corpo estraneo. Imparate a diffidare di promesse mirabolanti e di eccessive banalizzazioni. Non si fanno interventi nel retrobottega di un'estetista né in uno studio. Soprattutto, imparate a ricercare il professionista giusto. Ricordare che le fonti di informazione migliore sono i medici e chi di voi non conosce un medico? Faccio una domanda: se doveste sottoporvi a un intervento cardiaco chiedereste consigli al parrucchiere o all'estetista?"

 alla  prossima 




Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...