2.10.08

Il poeta e il presidente - Vendola a Cormano commenta i "Promessi Sposi"

Dopo Lella Costa è toccato a un altro illustre ospite presentare il suo percorso umano e artistico a fianco di Alessandro Manzoni: stiamo parlando di Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia e fra i protagonisti dell'Ottobre Manzoniano, quest'anno dedicato al tema della giustizia.




Nella suggestiva cornice del sagrato di Villa Manzoni, di fronte alla chiesa secentesca, un pubblico numeroso ha sfidato i primi freddi e riscaldato, coi suoi convinti applausi, la rievocazione di Vendola. Il quale, da poeta prima che da politico, e da politico perché poeta, ha saputo irretirlo con la pastosità viscerale della sua sofferta parola. Vendola è uomo di carne e d'istinto, di sole e immediatezza, all'apparenza così distante dalle brume intellettuali del grande lombardo. E invece a lui così sorprendentemente vicino, nel senso della civitas, del cuore della polis che è poi l'umanità intera. Occorre rispolverare - ha introdotto Giorgio Cremagnani di "Diario", cui spettava il compito di moderare l'incontro - Manzoni dalla fissità del monumento, dalla noia dell'obbligo scolastico, dalla cattiva e didascalica lettura che ha scandito, inesorabile, la nostra vita tra i banchi. Ma mentre Cremagnani puntava a cercare legami tra Manzoni e la più immediata attualità, Vendola ha saputo affrontare il discorso con un respiro più ampio; da artista, appunto, e non da uomo delle istituzioni.


I ricordi di Vendola, in fondo, sono i nostri, e certo i miei, che appartengo più o meno alla sua stessa generazione. Sono i ricordi dello sceneggiato di Sandro Bolchi, quando la tv e l'inchiostro si richiamavano reciprocamente: "I mezzi di comunicazione servivano per l'incivilimento del Paese e non erano vettori dell'attuale pornografia unificata", ha esordito Vendola rammentando, inoltre, come a casa sua la lotta alla povertà passava anche dalla lotta contro l'analfabetismo: "Mio padre mi obbligava a imparare Il Cinque Maggio a memoria. Perché povertà non significa solo 'non possedere denaro', ma non aver padronanza della parola". Concetto, quest'ultimo, già caro a don Milani, secondo cui la vera differenza tra un povero e un ricco è che il ricco conosce mille parole, il povero cento.


La lingua è stato quindi il punto di partenza della riflessione vendoliana: quella lingua che può anche raggelarsi e ammutire, quando appunto viene codificata in schemi rigidi come il Manzoni scolastico, per poi essere riagganciata e quasi conquistata, come in un corteggiamento, nella libertà della passione solitaria, nel piacere del libro riscoperto quasi fugacemente.



La lingua è un segno che codifica una società: e anche la giustizia passa dalla lingua. La giustizia inizia dal piano culturale: "Manzoni ha inventato una lingua nuova, dedicando il suo romanzo alle 'genti meccaniche' fino allora ignorate. Non si è occupato di grandi imprese, nobili e cavalieri, che certo sono presenti nel suo romanzo, ma non ne sono mai i veri protagonisti. No, i protagonisti sono due persone comuni, due persone come tante e come tutti". E anche oggi, ha proseguito Vendola, i problemi dei "tanti" sono usciti dal cono di luce dei media: oggi conta il denaro, il possesso, l'apparenza, anche nella politica in senso stretto.

Non solo: si assiste al ritorno d'una semplificazione che, a differenza della semplicità, è intrisa d'un manicheismo gretto e, poiché mitico, estremamente pernicioso. Manzoni è stato esattamente il contrario: cattolico e illuminista, senza escludere né l'uno né l'altro, ed equilibrandone le componenti. Ci sembra che Vendola abbia voluto sottolineare soprattutto l'importanza tra due diverse verità: quella della fede e quella della ragione, entrambe giuste ed entrambe esplicitatesi su piani asimmetrici, ma complementari: "Manzoni condivide i tormenti e le inquietudini d'un credente serio, con le geometrie e i limiti della ragione". Mentre oggi si torna alla distinzione insanabile tra laici e cattolici, Manzoni ha dimostrato il valore del "relativismo", inteso come ricerca, complicazione, approssimazione.


"Una parola, approssimazione, cui sono molto legato - ha confidato il presidente pugliese - perché significa guardare alla propria verità relativa, ma che si avvicina al prossimo, si 'fa' prossimo". Si potrebbe aggiungere che l'approssimazione ci spinge e ci obbliga alla ricerca, alla vicinanza, ma non all'indistinzione del pensiero unico, malattia della parola prima che del pensiero: "Politica, filosofia e cultura dovrebbero ridare dignità e giustizia alle parole. Altrimenti diventiamo schiavi del presente e il futuro altro non è che la reiterazione della Babele in cui viviamo". I "cattivi", nei Promessi Sposi, hanno sempre spazi di redenzione a portata di mano e i "buoni" incontrano inciampi e difficoltà. Non esiste alcuna separazione netta tra "amico" e "nemico". Anche per ragioni nobilissime - ha ricordato Vendola - la cultura del "nemico" porta ai lager, ai gulag e alle distruzioni. Manzoni, per Vendola, è lo scienziato delle sfumature e la lingua lo attesta. La lingua non nasce insomma per partenogenesi ma dentro la fangosità della vicenda storica: e anche la fede è un cammino illuminato dall'evidenza della ragione.


Parola e giustizia: due termini che s'intrecciano, si rincorrono, non vivono l'uno senza l'altro: e, se la giustizia attuale non ha compiuto molta strada, non è soltanto per colpa degli emuli di Azzeccagarbugli che oggi siedono in Parlamento, e coi quali il paragone pare a Vendola fin troppo scontato. "Azzeccagarbugli o, meglio, la degenerazione da lui rappresentata ci dimostra che giustizia è innanzitutto sentimento. Quando si separa la giustizia dal sentimento, quando la si degrada a mera amministrazione, il meccanismo si corrompe e salta. Non è possibile una giustizia eguale per cittadini diseguali. Ancora oggi è così, malgrado lo Stato di diritto. Se non puoi permetterti l'avvocato di grido, la giustizia per te sarà sempre e solo arbitrio". L'ingiustizia in Manzoni si palesa nella scommessa di due volgari prepotenti, di poter razziare qualunque "cosa" (donna compresa) al povero, considerato di razza inferiore e pura entità numerica. Ma don Rodrigo, il mafioso del suo tempo, trova un decisivo complice nel "buon senso comune" incarnato da don Abbondio: "L'omertà e la vigliaccheria, la cecità di fronte alle violenze: atteggiamenti morali diffusissimi in Italia. Don Rodrigo è 'invincibile' non per merito di qualche insondabile fatalità, ma per l'acquiescenza e il silenzio dei numerosi don Abbondio. Gli stessi che, oggi, rendono 'invincibili' Titò Riina con la loro reticenza e complicità istituzionale".


La strage di Castel Volturno , fatta passare dai mezzi di comunicazione come un regolamento di conti fra bande criminali, è particolarmente indicativa: dopo l'arresto dei capi, il controllo della zone è passato in mano a "sei cocainomani pazzi che hanno voluto far intendere ai nigeriani, aspiranti spacciatori, che non potevano 'alzare la testa'". Ma nell'eccidio sono morti un bianco e sei neri, nessuno dei quali nigeriano: "Si trattava di manovali, non di spacciatori. Ma la camorra ha voluto lanciare un segnale a loro attraverso il sacrificio di persone qualunque. La vita d'un nero, per loro, non conta nulla e nulla conta da che parte arrivi. Quei sette disgraziati potevano giungere da chissà dove. Era il messaggio che doveva passare, alimentato dal clima d'odio che oggi circonda gli immigrati e che i camorristi hanno saputo, come al solito, interpretare benissimo". Perché attualmente - ha puntualizzato Vendola - si può affermare ciò che un tempo era vietato: l'uccisione di Abdoul Guiebre lo dimostra alla perfezione. Oggi ci si dichiara francamente razzisti, certo per motivi sempre molto comprensibili, perché le ragioni per ammazzare l'altro, se si perde il senso della sua appartenenza umana, risultano tutte quante validissime. Il Male può diventare radicale se circondato da banalità, come ricordava Hannah Arendt riguardo al processo a Eichmann: "Non ci trovavamo di fronte a un pazzo criminale, non a un esaltato di qualsivoglia stramba ideologia, ma a una persona normale che da perfetto funzionario muoveva la macchina dello sterminio, dopo aver accettato l'idea che quelli che sgozzava non appartenevano al genere umano, ma erano oggetti, pezzi di ricambio o da buttare a seconda delle proprie esigenze". Vendola non ha tralasciato di ricordare che furono i capitalisti, e non quattro fanatici, i veri finanziatori di Hitler: "L'industria capitalistica dei Krupp - nome tornato tristemente alla ribalta di questi tempi - aveva bisogno di dentiere, di capelli per sostituire la seta, di lavoro forzato per ottenere manodopera a bassissimo costo. Hitler gliel'ha servita su un piatto d'argento".


Giustizia ingiusta è, senza dubbio, anche e soprattutto la Colonna Infame: "La peste, come l'Aids oggi, evocava qualcosa di terribile. Sembrava provenire dal diavolo. A Milano, di fronte al flagello, i poteri costituiti non sapevano come agire". La peste ha prodotto quindi una tensione all'anarchia, una perdita di controllo sociale, un cuneo contro l'autorità: "Si è pertanto cercato il capro espiatorio, l'untore, sottoposto al procedimento della prova attraverso la tortura". Di fronte alle proteste per l'inumanità della pena, si replicava che, in tempi calamitosi, non si poteva andare tanto per il sottile: "Sono le stesse parole pronunciate dagli aguzzini di Guantanamo per giustificare le violenze inferte ai prigionieri". Il capro espiatorio ha dunque una funzione sociale: ripristina l'ordine, ridona autorità al potere, riconferisce forza a chi l'ha sempre posseduta.


Da', anche, appagamento alla sete di vendetta collettiva. Renzo scambiato per untore, Renzo arrestato da un capitano di "giustizia" che pure ha compreso la sua innocenza, ma che vuol sacrificarlo sul trono della sete di rivalsa, incarna l'ambiguità e la pericolosità d'una giustizia "amministrata in nome del popolo" (massima coniata dalla Lega, già presente nei tribunali nazisti) quando questo "popolo" è trasformato in "massa" dal pensiero unico e semplificatore: "E' la stessa 'giustizia' che muove le azioni di Pilato nell'ultimo libro di Gustavo Zagrebelsky, Il Carnefice, processo a Gesù. Pilato ha paura di usare il potere di cui pure dispone, quando si accorge della folla bramosa di sangue". La giustizia, invece, deve stare "in testa al popolo" e prescinderlo: "Ma poi, chi è il popolo così spesso evocato? E' massa; perché il 'popolo' ricorre sempre nelle parole dei populisti e dei dittatori. Quando la volontà popolare non sottostà al primato della legge, si uccidono le persone e torna il dominio belluino".



H. Daumier, Nous voulons Barabbas (Ecce homo), 1850.




Per avvalorare il suo pensiero, Vendola ha passato in rassegna episodi contemporanei dimenticati quando non ignorati dai media, come il massacro perpetrato in un Paese violentemente antisemita come la Polonia nel 1946: molti ebrei, reduci da Auschwitz, vennero uccisi perché rapidamente si era sparsa la voce che "stavano rubando i bambini". Gli stessi rom e sinti, che noi chiamiamo zingari, hanno subito una sorte molto simile: "Non essendo ebrei ma nomadi sfuggivano al controllo sociale, e lombrosianamente considerati 'geneticamente criminali'. Per questo si riteneva necessario, e comunque non colpevole, il poter sottrarre loro i figli, un delitto di cui noi oggi incolpiamo proprio loro".


Ma l'"affondo" è stato riservato alla cultura dell'individualismo: "Oggi siamo educati a essere individui, non comunità. Ciò che conta è essere proprietari, per valere noi stessi. E, se non lo siamo, ci sfoghiamo con qualcuno più povero di noi, che potrebbe 'insidiare' il nostro possesso. Vent'anni di tv consumistica hanno insegnato che esistiamo perché abbiamo bisogno di merce, e solo la merce ci dà una ragione di vita". Un processo di disumanizzazione dal quale il corpo e l'anima a un certo punto vorrebbero uscire, senza però averne più i mezzi: il valore, la parola sono andati perduti. "Ecco spiegato il successo della cocaina, un tempo privilegio delle classi agiate, oggi alla portata di tutti, e non a caso: è una droga 'individuale', che tende a 'rinchiudere' ciascuno nel proprio singolo delirio, lo fa entrare da solo nel suo illusorio castello di emozioni forti". Quelle distorsioni che in natura si chiamavano semplicemente sentimenti, e di cui adesso si anela un surrogato letale.


Ma quello che più ha affascinato Vendola, in questa sua appassionante rilettura del capolavoro manzoniano, è la ricerca, il cammino. "La parola Provvidenza associata a Dio è quella che meno condivido della poetica manzoniana, a meno di non intendere la Provvidenza come il volto dell'altro (e dell'Altro)". Quell'altro che, per il silenzio talora inspiegabile di Dio stesso, siamo costretti a ricercare sempre: ognuno è solo nella morte, ma ognuno è affratellato in questa esperienza. Il silenzio ci spinge alla relazione, al riflesso, allo specchio, al ritrovamento di occhi e parole, all'arcano dei segni, alle "tracce" disperse da raccogliere con pazienza nell'immenso affresco della storia umana.



Senza titolo 921

  VE LO RICORDATE IL FILM GLI ONOREVOLI ?  :-)


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Baldios


 


E vediamo se questo lo ricordate..


Mamma quanto mi piaceva lui 


1.10.08

Senza titolo 920

  02 / 10 / 2008 / GIOVEDI' SS. ANGELI CUSTODI !  TANTI SALUTI DA LUCKY !  :-)


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Scuola diaz genova 2001 nessun colpevole ?

AVVOCATO STATO, NESSUNA RESPONSABILITA' IMPUTATI non c'e' stata spedizione punitiva La democrazia in quelle ore non e' stata in pericolo


a voi ogni giudizio di queste immagini che trovate  sotto

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Al seguente indirizzo è possibile trovare una sintesi delle testimonianze raccolte dai PM nell'inchiesta sugli abusi di BOLZANETO :http://g82001.altervista.org Su "Link e Video sul G8 di Genova" sono elencati collegamenti ad altri siti che si occupano di quei drammatici giorni e sono elencati i video visibili su YouTube.
I primi verdetti dei processi per gli abusi alla Scuola Diaz e alla Caserma di Bolzaneto sono sono attesi entro la fine del 2008 Per Informazioni e donazioni:http://www.veritagiustizia.ithttp://www.piazzacarlogiuliani.org http://www.processig8.org
Per sostenere la segreteria legale del GLF e l'accusa nei processi DIAZ e BOLZANETO:
Conto Corrente Bancario c/c n. 6135980 intestato a Antonio BallettoBanca CARIGE via Cassa di Risparmio 15 - Genova ABI 06175 - CAB 01400 - CIN H coordinate internazionali: swift code CRGEITGG040 Iban IT 45 H 06175 01400 000006135980















tabula rasa o rincominciare da tre questo è il dilemma

Ispirato da  questo post  di una  nostra utente   ho preso coraggio   per decidermi su alcune cose  riguardanti i post  del nostro blog                 Dopo alcune  email ( sia a quella di splinder , sia a quella di gmail riportata sotto i miei post ala voce contattatami ) soprattutto di utenti che mi seguono dalla prim'ora , ho deciso , non è che lo facessi già vedere archivio annuale ) ma lo facevo mescolandolo \ contaminandolo con il mondo che mi circonda . di parlare ulteriormente di mr  e di'aprire l'archivio cartaceo  dove riverso  i mie  pensieri  , dialoghi con l'altro  l'analisi  cuore&mente , frasi sentite  intv  ,  al cinema  o  lette   da qualche parte   ecc .Inizio ad aprire , anzi apro ulteriormente l'agenda smemoranda 207 e quella del 2008 e il  "librone "  (  in realta à è un quaderno   cartanato ) 2006\2007 ,, per gli altri devo vedere in che parte dela soffitta sono stati messi dopo il riordinare dovuto a lavori del tetto e se non sono stati mangiucchiati dai topi . Ma ora bado alle ciancie  veniamo  al primo scritto  in questione   dei tanti che  proporrò    su  queste pagine


L'uomo perfetto usa la mente come uno specchio.Non trattiene niente ., Non rifiuta niente ., riceve ma non prende  ( Chaung Tze )
Allora dobbiamo svuotarci di tutto insomma fare tabula rasa
Svuotarci di di tutto è impossibile perché c'è sempre qualcosa di noi ( bella o brutta ) che non muore mai e che ci portiamo appresso nel nostro viaggio \ percorso e che o rimanne intatta nel nostro battere e levare o che una volta levata a volte ritona quanto meno te lo aspetti e magarti nel momento meno opportuno . Infatti la tabula rasa è pressoché impossibile perché





mi farebbe piacere leggere le vostre esperienze in merito

Girando...girando


Collegno parco ex manicomioCollegno ex manicomio vialecollegnoex maniconio2

Girando...girando si scopre sempre qualcosa  di bello e interessante. Queste immagini sono del parco di Collegno (To) dove si trovava l'ex manicomio, io e il folletto Buzzichino abbiamo dormito in un bellissimo appartamento  situato nel parco 'Villa 5'. Siamo stati invitati alla mostra "Filo lungo filo", una interessante mostra presso il 'villaggio Leumann' a Collegno. Buzzichino curioso di apprendere questi antichi mestieri, entusiasto ha gironzolato per lo stend e per il museo, tentando di copiare i segreti di queste arti antichissime: la Tessitura, la filatura, la cardatura e la tinta con erbe.Dimenticavo, Buzzichino ha solo tentato di capire, ma come in tutte le cose, occorre molta pazienza e molto amore.   Franca Bassi


buzzichino prova 2


Buzzichino tenta di capire


Buzzichino fila


scuola di tessitura


Ho copiato per voi su internet un po' di storia :


DAL MONASTERO DEI CERTOSINI AL REGIO MANICOMIO



Nel 1728 fu costruito il Regio Manicomio di Torino per volere di Vittorio AmedeoII.
Nel 1851 il direttore del Regio Manicomio, il conte Lorenzo Ceppi, suggerì di costruire un nuovo edificio alle porte di Torino, se possibile nei paraggi di una cascina dove i malati più tranquilli potessero dedicarsi ai lavori agricoli, con scopi terapeutici. Fu proprio lui ad avanzare l'ipotesi del trasferimento dell'ospedale di via Giulio (Torino) a Collegno.
Il trasloco appariva agevolato dalla costruzione della prima stazione della linea ferroviaria Torino-Susa a Collegno. Certosa e dal fatto che il piccolo gruppo di monaci che ancora occupava il monastero, forse nel tentativo di scampare alla soppressione delle corporazioni religiose, offrisse i locali del monastero per sistemare provvisoriamente ottanta malati del manicomio di Torino. Poiché nella Certosa vigeva ancora un regime di clausura, inizialmente vi furono trasferiti soltanto ricoverati uomini.
L'8 settembre del 1852 il governo ordinò al Regio manicomio di stabilirsi nei locali di Collegno. La convivenza tra i Certosini e i malati del manicomio fu difficile fin dal principio, in quanto i Certosini negavano ai malati il diritto di passeggiare nel chiostro, oppure impedivano loro di andare a lavorare nei campi.
Il 29 luglio del 1853 il ministro Urbano Rattazzi informava la direzione di aver deciso di destinare la Certosa al Manicomio. Il 10 Agosto furono trasferite da Torino le ricoverate donne, che vennero sistemate nei locali dove prima alloggiavano gli uomini, spostati nei fabbricati del convento.
A seguito dell’epidemia del 1854, lo psichiatra Giovanni Stefano Bonacossa, primario dell'ospedale, dichiarò che la Certosa di Collegno era l'ideale per trasferire l'ospedale di via Giulio ma i locali dovevano essere costruiti ex novo per rispondere meglio alle necessità dei malati psichici.
Nel 1855, intanto, furono soppresse le corporazioni religiose, tutti i loro beni passarono alla Cassa Ecclesiastica, che pretendeva da parte del regio manicomio il pagamento di un canone d'affitto. Piuttosto che dover sborsare una retta così elevata, la direzione dell'ospedale decise di accelerare le trattative per l'acquisto del monastero.
Nel 1856 fu stipulato l'atto di vendita. Le ingenti spese previste per il trasferimento nella sede di Collegno non permisero mai di completare il trasloco dal manicomio Torinese. Il numero dei ricoverati a Collegno continuò a crescere a dismisura superando la sede di Torino. C'erano i fondi stanziati dallo Stato e dalle Province con il pagamento di una retta giornaliera per ogni ricoverato, ma non erano sufficienti. I direttori , in quegli anni, seguirono tutti la stessa politica, mettere in vendita gli altri stabili di proprietà dell'ente manicomiale e investire i ricavati.
L'operazione finanziaria diede i frutti sperati, tanto da potersi permettere di ampliare i locali di Collegno e di rinnovare l'arredamento. Fu l'ingegner Giovanni Battista Ferrante a studiare un progetto per la costruzione di nuovi padiglioni da affiancare ai fabbricati esistenti.
Il progetto fu attuato gradualmente nei decenni successivi.
Nel 1890 si aprì una stagione di riforme che investì le strutture manicomiali e che durò un ventennio.
Tutto ciò mentre il numero dei ricoverati continuava ad aumentare vertiginosamente, tanto da aprire il ricovero provinciale di strada Pianezza e una succursale a Grugliasco.



BookCrossing

Bookcrossing


 


Quest’oggi parliamo di Bookcrossing!





Vi è mai capitato,per strada,in un parco in stazione,di trovare un libro abbandonato su di una panchina?L’avete preso in mano,sfogliato, letto o l’avete lasciato dov’era? Probabilmente era un libro libero!Non libertino!!!Che avete capitooooo!!



Liberiamo i libri





Il Bookcrossing (letteralmente Book- libro Crossing- attraversata ,o to Cross- attraversare)nasce negli stati uniti nel 2001.Lidea base è di “liberare” dei libri in luoghi affollati affinché la comunità ne possa usufruire. L’idea è il diffondersi quindi della letteratura.Direttamente dal sito Bookcrossing - Italia:http://www.bookcrossing-italy.com/



continua..

Senza titolo 919

  L'AVETE LETTA LA FIABA IRLANDESE SEAN E LA MUCCA ?  :-)


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Il poeta e il presidente - Vendola a Cormano commenta i "Promessi Sposi"


Dopo Lella Costa è toccato a un altro illustre ospite presentare il suo percorso umano e artistico a fianco di Alessandro Manzoni: stiamo parlando di Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia e fra i protagonisti dell'Ottobre Manzoniano, quest'anno dedicato al tema della giustizia.

Nella suggestiva cornice del sagrato di Villa Manzoni, di fronte alla chiesa secentesca, un pubblico numeroso ha sfidato i primi freddi e riscaldato, coi suoi convinti applausi, la rievocazione di Vendola. Il quale, da poeta prima che da politico, e da politico perché poeta, ha saputo irretirlo con la pastosità viscerale della sua sofferta parola. Vendola è uomo di carne e d'istinto, di sole e immediatezza, all'apparenza così distante dalle brume intellettuali del grande lombardo. E invece a lui così sorprendentemente vicino, nel senso della civitas, del cuore della polis che è poi l'umanità intera. Occorre rispolverare - ha introdotto Giorgio Cremagnani di "Diario", cui spettava il compito di moderare l'incontro - Manzoni dalla fissità del monumento, dalla noia dell'obbligo scolastico, dalla cattiva e didascalica lettura che ha scandito, inesorabile, la nostra vita tra i banchi. Ma mentre Cremagnani puntava a cercare legami tra Manzoni e la più immediata attualità, Vendola ha saputo affrontare il discorso con un respiro più ampio; da artista, appunto, e non da uomo delle istituzioni.

I ricordi di Vendola, in fondo, sono i nostri, e certo i miei, che appartengo più o meno alla sua stessa generazione. Sono i ricordi dello sceneggiato di Sandro Bolchi, quando la tv e l'inchiostro si richiamavano reciprocamente: "I mezzi di comunicazione servivano per l'incivilimento del Paese e non erano vettori dell'attuale pornografia unificata", ha esordito Vendola rammentando, inoltre, come a casa sua la lotta alla povertà passava anche dalla lotta contro l'analfabetismo: "Mio padre mi obbligava a imparare Il Cinque Maggio a memoria. Perché povertà non significa solo 'non possedere denaro', ma non aver padronanza della parola". Concetto, quest'ultimo, già caro a don Milani, secondo cui la vera differenza tra un povero e un ricco è che il ricco conosce mille parole, il povero cento.
La lingua è stato quindi il punto di partenza della riflessione vendoliana: quella lingua che può anche raggelarsi e ammutire, quando appunto viene codificata in schemi rigidi come il Manzoni scolastico, per poi essere riagganciata e quasi conquistata, come in un corteggiamento, nella libertà della passione solitaria, nel piacere del libro riscoperto quasi fugacemente.
La lingua è un segno che codifica una società: e anche la giustizia passa dalla lingua. La giustizia inizia dal piano culturale: "Manzoni ha inventato una lingua nuova, dedicando il suo romanzo alle 'genti meccaniche' fino allora ignorate. Non si è occupato di grandi imprese, nobili e cavalieri, che certo sono presenti nel suo romanzo, ma non ne sono mai i veri protagonisti. No, i protagonisti sono due persone comuni, due persone come tante e come tutti". E anche oggi, ha proseguito Vendola, i problemi dei "tanti" sono usciti dal cono di luce dei media: oggi conta il denaro, il possesso, l'apparenza, anche nella politica in senso stretto.
Non solo: si assiste al ritorno d'una semplificazione che, a differenza della semplicità, è intrisa d'un manicheismo gretto e, poiché mitico, estremamente pernicioso. Manzoni è stato esattamente il contrario: cattolico e illuminista, senza escludere né l'uno né l'altro, ed equilibrandone le componenti. Ci sembra che Vendola abbia voluto sottolineare soprattutto l'importanza tra due diverse verità: quella della fede e quella della ragione, entrambe giuste ed entrambe esplicitatesi su piani asimmetrici, ma complementari: "Manzoni condivide i tormenti e le inquietudini d'un credente serio, con le geometrie e i limiti della ragione". Mentre oggi si torna alla distinzione insanabile tra laici e cattolici, Manzoni ha dimostrato il valore del "relativismo", inteso come ricerca, complicazione, approssimazione.
"Una parola, approssimazione, cui sono molto legato - ha confidato il presidente pugliese - perché significa guardare alla propria verità relativa, ma che si avvicina al prossimo, si 'fa' prossimo". Si potrebbe aggiungere che l'approssimazione ci spinge e ci obbliga alla ricerca, alla vicinanza, ma non all'indistinzione del pensiero unico, malattia della parola prima che del pensiero: "Politica, filosofia e cultura dovrebbero ridare dignità e giustizia alle parole. Altrimenti diventiamo schiavi del presente e il futuro altro non è che la reiterazione della Babele in cui viviamo". I "cattivi", nei Promessi Sposi, hanno sempre spazi di redenzione a portata di mano e i "buoni" incontrano inciampi e difficoltà. Non esiste alcuna separazione netta tra "amico" e "nemico". Anche per ragioni nobilissime - ha ricordato Vendola - la cultura del "nemico" porta ai lager, ai gulag e alle distruzioni. Manzoni, per Vendola, è lo scienziato delle sfumature e la lingua lo attesta. La lingua non nasce insomma per partenogenesi ma dentro la fangosità della vicenda storica: e anche la fede è un cammino illuminato dall'evidenza della ragione.
Parola e giustizia: due termini che s'intrecciano, si rincorrono, non vivono l'uno senza l'altro: e, se la giustizia attuale non ha compiuto molta strada, non è soltanto per colpa degli emuli di Azzeccagarbugli che oggi siedono in Parlamento, e coi quali il paragone pare a Vendola fin troppo scontato. "Azzeccagarbugli o, meglio, la degenerazione da lui rappresentata ci dimostra che giustizia è innanzitutto sentimento. Quando si separa la giustizia dal sentimento, quando la si degrada a mera amministrazione, il meccanismo si corrompe e salta. Non è possibile una giustizia eguale per cittadini diseguali. Ancora oggi è così, malgrado lo Stato di diritto. Se non puoi permetterti l'avvocato di grido, la giustizia per te sarà sempre e solo arbitrio". L'ingiustizia in Manzoni si palesa nella scommessa di due volgari prepotenti, di poter razziare qualunque "cosa" (donna compresa) al povero, considerato di razza inferiore e pura entità numerica. Ma don Rodrigo, il mafioso del suo tempo, trova un decisivo complice nel "buon senso comune" incarnato da don Abbondio: "L'omertà e la vigliaccheria, la cecità di fronte alle violenze: atteggiamenti morali diffusissimi in Italia. Don Rodrigo è 'invincibile' non per merito di qualche insondabile fatalità, ma per l'acquiescenza e il silenzio dei numerosi don Abbondio. Gli stessi che, oggi, rendono 'invincibili' Titò Riina con la loro reticenza e complicità istituzionale".
La strage di Castel Volturno , fatta passare dai mezzi di comunicazione come un regolamento di conti fra bande criminali, è particolarmente indicativa: dopo l'arresto dei capi, il controllo della zone è passato in mano a "sei cocainomani pazzi che hanno voluto far intendere ai nigeriani, aspiranti spacciatori, che non potevano 'alzare la testa'". Ma nell'eccidio sono morti un bianco e sei neri, nessuno dei quali nigeriano: "Si trattava di manovali, non di spacciatori. Ma la camorra ha voluto lanciare un segnale a loro attraverso il sacrificio di persone qualunque. La vita d'un nero, per loro, non conta nulla e nulla conta da che parte arrivi. Quei sette disgraziati potevano giungere da chissà dove. Era il messaggio che doveva passare, alimentato dal clima d'odio che oggi circonda gli immigrati e che i camorristi hanno saputo, come al solito, interpretare benissimo". Perché attualmente - ha puntualizzato Vendola - si può affermare ciò che un tempo era vietato: l'uccisione di Abdoul Guiebre lo dimostra alla perfezione. Oggi ci si dichiara francamente razzisti, certo per motivi sempre molto comprensibili, perché le ragioni per ammazzare l'altro, se si perde il senso della sua appartenenza umana, risultano tutte quante validissime. Il Male può diventare radicale se circondato da banalità, come ricordava Hannah Arendt riguardo al processo a Eichmann: "Non ci trovavamo di fronte a un pazzo criminale, non a un esaltato di qualsivoglia stramba ideologia, ma a una persona normale che da perfetto funzionario muoveva la macchina dello sterminio, dopo aver accettato l'idea che quelli che sgozzava non appartenevano al genere umano, ma erano oggetti, pezzi di ricambio o da buttare a seconda delle proprie esigenze". Vendola non ha tralasciato di ricordare che furono i capitalisti, e non quattro fanatici, i veri finanziatori di Hitler: "L'industria capitalistica dei Krupp - nome tornato tristemente alla ribalta di questi tempi - aveva bisogno di dentiere, di capelli per sostituire la seta, di lavoro forzato per ottenere manodopera a bassissimo costo. Hitler gliel'ha servita su un piatto d'argento".
Giustizia ingiusta è, senza dubbio, anche e soprattutto la Colonna Infame: "La peste, come l'Aids oggi, evocava qualcosa di terribile. Sembrava provenire dal diavolo. A Milano, di fronte al flagello, i poteri costituiti non sapevano come agire". La peste ha prodotto quindi una tensione all'anarchia, una perdita di controllo sociale, un cuneo contro l'autorità: "Si è pertanto cercato il capro espiatorio, l'untore, sottoposto al procedimento della prova attraverso la tortura". Di fronte alle proteste per l'inumanità della pena, si replicava che, in tempi calamitosi, non si poteva andare tanto per il sottile: "Sono le stesse parole pronunciate dagli aguzzini di Guantanamo per giustificare le violenze inferte ai prigionieri". Il capro espiatorio ha dunque una funzione sociale: ripristina l'ordine, ridona autorità al potere, riconferisce forza a chi l'ha sempre posseduta.
Da', anche, appagamento alla sete di vendetta collettiva. Renzo scambiato per untore, Renzo arrestato da un capitano di "giustizia" che pure ha compreso la sua innocenza, ma che vuol sacrificarlo sul trono della sete di rivalsa, incarna l'ambiguità e la pericolosità d'una giustizia "amministrata in nome del popolo" (massima coniata dalla Lega, già presente nei tribunali nazisti) quando questo "popolo" è trasformato in "massa" dal pensiero unico e semplificatore: "E' la stessa 'giustizia' che muove le azioni di Pilato nell'ultimo libro di Gustavo Zagrebelsky, Il Carnefice, processo a Gesù. Pilato ha paura di usare il potere di cui pure dispone, quando si accorge della folla bramosa di sangue". La giustizia, invece, deve stare "in testa al popolo" e prescinderlo: "Ma poi, chi è il popolo così spesso evocato? E' massa; perché il 'popolo' ricorre sempre nelle parole dei populisti e dei dittatori. Quando la volontà popolare non sottostà al primato della legge, si uccidono le persone e torna il dominio belluino".
Per avvalorare il suo pensiero, Vendola ha passato in rassegna episodi contemporanei dimenticati quando non ignorati dai media, come il massacro perpetrato in un Paese violentemente antisemita come la Polonia nel 1946: molti ebrei, reduci da Auschwitz, vennero uccisi perché rapidamente si era sparsa la voce che "stavano rubando i bambini". Gli stessi rom e sinti, che noi chiamiamo zingari, hanno subito una sorte molto simile: "Non essendo ebrei ma nomadi sfuggivano al controllo sociale, e lombrosianamente considerati 'geneticamente criminali'. Per questo si riteneva necessario, e comunque non colpevole, il poter sottrarre loro i figli, un delitto di cui noi oggi incolpiamo proprio loro".
Ma l'"affondo" è stato riservato alla cultura dell'individualismo: "Oggi siamo educati a essere individui, non comunità. Ciò che conta è essere proprietari, per valere noi stessi. E, se non lo siamo, ci sfoghiamo con qualcuno più povero di noi, che potrebbe 'insidiare' il nostro possesso. Vent'anni di tv consumistica hanno insegnato che esistiamo perché abbiamo bisogno di merce, e solo la merce ci dà una ragione di vita". Un processo di disumanizzazione dal quale il corpo e l'anima a un certo punto vorrebbero uscire, senza però averne più i mezzi: il valore, la parola sono andati perduti. "Ecco spiegato il successo della cocaina, un tempo privilegio delle classi agiate, oggi alla portata di tutti, e non a caso: è una droga 'individuale', che tende a 'rinchiudere' ciascuno nel proprio singolo delirio, lo fa entrare da solo nel suo illusorio castello di emozioni forti". Quelle distorsioni che in natura si chiamavano semplicemente sentimenti, e di cui adesso si anela un surrogato letale.
Ma quello che più ha affascinato Vendola, in questa sua appassionante rilettura del capolavoro manzoniano, è la ricerca, il cammino. "La parola Provvidenza associata a Dio è quella che meno condivido della poetica manzoniana, a meno di non intendere la Provvidenza come il volto dell'altro (e dell'Altro)". Quell'altro che, per il silenzio talora inspiegabile di Dio stesso, siamo costretti a ricercare sempre: ognuno è solo nella morte, ma ognuno è affratellato in questa esperienza. Il silenzio ci spinge alla relazione, al riflesso, allo specchio, al ritrovamento di occhi e parole, all'arcano dei segni, alle "tracce" disperse da raccogliere con pazienza nell'immenso affresco della storia umana.

Senza titolo 918

  QUESTA E' UNA VECCHIA TRAPPOLA PER TOPI !  L'AVETE MAI VISTA ?  :-)


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ORA

RavenSunrisecard[1]


 


Ora


che scatenata la follia


più lunga della stessa vita


in chi nega


tenace


l’evidenza…


 


Ora


che apatici guardiamo


mani che s’agitano


frenetiche


nel vuoto,


voci tonanti


a colpir solo muri,


rabbia


livore


senso d’inerzia


a culla d’un venire


più distorto…


 


Ora


che coltiviamo un mondo saturo


al di qua di oramai cucite labbra


figlie più savie del senno di poi…


 


Ora


possiamo finalmente sospirare


del nostro cielo in piena


qual dimora dell'eterno giurato


senza veli sugli occhi


e senza Bibbia


 


Ora

PASSAPAROLA ENZA PAROLE VIDEO TRAVAGLIO

PASSAPAROLA SENZA PAROLE-- VIDEO TRAVAGLIO









Il programma s'intitola "Passa Parola" è una tv stream che va in diretta tutti i lunedì. Ho deciso di passar parola restandone senza ..... Da vedere, ascoltare e diffondere





Saluti e tanti baci, coccoliamoci tr anoi per soffrir di meno.





Ciao, Rossella



Ogni dose...

Meschini corrieri  di  morte

giungan mai!
 

Ogni  dose

 follia
dell’estasi



Come  serpe s’insinua

nell’anima 

 non vorrà

lasciar  corpo 

morte
vuol prenderti.

 Venduta per  attimi

 
complici di piaceri e  illusioni



Scappa  con  forza

verso la  salvezza

della libertà tua! 

30.9.08

Senza titolo 917

  01 / 10 / 2008 / MERCOLEDI' S. TERESA DEL B. G. !  BUON ONOMASYTICO DA LUCKY !  :-)


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alitalia era meglio morire da poiccoli che vedere questo schifo da grandi

 non  ho il coraggio  della  cdv  rosdrudidurella  vedere l'archivio o   qui  se  non avete  voglia di stare  a cercare   che ha  avuto sull'alitalia e lascio  la parola  a Marco travaglio  .

tempio pausania  26\9\2008  presentazione    del suo ultimo libro 



mi scuso per la pessima qualità del video ma le cattive condizioni di luce , non essere riuscito a trovare posto nele prime file , e avendo gente molto alta davanti

Senza titolo 916

  L'AVETE LETTO IL LIBRO LA BUSSOLA D'ORO ?  :-)


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Quattro coraggiosi



Quattro coraggiosi

Mi piace ricordarli, da questa immagine presa sul calendario di "Frate Indovino" disegnata  da Baraldi, ieri  appena arrivato il calendario sulla mia scrivania , ho sfogliato e letto dei trafiletti, ecco come  attingo le idee per fare un post, un vecchio giornale, una scena di vita reale, un viaggio, ecc. Questa immagine mi ha portato indietro, ho pensato a questi quattro frati che nel lontano giugno 1909 salparono dal porto di Napoli per Manaus. I quattro frati erano P.Domenico Anderlini da Gualdo tadino, P.Ermenelgildo Ponti da Foligno, P. Agatangelo Mirti da Spoleto, Fra Martino Galletta da Ceglie Messapico, Uomini coraggiosi, che hanno lasciato la loro terra, per portare aiuto in terre lontane  affrontando grandi difficoltà, ma con  il loro amore il loro coraggio e spesso la loro vita hanno seminato in terre lontane la fede e l'amore. Franca Bassi 



Senza titolo 915

  VE LO RICORDATE IL GRUPPO MUSICALE DEI KC & THE SUNSHINE BAND ?  :-)


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