6.8.15

La donna che canta Regia di Denis Villeneuve




per  chi volesse  approffondire  il contesto storico e  culturale    del film   o  storie  di quelle  zone  

Premessa  prima di continuare  la  leggere  la recensione  ed  eventualmente  a vedere  oltre  il trailer  il film    in questione 

Sappiate  che  non è un film di cassetta, nè un film divertente"; non è un film di svago, sconsigliato quindi se si è dell'umore per una serata di cabaret o si cerca un film per distrarsi \ rilassarsi .Infatti  secondo  
Una visione di un altro Edipo re?Quanto è complessa la storia della vita. Induce molte rivisitazioni di realtà che ci sembrano e forse ci portiamo dentro.; l'odio ,l'amore, l'anaffettività, la sensibilità al sentire degli altri.

Detto  questo  la  la recensione ha inizio  


IL film   corre per due ore, senza arresti di intensità e di emozione, nel va e vieni tra le storia di oggi e quella sovrapposta di decenni fa, al 1970 al '90;certo, è una storia difficilissima, per la sua crudeltà e per la credibilità di questa crudeltà che abbiamo sentito , da lontano, ripetersi più volte dopo la guerra civile in Libano;sembra quasi di essere in un documentario, ci si dimentica che le scene di devastazione sono ricostruite;non c'è nessuna "perfezione di funzioni matematiche", ci sono sofferenza, sentimenti umani, persone, e c'è questa inesorabile disponibilità al male e all'inumanità che hanno gli esseri umani quando si sentono minacciati;certo, l'espediente finale è probabilmente ridondante, aggiunge uno stravolgimento - sono d'accordo, paradossale - a una quantità di male già grandissima, e porta la tragedia ordinaria al livello della tragedia teatrale, alla "tragedia greca"; se ne poteva fare a meno, rende l'esito meno cedibile, ma era nel testo teatrale di partenza, c'è rimasto, e non rende banale il cumulo di sofferenza accumulato fino a quel punto;il regista descrive fatti crudeli con un tocco umanissimo, il rispetto per l'umanità violata si esprime attraverso l'assenza di qualsiasi dettaglio insistito e truculento;non c'è bisogno di effetti speciali; per normale rispetto e civltà non si partecipa a un funerale insistendo su dettagli truculenti; semmai i dettagli truculenti si espongono per
scherno in una carnevalata, lontani dalla morte; e questo fa il regista, ha rispetto umano e civile educazione per la tanta gente di cui descrive la tragedia; attori bravi, personaggi interessanti e veri, film intensissimo, più di una volta dà un groppo in gola e lascia senza fiato; non passa senza conseguenze;Un film tristissimo . un nodo alla gola .Non credeo che i film orientali fossero cosi intensi . Infatti La donna che canta (Incendies) è un film del 2010 diretto da Denis Villeneuve e tratto dall'opera teatrale Incendies di Wajdi Mouawad. Ha ricevuto la nomination come miglior film straniero ai premi Oscar 2011.Ottime le fotografie . .Ottimo l'uso del racconti a due fasi ( quella delal figlia nel presente che dopo aver appreso daltestamento dela madre va alla ricerca del padre e del fratello ) , quello della madre ( che vive le vicende che poteranno a raccontare al notaio lasua storia ed a lascuare ai figli le sue volontà e di come trovare il fratello ed il padre ) . La donna che canta è un film costruito come una formula e la prima inquadratura è la sua equazione: la prima immagine mostra infatti una finestra affacciata su una piantagione di ulivi, passando poi lentamente verso l'interno di una stanza dove un ragazzino rasato da dei miliziani palestinesi guarda verso di noi. 
Dentro quello sguardo in macchina pieno di rabbia e innocenza si situa l'avvio e la soluzione dell'intricata epopea di due gemelli canadesi alla ricerca della verità sulle loro radici. Le indagini scorrono parallele al percorso travagliato che porta la madre cristiana a diventare una dissidente politica, subire reiterate violenze e poi fuggire in Quebec. Villeneuve mette in scena due personaggi dall'identica incognita (l'enigma sui parenti dei due gemelli) e ne segue, passaggio dopo passaggio, la soluzione del problema e la rivelazione dell'enigma, aprendo uno sguardo storico sul sanguinoso percorso di costruzione di un'identità palestinese. Le indagini di Jeanne e la vita della "madre coraggio" Niwal rappresentano infatti dimostrazione e corollario dello stesso enunciato: due percorsi che non solo arrivano alla medesima verità, ma anche a raccontare, in sostanza, la stessa storia due volte. Ma la ridondanza non fa paura a Villeneuve. Sa che la matematica crea solo certezze e perciò evita ogni di lasciare ogni possibile dubbio, costruendo la tensione ricorrendo a una logica talmente ferrea da pensare di poter rendere credibili anche le espressioni numeriche più paradossali (1+1=1). Infatti è un teorema Di pregio perché richiama l'attenzione su un territorio e su una storia con un tono da tragedia greca. Ma ha ragione Becattini, è un teorema, pieno di contraddizioni e di appigli che non stanno insieme: l'età dei personaggi, la finta ignoranza dei fatti e dell'esito della ricerca messa in scena da parte del notaio, pene "leggere" che non hanno alcuna credibilità nel contesto in cui la vita valeva ben poco (sia quella della madre che quella del figlio), conversione alla schiera del nemico non plausibile... Nell'insieme è tutto troppo tirato. Era decisamente più credibile Edipo re.
Le ambizioni di La donna che canta sono quindi molto alte: cercare di raccontare un pezzo della sanguinosa storia recente della Palestina attraverso una drammaturgia di ampio respiro, tragica e complessa come un romanzo d'appendice. Ma le vicende della storia e della politica contemporanea, così ispide e indecifrabili, non si adattano bene alla liscia perfezione delle funzioni matematiche.>> da http://www.mymovies.it/film/2010/ladonnachecanta/ 
Concordo inoltre  con  con  questa recensione pubblicata  su  www.filmtv.it/ esso è la << commovente storia di due giovani verso l'epicentro dell'odio, dell'amore duraturo e delle guerre senza fine.un'immagine straziante e implacabile della sofferenza: esemplare, in questo senso, la figura della protagonista Nawal, che, come ogni vittima della barbarie più atroce, finisce per nutrirsi dello stesso odio da cui è stata divorata. Quell'odio, quella rabbia per i tormenti e le sofferenze subite e nate dall'intolleranza e dal fanatismo (politico, etnico, religioso), che hanno scolpito sul suo volto di donna i segni di un dolore troppo grande per trasfigurarsi immediatamente in perdono, ma che non le hanno impedito di lasciare ai suoi figli quegli insegnamenti per spezzare quella disumana catena. >> . ) ripetuto diecimila volte come un mantra, resta dentro le orecchie per una mezz’ora buona dopo l’uscita dalla sala, e vien da chiedersi se si sia visto un drammaticissimo film o piuttosto non ci si sia risvegliati da un brutto sogno. Magari (perché no? I nostri tempi son quel che sono…) collettivo o d'aver visto " dal vivo " tali eventi . Uno dei film straniero non hollywoodiano o di cassetta più belli che ho visto .  chi se  ne  frega    se  

Giuseppe ScanoGiuseppe Scano
adesso con e lacrime agli occhi per la visione del film visto in streaming vado a coricarmi notte a tutti\e . vecchi e nuovi . in particolare a ***** la protagonista del post https://goo.gl/RKF7YzPiace a 1 persona1 commento
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Piace a Francesca Pedroni.Roberto Facchini Miii stai invecchiando....
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5.8.15

Franco Cardini inquadra il clima italiano : Non parliamo di razzismo è ostilità nei confronti del diverso . la normale diffidenza verso “l’altro” è diventata xenofobia

Leggo su www.lastampa.it/2015/07/19/italia/cronache/ questa interessante intervista all'ottimo studioso Franco Cardini





LAPRESSE Gli scontri di venerdì tra manifestanti e polizia dopo l’arrivo di alcuni profughi a Casale San Nicola



MATTIA FELTRI
ROMA



Professor Franco Cardini, che sta succedendo fra italiani e immigrati?

«Parafrasando un noto detto, anche stupido e banale, quando il gioco diventa serio bisogna che le persone serie si mettano a parlare. Vorrei essere serio perché la situazione è molto grave e non ci si deve parlare addosso».



È una situazione grave, ma è razzismo?


«No, non è razzismo e chi lo sostiene cambia le carte in tavola. Intanto la parola razza è ormai compromessa, nonostante sia stata usata in tutto l’800, che è un secolo di impronta scientifica. E infatti il razzismo è una teoria basata su presupposti scientifici, e non significa che siano presupposti veri».



Bene, non siamo neonazisti.


«Ma non bisogna pensare soltanto agli scienziati del Terzo Reich: basta pensare a Voltaire che era un feroce antisemita, o a Lutero che scrisse libri violentissimi contro gli ebrei. In definitiva il razzismo è una teoria o una prassi che non soltanto individua differenze razziali, ma postula gerarchie per cui ci sono razze superiori, razze inferiori, razze nocive. Nel mondo attuale di tutto questo non c’è più nulla - tranne qualche nazistello residuale - perché il 1945 è stato un vaccino efficacissimo. Vedete, tutti provano tenerezza per il bimbo straniero adottato, ma se ti arrivano fuori casa trenta immigrati la faccenda cambia».



Dunque è soltanto paura?

«L’idea per cui il diverso è pericoloso è fisiologicamente e non patologicamente connaturata alla natura umana. Il diverso è chi arriva da lontano e non dimentichiamo che in latino hospes e hostis, cioè ospite e nemico, hanno la stessa radice. E infatti nei testi antichi, dall’Iliade alla Bibbia, ci sono precetti che proteggono l’hospes, il quale però è tenuto a un’etichetta rigorosissima, a cominciare dal fatto che non può intrattenersi troppo a lungo. L’ospitalità è ben circoscritta nei termini di qualità e di tempo».



Cioè, l’ostilità prevale sull’ospitalità?

«Quando il fenomeno del diverso smette di essere affascinante e di suscitare curiosità, ma diventa massiccio e quindi minaccioso, a prevalere è il pregiudizio, e l’africano torna a essere negraccio schifoso».



Ecco, noi da bambini ci commuovevamo con «Radici», la storia dello schiavismo americano e pensavamo che non saremmo mai stati così.

«Certamente, è facile essere comprensivi quando i problemi riguardano gli altri. Allora non costa niente essere per i più deboli, anzi, ci fa sentire meravigliosamente buoni. Da bambini pensavamo anche che al Colosseo avremmo sfidato l’imperatore e i leoni per salvare i poveri cristiani. Che stupidaggine! Al contrario, ci saremmo divertiti un mondo a vederli sbranare dai leoni, e questo aiuta a capire che anche i brutti e i cattivi hanno le loro ragioni: se si conoscesse bene il trattato di Versailles alla fine della Grande Guerra, scopriremmo che Hitler non aveva ragione, ma non avevano tutte le ragioni neanche gli altri».



Ma quando vede gli scontri di piazza, lei che cosa prova?

«Penso che questa gente vada accolta, ma anche che vadano capite le dinamiche che si sono scatenate di modo da trovare un equilibrio - pure socio-economico, di distribuzione della ricchezza - e sarà un equilibrio che costerà qualcosa a tutti. Un conto è ospitare il diverso, altro conto ospitare qualsiasi tipo di prepotenza, sebbene spesso siano prepotenze involontarie».



Che cosa intende con «capire le dinamiche»?

«Abbiamo un vizio etico-politico che deriva dall'inesperienza - perché non siamo mai stati un vero Paese coloniale - e abbiamo tenuto un atteggiamento di apertura acritica derivato dal senso di colpa per quanto successo nella Seconda guerra mondiale. Quando di immigrati ne sono arrivati tanti, cioè quando la bilancia ha debordato dall’altra parte, la normale e sana diffidenza per il diverso si è trasformata in una xenofobia di ritorno che è la bombola d’ossigeno di Matteo Salvini, ma anche di gruppi di estrema destra. Anche perché a sinistra si predica uno sterile umanesimo. Quindi siamo vittima di un pregiudizio che, e questo è grave, si scontra col pregiudizio che per esempio hanno di noi gli islamici. E attenzione: si deve avere rispetto del pregiudizio come si ha rispetto della malattia».



Professore, è pessimista.

«Penso che dovremmo seguire il modello tedesco dell’integrazione (l’accettazione della cultura diversa, ndr), e si è visto come i rapporti una volta pessimi coi turchi siano oggi eccellenti, e non quello francese dell’assimilazione (l’adesione alla cultura del Paese ospitante, ndr). Diciamo che sono pessimista sulla tattica, ma ottimista sulla strategia: conosco la storia delle invasioni e quella delle immigrazioni, e in genere finiscono bene».






Incuriosito gli ho scritto all'email del suo sito ( http://www.francocardini.net/contatti.html ) chiedendogli d'approfondire alcune questioni da lui sollevate ed ecco che ne è uscita un altra intervista


Date: Sat, 25 Jul 2015 18:25:15 +0200
Subject: approfondimento dell'intervista sulla stampa del 19\7\2015
From: redbeppe@gmail.com
To: fc40@outlook.it


Salve
ho letto con interesse la sua intervista sulla stampa del 19\7\20115 e vorrei approfondire alcune cose .



1) quando lei dice : << ( ... ) Quindi siamo vittima di un pregiudizio che, e questo è grave, si scontra col pregiudizio che per esempio hanno di noi gli islamici. E attenzione: si deve avere rispetto del pregiudizio come si ha rispetto della malattia». >> cosa intende ? e come fare ad avere rispetto di un pregiudizio ? i pregiudizi non sono da cancellare ?
2) quando le dice : << «Penso che dovremmo seguire il modello tedesco dell’integrazione (l’accettazione della cultura diversa, ndr), e si è visto come i rapporti una volta pessimi coi turchi siano oggi eccellenti, e non quello francese dell’assimilazione (l’adesione alla cultura del Paese ospitante, ndr). >> non c'è il rischio che cosi s'arrivi ad un pensiero unico \ dominante e si uccidano le diversità ? non sarebbe meglio come ( mi scuso se mi permetto di auto citarmi ) suggerisce questa vicenda http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2015/07/battesimo-bat-mitzvah-o-hijab-in-testa.html applicare il sincretismo culturale . èstato applicato come lei saprà durante i secoli vedere il caso del'andalusia dopo la reconquista 





AVEVO DIMENTICATOI D'AGGIUNGERE COSA INTENDE PER prepotenze involontarie


Date: Sat, 25 Jul 2015 18:25:15 +0200
Subject: Re: approfondimento dell'intervista sulla stampa del 19\7\2015
From: redbeppe@gmail.com
To: fc40@outlook.it





1. Il pregiudizio, o quello che noi riteniamo tale, è frutto di un modo di ragionare e di vivere che magari noi non conosciamo a fondo; e, anche se avessimo la prova certa che si tratta di qualcosa di completamente errato, dovremmo comunque rispettare chi ne è il portatore come rispettiamo colui che è portatore di una menomazione, di una malattia, di una forma d'ignoranza, di una qualunque forme d'inferiorità; chi pensa di poter cancellare i pregiudizi altrui, se non è Dio, si espone a commettere un errore e una soperchieria; al massimo si può cercare di correggerli, ma rimettendosi in discussione, quindi accettanto che possano essere gli altri a svelare i pregiudizi dei quali siamo invece noi ad essere vittime; 2. l'integrazione è appunto l'accoglienza del diverso e la convivenza con esso; il sincretismo è la creazione artificiale di una forma unica risultato dell'incontro di due forme diverse ma che non è riuscito a giungere a una sintesi; è semmai ciò che porta al pensiero unico (in Andalusia dopo la Reconquista si sono semplicemente obbligati a convertirsi o ad andarsene marranos e moriscos).  3) La prepotenza involontaria è quella che riposa su intenzioni soggettivamente buone ma che si risolve comunque in una coartazione della volontà altrui, magari messa in atto nell'intenzione di giovargli (tipo: "lo faccio per il suo bene", frase del resto spesso ipocrita. Saluti. FC



la mia terza email


mi scuso se ritorno ancora sull'argomento , ma dalla risposta al quesito :<< quando le dice : << «Penso che dovremmo seguire il modello tedesco dell’integrazione (l’accettazione della cultura diversa, ndr), e si è visto come i rapporti una volta pessimi coi turchi siano oggi eccellenti, e non quello francese dell’assimilazione (l’adesione alla cultura del Paese ospitante, ndr). >> non c'è il rischio che cosi s'arrivi ad un pensiero unico \ dominante e si uccidano le diversità ? >> non ho capito se lei ha , visto le sue prese di posizioni contro le guerre in Iraq e in Afganistan , cambiato idea e si è schierato per un pensiero unico che annulla le diversità culturali

Pensiero dominante è un conto, e nella storia la cosa si è affermata più volte, eliminazione delle diversità un altro. Comunque, sono spiacente ma non posso sostenere discussioni o dibattiti privati. La mia giornata è solo di 24 ore. Saluti. FC




Secondo me   F.C    ha  ragione  :  1) sul termine  razzismo   ma  visti i commenti   beceri allle  news  in cui  si parla  della situazione degli immigrati in italia  (  vedere  i comenti  ogni qualche  volta  succede  qualche  disgrazia  in mare  o  qualche  sbarco  ,   ecc  )   io parlerei di  neo razzismo    che mescola   populismo  odio per il diverso  ,  , demagogia  ,  xenofobia  . 2)  sulle  altre  cose  espresse  nell'intervista , perchè  bisogna   chiedersi come mai la gente  aderisce  in massa   alla propaganda   populista  \  malpancista  delle  bufale  sugli immigrati e non solo ., 3)  ed  sul pregiudizio  perchè    come tutte le cose per poterle  rimuovere  \  lasciare che avvvenga  cosi



Mentre mi sembra   più vago (  forse  ha ragione   gli rotto le scatole   con i mie  dubbi  )   sul  pensiero dominante   \  o



Il relativismo culturale Teoria formulata, a partire dal particolarismo culturale di Franz Boas, dall'antropologo statunitense Melville Jean Herskovits (1895 - 1963) secondo il quale, considerato il carattere universale della cultura e la specificità di ogni ambito culturale, ogni società è unica e diversa da tutte le altre, mentre i costumi hanno sempre una giustificazione nel loro contesto specifico. In seguito il concetto di relativismo culturale diviene imprescindibile in campo antropologico, grazie anche all'attività divulgativa dell'allieva di Boas, Margaret Mead, la cui opera più celebre, L’adolescente in una società primitiva. (precedente di qualche anno alla formulazione esplicita del relativismo culturale), può essere considerata paradigmatica dell'utilizzo di argomentazioni di carattere relativistico come strumento di critica della società occidentale (in quel caso americana).
Da questa teoria sono derivate numerose tesi che raccomandano il rispetto delle diverse culture e dei valori in esse professati. Tali idee sostengono ad esempio l'opportunità di un riesame degli atteggiamenti nei confronti dei paesi del Terzo Mondo, richiedendo maggior cautela negli interventi e criticando la tendenza coloniale e post-coloniale ad imporre anche un sistema culturale mediante l'intervento umanitario, gli aiuti per lo sviluppo economico e/o la cooperazione internazionale (vedi inculturazione). Spesso critiche di questo tipo sono state rivolte alle organizzazioni che fornivano aiuti umanitari condizionati all'adozione di determinati comportamenti, come ad esempio la propaganda religiosa delle missioni cristiane.
Il relativismo culturale infatti porta avanti la convinzione per cui ogni cultura ha una valenza incommensurabile rispetto alle altre, ed ha quindi valore di per sé stessa e non per una sua valenza teorica o pratica. Secondo il relativismo culturale i vari gruppi etnici dispongono quindi di diverse culture e tutte hanno valenza in quanto tali. Il ruolo dell'antropologo viene di conseguenza ristretto all'analisi e alla conoscenza profonda di tali espressioni culturali da un punto di vista emico, mentre ogni valutazione di valore viene messa al bando come espressione di etnocentrismo, ovvero del punto di vista opposto rispetto al relativismo. Posizioni simili ha espresso Claude Levi-Strauss.
da   https://it.wikipedia.org/wiki/Relativismo




4.8.15

SASSARI Tiralatte rotti in ospedale, le neomamme minacciano la colletta Piccola vertenza a lieto fine nella clinica Ostetrica dell’Aou Compare la raccolta di firme in bacheca e l’azienda accelera i tempi burocratici per risolvere il problema

.SASSARI
Tiralatte rotti in ospedale, le neomamme minacciano la colletta

Piccola vertenza a lieto fine nella clinica Ostetrica dell’Aou Compare la raccolta di firme in bacheca e l’azienda accelera i tempi burocratici per risolvere il problema
Da la nuova sardegna  del  3\8\2015




Neonati in una foto d'archivio

SASSARI. Stufa di aspettare ore l’arrivo del tiralatte, una neo mamma ha deciso di risolvere il problema da sé. Ha preso carta e penna e ha affisso un foglio sulla bacheca del reparto di Neonatologia delle Cliniche di San Pietro.
È partita così una raccolta di fondi per comprare velocemente un apparecchio. Infatti ai pupi non interessano molto le lungaggini burocratiche del settore acquisti dell’Azienda ospedaliera universitaria: quando hanno fame non sentono ragioni, protestano e lo fanno a gran voce. Sono assolutamente impazienti, e odiano le attese.
I tiralatte, soprattutto per le mamme che nei primi giorni hanno difficoltà di allattamento, sono uno strumento indispensabile. In neonatologia generalmente ce ne sono quattro disponibili, ma è accaduto che due si siano improvvisamente rotti. Così, visto il numero elevato di ricoveri, e considerato che i tempi di utilizzo in genere sono di un’ora per sessione, due soli apparecchi si sono rivelati del tutto insufficienti.
Le mamme hanno subito protestato, e i responsabili del reparto si sono rivolti con urgenza ai vertici dell’azienda. Ma lo shopping per una clinica è un’operazione un tantino più complicata dall’andare direttamente in negozio e acquistare l’articolo.
Ci sono tempi burocratici che non sono compatibili con l’orologio biologicocolta fai da te. Per fortuna però l’Aou, vista la situazione di emergenza, è corsa velocemente ai ripari e nell’arco di qualche giorno è riuscita a sostituire i tiralatte fuori uso. Alla fine non c’è stato bisogno che la colletta delle mamme andasse avanti.

Il bar nella cabina telefonica: ecco il coffee box più piccolo di Birmingham






Molto small, molto british. Parliamo del Jake's Coffee Box, il caffè più piccolo di Birmingham allestito in una delle tipiche cabine telefoniche rosse. "Volevo creare qualcosa di diverso rispetto ai soliti bar – ha spiegato il gestore Jake Hollier .All'inizio i passanti mi guardavano con sorpresa, ma, secondo me, l'idea di usare una delle cabine rosse per un mini-locale non è male. In fondo sono la nostra icona”. Oltre al caffè, il piccolo bar vende anche paste, salsicce e altri snack. Da consumare rigorosamente in piedi, of course.

3.8.15

Bestemmia ( Alì e Shira sono stati barbaramente uccisi ) © Daniela Tuscano

Lui 18 mesi, lei 16 anni. La vita li aveva destinati a due fronti opposti sul medesimo lembo di terra, chiamatela Israele, Palestina o entrambi. Io ho sempre amato poco le rigide distinzioni, in questo momento poi non le sopporto.
Alì era un bimbo dolce e bellissimo, palestinese di Nablus.
Dal volto altrettanto bello dell’israeliana Shira l’infanzia stava dileguando, ma ancora resisteva, rosea e paciosa, soprattutto raggiante. Di quella completezza donata solo ai giovanissimi.
 
Chi l’ha assassinata invidiava quella felicità, ripete adesso la mamma. Se Alì fosse o no felice, lo ignoriamo. Lo ignorava pure lui, alla sua età l’interrogativo non si pone. Semplicemente si vive, la felicità è una cosa, le braccia materne, l’esitante austerità del padre, gli scintillii della piccola casa. I bambini piccoli non vedono bene, toccano, respirano. Sono “animali graziosi e benigni”. E per questo, a volte, il loro sguardo si vena d’una gravità inaspettata, misterica. Quasi percepissero il peso del mondo circostante.
Non c’è più Alì, l’hanno arso vivo mentre dormiva, gettando una bottiglia molotov nella sua cameretta. Volevano sterminare lui e la sua famiglia – e ci sono quasi riusciti – solo perché palestinesi. Non importava come si chiamassero, né cosa facessero. Uno valeva l’altro. Non dovevano esistere. E sui muri della casetta devastata hanno tracciato scritte deliranti: “vendetta” e “viva il Messia”. Gli emissari del “Messia” hanno bruciato un bambino.
Shira invece sfilava al Gay Pride di Gerusalemme. Felice, come sostiene la madre. Gaia. Si trovava lì per solidarietà coi suoi amici. L’hanno colpita i fendenti di Yishai Schlissel.( foto  a  destra  )   Lo chiamano estremista ultraortodosso, non nuovo a simili attentati, eppure libero di circolare… e d’uccidere. L’informazione ormai sofisticatissima ci ha restituito quegli attimi atroci in tempo reale,
la sagoma nera e ottusamente sgangherata di Schlissel pronta a ghermire la folla col suo coltellaccio da macellaio. 
Sì, è nero, quell’”ultraortodosso”. Nero come le bandiere di Isis/Daesh, suoi corrispettivi islamisti. E invece eccolo lì, tra i poliziotti che lo portano via, con alle spalle una bandiera ben diversa, un arcobaleno per lui intollerabile e folle. Yishai Schlissel, o l’ascetismo senza cuore. La superbia ossuta e, perciò, priva d’anima; quell’uomo è orrendo perché non più umano, forse pre-umano. Lo stadio obliquo dell’evoluzione.
I volti degli sterminatori di Alì rimangono, purtroppo, sconosciuti. Ma siamo certi somiglino molto a Schlissel. Possono essere giovani o anziani, uomini o donne. Belli o ripugnanti. Restano mostruosamente uguali, per quella stessa superbia, per la bestemmia di credersi iddii e dover punire e annientare chi trasgredisce la Legge (Alì, lo ripetiamo, l’ha trasgredita il giorno stesso che è venuto al mondo).
Il governo israeliano ha assicurato punizioni severe. Personalmente gli credo, ma non basta. Non più. Non intendo addentrarmi in analisi politiche, ma gli Schlissel e chi ha ridotto Alì in cenere sono il logico risultato d’un clima diffuso, d’un odio proclamato, insegnato, persino vantato da partiti vicinissimi a Netanyahu e di cui fanno ora le spese gli stessi israeliani. Il premier ha sostenuto di voler difendere le tradizioni democratiche d’Israele dai crimini degli “ultraortodossi”, ma una democrazia, per essere reale e matura, non può ignorare i pur problematici vicini e ostinarsi a negare il diritto a esistere del popolo palestinese. Alì non è stato certamente il primo bambino a perire in modo così tremendo, ma la notizia del suo martirio ha avuto un’eco mai ottenuta in precedenza e scosso l’opinione pubblica mondiale. Tralascio la desueta e ipocrita frase “almeno il suo sacrificio è servito a qualcosa”. Primo, perché Alì non intendeva sacrificarsi neppur lontanamente; secondo, perché i sacrifici non servono mai; “misericordia voglio e non sacrifici”, ammonisce la Bibbia.
Già, la Bibbia. Il Libro. La Legge poc’anzi ricordata. Se Alì ha perso la vita a causa d’un abominevole connubio tra politica, fanatismo religioso e razzismo, Shira è stata eliminata perché manifestava con gli omosessuali, anzi coi “sodomiti”, e i sodomiti, nella Bibbia (ma pure nel Corano e in altre confessioni), sono condannati.
La religione giustifica il gesto di Schlissel? No, naturalmente. Gliene ha offerto però il pretesto? Per molti, altrettanto naturalmente, sì. Per quei molti, con la religione occorrerebbe solo farla finita; dimenticando che, quanto agli omosessuali, il trattamento loro riservato da regimi atei, di nome e/o di fatto – Urss, Cuba, Nord Corea, per tacere, in passato, della Germania nazista… - non si è rivelato né più tollerante, né più misericordioso. Ed eccoci tornati al vocabolo originario, misericordia. Qualsiasi religione, se autentica, se incontaminata dal fondamentalismo e dal millenarismo, non mortifica l’umano; il suo messaggio è sollievo per tutti; Asia Bibi, dal suo calvario infinito, ci sta dimostrando, ed è solo l’ultimo caso, il potere liberante della religione. Non schiavitù, non odio e ignoranza, non condanna, non invidia dell’altrui felicità.
Sono consapevole dell’estrema povertà delle mie parole. Soluzioni, non ne possiedo. Le apologie, oltre che inopportune, in simili casi divengono strumentali. Non difendiamo idee, per quanto nobili. Ma persone. E per questo urge una serissima riflessione certamente degli studiosi (politologi, storici di ogni latitudine, sesso ecc.), ma anche e soprattutto dei credenti. Il dilagare della peste fondamentalista esige, da parte nostra, un rinnovato linguaggio ed esegesi dei testi, uno slancio più deciso verso il dialogo ecumenico e un ascolto sempre più partecipe di quell’”altro”, di quell’ospite, uomo e donna, che in realtà è il nostro specchio. Perché i muri, li abbiamo in primo luogo dentro, e v’imprigioniamo tutto, anche Dio, il quale invece è somma libertà e detesta formule preconfezionate. Perché i muri vanno sì abbattuti, ma non bruciati, e le persone non si riducono a cortei. Dietro quei cortei si odono voci, storie. Dietro quei muri si snodano vite semplici e irripetibili. 

L’assassinio di Alì e Shira ha, quindi, un solo colpevole: non Dio, ma la superbia umana. Colei che riduce la religione a una nota, sempre la stessa, monotona, assillante, e la spaccia per Verità irrefragabile; colei che vuole il mondo nero, perché teme i colori; e non prende il largo, perché negligente. Colei che cerca pretesti alla sua insipienza. 

                                                       © Daniela Tuscano

1.8.15

aiutare o no aiutare gli altri ? si aiutare ma fino ad un certo unto

A volte tendiamo la mano verso una persona che ha bisogno, anche quando la persona stessa non ce lo chiede... A volte lo stesso aiuto viene denigrato e attaccato... Mai aiutare chi non vuole essere aiutato... questo video lo spiega chiaramente..



da  https://www.facebook.com/DanielePennaFanPage/

smontiamo la propaganda che dice << Per tutti gli IGNORANTI che dicono che dobbiamo subire questa invasione perchè anche noi siamo stati, a nostro tempo, immigrati..voglio ricordare che: (...) >>

Se  siete   Salvinisti  &  company , creduloni  , bufalisti acritici \ passivi ,   credete  ancora  nonostante  faccia  acqua  da   tutte le  parti  ai miti  : italiani brava  gente poveri  ma  buoni e  digniotosi non leggete   questo post   e  non  andate   in qiuesti url d'approffondimento che  trovate  nel post  





Lo so che rispondere a tali catene è come : << ''Lavare la testa agli asini si perde tempo e sapone >> . Ma visto che ,ne ho già parlato tempo su queste pagine , molta gente prende per vere tali idiozie e le condivide passivamente \ acriticamente prendendole per vere anche davanti alla loro falsità

La storia in questione è vera ma contiene una dose considerevole di inesattezze.










1)  Lo Stato italiano spende 30 euro al giorno per ogni immigrato  
La storia dei 30 euro che, secondo la vulgata di una certa parte politica, sarebbero dati ogni giorno agli immigrati, è falsa: lo Stato italiano non dà soldi agli immigrati ma agli enti incaricati di gestire i centri di accoglienza. La storia dei 30 euro nasce da una (volutamente?) errata interpretazione dei bandi delle prefetture per la gestione dei centri, che prevedono un tetto massimo di spesa di 35 euro a persona accolta. Si tratta di un bando, quindi per vincerlo le cooperative presentano progetti a costi ribassati, con una diretta ripercussione sulla qualità dei servizi. Agli immigrati non viene dato neanche un euro in contanti ma un buono o una carta prepagata per un valore di 2,50 euro al giorno (ma la cifra non può superare i 7,50 al giorno per nucleo familiare, quindi se si è in quattro si ricevono soldi per tre persone e basta). Inoltre viene consegnata una tessera telefonica da 15 euro all’ingresso nel centro. Nel resto dei 35 euro (se va bene) deve starci tutto: vitto, alloggio , pulizia, affitto dei locali, vestiario, ecc. 

2) Lo Stato dà i soldi agli immigrati invece che alle famiglie italiane  
Non è vero. Lo Stato non sposta fondi destinati alle famiglie italiane per darli agli immigrati. I fondi in questione sono stanziati in compartecipazione dell’Unione Europea , che prevede un finanziamento dei progetti di accoglienza. Se non ci fossero immigrati da accogliere non ci sarebbero quei soldi, quindi non potrebbero essere destinati ad altri fini i ogni caso. 

3) Il 90% degli immigrati non ha diritto all’asilo politico  
Un’altra bufala, grande quanto una casa: secondo gli ultimi dati forniti dal Ministero degli Interni (risalenti a febbraio 2015le richieste d’asilo accolte sono il 51% del totale. Il 49% dei richiedenti asilo non ottiene lo status di rifugiato, non il 90%. 

  con le  conseguenze

 che  sappiamo  tutti  ogni volta  che  i profughi  vengono  mandati da qualche parte  o c'è qualche  sbarco .
Ho deciso di rispondere  , con  la  collaborazione    di alcuni utenti  del  nG (  i vecchi  news  groups  )  di  it.cultura  storia  , in cui  ho lanciato   come   provocazione costruttiva     questa   catena  delirante   che ancora  studi seri  di  Gian Antonio Stella sull'emigrazione italiana 

  • ( L'orda. Quando gli albanesi eravamo noi , Milano, Rizzoli, 2002. ISBN 88-17-87097-8; Milano, BUR, 2003. ISBN 88-17-10807-3.
  • Brutta gente. Il razzismo anti-italiano, con Emilio Franzina, in Storia dell'emigrazione italiana, II, Arrivi, Roma, Donzelli, 2002. ISBN 88-7989-719-5.
  • Odissee. Italiani sulle rotte del sogno e del dolore, Milano, Rizzoli, 2004. ISBN 88-17-00361-1.
  • Sogni e fagotti. Immagini, parole e canti degli emigranti italiani, con Maria Rosaria Ostuni, con CD, Milano, Rizzoli libri illustrati, 2005. ISBN 88-17-00924-5.)  continuo  ad    a circolare  .




 che  il post  inizi



Per tutti gli IGNORANTI che dicono che dobbiamo subire questa invasione perchè anche noi siamo stati, a nostro tempo, immigrati... voglio ricordare che:


1. Il nostro popolo emigrò in paesi che erano bisognosi di forza lavoro, in paesi bisognosi di costruire nuove città, nuove strutture, in paesi insomma che avevano mercati industriali in completa espansione, non andavano in paesi con una disoccupazione al di sopra del 10%, in Economie in recessione o con picchi di disoccupazione giovanile al di sopra del 40%.

I  tempi  sono  cambiati in questi ultimi   70 anni . ed  ancora  oggi  li consideriamo   come  all'epoca siti consigliati e post   dall'untente  di   del news  groups  ICS  peter schlemihl  <<    Italiani che rubano il lavoro: 

Molti sono gli esempi che potrebbero essere citati e che mostrano come [gli immigrati cattolici] operino una sistematica occupazione dei posti di lavoro soppiantando in questi impieghi desiderabili i protestanti e gli americani coi loro metodi da clan". (A.O. Nash, "L'immigrazione italiana e irlandese" American Protective Association, Usa,1896 - La Gumina, p. 169)  >>
Beh, ci sono cinque milioni di immigrati in Italia, la maggior parte lavora, quindi la richiesta , anche  se  di sfruttamento e lavori mal  pagati  , di manodopera c'è. . Ora   come dice    scusate   se  lo riporto integralmente   ma  ha  perfettamente     ragione  sempre di ICS Roberto Deboni DMIsr : <<  A prima vista fin sembra andare bene ... se non fosse che tutta la frase e' intrisa di una profonda cultura fascistoide. Essendo profondamente diffusa e permeata nel pensiero di molti lettori, la vedo dura a spiegare le ragioni, ma ci provero' lo stesso, non si sa mai. 
Prima di tutto la stessa definizione di "popolo" con le sue implicazioni bibliche e' totalmente sbagliata. NON ESISTE un popolo che e' immigrato. Esistono persone che, con cuore piu' o meno greve, o indifferente o financo gioioso, se ne sono andati dalle loro terre natie. Punto. Tutto ciò' che si aggiunge intorno e' ricamo demagogico. 
L'implicazione biblica e' poi subdolamente implicita nel momento che pare di volere fare intendere che il comportamento di questi individui, fuori dai confini nati, debba ricadere su chi resta. Assurdo! Mi ricorda la stoltezza di chi, residenti nel condominio confinante, viene a lamentarsi con me, dei comportamenti di chi risiede insieme a me nel mio condominio: ma che c'entro io di cosa fa nella proprietà' altrui ?! 
Assurdo ancora di piu', in svariati casi, se poi esaminiamo le ragioni dell'abbandono delle proprie terre. 

Il caso piu' eclatante e' di chi scappa da una persecuzione politica. Evidentemente la pensa diversamente dal governo, e se fosse una democrazia funzionante, ovviamente da ciò' che pensa la maggioranza dei residenti. Per quale dannata logica, questa maggioranza dovrebbe essere imputata delle colpe eventuali del transfugo all'estero o con quale faccia tosta questa maggioranza puo' permettersi di gloriarsi dei meriti di questo dissidente.?
Un altro caso e' di chi se ne va' perche' semplicemente a casa sua non puo' fare cio' che gli piace, ad esempio ricerca scientifica avanzata. Visto che e' stata l'incapacita' ed insufficienza della societa' che ha abbandonato ad obbligarlo ad andarsene, come puo' questa societa' farsi vanto di avere impedito a questa persona di esprimersi a casa propria: vergogna, altro che "vanto" !!! Peggio ancora, se mezzi e possibilita' c'erano, ma la societa' 
ha preferito l'inedia culturale della corruzione che favorisce i nepotismi e della nomenclatura. 
Un altro caso e' di chi se ne va' perche' a casa sua muore di fame, ancora maggiore dovrebbe quindi essere la comunita' che e' responsabile di questo, altro che "fregiarsi" dei meriti di chi, se fosse stata per essa, sarebbe morto di stenti. 
Un altro caso e' di chi e' alla ricerca di una vita facile, della ricchezza, del benessere senza fatica (in rapporto alle fatiche quotidiane vissute), spesso sono anche criminali o con tendenze opportuniste, al meglio. Se fanno male, raramente la societa' d'origine se ne fa vanto, se fanno soldi, se diventano ricchi e potenti, allora abbiamo la logica servile, nelle comunita' moralmente marce ed opportuniste, del correre dietro ai ricchi e potenti. 
Questi sono solo alcune delle ipotesi per cui si emigra, e come si vede non si possono accumunare, anche se qualche volta si possono trovare insieme (raramente nella vita delle persone le scelte sono dovute da UNA SOLA ragione). 
Inoltre abbiamo il sottofondo dell'impregnante assunzione biblica che emigrare sia buono. Stava in piedi seimila anni fa. Oggi non funziona piu'. L'emigrazione funge da valvola di sfogo semplicistica quando la popolazione cresce troppo rispetto alle risorse. Oggi e' evidente che una logica del genere puo' essere 
paragonata solo ad un cancro, ad un tumore per l'ambiente. Oggi l'umanita' rappresenta biologicamente un carico per l'ambiente che a lungo termine e' evidente anche al piu' idiota, e' semplicemente insostenibile. A meno di volere pensare ad una futura terra una specie di enorme condominio multipiano che lascia libera, forse, solo gli oceani. 
E' vero che ci sono ancora zone della terra scarsamente popolate, ma occorre emigrarvi con discrezione e discernimento ed in ogni caso, senza prevaricare sui popoli residenti. Gia', a proposito, il diritto per cui spesso molti hanno combattuto, di rispetto delle popolazioni locali (magari in forma un po' ingenua, come nel film "Soldato Blu" del 1970 con riferimento agli indiani di America), non dovrebbe valere anche per gli europei ? O usiamo due pesi e due misura anche con logica da suicidio ? 
Un ulteriore messaggio implicito in quella frase appartenente innocuo e' "emigrare e' buono". Non e' automaticamente vero, e non e' sempre cosi'. 
Ad esempio, l'immigrazione dei meridionali, che nel tempo ha fatto si' che prevalesse, per semplice incremento del rapporto numerico, la feccia della cultura locale, quella della manovalanza della malavita e quella del servilismo verso i latifondisti, quella del parassitismo verso la comunita', e' assolutamente deprecabile nel momento che ha fatto si' che i migliori semplicemente 
gettassero la spugna, e se ne andassero'. Quando si tratta di "prendere atto dell'inevitabile", di un "rapporto di forze insostenibile", oppure si tratta semplicemente di vigliaccheria di chi non vuole farsi carico dell'impegno 
per forzare un cambiamento positivo nella sua comunita' ? Quando l'emigrazione e' pura necessita' di sopravvivenza e quando invece e' vigliacca fuga ed abbandono delle proprie origini ? 
Tante domande, tutte diverse, per individuo, momento storico e situazione della comunita'. L'unica certezza e' che le parole "Il nostro popolo" serve solo a pilotare insieme un mucchio di luoghi comuni, per la maggior parte profondamente manipolatori del pensiero politico e culturale. 

Questa e' la classica chiusura polemica <<  non  andavano in paesi con una disoccupazione al di sopra del 10%, in  Economie in recessione o con picchi di disoccupazione giovanile al di sopra del 40%. >>, che nel mentre vuole forzare una sua tesi, rigetta a priori ogni possibilita' di discussione con la controparte: insomma quasi uno slogan (peraltro rischioso nel momento che cita cifre che possono essere discutibili, in un senso o nell'altro, o cambiare rapidamente nel tempo).

2. I nostri emigranti andavano negli Stati Uniti, in Belgio, in Australia con passaporti e con mezzi LEGALI, non con barconi o motoscafi PAGATI DALL'EUROPA PER DISINTEGRARE IL NOSTRO PAESE E COMPRARLO A DUE SOLDI!

qui l'autore   è ignorante  perchè ignora  oppure mente   sapendo di mentire  . Perchè  1)  i  vari  domini  dell'Italia  preunitaria e poi  l'italia (  fino al  fascismo  )  emettevano  visti e documenti  regolari  per  poter  partire  . E  quindi  quella  che  chiama  clandestina  \ senza  documenti era  dovuta  :  a casi  di corruzione per  avere  i visti   se  te lo potevi permettere .,  fuga   quando  c'era  il divieto  per motivi politici  o divieto  , sotto il fascismo d'espatrio  . 2) Ed  è il caso  di   secondo mosca...@gmail.com  << Ti rispondo con la storia di mio nonno emigrato clandestino a New York ? Dal 1920 al '39 ? Fuggì dal lager di Ellis Island  a nuoto per non esser rimpatriato, rischiando di esser divorato dai pescecani... Non so come visse i primi tempi, ma se non ci fossero state le mense gratuite  sarebbe certo morto di stenti. I nostri emigrati certo in maggioranza lavoravano onestamente , ma Lucky Luciano ? La mafia ? Il proibizionismo?   Mio nonno, istriano, era stato soldato austriaco mandato sul fronte russo dove dopo la rivoluzione del '17 cessarono i combattimenti . Tornato a casa alla fine della guerra venne fatto prigioniero dagli italiani perchè "nemico e bolscevico" , assieme ai 250.000 italiani - triestini, istriani e dalmati - che avevano fatto la guerra come sudditi austriaci. Solamente con Roosvelt ebbe lavoro >>
  e  ce  ne potrebbero   essere  altre     di storie   simili   se   andiamo  a cercare   negli archivi   dei paesi   dove  ci fu  l'immigrazione italiana  o  sentiamo   le storie  dei discendenti  ( perchè noi tutti  \e   abbiamo avuto , sottoscritto compreso  ,   avi  immigrarono    anche  temporaneamente  , o parenti  acquisiti  indiretti  ( lo zio paterno e la sua   famiglia  che si fece li   ed  i relativi  nipoti   del marito  di mia zia    che stanno negli Usa  ) . Ulteriori  news   sugli italiani clandestini    sono i  link  forniti  sempre  da  peter schlemih da   Italiani clandestini:
3) L'ottima risposta  di  Roberto Deboni DMIsr  <<   io non avrei saputo rispondere meglio   non con barconi o motoscafi I barconi, o i piu' costosi e lussuosi motoscafi (qualcuno ha notizia del loro uso ?) sono esclusi per una ragione pratica. Non mi risulta che si possa ragionevolmente pensare di attraversare l'Atlantico o l'Oceano Pacifico con tali mezzi. E non mi risulta che siano piu' convenienti di altri mezzi per arrivare in Belgio. 

La menzione dei "motoscafi" (uno strumento "lussuoso" o almeno "costoso") poi fa chiaramente intendere intenzione spregiative, anche se non e' chiaro verso chi ... Nota: un motoscafo puo' richiedere, a parita' di carica, un consumo di carburante, ben oltre dieci volte le alternative.  PAGATI DALL'EUROPA PER DISINTEGRARE IL NOSTRO PAESE E > COMPRARLO A DUE SOLDI! 

Mi risulta che il viaggio sui barconi e' abbondantemente pagato dagli stessi migranti e non dall'Europa. Peccato 

che il beneficiaria sia la malavita organizzata ed i politici ad essa legata. Come gia' proposto numerose volte, di fronte a questa realta', che la battuta appena fatta vuole mascherare (per quale oscura ragione, per quale progetto ?), si afferma la logica di vendere ai migranti visti transitori (90 giorni ?) a prezzi competitivi 
a quelli degli scafisti. Almeno in questo modo le nazioni ospitanti raccoglierebbero le risorse necessarie per poi 
eseguire veramente le espulsioni scaduti i 90 giorni oltre ad affrontare l'accoglienza per il periodo citato, e 
rafforzare i servizi di polizia del territorio. Insomma, immaginate una situazione in cui lo stesso numero di migranti che arriva oggi, arriva regolarmente via traghetto, senza impegno della marina militare (avete idea di quanto carburante consuma uno di quei mezzi, specie i piu' grossi, quando si impegna a tutta forza per un soccorso ? ma questo popolo di marinai e' cosi' ignorante ?), con la massima efficienza economica, senza rischiare la vita di nessuno, in modo programmato, e, cosa importante, tutti gia' identificati e registrati, incluso impronte digitali ? 
A questo punto i terroristi (i piu' stupidi o improvvisati) ed i criminali (ricercati) sarebbero gli unici a tentare di entrare in modo clandestino, e allora si' che l'opzione "fermo o sparo" avrebbe una possibile giustificazione.
In realta' oggi si ragiona con la stessa logica probizionistica verso gli stupefacenti (e questo in un paese della cultura del vino!!!) anche con l'immigrazione: e' vietato, ma si trova ad ogni angolo. Parimente, il "clandestino" non dovrebbe esserci, ma qui, anzi, ufficialmente viene pure accolto con una cifra enorme (ma al governo si rendono conto che cosa significa per la maggioranza dei cittadini 30 Euro al giorno ? Anche per i tedeschi del Hartz IV, 30 Euro al giorno equivale al paradiso). Si vuole una migrazione abusiva perche' ci guadagna la malavita organizzata, ci guadagnano i politici corrotti, ci guadagna il sistema di associazioni a delinquere 
(ma con cravatta e camicia, di persone "per bene", spesso benedetti dai reliogiosi) organizzato per consumare sovvenzioni e contributi pubblici (servizi dell'accoglienza ...), e ci ha pure una fetta la Marina Militare che cosi' 
puo' scrostare un po' di ruggine dai suoi mezzi (non importa il costo, tanto paga il cittadino, come tutto il resto, 
dalla accoglienza, ai danni materiali ed economici ed al territorio causati da questa modalita' d'emergenza di 
gestione).  >>



3. I nostri emigranti che, negli Stati Uniti, erano costretti a restare nella famosa Ellis Island per giorni, settimane ed alcuni casi mesi, NON si resero protagonisti di proteste, roghi o quant'altro, ma affrontavano quei momenti con umiltà e pacatezza.

  
Forse perche' come dice  Roberto Deboni DMIsr  <<   si trattava di migrazione controllata come quella proposta di "vendere i visti di ingresso" ai potenziali migranti clandestini ? Nel caso degli Stati Uniti, non era necessario mettere un prezzo ai visti di ingresso perche' il lungo viaggio per l'Atlantico era gia' costoso di suo, e quindi un freno che assicurava una immigrazione controllata. Forse perche' Ellis Island offriva "certezze", anche se in 

mezzo alle lungaggini della burocrazia. Certezze implicite peraltro in un paese a tratti "vuoto" ? 
Dal punto di vista di molti migranti, si puo' anche comprendere le proteste contro un sistema burocratico e di collaboratori privo di obbiettivi e logica, puramente arbitrario e prevaticatore, che tratta le persone come "merce", interessati solo ai proventi o vantaggi (politici ?) di cui sono portatori. 

O forse erano uno specchio di come percepivano la nazione ospite. Giusta, ma forte, e disposta anche a ricorrere alla durezza, se necessario. E specialmente "inflessibilmente rigorosa nell'applicare le leggi". Il "migrante" non e' stupido, capisce rapidamente quali sono le regole del gioco. Specialmente se poi viene aizzato (pagato ?). 
Vorrei che si riflettesse sui numerosi documentari o "realta' spettacolo" tipo "Airport Security ...", mi pare piu' che altro di paesi di cultura anglosassone. Cio' che forse i piu' attenti avranno notato e' il costante riferimento alla importanza di "dire il vero". Per un italiano puo' sembrare fantascienza, ma mentire nella cultura anglosassone e' molto grave, e porta, solo per questo, a sanzioni, multe anche salate o l'espulsione. 

4. I nostri emigranti lavoravano sodo.
Se erano  --  sempre  secondo Roberto Deboni DMIsr  -- principalmente alla ricerca di lavoro, la cosa appare abbastanza logica. Del resto, la prospettiva per chi emigrava negli Stati Uniti era: "o lavori, o muori" Dopotutto stiamo parlando di un secolo in cui non esisteva 

la cultura dell'assistenzialismo (tanto meno nelle ex-colonie). 
Oggi invece abbiamo tutte queste notizie (magari un po' falsificate sui beneficiari) che per ogni migrante ci sono 30 Euro al giorno che gli aspettano. Secondo voi che gente attira ? 
A proposito: i deficienti che vanno a ripetere, come un pollo, la menzogna, abilmente diffusa da chi ha interesse, che il migrante riceve direttamente in mano 30 Euro al giorno, capisce 
o non capisce che la notizia ha effetti esaltanti nei paesi da cui proviene la massa degli immigranti economici ? Se a voi dicono: versate 5000 Euro per avere poi 30 Euro al giorno per tanti anni, e siete dei parassiti, cosa fareste ?  E  vero   che   La gran parte lavorava sodo, come la gran parte degli immigrati di oggi. Ma c'erano anche: 

Bambini venduti: 
http://www.orda.it/rizzoli/stella/immagini/foto/popup/e01.htm 
Puttane  d'esportazione: 
http://www.orda.it/rizzoli/stella/immagini/foto/popup/bordello.htm 
Un numero straordinario di italiani nelle galere americane: 
http://www.orda.it/rizzoli/stella/numeri/devianza.spm 


5. Non facevano code alle mense della carità.

Secondo   peter schlemihl  << Convinced that everything is due them: "Who dispenses charity agrees in saying that many southern Italians landed here with ideas rather quirky about what will happen. Now seem to seek help with the air of one who says: - Here we are. What are you going to do for us? -. And even if he insists on as due." (Edward Alsworth, , Century Magazine, USA, vol. 87 December 1913 - Lagumina, p. 124) >>
Per  il resto    secondo Roberto Deboni DMIsr  (  non è chiaro neppure  a me )  se  Non mi e' chiaro se con questo si vuole incitare l'accoglienza  ai presunti  dei 30 Euro al giorno ... (frase boomerang ...) ... 

6. Non chiedevano elemosina.

da  https://en.wikipedia.org/wiki/Great_Depression
La chiedevano anche gli oriundi: per quale ragioni non la dovevano chiedere chi proveniva dall'Italia ? Peraltro, l'oggetto della foto evidenzia un problema tipico di questi casi: sette figli ? Ignoranza o l'unico investimento del povero: far fare la fame a tanti figli, sperando in un sostegno per la vecchiaia ? Notare: e' la logica cinica (passata?, ed ora abbiamo questi "baby boomers" versione povera che cerca uno spazio nel mondo) di svariati territori da cui arriva l'attuale migrazione in Europa. 

7. Non pretendevano assegni giornalieri.

Forse perche' sapevano in partenza che non sarebbero stati concessi.E poi  anch'io mi chiedo  come Roberto  .... : se sulle reti locali si evidenzia la propaganda di chi in Italia protesta perche' "si danno 30 Euro al giorno ad ogni migrante", cosa si dovrebbero aspettare quando sbarcano in Italia ? E cosi' abbiamo il migrante scandalizzato che presenta denuncia perche' il suo "accoglitore" si incamera la paghetta che la legge gli assegna. Vogliamo scommettere che molti oriundi dell'Italia, se negli Stati Uniti ci fossero state leggi del genere, avrebbero urlato a squarciagola per avere il loro "diritto" ? 


Per tutti gli IMBECILLI che dicono che noi siamo stati, a nostro tempo, immigrati, nella foto potete vedere degli emigranti Italiani. Non si lamentano del cibo. Non hanno un Iphone in tasca per cui lamentarsi dell’assenza del Wifi.
...ma che poi di invasione non si tratta perchè li andiamo a prendere noi!!! VERGOGNATEVI, GOVERNANTI .


E' una foto di alcune persone. Punto. E rappresenta solo le persone rappresentate. E rappresenta persone che agiscono nel contesto in cui si trovano. Con gli spazi che gli sono permessi. E generalizzare e' sempre nella maggior  parte  dei casi   l'anticamera delle dittature. questo poi e' il massimo della idiozia. Citare tecnologia 
inesistente nel periodo storico e' rischioso, perche' la risposta potrebbe essere: "Se l'Iphone esisteva, con la rete, gli italiani l'avrebbero usata estensivamente perche' ad Ellis Island sarebbe funzionata impeccabilmente."
...ma che poi di invasione non si tratta perchè li andiamo a prendere noi!! Falso. Punto. Andare a prenderli significa: - mani un traghetto al porto (ad esepio libico) - li fai imbarcare 
- porti il traghetto al porto (ad esempio a Livorno) - li fai sbarcare [Perche' ad esempio, a Livorno ? Perche' costa meno farli viaggiare per navi, oltre ad essere piu' facile il contenimento, idioti!] 
Quando invece abbiamo un barcone che affonda (o autoaffondato) e li ripeschiamo i ragionamenti si fanno ben piu' complicati e specialmente scivolosi. 
Immaginate questo scenario: translantico battente bandiera italiana che sta affondando, circondato da navi (non carrette!) di vari paesi "non OCSE" (tanto per chiarire), che stanno a guardare, con la folla sulle tolde che guarda, magari incitando gli squali ... ? 
Se passase una certa logica espressa dai piu' stolti, potrebbe essere uno scenario di un futuro alternativo non tanto assurdo. E l'Italia, notare, sta scivolando sempre piu' indietro nella classifica delle potenze economiche. Anzi, oggi "potenza economica" non calza molto per quello che e' l'Italia reale ( una nazione di cartone ...).