Cerca nel blog

30.12.17

ho fatto un sogno che a certe persone fosse tolta la cittadinanza italiana visto che secondo salvini e company se la devono meritare


canzoni consigliate
patience-Guns Roses
Pink Floyd - Another Brick In The Wall
Stanotte  , per  problemi di stomanco  , mi  sono  svegliato alle  03.30\4      ed  per  cercare  ( cosa  sbagliata   , vero  , ma  non  potevo acendere  la  luce  grande   , essendo la bajour  fulminata  , per   leggere  avrei rischiato di disturbare  i matusa      che  dormono nella stanza  affianco  ) di  riprendere  sonno ho  accesso il cellulare   ed  ecco che leggo   oltre  , alla  news   sotto    , quest'altra news    che cosi ho commentato 
Mi chiedo se Il leghista in questione pare essere un infermiere
Come si comporterà quando, durante lo svolgimento del suo lavoro, si troverà di fronte un paziente non appartenente al suo partito ( partito?) O con il colore della pelle i nazionalità diversa ?
Nausea
                                                                                                                                                                   Saverio Tommasi
16 h ·


L'uomo in foto si chiama Giampiero Borzoni ed è consigliere comunale e segretario della Lega a Vercelli.
Nella notte fra il 19 e il 20 dicembre il padre di Giampiero Borzoni si è sentito male e ha chiamato il 118.
E' arrivata la Croce Rossa per soccorrerlo, ma Borzoni ha insultato uno dei soccorritori, di origine nordafricana, chiamandolo "marocchino di m...", sia durante le operazioni di soccorso - cioè mentre il barelliere stava soccorrendo suo padre! - che poi dopo, al pronto soccorso.
L'operatore della Croce Rossa, però, ha registrato le offese e ha denunciato Borzoni. E solo a quel punto Borzoni si è scusato.
Riassumendo: un operatore della Croce Rossa soccorre tuo padre, ma tu non trovi di meglio che insultarlo per la sua provenienza geografica, mentre lui prova a salvargli la vita.
Onestamente, non ho parole.

Poi  dopo che ho ripreso sonno   ho fatto il sogno descritto   dal titolo  cioè che     come provocatoriamente     suggerisce   Ilham Mounssif  in italiana da    20 anni ( ma   ancora  non  ha diritto alla cittadinanza  italiana  )     forse  tolta  la  cittadinanza  a    certa gente  .  
da http://www.giornalettismo.com del 29.12.2017 

Ilham Mounssif
 | 

L’ATTIVISTA ILHAM MOUNSSIF: «PERCHÉ NON SI LEVA LA CITTADINANZA A SALVINI?»

Lei si chiama Ilham Mounssif è nata in Marocco 22 anni fa ma da 20 anni vive in Italia e non ha ancora ottenuto la cittadinanza italiana. Divenne tristemente celebre perché il suo ingresso per lei, premiata dall’Onu, fu respinto alla Camera dei deputati. Respinta perché formalmente marocchina. La giovane era poi stata accolta dalla presidente della Camera Laura Boldrini, con tanto di scuse. Ilham è sarda, è cresciuta in Italia e rappresenta alla perfezione la necessità dello Ius Solinel nostro paese.



Ilham Mounssif@ilham_mounssif
Ricordi di un fatto in sé triste ma che ha segnato per sempre il mio percorso di vita e crescita.Tanti auguri di un sereno 2018, Presidente @lauraboldrini Un anno ricco, intenso (speriamo in positivo) ci attende tutti.
18:40 - 28 dic 2017
88 risposte
2323 Retweet
123123 Mi piace

   «Matteo Salvini dice che la cittadinanza va desiderata, maturata e meritata? Allora possiamo anche iniziare a toglierla a lui, visto che sul tricolore e sulla Costituzione i leghisti hanno sempre sputato e hanno detto di tutto», ha spiegato la ragazza nel corso di un’intervista rilasciata a EuroNews. Un’intervista che ha fatto adirare non poco siti leghisti come Il Populista:

Mounsiff, nata in Marocco ma residente in Sardegna da quando aveva due anni, è diventata nota nel marzo 2017 quando fu respinta da Montecitorio perché non aveva il passaporto italiano. E che c’è di meglio se non prendersela con la Lega e con Salvini, anziché con se stessa per non essere in regola?
«Se veramente fossero questi i requisiti lui sarebbe il primo a vedersela negata», ha concluso Mounsiff.  Mounssif ha espresso la sua delusione per la mancata discussione della legge sullo ius soli al Senato. «La conclusione di questo percorso con un parlamento che diserta è proprio triste». «Coloro che soffrono di più per la mancata riforma sono quelli nella mia situazione, noi che siamo cresciuti ma non nati in questo Paese. Non c’è una disposizione che disciplini la nostra situazione».



Ma poi , poco fa , leggendo i nuovi commenti alla discussione sul  mio fb a tale news ho ripensato a questaversione italiana della pietra miliare ( una delle mie prime canzon ascoltate da ragazzo ) di Like a rolling stone di Bob Dylan




e   mi sono accorto che     ha ragione questo mio contatto facebook 
 

Antonio Rossino credere che questo mondo è questa terra sia un fatto privato Nell'era in cui viviamo credo sia solo.... Anzi vorrei che fosse una egoista utopia....

29.12.17

come se i bambini non avessero mai visto un .... pene eretto . il caso di un maesatro di Jesolo contro la mostra sull'Egitto: "Esposta la statuetta del dio della fertilità in erezione"



Jesolo, maestro contro la mostra sull'Egitto: "Esposta la statuetta del dio della fertilità in erezione"
Il docente della Carnia ha scritto agli organizzatori di “Egitto. Dei, Faraoni, Uomini”: "Quando verrò in visita con i miei alunni, chiedo di togliere o coprire la statuetta"





JESOLO. “Quando ho chiesto ai miei nipoti di disegnare qualcosa della mostra sull'Egitto di Jesolo visitata assieme il giorno prima, il più piccolo di 9 anni ha disegnato un antico egizio col fallo eretto spiegandomi che lo aveva visto in una teca. Per questo come insegnante vi chiedo di coprire o togliere la statuetta in questione dalla visione dei miei alunni, suoi coetanei, quando parteciperanno alla visita scolastica prenotata da tempo”.
La statuetta egizia finita al centro della polemica sollevata dal maestro



un contro  senso  questsa 
                                      La richiesta contenuta in un messaggio e-mail inviato dal sito internet della mostra, www.mostraegitto.com, arriva da un maestro elementare friulano residente in un comune della Carnia ed è indirizzata alla direzione della mostra che fa capo alle società produttrici e promoter, Venice Exhibition e Cultour Active. Il docente chiede di censurare, durante la visita della sua scolaresca prenotata a febbraio, una preziosa statua itifallica risalente al III secolo a.C., contenuta nell'allestimento della mostra “Egitto. Dei, Faraoni, Uomini” del Lido di Jesolo.
“Faccio sinceramente i complimenti per la ricchezza del percorso museale realizzato a Jesolo dedicato all'antico popolo egizio, mostra ben articolata e piena di informazioni che considero una tappa didattica importante per l'accrescimento

                La coda nella giornata di mercoledì per accedere alla mostra

 si legge ancora nel messaggio dell'insegnante, “ma non posso esimermi come educatore dall'interrogarmi se sia prematuro mostrare simili rappresentazioni della corporeità umana in palese esibizione erotica a bambini che in molti casi non ne hanno ancora piena consapevolezza. Nel dubbio vi prego di rispettare la mia richiesta che ritengo fin d'ora vincolante per la conferma della visita programmata con gli alunni minori sotto la mia responsabilità”.La statuetta della prima età tolemaica, alta circa 40 cm e realizzata in argilla cruda e bitume, prezioso prestito museale, si trova nell'area della mostra dedicata al culto dei morti. “Nell'antico Egitto”, replicano gli organizzatori della mostra, “fin dall'epoca remotissima del IV millennio a.C., si venerava la divinità Min, raffigurata in varie forme, ma più di frequente con aspetto umano e il pene eretto, appunto itifallico. Rappresentava il dio della fertilità, della riproduzione, del raccolto, del principio maschile e della virilità, particolarmente venerato a Copto, nell'Alto Egitto e, fino al Medio Regno, comunemente fuso al Horus”.“Questa come altre rappresentazioni che ci provengono dalla remota antichità egizia”, spiegano gli organizzatori, “sono dei vividi esempi di culto della civiltà egizia che non devono essere censurati ma spiegati ai ragazzi nel loro valore antico importante per quel popolo. Per questo abbiamo predisposto le audioguide differenziate per fasce d'età con la voce del giornalista e divulgatore scientifico Alessandro Cecchi Paone, in modo da trasmettere anche ai ragazzi in età scolare, grazie a concetti più semplici e a un linguaggio meno complesso, tutta la bellezza e la ricchezza dell'antica popolazione del Nilo”.



un contro senso visto che scrive nella prima parte del messaggio per motivare la suia chiusura mentale : << “Faccio sinceramente i complimenti per la ricchezza del percorso museale realizzato a Jesolo dedicato all'antico popolo egizio, mostra ben articolata e piena di informazioni che considero una tappa didattica importante per l'accrescimento >>.    Non si rende  conto noon solo del ridicolo ma   anche   dellìopportunità   mancata  ,  infatti ,  la  mia      amica  sulla mia bacheca  di facebok  commenta  cosi   quest'articolo  


Silvana Porcu Ma dai! Un'ottima occasione per fare educazione sessuale...con cenni storici!

Vedi altre reazioni

domande agli amici e conoscenti della polizia e delle forze dell'ordine in generale perchè chi comette abusi viene promosso e chi li denuncia viene emarginato ?

leggendo  l'articolo     che  trovate  sotto  


Mi  chiedo   e  provo  a  girare la  domanda  (  anche  se  credo  che  sarà una delle tante  che    volano nel vento  e  che difficilmente  saranno raccolte     da  coloro  a  cui  è  rivolta o  da  qualche  spiritoso coraggioso  )   ad amici  \  che    ricoprono , o  hanno ricoperto , ruoli  non importa   quali   nelle forze dell'ordine    come  nel titolo : perchè  chi comette  abusi   viene   promosso  e   chi li denuncia viene emarginato ? come fanno a spportare e non  .... incavolarsi davanti a << [...] logiche interne della Ps sorprendono. Poliziotti che “hanno gettato discredito sull’intera nazione” non risulta abbiano subito sanzioni disciplinari e, scontata l’interdizione, rientrano ai piani nobili del corpo. Mentre funzionari che si sono macchiati di colpe assai meno infamanti subiscono durissime sanzioni. Vale la pensa ricordare il caso di Filippo Bertolami vicequestore romano che nella sua veste di sindacalista ha fatto denunce scomode sulla gestione della polizia, specie all’epoca di Gianni De Gennaro, Antonio Manganelli e Alessandro Pansa: sprechi, utilizzo di beni, promozioni di agenti condannati come quelli del G8. Poche settimane fa è stato sospeso per undici mesi complessivi perché non avrebbe stampato un documento e perché non si sarebbe recato nell’ufficio del superiore.>>
  la  news   è  questa


da


Dopo la nomina al vertice della Dia di Gilberto Caldarozzi, condannato a 3 anni e 8 mesi per i falsi verbali della scuola Diaz, a un altro dei condannati eccellenti per la “macelleria messicana” del G8, è stato affidato uno degli incarichi più prestigiosi della polizia italiana. Pietro Troiani, il vicequestore passato alla storia come l’uomo delle false molotov, il 21

L'immagine può contenere: spazio all'aperto
foto mia scattata nel  giugno 2016

dicembre è stato nominato dirigente del Coa, il Centro operativo autostrade di Roma e del Lazio: il più grande d’Italia. Come per Caldarozzi tecnicamente non si è trattata di una promozione. Troiani resta vicequestore proprio come Caldarozzi resta primo dirigente. Questa è stata la precisazione del Dipartimento di pubblica sicurezza dopo che Repubblica aveva pubblicato le critiche delle vittime e dei famigliari dei manifestanti massacrati di botte e arrestati con false prove nella scuola Diaz nel luglio 2001.

Ma è innegabile che i due incarichi, vice direttore dell’antimafia e dirigente del Coa di Roma della Polstrada, siano considerati “ruoli apicali” in seno alla stessa polizia.
Diverso sarebbe stato assegnare i due funzionari a uffici amministrativi, non di prima linea.
Invece, ancora una volta sembra essere totalmente inevasa la precisa indicazione dei giudici della Cedu (Corte europea dei diritti dell’uomo) che nelle condanne all’Italia per l’assenza, all’epoca, di una legge sulla tortura, chiedevano al nostro paese di provvedere anche al blocco delle carriere e sanzioanre i funzionari che coprirono i torturatori materiali di Diaz e Bolzaneto.
Pietro Troiani, all’epoca in servizio al reparto celere di Roma, ebbe un ruolo decisivo nella vergognosa operazione Diaz.

dal film  Diaz - Don't Clean Up This Blood 2012 diretto da Daniele Vicari ed incentrato sui fatti del G8 di Genova.
Sapeva che a bordo della sua jeep c’erano due molotov recuperate ore prima in corso Italia e ordinò al suo autista di portarle nella scuola mentre era in corso la perquisizione. Il sacchetto con le bottiglie incendiarie passò fra le mani dei massimi dirigenti della polizia italiana dell’epoca e venne alla fine sbandierato come la prova regina per l’arresto dei presunti black bloc.
Le logiche interne della Ps sorprendono. Poliziotti che “hanno gettato discredito sull’intera nazione” non risulta abbiano subito sanzioni disciplinari e, scontata l’interdizione, rientrano ai piani nobili del corpo. Mentre funzionari che si sono macchiati di colpe assai meno infamanti subiscono durissime sanzioni. Vale la pensa ricordare il caso


 di Filippo Bertolami vicequestore romano che nella sua veste di sindacalista ha fatto denunce scomode sulla gestione della polizia, specie all’epoca di Gianni De Gennaro, Antonio Manganelli e Alessandro Pansa: sprechi, utilizzo di beni, promozioni di agenti condannati come quelli del G8. Poche settimane fa è stato sospeso per undici mesi complessivi perché non avrebbe stampato un documento e perché non si sarebbe recato nell’ufficio del superiore.



28.12.17

provocazione o fanatismo vegano ?

premetto  prima  di   raccontare   questa storia  che non ho niente  contro  i vegani sia  che lo facciano  per  moda  sia per scelta  di vita  ( io ho esperienza   con amici  che  rientrano nel  secondo caso  ) mi da fastidio  il loro , ovviamente senza  generalizzare   perchè  :   esistono anche se  sono mosche bianche   vegani non fondamentalisti   .,  tale  situazione  è presente non solo nei vegani  ma  in ogni cosa  che noi  facciuano o crediamo  ,  fondamentalismo fanatico  .

Essa  è presa dalla pagina di faceboook di Enrico rizzi animalista  e  presidente  di https://www.noitaonlus.com/

Queste due tristissime donne lavorano al supermercato Carrefour di Tivoli, a Roma.Hanno pensato bene di sfottere due esseri massacrati, dimenticando che il loro stipendio proviene proprio dal “sacrificio” di quei due poveri animali. Ho scritto all’Azienda Carrefour Italia al fine di prendere gli opportuni provvedimenti.Hanno già risposto, rassicurandomi a tal proposito.


 Fra  i comenti , oltre  a quelli citati     sotto  , alla discussione  del post  che trovate  qui   ( almeno  fin quando l'autore  non rimuoverà  )   mi  è  piaciuto  quello di 

Laura Scalia Non sono vegana ma qui c'entra poco l'esserlo o meno... Si tratta di avere rispetto, anche per ciò che alcuni di noi considerano cibo.
che  ha  portato  la  diuscussione  sull'argomento    e  cercato anche se  senza  riuscirvi alla contreapposizione  vegani  e  carnivori    con il relativo scambio  d'accuse   e  d'insulti  

Infatti  capisco e condivido   lo sdegno  ma concordo conil  commento di   Valentina Locci  quando  dice  : <<  Mamma quanta cattiveria... non si risponde all’ignoranza con la maleducazione ....>>  ed insulti personali aggiungo io  . Io non sono vegano e  sono al 90   % vegetariano   e  mangio pochissima carne   se  non allevata naturalmente  e non industrialmente   e  trovo le foto assolutamente fuori luogo. Indice oltre che di cattivo gusto di una insensibilità non sostenibile ma non per  questo arrivo a minacciare  ed  ad insultare  sul personale  le sciocche  commesse  .  Inoltre Sperare però che vada in fallimento il supermercato  è altrettanto brutto come  la stupida provocazione fatta  da loro  , lì ci lavorano tante altre persone che nulla c’entrano con questo e non si meritano di perdere il lavoro.a  causa  di due imbecilli .  Concludso facendo mio la parte  finale del commento   di   Michele Derudas  : <<  [...] il commento di esprimere un idea è molto diverso da esprimere una o più offese ,imparate a dialogare con persone che hanno idee diverse da voi ....per il resto posso solo augurarvi un ottimo 2018 ....visto che nn vi conosco.....>>

27.12.17

LA STORIA DELL’ORAFO SALVATORE CRIVARO, CALABRESE DI RARO TALENTO che continua nonostante una rapina feroce e brutale a fare il suo mestiere e non abbandona la sua terra


lo so che la storia , segnalatami dall'amico e compagno di strada di vecchia data ( l'ho intervistato per il blog , quando esso era ancora su splinder ) Emiliano Morrone , che mi presto a condivedere potra sembrare normale visto che ormai le rapine alle attività lavorativer ( ma anche non ) son la norma . Ma la storia di Salvatore Crivaro, eccellente orafo di San Giovanni in Fiore, è l'esempio di come si possano superare le difficoltà in una regione meravigliosa ma depredata, abbandonata, mortificata, avendo passione, talento e tanta ricchezza interiore. Ma soprattutto di come si resiste e non si fugge ha scelto di fare ( vedere precedente post ) Battista Liserre partito da Cosenza per fare un dottorato a Marsiglia e non è più tornato. “ .



Immagine del profilo di Salvatore Crivaro, L'immagine può contenere: 2 persone, persone che sorridono, occhiali, primo piano e spazio al chiuso Inoltre  come dice  lo stesso  Emiliano  << Il pezzo l'ho scritto di getto, colpito e affascinato dalla vicenda umana di Crivaro: dal prestito per aprire bottega sino alla rapina ad opera di una banda di criminali, alla rinascita dell'artista. Vi invito a CONDIVIDERE il più possibile, perché la vita di questo artigiano del Sud ci insegna a non mollare mai. Lo massacrarono  >>  --  continua  Emiliano  ----  << poi riprese a creare con successo. Una storia di periferia, bella, di speranza. Una storia di sacrifici, passione, orgoglio e forza interiore, in una regione, la Calabria, in cui l'emigrazione continua nel silenzio del potere.>>. Un ultima  cosa  prima d'essere  accusato  di'essere panegirista  , vedendo  le sue  creazioni     riportate  sul  suo account   di  facebook   alcune le trovate  sotto   concordo con questo commento lasciatoli 

Gianni Ambrosio                                                                                                                   Questi sono esempi di come chi crede in se stesso e in quello che fa riesce a realizzare i propri sogni.... Dobbiamo crederci nella nostra terra e farla crescere....


  Adesso lasciamo   la parola  alla storia  di Emiliano  

 https://www.emilianomorrone.it/


Un ragazzo “d’oro” rimasto nella sua terra, nonostante le logiche, i limiti e i condizionamenti della Calabria. Nonostante il dramma dei finanziamenti alle nuove imprese e una rapina che l’ha segnato per sempre.Anelli di forma inedita ricordano monumenti, simboli remoti. Conducono la mente alle luci, al senso della tecnica e ai misteri di 2001: Odissea nello spazio, il celebre romanzo di Arthur Charles Clarke. Sono opere uniche, opposte alla serialità del mercato.
di Emiliano MORRONE




Concepite per giochi di movimento, colore, interpretazione, si scompongono per assumere nuovi corpi, funzioni, significati. Oro giallo e bianco, meccanismi leonardeschi, pietre incastonate con geometrie pitagoriche e soluzioni complesse nascoste dalla semplicità dell’insieme. Collane con medaglioni compositi che riproducono, assemblati, ideogrammi chiave dell’abate medievaleGioacchino da Fiore (1135 circa-1202), profeta della giustizia terrena e autore dell’affascinanteExpositio in Apocalypsim. E quindi trame auree con perle e brillanti per diademi, orecchini e altri oggetti, secondo un’antica tradizione del Sud rivista in chiave personale.
L'immagine può contenere: una o più persone e anello
Siamo in Calabria, a San Giovanni in Fiore (Cs), segnata dall’emigrazione, dalle tragedie minerarie all’estero e dall’isolamento geografico: 17mila abitanti a oltre mille metri di altitudine, nel Parco nazionale della Sila. Su viale della Repubblica, sopra la stazione della littorina, dismessa e abbandonata, c’è il laboratorio-negozio di Salvatore Crivaro: 33 anni, mani consunte e annerite dal lavoro, occhi vivi, entusiasmo contagioso. Qui, in una stanza di appena 40 metri, è racchiuso il mondo di un ragazzo della periferia dell’Impero occidentale: sogni, fatti, energie, speranze, utensili e il ricordo della violenta rapina del 12 settembre 2012 da parte di un gruppo di rumeni, che in sei minuti lo massacrarono, gli rubarono l’oro in cassaforte, gli ruppero i dotti lacrimali col calcio di una pistola e lo lasciarono in un bagno di sangue.Nel 2004, contratto un prestito da 50mila euro per l’imprenditoria giovanile, lievitato a 80mila a causa dell’intollerabile «ingegneria finanziaria», aprì bottega nei pressi del Vallune, parte bassa dell’abitato che s’inerpica su monti di pini sterminati e silenzio greve. Attratto dal pianoforte già da bambino, Crivaro veniva dalla vecchia scuola d’arte locale, oggi liceo artistico, trascorso un anno all’analogo istituto Benvenuto Cellini di Valenza Po (Al), in cui studiò facendo il cameriere e poi il saldatore in un’azienda orafa che, racconta, «macinava oro, un paio di chili al giorno».

L'immagine può contenere: camera_da_letto e spazio al chiuso
Figlio di operai, Crivaro conosceva bene il valore del denaro, della fatica e del progetto professionale; anche perché da ragazzino aveva collaborato con un artigiano di San Giovanni in Fiore, rapito dall’idea, dalla creazione del gioiello e dalla voglia di capire, di guidare il desiderio del cliente. All’età di 16 anni più contatti e scambi con referenti del prestigioso marchio Damiani, poi mollati per andare da sé. Al padre – considerato la «guida, l’esempio, il motivatore», protagonista di battaglie vinte per l’occupazione prima dell’euro – Crivaro aveva già giurato che sarebbe diventato un orafo, soddisfatta la curiosità per l’anatomia delle cavallette, utile in quanto, riferisce, «insetti e animali insegnano le regole, le meccaniche della natura, esatta quanto ignota». E lì, a Valenza Po, a ridosso delle colline del Monferrato, il suo diario di ricerche e conquiste, tra disegni in bus, viaggi della mente, intuizioni e i pomeriggi a fissare la fiamma, sul metallo, del fabbro creatore. Scuola e pratica lontano da casa, da quell’angolo di Sud da cui era partito l’undici settembre del 2001 perché incompreso, respinto da una didattica e da un contesto provinciale troppo stretti per un ribelle come lui, reo di voler conoscere, sperimentare, penetrare i segreti dell’oreficeria, in classe come altrove: dal «Pizzitänu», che in un buco di bazar vendeva bigiotteria da regalo, all’osservazione delle donne, «da servire – spiega – per missione». Poi la crisi dell’oro, le diffidenze commerciali, la paura occidentale, il timore del conflitto, di esplosioni più spaventose di quelle a Ground Zero, che William Langewiesche paragonò a Hiroshima, scrivendo: «L’area del World Trade Center era uno scenario terrificante di per sé, e nessuno poteva escludere l’eventualità di ulteriori crolli o di nuovi attacchi».Dunque il ritorno di Crivaro nella sua terra, difficile ma obbligato, imposto da vicende più grandi di lui, di me, di noi. Giunto a San Giovanni in Fiore le rinunce per economia, il diploma da prendere, la passione della vita e la socialità complicata con gli amici, intenti a spendere, a scorrazzare con l’auto di papà e annoiarsi come usa oggi, a girare per bar e locali spesso senza un programma, un orizzonte, uno sguardo al futuro.Nel contesto, immutabile e minuto, una svolta inattesa: a Cosenza per una borsa di studio presso un produttore di lussuosi monili, venduti anche a 20mila euro, realizzati senza neppure il rimborso dei biglietti del pullman, tra i commenti ironici di coetanei e comitiva di Crivaro. Poi la prospettiva di creare in proprio, con la garanzia di commesse che dovevano arrivare da un avvocato, pronto a investire per procurare la materia prima. Ma niente, l’operazione si rivelò presto infruttuosa, al che Crivaro si rimboccò le maniche e si fidò soltanto del talento, dell’abilità, dell’inventiva e tenacia in suo possesso.

Un giorno il principe di Giordania Faik Bisharat entrò nella bottega dell’enfant prodige di San Giovanni in Fiore con l’Associazione internazionale dei Timonieri d’Oro per il Turismo, in Italia a lungo guidata dal compianto Franco BonacciCaterina Bonacci, la moglie, ricorda oggi quella visita casuale, forse non troppo: «Crivaro si mostrò subito gentile e molto generoso, affascinato dalla nostra presenza. Avevo vestito e orecchini abbinati, mi chiamò “la signora in turchese”. Ci accolse con rara gentilezza e disponibilità, mostrandoci paziente i suoi lavori». E la notte il giovane orafo restò sveglio a realizzare un gioiello di perle, oro e legno: una nave con timone per omaggiare il principe di Giordania che lo volle a una serata di gala, in Calabria. Poi, nel 2006, l’incontro con l’allora governatore del West VirginiaJoe Manchin, arrivato in delegazione nella terra degli avi, San Giovanni in Fiore. Emozione e stupore reciproci, Crivaro fu invitato dal politico, che raggiunse negli Stati Uniti facendosi apprezzare per le doti creative e umane insieme. Vere, subito evidenti.poi mostre, sacrifici, ore, giorni, mesi a creare nuove opere, con umiltà e ardore più unici che rari, così da rimettersi in gioco, in sesto, dopo la rapina subita a pochi mesi dal matrimonio, per cui aveva risparmiato soldi guadagnati col sudore della fronte, che dovette investire nell’attività, obbligandosi a stringere la cinghia, a ricominciare.Gli autori di quella rapina sono finiti male e Crivaro si è ripreso, malgrado i danni permanenti ai dotti lacrimali e le conseguenze per la sua professione, per il futuro. Tra le ipotesi di quel gesto criminale anche un movente disumano: bloccare per sempre la crescita del giovane artigiano, che invece ha resistito, traendone motivi per moltiplicare gli sforzi e il desiderio di dire, di fare qualcosa di memorabile dalla, nella sua San Giovanni in Fiore.Ho voluto raccontare questa storia perché reca due messaggi. Primo: il talento viene più spesso dalle difficoltà, e a Sud lo sappiamo bene. Secondo: nulla, volendo, può sconfiggere l’amore per un mestiere e la voglia di riuscire. Neppure la cattiveria umana, sempre dietro l’angolo. Buon Natale.

A Gorizia Sergio Pacori l’uomo che trasforma le bombe in arte

in una zona d'italia mortoriata da guerre ( prima e seconda guerra mondiale ) dai genocidi etnici : italianizzazione forzata 1 2 del fascismo prima e le violenze del fascismo Rsi con i nazisti e con relativicampi di concentramento e di transito e poi con le foibe prima popolari e poi del regime comunista di Tito ) c'è chi chi traforma gli strumenti di guerra in sculture . Esso è Sergio Pacori che assemblando residuati bellici apprezzate anche da Mattarella e Papa Francesco.

E' goriziano, ha 84 anni e riesce a trasformare i residuati bellici in oggetti d'arte: sergio Pacori realizza da anni sculture, oggetti e persino un presepe utilizzando bombe, schegge, lamiere e bossoli recuperati sul Carso. Opere spedite anche in Quirinale e in Vaticano ( foto tratte dalla pagina Facebook dell'autore )
L'immagine può contenere: 3 persone, persone che sorridono, spazio all'aperto


L'immagine può contenere: 1 persona, in piedi e tabella



GORIZIA È “l’uomo delle bombe”, ma di ostile in lui non c’è proprio nulla. Perché, anzi, Sergio Pacori è un uomo di pace e creatività, un artista che trasforma quelli che sono letteralmente dei frammenti di tragedia in opere d’arte e messaggi di speranza.














Lo conoscono davvero tutti, a Gorizia ma non soltanto. Pacori, 84 anni ma una grandissima vitalità, è da tempo noto e apprezzato per le sue particolarissime sculture realizzate riciclando schegge arrugginite, bossoli (rigorosamente vuoti) o pezzi di bombe risalenti alla Grande Guerra e recuperati un po’ ovunque, nel corso di una vita, sulle alture che circondano Gorizia. Figure ispirate alla religione, ma anche soldati, personaggi fantastici e scene quotidiane. C’è un po’ di tutto nella variegata produzione di Pacori, che negli ultimi 25 anni ha creato più di 130 opere, ed esposto in oltre cento occasioni, sia in Italia che all’estero. Di grande suggestione – e attualità, visto il periodo – è ad esempio l’originale presepe realizzato dall’artista goriziano utilizzando schegge e pezzi di ordigni.Lo scorso anno fu esposto nel Palazzo della Prefettura di Gorizia, per essere però diffuso, tramite foto, un po’in tutte le sedi istituzionali italiane. E del resto, per le sue creazioni, Pacori ha ottenuto il plauso di personalità importanti, quali l’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (rimasto colpito soprattutto da una particolare “pietà”) o Papa Francesco. Il tutto per merito di un talento che nasce da una grande passione, coltivato da Pacori fin dalla più tenera infanzia. «La mia famiglia viene da un paesino, Gargaro alle spalle del Monte Santo, dove quando ero piccolo c’erano più schegge che sassi – racconta –. Noi ragazzini le raccoglievamo, e poi, frequentando i fabbri del paese ho imparato a lavorare il ferro, rubando i segreti del mestiere».Nemmeno eventi tragici come la morte di un amico, proprio a causa di una bomba che stava tentando di disinnescare con l’ingenuità dei suoi anni, o le sofferenze della guerra patite con la famiglia costretta a lasciare il suo paese d’origine per Gorizia (vicende raccontate anche nel libro “I giorni di Gargaro”, scritto proprio da Pacori) hanno spento la passione di Sergio per quei resti degli scontri bellici disseminati un po’ovunque lungo i vecchi campi di battaglia.«Per una vita ho raccolto schegge e reperti vari, ma poi ho iniziato ad utilizzarli per le mie opere quasi per caso – spiega l’artista –. Io ero solito lavorare la pietra, o il legno, ma un giorno gli Alpini di Gradisca d’Isonzo, che dovevano incontrare il Primo Ministro ungherese, mi chiesero di creare qualcosa utilizzando delle vecchie schegge della Grande guerra. Quel lavoro mi riuscì così bene, e mi colpì tanto, che poi ho continuato». Ed ora Pacori non ha certo intenzione di fermarsi, anche perché la gran mole di materiale arrugginito ma preziosissimo messa da parte nel corso degli anni non attende altro che essere trasformata in qualcosa di nuovo, di pregevole e fortemente simbolico. Il numero delle sue creazioni cresce di anno in anno, e si arricchisce di figure e personaggi sempre nuovi. Come i draghi fantastici che il goriziano ha inserito nella sua collezione. «Sul mio profilo Facebook mi arrivano messaggi e complimenti dai quattro angoli del mondo, e questo mi riempie di orgoglio – dice Pacori –, anche se l’ultima volta ci ho messo tre settimane a rispondere a tutti, perché non volevo far torto a nessuno. Per il prossimo anno ho in calendario già un programma piuttosto fitto di esposizioni, tra le quali una mostra a Roma, una alla Casa Carducci di Bologna, ma anche a Vittorio Veneto, a Fossalta Maggiore e a Novara».

come reagira' il pontefice davanti a questo coming out lo sospenderà o lascerà ?il caso Usa, il prete cattolico rivela in Chiesa: «Sono gay e non voglio lasciare il sacerdozio». Standing ovation Padre Gregory Greiten, 52 anni, di ha incassato l’appoggio dei parrocchiani di Milwaukee e dell’arcivescovo

non ricordo se  è il corriere della sera o la repubblica   da  cui ho preso la foto . Gli eventuaòlidetentori dei diritti posso   scrivermi in privato  e  il  post  sarà modificato o rimosso 


Usa, il prete cattolico rivela in Chiesa: «Sono gay e non voglio lasciare il sacerdozio». Standing ovation 
Padre Gregory Greiten, 52 anni, di ha incassato l’appoggio dei parrocchiani di Milwaukee e dell’arcivescovo

"Sono gay e sono prete": padre Greg fa coming out. I parrocchiani applaudono, il vescovo timidamente approva
Sono gay e sono un prete cattolico romano e non ho intenzione di lasciare il sacerdozio». I parrocchiani che lo scorso 17 dicembre assistevano alla messa alla Saint Bernadette Catholic Parish di Milwaukee probabilmente non si aspettavano una simile rivelazione da padre Gregory Greiten. O forse sì. In ogni caso hanno accolto le sue parole mostrando comprensione e grande apertura.« Oggi, rompo il silenzio e finalmente mi libero dalle catene della vergogna che mi sono state imposte in giovane età» ha poi ribadito Greiten sul National Catholic Reporter assicurando di essersi liberato da un peso che gli opprimeva il cuore.
La reazione dell’arcivescovo dopo la rivelazione
Comprensione dopo l’inusuale rivelazione anche dall’arcivescovo di Milwaukee, Jerome Listecki. «Noi supportiamo padre Greiten nel suo percorso e raccontiamo la sua storia per comprendere e vivere con lui il suo orientamento sessuale. Come insegna la Chiesa chi ha un’attrazione per persone dello stesso sesso deve essere trattato con comprensione e compassione. Come preti che hanno fatto una promessa al celibato, sappiamo che ogni settimana ci sono persone nei nostri banchi che lottano con la questione dell’omosessualità».
Greiten: «Mi è stato insegnanto che l’omosessualità è da nascondere»
Parole di apertura che, secondo Greiten, sono però tardive. «Per anni mi sono vergognato di me stesso e ho vissuto con un segreto. I preti della chiesa cattolica romana e del mondo – ha detto con piglio polemico- dovrebbero incoraggiare a rompere il muro del silenzio e dire la verità sulla propria identità sessuale. Fin quando ero in seminario negli anni 80, mi è stato insegnato che l’omosessualità è qualcosa che non si deve rivelare e che deve essere punito. Gli amici con ‘amicizie particolari’ sono stati immediatamente espulsi dalla scuola, ufficialmente per ‘problemi familiari’. Riflettendo su quegli anni, ho capito che non mi rendevo conto di quanto stessi reprimendo i miei sentimenti nel tentativo di vivere una vita da uomo eterosessuale. Così è stato fino all’età di 24 anni, quando durante un viaggio di cinque ore per rientrare in seminario, la verità ha sfondato la menzogna. E alla fine ho ammesso a me stesso, ‘Io sono gay!’. Stavo percorrendo una strada cercando di evitare di uscire dalla corsia, ripetendo a me stesso ancora e ancora: ‘Sono gay!’. Anni di vergogna accumulata si sono riversati fuori mentre le lacrime scorrevano sulle mie guance». La storia di padre Greiten, 52 anni, ha fatto il giro dei media Usa.

Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   Dopo  la  morte  nei  giorno scorsi  all'età  di  80 anni   di  Maurizio Fercioni ( foto sotto  a  sinistra )  considerato il primo t...