5.3.18

Professore ghanese insegna informatica senza il computer

Quando non si hanno abbastanza mezzi e risorse a disposizione bisogna rimboccarsi le maniche ed improvvisare . Ed è proprio cio' che , insieme al suo grande impegno, che Richard Appiah Akoto ed è un professore ghanese di 33 anni della Betenase Junior High School di Sekyedomase,  sta  facendo  .


da  https://www.gqitalia.it/news/2018/03/01/


Spiegare alla lavagna come funziona Microsoft Word disegnando la pagina del programma. Un insegnante ghanese ha postato su Twitter le immagini del proprio sforzo divenute rapidamente virali. Richard Appiah Akoto, 33, insegna informatica alla Betenase M/A Junior High School nella cittadina di Sekyedomase, a nord della seconda città del Ghana, Kumasi. Sul suo account con pseudonimo Owura Kwadwo Hottish, su Facebook e Twitter, ha caricato le foto della lezione in cui è impegnato a illustrare un “interfaccia di lavagna” non essendo disponibile in aula alcun computer per gli allievi 14-15enni. Le foto sono apparse smart ed esotiche, un documento di vita in una scuola rurale dell’Africa occidentale, ma anche molto ispiranti tanto che un’imprenditrice camerunense, Rebecca Enonchong, ha sollecitato aiuti. 


A stretto giro, Microsoft Africa ha annunciato l’invio dello strumento informatico ad Akoto per le sue lezioni. Benché “Owura Kwadwo Hottish” abbia il suo laptop, preferisce spiegare ai suoi allievi con la configurazione che troveranno all’esame finale, e col mouse, e non intende familiarizzarli con altri modelli che possano confonderli.
Ha comunque spiegato, riferisce Quartz, che la scuola avrebbe bisogno di 50 desktop.




Il messaggio è doventato talmente virale che

 [....]  Un post condiviso centinaia di volte e arrivato
fino alla bacheca dell’imprenditrice camerunense Rebecca Enonchong, che lo ha ripostato a sua volta su Twitter chiedendo l’aiuto di Microsoft.
Il colosso dell’informatica ha subito promesso di fare la sua parte, inviando un computer con i software necessari per superare l’esame. In realtà, come ha spiegato Richard Appiah Akoto a Quarz, di computer ne servirebbero 50 (uno ad alunno) ma, considerato il successo che sta riscuotendo la sua storia, il traguardo potrebbe essere vicino.  
  da  https://www.vanityfair.it/lifestyle/  più  precisamente  da  qui







Stati Uniti, sbaglia il canestro per non uguagliare il record di una leggenda

chiamatelo pure  sfigato o  mettevi ure  a ridere  ,   ma  secondo me   è una storiua  d'umiltà (  forse    estrema  )  ma  second me significativa  in un mondo pieno di squali e  di competizione  spesso frustante ed  inutile  


Un giocatore di basket negli Stati Uniti che ha scelto di non eguagliare un record di punti per non accostare il suo nome a quello di una leggenda della stessa squadra, morta anni prima. 

 

Servizio di Pierluigi Vito




4.3.18

Due fascisti che sfruttano la religione per ingannare la gente . Il primo , italiano , esibisce il rosario - Il secondo , turco , sventola il Corano. Qual è la differenza ?

L'immagine può contenere: 5 persone, persone che sorridono, telefono e barba seconda me nessuna

Al cimitero di Fucecchio (Firenze), Alfiero Menichetti, pensionato di 77 anni, ha preparato la propria tomba con foto, nome e anno di nascita.

da  http://iltirreno.gelocal.it/empoli/cronaca/2018/03/02/news/


La sua tomba è pronta, ma lui è ancora vivo: «Ho scelto la foto che mi piace»
La decisione di un pensionato che ha già fatto scrivere anche la data di nascita: «Così non gravo sui familiari. Non è scaramanzia, tanto prima o poi arriva...»

di Marco Sabia


C'è la tomba, ma lui è ancora vivo. La scelta di AlfieroAl cimitero di Fucecchio (Firenze), Alfiero Menichetti, pensionato di 77 anni, ha preparato la propria tomba con foto, nome e anno di nascita. "Così non gravo sui miei familiari e avrò la foto che voglio io". L'articolo

FUCECCHIO. I piccoli paesi – spesso – celano storie curiose, che rimangono nascoste agli occhi di chi non conosce questi lembi di terra. Fucecchio, crocevia della Francigena e ultimo bastione della fiorentinità al confine con le lande pisane, da questo punto di vista non manca mai di offrire storie e aneddoti.Nella terra dei Montanelli (Giuseppe Indro), del Palio e del Padule, può accadere infatti che qualcuno faccia una scelta che va decisamente controcorrente, che a raccontarla si stenta a crederci, per quanto è particolare e rara. Al cimitero comunale, non molto lontano dalla cappella che contiene le ceneri di Indro, c’è una tomba, per il momento vuota: sopra – e qui sta la specificità di questa vicenda – ci sono già la foto, il nome e la data di nascita del futuro occupante. Il quale, oggi, ha 77 anni e se la passa abbastanza bene, salvo qualche acciacco che a quest’età fa parte del gioco ma che a volte gli fa maledire dolori e malanni.
Alfiero Menichetti racconta con molta tranquillità e senza particolare enfasi per quale motivo ha deciso di anticipare una pratica che, al momento che il destino vorrà, sarebbe stata svolta da uno dei suoi familiari. D’altronde la “sua” tomba è nella cappella di famiglia e quindi è normale che pochi conoscano questa vicenda, perché la porta d’ingresso – di un vetro blu – è socchiusa. Per capire le motivazioni dietro una scelta del genere, c’era solo un modo, cioè parlare col diretto interessato. Che, legittimamente, avrebbe potuto dire che sono fatti suoi, perché la morte e l’approccio a quest’ultima impauriscono e allontanano. Menichetti, invece, con estrema serenità, spiega perché la “sua” tomba è già parzialmente completa. Lo fa sgombrando il campo da ogni discorso relativo alla superstizione, che con la paura della morte va spesso a braccetto: «In occasione del funerale di una zia ho deciso che avrei fatto anche la parte riguardante la mia tomba, scegliendomi la foto e mettendo nome e data di nascita. Non è un discorso di superstizione, perché tanto la morte prima o poi arriva per tutti. Certo, quando alcuni conoscenti hanno visto quello che avevo fatto, c’è chi mi ha dato ragione, chi no, magari facendo una battuta».


Alfiero, che oggi è un pensionato che vive da solo in una casa alle Botteghe, ne parla con tranquillità, lasciandosi andare anche a qualche sorriso; non ci vede chissà cosa, anche se poi ammette che è «una scelta che non tutti farebbero».
La foto che l’uomo ha scelto è di un matrimonio di qualche decennio fa, dove Menichetti sorride, con giacca e cravatta: «Certo, così facendo me la sono scelta io, non gravando sui miei familiari. Almeno avrò la foto che voglio io», aggiunge l’uomo, senza commentare oltre.
La tranquillità con cui racconta il tutto colpisce chi lo ascolta, in un mondo dove la morte (così come la malattia), diventa tabù. E parlarne diventa di conseguenza scomodo, pur essendo la morte una delle due tappe obbligate (insieme alla nascita), per chi vive su questa terra. Si può sperare – se si crede – che la vita terrena sia “soltanto” una tappa, ma
resta il fatto che alla morte non si scappa. Woody Allen, parlando proprio di questo, diceva: «Non è che ho paura di morire. È che non vorrei essere lì quando succede». Averne paura, in ogni caso, non serve ad evitare un appuntamento per tutti inevitabile. Per cui se ne può parlare con tranquillità, come fa Alfiero, che non si schernisce né si chiude a riccio. Pur essendo la sua scelta un qualcosa di giustamente intimo e personale, che non necessita di giudizi.

foibe viste da sinistra . intervista a Marco Barone

 
Nota, anche le immagini mentonoo vengono strumentalizzate  
La foto usata   per illustrare l’articolo è forse la più utilizzata per rappresentare il massacro delle foibe, si trova sul siti di Rai Storia ed è utilizzata nelle locandine di eventi commemorativi promossi dallo Stato. Tuttavia si tratta di un falso. Come ricostruito da Piero Purini, i fucilati sono slavi e non italiani, si tratta di cinque ostaggi sloveni uccisi da un plotone fascista. Abbiamo volutamente scelto di usare una foto falsa allo scopo di sottolineare quanto grande sia l’inganno che la retorica patriottarda ha ordito  e  continua  a farlo   su un tema così importante, e delicato, come quello delle foibe.  e  del confine  orientale  

1) tu parli in questo recente post http://xcolpevolex.blogspot.it/2018/02/dal-daspo-urbano-per-chi-offende-il.html in particolare : << [...] Il FVG ha le sue radici non solo latine ma anche slave, deve la sua specialità al friulano, al tedesco ed allo sloveno, cosa che si dimentica sempre. Ora, venendo all'attualità, dobbiamo fare i conti con gli effetti da un lato di una legge che ha strumentalizzato vicende complesse e mescolandole quale quella sul Giorno del Ricordo in merito alle questioni del confine orientale che per essere comprese andranno raccontate e analizzate almeno dall'inizio dell' 800, che per come concepita e usata andrebbe solo abrogata nella misura in cui ha favorito la negazione dei crimini compiuti in nome e per conto dell'Italia contro gli "slavi", ha favorito la riabilitazione di fascisti e nazisti nel momento in cui in modo indefinito, mescolandole con le vittime innocenti, si commemorano e onorano i "martiri delle foibe" visto che la maggior parte delle vittime una volta uccise e gettate nelle foibe furono nazifascisti e menzogne storiche assolute come la "pulizia etnica contro gli italiani". Atti e fatti che minano i rapporti internazionali tra l'Italia e l'Est, altro che FVG ponte verso l'Est. [....] >> della cancellazione della giornata del ricordo . Allora ti chiedo come bisognerebbe ricordare le foibe , l'esodo , l'instaurazione dei campi di concentramento di Tito ?

Nella domanda si mettono insieme tre fatti ed eventi storici diversi e non connessi tra di loro. Vanno ricordati nella giusta dimensione, una dimensione che deve partire come minimo dalla disgregazione dell’Impero Austro-Ungarico, ai 25 anni di occupazione italiana coincisi praticamente con il fascismo che porteranno a realizzare in questa zona di Europa un vero unicum che non ha conosciuto eguali e non sarà un caso che proprio a Trieste nel ‘38 verranno proclamate le leggi razziali perché de facto già anticipate contro “gli slavi” con loro vi erano state le prove generali di quella pulizia etnica che si scaglierà poi in particolar modo contro gli ebrei. Quando si parla di foibe si pensa, nell’immaginario collettivo a persone gettate vive per odio nazionalistico da parte dei comunisti “titini” come vengono chiamati gli aderenti alla Jugoslavia socialista, vincitrice nella seconda guerra mondiale al pari degli USA e dell’Inghilterra ad esempio. Sono state ingigantite a dismisura rispetto alla loro reale portata e pensando a quelle del ‘45, intendendosi episodi di giustizia sommaria, di rappresaglia o vendetta, che ha comportato uccisione prevalentemente di nazifascisti i cui corpi poi sono stati gettati in queste cavità carsiche naturali, sono conseguenze di una guerra atroce e vanno inquadrate in tale contesto. Di vittime innocenti sicuramente ve ne sono state, ma oggi quando si parla genericamente ed indistintamente dei “martiri delle foibe” si mettono insieme vittime innocenti e nazifascisti e ciò ha comportato la riabilitazione dei nazifascisti, senza dimenticare che alla fine della guerra ovunque si sono verificati casi diffusi e non isolati di “giustizia del popolo” di vendette in dimensioni similari a quelli di cui ora si discute, ma ciò non ha fatto notizia e non potrà fare notizia perché non funzionale al revisionismo storico ed a chi accecato da odio antislavo, anticomunista continua a professare menzogne strumentalizzando sofferenze famigliari per altri fini. I campi di concentramento di Tito? Immagino che fai riferimento agli episodi relativi alla rottura della Jugoslavia con Stalin. Fanno parte di una storia difficile, aspra dal punto di vista politico e vanno inquadrati come tali e nella loro dimensione, ci si deve interrogare perché alla morte di Tito la quasi totalità dei capi stranieri mondiali hanno partecipato al suo funerale, ivi incluso il Presidente della Repubblica italiana, se effettivamente era stato questo gran criminale come lo vorrebbero presentare alcuni. Anzi, come viene riconosciuto da tanti è grazie a Tito se si è evitata la terza guerra mondiale che nel mondo rischiava di avere la sua miccia proprio sulle vicende del confine orientale, e paradossalmente questa verrà evitata proprio con la rottura avvenuta con il regime di Stalin . Tito non era sicuramente un santo, di errori ne sono stati commessi, chi non ne compie? Di vittime innocenti ve ne saranno state, purtroppo, ma non si nota lo stesso fervore e la stessa attenzione verso i campi di concentramento italiani, di cui si è persa memoria ed anche traccia fisica perché salvo forse quello di Visco, sono stati letteralmente cancellati dalla faccia della terra. Ci si deve chiedere il perché? Visto che le dimensioni di quelli italiani sono stati ben superiori nella loro atrocità e portata rispetto a quelli incriminati in Jugoslavia.

2) Visto che nel vostro contro convegno a Torino il 10 febbraio è stato considerato , oltre le solite accuse idiote , revisionista e negazionista , inopportuno anche se su basi giuste perchè si mettono sullo stesso piano i morti creati dal fascismo e queli creati dopo l'8 settembre 1943 . Ora perché avete scelto proprio il 10 febbraio e non prima o dopo per celebrarlo ?
Perchè il 10 febbraio è il giorno in cui si parla delle più complesse vicende del confine orientale, ed è quello che facciamo ed abbiamo sempre fatto, come vuole quella legge istitutiva del Giorno sul Ricordo, che andrebbe solamente abrogata per i danni enormi che ha comportato in Italia in chiave di revisionismo storico, riabilitazione di nazifascismi e nazionalismi beceri e sentimenti antislavi.

3) come ricordare la complessa situazione dei confine orientale senza cadere né nel negazionismo fascista \ nazionalista né il quello comunista ?

Non so cosa sia il negazionismo comunista, so solo che esiste un documento chiuso nel cassetto da parte italiana ed invece pubblicato ad esempio sul sito dell’Ambasciata slovena in Italia, quello della commissione italo-slovena, composta da vari storici, che può essere una buona base di partenza per comprendere cosa è realmente successo e quali le reali responsabilità, cause e conseguenze. 

4) qualcosa d'aggiungere rettificare a quanto dice  quest'ottimo articolo  https://www.wumingfoundation.com/giap/2015/02/foibe-o-esodo-frequently-asked-questions-per-il-giornodelricordo/

E’ un buon post, che può essere utile per tutti coloro che non conoscono quanto successo nel Confine Orientale, soprattutto nella società di oggi dove le informazioni passano prima di tutto tramite la rete. Qualcosa da aggiungere? Direi di no visto che ci sono 24 punti scritti da un figlio di un esule istriano, poi ci sono commenti ragionati, come sempre accade su GIAP diventato il sito di riferimento per una comunità enorme e che cresce ogni giorno in modo impressionante

Poi la  nostra   chi la  nostra  chiaccherata  è  continuata  

IO  per negazionismo comunista intendo quando il pci ( ed in patrte molti continuo oggi ) definirono quelli che fuggivano da foibe , dittatura di tito , ecc come fascisti

Marco  Che gli italiani vennero in parte identificati come fascisti è vero perché fu lo stesso mussolini a dire che gli italiani erano fascisti e la presenza italiana in quelle terre è coincisa con il fascismo. Ma migliaia furono gli italiani che rimasero lí senza partecipate al processo emigratorio chiamato esodo e si inserirono bene nella nuova Jugoslavia così come furono tanti gli italiani che si aggregarono in Slovenia, Croazia ecc alla resistenza in loco e ancora oggi vengono ricordati con monumenti, cippi e cerimonie..

IO
vero l'ultima parte . cosi e cosi la prima in quanto durante una dittatura è impossibile discernere chi vi aderi per coerenza o chi non ( paura , opportunismo , tornaconto personale ) e chi vi aderiri acriticamente o criticamente . Eil falso mito della "vendetta contro i fascisti", che viene tuttora perpetuato, in alcuni ambiti, anche in senso riduzionista: non si negano dei massacri ma si tende a ridimensionare il fenomeno.Perchè come giustamente   si  nota   la situazione de cnfine orientale è complessa . sopratutto le foibe . è riduttivo vedere queste ultime solo come il falso mito della "vendetta contro i fascisti", che viene tuttora perpetuato, in alcuni ambiti, anche in senso riduzionista: non si negano dei massacri ma si tende a ridimensionare il fenomeno.. che certamente ci fu . . ma : << ( ... L’arrivo delle truppe dell’Armata popolare jugoslava in Istria, nel goriziano e a Trieste portò a violente repressioni, epurazioni, e rese dei conti. Le repressioni colpirono persino esponenti del Comitato di Liberazione italiano, ovvero ideali alleati nella lotta antifascista. Ma il nascente regime titino doveva fare tabula rasa di nemici e alleati scomodi, tutti etichettati come “nemici del popolo“.(...) Si trattò essenzialmente di collaborazionisti del regime: podestà, amministratori, giudici, carabinieri, militari e paramilitari ma anche civili accusati di essere spie o collaborazionisti. Non solo italiani, però. Finirono nelle foibe anche quegli sloveni e croati che appoggiarono il regime fascista italiano o quello ustascia in Croazia. Non è da escludere che a venire infoibati fossero anche persone poco o nulla complici dei crimini del regime, ma – come sottolineato prima – il periodo di terrore aveva esacerbato gli animi portando ad associare tutti gli italiani con il fascismo.(...) >>da
http://www.eastjournal.net/archives/70115 e poi furono anche gli slavi in izialmente gente comune esaperata dalla politica d'italianizzazione forzata e di terrore fascista 194\1\3  E poi  le forze titine . Bastava essere anche essere sospettato d'essere fascista o semplicemente contratrio a tito . Non credo sia bello che due vengano catturate , legate insieme , uno ucciso con un colpo alla nuca , e che quell'altro vivo finisca gettato in sieme a quello morto

3.3.18

Facebook ha un problema con i "Negri" (di cognome) Attivista politica oscurata per un giorno a causa di un vecchio post su Toni Negri, confuso con i "negri"



FERRARA. Passano gli anni, eppure basta un vecchio post su Toni Negri (con la "N" maiuscola) per bloccare l'attività social di Elisa Corridoni, storica attivista ferrarese del partito di Rifondazione comunista, impegnata in questo giorni per la campagna elettorale di Potere al Popolo. Un giorno di oscuramento su Facebook andando a ripescare chissà come una frase per l'appunto legata a Toni Negri.Infatti  negli ultimi giorni il social dei social si è dimostrato un po' troppo zelante con le segnalazioni degli utenti per razzismo, tanto da sospendere due militanti della sinistra radicale per aver scritto la parola "negri". Peccato che Mauro Vanetti candidato con "Sinistra rivoluzionaria" a Pavia aveva citato la poetessa Ada Negri, mentre Elisa Corridoni di Potere al Popolo di Ferrara era incappata in una conversazione sul "cattivo maestro" Toni Negri

«Sembra una barzelletta ma la realtà supera la fantasia: Facebook mi ha bloccata per due giorni per un contenuto nel quale ho scritto la parola "negri"; peccato che parlassi di Toni Negri... - così la Corridoni, della segreteria nazionale di Rifondazione comunista ed esponente di Potere al Popolo -. Per noi che siamo un partito piccolo e senza risorse non avere accesso a Facebook, che poi è anche il mio lavoro, visto che mi occupo di social media managing, è un danno gravissimo ed è imbarazzante assistere a questa escalation di errori da parte di questo social. Ci auguriamo che facciano al più presto chiarezza e che elaborino una strategia più efficace per censurare davvero i contenuti razzisti e xenofobi e non colpire invece chi lotta contro le discriminazioni».
E va aggiunto che proprio fino a martedì, infatti, era stato il segretario di Rifondazione, Maurizio Acerbo, anch'egli candidato di Potere al Popolo, ad avere l'account Facebook bloccato per un suo contenuto su #Marx e antirazzismo.

Care donne parlamentari non è solo linguaggio dei media e di certi uomini fra le cause del femminicidio ma anche anche leggi scritte a ......

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Quindi andate oltre a  questo enunciato
(....)  «Bisogna aiutare le donne a denunciare, a superare la vergogna, ad avere fiducia nelle forze dell'ordine e nella giustizia, ma occorre che le donne siano accolte, aiutate, protette. Devono essere rapide le udienze per la revoca del porto d'armi o i provvedimenti di sequestro delle armi nelle case. Questa non è una battaglia delle donne, è una battaglia della società tutta. Abbiamo bisogno che i nostri padri, fratelli, mariti e amici ci aiutino a fermare i violenti. Ma serve anche rafforzare i presidi psicologici, i presidi psichiatrici sui territori , ancora fanalino di coda del SSR. Dobbiamo immaginare anche un diverso supporto psicologico alla coppia e alla famiglia , dobbiamo insomma mettere in campo una vera e propria rete su tutto il territorio nazionale per prevenire, curare e fermare questo orrendo femminicidio».  (  ...    estratto da  qui   ) 
che   si contiene delle  cose  giuste   da  fare   ed intrapendere per   combattere tale  piaga. Ma se  ad esso non seguono fatti    fiisce  come   sempre   cioè nei bala  bala   ed  inutili che  trovano    il tempo che  trovano    ma che      sono  buoni  solo   ad essser  rispolverati       davanti   al prossimo  caso di femminicidio  .
Quindo  , care  paarlamentari  ,  battetevi  (  o se  proprio   il patriarcato  è troppo forte    prendete  voi delle inizative  in merito  e  poponete  anche  voi   una legge  )   pere leggi  ( ed  ovviamente  farle applicare  )   fatte  bene  e   non scritte  ... con i piedi  come il video riportato sopra











2.3.18

TU VIVI Lettera ad Antonietta di © Daniela Tuscano

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Ora ti prego, Antonietta, ti supplico, non cedere. Il tuo corpo risponde per te, col suo vigore superstite e intatto, giovane, biondo. Nel silenzio respira, a testimoniare la volontà e la forza, anzi, la singolare stupefazione della (r)esistenza qui, su questa terra. 
Abbandonata, lo eri già prima. Quando avevi presentato un esposto contro il criminale che ti aveva percossa brutalmente davanti alle figlie perché volevi separarti da lui. Ma non era successo nulla, come sempre. Già, la parola della donna non conta, e dovere della moglie è tenere unita la famiglia, cioè i famuli, cioè i servi. E serve, infatti, vi considerava l'individuo che ti ha sposata: serve, oggetti da possedere, patenti di rispettabilità sociale. Persone, mai. Perché avrebbe dovuto, del resto? Era la storia, in fondo. La letteratura. La politica. La religione. La stampa e, più recentemente, l'informatica. Tutto, nel tempo, è cambiato, tranne il solo tassello in grado di farci davvero uscire dallo stato di barbarie: la convinzione della piena umanità delle donne. 

Nessun testo alternativo automatico disponibile.
Così tu e le tue figlie - anch'esse avevano urlato, anch'esse temevano il padre, anch'esse ignorate, irrise, obliate - siete rimaste vittime, le ennesime vittime, di questa ferinità 2.0, di questo atavismo contemporaneo, sempiterno. Ennesime, mai uguali. Gli assassini si replicano e duplicano, ma ognuna di voi, di noi, è diversa. Unica. 
Stavolta nemmeno i grandi media sono riusciti a giustificare il femminicida. Ci hanno provato, ci proveranno ancora, ma con sempre maggior difficoltà e, speriamo, vergogna. Non osano più ricorrere alla consueta scusa del raptus; non possono. L'assassino aveva infatti pianificato tutto scrupolosamente, in cinque lettere, contemplando persino le spese per il funerale, la vendita della casa e la disdetta dei contratti per la fornitura del gas. No, nessun raptus, ma una lucidità glaciale che l'informazione tenta ora di contrabbandare per follia. Ma il cervello del carnefice, per giunta uomo d'ordine - ritenuto idoneo al suo ruolo malgrado i ripetuti accessi di violenza -ragionava alla perfezione. Cattivo. Era semplicemente cattivo. Un delinquente freddo e spietato. Politico: i femminicidi non appartengono alla cronaca nera ma all'antropologia, alla filosofia. Teologicamente, rientrano nell'ordine del peccato perché il dominio del maschio sulla femmina non è un fatto naturale ma il frutto della malizia e della superbia. 
Adesso, Antonietta, sei sola. E il tuo strazio non è finito. Il tuo sangue e le tue viscere pulsano disperatamente per riaffermare la loro terrena dignità. E questo, non riescono a sopportarlo. Ti odiano anche adesso; ti odiano, talvolta, da dentro. Alcune donne, anzi femmine, incautamente legate ai loro aguzzini, ti augurano infatti di chiudere gli occhi per sempre. Per il tuo bene, dicono. Hai perso le figlie. Hai perso l'uomo che diceva di amarti. Hai perso, insomma, la tua ragion d'essere. 
Vedi? Ancora una volta, la tua soggettività non è contemplata. Non "servi" più. Non madre, non moglie, tanto vale cancellarti. Nel tuo stesso interesse. Questa eutanasia di senso si presenta col volto della compassione. E, dietro a essa, si cela forse un'altra immagine: sempre la stessa: la "famiglia" finalmente riunita, ognuno al suo posto, il padrone e le sue famule, se non su questa terra, almeno nel sonno eterno.
Ma tu rimani, scompagna e urticante. Resti per spezzare questa gerarchia mortifera. Ci sei perché il futuro ti si prospetterà durissimo. Ma qualcosa è ancor più tenace, vero e onorevole. Tu. Antonietta e basta. Antonietta che si basta. E che, per essere realmente ancora madre, saprà e dovrà proseguire il suo cammino. Vivi, Antonietta. Non ascoltare le sirene dell'inganno, vivi lo stesso. Soltanto così le figlie cui è stato spezzato il futuro saranno glorificate, soltanto così potranno nascerne altre legate principalmente al loro cuore, libere d'amare, fuggire, sbagliare, di sovvertire una Storia mutila d'umanità.

                                        © Daniela Tuscano

LA MAESTRA DI TORINO VERRÀ LICENZIATA PRIMA DEI “MACELLAI” DEL G8 GENOVA 2001

Sono  parzialmente   d'accordo con articolo sotto    riportato .
Infatti  hanno si fatto bene a licenziarla , perchè uno\a che ha tale ruolo non si può permettere uscite del genere, non può permettersi questa violenza becera. Dovrebbe avere gli strumenti culturali per capire che non è questa la via giusta... Ed quindi è giusto che si prenda le sue reponsabilità e ne paghi le conseuenze . Ma qui sta pagando per tutti
Infatti l'uso che ne hanno fatto i partiti e i media é indecente .Praticamente l'hanno additata come il Male assoluto di questo paese di , stupratori , torturatori , ladri ,collusi,mafiosi ,corrotti ..... Ma sopratutto hanno accellerato i tempi .



 da  http://thevision.com/attualita/maestra-torino-polizia/

Finalmente la stampa e i politici italiani hanno trovato il nemico comune contro cui scagliarsi, tutti per uno e uno per tutti. Non ha le sembianze di un terrorista che tenta di commettere una strage, né quella di un amministratore accusato di corruzione (così tanti, questi ultimi, da diventare nessuno). Non è chi giura sul Vangelo contro l’ipotetica islamizzazione del suolo italico, né chi promette (o minaccia) di abolire i pochi diritti civili approvati durante l’ultima legislazione. Non è chi si candidapur essendo ineleggibile. Il nemico comune, il mostro da combattere, il male dell’Italia claudicante in mezzo ai tumulti è una maestra precaria di Torino.
Lunedì 26 febbraio, durante la puntata di Matrix su Canale 5, è andato in onda un servizio sugli scontri tra la polizia e i manifestanti antifascisti, circa cinquecento, che hanno tentato di raggiungere l’Nh Hotel tra corso Bolzano e corso Vinzaglio, dove stava parlando il leader di CasaPound Simone Di Stefano.Simone Di Stefano

Nel filmato si nota una donna in prima linea negli scontri di piazza tra antifascisti e CasaPound. Urla contro Forze dell’ordine schierate in strada: “Vigliacchi, mi fate schifo, dovete morire”. Intervistata, ha poi ribadito “Sì, ho detto quelle parole perché loro stanno proteggendo i fascisti e perché un giorno potrei trovarmi, fucile in mano, a combattere contro questi individui”. Da quel momento la maestra è diventata ufficialmente la personificazione della tensione sociale, mandante ed esecutrice degli scontri che hanno costellato questi lunghi, vacui, inutili e dannosi mesi di campagna elettorale. Il suo nome è stato messo bene in evidenza da tutti i media, e la sua vita analizzata sotto l’intransigente lente dell’opinione pubblica, e della politica.
Matteo Renzi, ospite della trasmissione di Canale5 ha subito commentato così: “Che schifo, un’insegnante che augura la morte ai poliziotti andrebbe licenziata su due piedi”. Ma “La cattiva maestra” è riuscita anche ad avvicinare gli estremi: così Matteo Salvini, in versione investigatore, ha rivelato di aver subito individuato la maestra torinese, raccontando che tempo fa la signora lo avrebbe attaccato su Facebook: “Mi ha scritto: sei incompatibile con la Costituzione, vattene affanculo,” ha raccontato il leader della Lega. Poi – per non lasciare campo aperto all’avversario politico – ha aggiunto che “La maestra che urla ai poliziotti dovete morire non metta più piede a scuola finché campa.”

Valeria Fedeli

La ministra Fedeli si è subito mossa per mettere in moto un bel procedimento disciplinare nei confronti dell’insegnante, che è stata prima sospesa e ora ovviamente rischia il licenziamento. Anche perché è indagata per istigazione a delinquere, oltraggio a pubblico ufficiale e minacce.
Che le immagini trasmesse da Matrix mostrino un’incompatibilità della maestra con il suo ruolo di educatrice credo che sia innegabile, per il solo fatto che anche quello dell’insegnante di Torino è un ruolo pubblico, e per quanto la libertà d’espressione debba sempre essere garantita, se ti fai riprendere dalle telecamere mentre auguri la morte di un altro impiegato pubblico, devi anche accollartene le conseguenze professionali e giuridiche. Personalmente, però, l’unica cosa che rimprovero alla maestra è l’ingenuità che l’ha portata a offrire un bel primo piano a tutti i reporter che le stavano attorno.



Ciò che è al limite dell’imbarazzante è come e quanto il caso sia stato strumentalizzato. Ancor di più perché la strumentalizzazione è stata univoca e trasversale, unisce partiti e società civile come neanche la vittoria dei mondiali di calcio.
L’insegnante è diventata un’untrice così nociva da poter contagiare chiunque le stia accanto. O lo sia stato in passato, anche solo per un attimo, come nel caso della consigliera comunale torinese Maura Paoli. Sempre all’interno dello studio di Matrix, mercoledì sera il conduttore Nicola Porro ha mostrato al leader M5S Luigi Di Maio una fotografia che ritrae la consigliera insieme alla maestra. “Credo che quella consigliera,” ha detto subito Di Maio, “non sia più nel Movimento”. E l’ha pure ripetuto. In realtà Paoli fa ancora parte del M5S e del suo gruppo consiliare a Torino e non ci sono notizie riguardanti un suo avvenuto o prossimo allontanamento dal Movimento. “Dev’essersi trattato di un lapsus,” pare abbiano detto quelli in risposta.
Ma la maestra è diventata una micidiale arma attraverso cui screditare l’avversario. Il senatore del Pd Stefano Esposito ha infatti attaccato su Twitter: “La maestra elementare che augura la morte ai poliziotti immortalata a una manifestazione #notav con la consigliera #M5s Maura Paoli nota sostenitrice dei centri sociali. Come ho sempre detto m5s e centri sociali a #Torino sono quasi la stessa cosa.” Eh sì, perché il Mostro di Torino è pure una di quelle inquietanti creature che vivono nell’ombra dei centri sociali, crogiolo di idee pericolose e sovversive, vedi i NoTav o NoMuos. Le immagini trasmesse da Matrix sono state immediatamente acquisite dalla Digos – sarebbe folle anche solo pensare che un’aizzatrice del genere possa restare a piede libero. E niente sfugge alla Digos di Torino: il mostro è stato subito identificato. Sì è vero, non è una leader dei movimenti antagonisti, neanche una portavoce. Ma pare, dice la Digos, che al centro sociale torinese “Gabrio” la conoscano più che bene. È una militante dei comitati NoTav che da anni si battono contro l’Alta Velocità in Val Susa – quella che è stata definita un’opera inutile, dopo vent’anni. Ma il suo nome compare anche nei rapporti sulle attività in Sicilia dei NoMuos, i gruppi che tentano di impedire l’istallazione dei sistemi radar della Nato a Niscemi. Insomma, si tratta di un pericoloso criminale che potrebbe destabilizzare un intero Paese, per di più alle soglie di elezioni nazionali.
E c’è di più. Come una spia russa, il mostro era riuscito a insinuarsi all’interno del tessuto sociale italiano, in uno dei ruoli cruciali per il suo prosperare: qualificata come maestra, o meglio una maestra non di ruolo. La donna compare da anni nelle graduatorie, anche come maestra di sostegno. È questo particolare legato alla sua professione che sembra aver turbato più di ogni altra cosa l’intera società italiana. Che un partito nazionale candidato alle elezioni dia pieno sostegno a una persona che tenta di fare strage di migranti, rivendicando politicamente il gesto, non sembra essere recepito come “pericolo”. Ma una maestra alla testa di un corteo antifascista che urla contro i poliziotti è inaccettabile.
Il mostro sembra aver scosso l’intera società civile. Il Corriere della Sera, grazie a un impareggiabile e imprescindibile lavoro di inchiesta, ha scovato “Claudia”, la mamma di un alunno dell’Istituto Comprensivo Leonardo da Vinci di Torino, la stessa scuola della maestra che al corteo antifascista contro CasaPound urlava ai poliziotti “vigliacchi, mi fate schifo, dovete morire”. “Mio figlio è alle medie,” racconta Claudia, “e sentiva le urla arrivare dal piano delle elementari, di sotto, dove c’era lei. Gridava sempre e i bambini erano terrorizzati, finché un papà si è arrabbiato e allora finalmente l’hanno tolta dalla seconda B e adesso non so bene che cosa faccia…”. Insomma, il mostro aveva da tempo mostrato il suo lato più oscuro. Peccato che non essendo noto il nome della mamma preoccupata, e non registrandosi lamentele da parte di colleghi o dirigenti della scuola, questo scoop sembra essere nient’altro che gossip.
Immancabile la lettera di una “figlia di poliziotto”



 le categorizzazione dei personaggi in casi come questi è sempre fondamentale per identificare i Buoni e i Cattivi. Sempre dalle pagine del primo quotidiano d’Italia, l’irreprensibile Gramellini ha descritto la maestra come una più fascista dei fascisti: “Arrogante, violenta, fanatica. Con gli occhi strabuzzati e la bocca sguaiata che bestemmia il buon senso e il senso dello Stato, farneticando di fucili partigiani come se fossimo ancora nella Repubblica di Salò anziché in quella di Gentiloni. La penso come Renzi (ogni tanto succede): quell’insegnante andrebbe licenziata in tronco. Per i danni che potrebbe fare ai bambini e per quelli che ha già sicuramente inferto alla sua categoria.” Perché nessuno pensa ai bambini?
A chiedere l’immediato intervento contro il mostro sono stati soprattutto i sindacati di polizia: Serve «una ferma e corale condanna morale e anche concreta,” ha affermato Felice Romano, segretario del Siulp (Sindacato Italiano Unitario Lavoratori Polizia), che ha pure ringraziato Renzi per aver “tempestivamente censurato questo tipo di condotta esprimendo solidarietà nei confronti dei poliziotti ed auspicando l’immediato sospensione dell’insegnante”.
Il segretario generale del Sap (Sindacato Autonomo di Polizia) Gianni Tonelli si è subito associato al collega: “Abbiamo assistito alla sospensione di un poliziotto per molto meno. Adesso ci chiediamo: cosa ne sarà di questa insegnante? Cosa avrà mai potuto insegnare ai suoi alunni? È possibile che un’istituzione come la scuola, deputata alla formazione e all’inclusione nella società, si avvalga di insegnanti che incitano all’odio e non rispettano le istituzioni? Da cittadino, ancora prima che poliziotto, mi aspetto che questa persona sia immediatamente sospesa dall’insegnamento”.
Questi commenti assumono un tono del tutto diverso – quasi divertente – se si considera che, solo qualche giorno prima della deflagrazione del caso della malefica maestra, la Polizia di Stato era balzata agli onori della cronaca per un tweet sarcastico. Vittime della frecciata contro gli osservatori di Amnesty International Italia, presenti alla manifestazione antifascista organizzata sabato a Roma dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI) per monitorare il comportamento delle forze di polizia ed eventuali usi sproporzionati della violenza.
Perché, nonostante il nostro sia un Paese la cui memoria è sempre troppo corta, il tema delle violenze e delle torture perpetrate dalle forze dell’ordine è ancora un problema, e anche grosso, che l’approvazione della legge contro il reato di tortura – dopo un iter lungo appena trent’anni– non ha risolto, anzi.
Mentre l’Italia intera è indignata e spaventata dalle urla – probabilmente inopportune – di una maestra durante una manifestazione antifascista, non ha destato la stessa preoccupazione il fatto che a fine dicembre 2017, Gilberto Caldarozzi, condannato in via definitiva a tre anni e otto mesi per aver partecipato alla creazione di false prove finalizzate ad accusare ingiustamente chi venne pestato senza pietà alla Diaz da agenti rimasti impuniti, è oggi il numero 2 – Vice direttore tecnico operativo – della Direzione Investigativa Antimafia, ai vertici delle forze investigative italiane. E la nomina è stata decisa dal ministro dell’Interno Marco Minniti. Così come quella di Pietro Troiani, il vicequestore di Genova passato alla storia come “l’uomo delle false molotov”. Un altro dei condannati eccellenti per la “macelleria messicana” del G8, cui è stato affidato uno degli incarichi più prestigiosi della polizia italiana: Troiani il 21 dicembre è stato nominato dirigente del Coa, il Centro operativo autostrade di Roma e del Lazio, il più grande d’Italia. Come per Caldarozzi, tecnicamente non si è trattato di una promozione. Inoltre Calderozzi, insieme ad altri protagonisti dello scempio della Diaz, è stato spesso in cattedra alla Scuola Superiore di Polizia. Franco Gratteri, che all’epoca del G8 era un grado superiore a Caldarozzi, oltre a tenere anche lui cattedra alla Scuola di Polizia, negli anni ha stipulato accordi con le università. Anche Gratteri è stato condannato in via definitiva per la “macelleria” di Genova.


È già passata anche l’indignazione per i cinque minuti di applausi e standing ovation tributati dal Congresso nazionale del Sap ai tre agenti condannati in via definitiva per la morte del 18enne Federico Aldrovandi, durante un controllo il 25 settembre del 2005 a Ferrara – Paolo Forlani, Luca Pollastri e Enzo Pontani. In quel caso il segretario nazionale Gianni Tonelli – che ora chiede preoccupato cosa ne sarà della mostruosa insegnante di Torino – aveva lanciato la campagna #vialamenzogna, una risposta alla manifestazione nazionale  #vialadivisa con la quale pochi giorni prima la famiglia di Federico chiedeva la destituzione dei colpevoli della sua morte.
In quell’occasione proprio Tonelli parlò di “accanimento contro gli operatori delle forze di Polizia”, di “una pelosa macchina del fango che mistifica la realtà dei fatti trasformando, spesso, i violenti in eroi e i poliziotti in delinquenti.” D’altronde il caso della morte di Aldrovandi è evidentemente un nervo scoperto, tanto che a dicembre, il giudice sportivo Pasquale Marino ha multato alcune squadre di calcio perché i loro tifosi avrebbero esposto “uno striscione di contenuto provocatorio nei confronti delle forze dell’ordine.” Gli striscioni erano delle fotografie di Federico Aldrovandi.
E per quanto riguarda Stefano Cucchi, sembra si sia persa memoria del fatto che ancora non è stato condannato nessuno, a quasi nove anni di distanza dalla sua morte.
Insomma, la maestra di Torino non aveva un incarico di ruolo e probabilmente non l’avrà mai. Anche se, personalmente, non dispererei. Dato l’andazzo di questo Paese, fra qualche anno potrebbe ricevere una promozione.

mie riflessioni sulla strage da femminicidio di Latina

Strano tu che parli del femminicidio e delle violenze sulle donne non ci sia nel tuo blog un articolo o una presa di posizione sull'ultimo e terribile fatto avvenuto a Latina .
Questa è una dele email che ho ricevuto redbeppe@gmail.com (email del blog per chi ancora non lo sapesse )
  L'immagine può contenere: 3 persone, persone che sorridono, persone sedute e spazio al chiuso Ora il fatto è che a volte , parlo per me , davanti a simili fatti , si è come bloccati \ paralizzati da non riuscire a trovare le parole giuste che non siano le solite parole di circostanza  dei nostri\e  politicanti  (I II)   o quelle  sempre uguali     ed  sessiste  ( vedere  articolo  sotto della  Murgia  )  che si trovano sul 90 % dei media .
 Infatti
Michela MurgiaIeri alle 10:56 ·

"Non ci sono parole per questa tragedia", ha detto stamattina il giornalista radiofonico che commentava la notizia del tentativo di uccidere Antonietta Gargiulo e della morte delle sue due bambine per mano dell'uomo da cui si stava separando, il loro padre.
Non è vero che le parole non ci sono. E' vero invece che ci rifiutiamo di usare quelle giuste e continuiamo a pronunciare quelle sbagliate.
La parola giusta è "femminicidio", cioè la morte di una donna progettata da un uomo perché si rifiutava di agire secondo le sue aspettative. E' una parola che dice due cose: che è morta una donna, sì, ma anche il perché.
La parola sbagliata è "tragedia", perché richiama l'immaginario teatrale e inserisce quello che è successo in un quadro da sceneggiata sentimentale dove le persone coinvolte risultano alla fine tutte in balìa del destino. Ma non ha sparato il destino: ha sparato un uomo.
La parola sbagliata è "esasperato dalla separazione in atto". E' sbagliata perché regala un alibi emotivo all'assassino e insinua che la vera colpevole fosse la donna che aveva deciso di interrompere la relazione.
La parola sbagliata è "follia", è "raptus". Nessun femminicidio avviene di punto in bianco: tutti sono la punta estrema di un crescendo di violenze che in questo caso, come in molti altri, erano state rese note anche alle forze dell'ordine. Ogni femminicidio è l'esito di un progetto di annichilimento. Considerare reato solo la fine di questo progetto significa non poterlo mai impedire.
Spiace leggere sui giornali ancora parole come queste.
Indigna che una donna sia andata a chiedere aiuto alle forze dell'ordine e non sia stata presa sul serio perché ha dichiarato "solo" la sua paura.
Addolora pensare a quante donne, leggendo che denunciare non serve a salvarsi, a denunciare forse adesso non ci andranno più.
Servono soldi ai centri antiviolenza, i soli che prendono sul serio la paura delle donne ancora vive. Servono progetti di formazione scolastica contro gli stereotipi di genere che ancora costruiscono il maschile possessivo ed esigono il femminile remissivo. Serve educare i giovani all'addio inevitabile, alla sconfitta che fa parte dell'umano, alla perdita vissuta con responsabilità, in modo che l'unica via di risoluzione al dolore non sia più la distruzione di quello che ci fa soffrire.
Leggete i programmi elettorali. Ditemi queste cose dove le trovate
l'unico  pensiero   che sono riuscito a    formulare   è questo  





concludo  qui  con    questo  post   del mio contatto


Doriana Goracci si trova qui: Cisterna di Latina.
28 febbraio alle ore 19:24 ·

non si può mettere la faccia di uno che ha sporcato la divisa che portava per lavoro, da carabiniere, non si può mettere la foto di uno che se l'è pensata bene, aspettando alle 5 in garage la moglie che stava andando al lavoro in fabbrica alla findus, da cui si sarebbe separato il 29 marzo, per spararle più colpi, senza finirla e poi subito dopo aiutata dalle vicine di casa, ancora viva hanno detto e chissà cosa pensa se ce la fa... Se l'è pensata bene quando ha preso nella sua borsa le chiavi di casa e ha ammazzato da subito la figlia di 14 anni e l'altra di 8 che avevano raccontato ai servizi sociali e all'avvocato della mamma le loro paure, nel vedere quell'avanzo di padre disumano fare violenza sulla loro madre, se l'è pensata bene a rimanere rinchiuso in casa e togliersi la vita da solo dopo 8 ore: oh come avrei sperato che finisse per decenni in carcere con la paura che qualcuno gliela avrebbe fatta pagare...lei Antonietta Gargiulo di soli 39 anni non lo aveva denunciato per paura che perdesse il lavoro...e se non denunci e non provi con i fatti quanto sia pericoloso minaccioso NESSUNO TI ASCOLTA...dove sarebbe andata ad abitare come avrebbe mantenuto le figlie? si sarebbe fatto cara Antonietta, non so più che scrivere se non tutta l'amarezza la tristezza per quello che avevi incontrato amato e con cui avevi 2 figlie, si un mostro, di egoismo e violenza.Si chiamava Luigi Capasso e spero che nessuno faccia onore ai suoi funerali, dato che la chiesa
respinge i suicidi, quando gli pare...
p.s. UNA DOMANDA a lei te giornalista lavoratore studente disoccupato marito nonno fratello figlio compagno nipote amico uomo...hai mai avuto paura della violenza della donna che hai vicino,alle spalle,davanti, che mette le chiavi nell'uscio di casa ?



P.s

  ciò non significa    che  mi stia  arrendendo  , ma  certe  batttaglie  le  donne  le  combattono  meglio d noi  perchè hanno dele buone  lingue 



  e  sono  loro che   dovrebbero   insegnare  a  noi uomini  e  a  certe  donne  che ragionano  come  maschi allupati

"Le donne provocano la violenza maschile": bufera sulla candidata Forza Italia a Taranto

Maria Francavilla, moglie del presidente della Provincia di Taranto Martino Tamburrano, lo ha dichiarato ai microfoni di Studio 100. Ira dei gruppi femministi: "Cultura maschilista, nulla giustifica la violenza"







"Noi donne a volte provochiamo la violenza negli uomini e quindi è un tema da affrontare veramente con serietà". È la frase pronunciata in un'intervista rilasciata all'emittente Studio 100 da Maria Francavilla, candidata al Senato, in quota Forza Italia, per il centrodestra nel collegio uninominale Puglia 7, nonché moglie del presidente della Provincia di Taranto, Martino Tamburrano.
Frase che ha scatenato una serie di polemiche tra le associazioni in difesa delle donne e sui social. Parole dette a margine di un incontro e dibattito con l'autrice Barbara Benedettelli, che ha presentato il suo libro 50 Sfumature di Violenza. Femminicidio e maschicidio in Italia e che, secondo la Francavilla, avrebbe avuto il 'coraggio' all'interno di un discorso più articolato, di dire, appunto, che in alcuni casi le donne "provocano la violenza negli uomini".
 

Sulle sue dichiarazioni è intervenuto il gruppo Non una di meno Taranto, legato al movimento internazionale contro la violenza di genere e maschile, pronto manifestare anche quest'anno l'8 marzo. "La gravità delle sue affermazioni e la narrazione tossica che ne deriva  - scrive il gruppo -  rappresentano il terreno fertile per una cultura maschilista e machista che giustifica in qualche modo la violenza nei confronti delle donne, mettendo le vittime sotto giudizio .

non so che  altro dire