12.3.19

banalità preziosa

E' vero che a volte sono banale e scontato quando faccio e tiro fuori riflessioni dal mio archivio cartaceo itineranteMoleskine Smart Writing Set, Notebook e Pen+ Smartpen, Taccuino con Copertina Rigida Nera Adatta all'Uso con Pen Moleskine+, Colore Nero, Fogli Puntinati


come    queste  : 
  • il non vedere  le  cose   come  non sentirle   non impedisce  loro  d'esistere
  • la  vita  è  tutto un quiz  non  si  sa mai   quello che t'aspetta 
Ed   forse  è  per  questoche molti   smettono di seguire  i miei  aggiornamenti   del mio account   e  della  nostra  pagina   di   facebook 
Ma   in una  società  \  in un mondo  dove  bisogna  essere originale  a tutti i  costi   e     e se  non lo sei      vieni quasi  emarginato   la banalità    ,   come detto   nel  titolo ,  può essere  preziosa  . Infatti meglio banale    che  nulla  o peggio non riuscire  a d esprimere    emozioni  ed opinioni proprie   o tenersele dentro 
Infatti    non sempre  la  il termine   banale      è negativo     alla  faccia     di  Alberoni     che  ne evidenzia  solo   il  lato negativo
Risultati immagini per banalità  il  giornale

  come dice  anche    l'articolo a pagamento    di  repubblica  di domenica     scorsa  e preso  gratuitamente  tramite il sito  http://www.dagospia.com


UN ARTICOLO DI BARTEZZAGHI SULLA BANALITÀ E UNA FEROCE LISTA DI FRANCESCO MERLO SUI GRANDI BANALI D'ITALIA, CON FABIO FAZIO '' BUONISTA EDUCATO, CHE ASSECONDA TROPPO I SUOI OSPITI E PROMUOVE LIBRI CHE NON HA LETTO'', ROBERTO BOLLE ''BANALITÀ DEL GLUTEO'', ELENA FERRANTE, ALFONSO SIGNORINI. COSA UNISCE MATTEO MESSINA DENARO E JOVANOTTI? CATTELAN, LA BANALITÀ DEL FINTO SCANDALO, LA PIÙ PAGATA DEL MONDO


1. LA BANALITÀ NON È BANALE
Stefano Bartezzaghi per ''la Repubblica - Robinson''

Visto da vicino, niente è davvero banale, niente è davvero originale. Cosa c' è di meno solenne e più dimesso del saluto "buonasera"? Eppure persino questa formula così quotidiana ha dato qualche brivido.

Stefano BartezzaghiSTEFANO BARTEZZAGHI
Il 26 agosto del 1978, il cardinal Albino Luciani era stato eletto Papa e aveva appena scelto il nome di Giovanni Paolo quando si affacciò alla Loggia di San Pietro e pronunciò in latino la sua benedizione alla folla plaudente. Sembrò voler aggiungere qualcosa, ma gli tolsero il microfono perché, gli dissero, "non usava". Non fu così meno di due mesi dopo, il 16 ottobre, quando il cardinale Karol Wojtyla si affacciò alla stessa Loggia in veste papale e con il nome di Giovanni Paolo II.

Rivolse alla folla il saluto "Sia lodato Gesù Cristo", a cui fece seguire l' apostrofe "Carissimi fratelli e sorelle" e quindi un breve discorso, divenuto celebre per la trovata del "Se mi sbaglio mi corigerete". Forse la novità di un Papa straniero convinse i cerimonieri della necessità di rassicurare subito i fedeli sulla sua padronanza della lingua italiana. Il successore di Wojtyla, Joseph Ratzinger, scelse il nome di Benedetto XVI e il 19 aprile del 2005 esordì con "Carissimi fratelli e sorelle".

Jorge Mario Bergoglio si presentò come Francesco il 13 marzo del 2013 e disse "Buonasera". Da una benedizione formale in latino, a una formula liturgica, a un appello discorsivo sino al più ordinario dei saluti, quello che si rivolge in ascensore al vicino incontrato rincasando: vorrà dire che con Francesco persino il papato è diventato "banale"?

PAPA FRANCESCO BERGOGLIOPAPA FRANCESCO BERGOGLIO
Accarezzavo già l' idea di dedicare uno studio particolare alla banalità ma la decisione definitiva arrivò quando lessi un tweet che accusava appunto papa Francesco di aver augurato la pace in Terrasanta in modo assolutamente non originale e di non essersi affatto impegnato per fare meglio. Ho pensato cioè che i social network costituiscono fra le altre cose l' ambiente in cui è possibile ritenere banale il Papa: quindi l' ambiente in cui è più interessante studiare la banalità contemporanea.

Non è molto probabile che a ispirare Bergoglio sia stato il Disperato erotico stomp di Lucio Dalla, che dice che "l' impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale": eppure i paradossi fra norma e eccezione, trasgressione e conformismo, banalità e originalità sono noti da sempre e c' è tutta una letteratura al proposito.

Non solo le sintesi esilaranti che Alberto Arbasino ha sempre fatto dei tipici complimenti da recensione amica ("straordinario, come sempre!"): si può arretrare sino a Giacomo Leopardi, che annotava "Quegli uomini che i francesi chiamano originali, non solamente non sono rari, ma sono tanto comuni che sto per dire che la cosa più rara nella società è di trovare un uomo che veramente non sia, come si dice, un originale". Il fatto è che odiare i luoghi comuni è a sua volta un luogo comune.

Alberto ArbasinoALBERTO ARBASINO
La parola "banalità", nel senso in cui la usiamo oggi, ha la stessa provenienza francese e la stessa età della speculare "originalità", due gemelle che giocano a scambiarsi di posto per confonderci le idee. Nascono entrambe con la società borghese, crescono assieme a romanticismo, giornalismo, surrealismo e avanguardie varie, rispondono al motto di Arthur Rimbaud su Il faut être absolument moderne puntualizzando, da parte loro, che "moderno" e "moda" hanno lo stesso etimo (da modo, in latino "or ora"). Non si può essere moderni senza aneliti di originalità.

Resta però il fatto che se voglio essere notato dalla vicina di casa devo salutarla in qualsiasi modo che non sia "buonasera" (a meno che non lo pronunci come in un ormai antico spot, dove " buonasera" diventava una cosa da ridere); se il Papa neoeletto dice "buonasera" è invece tutt' altro che banale. La prima cosa da capire è dunque che la banalità non è mai assoluta, come non lo è l' originalità ( e neppure, Rimbaud ci scuserà, la modernità): è sempre funzione della circostanza e anche di quella che in semiotica si chiama " enunciazione", cioè la relazione fra chi parla e chi ascolta.

RIMBAUDRIMBAUD
" Banale" è il contenuto del " ban", il " bando", la novità che l' araldo rende pubblica a tutti, nel villaggio: ciò che è comune, il sapere condiviso che istituisce una società. Perché, allora, non può essere anche "originale", legato cioè alle fonti dell' identità comune? Il problema è che noi non diamo valore al risaputo, al già detto, alla verità attestata; perché la accettiamo la verità deve arrivarci da uno svelamento, da una smentita di una verità già nota. Il modello è: " Tutti dicono che (che Armstrong è stato sulla Luna, che è meglio vaccinare i figli, che la Terra è rotonda), ma a me non la si fa".

L' originale diventa così l' autentico (in etimo "ciò che è fatto da sé") e l' autentico coincide con il vero; ciò che sanno tutti è invece svalutato. Per le verità che ci terrebbero a essere oggettive, di conseguenza, sono tempi duri.

Oltre alla diffidenza che ispira ogni presupposto comune c' è anche il dato di fatto per cui nei social network ogni nostro intervento (ogni frase ma anche ogni singolo emoticon o like messo con un clic sull' icona del pollice levato) è inesorabilmente corredato dalle nostre impronte " digitali", nell' altro senso dell' aggettivo; cioè da nome e immagine dell' account. Potrei essere il massimo costituzionalista italiano e mai potrei dire: "L' Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro". Quello che ne esce è sempre, inesorabilmente: "Bartezzaghi dice che: 'l' Italia'". L' oggettività è erosa già da principio e viene facile a quel punto confutare non l' enunciato ma l' enunciatore. Perché lo dici?

umberto ecoUMBERTO ECO
Perché citi solo la prima parte dell' articolo? Perché citi l' articolo 1 e non, per esempio, il 3? Può capitare e capita sulla Costituzione, che è il fondamento della nostra vita sociale; può capitare e capita su tutto, con il corollario che non si riconosce più autorevolezza ad alcuno. Chi ha studiato una materia tutta la vita è un professorone; chi ha lavorato nel ramo è stato prezzolato; chi si oppone ai venti antivaccinisti, terrapiattisti ( e prossimamente, chi sa, asinovolisti) difende i privilegi di casta e non c' è verità " ufficiale" che non meriti qualche colpo d' ascia. Persino il Papa può risultarci banale e oggi non chiameremmo Giovanni XXIII "il Papa buono", ma "buonista".

Siamo dunque diventati tutti "originali"? Lo si può pensare solo non tenendo conto di ciò che Leopardi aveva già intuito e parodiato: quanto facilmente banalità e distinzione si scambino di posto e quanta forza l' ordinario eserciti sullo straordinario. Se prendiamo a esempio le polemiche filistee contro il " politicamente corretto" ( che in Italia non ha mai costituito quella cappa di conformismo poliziesco che si evoca fantasiosamente) vediamo che in tema di rapporti fra i sessi chi definisce banali e ipocriti gli scrupoli non fa che richiamare in servizio luoghi comuni anteriori e davvero insensati, come "l' uomo è cacciatore" e "la donna deve innanzitutto accudire la prole". Il discorso pubblico ritorna così alla "natura" ( dell' uomo, della donna, del bambino, degli italiani, dei francesi, dei settentrionali, dei meridionali, degli ebrei, dei musulmani, dei migranti, dei comunisti etc.), da dove la critica massmediologica e ideologica l' aveva scacciato, a partire dal primo Roland Barthes negli anni Cinquanta e dal primo Umberto Eco nei Sessanta.

Oggi chi si scaglia contro le banalità si trova a rivalutare come originali asserzioni equivalenti ai blasoni popolari, del genere " i liguri sono avari", " l' arabo è infido", " torinesi falsi e cortesi", " vicentini, magna- gati". Grattando la superficie della banalità si precipita negli abissi del sapere tradizionale.

roland barthesROLAND BARTHES
Tra l' ammirazione obbligatoria e rituale per il capolavoro di Sergej Michajlovi Ejzentejn e " La corazzata Potëmkin è una cagata pazzesca" di Fantozzi rag. Ugo il luogo comune vigente è il secondo e lo resta ancora, oggi quando certo non ha più alcun potere dissacrante. Il rimedio sarebbe allora quello di non rendere sacra né La corazzata Potëmkin né la sua stessa dissacrazione, ma chi ci darà tutta la laica saggezza che sarebbe necessaria a tanto?

Forse era meglio quando si riteneva che la gente fosse ingenua e quindi credulona e si esortava a diffidare. Ora le credenze infondate e stravaganti sono conseguenza non dell' ingenuità ma proprio di una malizia diffidente mal attrezzata.

Sulla scena pubblica, neppure tanto nuova, dei social network la competenza dei sapienti (che se ne stanno accorgendo, e a proprie spese) appare nei panni della sufficienza.
il bail in europeo cagata pazzescaIL BAIL IN EUROPEO CAGATA PAZZESCA
Gli hashtag di oggi, gli slogan innovativi invecchieranno presto e mostreranno le corde della loro stessa banalità. Ma i paradossi del senso comune insegnano alla logica che essa non è sufficiente a scongiurarli. Quale fondamento dare a una nuova credibilità del discorso del sapere è la vera questione.

Sarà appunto banale dirlo, ma occorre innanzitutto neutralizzare l' anatema con cui bolliamo come negativa la banalità. Pensiamoci, la prossima volta che qualcuno ci dice "buonasera" pur senza essere papa.


2. FENOMENOLOGIA DEL GRAND BANAL
Francesco Merlo per ''la Repubblica - Robinson''


Fabio Fazio

È la banalità di sinistra, bene ormai prezioso nella Rai militarizzata dalla banalità di destra. Buonista educato, asseconda troppo i suoi ospiti e promuove libri che non ha letto, ma preferisce l' accoglienza al razzismo e la corda civile alla corda pazza.

fabio fazioFABIO FAZIO
È dunque la virtuosa banalità del politicamente corretto, oggi espulso dalla coscienza nazionale, che resiste alla viziosa banalità del vaffa-sovranismo più scorretto, del potere che si spaccia per contropotere. È il garbo che intona contro lo sgarbo che rintrona, il suono che assopisce contro il tuono che stordisce l' intera tv, persino da Lilli Gruber che pure del garbo è la signora. Diceva Eco: "Ci siamo spinti alla comica banalità di chiamare non vedente il cieco, ma la civiltà del rispetto vale la fatica".

Elena Ferrante

È la banalità del Sud che piace agli americani e agli italiani del Nord.
Scarpe rotte, fame, padri violenti, e in tv dialetto sottotitolato come nella Terra Trema di Visconti: un tardo dickensismo partenopeo, la banalità del ma-re.
ANITA RAJA ELENA FERRANTEANITA RAJA ELENA FERRANTE
Ma la Napolitudine, la presunta specialità di essere napoletani, non è una chimica del liquido seminale, ma un' identità di carta che scala le classifiche, il luogo comune delle emozioni e dei friarielli, del rione pittoresco e straccione, la letteratura dell' irredimibile che scalda le coscienze.

Ed è banale il mistero del nom de plume in un mondo senza mistero, il gioco femminile dello pseudonimo: da Neera a Liala, dalle scrittrici rosa a Sveva Casati Modigliani. C' è pure la banalità di nascondersi dietro un uomo, (forse) un gran marito.

Alfonso Signorini

È la banalità del gossip e della tv trash.
alfonso signorini mangia il prosciutto in trasmissioneALFONSO SIGNORINI MANGIA IL PROSCIUTTO IN TRASMISSIONE
Si dichiara gay ed è bravo a raccontare l' Italia come un melodramma. Ma rimprovera, nientemeno, al cardinale Ravasi, coltissimo biblista ed ebraista, la simpatia per Mahmood: "Basta con questa Chiesa da Baci Perugina".

Tra i suoi scoop recenti: la gravidanza di Belén e le giostre sentimentali di Elisa Isoardi. Da almeno due decenni pubblica le foto in panza e braghe dei nemici di Berlusconi - il suo editore - che invece tratta e trucca come un re: "Per lui mi butterei dal balcone".
Però dice: "Il gossip deve essere irriverente e spudorato". Aggiunge, con buone ragioni: "I giornali blasonati ci copiano e fanno peggio di noi". Gli sono stati dedicati libri molto (troppo?) seri. "La banalità - scrive Bartezzaghi - non sempre è stupida e la stupidità non sempre è banale"


Roberto Bolle

roberto bolle nudoROBERTO BOLLE NUDO
È la banalità del gluteo. Nel 2009, recensendo l' Aida di Zeffirelli, il critico musicale Paolo Isotta scrisse sul Corriere che l' unica cosa memorabile erano le natiche "liberamente periziabili di Roberto Bolle" che "per miracolo mettevano d' accordo tutti i sessi e ceti e categorie". Ma Bolle mai esibisce la banalità della malizia, e mai ammicca al sesso: è l' eccellenza del diavolo buono, il ballo atletico senza la sensualità dei Nureyev.

roberto bolleROBERTO BOLLE
Ha scritto il New York Times che il nostro non è più il tempo delle ballerine, ma dei ballerini maschi: "There' s never been a better time to be a male dancer".
E però l' arte di Bolle, alla Scala e in tv, non solo non è di genere, ma è un' impresa inventata dalla mamma e gestita dalla sorella: una magnifica banalità italiana.


Matteo Messina Denaro

È la banalità del male, senza volto e sempre in fuga. Nel 2010 Forbes lo descrisse ricchissimo: "È conosciuto ( sic) come Diabolik e come the italian mafia' s playboy, noto ( sic) per lo stile di vita veloce, le Porsche e i Rolex". Quando poi li prendono, questi imprendibili mafiosi, sono invece banalissimi panciuti con l' aria e il lessico dei sottoproletari.
messina denaroMESSINA DENARO

Lui è latitante da 26 anni benché siano stati arrestati un centinaio di complici e benché gli investigatori speciali - Sco, Ros, Gico, Scico, Aisi, Aise - siano sempre a un passo dal prenderlo: "È mai possibile che a Castelvetrano tutti incontrano Matteo tranne noi?". Ecco la banalità secondo Borges: "Somigliava a tutti gli uomini, tranne nel fatto che somigliava a tutti gli uomini"


Carlo Cracco

craccoCRACCO
È la banalità del sapore spacciato per sapere. Il tuorlo marinato, l' ostrica coi fichi e il cioccolato con le olive nere sono banalità creative che somigliano alle parodie di Antonio Albanese, al brodo arrosto e al riso tatuato all' incenso.

Ma intimidiscono il palato e friggono il giudizio perché sempre la banalità monta e gonfia come la sua maionese di liquirizia. Negli spot pubblicitari si compiace come un campione, come David Beckham: "Il mio bagno, il mio living, la mia cucina". Al contrario quando faceva il giudice di Masterchef era cattivo, (quasi) all' altezza delle sue grue di cacao sul salmone. Quando serve la pizza, cara perché gourmet, ricorda la signora Coriandoli (Maurizio Ferrini) che alla banda Arbore serviva il coniglio con le cozze cucinato con lo strutto.





Maurizio Cattelan
maurizio cattelanMAURIZIO CATTELAN

È la banalità del finto scandalo: un gabinetto d' oro, Papa Wojtyla steso dal meteorite, i bimbi - pupazzi impiccati all' albero, Hitler in ginocchio, e in un museo c' è pure la denunzia del furto di un' opera d' arte invisibile che, ha detto ai carabinieri, "tenevo nell' auto".
Niente più basco in testa e pennello in mano, si laurea artista negandosi alla banalità della popolarità.

"Per 7 anni - ha raccontato Massimiliano Gioni - rilasciavo interviste e ritiravo premi al suo posto. E l' ho fatto parlare con frasi di Breton, Kafka e Carmelo Bene.
Ma era quello il vero Cattelan: l' artista con l' identità cangiante".
Di sé dice: "Io sono le fake news".
Trasgredendo seppellisce la trasgressione e il mito dell' artista-diavolo. È la banalità più pagata del mondo.
INSTALLAZIONE DI MAURIZIO CATTELAN IL PAPA COLPITO DAL METEORITEINSTALLAZIONE DI MAURIZIO CATTELAN IL PAPA COLPITO DAL METEORITE


Lorenzo Jovanotti

È la banalità di cuore-amore da sempre in testa alle classifiche.
Non l' amore disperato del sempre tradito, lasciato e maltrattato, ma l' amore felice ed entusiasta: "sento il mare dentro una conchiglia / l' eternità è un battito di ciglia". Poca musica, poca voce, molta simpatia, è onesto sincero e dolce di pensiero, la banalità della passione timorata, ancora a 53 anni scavezzacollo per mamme.
rossi jovanottiROSSI JOVANOTTI

Il manifesto della sua banalità è "No Vasco / io non ci casco" rimario di un improbabile rock morigerato contro la smodatezza del rock degli spericolati. Leggi i titoli - Mi fido di te, Baciami ancora, Chiaro di luna, Un raggio di sole... - e senti in bocca l' acqua delle patate lesse. E però in confronto alle "banalità originali" di Fedez, Mahmood, Ultimo e Achille Lauro, sembra il canto del pastore leopardiano.


Santiago Calatrava

È il grand' uomo del ponte.
Alla struttura sempre uguale del ponte strallato, com' era quello di Genova, sospeso e sostenuto da cavi ancorati ai piloni, Calatrava aggiunge la griffe degli sfarzosi elementi decorativi: una cresta, l' arpa, le eliche o - a Bilbao e a Venezia - il pavimento di vetro per rovinosamente scivolare e farsi molto male nel modo più banale.
CALATRAVACALATRAVA

Costi altissimi, tempi lunghissimi, errori e tribunali sono le sue originalità. Eppure non c' è sindaco che non voglia un bel ponte di Calatrava. Quello di Cosenza è la banalità più alta d' Europa. A Reggio Emilia e a Dallas ce ne sono tre. In California e a New York, in Spagna e in Germania, a Londra e in Italia, non c' è ruscello che non abbia il suo Calatrava.


venezia calatravaVENEZIA CALATRAVA
























ecco quindi che essa può essere utile come dicevo nel post : << a volte anche la banalità può essere preziosa e servire per spiegare meglio la lettura ai bambini ed in alcuni casi reagire alla propaganda razzistica ..... >>

 concluso  sulle prime  note  di per me lo so - cccp


11.3.19

Il primo Re (2019) due ore che potevano essere impiegate meglio a guardare un altro film


Essendo  ancra  convalesciente  ed incuriosito  dal dibattito  politico     più che culturale    che  n'è  seguto  mi  sono  anato  a  vedere in streamig  (  cosa  che  di solito  faccio per   film   che incuriosiscono ma  che  non ho voglia o tempo  d andare  ad  Olbia    visto  che  a tempio  chi  sà se li portano e quando  li portano )  il film Il primo Re (2019)  Per   chi volesse  vederselo o  rivedeserlo     in streaming  https://openload.co/f/9jeVeEG2wTw
Ecco  la  breve  sinossi    del flm    in questione   

Romolo e Remo sono due gemelli che vivono sulle rive del Tevere. Soli, nell’uno la forza dell’altro, in un mondo antico e ostile sfideranno il volere implacabile degli Dei. Dal loro sangue nascerà una città, Roma, il più grande impero che la Storia ricordi. Il loro sarà un legame fortissimo, destinato a diventare leggenda
Un film dove  Non si capisce   dove   si possa  vedere   qialsiasi riferiment alla  cultura  fascista   o  al sovranismo  qui il dibattito  culturale politico  in merito    dove  vengono   le  sintetizzate   posizioni   in merito    . A  mio avviso  e  dai ricordi scolastici    che  ne  ho della vicenda  ,  non ce lo vedo  questa esaltazione del fascisno   c'è    solo l'esaltazione  con  dei particolari   aggiunti  : SPOILER    il  loro scampare allo straripamento   del fiume  ,  l'essere  catturati   e  poi lottare  per  vivere ,  la  fuga  con  gli altri prigionieri  ,   la  lotta fra loro  , ecc  SPOILER     estranei  al mito  che noi tuttti  (  almeno    fino alla mia generazione  ) conosciuto    e  studiato   fino alla  scuola  media   e  letto    nei libro 

Risultati immagini per storia di roma a fumetti
Aggiungi didascalia

Infatti il film  , a mio avviso  strizza  un occhio al genere fantasy visto che  ilregista   Matteo Rovere che ha fatto la scelta difficile di far recitare gli attori (tra cui i protagonisti Alessandro Borghi e Alessio Lapice) in un proto-latino ricostruito male  ssecondo  studiosi e appassionati che fin dall’uscita del trailer hanno obiettato sulla effettiva attendibilità filologica di una ricostruzione tacciata di echeggiare in realtà una quantità di cose che col Lazio arcaico hanno ben poco a che fare. Cio  ne   fa  un  film  pesante pŕetenzioso, nonostante  l'ottima   fotografia  , dalle  ottime  inquadrature , un discreto cast    .   voto  6   senza infamia  e  senza  lode. 







10.3.19

ERRATA CORRIGE SULA MOSTRA “Le civiltà e il Mediterraneo” DI CAGLIARI LA DATA DI CHIUSURA non è l 16 aprile ma il 16 giugno



Che cos’è il Mediterraneo?
Mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una cultura ma una serie di culture accatastate le une sulle altre. Viaggiare nel Mediterraneo significa sprofondare nell’abisso dei secoli, perché è un crocevia antichissimo                                   Fernand Braudel     (  storico    francese    1902-1985 ) 
Leggendo  l'articolo    che trovate  sotto    mi sono  accorto  ,  come  specificato dal titolo     ,  che  la  data    di chiusura   della  mostra  le  civiltà  e  il mediterraneo   non è  il  16 aprile  ma il  16  giugno  . Avevo già  parlato    su queste pagine ( più  precisamente  qui  )  delle impressioni   ricavate   da  tale mostra    e   del perchè   visitarla  .
Ora  per  coloro   i  quali   non l'avessero   ancora  vista  o  vorrebbero   rivederla    (   a  volte  capita   quando le  mostre   sono  grandi o  c'è troppa  gente  di  vederle  male  ed  in maniera  incompleta  ) potete   leggere   quest'ottimo articolo  oltre al  il mio precedente post  😜😄 oppure se  volete    il   comunicato stampa    della presentazione  della mostra   che  trovate qui



La Sardegna antica al centro di una grande rete di culture

A Cagliari una spettacolare mostra per guardare dall’isola all’Africa e all’Asia. Oltre 550 opere da importanti musei internazionali e dalle collezioni sarde

CAGLIARI.
La mostra “La civiltà e il Mediterraneo”, inaugurata nei giorni scorsi nei due spazi del Museo archeologico nazionale e del Palazzo di città, mostra ciò che per lungo tempo è stato difficile ammettere: per secoli l’isola è stata culla di una civiltà florida, produttiva, crocevia di scambi e dialoghi con il resto del Mediterraneo. Fortemente voluta dall’assessorato regionale al Turismo, che ha firmato un accordo con il museo Ermitage di San Pietroburgo, il comune di Cagliari, il Polo museale della Sardegna e la Fondazione di Sardegna, sino al 16 giugno la mostra illustrerà un’isola in stretto contatto con gli altri paesi del Mediterraneo. Un viaggio nel tempo e nello spazio che, partendo dal Neolitico sino a sfiorare l’epoca romana, fa dialogare reperti dei poli museali sardi (oltre che quelli dell’archeologico di Cagliari, ce ne sono altri provenienti dal resto dell’isola) con quelli arrivati per l’occasione oltre che dall’Ermitage, dai musei archeologici di Napoli e Salonicco, dal museo Bardo di Tunisi e dal Museo di Berlino.
Collane fatte di conchiglie, pendenti in osso, pettini in pietra, statuine zoomorfe votive, e ancora spade, asce, sino a una quantità di vasellame di eccellente fattura. A guardare i tanti oggetti del passato sistemati l’uno vicino all’altro viene difficile pensare alla Sardegna come a un’isola che il mare ha separato da tutto il resto. Sì, perché dalla mostra “Le civiltà e il Mediterraneo”, inaugurata ieri nei due spazi del Museo archeologico nazionale e del Palazzo di città, emerge ciò che per lungo tempo è stato difficile ammettere: per secoli l’isola è stata culla di una civiltà florida, produttiva, crocevia di scambi e dialoghi con il resto del Mediterraneo.
L'Ermitage. Fortemente voluta dall’assessorato regionale al Turismo, che ha firmato un accordo con il museo Ermitage di San Pietroburgo, il comune di Cagliari, il Polo museale della Sardegna e la Fondazione di Sardegna, sino al 16 giugno la mostra illustrerà un’isola in stretto contatto con gli altri paesi del Mediterraneo. Un viaggio nel tempo e nello spazio che, partendo dal Neolitico sino a sfiorare l’epoca romana, fa dialogare reperti dei poli museali sardi (oltre che quelli dell’archeologico di Cagliari, ce ne sono altri provenienti dal resto dell’isola) con quelli arrivati per l’occasione oltre che dall’Ermitage, dai musei archeologici di Napoli e Salonicco, dal museo Bardo di Tunisi e dal Museo di Berlino.
L'assessore Barbara Argiolas. «La mostra– spiega l’assessora regionale al Turismo, Barbara Argiolas – si inserisce in un progetto più ampio di strategia di promozione dell’isola, che andrà avanti sino al 2020. Non si tratta di un’esposizione fine a se stessa, ma dell’ulteriore passaggio di un percorso cominciato nel 2015 con Eurasia». Anche in occasione di quell’esposizione preziosi elementi dell’Ermitage arrivarono nell’isola per testimoniare lo sviluppo di civiltà lontane. Ora quella collaborazione continua (i finanziamenti arrivano dall’Unione Europea), ma per confrontare le civiltà del Mediterraneo e far sorgere nuova curiosità sulla Sardegna: «Vorremmo – continua Argiolas – creare uno stimolo affinché chi viene a visitare l’esposizione abbia poi voglia magari di andare a vedere altri siti dislocati nella regione».
La civiltà del Mediterraneo. Curata da Yuri Piotrovsky, dell’Ermitage, e da Manfred Nawrot, del museo di Berlino, “La civiltà e il Mediterraneo” si avvale della direzione artistica di Angelo Figus. E’ lui che per l’evento ha creato una scenografia e una storia: se nel Museo archeologico diversi pezzi (collane, accette, bottoni iscrizioni) sono messi a confronto con i loro omologhi provenienti ad esempio da Salonicco e Cipro, nell’intento di creare una summa di ciò che aspetta al visitatore, nel Palazzo si città si è catapultati in viaggio. Un viaggio nel Mediterraneo che comincia la sera e prosegue sino al giorno dopo, mostrando in ciascuna delle sale che ospitano i reperti i colori delle diverse fasi della giornata (dal blu scuro della notte, ai toni rosati e violacei del tramonto successivo) visti da un’imbarcazione. E barche di colori diversi ospitano i pezzi in mostra, quasi a voler simboleggiare le navi che si muovevano da una sponda all’altra del Mare nostrum, cariche di merci. Così da una teca all’altra è un tripudio di oggetti della vita quotidiana e votivi che mostrano come spesso le civiltà del passato mutassero l’una dall’altra saperi e fogge (un esempio su tutti: la fibbia di bronzo proveniente dal Caucaso non ha molto di diverso da quelle fabbricate dai nuragici), pur mantenendo in molti casi peculiarità proprie.






La mostra e i libri. Se la mostra può essere vista con gli occhi del visitatore avido di conoscere la storia e lo sviluppo della cività, può pure diventare spunto per riflessioni sull’oggi. E’ anche per questo che nel Palazzo di città ciascuna delle nove sale propone un libro diverso (un progetto curato dall’archeologa Michela Migaleddu) con consigli di lettura da Omero a Pier Paolo Pasolini. «La mostra – spiega la direttrice del Polo museale della Sardegna, Giovana Damiani – ci fa vedere un Mediterraneo come autostrada in cui molti popoli si sono incontrati». Ciascun museo propone un biglietto ad hoc, che costerà la metà per chi andrà a vedere anche l’altra esposizione
  

smontiamo una news errata non era un insegnate che aspetta un bambino da un 14 enne ma un infermiera che aiutava il ragazzo in inglese

smontiamo una notizia errata .Ed   Aggiungiamo ulteriori chiarimenti al mio precedente post \ commento https://bit.ly/2TAppnX   la  vicenda  già   di  per se  squallida per la troppa differenza d'età quasi 30 ., sia perchè il ragazzo non era consenziente , ma era indotto a fare sesso . e quindi c'è a differenza di quello che dicevo precedentemente  su  fb  (   trovate  nelle righe  precedenti  l'url  )  c'è   un reato ed un abuso un caso di pedofilia al femminile oltre  una  errore      una non  verifica    o  fake  news  come  si direbbe    rispetto   ala  notizia  riportata  da  tutti i media    e siti internet  .

ecco  come  sarebbero  verosimilmente   i  fatti  

da  https://www.tecnicadellascuola.it/

Non era una prof, ma un’infermiera che aiutava il ragazzo in inglese

 



“La signora non lavora a scuola, ha 35 anni, è sposata e ha un altro figlio di 7, di professione fa l’infermiera”, lo precisa Il Corriere della Sera, che però conosce bene le lingue straniere e per questo un anno e mezzo fa aveva iniziato a fare delle ripetizioni d’inglese al ragazzino oggi quattordicenne, a cui poi avrebbe rivelato di aver avuto il figlio da lui”.Vicenda squallida
Dunque si chiarisce una vicenda “squallida” nella quale sono state coinvolte due famiglie travolte, come spiega l’avvocato della donna, da un tormento morboso manifestato attraverso un diluvio di foto e di messaggini dal contenuto a quanto pare inequivocabile, spediti dall'infermiera.
Infermiera con conoscenze di inglese
Si parla infatti di «escamotage» continui con i quali la signora tentava di tenere legato a sé l’adolescente, sempre più provato dall'insistenza della sua insegnante che poi era infermiera con qualche conoscenza di inglese. 
«Chiaramente la donna era innamorata del ragazzino».

E  qui   Nessuna prof coinvolta . Lasciamo questa storia, ripresa  << solo per precisare che nessun personale della scuola, nessuna insegnante >>  come   afferma il  sito  <<  era coinvolta, così come tutte le agenzie invece l’avevano  erroneamente  passata  >>

Il donatore di midollo non si presenta: Giuseppe muore di leucemia . vigliaccheria o assassino ?



Leggo  ,  mi rattristo 🗯🗨💨😢😪 da  trapiantato  e che  ancora  ha  necessità  di esserlo vista  la  situazione  ancora  precaria ed  in continua evoluzione  agli occhi , di  due  casi  il  primo   che è quello citato dal titolo   su https://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/lombardia/


La storia di Giuseppe Pustorino, medico 40enne di Reggio Calabria malato di leucemia, aveva conquistato il web, tanto che gli appelli della famiglia sui social erano riusciti nell’obiettivo di trovare un donatore di midollo compatibile per l’80%con l’uomo. Ma il giorno del trapianto nessuno si è presentato. Giuseppe è morto così il novembre scorso, ma le polemiche, da quel momento, non si sono placate.
Nel luglio 2017 a Giuseppe era stata diagnosticata, nell’Ospedale “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo dove lavorava, una leucemia mieloide acuta. La speranza di guarire arriva quando si riesce a trovare un donatore compatibile, che però non si presenterà mai. Di lui si perderà ogni traccia. A nulla sono serviti i successivi appelli in rete della famiglia, né il trapianto di midollo donato dalla sorella, purtroppo compatibile solo per il 50%. Le condizioni di Giuseppe peggioreranno sempre più.
"Non voglio che si scateni ora una caccia alle streghe o la ricerca a tutti i costi di un capro espiatorio, però quel giorno è come se Giuseppe fosse morto due volte - commenta il fratello Pietro – è vero che il donatore non può essere obbligato in alcun modo, ma se uno si offre volontariamente, poi non si può tirare indietro. In ballo c’è la vita di una persona". A tre mesi dalla morte di Giuseppe, la famiglia ha deciso di far partire una raccolta fondi su Facebook in memoria del giovane medico per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dei trapianti. 
Un caso simile era già accaduto con Alex, bambino affetto da una malattia genetica che ha visto il proprio donatore ritirarsi all’ultimo. Il piccolo è riuscito però a salvarsi grazie a una donazione di cellule da parte del padre.

 poi io  secondo   caso  su  https://www.lastampa.it

Pubblicato il 16/02/2019
Ultima modifica il 16/02/2019 alle ore 20:40
ANTONELLA BORALEVI


Nelle fotografie, Giuseppe Pustorino è un uomo molto bello, forte, con l’aria felice. E’ morto a 40 anni, di leucemia. Il 28 novembre, dopo un anno e pochi mesi dalla diagnosi. Era medico, neurologo. Aveva lanciato in rete una campagna per trovare un donatore di midollo. L’aveva trovato. Compatibile al 100%. Non succede quasi mai, se non tra familiari stretti.

La sua storia la racconta la sorella, Anna Maria. Ed è una storia che ci interroga. Perché quel donatore non si è mai presentato. E il midollo della sorella, compatibile solo al 50%, non è bastato a salvare Giuseppe.

Puoi essere il primo a saperlo. Scopri le nostre inchieste Dove sarà, quel donatore? Come si sentirà, adesso?
Solo pochi giorni fa, un bambino molto piccolo, Alex Montresor, è stato salvato da un trapianto di midollo. Solo pochi giorni fa, in rete, in suo nome, si è scatenata una gara a registrarsi nel registro dei donatori. Solo pochi giorni fa, abbiamo imparato, che donare il midollo non è quella procedura invasiva che pensavamo fosse.
Giuseppe Pustorino è morto qualche mese prima. Sarebbe stato diverso, oggi?
Provo a immaginare la notte prima del giorno stabilito per l’intervento. La notte del dottor Giuseppe. La notte di chi teneva tra le mani la sua speranza di restare vivo. Provo a immaginare la paura. E il cuore che trema. Ci vuole un amore spropositato per amare uno sconosciuto che non conosceremo mai. Ci saranno stati familiari e amici del donatore che, in buona fede, «per il tuo bene», gli avranno infuso dubbi, ansie, gli avranno domandato perché rischiare per qualcuno che non lo riguardava. Senza sapere che il rischio è controllabile, che non è diverso dai rischi che ogni giorno ci assumiamo. Un bambino intenerisce, un adulto meno.
Provo a immaginare il fiato che si spezza, quando a Giuseppe dicono che il donatore non è venuto. Cosa avremmo fatto, noi?




Ora    mi  viene  da   pensare che il    donatore    sia    come avevo scritto su fb : un : << Vigliacco . Perché .... Ti sei iscritto fra i donatori se poi cambi idea . Non si gioca sulla vita delle persone >> e che come mi hanno fatto notare alcuni commenti al mio post Vigliacco può essere...ma assassino è un sostantivo non corretto dettato dalla rabbia   dei   familiari  aggiungo   io  . 
Ma   a  mente  fredda     affermo   che  è  facile parlare quando non si è nei panni della persona in questione. Ogni donatore ha facoltà di tirarsi indietro fino all'ultimo. E' previsto punto. Spiace per una vita persa ma non si deve giudicare senza sapere  anche   ci  può essere il  dubbio  o  può verificarsi     secondo un commento riportato   dal  primo sito   sito    : <<  e se anche il donatore e morto qualche giorno prima ? >> Ci vorrebbe una legge o quanto meno un aggiornamento \ integrazione come dice la moglie del defunto   a Notizie.it del 9 marzo 2019 10:33: << : se il donatore si vuole ritirare può farlo, giustamente. Però prima che comincino le chemio di preparazione al trapianto. Perché altrimenti così è difficile da accettare >>.
Anche    se non  iscritto   a  nessun  elenco di  donatori    , ma  ho scelto  come   volontà ( gesto apotropaico \ scaramantico )    che i miie organi siano  donato dopo la morte    posso dire che questa o è una scelta consapevole o è meglio evitare.Molta gente si iscrive nel registro,  ecco  perchè  non l'ho fatta,  con leggerezza senza valutare le conseguenze che può avere un diniego.Impossibile non aver modo di avvisare nel caso di reale impossibilità.Sa a cosa va incontro l'ammalato negandosi. Un  vero donatore  o  uno  che ha  fatto una scelta  di grossa  responsabilità  e  coraggio    non si ritira  e  lascia  .,. le persone   che  vedono il il trapianto  come una speranza per  continuare la loro   la  vita   dona anonimamente, quando viene chiamato, non vuole nessun riconoscimento, non vuole ringraziamenti. DONA E BASTA. EVIDENTEMENTE QUESTO NON ERA UN DONATORE.
Spero sinceramente che i motivi per cui il donatore non si è presentato siano veramente seri, se così non fosse be'...una coscienza dovrebbe averla e vivere con questo ricordo di non aver tentato di salvare una vita è un po', vista la situazione di unicità della donazione come aver agito da codardo.

















social o no social ? Nascono i “locali del pensare”: niente cellulari, tv, video solo scambi relazionali

Risultati immagini per social o non social leggo questa    notizia  che   riporto ne  post  d'oggi     e     confermo in parte   quanto  già  detto   ne precedente    post     :   e poi  i  miei mi dicono di  non pubblicare    cose  miei    sui social Ecco un uso razionale   della   rete  senza  esserne  dipendenti  ,  cosa  a cui nessuno  (  sottoscritto compreso  )    riesce  ad essere  immune  , nonostante   non sia  millenians  , ma  delle  generazioni precedenti  cioè   a  cavallo    tra  gli anni  70  e  80   .  Una  buona    news   ed  iniziativa  che testimonia   come    si possa  usare  la  rete   ormai    sempre  più necessaria    per   far  circolare  idee  ed  iniziative     ed  non essere  tagliati  fuori    dal mondo    in maniera    razionale    e  non compulsiva  o  solo per  insultare  e  scaricare  gli  acidi    dello stomaco   verso chi la pensa  o pratica  iniziative  diverse   ( o  che noi  non abbiamo il coraggio di  fare   )   dalle   nostre  .  La  storia        da me ripresa  è   presa  da     https://focus-psicologia.it/2019/01/28







Nascono i “locali del pensare”: niente cellulari, tv, video solo scambi relazionali


E’ stata proposta in rete l’idea di creare i “locali della consapevolezza”, luoghi per pensare, sentire i propri bisogni emotivi ed entrare in relazione con le altre persone.Questa proposta nasce dal bisogno di ricreare bar, caffè, ristoranti tipici del ‘900. Locali in cui erano privilegiati gli incontri relazionali, lo scambio di idee, il confronto tra appassionati di arte.Tutto questo in quel periodo contribuì alla creazione e nascita di nuove correnti di pensiero, nuove scoperte, nuovi movimenti artistici e culturali. Una vera e propria evoluzione sociale.





Locali pubblici frequentati da persone realmente in relazione, momenti per parlare, riflettere, sentirsi, ascoltare, far circolare idee. Questo è quello che ci si aspetta da questa proposta progettuale.
Per ottenere il riconoscimento dei “luoghi della consapevolezza” è indispensabile che ci sia un’assenza di smartphone, computer, tv, musica ad alto volume, niente video…Tutto il necessario si riduce ad uno spazio minimo che consenta di socializzare: tavolo, sedie, cuscini, confort utili alla comunicazione frontale tra 2 o più persone. Obbiettivo principale insomma è la circolazione libera di idee piuttosto che il numero di like da ottenere nei social network.
Ecco qui li link di chi ha creato questa meravigliosa iniziativa, per avere maggiori informazioni ed andarli a trovare. Cliccate qui!