24.8.21

Tokyo 2020, al via le Paralimpiadi: i fuochi d'artificio illuminano lo Stadio Olimpico

 dopo aver  archiviato   le  olimpiadi  " normali "   (  oltre i miei post  vedere  archivio  , ne trovate un sunto in  : <<  Giochi di parole: sette storie da Tokyo 2020. Una Olimpiade indimenticabile  repubblica online  12\8\2021 >>  ed  nel video sotto  )    


 ecco  le  paraolimpiadi  





Tokyo si riaccende per le Paralimpiadi. Mai così tanta Italia  di Cosimo CitoIl simbolo delle Paralimpiadi all'Olympic Stadium (afp)


Oggi la cerimonia inaugurale. La squadra azzurra è la più numerosa dopo Roma ‘60: 115 azzurri. L’Afghanistan sfila senza atleti, ma Zakia è in salvo in Australia

Share your light. Dopo essersi composto di tante piccole fiammelle provenienti da tutto il Giappone e da Stoke Mandeville, la sede inglese dei Giochi paralimpici ante litteram del 1948, il grande fuoco arderà oggi nello Stadio Olimpico di Tokyo, simbolo di pace, solidarietà e condivisione. Simbolicamente, la prima delle 163 delegazioni a sfilare sarà quella del Refugee Paralympic Team. Tra i suoi sei atleti per la prima volta una donna, la siriana Alia Issa: sventolerà lei la bandiera del Comitato paralimpico internazionale, con i tre agitos rosso, blu e verde, assieme al nuotatore afghano Abbas Karimi, rifugiato in Florida, 24enne dorsista privo delle braccia che di sé ha detto: "Quando morirò, vorrei che la gente sappia che non mi sono mai arreso". Fuggito a 16 anni in Iran, aveva poi varcato il confine con la Turchia saltando su un mezzo guidato da contrabbandieri. A Kabul è tornato una sola volta da allora, per piangere con sua madre sul corpo del padre morto.

Cinque i Comitati paralimpici all'esordio (Bhutan, Grenada, Maldive, Paraguay e St. Vincent e Grenadine). L'Afghanistan non ha delegazione ma avrà la sua bandiera, sventolata da un membro dell'Agenzia Onu per i rifugiati in segno di solidarietà nei confronti di Hossain Rasouli (lancio del disco) e Zakia Khudadadi (taekwondo), che non hanno potuto raggiungere Tokyo dopo la presa di potere da parte dei talebani. La ragazza, dopo il suo drammatico appello, è ora in salvo grazie a un visto sportivo concessole dall'Australia. La cerimonia (dalle 13 italiane) sarà sobria, in un Giappone che fronteggia una nuova impennata di contagi (oltre 4mila nella capitale in un giorno solo, il 22 agosto). "Proteggeremo i Giochi fino alla fine e saranno un successo" ha promesso la presidente del Comitato organizzatore Seiko Hashimoto, "e rafforzeremo le misure di contenimento del Covid viste anche le condizioni di particolare fragilità dei partecipanti". Saranno 4537 gli atleti in gara fino al 5 settembre, 22 gli sport, novità assolute il para-badminton e il para-taekwondo, 540 le medaglie assegnate. Mai da Roma 1960 la partecipazione italiana era stata più ricca: 115 gli iscritti, 63 donne e 52 uomini.

Paralimpiadi, la carica di Bebe Vio: "Siamo pronti per la cerimonia d'apertura"

Alla testa del fiume azzurro Bebe Vio e Federico Morlacchi: "È qualcosa di più grande di me" racconta la veneziana, "per fortuna c'è Federico che mi aiuterà a trovare la strada giusta perché io so già che passerò tutto il tempo a piangere". Morlacchi ha annunciato la sua prossima paternità proprio alla vigilia della cerimonia di apertura: "Dopo il 5 settembre inizierà una nuova sfida per me". Prima, però, le sue quattro gare in piscina, dai 400 stile libero ai 200 misti, altrettante occasioni. La spedizione azzurra punta a migliorare Rio 2016, 39 medaglie allora (10 ori, 14 argenti, 15 bronzi), mentre resteranno inarrivabili gli 82 podi di Roma '60. Nudi numeri, e invece, in questa fine d'estate giapponese, di valori ed emozioni si parlerà e di quelli si riempiranno i giorni.

Giorgio, morto ad Asti per l'esplosione di un frigo: il "gigante buono" che danzava come nessun altro. La leggenda del pianista sul lago di Como: il Festival 'galleggiante' di Alessandro Martire ed altre storie



Giorgio, morto ad Asti per l'esplosione di un frigo: il "gigante buono" che danzava come nessun altro 
                                                di Marco Patucchi
Tibaldi, 56 anni, era tecnico manutentore di impianti refrigeranti. Lascia la moglie e tre ragazzi a Santena

Repubblica dedica uno spazio fisso alle morti sul lavoro. Una Spoon River che racconta le vite di ciascuna vittima, evitando che si trasformino in banali dati statistici. Vite invisibili e dimenticate. Nel nostro Paese una media di oltre due lavoratori al giorno non fa ritorno a casa e "Morire di lavoro" vuole essere un memento ininterrotto rivolto a istituzioni e politica fino a quando avrà termine questo "crimine di pace".

"Caro Giorgio, tutte le mattine al semaforo ci incontravamo. Io andavo verso Torino, tu a prendere la macchina: la tua sigaretta in bocca - scrive Giordano nei social - a malapena un saluto, tutti e due addormentati. Mi mancherà da matti vederti sul lato opposto della strada, farci un piccolo gesto giusto per salutarci". Esistono attimi di vita ordinaria ai quali non abbiamo dato peso, sommersi nell'oblio del giorno dopo giorno. Poi, improvvisamente, spuntano fuori come un minuscolo tesoro che vorremmo sempre tenere con noi. Ma non si può più. Giorgio Tibaldi, 56 anni, moglie (Alessandra) e tre ragazzi (Gabriele, Stefano, Davide), è morto sul lavoro ad Asti: era un tecnico di una ditta di manutenzione frigoriferi, stava riparando l'impianto in un negozio di surgelati quando è stato investito dalla fiammata di un'esplosione. Il lavoro che è tutto e niente nella nostra vita: se un marziano scendesse sulla terra o desse un'occhiata ai social, penserebbe che Giorgio era prima di tutto un ballerino.

Giorgio, il 'gigante buono' di Santena, una manciata di chilometri da Asti e da Torino: un operaio, un marito, un padre con la passione per le danze. Sempre insieme alla sua Alessandra. "Hanno seguito le lezioni di fandango, di valzer e di sbrando che proprio Giorgio già ballava benissimo - scrive Sara nei social - . Se sentiamo qualche tuono, può darsi sia lui che balla lassù dando calcioni con le sue lunghissime gambe. Sono venuto anche ai corsi di irlandese e ci ha lasciati sbigottiti per la rapidità di apprendimento e la precisione nei passi. Ma soprattutto la simpatia, ragazzi, la simpatia...". E Sara: "Ciao Giorgio, ballerino infaticabile, agilissimo, simpatico, divertente. La vita è ingiusta e crudele con i migliori". Ciao Giorgio, operaio danzatore.

Flourish logoA Flourish map


"Non distruggetelo, lo portiamo nella nostra chiesa", così Madonna di Campiglio ha salvato un organo a canne tedesco

 Gianfranco Piccoli
L'organo nelle chiesa di Saarbrucken, prima di essere smontato

  
Acquistato a un decimo del suo prezzo, lo strumento di una chiesa in via di demolizione a Saarbrücke è stato smontato pezzo pezzo. E verrà rimontato nella parrocchia di Santa Maria a Madonna di Campiglio. Grazie all'impegno di un avvocato di Crema. "Musica celestiale per le Dolomiti"

Come un enorme Lego da mille pezzi, alto cinque metri e largo quattro, smontato e rimontato dopo un viaggio di 750 chilometri su un rimorchio da 18 metri. È la storia dell'organo della chiesa cattolica di San Tommaso Moro a Saarbrücken, capoluogo del Saarland, regione a sudovest della Germania: lo strumento rischiava di essere demolito insieme all'edificio di culto, ritroverà una nuova vita nella chiesa di Santa Maria a Madonna di Campiglio, in Trentino, dove nei prossimi giorni verrà rimontato pezzo per pezzo dalle sapienti mani di un organaro di Montichiari. Una storia a lieto fine grazie alla "folle" idea di un avvocato quarantenne di Crema, Marcello Palmieri.

La vicenda dell'organo di Saarbrücken non è così rara, almeno in Germania, dove il vento della secolarizzazione soffia forte, svuota le chiese e (a volte) le butta giù. Un processo che nella terra di Goethe corre più veloce che altrove. Non a caso nelle 27 diocesi tedesche negli ultimi 20 anni sono stati centinaia gli edifici di culto demoliti per mancanza di fedeli. L'uso delle ruspe, certo non di fronte ad edifici dal riconosciuto valore artistico, è l'extrema ratio, quando anche le spese per il mantenimento diventano insostenibili o non è possibile destinare gli immobili ad altro uso una volta sconsacrati. Un fenomeno che ha, tra le conseguenze, il destino incerto degli organi che per decenni hanno accompagnato la liturgia in quelle chiese un tempo gremite di fedeli.


Risultato? L'abbandono degli edifici sacri ha alimentato un ricco mercato dell'usato: organi del valore di centinaia di migliaia di euro finiscono in vendita per una manciata di soldi. L'alternativa è finire a pezzi sotto i colpi di una benna per poi essere smaltiti (a caro prezzo) in discarica.

È il destino cui sarebbe andato incontro l'organo della chiesa cattolica di San Tommaso Moro di Saarbrücken, uno strumento da 700 canne realizzato nel 1981, un decennio dopo la consacrazione della chiesa. E qui la storia dell'organo - un Oehms da 13 registri e 2 tastiere a trasmissione meccanica - si intreccia con l'intuizione di Marcello Palmieri. Campigliano d'adozione, organista appassionato con una predilezione per i brani liturgici, Palmieri durante le vacanze estive accompagna la messa nella grande chiesa di SantaMaria, costruita ad inizio anni Settanta per rispondere alle esigenze del turismo nella località della Val Rendena. Un organo "vero" non c'è, gli organisti si alternano su uno strumento digitale. L'avvocato di Crema, grazie ad un amico, scopre così il fiorente mercato dell'usato in Germania e mette gli occhi sull'organo di Saarbrücken, in vendita su un sito specializzato a poco più di 20mila euro, un decimo del valore reale. Palmieri coinvolge le autorità ecclesiastiche locali, ottenendo un formale via libera, e trova anche i finanziatori, di Campiglio, eredi di un patrimonio importante che lo stesso avvocato si è trovato a gestire in qualità di legale di fiducia.

Detto e fatto. All'alba del 2 agosto, il carico eccezionale è arrivato nel cuore di Madonna di Campiglio: quattro volontari hanno scaricato l'organo, ora custodito in un deposito della Funivie. Nei prossimi giorni Giuseppe Tisi, organaro di Montichiari, comincerà ad assemblare i mille pezzi (un lavoro che durerà circa un mese) e l'organo di Saarbrücken tornerà a far sentire la sua voce possente ai piedi delle Dolomiti di Brenta.

Miura, il toro veneto da un milione di euro con cinquemila eredi

Miura al pascolo a Vallevecchia 

Primo in classifica nella razza Frisona, ha richieste da tutto il mondo. Con il suo Dna genera vacche che producono latte di primissima qualità



Il toro Miura ha 5mila figlie in 5 continenti, ma non ha mai conosciuto una femmina. Si chiama come la Lamborghini ammirata dal suo allevatore, ma se l’auto negli anni ’70 costava 8 milioni di lire, lui oggi che ci sono gli euro arriva a valerne un milione. Ferruccio Lamborghini scelse per il bolide il nome di una famigerata razza di tori da corrida di Siviglia. Miura è il contrario. Con i suoi 11 quintali di muscoli lavati e coccolati quotidianamente, trascorre il tempo ruminando foraggio biologico sull’isola di Vallevecchia, oasi naturalistica della Laguna veneta. «Da noi non mancano gli esemplari pericolosi, ma lui è mansueto come un agnellino» racconta Francesco Cobalchini, direttore di Intermizoo, l’azienda per la genetica animale fondata dalla Regione Veneto nel 1974.«Oggi per le vacche da latte il 90-95% delle gravidanze avviene con inseminazione artificiale». E Miura con il suo Dna garantisce alle figlie mammelle sane, capezzoli adatti alle mungitrici, latte ricco di grassi e proteine. Per questo, suscitando l’orgoglio del governatore del Veneto Luca Zaia, a 6 anni ha conquistato il primo posto nel catalogo dell’Associazione Nazionale Allevatori di Razza Frisona e Jersey Italiana. Non arriverà a farsi pagare 15mila euro a puledro, come il cavallo da corsa Varenne, ma è pur sempre un bel risultato.Sarebbe un toro da monta, quindi, il campione Miura, «ma per raccogliere il suo seme lo stimoliamo con tori castrati e usiamo una vagina artificiale» racconta Cobalchini. L’operazione si ripete 3 giorni a settimana. «Produce circa 500 dosi ogni volta», vendute in 55 paesi. «I ricavi della sua vita arrivano tranquillamente al milione di euro». Ogni provetta, spedita in azoto a — 196°, costa 15-17 euro. Oppure 37 euro se “sessata”: sottoposta a una selezione degli spermatozoi che porta al 90% le chance di concepire una femmina. Perché è alla virilità che Miura deve il primato, ma sono le femmine a contare veramente nell’industria del latte.Oggi solo a Roma, diventata una città zoo, si poteva filmare un video con un toro e una mucca che si accoppiano nel traffico, come avvenuto di recente. Che la riproduzione nel mondo bovino sia cambiata lo raccontava già il film “Il toro” di Carlo Mazzacurati, in cui il campione di sperma, chiamato Corinto, era rubato dall’uomo che l’accudiva, appena licenziato.

«È dagli anni ‘70 — conferma Cobalchini — quando è stato introdotto il congelamento del seme, che l’inseminazione artificiale è così diffusa». All’inizio serviva a evitare infezioni. Ora con gli esami del Dna rende possibile la selezione. «Negli animali cerchiamo di recuperare le caratteristiche del passato. Se negli anni ‘80 e ‘90 si spingeva per aumentare la produzione, oggi lavoriamo sui nutrienti del latte». A Miura e alle sue figlie si chiede di restituirci il sapore del latte di una volta. Un compito in effetti da un milione di euro.








 

Un pianoforte suona in mezzo al lago di Como, all’ora del tramonto, e sullo sfondo c’è l’incantevole villa Balbianello. E’ la performance di Alessandro Martire, famoso per le sue esibizioni con il pianoforte in mezzo alla natura o in contesti spettacolari e insoliti, per lanciare il LEJ Festival – Floating Moving Concert 2021, il festival che unisce musica e natura e che è nato da un’idea del pianista e compositore comasco. Dal 27 agosto al 5 settembre l’evento torna in presenza dopo l’edizione in streaming dell’anno scorso, con l’obbiettivo di portare giovani artisti e compositori provenienti da tutto il mondo a esibirsi sul territorio comasco: dalla Valle Intelvi, a Cernobbio, a Oltrona di San Mamette, da San Fermo della Battaglia ad Argegno, per citarne alcune. Assieme a Martire si esibiranno anche Ana Zimmer, Naiad, Summit, Harp Night, Jamira, Frapporsi, Frontera e altri ospiti. Cuore della manifestazione sarà il Floating moving concert, la performance sul lago di Como che si terrà il 31 agosto dalle 18 a Cernobbio: un concerto su piattaforma galleggiante trainata da un motoscafo, che porterà la musica creando una passeggiata musicale godibile da tutto il lungolago. Alessandro Martire eseguirà brani tratti da “Share the world”, suo ultimo album (Carosello Records). Per partecipare all’evento è obbligatoria la prenotazione gratuita tramite Eventbrite: https://www.eventbrite.it/e/biglietti-alessandro-martire-floating-moving-concert2021-164009357403. Il Floating moving concert verrà poi trasmesso in esclusiva su TikTok Live a settembre.






A Milano Spazio Caroli12, in sala e in cucina vince l’inclusivitàdi Alessandra Iannello

Paolo Ferrario nella fattoria della Fondazione Pino Cova da lui presieduta 
Così un quartiere abbandonato diventa il teatro di integrazione sociale e lavoro per giovani con disagi. Paolo Ferrario, presidente della Fondazione Pino Cova: "Accogliamo gli emarginati e diamo loro un futuro fra fornelli, fattoria didattica, bar e 
Paolo Ferrario, presidente della Fondazione Pino Cova: "Accogliamo gli emarginati e diamo loro un futuro fra fornelli, fattoria didattica, bar e bistrot"


Via Caroli 12 Milano. Per i “ragazzi” cresciuti nella zona delimitata dal triangolo via Padova-Crescenzago, via ponte Nuovo, via del ricordo, questo era l’indirizzo dell’oratorio. Di un luogo dove le brutture di un quartiere della periferia milanese, noto per le ondate migratorie (prima meridionali e poi straniere), rimanevano fuori dai cancelli di ferro. Un luogo che, alla metà degli anni ’90 del secolo scorso, chiude e rimane alla mercé dell’incuria. I cancelli vengono mangiati dalla ruggine, le piante infestano il cortile mentre l’edificio invecchia male e senza manutenzione. Tutto questo degrado sembra non avere fine finché un uomo, visionario ma con i piedi ben saldi a terra, se ne innamora. «Un paio di anni fa – racconta Paolo Ferrario, presidente della Fondazione Pino Cova – stavo cercando un’area per creare un luogo dove persone con disabilità o con condizione di emarginazione sociale, soprattutto giovani, potessero percorrere un cammino nel mondo del lavoro. Ho visitato tante realtà, ma mi sono innamorato di questo luogo». Con la preziosa collaborazione della Curia milanese, alla Fondazione non resta che iniziare la ristrutturazione degli oltre 1500 metri quadri fra aree coperte, cortili e giardini. Dopo diversi stop dovuti alla pandemia, nel giugno del 2020 si inaugura lo spazio multifunzionale Caroli12. «Con questo progetto – continua Ferrario – abbiamo voluto restituire qualcosa al territorio che ha visto crescere l’azienda grazie alla quale la Fondazione è nata. Nel 2000, infatti, dopo una vita spesa fra sindacato e associazionismo, Giuseppe Cova, detto Pino, ha fondato e-work, un’agenzia per il lavoro con una particolare attenzione all’etica. Nel 2020 abbiamo creato la Fondazione dedicata a Pino, che è purtroppo mancato nel 2013».

Spazio Caroli12 

Il primo progetto della Fondazione è lo Spazio Caroli12 (che ospita anche la sede della Fondazione) che, a oggi, ha dato una possibilità lavorativa, nella sala e nella cucina del Cafè & Bistrot, a una oltre una decina di persone con disagio. «Abbiamo accordi con molte scuole alberghiere in Lombardia – spiega Ferrario - che hanno progetti specifici per i ragazzi che necessitano di percorsi di inclusione sociale o mirati di accompagnamento. Una su tutte, come esempio, la scuola alberghiera In-Presa di Carate Brianza che ha una linea dedicata a ragazzi che in una cucina o in una sala o in un albergo “normale”, fanno fatica a inserirsi e a trovare un cammino di alternanza scuola-lavoro o stage. Con loro individuiamo le persone più adatte per operare a contatto col pubblico per abituarli, in un ambiente protetto, al lavoro del loro futuro. Facciamo anche formazione e tirocini formativi per gli adulti con disagi psichici».

Oltre che in cucina e in sala, gli “stagisti”, trovano lavoro anche da Tana Caroli, una fattoria didattica composta da un orto e da recinti che ospitano animali da fattoria provenienti da situazioni di maltrattamenti o dai macelli. «Nell’orto – precisa Paolo - vengono coltivati gli ortaggi che impieghiamo in cucina. Inoltre, abbiamo strutturato dei percorsi per i bambini. Così, insieme con Marta, la responsabile di Tana Caroli, i più piccoli possono approcciarsi agli animali entrando nei recinti e dando loro da mangiare». All’insegna dell’inclusività è anche il parco giochi strutturato con giochi non più alti di un metro e senza barriere architettoniche per permettere a tutti i bambini di giocare insieme.

Tana Caroli è la fattoria dedicata agli animali nell'ambito del progetto della Fondazione Pino Cova 
Bimbi giocano con gli animali a Tana Caroli 

 

Lo Spazio Caroli12 è aperto dalla colazione della mattina, appuntamento per gli anziani della zona, fino al dopocena, una volta la settimana c’è anche la musica dal vivo, passando per pranzo, merenda e cena. La cucina è semplice e il menù, stagionale, è composto da una ventina di pietanze preparate al momento. Le materie prime sono di produzione locale, oltre che dall’orto si trovano salumi, formaggi e carni lombarde. La sera si apre il ristorante e la proposta si fa più raffinata con piatti a base di pesce, molluschi e crostacei. In menù c’è anche una buona scelta di piatti vegetariani e vegani. Ad accompagnare vini bianchi, rossi e bollicine italiane e champagne francesi oltre che birre artigianali e cocktail. Per gli amanti degli spirits c’è una drink list dedicata ai gin con oltre 25 proposte e una agli amari con una ventina di referenze da tutto il mondo.

Nei progetti futuri della Fondazione, l’ampliamento dello Spazio Caroli12, l’apertura di una caffetteria sempre nel quartiere (a poche centinaia di metri da Spazio Caroli) e l’inaugurazione di un albergo a Buscate (in provincia di Milano). «Stiamo trattando con il Comune di Milano – conclude Ferrario – la riqualificazione di un'area adiacente a Spazio Caroli in stato di abbandono per iniziare ulteriori progetti di inserimento sociale e lavorativo. Sarà un’attività legata al florovivaismo, alla coltivazione in piena terra e in serra con punto vendita gestito da ragazzi down. La vicina fisica è fondamentale non solo per la residenza, presso Spazio Caroli ci sono delle camere dove alloggiano gli stagisti fuori sede, ma anche per psicologi e tutor che devono seguire i ragazzi. Infine, a Buscate, accanto ad Arluno (città natale di Pino Cova) stiamo ristrutturando una vecchia corte contadina dove apriremo un hotel 4 stelle con ristorazione, il tutto circondato da parco di oltre 16mila metri quadrati. Qui, i ragazzi potranno fare esperienza oltre che in cucina e in sala, anche nelle diverse mansioni dell’albergo».



Paralimpiadi a Tokyo 2020: oltre l’abilità. Storie di atleti, letterati, politici e artisti che non si sono mai arresi




  da  https://www.agensir.it/mondo/2021/08/24/
Paralimpiadi a Tokyo 2020: oltre l’abilità. Storie di atleti, letterati, politici e artisti che non si sono mai arresi
24 Agosto 2021
                                Marco Testi


L'appuntamento sportivo, al via il 24 agosto, ci offre l’occasione per andare oltre fatiscenti convinzioni e luoghi comuni
(Foto: ANSA/SIR)

Le recenti esposizioni dedicate all’arte di Yayoi Kusama, alle sue “Infinity Room”, ci hanno insegnato molte cose. Che il disagio psichico che nasce dagli agguati “materni” che strappavano all’artista nipponica bambina i disegni mentre stava per finirli può divenire creazione, costruzione, installazione, come si ama dire oggi, e unione nell’arte al di là degli steccati: Yaoy ha collaborato con i suoi celebri pois e le sue dinamiche cromatiche al video di “Lovetown” di Peter Gabriel, voce, e anche lui variopinto frontman di uno dei gruppi che ha fatto la storia del rock sinfonico, i Genesis. Con la singolare variante della scelta da parte della stessa artista di vivere in un ospedale psichiatrico nella sua antica patria, il Giappone.Proprio dove si svolgeranno le Paralimpiadi, dal 24 agosto al 5 settembre, che ci aiutano a vedere bene dentro un mondo popolato da geni in ogni campo, da atleti che non conoscono la parola “resa” neanche senza gli arti a politici che hanno fatto la storia fino alla grande arte.
Alex Zanardi è stato martoriato dal destino e dagli incidenti, perdendo ambedue gli arti inferiori, eppure ha lottato contro tutto e tutti, anche ora, dopo un incidente occorsogli in una gara di handbike: eppure non si arrende e continua la sua eroica competizione. Come non si arrese uno dei più grandi scrittori del Novecento francese, Joë Bousquet, che, colpito negli ultimi giorni di battaglia della Grande Guerra, rimase, dopo una lunga sospensione tra vita e morte, trent’anni immobilizzato a letto, proiettando nella scrittura quello straziante incontro di buio e speranza di luce, di demonico e di angelico, di sensuale e spirituale, che ne fanno uno dei più lancinanti e abissali capitoli della storia della letteratura.
Parlavamo prima di musica: qui potremmo citare altri punti di riferimento che sono diventati veri e propri idoli contemporanei. Si pensi a Ray Charles, cieco fin dalla più tenera età, eppure in grado di suonare divinamente il pianoforte e di rendere immortali hit come “I can’t stop loving you”, “What’d I say”, “Georgia on my mind”. Il nostro Andrea Bocelli, che è un altro che di questi problemi se ne intende, è diventato anche lui un’icona della fusione tra musica leggera, rock e classica, incidendo brani indimenticabili assieme ai grandi della musica di qualsiasi genere, come quel “Con te partirò” divenuto un punto fermo della canzone planetaria. E come non riandare a José Feliciano, anche lui privo del dono della vista, e alla sua interpretazione a Sanremo di “Che sarà”, assieme ai Ricchi e Poveri, diventata un vero e proprio must della musica italiana contemporanea.
Se vogliamo tornare all’inizio, quindi all’arte, come dimenticare che alcuni grandi hanno avuto forti disabilità, come nel caso di Frida Kahlo, bersagliata dalla malasorte, dalla spina bifida ad un terrificante incidente d’auto che le spezzò praticamente la spina dorsale, e che nonostante questo è diventata il simbolo dell’arte universale, della lotta di liberazione femminile, dell’impegno sociale. E sempre nel campo della creazione artistica, come dimenticare l’isolamento, la fragilità mentale di uno che ha fatto la storia dell’arte come Van Gogh, morto tragicamente a 37 anni? Ancora oggi la sua “Notte Stellata” è l’immagine stessa della sensibilità che, non compresa e non corrisposta, diventa incubo. E, se vogliamo rimanere nella fusione tra i generi, non possiamo dimenticare che un hit degli anni Ottanta, “Vincent”, del cantautore Don Mclean, uno dei più belli di sempre, era dedicato proprio al pittore olandese. E se volessimo osare la soglia della grande musica, come dimenticare che Beethoven fu afflitto dal male più terribile per un musicista, la sordità, e che nonostante questo riuscì a scrivere immortali capolavori?
Se poi vogliamo tornare alla letteratura, ci accorgeremmo che il male del disagio psichico ha colpito molto in alto, ad esempio Dino Campana, creatore di uno dei capolavori poetici del Novecento, i “Canti orfici” e spentosi in un manicomio dopo 14 anni di degenza, oppure Jorge Luis Borges, sprofondato lentamente nella cecità eppure dotato del terzo occhio del genio.
Per non parlare del campo della scienza, con gli esempi di Stephen Hawking, nume dell’astrofisica colpito dalla Sla, e di John Forbes Nash, premio Nobel per l’economia nel 1994 per la sua teoria dei giochi,protagonista del film del 2001 “A beautiful mind” di Ron Howard, vittima di una grave forma di schizofrenia, se poi vogliamo tacere delle possibili diagnosi, mai confermate, di Asperger e di autismo a proposito di Einstein, Majorana e molti altri.
Anche la storia ha dimostrato che i suoi protagonisti hanno dovuto affrontare anche la battaglia dell’invalidità, come nel caso di Roosevelt, 32°presidente Usa per ben quattro legislature, vittima della poliomielite, ma capace di far rinascere gli Usa dopo la terribile crisi del 1929 grazie al New Deal che prevedeva, negli Usa iper-individualisti, l’assistenza per i poveri, i disoccupati, gli emarginati.
Avevano ragione il mito e le Scritture: un cieco alla base di tutta la poesia che verrà dopo, uno affetto da problemi della parola paradossale portatore della Parola di Dio. La cosiddetta disabilità è stata spesso iper-abilità.

23.8.21

L’eroe segreto che consegnò il boia nazista Eichmann al Mossad

  spesso gli eroi   restano nascosti  ed  in silenzio  èd  questo  uno  dei  casi

Si chiamava Gerhard Klammer. Collega del gerarca nazista in Argentina, lo denunciò ma senza convincere le autorità. Poi portò una foto del gerarca: il Mossad la vide e decise di entrare in azione

Nel cerchio rosso il gerarca nazista Adolf Eichmann.
Accanto a lui Gerhard Klammer
L'uomo nella foto sorride. Ma non è ignaro. Sa chi è il collega che posa accanto a lui. Sa che è uno dei più feroci gerarchi nazisti, latitante da anni. Anche Adolf Eichmann sembra accennare a un sorriso. Si sente protetto in quella sperduta provincia argentina. Coperto dalla fedeltà d'acciaio dell'ampia rete di ex nazisti che si nascondono nel Paese di Perón e dalla falsa identità che gli hanno regalato. Ma
l'uomo nella foto ha capito da un pezzo che dietro Ricardo Klement si cela uno dei principali architetti dello sterminio degli ebrei, il boia che Hannah Arendt prenderà a esempio per descrivere la banalità del male quando diventerà l'imputato del più spettacolare processo alla Germania nazista in Israele.Gerhard Klammer è schifato da Eichmann. In Germania ha visto i filmati sui campi di concentramento, per anni busserà invano alle autorità tedesche per denunciarlo. Finché non incontrerà la persona giusta. Fino a oggi l'identità di Klammer, eroe civile, geologo tedesco emigrato in Sudamerica che consegnò il boia di Hitler alla procura generale e al Mossad, è rimasta segreta. Il quotidiano Sueddeutsche Zeitung è riuscito a ricostruirne l'identità attraverso una lunga inchiesta.È il 1949 quando Klammer decide di abbandonare la moglie, i figli, e una Germania ancora ricoperta di macerie per cercare fortuna in Sudamerica. È costretto a lavoretti saltuari, pagati una miseria, e a settembre si imbarca clandestinamente a Genova su una nave che lo porta in Argentina. Negli stessi mesi Adolf Eichmann è più fortunato. Parte in nave per il Sudamerica con il suo passaporto nuovo di zecca e quando arriva a Buenos Aires la rete di ex nazisti magnificamente raccontata da Frederick Forsyth in "Dossier Odessa" è già lì ad aspettarlo. I sodali del Reich lo portano immediatamente nella provincia di Tucuman, dove c'è già un lavoro nell'impresa di costruzioni Capri ad aspettarlo. È stata fondata da un ex ufficiale delle SS e pullula di ex nazisti con il passaporto falso. Ma il regime di Perón chiude entrambi gli occhi.Klammer approda alla Capri con più fatica. Fa il barista, scrive a un suo collega, sarcastico, che "diventerò un grande gastronomo o un barbone", finalmente riesce a unirsi a una spedizione scientifica di un biologo austriaco, Otto Feninger. E con lui, il geologo fa scoperte talmente importanti che i giornali argentini lo festeggiano come un novello Alexander von Humboldt. Dopo, piovono le offerte di lavoro. E il giovane geologo, finalmente raggiunto dalla moglie e dai figli, accetta un impiego alla Capri, la stessa dove lavora Eichmann.Quando arriva in azienda, tutti sanno chi si nasconde dietro Ricardo Klement. All'inizio degli anni Cinquanta, Klammer comincia a denunciarlo alle autorità tedesche. Ma nessuno lo ascolta. Il Paese vuole dimenticare, il cancelliere Konrad Adenauer è ansioso di cancellare tante biografie coperte di sangue, vuole pacificare una Germania che fatica a rialzarsi. Anzitutto copre il passato di uno dei suoi più stretti collaboratori, Hans Globke, che ai tempi di Hitler era stato uno dei più potenti funzionari nazisti.Il geologo ha persino seguito Eichmann a casa, di nascosto, conosce il suo indirizzo preciso. Un giorno, disperato, si rivolge a un suo amico teologo rimasto in Germania, Giselher Pohl, molto vicino al vescovo Hermann Kunst. È lui a parlare nel 1959 con il leggendario Procuratore generale Fritz Bauer, con il magistrato ebreo che si è messo a caccia gli ex nazisti ma che ha la sensazione di calpestare territorio nemico ogni volta che lascia il suo ufficio. I tribunali sono infestati di ex nazisti, e Bauer ha imparato da un pezzo a girare le sue informazioni al Mossad, ai servizi segreti israeliani. Su Eichmann, però, si sono bruciati già una volta, non si fidano dell'accuratezza delle sue informazioni. Finché Bauer non tira fuori la foto.È l'istantanea scattata in Argentina in cui si vede Eichmann accanto a Klammer. È la prova che convince il Mossad, che rapisce Eichmann da lì a poco e lo consegna alla giustizia israeliana. Ma la foto è strappata: Bauer ha voluto nascondere il suo informatore. Per ricomporla, la Germania ha dovuto aspettare sessanta lunghi anni.



Don Giulio Mignani e la "Giornata per il rispetto di ogni spiritualità": La mia è soltanto una chiamata a uomini di buona volontà per portare avanti un’etica planetaria”





Il parroco "eretico" di Bonassola: "Il mio uno scisma? Non scherziamo, ma ora la Chiesa aiuti tutti"
di Erica MannaDon Giulio Mignami, parroco di Bonassola
Don Giulio Mignani e la "Giornata per il rispetto di ogni spiritualità": La mia è soltanto una chiamata a uomini di buona volontà per portare avanti un’etica planetaria”
11 AGOSTO 2021 


Questa volta il vescovo non l’ha chiamato. Per ora. «Probabilmente la reazione sarà negativa. Ma credo valga la pena esporsi. E pagarne eventualmente le conseguenze». Giura che non è in atto alcuno scisma di Bonassola, don Giulio Mignani: piuttosto, una chiamata a «uomini di buona volontà per portare avanti un’etica planetaria».Il parroco del paese ligure che aveva fatto discutere per essersi rifiutato di benedire le palme in vista della Pasqua scorsa, in aperto scontro verso il documento della Congregazione della fede che vietava ai sacerdoti di benedire le unioni omosessuali — suscitando anche il plauso di Fedez — ha invitato fedeli e non a una Giornata per il rispetto di ogni spiritualità, fissata per domenica 5 settembre. Con una dichiarazione di intenti scritta nero su bianco che è una potenziale bomba atomica per l’istituzione ecclesiale: «Nessuno possiede verità assolute», le religioni non hanno l’esclusiva di messaggi rivelati ma sono «acquisizioni provvisorie» che vanno storicizzate e calate nelle singole culture, e via così. Ah, e la Bibbia — come gli altri testi sacri — «contiene parti che vanno rigettate». Lui, con il suo tono bonario, non edulcora nulla: «Ci sono pagine della Bibbia così violente da far rizzare i capelli. Se non lo si riconosce non si fa un gran servizio a Dio».Dica la verità, ci ha preso gusto a scandalizzare i vertici della Chiesa.«Ma no, anzi. E’ che io ci credo molto: la Chiesa deve compiere questo passo, far crescere l’umano nell’uomo. E questa Giornata può essere una piccola goccia: il mio auspicio è che ne nascano altre in Italia, nel mondo. Focolai di apertura, di dialogo. Per diventare consapevoli che la religione non è la meta, il fine: piuttosto è il mezzo per costruire una umanità migliore. Una sfida enorme che abbiamo come società. E le religioni da sole non ce la fanno».

Cosa l’ha spinta a organizzare questa Giornata?
«Va detto che questa è la terza edizione. Il vescovo di Spezia si era mostrato da subito contrario, dicendo che avrebbe creato disorientamento tra i fedeli. Mi dispiace, ma non sono d’accordo: in tanti, qui a Bonassola, partecipano con piacere. L’incontro vuole essere un contributo a stare bene nel mondo e nella diversità. Hanno partecipato post-cristiani, persone che non praticano, atei, anche buddhisti. E i parrocchiani, quelle che io chiamo le mie vecchiette. Il fatto è che una volta nelle famiglie c’era il monopolio del cattolicesimo: ora ci sono visioni diverse. Anche in una comunità piccola come Bonassola la società è variegata. Così credo sia necessario compiere un passo ulteriore: includere nel dialogo chi è interessato alla propria interiorità, che cura la spiritualità magari con l’arte, con la natura. E dunque anche atei, agnostici».

Ma tutto questo secondo lei è possibile restando all’interno del perimetro della chiesa cattolica?
«Sembrerebbe di no. Ma io ci spero, con questa piccola goccia. Sarebbe bello che questa iniziativa diventasse una giornata mondiale. E chissà che non convinca anche il Papa».

Ha suscitato una forte eco la sua presa di posizione a favore delle coppie omosessuali. Che cosa è accaduto dopo?
«Una cosa bellissima: ho ricevuto tantissime lettere, testimonianze di giovani che mi raccontavano le loro storie. Mi hanno commosso. Alla giornata della spiritualità, per dire, verranno anche coppie omosessuali: perché qui si sentono a casa. Ho ricevuto tante visite di ragazzine giovanissime, anche delle medie, che volevano conoscermi. Una da Milano, a nome di un gruppo di amici. Un’altra, più timida, ha mandato la nonna: per farmi sapere che a scuola aveva parlato di me in un tema. L’argomento era l’ignavia. E lei ha voluto raccontare di un prete che ignavo non è».
 

Il grande abbraccio del soldato Adler ai bambini salvati nel 1944: "Ho aspettato tutta la vita questo momento" Martin Adler con Bruno, Mafalda e Giuliana Naldi. L'incontro 76 anni dopo Il veterano americano, ora 97enne, è giunto da Miami indossando la maglietta "Martin's bambini, forever kids". E a quei "piccoli" ora ottantenni Bruno, Mafalda e Giuliana Naldi ha portato rose e cioccolata

RIEPILOGO DELLA VICENDA
 All'epoca erano tre bambini dell'Appennino bolognese, e un giovane soldato americano che combatteva lungo la Linea gotica. Un incontro che segnò le loro esistenze, e che a quasi ottant'anni di distanza si è ripetuto: il veterano Martin Adler, oggi 97enne, è atterrato dagli Stati Uniti per riabbracciare Bruno, Mafalda e Giuliana Naldi
Foto Gianluca Perticoni/Eikon studio
L'ARTICOLO



Il grande abbraccio del soldato Adler ai bambini salvati nel 1944: "Ho aspettato tutta la vita questo momento"
      Martin Adler con Bruno, Mafalda e Giuliana Naldi. L'incontro 76 anni dopo

 
Il veterano americano, ora 97enne, è giunto da Miami indossando la maglietta "Martin's bambini, forever kids". E a quei "piccoli" ora ottantenni Bruno, Mafalda e Giuliana Naldi ha portato rose e cioccolata

BOLOGNA - Prima la lunga ricerca, poi l'abbraccio via social, in collegamento da Oltreoceano. Ora è arrivato il momento dell'abbraccio fisico, a Bologna: 76 anni dopo, il veterano americano Martin Adler ha incontrato all'aeroporto Bruno, Mafalda e Giuliana Naldi, i bambini che aveva salvato durante la guerra. E ai tre "piccoli", ora ottantenni, ha portato la cioccolata. Missione compiuta, la più importante della sua vita.Era l'ottobre del '44, spuntarono da un cesta in un casolare a Monterenzio e Martin Adler, ex militare statunitense dell'85esima brigata alleata, se li trovò davanti alla canna del mitra Thompson che aveva spianato entrando in quella casa a cavallo della Linea Gotica. Si fermò.

Bruno, Giuliana e Mafalda Naldi con il soldato Adler, dopo il rocambolesco incontro a Monterenzio, nel 1944 (ansa) 

Abbassò il fucile e scelse di immortalare quel momento, "l'unico di gioia nell'inferno della guerra", facendo uno scatto con la sua macchina fotografica insieme al commilitone John Bronski, morto del 2011. Da quella foto sono partire le ricerche, quando Adler riaprendo il cassetto dei ricordi lo scorso Natale espresse il desiderio di rintracciare quei bambini. Per tramite della figlia Rachelle e dello scrittore reggiano Matteo Incerti, l'ex militare, che ora vive in Florida e ha 97 anni, ha lanciato un appello agli abitanti delle valli dell'Appennino tra Bologna e la Toscana. Un messaggio sui social diventato virale con oltre 700 condivisioni e centinaia di risposte. Dopo un passaparola tra associazioni, sindaci e cittadini dell'Appennino, i tre fratelli sono stati rintracciati a Castel San Pietro Terme dove risiedono da anni. Non più bambini, ma ancora in forma. E quell'incontro lo ricordano bene, compreso il grido della loro madre, morta nel 2000, per fermare i grilletto dei militari che temevano un agguato tedesco in quei giorni di guerra in cui si combatteva casa per casa: "Bambini, bambini!" Ritrovarsi 76 anni dopo la guerra: l'abbraccio fra il soldato Adler e i bambini della Linea gotica



Da Miami, Adler ha attraversato ancora l'Atlantico per rivederli. Attraversando in sedia a rotelle il varco Arrivi del Marconi ha salutato i tre, emozionatissimi, portando per loro cioccolata e una rosa, indossando la maglietta 'Martin's bambini, forever kids'.In aeroporto è stato ricreato, dietro la gigantografia della ormai celebre foto, lo stesso scatto. L'anziano statunitense  ha preso sulle ginocchia Giuliana, 80enne e ha detto: "Ho aspettato tutta la vita questo momento". Le due anziane lo hanno baciato e Martin ha scherzato con la moglie, in viaggio con lui insieme al genero e alla figlia. "Erano anni difficili, ma insieme abbiamo battuto i tedeschi. Tutti insieme, nonni e bambini" ricorda con la voce rotta."Non sapevo nulla di questa foto prima dello scorso Natale", ha detto Bruno, "ora siamo finiti su tutti i giornali del mondo". "Io ricordo benissimo la cesta", ha aggiunto Mafalda. "I soldati si fermarono vicino a noi per sei mesi, mi ricordo bene di loro", ha detto Giuliana. "Ora sono proprio felice. Bambini! Bambini!", ha gridato Martin in italiano, tra il riso e il pianto.

Tigri romantiche, trapianti suini, bestemmiatori fatali, smemorati fedeli, babbi Natale atletici, docenti truffaldini e omicidi su Google

Il prof di Economia si laurea in Fisica sfruttando un errore e gli esami di un omonimo L’accademico dell’anno è il prof. Sergio Barile, doce...