Vai diego la tua ultima puntata a zombi mi è piaciuta un casino soprattutto il monologo finale ( di cui riporto sotto il testo preso dala nuova sdardegna dio oggi 25\2\2006 ) è grande mentre la difesa di A. Santalmassi, un bravo giornalista ma purtroppo succube allle pressioni è stata patetica e sembrava una scimmia che si arrampicava suigli specchi proprio come una delle più attuali canzoni di de andrè
La domenica delle salme
Tentò la fuga in tram
verso le sei del mattino
dalla bottiglia di orzata
dove galleggiava Milano
non fu difficile seguirlo
il poeta della Baggina
la sua anima accesa
mandava luce di lampadina
gli incendiarono il letto
sulla strada di Trento
riuscì a salvarsi dalla sua barba
un pettirosso da combattimento.
I polacchi non morirono subito
e inginocchiati agli ultimi semafori
rifacevano il trucco alle troie di regime
lanciate verso il mare
i trafficanti di saponette
mettevano pancia verso est
chi si convertiva nel novanta
era dispensato nel novantuno
la scimmia del quarto Reich
ballava la polka sopra il muro
e mentre si arrampicava
le abbiamo visto tutto il culo
la piramide di Cheope
volle essere ricostruita in quel giorno di festa
masso per masso
schiavo per schiavo
comunista per comunista.
La domenica delle salme
non si udirono fucilate
il gas esilarante
presidiava le strade.
La domenica delle salme
si portò via tutti i pensieri
e le regine del tua culpa
affollarono i parrucchieri.
Nell'assolata galera patria
il secondo secondino
disse a "Baffi di Sego" che era il primo
si può fare domani sul far del mattino
e furono inviati messi
fanti cavalli cani ed un somaro
d annunciare l'amputazione della gamba
di Renato Curcio
il carbonaro
il ministro dei temporali
in un tripudio di tromboni
auspicava democrazia
con la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni
- voglio vivere in una città
dove all'ora dell'aperitivo
non ci siano spargimenti di sangue
o di detersivo -
a tarda sera io e il mio illustre cugino De Andrade
eravamo gli ultimi cittadini liberi
di questa famosa città civile
perché avevamo un cannone nel cortile.
La domenica delle salme
nessuno si fece male
tutti a seguire il feretro
del defunto ideale
la domenica delle salme
si sentiva cantare
- quant'è bella giovinezza
non vogliamo più invecchiare -.
Gli ultimi viandanti
si ritirarono nelle catacombe
accesero la televisione e ci guardarono cantare
per una mezz'oretta poi ci mandarono a cagare
-voi che avete cantato sui trampoli e in ginocchio
con i pianoforti a tracolla vestiti da Pinocchio
voi che avete cantato per i longobardi e per i centralisti
per l'Amazzonia e per la pecunia
nei palastilisti
e dai padri Maristi
voi avevate voci potenti
lingue allenate a battere il tamburo
voi avevate voci potenti
adatte per il vaffanculo -
La domenica delle salme
gli addetti alla nostalgia
accompagnarono tra i flauti
il cadavere di Utopia
la domenica delle salme
fu una domenica come tante
il giorno dopo c'erano segni
di una pace terrificante
mentre il cuore d'Italia
da Palermo ad Aosta
si gonfiava in un coro
di vibrante protesta.
Infatti come dice questa anlalisi critica presa da www.viadelcampo.com : << La Domenica delle salme parla della grande normalizzazione :quel processo intervenuto alla caduta del muro di berlino e che ha portato alla vittoria del pensiero unico capitalista all'americana.Fabrizio immagina un panorama triste e apocalittico che vede prendere il potere un quarto reich e morire ogni forma di resistenza e dissenso nei gazzettieri di regime nei cantanti disimpegnati .Solo lui ed il suo cugino Deandrade si oppongono a quella pace terrificante ma solo perche hanno un cannone nel cortile!!Comunque questo scenario è temperato dal messaggio positivo finale che vede rinascere la lotta sotto forma di cicalio fastidioso che si estende per tutta la nostra penisola!! Profetico ? >> .
Ma ora ultimo monologo trasmesso ieri ( 24\2\2006 ) «Chi ha paura dei poeti?» contestato l’improvviso stop alla trasmissione «Anche la par condicio in questa storia non c’entra per niente»
DIEGO CUGIA
Cari amici, nemici, zomberos di tutte le età.
Non è facile spiegare quel che neanch’io ho capito. Ho ricevuto da parte della direzione di Radio 24 la notizia che questo programma sarà sospeso. Siamo già da tempo in par-condicio, e abbiamo avuto il benestare del direttore su tutti i copioni, compresi quelli che non andranno più in onda. Quindi, la par condicio non c’entra.
Naturalmente, anche se già morto, ho lottato contro questa decisione in tutta franchezzae assurda con tutta l’energia vitale di uno zombie. Ho proposto che, fino al 10 aprile, giorno delle elezioni, non solo avrei stralciato ogni e qualsiasi riferimento a parlamentari e partiti. Ma non avrei proprio parlato di politica. Nulla da fare. Così, martedì scorso, ho alzato le mani dal computer in segno di reso e ho smesso di scrivere.
Ho naturalmente rifiutato la remotissima possibilità di riprendere Zombiesu Radio 24 dopo il 10 aprile. Perché...
Perché...caro direttore, così come ti ho detto sì tutte le volte che mi hai chiesto qualcosa (non sono un duro e puro e conosco il Paese in cui vivo) e dopo una delle più brutte notti della mia vita, ti rispondo con un fermo, sereno e ragionato «No.» Ricordi la campagna di noi autori e registi contro gli spot assilanti che «interrompevano l’emozione» delle opere?
Mi stai chiedendo uno spot di puro silenzio lungo quattro settimane, 2000 minuti di nastro che fruscia, un oscuramento cupo e apparentemente inspiegabile. E anche se, come scrivi, le critiche a questa censura sui giornali non durerebbero più di una settimana (meno, aggiungo io, e forse, neppure ci saranno) dimentichi di aver tradito te stesso e la tua autonomia, un tuo autore, e soprattutto un pubblico crescente di migliaia e migliaia di ascoltatori ai quali, dopo 40 giorni di deserto, non puoi dire «Oilà, eccoci tornati, abbiamo scherzato! Siamo indipendenti a corrente alternata». E questo ammesso e non concesso che questo programma l’avresti fatto effettivamente tornare.
Tu, l’editore e l’editore dell’editore. Zombie non era un programma politico, ma un manifesto poetico in cui si riconosce (e trova sollievo dalla propria solitudine), un pubblico vasto e eterogeneo dai venti ai novant’anni, e di ogni ceto sociale. Quale credibilità avrei più nell’accettare non un piccolo compromesso, ma addirittura un oscuramento totale? Non infrangendo la par condicio il problema è un altro.
Ti aspetteresti adesso che io dica che Zombie non può vivere in una Radio 24 che ha alle spalle Confindustria. Invece io sono proprio convinto del contrario. È proprio la nostra piccola grande industria, i dirigenti, gli operai, gli impiegati, i manager, che in Italia hanno bisogno di una ventina di notizie senza guinzaglio, di poesia, di musica e di libertà. Hanno bisogno di alzare la testa, di guardare oltre i confini, e di ritrovare se stessi, e con la dignità, voglia di darci dentro e lavorare. Il Paese delle idee è fermo. E questo contagia il Paese della produttività. Il sogno collettivo è un ricordo degli Anni del boom. I lavoratori italiani, tramontate tutte le utopie, subiscono dalla Tv il meno che c’è. Un finto pieno, com’è finto il benessere, in realtà un vuoto reazionario, sì, un vuoto pericolosissimo, soprattutto per le piccole e grandi imprese.
Zombie poteva e doveva vivere proprio qui, a Radio 24 il Sole 24 ore, senza essere mai interrotto da nessuno, perché era un piccolo spazio di libertà creativa, e perché non ha infanto la legge. Interrompendolo s’interrompe la fiducia. Fra te e me, direttore. Fra gli ascoltatori e Zombie. Ma tu, direttore, sei stato irremovibile, mi ha dato del sordo che non vuol sentire, e ci sospendi. Fallo a testa alta e guardandomi negli occhi. Io ti sto rispondendo a viso aperto con la testa un po’ reclinata (perché mi stai facendo molto male) ed entrambi sappiamo che tu solo, da domani, avrai un microfono per spiegarti. Ma io so che non ne approfitterai. Perché non puoi fingere che non è stato commesso un errore. Questo piccolo programma ha importato il malessere che cova sotto le braci, e lo trasforma in qualcosa di più creativo, e non più di auto-distruttivo. Era una piccola sveglia. A volte, lo capisco, le sveglie irritano e fanno male, ma sono sempre salutari. Invece c’è chi preferisce puntare su questo lungo sonno. Sul letargo. Sul vuoto. Ma va bene così, ho vissuto un solo mese, e da morto. E mi risolleverò da questa ennesima porcata: quella di chi gestisce, male, e con la benda sugli occhi, il sistema della comunicazione e dell’informazione in Italia. Al diavolo i presunti martiri. Così va il Paese, bellezza!
Ringrazio prima di tutto il mio ottantacinquenne amico Franco Rispoli, giornalista professionista, tutto ringalluzzito perché non gli capitava più dal Ventennio di essere censurato, e i giornalisti Andrea Purgatori che ha di nuovo rimbalzato contro il muro di gomma di questo tremolante e smarrito Paese, Valeria Serra, giornalista freelance dagli oceani e dal sud del mondo, Stefano Micocci, primo collaboratore, che di musica è un enciclopedia vivente, Luciano Francisci che ha realizzato tecnicamente e musicato dolcemente le mie parole, il ventiquatrenne Gabriele Pilicardo che aveva appena iniziato a fare pratica d’autore. E naturalmente voi tutti, un pubblico vastissimo, dai quindici ai novant’anni, trasversale, vagabondo, poetico e senza etichette, oltre ogni stupido vicolo cieco Sinistra/Destra, che mi aspettava da tre anni di censura della radio pubblica, e si è rifatto vivo con una tempestività struggente.
Grazie, mi dispiace davvero che sia durata così poco. Avevo una montagna di cose da dirvi e da darvi ma non possiedo una radio nazionale (a proposito, c’è qualcuno che ci ospita? Non siamo barbudos, siamo professionisti intelligenti e per bene, ci facciamo la doccia tutte le mattine e abbiamo i nostri bravi pantaloni grigi e i golfini blu) oppure magari, chissà potrei attrezzarmi come uomo-sandwich, e battere pianure e città con una lampadina rotante e in testa, un megafono e l’organetto.
Al gruppo Sole 24 ore-Confindustria e a Giancarlo Santalmassi, direttore di Radio 24, che avevo già ringraziato pubblicamente per avermi ridato la libertà di esprimermi, lascio un punto interrogativo alto come l’Everest. E a tutti voi la Guerra di Piero di Fabrizio De Andrè, e un segno sulla fronte, un marchio azzurro per riconoscerci la prossima volta, una piccola zeta, che in greco antico vuole dire è vivo. Alla prossima, speriamo un po’ più lunga e meno tribolata trasmissione. Grazie a tutti!
con la speranza che rimanga coerente con questo suo ploclama e non sia tutta una sceneggiata per poi ritornare dopo le elezioni come sospetta http://giornalettismo.splinder.com/