10.2.18

GENTILIANI ILLUMINATI con © Daniela Tuscano


di cosa stianmo parlando

“Qui niente poveri né disabili”: le pubblicità discriminatorie dei licei
Sul sito del ministero le presentazioni con cui le scuole superiori cercano di attrarre nuovi studenti. E c'è chi parla di "difficile convivenza" tra ricchi e figli dei portinai
La prosa con cui alcune scuole del Paese, spesso i licei più prestigiosi e selettivi, si sono offerti alle famiglie per attrarre l'iscrizione dei loro figli è da censura. Nell'ansia di far apparire un istituto privo di problemi, pronto a fornire la migliore didattica senza impacci con gli adolescenti stranieri o i ragazzi bisognosi di sostegno, i dirigenti scolastici hanno licenziato rapporti di autovalutazione classisti.


Ci fu, in Italia, un periodo di sogni e di lotte, in cui l'escluso doveva essere incluso. E le porte degli istituti si spalancarono a tutti, almeno formalmente. In realtà si trattava d'un ingresso secondario, possibilmente senza dar troppo nell'occhio. Invece d'incoraggiare i "capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi", a "raggiungere i gradi più alti degli studi" (art. 34 della
( Nella foto: © R. Mauri, "Cultura incatenata" )
Costituzione), alcuni indirizzi rimanevano, di fatto, fortezze inespugnabili. Però si conservava un certo pudore, nel dirlo. Lo si sussurrava a mezza bocca, quasi scusandosene, perché si avvertiva, in questo, una sconfitta della scuola, lo sgretolamento di quei sogni e quelle lotte, il tedio e la delusione.
Oggi, essere "scuole de-disabilizzate", "de-pauperizzate" o simili ne attesta il prestigio. E le auto-valutazioni di numerosi licei classici italiani giungono a gloriarsene: "Non sono presenti né studenti nomadi né provenienti da zone particolarmente svantaggiate", "Tutti, tranne un paio, gli studenti sono di nazionalità italiana e nessuno è diversamente abile [...]. Tutto ciò favorisce il processo di apprendimento", "Il contesto socio-economico e culturale complessivamente di medio-alto livello e l’assenza di gruppi di studenti con caratteristiche particolari dal punto di vista della provenienza culturale (come, ad esempio, nomadi o studenti di zone particolarmente svantaggiate) costituiscono un background favorevole alla collaborazione e al dialogo tra scuola e famiglia, nonché all’analisi delle specifiche esigenze formative nell’ottica di una didattica davvero personalizzata".
Soffermarsi sugli aspetti più manifestamente classisti di queste presentazioni è superfluo. Consideriamo piuttosto certi avverbi e sostantivi. Si legge di "specifiche esigenze formative" e di "didattica 'davvero' personalizzata". Dunque, l'assenza di "studenti con caratteristiche particolari" favorirebbe la didattica? Addirittura personalizzata? Davvero? Per davvero?
Magari essere un po' meno perentori, ecco. Al posto di "davvero", usare "forse". Lo so, la vaghezza è roba da poeti, non da burocrati. Ma da quando la precisione computistica è sinonimo di veridicità? Un tempio della cultura non dovrebbe ignorarlo. Perché la didattica davvero personalizzata la facciamo noi, docenti sfigati. Quelli che i nomadi, gli stranieri e gli svantaggiati li vedono tutti i giorni, spesso in intere classi. E li seguono oltre, e l'occhio mentale s'insinua nelle loro case. In ognuna di esse. In quella zona aliena dei paesi che si portano dentro, dei giorni senza storia, o di troppe storie. Negli addii a monti concreti, in vie dai nomi odiosamente eguali, dove i pomeriggi sono muri, o ricettacoli d'azzardo, o noia d'appartamenti e tecnologia dozzinale. La didattica, per noi, non s'esaurisce in una lezione. La didattica è educare. E-ducere, tirar fuori. E da tirar fuori, in questi alunni, c'è davvero molto.
Tempo te ne portano via. Davvero. No, forse. Ti tolgono il tempo dell'orologio, questo è sicuro. Ti tolgono pure il fiato mentre le "buone scuole" pensano a toglierti il resto: soprattutto le residue risorse per fornir loro gli strumenti culturali di cui hanno diritto e bisogno. Però tu non li cambieresti con nessun altro al mondo.
Perché esiste la strada, non l'"università della strada". Semmai, esiste una strada che conduce all'Università. Ma per percorrerla devi capirla, decriptarla, non semplicemente esserci. E questo è esattamente il compito della didattica.
Ma la strada occorre pure viverla. "Convien essere popolare", come da folgorante sintesi machiavellica. Altrimenti rimane mero esercizio retorico o, peggio, narcisismo velleitario. Abile contorno, bella prosa, eloquio fluido ed elegante. A quanto pare alcuni presidi concepiscono in tal modo la "didattica davvero personalizzata". Che certo non fa "perdere tempo". La rettifica - peggiore del danno, come spesso avviene - della preside d'un liceo finito al centro della polemica non poteva essere più illuminante: "Volevo dire che la didattica ordinaria, così, è più semplice: recuperare l’italiano di uno straniero chiede risorse e tempo. Credo che tutti gli studenti, ricchi e poveri, debbano crescere insieme e credo nella multiculturalità".
Fantastici, vero?, questi intellettuali, progressisti nella forma e gentiliani nei fatti, che credono gli studenti debbano crescere insieme tenendoli però separati, cui la "multiculturalità" sta tanto a cuore ma per i quali lo "straniero" chiede "risorse e tempo" (chi l'avrebbe mai detto!). E non oso addentrarmi nella "semplicità" della didattica "ordinaria": immagino s'intendesse "facilità", benché non siano sinonimi e stupisce che in istituti di alta reputazione si ricorra a un lessico così sfilacciato. Ma dalle nostre parti non c'è nulla di semplice né di ordinario; e la didattica, nella fattispecie, non lo è mai. Gli è che questi allievi modello, questi giovani italiani doc costituiranno la futura classe dirigente. Li immaginiamo schierati nell'emiciclo sinistro del Parlamento a concionare di accoglienza, ius soli, inclusione e integrazione. C'inviteranno ad "abbracciare i fratelli Rom" come l'alunno Derossi col figlio della Calabria di deamicisiana memoria, ad accantonare la "didattica" (per come l'hanno appresa, ordinaria, quindi libresca, quindi inutile) in favore di "progetti" realizzati da "esperti" di qualche club antidiscriminazione. I docenti, è noto, sono impreparati verso le "nuove criticità", quindi meno Dante e più corsi d'empatia, il ludo come depensiero, la fatica da aborrire, lo smartphone per lezioni "easy". E poi ammettiamolo, ai nostri scalcagnati alunni cosa è riservato, se non un destino da Prolet? Non pretendessero troppo. Poi dice che uno li manda a farsi un giro.

                                            © Daniela Tuscano

"Certi arabi primitivi come pastori della Gallura": la frase di Daverio scatena le critiche



lo facevo ti facevo più colto davverio invece è un .....🤐🤬 cretino 


L'Unione Sarda.it » Cronaca » "Certi arabi primitivi come pastori della Gallura": la frase di Daverio scatena le critiche Ieri alle 16:26 - ultimo aggiornamento alle 17:10 



Un paragone tra gli arabi più "primitivi" e i "pastori della Gallura" solleva critiche e perplessità tra i telespettatori sardi che hanno seguito, ieri sera, l'ultima puntata di "Piazza Pulita", la trasmissione di La 7 condotta da Corrado Formigli. A pronunciare la frase incriminata, il critico d'arte Philippe Daverio, all'interno di un ragionamento sull'Islam nell'immaginario contemporaneo occidentale. Per Daverio, analizzando l'universo musulmano, è necessario distinguere tra arabi "criminali" e arabi che, al contrario, hanno contribuito al progresso della civiltà, fondando, tra l'altro, la prima università. "Hanno persino inventato la grappa", ricorda, scherzando, Daverio. Poi la similitudine: "Gli arabi sono una cosa estremamente complicata da capire, della quale sicuramente oggi è vincente una parte di tipo estremamente primitivo e primordiale". E la frase che involontariamente - data la statura culturale di Daverio - dev'essergli sfuggita: "Come se fra i cristiani avessero vinto i pastori della Gallura, i meno evoluti". Un'uscita che sembra aver diviso i telespettatori sardi: chi ha accolto il ragionamento di Daverio come un'analisi storico-antropologica riferita al passato e chi, invece, si è indignato per l'affermazione, "eccessivamente stereotipata". Nel video sopra le parole di Daverio.














non trovando le parole riporto quanto dicono    


L'Eco di Barbagia

6 h ·


Caro Philippe (B)atterio,

ieri notte, tornando a casa, mi sarei aspettato di leggere tutte le notizie possibili ed immaginabili del mondo, fuorché la tua “perla di saggezza” contro il popolo sardo.Nelle scorse ore, spiegando l’Islam, a Piazza Pulita, su La7, hai sostenuto infatti, di come all’interno di questa religione, prevalga una parte primitivo-primordiale, nella maniera in cui nella religione cattolica avesse prevalso la frangia “‘meno evoluta” dei pastori di #Gallura.Povero “iscimpru”, tu con quegli occhialetti da saggio della noblesse francese dalla puzza sotto al naso, l’aria da “Tottu iscio deo”, la visione razziale di una terra e della sua gente.Ma che ne saprai dei pastori di Gallura mi domando! Che ne saprai dei nostri allevatori, che ogni giorno si fanno il mazzo nella campagne per campare le proprie famiglie? Che ne saprai dei giovani sardi laureati che scelgono di essere pastori, migliorando le aziende di famiglia? E poi che ne sai, di quanto soffrano per il prezzo del latte pagato al litro meno di una bottiglietta d’acqua e delle perdite economiche che fronteggiano ogni giorno? Che ne sai di quando siano lasciati soli dalle istituzioni nonostante abbiano idee valide per ampliarsi?Ebbene non ne sai un bel nulla! Parli da uno studio televisivo, impomatato nel tuo look da borghesotto dei migliori salotti senza sapere un cavolo!E poi come ti permetti di dare dei “poco evoluti” ai nostri allevatori, quando proprio tu (che non hai mai concluso i tuoi studi universitari) vai ad insegnare arte alla tv, mentre migliaia di giovani e validi critici d’arte italiani scappano all’estero?Sai, ti porterei in giro per la #Sardegna a conoscere con mano i pastori; ti renderesti conto che sono più evoluti di quanto pensi, amano la cultura, si aggiornano quotidianamente con le nuove tecnologie e non mancano di promuovere le loro realtà sulla rete!Come se non bastasse, caro Batterio, ti farei alzare ogni giorno alle quattro del mattino per mungere centinaia di greggi con le tue manine lisce e poco dedite al lavoro, facendo solamente ritorno a casa (sfinito) in piena notte!Vorrei infine ricordarti, che noi sardi non ne possiamo più delle offese di voi sapientoni italici, prontissimi a sminuirci manco fossimo la peggiore colonia del pianeta!Delle scuse di un cafone poi non ce ne facciamo nulla: siamo abbastanza EVOLUTI da riconoscere gli esemplari come te da diversi chilometri di distanza!#MeglioBatteriochePhilippheDaverio!


*****

Giorgio Ignazio Onano
(Autore delL'Eco di Barbagia)


e queti due commenti al video sopra riportato


Sguaraus Brazorf2 ore fa (modificato)
i civili e pacifici pastori sardi, gli stessi che si sono prodigati di regalare 1000 pecore ai colleghi del centro italia martoriati dal terremoto senza volere nulla in cambio, definiti primitivi ed addirittura paragonati alla stregua dei più barbari integralisti islamici dediti ad abomini come la guerra santa e l'infibulazione. Un altro gradino verso l'abisso dell'oscurantismo italiota è stato sceso.
1

RISPONDI




Piero FADDA12 ore fa
Quindi... i pastori della Gallura sono meno evoluti... ed è giusto usarli come termine di paragone - orientato al basso - con una religione Medievale, Assolutista e sostanzialmente Prevaricatrice nei confronti di diritti elementari delle persone. Mettiamo che sia stata una semplice cantonata, o scivolata di stile e cognizioni, involontaria ma... quello sarebbe un professore?! P.S. Il mio cognome è Sardo, di tale splendida terra ne porto un indizio piacevolmente evidente, ma sono Ligure di nascita. Quindi non scrivo in termini campanilistici, scriverei in replica a tale sciocchezza anche se avesse parlato... di muratori Bergamaschi, pescatori Campani, frutticoltori Siciliani, Allevatori Piemontesi ecc. ecc.. Mettere a paragone qualsiasi degno gruppo di lavoratori, concittadini, Italiani, in termini denigratori, confrontandoli con una Religione che nemmeno è stata originata e "sviluppata" nell'ambito della nostra storia culturale, mi sembra decisamente fuori luogo ed inaccettabile; in particolar modo se a parlare sia stato una persona presumibilmente acculturata ed altrettanto presumibilmente dotata di buon senso.






9.2.18

Cagliari, si è spento Angelino Unali, l'ultimo testimone delle foibe Proprio domani il Giorno del ricordo






Lego  con tristezza    su  http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca  d'oggi   9\2\2018 


Cagliari, si è spento l'ultimo testimone delle foibe. Proprio domani il Giorno del ricordo la  norizia  del titolo 





Si è spento l'ultimo testimone delle foibe, proprio quarantotto ore prima del Giorno del ricordo. Aveva 94 anni e viveva a Cagliari il Brigadiere della Guardia di Finanza Angelino Unali, l'ultimo reduce e testimone diretto di quei terribili fatti del maggio 1945. Unali, arruolato nella Regia Guardia di Finanza nel 1942, dal gennaio 1943 fu inquadrato nella Legione territoriale di Trieste che, durante il conflitto mondiale, operava nella zona nord-orientale dell'Istria. Nel marzo 1945 venne richiamato a Trieste dove, a Guerra finita, la popolazione continuava a vivere una nuova ondata di violenza. «Era il 1° maggio 1945 - raccontava commosso Unali - quando l'Esercito popolare jugoslavo del maresciallo Tito assumeva il controllo di Trieste, rendendosi responsabile, come nel resto della Venezia Giulia, dell'Istria e della Dalmazia, dell'eccidio di un numero elevatissimo di persone» e tra questi 97 militari della Guardia di Finanza, suoi commilitoni.
I Finanzieri, in servizio nella città giuliana alla caserma di via Campo Marzio, furono indotti con l'inganno a consegnare le armi per poi essere barbaramente trucidati nelle foibe del carso triestino il 3 maggio. Lui solo si salvò perchè ricevette l'ordine dal suo comandante di presidiare l'ufficio portuale. Da allora, testimone della storia, attraverso l'appartenenza all'Associazione Nazionale Finanzieri d'Italia, «con impegno, sacrificio e dedizione al Paese, ha potuto valorizzare e perpetuare la sua tragica esperienza con la certezza di gettare un seme di conoscenza civile che non mancherà di dare frutti rigogliosi alle nuove generazioni», lo ricorda la Guardia di Finanza. Unali è stato tumulato oggi a Cagliari, nel Cimitero di San Michele, con gli onori.

Angelino Unali, il brigadiere che si salvò dalle foibe

Il brigadiere vide la colonna dei suoi commilitoni ormai prigionieri diretta verso le foibe a Basovizza

Autore: Marcello Polastri il 08/02/2016 09:48 


Angelino Unali, il brigadiere che si salvò dalle foibe 
Angelino Unali è un patriota brigadiere della Guardia di Finanza, superstite alla strage dei 97 finanzieri prelevati dalla Caserma di Campo Marzio. Accadde a guerra finita, era il mese di maggio del 1945 e l’Europa usciva da una tempesta di sangue e festeggiava una calma apparente guardando, dopo enormi sacrifici e con ritrovate speranze, ad una nuova stagione di progresso civile e morale.Non accadeva altrettanto nella Venezia Giulia e a Trieste che subirono l’ennesima ondata di violenza. Nella città di San Giusto, l’arrivo delle bande di Tito ebbe effetti simili a quanto era accaduto in Dalmazia, ripetendosi nell’Istria e a Fiume.La Guardia di Finanza, che aveva scritto una pagina importante nella lotta di liberazione, avrebbe avuto diritto a un trattamento onorevole anche da parte dei nuovi occupatori. Però, non fu così. Molti finanzieri, per la maggior parte della Caserma di Campo Marzio, pagarono la grave colpa di essere italiani andando incontro a un destino atroce: finirono nelle foibe o nei campi di sterminio della Jugoslavia.Tra essi c’era un sardo: Angelino. Un uomo che ha felicemente raggiunto i 92 anni e che fu testimone diretto di quei fatti terribili. Il brigadiere Unali vide la colonna dei suoi commilitoni ormai prigionieri per poter essere infoibati a Basovizza, sul Carso triestino, costellato di migliaia di cavità carsiche, perlopiù inghiottitoi. Accanto alla loro imboccatura, la “pietas” dell’Arma e la volontà dell’Associazione Nazionale Finanzieri Italiani hanno eretto, a perenne memoria, un cippo e una lapide con i nomi dei 97 caduti.Il bravo finanziere cagliaritano riuscì a salvarsi dall’eccidio per un fatto fortuito: al momento non si trovava in caserma. Dinnanzi allo scampato pericolo ha conservato un fulgido ricordo di quei giorni plumbei, impegnandosi in una vita di testimonianze e di nostalgie. Il suo obiettivo? "Non dimenticare quei patrioti, i loro valori e naturalmente la barbarie di un assassinio tanto efferato". Al pari di lui, molti caduti erano sardi e avevano abbracciato il servizio con la dedizione e l’entusiasmo che fanno parte delle tradizioni civili e militari dell’Isola. Ciò suffraga, a più forte ragione, l’affetto di Angelino per il suo capitano scomparso nell’agghiacciante destino delle foibe, per tutte le altre vittime innocenti della strage; il suo ritorno in un commosso e reverente pellegrinaggio, la sua presenza alle manifestazioni celebrative. Per lui non certo formali. “Oggi siamo noi ad abbracciare Angelino, a ringraziarlo per il contributo alla fede ed alla verità storica che ha dato in questi suoi 92 anni, non senza un augurio sincero e cordiale, esteso a tutti coloro che, nella Guardia e fuori, gli hanno consentito di valorizzare e perpetuare la sua importante testimonianza” affermano i referenti dell’ANFI. 
COLTIVARE IL RICORDO, non soltanto nella ricorrenza ormai tradizionale del 10 febbraio, è un dovere comune, sulla scorta dell’alto esempio di Angelino Unali che anche quest’anno ha voluto mettere in programma un omaggio alla foiba in segno di memore e pietoso raccoglimento. Ma anche di preghiera per tutti i martiri: cosa tanto più commendevole in un momento di rinnovati silenzi, di opinabile disimpegno istituzionale.LA MEMORIA della foiba, delle iniquità che vi furono consumate e del sacrificio davvero “gratuito” delle vittime, unitamente all’impegno perché simili efferatezze siano per sempre esorcizzate e con esse, le loro barbare motivazioni, sono un patrimonio che Angelino ha contribuito a valorizzare in maniera significativa: da una parte con la morte nel cuore ma dall’altra, con la certezza di gettare un seme di conoscenza e di attenzione civile che non mancherà di dare frutti rigogliosi.Il 10 febbraio si celebrerà il “Giorno del ricordo” delle foibe e dell’esodo giuliano e dalmata. La cerimonia alla Foiba di Basovizza inizierà alle 9,30. Attesissimo sul Carso triestino anche l’arrivo di Angelino. Riceverà un riconoscimento, un ringraziamento e un forte abbraccio nel suo grido di allora e di sempre: "viva l’Italia!".

8.2.18

Merate, paga di tasca propria gli straordinari agli infermieri: punito caposala



  canzone consigliata
ANTOINE - Pietre (sei brutto e ti tirano le pietre... )

Merate, paga di tasca propria gli straordinari agli infermieri: punito caposala

da Il Giorno 2018-02-07
Pubblicato da Il Giorno sull'app Quotidiano.net

Merate, paga di tasca propria gli straordinari agli infermieri: punito caposala


Merate, paga di tasca propria gli straordinari agli infermieri: punito caposala


Merate (Lecco), 7 febbraio 2018 - E' stato "condannato" a rinunciare a quattro ore di stipendio per aver pagato gli straordinari con ricariche telefoniche ad alcuni suoi infermieri. Il caposala del Pronto soccorso dell'ospedale di Merate Francesco Scorzelli, 59 anni di Verderio, che è anche sindacalista, appena rientrato in servizio dopo una sospensione di 3 mesi senza stipendio, è stato nuovamente punito dai suoi superiori. La sua colpa è quella di aver provveduto lui a pagare di tasca propria gli straordinari sotto forma di tessere telefoniche ad alcuni suoi sottoposti rientrati al lavoro per coprire l'improvvisa assenza di due colleghe in malattia.
Il coordinatore infermieristico era finito sotto procedimento disciplinare anche per aver parlato della questione con i giornalisti, ma per quest'ultima circostanza è stato "assloto" e non dovrà pagare alcuna sanzione. Per aver pagato lui gli infermieri, ai quali dai vertici della sanità provinciale non è stato riconosciuto il lavoro extra nonostante gli accordi che erano stati presi, è stato invece punito con la decuratzione di 4 ore di stipendio. Alla fine così pagherà due volte di tasca propria il lavoro extra chiesto ai suoi collaboratori per assicurare assistenza ai pazienti del Pronto soccorso. In ogni modo ha già annunciato che presenterà ricorso e si appellerà ai giudici del tribunale del lavoro contro la sanzione disciplinare.

Girano il mondo finanziandosi con video hard: la storia di Kim e Paulo ( v.m 14 )

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da Blitz quotidiano2018-02-07 

ROMA – Sono riusciti a finanziarsi il giro del mondo girando alcuni video hard, pubblicandoli poi online. Lei è Kim, 23 anni, e lui è Paulo, 28 anni.




Italianissimi. Si sono innamorati dopo aver partecipato a un ménage à trois durante una festa: da allora hanno sempre filmato tutto ciò che facevano in camera da letto. Lei lavorava come traduttrice e lui come media designer. A farli incontrare è stato un'amica in comune.“Un giorno siamo andati a una festa con una nostra amica e noi tre siamo finiti a letto insieme – racconta la coppia – Dopo quella notte Paolo e io non potevamo più separarci”.





La coppia descrive la loro relazione come aperta.“Adoriamo incontrare persone e condividere esperienze, passione e farlo con loro”, ha detto la giovane.Fin dall'inizio della loro relazione la coppia era solita filmare ogni volta che facevano sesso. I due avevano parlato di come entrare nell'industria del porno ma non erano sicuri di come iniziare.Poi una notte si sono ripresi e hanno deciso di pubblicarlo online. Ora vendono i loro filmini al sito web My Sweet Apple che sostiene economicamente i loro viaggi. Una volta sono stati anche beccati durante le riprese e hanno ricevuto una multa di 80 euro. Ma i due non sembrano troppo preoccupati: “Non ha gravato molto sul bilancio…”. La loro “attività” è stata ripresa su molti quotidiani esteri come il Sun [  di cui trovate  il video  sopra  o  cliccando  sull'url  collegamento  )   lo Scottish Daily Record, la Bild, International Business Times UK e molti altri.

La scelta di Patrizia Cocco, 49enne di Nuoro affetta da Sla, di rinunciare alle cure che riteneva inadeguate alla sua sofferenza e malattia, ha suscitato commozione in tutta Italia. Ma anche qualche affermazione "pesante" e l'accusa di suicidio di stato

keggendo  , vedere  articolo sotto   , dele reazioni a tale  scelta   mi  viene     ( anche se  spesso cado anch'io   , nessuna è infallibile  )   da    dire  a tali  persone  i cazzi ( scusate la volgarità no ) vostri no ?Inoltre  << Credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri. Credo che per credere, certi momenti ti serve molta energia. Ecco, allora vedete un po' di ricaricare le vostre scorte con questo... [ parte Rebel Rebel di David Bowie]  >>  cit    cinematografica  





 L'Unione Sarda.it » CRONACA » NUORO

"Un suicidio di Stato". No: "Patrizia amava la vita"

Oggi alle 13:42 - ultimo aggiornamento alle 14:27

Patrizia Cocco
La scelta di Patrizia Cocco, 49enne di Nuoro affetta da Sla, di rinunciare alle cure che riteneva inadeguate alla sua sofferenza e malattia, ha suscitato commozione in tutta Italia. Ma anche qualche affermazione "pesante".
La rinuncia alle terapie le ha permesso di lasciare questa vita senza dolore, senza infrangere alcuna legge e senza perdere la propria dignità, eppure qualcuno parla di "suicidio di Stato".
Nessuna iniezione letale, nessuna azione diretta a toglierle la vita è stata messa in pratica. Non è eutanasia.
"Siamo davanti al primo caso nazionale di morte per legge, attraverso un atto eutanasico", ha invece affermato Alberto Agus, coordinatore regionale del Popolo della famiglia, che aggiunge: "È un suicidio di Stato".
"Nessun suicidio di Stato", replica il cugino di Patrizia, Sebastian Cocco, avvocato. "Patrizia amava la vita, ha sfruttato quest'opportunità, la nuova legge sul biotestamento, quando ha capito che la malattia non le avrebbe più dato scampo".
A Cagliari è attivo il Registro del biotestamento. I cittadini possono iscriversi fin da oggi.



7.2.18

l'odio conserviamolo per le cose importanti non per le sciochezze e trasformarlo \ incanalo in qualcosa di positivo o non coltivarlo

dopo  i fatti di Macerata   e le  relative  strumetalizzazioni politiche   con il relativo fango  la  relativa  merda  ilrelativo fango  ) xenofoba  verso la boldrini (  ne  ho accenato qui    sul  blog   e le relative  polemiche  perchè  per un vip o  politico  l'odiatore   si  ritraccia  trova  subito  per  un comune  mortale  ci vogliono  giorni  o  mesi  ( ne  ho parlato  in un post  sulla mia  bacheca    facebook ) mi  è  venuta  in mente   questa  riuflessione  sull'odio : <<  l'odio conserviamolo per le cose importanti non per le sciochezze >>  cnhe  da  poimil  titolo al post  .
Il che  mi ha  riportato alla mente     una discussione    avuta temo fa  con un amico   . In cui lui diceva  che  l'odio  non dovrebbe esistere  ma siamo  noi  che lo creiano  .  Beh  ciò  è parzialmente  vero . Infatti   se  andiam  a  vedre  il significato  della parola

odio
ò·dio/
sostantivo maschile
  1. 1.
    Risoluta ostilità, che implica di solito un atteggiamento istintivo di condanna associato a rifiuto, ripugnanza verso qualcosa, oppure un costante desiderio di nuocere a qualcuno: avere in o. le chiacchiere, i convenevoli, le cerimonie; l'o. del male; o. cieco, bestiale, feroce, accanito, mortale, implacabile; parole, sguardi pieni di odio.
  2. 2.
    concr.
    Quanto ne rappresenta l'oggetto.
    "avevo due anni... e già un odio: la minestra, tutte le minestre"

scopriremo  che  esso   è <<   un sentimento umano che si esprime in una forte avversione o una profonda antipatia. Lo distingue da questi ultimi la volontà di distruggere l'oggetto odiato, e la percezione della sostanziale "giustizia" di questa distruzione: chi odia sente che è giusto, al di là di leggi e imperativi morali, distruggere ciò che odia. Si parla di "oggetto" odiato anche nel caso di odio verso persone, perché queste non vengono considerate propri simili, esseri umani come chi odia, ma appunto oggetti invece che soggetti.In misura ulteriore rispetto all'innata capacità di provare sentimenti negativi nei confronti di un'altra persona, il termine odio viene usato in senso figurato per riferirsi alla forma più estrema di rifiuto verso cose o persone. A differenza dell'amore, l'odio non è necessariamente preceduto dalla volontà d'espressione: può, infatti, essere causato per costrizione, proprio malgrado.Viene inoltre considerato comunemente in contrapposizione all'amore; di fatto i due sentimenti possono essere accostati per l'intensità e l'impeto. Come sentimento intermezzo tra i due troviamo, privo sia di punti positivi che negativi, l'indifferenza. [....  continua  sul  link   di wikipedia  ] >>  come dice   https://it.wikipedia.org/wiki/Odio ) . 
Sarebbe   bello  ed  per  questo che  dobbiamo lottarci tutti i  giorni  se    come dicono   due miei  contatti \ amici    facebookiani  



Eugenio Bisbabbo Crispo
Meglio però se non lo si usa
Mi piace · Rispondi · 17 h





Masina Deiana
Parole sagge! Anche se non si dovrebbe odiare mai.

 Hanno   ragione  . però l'odio è inevitabile sta noi decidere come suggerisce questa bellissima favola
leggenda  dei  Cherokee popolo nativo americano del Nord America 


 Possiamo  anche  come  sugerisce    Enrico Malatesta (1853-1932 ) in  :  diminuire il dolore umano per( per quanto è possibile ) 





L'immagine può contenere: sMS



    scanerizzazione     dello scritto  di Malatesta presente  fra    gli  scritti   contenuti nell'  album di Fabrizio De André




pubblicato nel 2001 sotto forma di libretto e CD da A/Rivista Anarchica che  Contiene registrazioni live di canzoni di De André e di brani "parlati", effettuati dal cantautore durante i suoi concerti.Le canzoni vere e proprie sono due: la prima, "Se ti tagliassero a pezzetti", è la versione Live del brano, dove il cantautore sostituisce la parola "fantasia" della versione in studio con la parola "anarchia". La seconda è "I carbonari", breve brano eseguito anch'esso Live, tratto dal film Nell'anno del Signore"[.Tutte le tracce dell'album hanno come filo conduttore dichiarato le tematiche libertarie della rivista stessa che ha curato l'edizione.


Oppure    si potrebbe  non odiare  ma  non sempre è bene   tenere  represso  tutto altrimenti  si finisce  come 



quindi   possiamo scegliere     se  1)  incanalarlo verso   detterminate cose  come suggerisce  lo scritto prima citato  2)  lottare   continuamente  continuamente    per  non coltivare  l'odio  .    3) oppure  smetterla   come suiggeriscono questi   link  

https://www.wikihow.it/Smettere-di-Odiare
https://www.wikihow.it/Smettere-di-Odiare-Qualcuno
https://psico.it/smettere-odiare-persona-5-consigli-utili/2017/06

foibe dimenticate ? secondo me No , sei mai il contrario se ne partla troppo e male in maniera negazionista non obbiettiva e strumentale



come dicevo dal titolo  dopo  un silenzio  ( almeno a  livello  ufficiale  cioè  fuori   da quello specialistico  ) durato 50  anni  , oggi    se  ne parla  troppo   anche   se  faziosamente  ed   a  senso unico  , salvo poche  eccezioni  ,    A meno che   per  dimnenticate  non s'intende    come evidenzia il  quotidiano  http://www.iltempo.it    del  3\2\2018 :

L'immagine può contenere: spazio all'aperto e natura
da ANVGD Palermo - Comitato ProvincialeGiorno Del Ricordo
http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2018/02/foibe-dimenticate-secondo-me-no-sei-mai.html<< La Giornata del Ricordo non se la ricorda mai nessuno. La celebrazione prevista nel calendario della Repubblica italiana – la ricorrenza del 10 febbraio, istituita nel 2005 – per le istituzioni è oggi solo un disbrigo formale. Prova ne sia che i più alti vertici – il Capo dello Stato e anche il Presidente del Senato – ancora lo scorso anno disertavano la cerimonia al Sacrario di Basovizza in Friuli incuranti del ricordo di ventimila italiani torturati e gettati nelle foibe alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
La decisione del presidente della Repubblica e della “Seconda carica dello Stato” – entrambi Trovato l’ultimo testimone oculare dell’esumazione dalle foibe titineimpegnati altrove – non ebbe altra protesta che quella silenziosa e rassegnata delle associazioni degli esuli italiani costretti ad abbandonare case e lavoro a Trieste, in Istria, a Fiume e nella Dalmazia per sfuggire al terrore imposto dai combattenti comunisti guidati da Josiph Tito, il leader della Jugoslavia.
Non ci fu nessun editoriale in nessuna delle pur attente testate della rispettabilità repubblicana e democratica a rammaricarsi di ciò, anzi, tutto finì nella consueta alzata di spalle: non importa a nessuno.(  .... )  continua  qui >> che non condivido  ed  è lontano    da me  anni  luce  : <<  (...)    
domani quando il 10 febbraio prossimo, nessuno – a parte il disbrigo ormai francamente offensivo – se lo ricorderà.
Ed è verosimile che Sergio Mattarella, in coerenza con il suo proposito di tenere vivo il sentimento della guerra civile – basti pensare alla solerzia del suo antifascismo in assenza di fascismo – facendo eterno il dopoguerra fratricida, anche quest’anno si ricorderà di dimenticare.>>.. Perchè  anche se pur   nella retorica  ed ipocrita  celebrazione  ritualista  da  : <<  geniali dilettanti in selvaggia parata (  cit Beppe  Fenoglio 1922 –  1963   )  >>  ha  da  poco      consegnato la medaglias  dìoro    a quello che è presumibilmente l’ultimo testimone oculare dell’esumazione delle foibe. È un ex vigile del fuoco di 97 anni, Giuseppe Comand .  


Concludo spiegando se non caso non fosse chiaro ( nonostante le FAQ ed i relativi aggiornamenti ) per i vecchi lettori ed i nuopvi arrivati virtuali e non e rispondendo a chi ( amici reali e vitrtuali ) fra una chiacchera e l'altra mi chiede : ma come tu giudichi e lo scrivi anche su facebook le giornate del 27 gennaio e del 10 febbraio giornate rompi e poi ci scrivi dei post a ricordo , non è un conrosenso una contraddizione ? .
perchè come ho già spiegasto in una risposta de nel post incrinìminato su facebook a chi mi accusa d'essere stato volgare e poco rispettoso 1 ) non mi piace tanto , anchese spesso ci cado e non ne sono immune , la retorica e l'ipocrisia o la memortia a senso unico come nel caso dele foibe e l'uso strumentale , senza per questo assolvere la dittatura di tito che le pratico ( qui un classico esempio ) 2) che si parli e si condanni ( più che giusto ) i crimini comunisti ma si assolvono o sminuiscono quelli italiani ( in particolare il paragrafo 4 del capitolo 2 del sudetto url ) che sono poi all'origine della vile reazione di Tito .3) non piac e che si ricordi solo lì'olocausto del popolo ebreo quando nei lager morirono anche rom , omosessuali , handicappati e malati di mente , politici e cosi dele foibe solo i crimini degli slavi e poi di tito nei confronti degli italiani e si tenta salvo eccezioni di nascondere o sminuire la politica razziale del fascimo e poi della repubblica sociale ed i crimini da noi commessi .
forse è vero sarò stato volgare ma tale cose mi fanno incavolare . perchè o si ricorda a 360 o non si ricorda
 Ma  soprattutto  non mi piace  che   tali fatti vengano strumentalizzati ed  usati a  scopo politico ora  da una parte ora  da  un' altra     come   ho già detto   nel post  precedente   e  come    dice   questo  post   (  qui   il  post  completo  )    di cui riporto  sotto  alcuni stralci    significativi    che  descrtivono benissimo   quello  che  divco   da quando  ho iniziato a  scrivere  post  sulle  foibe  e     sull'esodo.
L'immagine può contenere: 1 persona, con sorriso, cappello e primo piano
 Esso continene   , certamente   un fondo di verità  l''uso strumentale   e revisionista      che   ne  fa la  destra  e  una  certa   sinistra    ,  ed  allo stesso tempo  un tentativo da parte   della  sinistra  extraparlamentare  sinistra  di sminuire   e  al limite  del negare le proprie  responsabilità    dal  1945 al  1956    insomma  le  brutture   fatte da  Tito  


AI FASCIO-NAZISTI e AI REVISIONISTI STORICI VA IMPEDITO CON OGNI MEZZO DI ESPRIMERSI PUBBLICAMENTE SU QUESTO ARGOMENTO!
In coincidenza del 10 febbraio assistiamo ogni anno ad indecorose iniziative ed interventi sulla 'questione foibe' che non riflettono la verità e le documentazioni storiche, bensì manifestano posizioni strumentali e storicamente prive di ogni fondamento tipiche del revanscismo nazionalista che ha sempre ispirato i fascisti di ogni risma ed oggi lambisce ampi settori del “centro-sinistra” e di certa “sinistra”. Vanno denunciate anche come subdole, superficiali, ignoranti e pericolose le dichiarazioni-lamenti di alcune aree di “sinistra” che a parole si oppongono ai fascisti, ma poi politicamente condividono le aberrazioni e falsificazioni sulle foibe, senza premurarsi di informarsi sui documenti storici reali.In questi anni il revisionismo (di destra e di “sinistra”) ha fatto carte false pur di deformare, falsificare e cancellare la storia. Nel nome della “pacificazione” e della costruzione di un’artificiosa “memoria condivisa” viene condotta una campagna di stravolgimento della verità storica, tesa alla sistematica assoluzione del fascismo e alla denigrazione di chi lo ha realmente combattuto - in particolare dei comunisti, i quali ebbero un ruolo fondamentale nell’antifascismo e nella Resistenza - arrivando alla vergogna di mettere sullo stesso piano nazi-fascisti ed antifascisti, repubblichini e partigiani, combattenti per la libertà ed oppressori o, peggio ancora, presentando i carnefici come vittime e martiri e i perseguitati come aggressori.Con l’istituzione della “Giornata del Ricordo” del 10 febbraio, questa campagna ha avuto anche il suo appuntamento ufficiale in cui i cosiddetti “infoibati” vengono presentati come martiri “solo perché italiani”. Si tenta cinicamente di sfruttare il sentimento d’appartenenza nazionale per riproporre l’infame connubio tra fascismo e Italia e una visione nazionalista e sciovinista della storia e della realtà. Il tutto avallato in questi anni dall'ex presidente della Repubblica Napolitano, che non solo ha straparlato di barbarie ed espansionismo slavo nel definire il movimento partigiano sul confine orientale (che, vogliamo ribadire, fu italiano, sloveno e croato), ma ha anche concesso medaglie ai familiari dei presunti “martiri dell’italianità”, tra cui, ad esempio, Vincenzo Serrentino, giustiziato dopo regolare processo in quanto criminale di guerra ricercato dalle Nazioni Unite.Questa ri-scrittura della storia è, tra l'altro, funzionale allo sdoganamento politico e ideologico delle attuali organizzazioni fasciste e della destra radicale, che sono considerate ormai, da parte del centro-destra e non solo, come partner politici ed elettorali del tutto legittimi. [....] Queste formazioni sono facili strumenti da utilizzare contro i movimenti politici e sociali non omologati e non compatibili con l’attuale sistema politico, come dimostra il crescendo di azioni squadristiche sempre più gravi come quella di Cremona del gennaio 2015 contro il compagno Emilio e quello più recente di Macerata. Molto grave è il fatto che tutti gli anni i prefetti e i questori di alcune città autorizzino iniziative sulle foibe promosse da organizzazioni fasciste e di estrema destra come casa Pound e Forza Nuova. Questi burocrati dello stato disattendono tutte le disposizioni legislative che impediscono attività e riti di stampo fascista.Si ignora sistematicamente quanto la DOCUMENTAZIONE STORICA ci consegna.Alla fine della Prima Guerra Mondiale, con il Trattato di Rapallo (1920) e poi quello di Roma (1924), l’Italia acquisì sul suo confine orientale un territorio nel quale abitavano quasi 500.000 tra sloveni e croati. Con l’avvento del fascismo iniziò un processo di assimilazione forzata: vennero progressivamente eliminate tutte le istituzioni slovene e croate, le scuole furono italianizzate, gli insegnanti licenziati o costretti ad emigrare, vennero posti limiti all’accesso degli sloveni nei pubblici impieghi, cambiati i nomi dei luoghi. Questo generò una prima ondata di sentimento anti-italiano.Dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, nel 1941 il regime fascista e quello nazista attaccarono e occuparono quasi tutta la Jugoslavia, lasciandosi andare a uccisioni e brutalità di ogni genere. Vennero approntati, sia nel territorio italiano che in quello jugoslavo occupato, un gran numero di campi di concentramento, nei quali oltre ai detenuti di etnia slava vennero spesso rinchiusi anche migliaia di antifascisti italiani e stranieri di varie nazionalità. Gran parte degli slavi, fra cui anche vecchi, donne e bambini, trovarono la morte per inedia, malattie, torture o soppressione fisica, come peraltro espressamente richiesto da Mussolini, che chiedeva «l’annientamento di uomini e cose».I primi partigiani jugoslavi iniziarono la loro lotta antifascista sin dal luglio 1941. I nazifascisti tentarono inutilmente in tre riprese il loro annientamento. Il primo tentativo fu realizzato nell’ottobre 1941 e si avvalse anche di vere e proprie azioni terroristiche verso i civili (ad esempio l’eccidio nazista di 7000 abitanti di Kragujevac). Il secondo fu attuato nel marzo 1942, quando il Comando superiore armate Slovenia e Dalmazia (poi detto Supersloda) inviò a tutti i reparti la circolare 3C. Questa circolare conteneva ordini di una ferocia inaudita come, ad esempio: “Internare, a titolo protettivo, precauzionale e repressivo, individui, famiglie, categorie di individui delle città e delle campagne e, se occorre, intere popolazioni di villaggi e zone rurali; si sappia bene che eccessi di reazione, compiuti in buona fede, non verranno perseguiti. Perseguiti invece, inesorabilmente, saranno coloro che dimostreranno timidezza e ignavia”. La terza grande offensiva si svolse nell’estate 1942, sotto la direzione del generale Mario Roatta, e si concluse, come gli altri due tentativi, con grandi massacri di civili, ma senza riuscire a scalfire la forza e il coraggio dei partigiani jugoslavi, ai quali si univano molti partigiani italiani di orientamento comunista.Si preferisce non ricordare le migliaia e migliaia di civili jugoslavi trucidati dalle truppe italiane nell’ex-Jugoslavia, occupata dal 6 aprile 1941 fino all' 8 settembre del 1943; si ignorano le migliaia di civili (donne, vecchi e bambini) morti nei campi di concentramento fascisti ad Arbe, a Gonars e in altri campi del centro-nord Italia (per ulteriori approfondimenti consulta la nostra bibliografia e filmografia sul sito http://www.laltralombardia.it/foibe.html).Si cancellano dai libri di storia e dalle commemorazioni le violenze sistematiche subite in Istria dalla popolazione locale indigena nel corso dell’occupazione fascista (distruzione di Centri culturali e di case del popolo, italianizzazione forzata dei cognomi slavi, imposizione della lingua italiana ecc...) [....] 
Con la giornata del 10 febbraio si istituzionalizza la mitologia di una popolazione italiana cacciata dalla sua terra, quando in realtà i territori dell’Istria e della Dalmazia, che con la Prima Guerra Mondiale l’Italia aveva occupato militarmente, non erano mai stati abitati da popolazioni italiane, se non in minima parte. Dagli anni '20 il fascismo pianificò e scatenò una violenta campagna volta ad imporre forzatamente l’ “italianità” alla popolazione jugoslava. Quando si parla degli esuli italiani dell’Istria e della Dalmazia non si deve dimenticare che gran parte di questi erano stati impiantati in quei territori artificiosamente dal fascismo e spesso del regime erano stati collaboratori attivi. I fascisti da sempre hanno cercato di far passare la tesi dello scontro tra italiani e jugoslavi; in realtà nella Venezia
da  facebook  
Giulia vi è stata una resistenza forte e radicata in cui alcune formazioni partigiane jugoslave e italiane operavano congiuntamente contro i nazifascisti (italiani, tedeschi e jugoslavi). La celebrazione menzognera delle foibe cui stiamo assistendo si inquadra in una più ampia campagna di denigrazione della resistenza: la classe dominante (oggi rappresentata dal governo Gentiloni-Alfano) promuove il revisionismo storico nelle scuole, nelle università, 

mette in piedi enormi operazioni di intossicazione e manipolazione dell’opinione e delle coscienze. Ne consegue che il principale nemico, in questa lotta, sono: l’intellettuale asservito alla manipolazione della storia, il consigliere comunale che asseconda lo sporco teatrino partecipando a questa o quella commemorazione e l’attuale governo che, in linea con i suo predecessori, promuove la celebrazione della giornata della falsità. All’operazione portata avanti dalla classe dominante, si unisce l’azione di gruppuscoli neofascisti.Oggi si tratta di contribuire al contrasto del revisionismo storico, superando un'impostazione puramente difensiva della 'questione foibe' e dare una risposta culturale e politica determinata e documentata contro le menzogne e le falsità di forze reazionarie e revisioniste dell'area così detta “democratica”. [...] 
in  pratica certa   sinistra  si continua  a sostenere  l'equazione  ,  non basta quanto  lo si  è già fatto durante  la  guerra  fredda, profughi  istriani   =  fascisti  e    negare  e sminuire  le loro responsabilità  ,  un altra  sinistra    unità  alla destra    a negare   e tacere    ssia  su quello che  c'è stasto prima    delle foibe      e  delle  abberrazioni fatte  con  la  germania  nazista  ed  aver  creato  almeno all'inizio  cioè  dopo  il  25 luglio  1943  le  foibe po continuate  da  Tito   .





Spopolamento, la sfida di Sarah Pischedda e del collegaTommaso Vagnarelli due neo architetti: azienda modello nel borgo fantasma in una tesi di laurea d'architetturaal politecnico di torino


Speriamo  che   tale progetto   prospettato in  una tesi di laurea non sia  il  solito  parlare  e scrivere  a vuoto   e  che  dale  parole   e dalle  propposte  si  passi ai fatti  . Parlarne  \  discuterne  e  proporre ,  va  bene ma  poi diventa    bla... bla  .. ovvero solo chiacchere  

 dalla  nuova  sardegna  del  5\2\2018   
Spopolamento, la sfida di due neo architetti: azienda modello nel borgo fantasma
La tesi di laurea sul borgo Badu Andria nel comune di Padru della giovane olbiese Sarah Pischedda e del collegaTommaso Vagnarelli è stata riconosciuta al Politecnico di Torino come il miglior lavoro nel settore dell'architettura sostenibile
                         di Gianna Zazzara

SASSARI. «Costruirci un futuro in Sardegna? Magari. È un posto unico in Europa con una identità ancora molto forte. E le opportunità non mancano. La Sardegna è piena di piccoli borghi dimenticati. Farli rivivere, ripopolarli porterebbe di nuovo fiducia nel futuro». Sarah Pischedda e Tommaso Vagnarelli, architetti, 25 anni lei, olbiese, e 26 lui, torinese, ne sono talmente convinti da averne fatto un caso di studio. “La rinascita dei borghi abbandonati dell’entroterra sardo: il caso studio di Badu Andria” è il titolo della loro tesi di laurea magistrale in Architettura per il restauro e valorizzazione del patrimonio al Politecnico di Torino. Una ricerca premiata con il massimo della votazione per entrambi, 110 e lode, e un riconoscimento da parte del Politecnico come miglior tesi di laurea nell’ambito dell’architettura sostenibile.
«Siamo veramente felici che il nostro lavoro sia stato riconosciuto – dicono soddisfatti i due architetti – È un messaggio a tutti i ragazzi. Abbiamo voluto dire ad alta voce che anche in Sardegna c’è la possibilità di costruirsi un futuro. Non bisogna fuggire». 


Il progetto. Badu Andria è un borgo abbandonato del comune di Padru, in Gallura, dove Tommaso e Sara hanno trovato uno stazzo abbandonato, della seconda metà dell’Ottocento. L’idea alla base della loro tesi è stata quella di trasformare lo stazzo in un’azienda agricola all’avanguardia, specializzata nella produzione di piante officinali. «In Sardegna ci sono tantissime strutture abbandonate che potrebbero essere recuperate e trasformate in attività produttive – raccontano i ragazzi – Noi abbiamo pensato a un’azienda di piante officinali perché la Gallura è il territorio ideale per le piante spontanee e perché questo è un mercato in forte crescita». Per il loro progetto basterebbero 100mila euro. «Finanziamenti che si possono facilmente ottenere anche grazie ai Fondi di sviluppo rurale: per la Sardegna fino al 2020 c’è quasi un miliardo di euro a disposizione». E poi come si fa a vendere le piante? «Ormai con la tecnologia le distanze sono annullate. Basta creare un sito e il gioco è fatto». Come spiegano gli architetti, il caso di Badu Andria può essere replicato in tutti gli altri borghi abbandonati sparsi in Sardegna. 

La lotta allo spopolamento. A ispirare i due giovani architetti è stato il desiderio di trovare una soluzione per salvare i paesi, condannati allo spopolamento. «I paesi, soprattutto quelli dell’entroterra, rischiano di morire anche perché sono sempre di più i ragazzi che decidono di andare via dalla Sardegna. Eppure le opportunità non mancano, basta cercarle». Secondo Sarah e Tommaso recuperare i vecchi borghi è un’occasione unica non solo per mettere in sicurezza il territorio, ma anche per creare nuove comunità. «I borghi e i piccoli paesi hanno cominciato a spopolarsi quando masse sempre più grandi di persone si sono mosse verso le aree urbane, con il miraggio di una vita più soddisfacente e meno dura. Oggi sta accadendo l’esatto contrario. L’insoddisfazione della vita nelle metropoli porta molti a ritornare nell’entroterra magari per aprire un b&b o un’attività di agriturismo. Il fenomeno ha anche un nome, amenity migration, a indicare la fuga dalle città e il ritorno alla campagna. Anche perché oggi, grazie al progresso tecnologico, è possibile tornare ad abitare questi luoghi, anche nel centro della Sardegna, senza per forza dover abbracciare uno stile di vita lontano dalla modernità». Ovviamente, nel progetto di Sarah e Tommaso i nuovi borghi sarebbero 2.0, con soluzioni architettoniche attente alla sostenibilità ambientale e alla autosufficienza in campo energetico: mini pale eoliche, pannelli solari, raccolta di acqua piovana per riscaldare le abitazioni. La fuga dei giovani. Sarah e Tommaso sanno bene che la causa dello spopolamento e della fuga dei ragazzi è la mancanza di opportunità lavorative nell’isola e l’assenza di politiche economiche adeguate. «Ma la Sardegna ha molti punti di forza – ricordano i ragazzi – Innanzitutto il settore agro-alimentare e il turismo costiero. I finanziamenti per avviare nuove attività non mancano: grazie ai fondi strutturali europei i giovani imprenditori possono ricevere incentivi per aprire nuove aziende nel settore agroalimentare, anche nelle zone rurali». 

Ritornare a vivere nei paesi e nei borghi abbandonati dell’isola, grazie all’avvio di nuove attività imprenditoriali, permetterebbe ai ragazzi di continuare a vivere in Sardegna. «Quando un giovane è costretto ad emigrare perché non trova lavoro, è una sconfitta. Lo dovrebbero capire i nostri politici. Andar via dovrebbe essere una libera scelta per i ragazzi. Non una soluzione obbligata». Il ripopolamento dei borghi, secondo i due architetti, porterebbe la Sardegna ad una nuova rinascita economica, culturale e demografica. «L’alternativa è una desertificazione sociale che condannerebbe definitivamente questa regione». 

Dopo aver conseguito la laurea magistrale Sarah e Tommaso hanno deciso di continuare i loro studi al Politecnico di Torino: «Ci stiamo specializzando in beni architettonici e del paesaggio». Ma voi sareste disposti a trasferirvi in Sardegna e realizzare il progetto della vostra tesi di laurea? «Perché no? Io sono torinese e ho scoperto la Sardegna grazie a Sarah con la quale sono fidanzato da 5 anni – dice Tommaso – È una terra meravigliosa. Sì, mi piacerebbe molto viverci». E Sarah? «A Olbia ci sono i miei genitori e sarei felice di tornare a vivere lì. Badu Andria, poi, è vicinissimo a Olbia». Sarah ha un esempio diretto di cosa voglia dire lasciare una grande città per andare a vivere in Sardegna. «Mia mamma è austriaca – racconta –. Quando ha conosciuto mio padre non ci ha pensato un attimo a lasciare Vienna per trasferirsi a Olbia. Ogni volta che le ho chiesto se si fosse mai pentita mi ha sempre risposto: Sei matta? Lo rifarei mille volte». In ogni caso Tommaso e Sarah sono decisi a restare in Italia. «Dopo la laurea molti nostri colleghi sono andati a lavorare all’estero. Comprendiamo le loro ragioni, in Italia è difficile trovare lavoro, e quando
c’è è precario. Però ci piacerebbe che i giovani di questo paese, invece di scegliere la via più facile, creino nuove opportunità e credano in questa Italia perché le cose possono essere cambiate. Noi con la nostra tesi abbiamo dimostrato che anche in Sardegna c’è un futuro possibile».

The Oldest Tattooing Family in the World \ 5 g L'antica tradizione di tatuaggio della famiglia Razzouk

Wasim Razzouk is a tattoo artist in Jerusalem’s Old City. Ink runs deep in his family. The Razzouks have been tattooing visitors to the Hol...