Ogni grande capolavoro noto o poco noto ha una storia da raccontare. Ed è questo il caso d'oggi .
Nella storia della musica ( e non solo ) capita che ci siano eventi di durata inferiore ad una meteora e finiti nel dimenticatoio dai media ufficiali ( salvo che non finiscano per essere usati per un colonna sonora di grido o dalla pseudo cultura del reveival ). Infatti , come dicevo dal titolo del post d'oggi , c'è un gruppo, meno conosciuto di tanti altri, senza il quale non sarebbe esistita l’ondata brit-pop inglese. Infatti essi hanno fortemente influenzato gran parte della scena rock alternativa britannica a venire: gruppi come Oasis, Kasabian, Arctic Monkeys e Kings of Leon hanno esplicitamente ammesso di aver preso il gruppo di Manchester come riferimento essenziale per la loro musica.
Il loro album d’esordio è un capolavoro e al suo interno è presente una canzone ipnotica e trascinante, I Wanna be Adored, forgiata dalla ritmica della coppia Mani-Reni, rispettivamente basso e batteria, sempre ricca di estro e inventiva, sulla quale Ian Brown canta: “Voglio essere adorato”.
Il brano in realtà nasce per comunicare proprio l’opposto. Ian non voleva che la gente lo adorasse, stava cercando di dire che se vuoi essere adorato commetti un peccato, come una lussuria, un’ingordigia o qualcosa del genere. Perché? Semplice: il piacere dell’apoteosi è effimero e un vero artista lo sa. E, infatti, lui non deve vendere la sua anima, la fiamma della creatività brucia già dentro di lui.
Sono nato post a cavallo fra il la pèrotesta degli anni
'60\70 e il reflusso ed l'edonismo degli anni 80\90 .Ma avendo conosciuto gli schieramenti ideologici \ culturali della guerra fredda . Davanti ala reazione di pillon ( il nome è tutto un programma 😆🤪) . mi viene un po' di nostalgia dei vecchi retrogradi \ conservatori rispetto a quelli d'oggi . infatti Prima almeno si replicava correttamente adesso e ci s'informava chi si voleva contestare o replicare , oggi invece no .
Ne trovate un esempio sotto
non so chi fa più schifo se tali seguaci ormai succubi della propaganda e della nuova ideologia retrograda o i loro leader . Ecco cosa scrive ed poi voista la malaparata rimuove pillon (il nome è tutto un programma 😜🤣)
ed ecco come replica alle accuse
Un sito di esoterismo mi attacca per il mio post sulla Pachamama, paragonandomi all'ISIS.
Pensate se qualcuno avesse portato le statuette in una moschea...
Individui come --- ed qui anche se libertario concordo con questo articolo del portale https://www.antrodellamagia-news.it ----- questo a mio avviso dovrebbero stare molto lontani da posizioni di potere, sono persone altamente pericolose e che rischiano di riportare l’Italia vicina ai periodi bui di quando la supremazia ariana regnava su mezza europa. Persone come lui che si professano “Cristiani” ma che con le loro azioni e parole travisano totalmente il messaggio d’amore che Gesù ha lasciato, sono persone come queste che rendono le religioni pericolose. Quindi gli si da troppo spazio
Concludo con condividendo , d'altronde la strada ed il viaggio ( e quindi il titolo del blog ) sono anche condivisione questa bellissima risposta presente sulla bacheca dello stresso Pillon al post prima citato
Luca Martinatto MaritanoTra le opere d'arte pagane dovremmo distruggere anche quelle greche, egiziane, romane? Complimentarsi per la distruzione di opere d'arte, indipendentemente dalla confessione religiosa, è un comportamento indegno. Indegno proprio della nostra tradizione. I Romani rispettavano le opere delle altre culture e cercavano di imparare dagli altri popoli.Graecia capta, ferum victorem cepit scrisse Orazio. Famoso autore pagano, tra l'altro.
TUTTI ABBIAMO PAURA DI CAMBIARE.UNA DELLE RAGIONI PRINCIPALI DELLA RESISTENZA A COMPRENDERE,E' LA PAURA DEL cambiamento C.Rogers
mi è venuto in mente questa storia pubblicata sulla pagina fb di Daniele Carbini , mugniaio , foilosofo , creatore artigiano di pipe e penne , da me precedentemente intervistato per queste pagine
Stasera per un attimo sospendo il mio rehab da social e non vi parlo di pipe e non vi mostro solo pipe, ma qualcosa di profondamente ignoto a molti. Quelli che vedete in foto
si chiamano laminatoi, ovvero quelle macchine che macinano il chicco di grano in diversi passaggi, da cui poi escono sfarinati e sottoprodotti. Ebbene, oggi dopo, 33 anni di servizio, gli operai e mio padre hanno cominciato a smontare i nostri laminatoi perchè da domani comincerà la sostituzione con dei laminatoi nuovi, più moderni e più efficienti. A fine serata sono entrato a vedere il punto della situazione, ho scattato qualche foto e le lacrime scendevano copiose, senza riuscire a trattenerle, vinto dall'emozione.
Quei laminatoi, che sono stati i rulli macinanti delle nostre farine dal 1986 ad oggi, tonnellate di farine, da cui sono stati realizzati pane, pasta, pizze e dolci, ci saluteranno e andranno in pensione. Quei laminatoi hanno permesso a me di studiare, ai miei fratelli uguale, alla mia famiglia di realizzarci un futuro ed un presente, faticoso ma fatto anche di soddisfazioni e di moderata agiatezza. Ci hanno dato da mangiare e vestire, case, auto, sfizi e necessità, copertura di malattie e feste di gratitudine. Scendono in me le lacrime copiose e non sono riuscito a trattenere l'emozione, perchè l'industria artigiana non è solo il prodotto finito che il consumatore vede e usa, ma è anche le macchine da cui vengono fuori, che ne hanno permesso la realizzazione, quelle macchine che sono state fedeli servitori di decine di operai che si sono succeduti in tanti anni, in 33 anni, sotto l'amorevole e meticolosa guida di mio padre.
Quando pensate ad un nostro pacco di farina non pensate solo al prodotto finito che vedete e che toccate con mano, che usate con soddisfazione, ma pensate a tutto ciò che ne ha permesso la realizzazione. Pensate che spesso dietro c'è una piccola storia di vita molto importante, per me molto importante, c'è la storia mia e della mia famiglia.
Scusate per questo post, per un'ora mi sono chiesto se era il caso di condividere una cosa pare me così importante ed intima con il mondo social di oggi. Non faccio altro che ripetermi che non dovrei farlo, che è intimo, personale. A voi sembrerà curioso, scrivo molto, amo scrivere, amo dialogare e anche scontrarmi, vi sembra che dica moltissimo e quasi tutto di me. Non è così, ci sono moltissime cose che tengo profondamente nascoste e che non condivido con nessuno. L'amore ad esempio, difficilmente ne parlo, anche con gli amici più cari. Quando lo faccio dico un millesimo e mi fermo subito. Non ne parlo. Non lo farò. È roba mia. Lo tengo per me. Il lavoro che mi offre da vivere e da mangiare lo stesso, non ne parlo mai. È intimo e radicato allo stesso modo. Sono moltissime le parti di me fortemente ignote e che vogliono che rimangano tali o al limite condivise solo con chi li ha vissute con me. In quei rulli c'è un pianeta intero di amore, fanculo. Bene, ritorno nel rehab. ;-)
*vi chiedo scusa.
vi lascio con queste due canzoni
Paolo Bonfanti - Bei tempi andati bei tempi - J-Ax
“Secondo gli psicologi e i criminologi,( che non capiscono niente secondo me perchè altrimenti non si capirebbe come mai quando si parla d'immigrazione o d'educazione civica ti anno al 98 % dei casi discorsi tipo quelli di casa pound o primato nazionale ed affini ) dei casi quando entrano in una chat gli adolescenti non percepiscono la differenza tra giusto e sbagliato. Per loro ogni cosa è senza limiti. Ma una cosa senza limiti si chiama deserto. O abisso. Buonasera.”
Concordo però con l'ultima . << Per loro ogni cosa è senza limiti. Ma una cosa senza limiti si chiama deserto. O abisso. Buonasera.” >> . Ma però oltre a condannare bisogna comprendere e spiegare loro perchè sono teorie errate ed aberranti e cosa hanno significato nella storia non giustificare perchè certe cose non sono ammissibili ne giustificabili oltre a condannare altrimenti si sfoccia nella repressione e finirà che essi avranno paura nell'esprimere le loro opinioni e cresceranno indifferenti e apatici . Scadendo nel conformismo acritico \ passivo cioè finiranno vittime della propaganda ovvero
Mio fratello ha rinunciato ad avere un opinionemio fratello ha rinunciato in cambio di un padroneche sceglie al suo posto e che non può sbagliareperché ormai nessuno lo riesce a giudicare"
Lo so che la componente maschilista o maschio alfa dei. mie social e non che seguono i miei scritti obietteranno con espressioni del tipo : << ma solo storie di donne sai raccontare , ecc >> . Ma tiro avanti ed non me ne curo più di tanto . Infatti la battaglia che sta conducendo Alessandra Capone ( foto a sinistra ) balllerina di flamenco è una battaglia per tutti\e quelli che hanno direttamente o indirettamente ( un amico , un familiare , un parente , un conoscente ) tali problemi di salute .
Alessandra e la lotta al cancro: “Ho ancora molte cose da fare. Voglio continuare a ballare”
L’appello di Alessandra Capone, 47 anni, che da tempo combatte contro un tumore al seno con metastasi al fegato. Sul web ha lanciato una raccolta fondi per ricavare il denaro necessario a coprire le spese per un costoso trattamento a cui si sta sottoponendo a Francoforte: “Sono tornata a ballare e voglio continuare a farlo”.
CRONACA ROMAROMA 7 MAGGIO 2019 17:38
di Ida Artiaco
in foto: Alessandra Capone, 47 anni (GoFundMe).
Alessandra Capone ha 47 anni e una grande passione: il ballo. Dopo aver appeso le sue scarpette al chiodo anni fa, è tornata in pista. Non l'ha fermata neanche un tumore al seno aggressivo, contro cui combatte da tempo. Per questo, supportata da alcune amiche, ha lanciato sulla piattaforma GoFundMe un progetto, che si chiama "Alè Ale, torna a ballare" (la vignetta di apertura è firmata dalla vignettista Anarkikka), per raccogliere i fondi necessari a sostenere le spese di un costosissimo trattamento a cui si sta sottoponendo presso la Klinikum der Johann Wolfgang Goethe-Universität di Francoforte e che rappresenta al momento la sua unica speranza di miglioramento.
Alessandra, che oggi vive a Roma, scopre nel 2010 di avere un tumore al seno e si sottopone ad una operazione chirurgica e ai protocolli tradizionali, dalle chemio alle radioterapie intraoperatorie. Il peggio sembrava passato, ma nel 2015 si manifesta una recidiva: si sottopone ad accertamenti che mostrano la presenza di metastasi al fegato e ai linfonodi. Così, decide di associare alle cure tradizionali anche quelle integrate, oltre a cambiare stile di vita e alimentazione. "Ho rivoluzionato la mia dieta, ho iniziato agopuntura, migliorato il mio stile di vita, meditato, intrapreso un percorso psicoterapeutico di conoscenza e consapevolezza. E poi ho ripreso le scarpette da danza da anni appese alla parete", ha scritto Alessandra su GoFundMe.
Ad aprile, un medico tedesco le ha detto che "è un miracolo se è ancora viva" e che se si sottoponesse ad un ulteriore ciclo di chemio questo potrebbe ucciderla. Per questo, il 29 aprile ha cominciato un trattamento di chemioperfusione e chemioembolizzazione al fegato a Francoforte, dove accettano di prendere in carico casi gravi come il suo, che "altrove sarebbero rifiutati. Ho il fegato con parecchie metastasi, alcune in posizioni davvero critiche, e sono proprio queste da trattare il prima possibile per evitare che, una volta entrate nelle vie biliari, mi rendano assai difficile sopravvivere", ha scritto ancora Alessandra. Ogni seduta costa quasi quattromila euro e lei deve farne almeno tre o quattro. Il prossimo appuntamento con la clinica tedesca è all'inizio di giugno. "A questa cifra – ha aggiunto – si devono aggiungere le spese di viaggio e alloggio per me e un accompagnatore, necessario per sostenermi dopo il trattamento e aiutarmi a causa dei pesanti effetti collaterali".
Eppure, se di "miracolo" si può parlare, Alessandra e le sue amiche sanno a cosa è dovuto. "La conosco da 6 anni – racconta a Fanpage.it Cecilia, amica inseparabile di Alessandra -. Non ha mai fatto mistero della sua malattia, con la quale tuttavia non si è mai voluta identificare. L'abbiamo convinta a lanciare la raccolta fondi non solo per raccogliere i soldi necessari alle cure, ma anche per creare una rete e lanciare un messaggio: bisogna essere tenaci e perseveranti, cercando di collettivizzare la patologia, sia nei momenti difficili che in quelli belli. La sua storia è speciale, perché speciale è la sua protagonista". Alessandra ha anche ripreso a ballare flamenco e non ha intenzione di fermarsi di nuovo: "Ho ancora un sacco di cose da fare in questa vita e queste cure sono importanti per migliorare la mia prognosi e la mia qualità di vita", ha scritto.
Insomma una battaglia per tutti noi , ma soprattutto per la nostra salute e la nostra prevenzione . Curare tali malattie senza : l'abuso di medicine ed cure dagli effetti collaterali " distruttivi " ., cioè usandole con criterio e alternandole a cure alternative scientificamente provate e verificate . Usando quindi prevenzione e con i metodi alternativi ( da non confondere con le fake news che danno false illusioni alle persone e non si scrivono stupidaggini soprattutto sui tumori qui su https://www.tumoremaeveroche.it/ scoprite quali ). Il resto della storia in questo articolo del
Odio le petizioni. online , anche se a volte poche in realtà le ho sostenute ed questo è uno dei casi .Essa è la storia di Erika Borrelini di 25 anni 25 anni, ha dovuto dividere lo studio con l'assistenza h24 alla mamma, colpita da aneurisma cerebrale, da quando ha 19 anni. Si è laureata con 84/110, ma per un solo punto non può iscriversi alla specialistica che ha sempre sognato: "A chi è nella mia situazione non vengono riconosciute nemmeno le agevolazioni degli studenti-lavoratori. Ma accudire una persona invalida è un impiego a tempo pieno"
Erika Borellini, 25 anni, ha dovuto dividere lo studio con l'assistenza h24 alla mamma, colpita da aneurisma cerebrale, da quando ha 19 anni. Si è laureata con 84/110, ma per un solo punto non può iscriversi alla specialistica che ha sempre sognato: "A chi è nella mia situazione non vengono riconosciute nemmeno le agevolazioni degli studenti-lavoratori. Ma accudire una persona invalida è un impiego a tempo pieno"
“Io voglio studiare e mi dispiace se il mio voto non è adeguato per proseguire con la magistrale. Ma rifarei tutto da capo perché un punto non vale la salute di una persona”. Erika Borellini viene da vicino Carpi, nel Modenese, ha 25 anni e da sei è la caregiver di sua madre, colpita da un aneurisma cerebrale il 20 maggio del 2013. Lo scorso febbraio si è laureata all’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia nella triennale di Ingegneria elettronica, ma la sua votazione, secondo i regolamenti della facoltà, non è sufficiente per l’accesso alla magistrale. Un solo punto la separa dalla possibilità di proseguire gli studi in quella che è la sua passione, con l’obiettivo un giorno di realizzare attrezzature biomediche. “Ho preso 84 su 110 – spiega a Ilfattoquotidiano.it – Ma per la specialistica servono almeno 85 punti. E non esiste nessun esame integrativo, se ci fosse studierei volentieri. Ma è un numero di sbarramento e non ci sono altre possibilità di accesso”.
Un’ingiustizia secondo Erika che, per sbloccare la situazione, dopo aver provato senza risultati a presentare il suo caso al rettore Angelo Oreste Andrisano, ha deciso di lanciare una petizione su Change.org. In poco più di una settimana, l’appello di Erika ha raggiunto oltre 80mila firme, arrivando anche in Parlamento con un’interrogazione presentata dalla senatrice del Movimento 5 stelle, Maria Laura Mantovani.
Petizione studentessa
Volume 100%
“In Italia la figura del caregiver familiare (circa 9 milioni di persone, ndr) – dice ancora Erika – non ha le giuste tutele legislative e non è riconosciuta a tutti gli effetti come un lavoro. Ci sono dei procedimenti in corso, ma comunque in nessuno viene posto il problema dei figli che studiano e devono accudire i loro genitori”. È il caso anche dell’ultimo ddl relativo al tema presentato in Senato, il 1461. Negli 11 articoli proposti si parla di riconoscere la figura del caregiver, definito come “la persona che gratuitamente assiste e si prende cura in modo continuativo del coniuge, dell’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto, di un familiare o di un affine entro il secondo grado”, di garantirgli una tutela previdenziale, “fino a un massimo di tre anni di contributi figurativi”, e di fornirgli un supporto in ambito sociale, come quello psicologico o formativo. Ma, appunto, non c’è traccia del caso dei giovani che, sottolinea la 25enne, “spesso hanno anche 16 o 17 anni e assistono genitori o parenti malati di Sla o di bipolarismo“.
Se fosse stata riconosciuta come studentessa-lavoratrice, Erika non sarebbe stata considerata fuori corso e avrebbe avuto diritto ai 2 punti aggiuntivi per la laurea, riuscendo ad accedere alla magistrale. Ma il problema sarebbe rimasto. “Secondo il regolamento dell’Ateneo, con il part-time avrei potuto solo spalmare un anno di studio in due, quindi fare l’università in sei anni invece di tre. Ma avrei potuto dare il 50 per cento degli esami all’anno, con una tabella di marcia da definire nel piano di studi a inizio anno o da integrare con una richiesta al Consiglio – racconta ancora – Ma il lavoro di caregiver non è prevedibile, un giorno mia mamma sta bene il giorno dopo non lo so. Come studentessa-lavoratrice avrei solo rallentato il mio percorso ma con delle tempistiche non flessibili che invece servirebbero agli studenti come me”.
In questi mesi, dalla laurea ad oggi, quando ormai le iscrizioni per il corso di studi magistrale stanno per scadere, Erika ha provato di tutto. “Già prima di laurearmi sapevo che il mio punteggio non sarebbe stato sufficiente, quindi ho scritto al direttore di corso raccontando la mia situazione e allegando i documenti del tribunale e quelli dei medici che attestavano quanto fosse stata importante la mia presenza a fianco di mia mamma. Ho aspettato per mesi una risposta dal Rettore che è arrivata in via ufficiosa solo ad agosto – continua – Mi hanno convocata dicendo, in pratica, che fare un’eccezione avrebbe leso uno dei pilastri dell’università che è l’uguaglianza fra studenti. Poi mi hanno risposto anche in via ufficiale, sempre negativamente, anche a settembre”.
Intanto, però, la 25enne ha scoperto che, se per il corso di studi magistrale il suo voto di laurea è considerato “troppo basso”, al contrario per dare singoli esami non è così. “Per loro io posso tranquillamente dare esami pagandoli singolarmente, anche 200 euro l’uno. E, per ipotesi, laurearmi in moltissimo tempo, visto che con questo sistema ne potrei dare solo tre per anno accademico”, spiega sottolineando il controsenso. “In pratica non vado bene per seguire un intero corso, ma sono sufficientemente preparata per i singoli esami di quel corso. Assurdo, vista anche la mancanza di ingegneri con laurea magistrale in Italia “.
Per non “stare con le mani in mano”, comunque, Erika ha provato a iscriversi alla magistrale di Ingegneria meccatronica, a Reggio Emilia, per la quale basta una votazione di 80 su 110, ma le difficoltà sono molte. “Vengo da un percorso di studi totalmente diverso, quindi per accedere dovrei acquisire altri 40 crediti formativi universitari integrativi in materie meccaniche – dice ancora – In pratica l’equivalente di cinque esami. Avendo ricevuto la risposta solo ad agosto è praticamente impossibile che io riesca a prepararli entro dicembre, quando scadono le iscrizioni. Devo capirli e per me le cose vanno fatte bene o non si fanno per niente”.
L’impegno di Erika con la mamma Lorenza in questi sei anni è stato costante. “Dopo l’aneurisma è stata un anno in neuroriabilitazione a Correggio. Poi è iniziato il lungo travaglio a casa. Era piena di infezioni, con la tracheotomia e il sondino per mangiare”. In sei anni Lorenza ha subito sei interventi. In tutti Erika era al suo fianco. “Lei comunica solo con gli occhi e io le facevo da ‘traduttrice’ per i dottori – spiega – Ero quasi h24 con lei. Studiavo seduta vicino al letto dell’ospedale e da lì andavo direttamente a dare gli esami”. Anche la gestione in casa non è stata semplice. “Abbiamo una signora che ci aiuta, ma trovarne una che andasse bene anche a mia madre è stato difficile”. Una dedizione che però ha dato i suoi frutti in questi anni. “È migliorata molto. È considerata totalmente cosciente, tanto da aver riottenuto il diritto di voto lo scorso anno. E ora mangia per bocca”.
Dal 2013 la routine quotidiana di Erika ha dei ritmi scanditi, diversi da quelli di una normale studentessa. “Mi sveglio alle 6,30 e faccio l’igiene quotidiana a mia madre. Poi vado a lezione e torno per darle da mangiare a pranzo – racconta – Poi riparto per le lezioni al pomeriggio. La sera le faccio un po’ di fisioterapia, per evitare le piaghe. Alle 22,30 dopo averla messa al letto, sono distrutta anche io, quindi vado a dormire e difficilmente riesco a mettermi a studiare”. E poi, ancora, il sabato è dedicato alla preparazione degli “omogeneizzati” da dare alla madre per tutta la settimana, “e di domenica usciamo anche insieme a mio padre. La portiamo al centro commerciale o, quando è caldo, al lago o al mare”.
È per tutte queste ragioni che Erika, spinta anche dagli amici, ha deciso di lanciare la petizione. La studentessa si è rivolta al ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, e alla ministra delle Pari opportunità e della Famiglia, Elena Bonetti, chiedendo che gli studenti caregiver possano godere dello stesso trattamento degli studenti lavoratori. Magari con una flessibilità maggiore. Per il suo caso specifico, invece, ha provato nuovamente a rivolgersi al Magnifico Rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia per chiedergli di “rivedere il regolamento universitario prevedendo la figura del caregiver al suo interno” e di darle “una proroga così da potermi iscrivere al corso di Laurea Magistrale”. “Il rettore ha già risposto dicendo che gli dispiaceva ‘per la studentessa’ – conclude Erika – ma che ‘non vuole dare privilegi’. Beh, vorrei proprio vederli questi miei privilegi”.
Un rettore ottuso , insomma un passacarte che non distingue la regola dall'eccezione
come al solito mi chiedo ma perché ho sempre dubbi mi faccio sempre delle domande?Ma poi " marzullandomi 🤪😂 " mi rispondo Perché è meglio porsi domande che avere certezze: quelle sono per gli stolti. Ne sono assolutamente sicuro! 😜. Basta che , purtroppo per me è cosa abbastanza consueta,come ho risposto proprio su questa discussione di twitterdi Moreno Burattini ( @Morenozagor ) basta che non sconfinino troppo nelle seghe mentali. Percorso confermato dal bellissimo pezzo musicale che trovate alla fgine del post . E poi a volte è meglio porsi domande che avere certezze: quelle sono per gli stolti. Ne sono assolutamente sicuro ! proprio come questa citazione presa dall discussione twitter citata nelle righe precedenti
Luca Squillante
@luca_squillante· 23h«"Solo gli imbecilli non hanno dubbi"
"Ne sei sicuro?"
"Senza alcun dubbio!"»
Luciano De Crescenzo.
concludo questo post affermando e confermando il titolo con questo pezzo musicale
Nazieuropa è uno spettacolo che viaggia su due binari: la parola e le immagini.Esso è quindi insieme una lettera a una figlia, e un viaggio che parte dalla Germania degli anni '30 e arriva fino all'Europa dei confini, del nuovo nazionalismo e del razzismo diffuso.
Nazieuropa è il desiderio di sottrarsi all'indifferenza, di guardare con gli occhi ben aperti e di chiamare le cose con il loro nome.
Vietato anche solo entrare a scuola con smartphone e tablet. E' la drastica direttiva emanata da Tiziano Badà, preside dell’istituto comprensivo del quartiere di Chiavazza di Biella. Il dirigente scolastico ha vietato l'uso di dispositivi elettronici in classe, ma non solo. Se gli studenti, al momento dell'ingresso nell'istituto, fossero sorpresi ad utilizzarli, verranno sequestrati e riconsegnati al termine delle lezioni.
E' vero caro preside che : << sul piano educativo >> come giustamente dice lei << è importante trasmettere ai ragazzi il messaggio che si può stare insieme gli altri senza smartphone >> , visto l'alto numero adolescenti costantemente "attaccati "ad esso con relativi rischi per l'abuso
. Ma qui si tratta di proibizionismo perchè un conto è la semplice accensione di ogni dispositivo di telefonia elettronico durante tutto l’arco delle lezioni e che gli studenti tuttavia potevano comunque tenerlo e conservarlo negli zaini o in una busta e poi riprenderlo una volta finite le lezioni , un altro è il vietare d' entrare a scuola con smartphone e tablet. Se invece d'usare tali mezzi proibizionisti s'insegnasse d'accordo con i genitori ad un uso consapevole ovvero quando spegnerlo ed accenderli , ecc